Scarica Teologia II - Prof. Varsalona e più Appunti in PDF di Teologia II solo su Docsity! IL SEME E LA TERRA - MAGGIONI I DIO, LA CREAZIONE E L’UOMO -Nella Bibbia non si riesce a pensare la creazione senza l’uomo e viceversa. -La natura e il mondo sono sorretti da Dio, per cui ogni avvento è un miracolo di Dio. In tal senso procreazione e generazione sono misteri che rispecchiano e ripetono la creazione -Meditando sugli eventi salvifici, Israele ha capito che Dio è il Signore della natura e che Egli esercita la sua signoria in favore dell’uomo -Il male non è che attribuibile all’uomo. Se l’uomo vive profonde lacerazioni sono da attribuirsi alla volontà dell’uomo stesso. -La creazione abbraccia ogni essere, allo stesso modo ogni gesto salvifico di Dio è sempre un segno del suo amore universale. L’universalità è iscritta nella creazione. Creazione e salvezza sono due tappe di un solo cammino proteso verso il futuro. Genesi “Dio plasmò l’uomo con la polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita” -Dio è descritto come un vasaio (plasmò) che modella l’uomo con la creta. La parentela dell’uomo con la terra è evidenziata dalla sua origine dalla polvere del suolo. “Nessuno lavorava il suolo e faceva salire dalla terra l’acqua dei canali” ”Dio piantò un giardino in Eden” -Da un lato si insinua che occorre il lavoro dell’uomo perché la terra diventi un giardino, dall’altro si afferma che il giardino è dono di Dio. “Dio prese l’uomo, lo pose nel giardino perché lo coltivasse e custodisse” -Due verbi definiscono il compito dell’uomo: lavorare e custodire. Il primo indica la fatica che dissoda il terreno, il secondo l’azione che accoglie il dono e lo conserva. “Nel principio Dio creò il cielo e la terra” “Dio ordinò vi sia luce” “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza” -I due termini significano somiglianza fisica e interiore, come in una relazione di parentela, tra padre e figlio. Questo è l’uomo: legato alla terra, ma aperto alla relazione con Dio. L’uomo è l’immagine di Dio con tutta la sua umanità. “Dio creò l’uomo a sua immagine: maschio e femmina li creò” Sono immagine insieme. “Dio li benedisse e disse: siate fecondi e moltiplicatevi e dominate sui pesci del mare sugli uccelli del cielo” -Il verbo benedire specifica che il gesto creatore vuole essere un dono e una promessa. -Vi deve essere nell’uomo una duplice consapevolezza: che la terra sulla quale esercita il suo dominio non è sua, ma di Dio; e che la propria attività è feconda unicamente se benedetta da Dio. -Il racconto non insiste sull’origine delle cose, ma sulla signoria di Dio su tutte le cose. -Il verbo creare, indica l’azione creatrice nel suo complesso, come un fare ordine, per cui la parola di Dio introduce nel caos informe l’ordine e la razionalità -L’uomo è l’immagine di Dio e quindi deve vivere nel mondo non da schiavo, ma da signore, però deve esercitare nel mondo non una signoria a piacimento, ma nell’obbedienza al progetto dell’unico Signore. Non sottomettersi a Dio è idolatria, e in questo senso anche la sottomissione dell’uomo alle cose e il dominio dell’uomo sull’uomo sono l’altra faccia del medesimo peccato di idolatria. “Dio vide che ciò era buono” “E vide che ciò era bello” -Queste parole esprimono la grande ammirazione di Dio per ciascuna delle sue creature. L’uomo deve condividere lo sguardo ammirato di Dio, infatti occorre l’uomo “estetico”, capace anche di guardare la terra con sguardo stupito, che ne coglie la bellezza. Se non si coglie la bellezza delle cose, non si instaura con esse un rapporto corretto e profondamente religioso. -Il racconto della creazione è racchiuso nello schema della settimana, che si conclude con il sabato. Il centro di gravità dell’esistenza, di Dio e dell’uomo, non è il lavoro, ma il riposo, cioè la gioia della libertà, la contemplazione e il godimento. “Dio vide cha la malvagità era grande” -L’uomo ha rovinato la creazione di Dio, anziché esserne il custode fu l’autore della rivolta contro Dio (il peccato di Adamo) e della violenza dell’uomo sull’uomo (da Caino al diluvio) “E Dio si ricordò di Noè” -La terra piena di violenza, le acque che la ricoprono e un ritorno al caos primitivo. Ma dopo quel “si ricordò” tutto cambia: le acque si ritirano, riappare l’asciutto e inizia una nuova creazione. -I vangeli non si interessano della creazione. Calmando il mare in tempesta, guarendo i malati e liberando gli indemoniati, Gesù mostra di sapere che la creazione è quasi da rifare, ma sa anche che la creazione è già fatta, già buona e quindi da ammirare e da capire. -Cristo in questo senso diventa il riconciliatore perché il disegno di Dio è stato alterato. Molte sono le alterazioni: fra l’uomo e Dio, fra uomo e uomo, fra popolo e popolo, fra l’uomo e la natura. La ricomposizione passa attraverso la Croce. II L’UOMO, LA SUA DIGNITA’ E I SUOI DIRITTI -Nel nuovo testamento tutti i vocaboli che rientrano nell’area della giustizia si muovono entro il rapporto Dio-uomo. Per noi la giustizia è un rapporto fra uomini, connota qualcosa di dovuto, assume una sfumatura di rivendicazione. Ma se la giustizia è vista nel rapporto Dio-uomo allora tutto cambia perché Dio non può non manifestarsi giusto. La radice dell’inviolabilità dei diritti dell’uomo e del dovere dell’impegno per difenderli è prolungamento di una giustizia che scende dall’alto. -Su tutto campeggia sovrano il diritto di Dio. Ma il maggior numero dei comandamenti e delle prescrizioni riguarda le relazioni tra gli uomini, i diritti e i doveri fra gli uomini: nel decalogo come scopo primo e come comandamento base vi è l’affermazione del primato di Dio, ma proprio in questo primato di Dio trovano forza i doveri verso l’uomo. -Di fronte alla vita non c’è solo il comando di non uccidere, ma anche il dovere di favorire le condizioni perché la vita possa svilupparsi in tutte le sue potenzialità. La Bibbia sottolinea che la vita è dono e come tale da vivere in gratitudine e letizia. Dio non ha creato la specie umana, ma le singole persone. -La vita è da vivere nell’obbedienza -La Bibbia vede sempre l’uomo nella sua unità. I vocaboli sono quattro: “anima” per la Bibbia significa l’uomo intero; “carne” è l’uomo intero colto nel suo aspetto visibile, concreto; “spirito” l’uomo è spirito in quanto animato dalla forza di Dio e capace di aprirsi a Dio; “cuore” inteso come ragione, mente quindi l’uomo in quanto capace di pensare, riflettere e decidere. Le parole di Gesù nel Getzemani “Lo spirito è pronto ma la carne è debole” non alludono a un dissidio fra le due parti del composto umano, ma un dissidio interiore che coinvolge l’uomo intero dibattuto fra obbedienza e ribellione. -L’esodo fu compreso da Israele come un cammino di liberazione e come il compimento della propria vocazione ad essere proprietà di Dio. -Per descrivere l’esperienza di liberazione Israele è ricorso a tre schemi: l’esodo è una liberazione dall’Egitto: un passaggio dalla schiavitù alla libertà; l’esodo è costituirsi della condizione di popolo, dalla dispersione alla comunione; l’esodo è una liberazione dagli idoli per una totale appartenenza all’unico Signore. Tre schemi che vedono l’esodo come: liberazione, comunione di popolo, appartenenza a Dio. -La terra è di Dio che la dona a tutti i suoi figli. Israele deve osservare i comandamenti se vuole vivere e rimanere in possesso della sua terra. Su questa base la legislazione introduce molte non è più “chi è il mio prossimo?”, ma “come io posso e debbo farmi prossimo?”. Nel Nuovo testamento i vocaboli della solidarietà sono numerosi, soprattutto carità. -La solidarietà di Dio scorre sempre in direzione dell’universalità, sia in linea orizzontale (tutti gli uomini) sia in profondità (gli ultimi). -L’ambito privilegiato in cui Israele deve manifestare la solidarietà di Dio è la difesa degli uomini senza dignità (vedove, orfani, schiavi, nullatenenti). Gesù dice “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori” L’accoglienza dei peccatori rappresenta uno dei tratti fondamentali che oppongono il vangelo al mondo. La stessa Croce (una morte per i peccatori) non sarebbe comprensibile senza la precedente accoglienza dei peccatori. -Gesù toglie la separazione: non solo offre perdono, né solo salute, ma vicinanza. Gesù fu vicino a lebbrosi e malati. -La Bibbia rappresenta la solidarietà di Dio in alcune grandi azioni: la creazione, l’esodo e per il Nuovo Testamento, l’incarnazione e la Croce. Sono queste le grandi solidarietà di Dio. -Il vertice della solidarietà di Dio con l’uomo è l’incarnazione: Gesù “Umiliò se stesso”, quindi il Signore Gesù ha preferito la piena condivisione con la situazione dell’uomo.“Fino alla morte di Croce”. La Croce è la rivelazione massima della solidarietà di Dio. -Il luogo più intenso per comprendere la solidarietà evangelica è l’eucaristia. Il soggetto è Gesù: è Lui che prende, benedice, da, spezza, ordina. I suoi gesti esprimono il dare. In questo la benedizione è una visione complessa della realtà, osservata secondo tre coordinate: il dono (l’uomo rinuncia a considerarsi proprietario delle cose e le vede come un dono di Dio); il godimento (Dio è il padrone delle cose, ma non per se ne fa dono all’uomo); la condivisione (Dio ne fa dono a tutti). -“Nella notte in cui veniva consegnato” ricorda l’altra faccia della Croce, cioè la malvagità dell’uomo. Il corpo “dato” non è solo donato, ma tradito, rifiutato e inchiodato. Questo è lo scandalo della solidarietà -Nel Nuovo testamento il fondamento dell’uguaglianza sta nel fatto che Dio, distribuendo i suoi doni, non fa differenza di persona. Il vangelo di Giovanni per indicare il dono di se di Gesù dice: ”La mia carne per la vita del mondo”. -L’espressione “gli uni gli altri” è presente con insistenza nel comando dell’amore, per Gesù è il modo ecclesiale umano di prolungare il “come io ho amato voi”. La solidarietà di Gesù non ritorna su se stessa, ( “così voi amate me”), ma si espande (“amatevi gli uni gli altri”). “Gli uni gli altri” indica una diversità da rispettare, un “oltre” a cui tendere, non poggia su ciò che è comune, ma su ciò che è altro. V PACE E NON VIOLENZA -L’ebraico Shalom (tradotto pace) è un concetto globale: pratica della giustizia, osservanza del diritto, accoglienza dei poveri e delle vedove, ordine, benessere, fedeltà religiosa. Tuttavia non è un concetto universale. La radice della pace è religiosa, nel cuore dell’uomo, cioè nel rifiuto delle idolatrie: non c’è pace senza la conversione. -A Israele è stata promessa una terra che era già abitata: impossessarsene voleva dire combattere. Israele pensò che la guerra fosse una via indispensabile per rimanere se stesso. Il primo stadio fu “Dio combatte con noi”. -“Dio combatterà per noi”. Il trionfo definitivo di Dio passa attraverso la non violenza della Croce, il trionfo passa attraverso l’apparente sconfitta.“Vi dono la pace, vi do la mia pace, non quella del mondo”. -Il Nuovo Testamento parla della pace come pienezza, come superamento di ogni disgregazione. La pace è sempre minacciata, vulnerabile, parziale, incompiuta: stabilità e compiutezza ecco le due caratteristiche della pace sognata. -La pace fra gli uomini è la contropartita terrestre della gloria che Dio ha nei cieli. Questo mostra che il Figlio di Dio è per gli uomini dono di pace. E significa che la comunità cristiana, se intende dare gloria a Dio, deve essere segno e strumento di pace fra gli uomini. -“Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”. L’operatore di pace è chi la costruisce. Operare la pace esige un altro prezzo: “Beati i perseguitati”. Si comprende che la pace è indissolubilmente legata alla giustizia. -Luca dice “Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano”, Matteo dice: ”Fu detto occhio per occhio, dente per dente, io vi dico di non resistere al male”. -Gesù ha rotto il cerchio nel quale gli uomini si dibattono: all’amore si deve rispondere con l’amore, alla violenza con la violenza. Gesù afferma invece l’amore sempre. Questa prassi di Gesù non è semplicemente un rifiuto alla violenza, ma sostituzione della violenza con la prassi dell’amore, del servizio e della solidarietà attiva. Dio è amore e perdono, ed è da questa esperienza che scaturisce la non violenza. -Nella visione paolina si scorgono delle condizioni. La prima è che Gesù ha costruito la pace con la croce, cioè sul perdono, sulla gratuità, non sulla stretta e severa giustizia. La seconda è che questa grandiosa unità degli uomini può avvenire soltanto in un movimento in avanti, non in forza di un semplice avvicinamento di un popolo all’altro. -Non è pensabile la pace se non in una società dove si fa spazio a una profonda conversione culturale, sociale e religiosa. E si richiede fede. -Le modalità della giustizia sono due: 1 la sua universalità, la giustizia è tale solo se riguarda tutti gli uomini. 2 la sua indivisibilità,la giustizia è tale solo se riguarda tutti i diritti fondamentali della persona. VI RICCHEZZA E POVERTA’ -“Nessuno può servire due padroni, non potete servire Dio e il denaro” -La ricchezza è valutata in tre direzioni: 1 in rapporto a Dio, il discorso cade sul pericolo dell’idolatria 2 in rapporto all’uomo stesso che si affanna per accumularla, il giudizio sulla “vanità” 3 in rapporto agli altri uomini, specialmente i poveri, l’accusa è di ingiustizia e oppressione. -Per l’Antico Testamento una ricchezza da cercare è il benessere, prosperità, ma parallelamente c’è una povertà da cercare ed è sobrietà, dipendenza da Dio -La fede nel Dio creatore porta a concludere che tutte le creature sono buone; non è quindi pensabile un discorso biblico sul disprezzo della ricchezza in quanto legata alla materialità dell’uomo. Le cose sono dono di Dio, da godere. -I beni, dono di Dio, sono da godere, ma da godere insieme. L’uomo non deve essere sottomesso alle cose ne le cose devono rubare lo spazio di Dio. -“Non procuratevi ne oro ne argento” Gesù ha frequentato i poveri di ogni genere, li ha anche in qualche modo privilegiati. La ragione di questo privilegio va cercata nella carità e nel desiderio di giustizia che Dio ha verso di loro. -E nella parabola del ricco e povero si insegna senza mezzi termini che il grande pericolo del vivere da ricchi è la cecità. Chi vive da ricco non vede più il povero, che pure è vicino e non comprende più la parola di Dio -Come Dio guarda i poveri è il vangelo che ce lo dice. Stando alla parabola del samaritano, non basta chiederci chi sia il povero da aiutare. Devi chiederti piuttosto se tu hai un animo capace di lasciarti coinvolgere nel suo bisogno. Questa è la prassi di Gesù. Per questo l’accoglienza di Gesù ha scandalizzato perché rovesciava schemi sociali e religiosi, cambiava i rapporti. -Dio guarda all’uomo cogliendo quella dignità che appartiene a ogni uomo, chiunque esso sia. Se si osserva l’uomo come Dio lo osserva, non c’è più motivo per accettare differenze, gerarchie e privilegi. Questo sguardo è appunto, la lieta notizia del Regno. VII ERO STRANIERO E MI AVETE VISITATO Lo sguardo di Dio, che deve diventare anche quello della Chiesa, non vale solo per lo straniero ma per qualsiasi uomo in difficoltà Ci deve essere un’unica legge per il nativo e l’immigrato La motivazione è che l’accoglienza dello straniero non è altro che il concreto prolungamento dell’amore di Dio per ogni uomo La paura dello straniero in Israele nasceva dalla sua diversità. Per Israele era soprattutto paura religiosa: il pericolo di infiltrazioni pagane. Nella legislazione di Mosè l’ospitalità verso lo straniero era dovere dell’intera comunità. Era legge non esortazione. Legge, non volontariato. A partire dalla creazione si comprenderà sempre più chiaramente che la medesima dignità appartiene all’uomo come tale, senza differenze di sorta. La creazione è per se stessa universalistica Come l’Antico anche il Nuovo Testamento si muove dentro una società complessa, tendenzialmente ostile verso tutti gli stranieri, ma con una novità, l’evento di Gesù Cristo, la cui originalità può essere riassunta nell’affermazione “ Ero straniero e mi avete ospitato”. Per dire l’ospitalità Gesù ricorre ad un verbo il cui significato base è raccogliere, mettere insieme, riunire cose sparse: di qui il senso di raccogliere chi è sperduto, ospitarlo nella stessa casa, unirlo ai gruppi dei fratelli. -“Giuseppe prese con se il bambino e sua madre e nella notte fuggì in Egitto” Gesù è stato un profugo e ha vissuto da straniero. Il Figlio di Dio non ha sfuggito la sua condizione dello straniero, come non ha sfuggito la povertà, la fatica del lavoro, il rifiuto, persino l’esperienza sconvolgente di essere condannato. Le trenta monete, il prezzo del tradimento non vengono poste dai sacerdoti nelle casse del tempio ma adoperate per comprare un campo fuori città per la sepoltura degli stranieri. -L’ospitalità è più ampia del semplice aiuto perché significa aprirsi a una persona e non soltanto ai suoi bisogni. Significa aprire la casa. L’ospitalità è dunque molto diversa dalla beneficenza: la prima coinvolge e crea un legame, la seconda si accontenta di un gesto. Il forestiero da accogliere è nel contempo il prossimo da trattare come se stessi e il Signore da servire VIII L’UOMO E IL LAVORO -Nella Bibbia si parla molto dell’uomo che si affatica nel lavoro: la fatica del lavoro è parabola della fatica di vivere. L’esperienza dominante è la fatica: il lavoro dell’uomo è duro e penoso. L’uomo biblico ha capito ben presto che il lavoro, come può generare benessere, può facilmente trasformarsi in prepotenza e ingiustizia. -Israele ha sperimentato tutti gli aspetti negativi del mondo del lavoro. 1 spesso l’uomo non lavora per se stesso, ma per gli altri: operai privati di salario, contadini immiseriti dalle tasse, lavoro da schiavi. 2 il lavoro può generare ingiustizia, dominio, arroganza 3 L’uomo biblico ha capito che il lavoro è una fatica spesso delusa, uno sforzo incompiuto -Come altre grandi realtà della vita, il lavoro ha un volto positivo e negativo: da una parte il disegno di Dio, dall’altra la forza del peccato che lo contraddice. Nella realtà della vita l’uomo le sperimenta contemporaneamente. “L’uomo è posto nel giardino per coltivarlo e custodirlo”. La fatica del lavoro è inserita nel quadro dell’alleanza e fa parte della risposta dell’uomo al suo Dio -L’uomo nel peccato originale ha voluto farsi arbitro del bene e del male. Scardinata la relazione con Dio, si è scardinata la relazione anche dell’uomo con la terra. E così il lavoro è ormai irrimediabilmente segnato dalla fatica (“mangerai il pane con il sudore della fronte”) e spesso anche dalla sterilità (“la terra farà spuntare spine e cardi”). -Gesù ha passato gran parte della sua vita come un comune lavoratore. Così pure i primi discepoli. 3) l’aggregazione alla comunità. -La prima crisi della comunità scoppia quando entra a farvi parte il gruppo dei cosiddetti “ ellenisti”, ebrei provenienti dalla diaspora, la cui lingua abituale era il greco. ANTIOCHIA -Per la prima volta i credenti ricevettero il nome di cristiani ed erano riconosciuti come un gruppo autonomo, distinto sia dai pagani sia dai giudei e ciò che li qualificava era la loro fede in Gesù. -In questa comunità ci sono tutti gli aspetti della Chiesa di Gerusalemme: la fede in Gesù Signore, il battesimo e il culto. Accentuata rispetto a Gerusalemme è l’esperienza dello spirito -Fra Gerusalemme e Antiochia c’è una profonda continuità -Si ha in questa comunità l’inizio della conversione dei greci -La caratteristica più interessante della Chiesa di Antiochia era il fatto di essere una comunità mista, formata da ex-ebrei e da ex-pagani. Ai pagani veniva predicato un vangelo senza la circoncisione e i giudeo-cristiani sedevano a mensa con i pagano-cristiani. La legge quindi non è più mediatrice di salvezza: solo il Cristo è la salvezza. -Da tener presente è che l’apertura del cristianesimo al mondo pagano non da origine a due chiese distinte, ma a una sola Chiesa unita nell’ascolto dello stesso Vangelo e guidata dallo stesso spirito. CORINTO -A Corinto c’è il pericolo di ricadere nella schiavitù della propria sapienza, infatti per il cristiano di cultura greca era forte la tentazione di ridurre il vangelo a filosofia. I Corinti davano più peso alla personalità dei singoli predicatori che all’unica promessa di salvezza di cui tutti erano portatori. -Il tema è: la croce, giudicata dai giudei e dai greci “stoltezza e follia“ è invece per i cristiani “potenza e sapienza di Dio”. -I giudei abituati a pensare le manifestazioni di Dio sullo schema dei prodigi dell’Esodo, attendevano una manifestazione di Dio potente e vittoriosa -I greci erano abituati a valutare in termini di competizione, di affermazione di se e di genialità. Lo spendersi di Dio sulla croce parvero mortificazione della propria personale originalità, mancanza di genialità ed insulsaggine. -Secondo i credenti è proprio nella debolezza della croce che apparvero la potenza e la sapienza di Dio. I cristiani di Corinto credevano nella Croce di Gesù, altrimenti non sarebbero stati cristiani, ne rifiutavano però le conseguenze. La Croce non è soltanto l’oggetto dell’annuncio ma anche il metodo. La tentazione dei Corinti era quella di sottrarsi alla debolezza della via di Dio. LE COMUNITA’ DI MATTEO E LUCA MATTEO -L’opinione comune è che Matteo abbia scritto il suo vangelo in un ambiente giudeo-cristiano, aperto anche ai pagani-cristiani e all’universalismo, nonostante questo Matteo non mette in contrapposizione le due tradizioni cristiane, ma le concilia. -E’ una comunità religiosa il cui elemento di coesione è solo la fede in Cristo e la concreta osservanza della sua volontà: la comunità non si chiude ai pagani, ma neppure ai peccatori. -L’idea fondamentale è che la Chiesa è la vera continuatrice di Israele -Nella concezione dell’evangelista missione e persecuzione formano un’unica vicenda. La persecuzione vorrebbe fermare la missione, ma in realtà la favorisce, perché costituisce un luogo di testimonianza. -Matteo tratta due problemi: l’accoglienza dei “piccoli” e la coesione all’interno della comunità: i piccoli sono i bisognosi ma soprattutto coloro che non hanno ancora una fede matura, ma piccolo è anche il peccatore che si smarrisce. -La comunità di Matteo vive nella certezza della presenza del Signore risorto. Matteo non conclude il suo Vangelo con l’ascensione, con una partenza, bensì con una presenza: il Signore non è partito ma è rimasto LUCA -Il tempo della Chiesa continua ed esplicita il tempo di Gesù, ne prolunga e ne attualizza la carica salvifica. Per questo Luca, oltre al Vangelo, ha scritto gli Atti degli Apostoli: la storia di Gesù si prolunga nella storia della Chiesa. -Luca ha scritto gli Atti degli Apostoli almeno per due motivi: 1) Mostrare che la storia della Chiesa continua la storia di Gesù 2) Il desiderio di offrire un modello di comunità e di missione ai credenti di ogni tempo. -L’ascensione conclude il cammino di Gesù e inizia quello della Chiesa. -L’episodio che segna l’inizio della Chiesa e ne riassume tutta la storia è la Pentecoste. Lo Spirito trasforma un gruppo di persone impaurite chiuse nel cenacolo, al riparo, in testimoni consapevoli e coraggiosi: il gruppo di discepoli si trasforma in comunità di salvezza, consapevoli che il Regno di Dio è già in mezzo a loro. -Lo Spirito non è donato ad alcuni ma a tutta la comunità. -Quindi il compito prioritario della Chiesa: un annuncio coraggioso, pubblico. L’annuncio deve essere comunitario, con al centro il racconto di Gesù ed universale. -Lo Spirito non ha una sua lingua né si lega a una lingua o a una cultura in particolare, ma le accetta tutte, si esprime attraverso tutte, si fa capire attraverso tutte. Gli uomini non devono abbandonare le loro lingue, né le loro tradizioni per farsi cristiani: l’unità dello spirito è più profonda e non costringe l’uomo ad abbandonare il mondo in cui è cresciuto. -La Chiesa di ogni tempo deve aiutare gli uomini a ritrovarsi. Ma deve trattarsi di unione nello Spirito. LE STRUTTURE COSTANTI DELLE PRIME COMUNITA’ -Alcuni nodi formano l’ossatura della fede delle prime comunità cristiane: 1 Al centro dell’attenzione c’è l’agire di Dio in Gesù, nel Signore risorto 2 La ricerca morale delle prime comunità è caratterizzata dalla legge della sequela. Si resta fortemente colpiti dalla vitalità e dallo slancio missionario delle prime comunità. Le convinzioni di questo slancio sono 2: 1 la signoria di Dio su tutto il mondo 2 il Cristo unico mediatore di salvezza. -L’accettazione dell’Antico testamento come Scrittura da parte di tutte le comunità mostra la coscienza della continuità della storia della salvezza. Le Scritture sono lette a partire da Cristo il cui evento resta primario -Le comunità sono tenute insieme dalla comune fede e dalla consapevolezza di formare l’unico popolo di Dio e in tale contesto c’è spazio per le diversità. CHIESA LOCALE E CHIESA UNIVERSALE NEL NUOVO TESTAMENTO -Paolo indirizza la sua lettera “Alla Chiesa di Dio (universale) in quanto si incarna (locale) nella comunità di Corinto”. -Come la Chiesa locale non è la somma dei suoi gruppi e dei suoi membri, la Chiesa universale non è la somma delle comunità particolari -Nel nuovo Testamento “ekklesia” non designa la singola comunità, ma “il popolo di Dio”, rimane quindi sempre ferma la coscienza di essere l’unico popolo di Dio. -“Ekklesia” designa anche la Chiesa nella sua totalità, abbracciando tutti i cristiani sparsi in ogni luogo. -Gli Atti degli Apostoli descrivono per tappe il cammino della Chiesa nel mondo. -Una tappa importante è la fondazione della comunità cristiana in Samaria. Per la prima volta la comunità cristiana esce dai confini territoriali e culturali della Giudea. -Una seconda tappa fondamentale fu la fondazione della comunità cristiana di Antiochia che non si considera indipendente e staccata, ma in comunione con la Chiesa madre di Gerusalemme. -Le comunità cristiane primitive hanno la passione della comunione. Le relazioni scaturiscono dalla natura profonda della Chiesa (che è realtà di comunione) e dalla sua missione (che consiste nel proclamare il grande raduno di Cristo). -Le comunità del nuovo Testamento sono fortemente in comunione tra loro, ma resistono alla tentazione di appiattirsi in una uniformità che non lasci più spazio alle originalità locali e culturali. -La Chiesa è necessariamente locale, inserita in un ambiente storico e in una cultura precisa. È locale perché deve farsi visibile, tangibile, corporea e deve essere solidale con le situazioni sollecitandole verso il Regno. -La comunità è presente in un luogo ma non si identifica mai con il luogo, conserva sempre una sua “autonomia” (estraneità) almeno per due motivi: 1) la tensione universale che non permette alla comunità di chiudersi completamente negli interessi locali 2) è estranea al luogo perché qualitativamente diversa. E’ un’estraneità che nasce dalla novità di Cristo e dalla libertà dello Spirito. -Le differenze che esistevano tra le Chiese locali non venivano giudicate incompatibili con la loro comunione LA CHIESA E IL SUO ORDINAMENTO -La funzione primaria del ministero ordinato è quella di conservare la memoria dell’evento di Gesù; il sacerdote quindi è un mediatore e lo è in forza del suo stato: il sacerdozio è un istituzione di mediazione. -Il culto è tutto avvolto nell’evento di Gesù quindi la ragione della novità del sacerdozio neotestamentario è unicamente l’evento di Gesù Cristo -Il concetto di sacerdozio viene modificato partendo da Gesù; l’originalità del sacerdozio di Gesù rispetto al sacerdozio dell’Antico Testamento deriva dal mistero della sua persona, dalla posizione unica e originale in cui Egli si trova in rapporto al Padre e in rapporto agli uomini -Il sacerdozio ministeriale è al tempo stesso ricco e povero. Povero, perché non ha una sua autonoma consistenza, ma è tutto racchiuso nel sacerdozio di Cristo. Ricco proprio perché non presenta se stesso ma rinvia a Gesù -Il sacerdozio cristiano vive di una duplice appartenenza: a Cristo e alla Chiesa e si fa riconoscere attraverso un incarico ( il sacramento) che lo rende oggettivamente e pubblicamente riconoscibile. -La scelta delle metafore e delle figure consente di parlare delle funzioni del ministero: 1) La parola SERVO riferito a chi ha qualche incarico nella comunità. Servizio e servire sono a volte accompagnati da una specifica azione: per esempio servizio della parola. Servizio e servire sono termini che nel Nuovo Testamento indicano sempre un’appartenenza totale: “Nessuno può servire due padroni”. Servo e basta, questo è il ministro, si tratta di un servizio su incarico 2) La parola PASTORE può riferirsi soltanto a Cristo e ai discepoli, che hanno compiti di responsabilità della comunità. Pascere è immagine che indica tutto il complesso delle funzioni direttive necessarie alla vita di una comunità. Nella parabola del pastore e della pecora perduta e ritrovata, il punto su cui cade il peso è il fatto che per il pastore anche una sola pecora è tanto importante da indurlo a lasciare tutte le altre. Il pastore Gesù è la trasparenza dell’amore di Dio che non abbandona i peccatori, ma li cerca. Il tratto comune è la missionarietà. -Paolo non ha soltanto chiara coscienza di essere apostolo e annunciatore del Vangelo, ma di essere apostolo e annunciatore non per decisione propria, ne di altri, ma di Dio. -Paolo è innanzitutto il ministro della Parola. -Paolo spiega che il suo compito di predicare non ha soltanto lo scopo di annunciare la Croce, ma di vigilare affinché questa non venga “svuotata”, cioè staccata dall’evento storico, ridotta sullo sfondo, scolorita -Paolo costruisce tutta una spiritualità della Parola, che coinvolge interamente la vita del ministro incaricato di farne memoria -Nella predicazione di Gesù il concetto di prossimo attraversa l’intera umanità, ogni uomo può diventare prossimo. Oggetto prioritario dell’amore è il fratello cristiano. “Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Al di sopra di tutto vi sia la caità, che è il vincolo della perfezione”. Paolo insiste sul perdono, richiamando l’esempio di Cristo. -E’ guardando il Signore che il cristiano comprende come e fin dove bisogna amare. La carità non si identifica con le azioni che si compiono, ma è qualcosa che le precede, le suscita e le accompagna. La carità sembra qualificare la persona che agisce più che la sua azione -La fede si prolunga nella carità. “Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. L’amore è la chiave dell’esistenza di Gesù -Un passo essenziale per comprendere la concezione giovannea della carità è: “Vi dono un comandamento nuovo:amatevi gli uni gli altri. Come io ho amato voi così amatevi gli uni gli altri”. Il comando dell’amore è un amore che esce dal chiuso della comunità e si dilata e spinge a una partenza “perché andiate e portiate frutti”. Il rimanere in Gesù si realizza in pratica là dove si rimane nella sua parola e nel suo amore, dove si osservano i suoi comandamenti, là dove ci si ama gli uni gli altri. Il grande imperativo “amatevi reciprocamente” della comunione con Dio si realizza, praticamente, nell’amore fra noi -Se possiamo amare è perché siamo amati LA CHIESA E IL SUO CULTO. -Cristo è al centro di tutta la vita cultuale della Chiesa primitiva. -Gesù frequenta il tempio ed ha anche polemizzato con esso “Io distruggerò questo tempio fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne ricostruirò un altro non fatto da mani d’uomo”. Il gesto di Gesù diventa ardente appello al cambiamento di mentalità: alla conversione. Il gesto di Gesù proclama che il tempio è decaduto -In più l’agonia e la morte di Gesù sono scandite sulle ore del giorno, che sono anche le lore della liturgia al tempio: l’ora terza, sesta, nona. E’ come se fosse ormai chiaro che la vera liturgia si compie sul Calvario, lungo una pubblica strada -In Luca in risalto è l’azione di insegnamento di Gesù che avviene nel tempio. Gerusalemme frequentava assiduamente il tempio, ma il suo modo proprio di rendere culto a Dio avveniva nelle case. Dal tempio alle case, questo il significativo spostamento del luogo sacro che Luca pare sottolineare opponendo il tempio e la casa. E’ una differente concezione di spazio: non più uno spazio locale, ma relazionale. -Giovanni afferma che il tempio è decaduto. Il gesto di Gesù è la profezia di una sostituzione. Il vero tempio è il Cristo morto e risorto. -Per il Nuovo testamento lo spazio del culto è l’esistenza. Paolo disse “Offrite i vostri corpi come sacrificio vivente e non uniformatevi a questo mondo, rinnovate la mente”. -La cena del Signore nel Nuovo testamento non è solo l’atto di culto per eccellenza, ma il centro per comprendere ogni altra forma cultuale neotestamentaria. Gesù raccoglie l’intera sua esistenza nei gesti del pane e del vino, due gesti simbolici e rituali, ripetibili. Il pane è spezzato e condiviso e il vino è distribuito: Gesù raccoglie nel pane e nel vino la sua esistenza vissuta nel dono di se “Fate questo ogni volta che ne bevete, in memoria di me”. Avendo raccolto la sua esistenza in gesti simbolici e ripetibili, Gesù può ora consegnarla ai discepoli perché ne facciano memoria -La vera radice della novità cultuale neotestamentaria è l’evento di Gesù La novità neotestamentaria sta nell’aver compreso la valenza culturale dell’evento cristologico. Cristo assomma su di se tutte le strutture cultuali: il dono di Dio all’uomo, la risposta dell’uomo a Dio, la mediazione. Soprattutto la sua morte viene vista come un’azione cultuale. L’evento di Cristo è lo spazio del vero culto, è lo spazio dell’incontro. UNA SFIDA ANTICA E SEMPRE NUOVA -Il cristianesimo è per l’uomo concreto che vive in contesti diversi e determinati. -Il Nuovo Testamento racconta l’esperienza di comunità concrete, in un mondo non cristiano e spesso ostile. -Nel Nuovo Testamento ci si accorge che il Mistero di Cristo non si è svelato in linea retta, ma a ventaglio, attraverso la particolarizzazione delle chiese. -Il discorso tenuto da Paolo costituisce un primo tentativo di dialogo fra cristianesimo e culture e si inserisce in un quadro di forte denuncia. Luca annota che l’animo di Paolo era indignato “al vedere la città piena di idoli”. Il tema centrale del discorso è l’ignoranza. -Il discorso di Atene ci permette alcune conclusioni: Sia pure in un quadro di denuncia, il discorso testimonia fortemente il tentativo di agganciare il vangelo alla cultura ambiente, Paolo fa leva su alcuni valori culturali ritenendoli capaci di far evolvere lo stesso paganesimo e aprendo la strada alla concezione di Dio. Paolo crede di avvertire nella religiosità pagana un “presentimento” che può trovare il suo sbocco chiaro e completo nell’annuncio di Gesù. Paolo afferma che solo Cristo è la via necessaria per la salvezza. -Per Paolo, proprio perché trascendente, l’evento salvifico non è legato a nessuna cultura e può utilizzarle tutte. Per Giovanni, invece, il cristianesimo è aperto alle culture perché “il verbo illumina ogni uomo”: Il punto fermo e comune, da salvare in ogni modo, è l’evento di Gesù Cristo, sia come parola unica, sia come unica via di salvezza. In tale evento sono incluse una visione dell’uomo e una direzione morale. I capisaldi per comprendere Cristo sono tre: la preesistenza, l’incarnazione, l’affermazione conclusiva. PADRE NOSTRO - MAGGIONI PADRE NOSTRO -Il Padre Nostro ci è giunto in due forme: quella di Matteo nel discorso della montagna (6,9- 13) e quella di Luca (11,2-4). -La preghiera si struttura in 7 domande, le prime tre riguardano il regno, la quarta riguarda il pane quotidiano e le ultime tre il perdono e la vittoria sul male -Padre è il nome di Dio. L’uomo può rivolgersi a Lui come un figlio, chiamandolo familiarmente “Padre”, come ha fatto Gesù; questa è una nota qualificante, che segnala l’originalità cristiana. -La vera novità, però sta nel poter rivolgersi a Lui con lo stesso tono di Gesù, figli nel Figlio CHE SEI NEI CIELI -Questa precisazione vuole ricordarci che Dio è vicino e Signore, creatore e Padre, amore e onnipotenza -La consapevolezza che il creatore del mondo è un Padre ci permette di vedere in ogni cosa e in ogni evento un dono SIA SANTIFICATO IL TUO NOME -È la prima domanda della preghiera -Non indica una lode fatta di culto e di parole, quanto piuttosto un permettere a Dio di svelare, nella sua vita del singolo e delle comunità, la sua potenza salvifica -Con questa domanda il discepolo chiede che la comunità diventi un involucro trasparente capace di mostrare la presenza di Dio VENGA IL TUO REGNO -Per comprendere la seconda domanda del Padre Nostro bisogna anzitutto ricordare che il Regno di Dio è già presente nella nostra storia -Ma che cosa significa “Regno di Dio”? Per rispondere occorre riferirsi a tutta la predicazione di Gesù e a tutta la sua vita. -«Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al Vangelo». In questa affermazione sintetica e certamente missionaria, il Vangelo e il Regno sembrano quasi sovrapporsi. -Dio è fra noi e la sua presenza è carica di novità -Nella misericordia di Gesù è poi racchiuso anche il tratto della universalità; questa è la nota sorprendente del Regno di Dio