Scarica Teoria della letteratura. Campi, problemi, strumenti. di Laura Neri e Giuseppe Carrara e più Appunti in PDF di Teoria della Letteratura solo su Docsity! Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Teoria della letteratura Campi, problemi, strumenti a cura di Laura Neri e Giuseppe Carrara Carocci 2022 Parte Prima: Il campo della letteratura 0. Lo spazio della teoria (Carrara, Neri) 4 Pag. 2-5 1. Oltre la letterarietà (Carrara, Neri) 7 Pag. 7-12 2. La ricezione e il pubblico (Rodler) 4 Pag. 13-16 3. Letteratura e società (Balicco) 5 Pag. 17-21 4. L’opera e la psicoanalisi (Alfano) 3 Pag. 22-24 Parte Seconda: Mappe e strumenti 5. Questioni di Stile (E. Testa) 5 Pag. 25-29 6. Tema (Pellini) 5 Pag. 30-34 7. I generi letterari (Fusilio) 5 Pag. 35-39 8. Teoria della poesia (I. Testa) 6 Pag. 40-45 Parte Terza: Mondi immaginari e mondi reali 9. Il territorio della finzione (Lavocat) 5 Pag. 46-50 10. Le voci della narrativa (Meneghelli) 3 Pag. 51-53 11. Il problema del realismo (Bertoni) 4 Pag. 54-57 12. Spazio e geografia (Tortora) 3 Pag. 58-60 Parte Quarta: L’estensione del campo 13. Critica dei confini (Adamo) 3 Pag. 61-63 14. Femminismi e sguardi queer (Vallorani) 2 Pag. 64-65 15. Cultura visuale (Rizzarelli) 3 Pag. 66-68 16. Letteratura e emozioni (Ballerio) 3 Pag. 69-71 1 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Introduzione Lo spazio della teoria di Giuseppe Carrara e Laura Neri (UniMI) Teoria e Letteratura Ursula K. Le Guin in The Carrier Bag of Theory of Fiction riflette sul fatto che le storie siano nate non quando gli uomini primitivi piantavano i semi, ma quando andavano a caccia di mammuth. Eppure, a sua detta il valore della letteratura non si può ridurre solo a questa attività, che è violenta ed ha come protagonista un eroe maschile. Le Guin nella sua opera fa tre cose, che ci permettono di riflettere su che cos’è la Teoria della Letteratura: o Decostruisce un’idea sulla letteratura ben radicata (il topos dell’eroismo) per produrne una diversa. Per farlo si chiede che cosa sia la letteratura, un po’ come i pesci di Questa è l’acqua di Wallace si chiedono “Che cos’è l’acqua?” La teoria della letteratura è un discorso che mette in discussione le nozioni acquisite mostrandole come prodotto di pratiche, processi storici, o anche ideologici. Per questo deve esplicitare in modo metariflessivo i presupposti della letteratura e della critica stessa. Gli strumenti della critica, però, sono spesso in contrasto tra loro con varie visioni della letteratura e del mondo. Per questo la teoria della letteratura, come scrive Bertoni, è inevitabilmente politica, è un atto sociale che formula giudizi e li propone a una comunità giudicante. o Si interroga sul valore latamente antropologico della letteratura (come è nata, cosa ha a che fare con l’evoluzione umana, perché raccontiamo storie) La letteratura per Le Guin è un’attività dialogica e intersoggettiva, non dogmatica ma relativista, sempre disponibile a correggersi e ampliarsi La teoria della letteratura si fa delle domande, solleva problemi e cerca risposte a partire dalle questioni fondamentali e generali. Come scrive Brioschi, ogni volta che indichiamo in un testo i congegni tecnici che lo costituiscono continuiamo a dare delle risposte a queste domande. o Riflette su alcune categorie specifiche: prima il romanzo, poi la fantascienza La teoria della letteratura ci offre una serie di strumenti ed analisi dei vari tipi di testo e di genere, ma non si riduce a un mero elenco nella loro meccanica applicazione. Vuole infatti scoprire come la letteratura ci parla del mondo, che godimento estetico produce. Come scrive sempre Brioschi, ciò che è importante nella teoria non è che sia vera (può sempre essere contraddetta), ma che possieda un potere esplicativo e ci permetta di comprendere meglio le opere. La teoria non è un sapere astratto, ma vive in mutua dipendenza con il testo, in modo circolare e dialettico. Non esiste una legge per la ricerca letteraria, come scrivevano René Wellek e Austin Warren in una Teoria della letteratura del 1942. Infatti, più una teoria è generale, più sarà vuota. Ma all’opposto nessuna opera è così specifica da essere unica: se lo fosse, sarebbe incomprensibile. La teoria della letteratura è in costante movimento in due sensi: o Una “versatilità dell’impiego delle teorie” (termine concettualizzato da Edward Said in Traveling Theory). La teoria è come un viaggio attraverso tempi e spazi che le permette di risemantizzarsi, modificare le proprie funzioni e scopi. 2 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti o Classicamente essi erano: l’Umile, il Mediocre, il Grave, ciascuno con il proprio contenuto ed esemplificati con Bucoliche, Georgiche ed Eneide o Gli stili vengono sovvertiti con l’epoca del romanzo, che li fagocita. La Puritas. Correttezza lessicale e grammaticale. La Perspicuitas. Chiarezza, Comprensibilità. L’Ornatus. Riguarda le figure retoriche e di pensiero, gli artifici stilistici e formali o Mneme. La memoria e l’apprendimento. Ricordare non significa solo ritrovare un’idea, ma costruirne una nuova: la percezione sposta l’oggetto nel presente della mente che ricorda e tale operazione compromette al verità assoluta del ricordo stesso. Come spiega Ricoeur, dunque, vi è un inganno inevitabile nella memoria e una confusione tra reale e irreale nell’immaginazione. La rievocazione dei ricordi, poi, è sempre un’azione selettiva. Per questo alla memoria è importante l’oblio, come scrive Harald Weinrich. o Actio. L’esecuzione orale, con voce e gesti. La lingua è concepita come azione. Il messaggio non è solo un atto locutivo, ma anche illocutivo (Austin), con un effetto perlocutorio. Il significato delle parole non è solo quello verbale. Il linguaggio inoltre è un’attività cooperativa tra gli interlocutori (Clark) 5 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Parte Prima: Il campo della letteratura Capitolo 1 – Oltre la letterarietà di Giuseppe Carrara e Laura Neri (UniMI) 1.1 Il problema della forma: Il formalismo russo Negli anni 10 si iniziano a ricercare le specificità interne che distinguono la letteratura da ogni altro tipo di discorso, a partire dal testo. La Linguistica. Nel 1916 gli allievi di Ferdinand de Saussurre pubblicano il suo Corso di linguistica generale di Ginevra. Da qui nasce la linguistica strutturale. o Per De Saussurre la lingua è un sistema differenziale: l’identità di ogni segno è data dalla sua relazione con gli altri, che è negativa. La B non è la C. o Significante e Significato: la forma grafica e sonora di un segno e il suo contenuto referenziale o Langue e Parole: la lingua su un piano virtuale e la sua attualizzazione concreta in ogni singola esecuzione. La lingua è un sistema virtuale, un campo di possibilità tra due piani interdipendenti: esiste solo nei modi in cui la usiamo nel concreto, ma non esisterebbe senza una base astratta comune. Ciascuno attualizza la lingua attraverso operazioni di selezione e combinazione o Diacronia e Sincronia: le relazioni evolutive con la tradizione e quelle statiche con i contemporanei. De Saussurre afferma il primato della sincronia e dunque inizia a studiare la langue di un certo momento storico piuttosto che l’evoluzione diacronica della parole. Il Formalismo. Termine rifiutato dai suoi stessi componenti con cui si indicano i primi studiosi della forma testuale. o Scopo comune dei formalisti è fondare una scienza della letteratura che stabilisca i principi che garantiscano lo studio della letteratura in sé, opponendosi alla critica ottocentesca ossessionata dall’extra-testo: la biografia degli autori, le determinazioni storiche, i pretesti per riflessioni filosofiche. o Al contrario i formalisti rivendicano la centralità del testo ponendo l’accento sulle tecniche e i procedimenti che lo organizzano. Vedi per esempio Come è fatto il “Don Chisciotte” di Skolovskij. o In questo modo i formalisti sottolineano la differenza tra la forma di un testo e il suo contenuto. La linguistica contribuisce a fornire molte indicazioni per l’elaborazione dei principi di questa teoria-scienza della letteratura, in particolare sull’ipotesi della particolarità del linguaggio poetico. o Le scuole del formalismo erano principalmente due: Il Circolo linguistico di Mosca, fondato nel 1915, con Jakobson, Bogatyrev, Vinokur e Jarcho. Essi concepiscono la poesia come linguaggio utilizzato con una funzione estetica. L’Opojaz, la Società per lo studio del linguaggio poetico, fondato a Pietroburgo nel 1916, con Skolovskij, Brik, Ejchenbaum, Tynjanov e Tomasevskij. Essi insistono sulla piena autonomia delle forme artistiche e non identificano il testo poetico come semplice utilizzo della lingua. Jakobson dà la soluzione più convincente alla definizione di poesia e di letteratura nel contesto del formalismo 6 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti o Jakobson elabora il concetto di Letterarietà o Poeticità: l’essenza della letteratura, un principio organizzatore, una modalità che rende letterario un discorso, “come l’olio rende tali le sardine sott’olio”. o In letteratura la parola è sentita come parola prima che come sostituto dell’oggetto nominato. Le parole e la loro sintassi, il loro significato, la loro forma esterna acquistano peso e valori propri. o Nel 1960 in Linguistica e poetica Jackobson parlerà delle 6 funzioni del linguaggio. In letteratura prevale la funzione poetica come funzione dominante, gerarchicamente superiore (anche se c’è in qualsiasi altra comunicazione) Mittente: Funzione emotiva Messaggio: Funzione poetica. La “messa a punto” (Einstellung) del linguaggio in quanto tale. Destinatario: Funzione conativa (un ordine) Contesto: Funzione referenziale Codice: Funzione metalinguistica Contatto: Funzione fatica (“pronto”) o Ejchenbaum e Tynjanov approfondiscono il concetto di “dominante”, che verrà ripreso per indicare un aspetto dell’opera che viene messo in primo piano, che sia la forma, il procedimento, la motivazione, la funzione, la costruzione e così via. 1.2 Tre idee di forma: macchina, organismo, sistema Peter Steiner nel 1984 individua quattro tropi principali che organizzano le teorie formaliste: La sineddoche del linguaggio: il linguaggio da materiale che costituisce l’opera letteraria diventa l’opera letteraria stessa. È ciò che abbiamo detto con la funzione poetica di Jakobson. La metafora della macchina. Ne deriva il modello Meccanicista. Ha il suo principale esponente in Sklovskij, che indaga il Procedimento. o Un testo può essere smontato e analizzato nel suo funzionamento o Sklovskij nella Tecnica del mestiere di scrittore spiega che ci sono dei procedimenti con cui lo scrittore organizza il materiale extra-artistico traendolo dalla vita e rifunzionalizzandolo all’interno dell’opera letteraria. o Il procedimento indica lo scarto che c’è tra le opere d’arte e i fenomeni extra-estetici (la vita quotidiana, chiamata Byt): ci si chiede dunque come dai secondi si possano generare i primi. o Il procedimento per eccellenza è lo straniamento: trasmettere l’impressione dell’oggetto come “visione” e non come “riconoscimento”: mostrare oggetti e situazioni note come se li si vedesse per la prima volta. Esso è quasi una legge necessaria per definire la letteratura. La metafora dell’organismo. Ha il suo principale esponente in Propp, che indaga la Funzione. o Il concetto è già presente in un’opera di Boris Jarcho che paragona ad un organismo l’insieme di elementi complessi organizzati gerarchicamente nella letteratura. o Propp in Morfologia della fiaba riconosce l’esistenza di diverse forme e le studia come se fossero formazioni organiche. o Individua morfologicamente il nucleo comune di tutte le fiabe isolandone costanti e varianti sugli elementi ricorsivi (le unità minime). o Così individua 31 funzioni, azioni segmentate nei loro atti primari e disposte in un ordine preciso: conta solo l’azione, non chi la compie. Ogni unità minima, dunque, è funzionale alla complessità dell’organismo. o I personaggi sono considerati sulla base del loro ruolo nella storia e si riducono a pochi ruoli “attanziali”: antagonista, donatore, aiutante, principessa, mandante, eroe, falso eroe. 7 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Dopodiché si attribuisce un valore semantico a questi elementi. Ad esempio, si individuano delle divisioni dei versi sulla base dei paradigmi di somiglianza (procedimento metaforico) e contiguità (procedimento metonimico): un po’ la stessa cosa che faceva Levi-Strauss con i mitemi. Ad esempio, si dividono i versi in due sestine e un distico (6+2+6) spiegando che il distico segna il passaggio tra il reale e il surreale. Insomma, alla fine della fiera i due arrivano a trovare una somiglianza tra il gatto e la donna, concludendo che “l’uomo innamorato è congiunto alla donna come il saggio lo è all’universo”. o Nel 1963 Barthes pubblica un saggio su Racine in cui analizza la Fedra, tragedia del 1677. Barthes identifica due paradigmi oppositivi: il segreto e il passaggio alla parola. Così interpreta la tragedia come storia di una parola chiusa e di una vita trattenuta e, da qui, il tema del parto. Questa analisi non rispetta minimamente l’intreccio di superficie dell’opera. E infatti Picard parte da essa per attaccare lo strutturalismo, nel 1965, con un saggio intitolato Nuova critica o nuova impostura. Barthes risponderà a Picard l’anno successivo con Critica e verità, dove spiega che La “Vecchia critica” si fonda sul concetto di “verosimile critico”: il testo ha delle evidenze da cui partire e dal linguaggio si possono ricavare delle certezze. La “Nuova critica”, invece, va oltre il semplice attenersi alla lettera al testo, ma riconosce la natura aperta delle opere, che possono essere arricchite con altri significati latenti. Ciò che conta è il metodo, non la correttezza delle interpretazioni (anche perché chi può dire se una lettura è corretta o meno). La Nuova critica non vuole tradurre o spiegare l’opera, ma “generare un senso” a partire dal testo Questa stagione della teoria letteraria è stata definita “L’epoca d’oro”. Oggi molto è stato rigettato: o Il posto e il ruolo assegnato al soggetto, che spesso viene eccessivamente svalutato dallo strutturalismo (Barthes ne “La morte dell’autore” ritiene che uno scrittore non ha alcun ruolo nell’interpretazione di un testo) o Il rapporto con la dimensione storico-sociale, che spesso viene dimenticato dallo strutturalismo o La rigidità di alcuni sistemi, l’incompletezza dell’analisi del testo e via dicendo 1.5 I limiti della letterarietà: La critica allo strutturalismo Nel 1978 Costanzo Di Girolamo pubblica Critica della letterarietà, un saggio rivoluzionario in cui mette in discussione il concetto stesso di letterarietà, spiegando che ciò che è letteratura e ciò che non lo è dipende dal contesto storico: ad esempio la Bibbia non nasce come letteratura, ma oggi è considerata tale. o Il concetto di “letterario”, dunque, non è l’essenza immutabile che determina a priori la natura della letteratura, ma può essere esteso e ristretto in base al contesto, i gusti, le percezioni, i riferimenti. Si introduce dunque una prospettiva diacronica. o Non esiste dunque una vera divisione tra funzione pratica e funzione sociale e il testo non esiste una totale autonomia del testo come sostengono formalisti e strutturalisti: una poesia, per esempio, non è “fine a se stessa” perché ha dei referenti nella vita reale: considerarla tale significherebbe considerare l’arte come priva di un percorso conoscitivo. Negli stessi anni Franco Brioschi pubblica alcuni saggi contro strutturalismo e formalismo che oggi sono raccolti nel volume La mappa dell’impero (che paragona lo strutturalismo al racconto di Borges 10 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti dove, per descrivere un impero nei suoi minimi dettagli, si crea una mappa grande come tutto l’impero stesso). Qui mette in scena un dialogo tra Plotino e Porfirio di ispirazione leopardiana per discutere sulla nozione di letterarietà (lui è Plotino). Certo, Brioschi non nega l’importanza del linguaggio, ma la reputa una condizione insufficiente. o Brioschi si rifà a Nelson Goodman Goodman quale distingue due procedimenti simbolici La denotazione è il procedimento simbolico con cui una parola indica gli oggetti a cui si applica. La parola “tavolo” indica un tavolo. L’esemplificazione è il procedimento simbolico inverso: l’oggetto esemplifica il predicato: l’oggetto tavolo rinvia alla parola “tavolo” e alle proprietà di un tavolo. Sono procedimenti “simbolici” perché un tavolo o la parola “tavolo” non contengono tutte le proprietà di tutti i tavoli possibili (tipo idea nell’iperuranio), ma solo alcune proprietà simboliche specifiche che variano sulla base del sistema di simbolizzazione di riferimento. Magari io penso a un tavolo di vetro e mio nonno a un tavolo di legno. Dipende dal “possesso” che ciascuno ha della parola. Quindi l’esperienza estetica è dinamica e non statica: ciascuno esperisce l’arte in modo diverso in base sia all’atteggiamento del soggetto, sia alle qualità dell’oggetto. È dinamica anche in senso diacronico: il modo stesso in cui interpreto “simbolicamente” il mondo varia con l’esperienza di nuovi simboli. A partire da qui, Brioschi spiega che l’interpretazione di un testo deriva da “decisioni” prelinguistiche. I simboli non decidono il loro sistema di riferimento, ma siamo noi che li assegniamo a un sistema. Il che comunque non significa che l’interpretazione si riduca a un atteggiamento soggettivo arbitrario: l’oggetto si rivela in modo congruente con le nostre attese esibendo tratti simbolici appropriati; le nostre decisioni sono guidate dalle conoscenze, dalle prescrizioni sociali e dai protocolli di lettura. o Brioschi si rifà anche a Lausberg Lausberg definisce il discorso di ri-uso, come un discorso che viene tenuto in situazioni tipiche mantenendo la sua “usabilità”. Ne individua tre tipi: le scritture sacre, le leggi e i testi letterari, che si modificano in base a tradizioni e convenzioni. Brioschi descrive dunque tre aspetti costitutivi della comunicazione letteraria intesa come discorso di ri-uso che cambia diacronicamente (tradizione) e sincronicamente (convenzione). Il Dominio: il contesto a cui il testo si riferisce. Riguarda quindi il significato. L’Identità: Riguarda il piano espressivo. Come un testo è scritto e come verrà ricordato. L’Asimmetria tra gli interlocutori: chi produce il discorso ha una posizione superiore rispetto al destinatario. Riguarda l’origine del testo e il ruolo dell’autore e del lettore. Per Brioschi e Di Girolamo, dunque, non esistono oggetti o valori specificamente estetici, ma modi estetici di guardare e ri-usare gli oggetti. È la situazione comunicativa che sta intorno al testo che permette di fare affermazioni precise e di motivarle in un contesto. “Estremista” di questa “comunità interpretativa” è Stanley Fish, studioso statunitense autore del provocatorio saggio: C’è un testo in questa classe? o Nel suo libro, Fish si oppone all’idea di significato come stabile e fissato una volta per tutte, ma al contempo fissa dei limiti alla libertà del singolo lettore, le cui interpretazioni 11 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti sarebbero in definitiva controllate e validate dai sistemi di valori, interessi e pregiudizi della comunità di cui fa parte. L’opera di Fish è pubblicata nel 1980, lo stesso anno del Nome della Rosa di Eco, il quale sostiene qualcosa di molto simile: c’è un limite alle interpretazioni possibili del lettore. o Fish propone ai suoi studenti un esercizio ermeneutico chiedendo di interpretare una poesia scritta alla lavagna, che in realtà era un mero elenco di nomi senza un significato estetico e letterario. Eppure, gli studenti attribuiscono al testo il valore di una poesia: gli oggetti sono fatti, non trovati. (In ogni caso, le interpretazioni sono regolate da strumenti e convenzioni sociali che riguardano anche la critica poetica, quindi la posizione di Fish non è del tutto soggettivista) Il decostruzionismo nasce dal filosofo francese Derrida o Famoso è il suo slogan “il n'y a pas de hors-texte”: “non c’è nulla al di fuori del testo”. Questa frase di complessa e apparentemente contraddittoria interpretazione non è l’affermazione di uno strutturalista, ma significa: non esiste una relazione davvero condivisa e riconoscibile da tutti tra il significante dei segni e il significato della realtà. o La scrittura, dunque, è arbitraria e assolutamente autoreferenziale. Non è possibile attribuire significato al testo perché esso, filosoficamente e letteralmente, non “significa” nulla: sono solo segni. o Senza sfociare nell’assurdo, potremmo dire: non esiste un significato univoco di un testo che sia gerarchicamente più autorevole degli altri, perché non esiste un modo univoco per interpretare un testo, ma esso cambia in base ai soggetti, alle convenzioni, alla tradizione, al contesto. o Erroneamente si mette Fish sulla stessa linea di Derrida, ma i due dicono cose diverse. Per Fish esistono tante interpretazioni di un testo, ma sono limitate. Brugnolo spiega che Fish non si ispira tanto al decostruzionismo, quanto piuttosto al pragmatismo. Thomas Pavel in Mondi di invenzione riesuma la dimensione referenziale del testo o Egli spiega che l’atto della lettura e dell’interpretazione di un testo consiste in una continua messa in relazione tra realtà e finzione: anche i personaggi e i mondi inventati non possono essere descritti senza riferimenti a cose conosciute. o Inoltre, spiega che i personaggi di finzione vengono percepiti come referenti reali dal punto di vista logico. Quando uno nomina Sherlock Holmes ho perfettamente in mente un’immagine simbolica dell’investigatore. E posso addirittura fare dei paragoni caratteriali, anche se il personaggio non esiste: “Hai l’intuito di Sherlock Holmes!” Al contrario, autori come Kripke, Kaplan e Putnam sostengono che c’è un unico modo per definire l’unicità di un oggetto (teoria causale), quindi, dal momento che le stesse proprietà di Sherlock Holmes possono essere tipiche di un numero indeterminato di altri personaggi di finzione, non posso definire l’unicità dell’investigatore. o Come spiega Lavagetto a proposito di Pavel, riaffermare la realtà del testo, comunque, non significa ribadire che esiste un solo modo di leggere i testi o che esiste un’autorità interpretativa su di essi. Infatti, come spiega Bertoni, l’autentica teoria è tutto tranne che dogmatica e autoritaria. Tzvetan Todorov spiega che intendere l’opera letteraria come un oggetto linguistico chiuso, autosufficiente e assoluto significa imporre una letteratura senza alcun rapporto con il mondo, costruita solo dalle relazioni interne ai testi. Inoltre, spiega che il critico di fronte al testo letterario deve assumere una relazione dialogica. Indagare gli oggetti artistici significa innanzitutto interrogarli. 12 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti collegare tra loro i significati di un testo all’interno della mia cultura: come il rapporto tra studio vs miseria. o Codice Proairetico o Narrativo. Riguarda la narrazione di una storia o di un evento in un testo. Si concentra sulla comprensione del modo in cui il testo è organizzato per raccontare una storia. A livello esteso, serve anche a interpretare qual è il senso sotteso a tutta una narrazione. 2.2 Gli orizzonti del lettore: L’estetica della ricezione Dagli anni Trenta del Novecento, la fenomenologia e l’ermeneutica si interrogano sul senso della realtà, e dunque anche dei testi. Si chiedono: il senso di un libro dipende dall’autore che lo inserisce nella sua opera o dall’interprete che ne fa esperienza in uno spazio e in un tempo determinati? o La fenomenologia (il senso del testo è stabile), fondata dal filosofo tedesco Edmund Husserl, sostiene che i fenomeni hanno una verità permanente che però viene conosciuta solo grazie all’intenzione soggettiva e variabile dell’interprete. Roman Ingarden, allievo di Husserl, precisa che a livello letterario l’opera ha una propria struttura ben definita e solida, ma viene concretizzata singolarmente in diverso modo. Da qui prenderà piede la critica letteraria fenomenologica, nella Scuola di Ginevra, tra gli anni 50 e gli anni 70 o L’ermeneutica (il senso del testo è fluido), fondata dal filosofo tedesco Wilhelm Dilthey, sostiene che la lettura sia non una sequenza lineare ma un circolo ermeneutico in cui più vado avanti a leggere, più modifico il senso di ciò che ho già letto, in un continuo aggiustamento che è guidato anche dall’autore che ha scritto il libro. Anche Heidegger parla di ermeneutica, ma con meno certezze sulla stabilità del reale: il libro (o qualsiasi opera d’arte) è un cammino del linguaggio verso la verità, che svela qualcosa ma, svelando, nasconde qualcos’altro. Sulla stessa linea, Hans Georg Gadamer in Verità e metodo spiega che l’interpretazione di un testo è un dialogo continuo di mediazione e fusione tra il testo e il lettore: un dialogo tra i loro orizzonti ermeneutici. Jans Robert Jauss e Wolfgang Iser, esponenti della Scuola di Costanza, rielaborando le teorie di fenomenologia ed ermeneutica, propongono la teoria dell’estetica della ricezione. Fondamentale è l’opera di Jauss Perché la storia della letteratura? del 1967 o La lettura è un evento storico, fondato sull’orizzonte di attesa di un pubblico specifico, che varia sincronicamente nel contesto socioculturale e diacronicamente nel tempo. (In Se una notte d’inverno un viaggiatore di Calvino, l’orizzonte di attesa del Lettore protagonista è continuamente deluso e disatteso). o Dopo una prima percezione estetica (la comprensione del testo), il lettore procede a rileggere e pluralizzare il testo in senso dialogico (l’interpretazione del testo). Arriva così a vivere una lettura storica: il confronto tra la ricezione originaria e l’orizzonte di attesa del suo tempo. o I testi, dunque, non hanno un valore deciso una volta per tutte, né suscitano risposte uniformi attraverso le generazioni, ma sono sempre compresi in relazione alle aspettative dell’interprete. Umberto Eco parla di un’opera aperta, che però è sottoposta ai limiti dell’interpretazione. Bisogna infatti distinguere: o L’intentio auctoris: i nuclei originari di senso stabili 15 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti o L’intentio lectoris: ciò che il lettore interpreta, ma senza cadere nell’anarchia interpretativa del decostruzionismo di Derrida (non c’è un senso alla letteratura) e di Fish (lo stesso concetto di letteratura è determinato dal lettore) o L’intentio operis: il significato della struttura semantica e stilistica dell’opera (ad esempio elementi di intertestualità e intervisualità) Michail Bachtin studia il fenomeno del romanzo in opere come Estetica e romanzo o Il romanzo è dotato di polifonia o dialogicità, prendendo come esempio in particolare Dostoevskij. Il romanzo polifonico è caratterizzato da una molteplicità di voci narrative, punti di vista e discorsi, che si fondono in una sorta di dialogo costante. In questo tipo di romanzo, ogni personaggio ha la propria voce e la propria visione del mondo, e queste voci si mescolano e si sovrappongono per creare un'opera d'arte complessa e multiforme. o Il romanzo polifonico è quindi un'opera d'arte che riflette la complessità della realtà e la molteplicità delle voci umane. Si contrappone alla letteratura “monologica”, dove è espresso solo il punto di vista dell’autore. o Anche la ricezione di un’opera (e soprattutto quella) è caratterizzata dalla pluridiscorsività. Ezio Raimondi parla addirittura di una letteratura intimamente dialogica, che ha una coscienza affettiva: rivela al lettore qualcosa della sua storia più profonda, senza essere stato scritto apposta per lui. Calvino nel Viaggiatore scrive: “Ciò che è scritto partecipa del potere della scrittura, un potere fondato su qualcosa che va al di là dell’individuo. L’universo esprimerà se stesso fintanto che qualcuno potrà dire: «Io leggo dunque esso scrive»” 2.3 Lettrici e lettori in azione: La lettura come esperienza enattiva Gianni Rodari scrive Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storia, un testo considerato “dual audience”. o L’opera contiene delle “tecniche” di lettura sia per adulti sia per bambini. Una parola genera un binomio fantastico quando ne incontra un’altra estranea (cane e armadio) o se viene deformata (staccapanni). L’intreccio può essere formato anche da ipotesi fantastiche: Che cosa succederebbe se un uomo si svegliasse scarafaggio? Che cosa succederebbe dopo il “vissero felici e contenti”? Interventi operativi fantastici o “trattamenti” di una storia possono modificarle, invertirle, mischiarle. o Per Rodari la parola e la lettura sono un elemento primario di umanesimo antropologico. Come sostiene anche Jerome Bruner, l’uomo è narrazione e comunicazione, tanto più efficaci quanto più esercitate sin dall’età del gioco. o Anche gli errori sono benefici creativi, perché insegnano a dubitare della rigidità di regole e stereotipi. Dopo il lettore discontinuo, alla fine del Novecento si impone il lettore (o fruitore) enattivo (in costante dialogo con l’ambiente in cui vive) o Il concetto di “enazione” (dal latino “enasci” = generare) è stato introdotto da Francisco Varela, filosofo e scienziato cileno. La cognizione dei viventi è un’azione incarnata, che produce informazione grazie a continui rapporti con l’ambiente interno ed esterno all’individuo. o L’opera letteraria, dunque, non è una sfera separata dal lettore, che la comprende in rapporto alle strutture cognitive della sua esperienza quotidiana e naturale. o Monika Fludernik parla di “natural narratology”. Non si parla più di “close reading” sul testo, ma di “open reading”. 16 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti o Come diceva Aristotele, la letteratura suscita pietà e paura. I libri smuovono persone e personaggi, da Paolo e Francesca, a Emma Bovary, a Don Chisciotte. o Oggi il lettore da “consumer” è diventato anche “prosumer” o “producer”: a volte si è appropriato a tal punto di un’opera da suggerire all’autore come proseguirla. Vedi le serie TV o Harry Potter. o Nel campo dei media oggi si parla di “deep media”: il pubblico è continuamente coinvolto e spinto a partecipare e a cercare nuove narrazioni, con prequel, sequel, spin off e altro. Dopotutto, come dicono Rizzolatti e Tommasello, l’essere umano si distingue dalle scimmie anche per un più radicato senso di collettività e dialogicità tra punti di vista. In Italia secondo Eurostat e Istat solo il 40% della popolazione legge un libro per passione all’anno e la media del tempo dedicato giornalmente alla lettura è 5 minuti. Nel 2020 è cresciuta sì, ma di molto meno di quanto ci si aspetti. L’importanza attribuita alle narrazioni visive rende fondamentale il ruolo dell’editoria illustrata nell’educazione dei bambini alla lettura. L’osservazione delle espressioni facciali, ad esempio, consente ai bambini di comprendere le 6 emozioni di base (felicità, rabbia, paura, sorpresa, disgusto e disprezzo). o Alcune case editrici che si occupano di picturebooks sono: Fatatrac, Settenove, Lapis, Topipittori, Sinnos 17 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti La disillusione romantica: l’individuo prende atto della non-modificabilità del reale, fallisce la volontà di potenza, può agire solo su di sé cercando di riordinare almeno il tempo della propria vita. Come L’educazione sentimentale di Flaubert. Tolstoj costituisce un discorso a parte, una terza via, perché mostra una nuova dimensione epica di lotta contro il tempo, grazie all’eccentricità di una cultura russa che conserva ancora un rapporto vitale con le forze organiche della natura. Pensa a Levin. o L’esperienza della guerra propone a Lukàcs una soluzione nell’impegno politico marxista. Per questo nel 1923 pubblica Storia e coscienza di classe. o Dopo aver visto che la Rivoluzione russa trasformare il mondo, inizia ad osservare nel romanzo anche un potere costruttivo e non solo distruttivo. Così pubblica Saggi sul realismo negli anni Trenta a Mosca. Nell’introduzione ai Saggi sul realismo, scritta nel 1945 a guerra ultimata, Lukàcs si chiede se l’apice del romanzo moderno sia Balzac (l’unità tra il mondo esterno e il mondo interno, pensa a Papa Goriot) o Flaubert (il distacco tra i due mondi, pensa a Madame Bovary). La risposta sarà indicativa anche di tutta la civiltà odierna, perché il romanzo è la manifestazione culturale della civiltà borghese moderna. Balzac, come Tolstoj e Mann, mostra personaggi tipici, figure di totalità, approssimazioni estetiche di vite intere, pur nelle loro contraddizioni. Questi autori realisti narrano i loro personaggi che si perdono in un mondo che non controllano e che li mette a contatto con le forze vitali della società che magari stanno anche provocando la trasformazione di un intero momento storico come in Guerra e pace. È Flaubert, tuttavia, secondo Lukàcs a rappresentare meglio la letteratura occidentale. Sulla scia di un naturalismo alla Zola, che non narra, ma descrive la realtà dall’esterno imponendovi un’ideologia, un punto di vista, anche Flaubert racconta di personaggi soggettivi che non sono immersi in un mondo, ma cercano di imporsi su di esso, anche con violenza. Tesi simili sono sostenute da Lukàcs anche nel saggio del 1954 La distruzione della ragione. o Il merito di Lukàcs è quello di aver trasformato la critica letteraria in una riflessione sui destini dell’umanità, sulle sfide che si devono necessariamente affrontare. o Il problema di Lukàcs forse è nel non concepire una zona grigia del romanzo, ma di stagliare delle nette contrapposizioni che oggi appaiono datate e unilaterali. o Dopo gli anni Sessanta il pensiero di Lukàcs è diventato sempre meno centrale nella teoria della letteratura. Nel 2017 Orban, presidente dell’Ungheria, ha fatto rimuovere la sua statua dalla sua città natale. o Ciò non toglie che Lukàcs sia la base teorica per il più grande teorico nordamericano vivente: Fredric Jameson. 3.2 Corresponsabilità della cultura e nuova politicità integrale Dopo la Seconda guerra mondiale ci si interroga sulla responsabilità della cultura europea su quanto accaduto. o George Steiner, nel saggio del 1971 Nel castello di Barbablù, riflette sul fatto che basti leggere Flaubert per rendersi conto del vuoto che stava minando da decenni le fondamenta della stabilità europea. o Thodor Adorno ritiene che scrivere poesia dopo Auschwitz sia ormai impossibile. Anni dopo si correggerà ammettendo che è solo nell’arte che la sofferenza trova ancora una voce ad essa propria. 20 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Dopo Gramsci e Lukàcs, modello di un’interpretazione politica della letteratura, la critica oscilla tra due estremi: o La necessità di un impegno diretto nella rappresentazione politica del reale. Tra questi c’è Sartre, che nel 1947 sulla rivista “Les Temps Modernes” pubblica il saggio Che cos’è la letteratura?, dove si respira pienamente l’aria del dopoguerra. Qui Sartre spiega un’idea semplice ma potente: parlare è agire: lo scrittore impegnato sa che la parola è azione, che svelare è cambiare, che quando si scrive si sta contribuendo in modo pragmatico a modificare la realtà. o L’autonomia conoscitiva ed estetica della letteratura rispetto alla realtà. Tra questi c’è Adorno, che ricorda a Sartre: arte non significa mettere in rilievo alternative, bensì resistere attraverso nient’altro che l’arte al corso del mondo, che mette continuamente gli uomini con le spalle al muro. Lo spazio è forma estetica ed è di per sé spazio di resistenza. Non serve dunque un coinvolgimento diretto nella politica per creare un’arte autentica. Nel secondo dopoguerra l’Italia si trova in una situazione paradossale: ha perso la guerra e quindi è occupata dagli Americani, ma ha al suo interno il più grande partito comunista dell’Occidente: la PCI di Palmiro Togliatti. Si trova quindi al centro della guerra fredda, anche dal punto di vista geografico. In pochi decenni vedrà un boom economico che accentuerà le differenze tra Nord e Sud. Due sono i saggi che riassumono il pensiero intellettuale di questa situazione, usciti entrambi nel 1965: o Verifica di poteri di Franco Fortini (che possiamo collocare sulla scia politica di Sartre) Traduttore Einaudi di Proust, Brecht, Kafka e Goethe, pubblicitario della Olivetti, Fortini esce dal PSI e pone uno sguardo fermo sulle contraddizioni sia del socialismo reale italiano, sia del nuovo capitalismo consumistico. L’opera è una raccolta di 25 saggi di diverse discipline che ruotano attorno ad un nucleo lukàcsiano: la letteratura è un sapere insostituibile perché anticipa nella sua forma il futuro di una società liberata dall’alienazione e dallo sfruttamento. La critica deve però lavorare sulla forma estetica delle opere più che sui temi rappresentati, perché una poesia sulle rose può parlare della necessità della rivoluzione più di un testo sull’afflizione degli operai. A sostenere l’ipotesi opposta, cioè che i temi rappresentati siano più importanti della forma estetica, è il dibattito sul rapporto tra industria e letteratura promosso dalla rivista “Il Menabò” L’opera d’arte è tanto più riuscita quanto più permette al soggetto che la interroga di attraversare le false immagini che ha di sé. Operazione che è possibile solo confrontandosi con le massime possibilità di esistenza che l’umano ha sperimentato inventando una menzogna che dice la verità: la letteratura. Questa, secondo Fortini, è l’arte di Pasolini, Kafka, Tolstoj, Brecht, Proust. o Scrittori e popolo di Alberto Asor Rosa (che possiamo collocare sulla scia politica di Adorno) Giovane studioso di storia della letteratura italiana, Asor Rosa si è formato nel PCI da cui è uscito per seguire il socialismo autonomista di Pansieri e dei “Quaderni Rossi”, rivista italiana della sinistra operaia, dove conoscerà lo stesso Fortini. Fonderà lui stesso una rivista simile: “Classe operaia”. L’opera è un saggio estremista e unilaterale. Non ha un’apertura multidisciplinare e cosmopolita come quella di Fortini, ma si concentra soprattutto sulla mancata modernizzazione letteraria dell’Italia. Lo scopo è quello di smontare la cultura politica del PCI gramsciana. Il boom economico degli anni Sessanta cancella ogni forma di illusione progressista: la classe operaia non sa più che farsene di un’alleanza tra scrittori e popolo. 21 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Si salvino dunque piuttosto i pochi autori che hanno saputo tenere lo sguardo alto sulla crisi e l’inconsistenza della nostra tradizione borghese, come Verga, De Roberto, Svevo, Montale, Carlo Levi (e in questo non è tanto diverso da Fortini). Al contrario però chi cerca un’arte esplicitamente impegnata come Pasolini, è da buttare. 3.3 Verso una nuova scissione: la politicità da campus Negli anni Ottanta il trionfo degli Stati Uniti nella Guerra Fredda, il centro di ricerca culturale si sposta nelle università statunitensi, che diventano il luogo di una produzione teorica politicizzata, ma rivolta ad un pubblico globale: scarsi o nulli sono i contatti reali con partiti e organizzazioni. o Volendo applicare alla critica letteraria attuale le due categorie di Lukàcs, potremmo dire che, se nel Novecento è prevalsa la narrazione di soggetti immersi nella totalità sociale, l’attuale critica da campus vive di descrizione. Fredric Jameson, della Duke University (South Carolina), uno dei pochissimi eredi del pensiero di Lukacs, nei suoi saggi più famosi come Marxismo e forma e Postmodernismo analizza i testi come “sintomi” di “tendenze culturali generali”: forme estetiche che cercano di risolvere nella dimensione simbolica i conflitti che all’esterno sono ormai insolubili. Ma c’è ben poco in Jameson della lotta politica di Lokàcs, Gramsci e Sartre. Edward Said, attento lettore di Gramsci e Foucault, è arabo cristiano ed è impegnato nel conflitto arabo-israeliano. Nella sua opera più famosa, Orientalismo, sistematizza la storia coloniale dell’egemonia culturale occidentale sulla sua stessa vita. 22 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Sul versante psicanalitico sono d’accordo: o Lacan, che riconosce che l’elaborazione dei fenomeni dell’inconscio è guidata dalla retorica o Francesco Olrando, che studia il libro freudiano sul motto di spirito o Starobinski, che individua nella psicanalisi l’esegesi del senso al di là dell’apparente non- senso o Ricoeur, che riconduce l’interpretazione psicanalitica all’audacia linguistica della poesia Come la poesia, anche la retorica è in grado di movere gli ascoltatori. L’oratore deve mostrare davanti agli occhi del suo uditorio ciò ci cui sta parlando, utilizzando l’εναργὶα o evidentia. Così potrà muovere la commozione nel pubblico attraverso la parola, creando affezioni in chi lo ascolta. Il ruolo della fantasia, in questo senso, è fondamentale in entrambe le discipline. 4.4 Funzioni dell’arte La psicanalisi è anche un grande tentativo di spiegare la vita dell’uomo nella sua complessità con l’ambizione di render conto degli effetti collettivi di ciò che agisce nel profondo di ciascun soggetto. L’arte è una sorta di procedura preliminare capace di fornire un set di immagini che incarnano una determinata pulsione inconscia. In questo senso le creazioni poetiche generano le creazioni psicologiche, come spiega Lacan. L’arte è dunque da sempre un procedimento collettivo il cui fine è quello di stabilizzare, esprimere e trasmettere delle condizioni soggettive profonde. Freud osserva che nel corso dei secoli l’evolvere delle condizioni storico-sociali fa in modo che l’espressione di certi messaggi inconsci sia sempre più censurata: l’odio per il padre e il desiderio della madre sono evidenti nell’Edipo re di Sofocle, e sono presenti ma contortamente celati nell’Amleto di Shakespeare. o Francesco Orlando spiega questo doppio movimento dell’arte tra l’apertura collettiva e l’autocensura interna con la teoria del “ritorno del represso” (o del rimosso): ciò che socialmente viene represso è autorizzato ad emergere nella finzione sublimata dell’arte. È un ritorno che avviene il modo ambiguo e non lineare. E diacronicamente rispecchia il “secolare progredire della rimozione” che esprime un crescente disagio della civiltà. o Lavagetto aggiunge che, attraverso l’arte, il pubblico può entrare in contatto con desideri inconfessati e altrimenti inesprimibili e incomprensibili, rimanendo però pur sempre “tutelato” dall’organizzazione formale dell’opera che permette di immedesimarsi solo “per interposta persona e senza rischi apparenti”. Dunque, la psicanalisi insegna a tener conto dell’insieme delle forze in campo che concorrono alla realizzazione di un’opera d’arte, anche quelle più inconsce, ma insegna anche che l’opera d’arte è il prodotto di un’elaborazione singolare delle pressioni subite dall’essere umano a partire dalla più schiacciante: l’irreversibilità del tempo. L’opera, dunque, per la psicanalisi è una grande via fantastica per riplasmare il mondo. Walter Benjamin (in riferimento a Schlegel) parla di Opera come Anti-Io, ciò che sta davanti all’Io e gli dà la possibilità di rielaborare alcuni aspetti inconsci della mia vita, ponendoli al di fuori da me, e quindi rendendoli socialmente comunicabili (e dunque in qualche modo anche depotenziati) e al tempo stesso rafforzati nel loro potenziale euristico di modellare l’esperienza. 25 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Parte Seconda: Mappe e strumenti Capitolo 5 – Questioni di Stile di Enrico Testa (UniGE) 5.1 Le antinomie dello stile Lo stile è l’insieme dei tratti formali che caratterizza in maniera significativa e costante il linguaggio di un autore, di un’opera, di un genere letterario, di un movimento o di un periodo letterario. Deriva da una scelta consapevole e devia dall’uso o dalla norma corrente (con un certo “scarto”). Come osserva Charles Bally a inizio Novecento, anche la lingua comune e non letteraria ha un suo stile, che è proprio del “linguaggio in azione” di cui parlava Jakobson. (Bally è lo stesso che individua il discorso indiretto libero.) Gli studiosi hanno separato il campo di studi della stilistica letteraria dalla stilistica della lingua, Ma i due campi non sono in antagonismo. Contini sosteneva che ogni posizione stilistica o addirittura grammaticale è una posizione gnoseologica. Quindi quando si parla di stile bisogna mettere sui piatti della bilancia anche l’ornamento e la forma di conoscenza. Lo stile si può intendere in modi diversi o Stendhal nel 1840 dedica alcune pagine del suo Journal allo stile. Polemizza contro lo stile “nobile”, di padri di famiglia, fabbricanti e commercianti, e difende lo stile “naturale”, dicendo che sono i poveri di idee ad aver inventato lo “stile”, inteso come gonfiezza e esibizione della lingua, che nasconde il fatto di non avere cose da dire. Stendhal è avverso al “bello scrivere” del Settecento francese. o Goethe nel 1789, all’opposto, ritiene che lo stile poggi proprio sulla conoscenza delle cose: più è profonda, più riesco ad esprimerla in modo tangibile con il mio stile. Goethe ritiene che lo stile sia il punto più alto del genio artistico romantico. o Nessuno dei due ha torto davvero: è una questione di relativismo, che dipende anche dall’epoca storica. Lo stile, dunque, è pieno di antinomie: contraddizioni. Dunque, all’analisi formale non si addice un quadro teorico rigido, ma fluido, senza modelli fissi e omniaccoglienti. Per lo stesso motivo non ha senso dedicarsi ad una visione atomistica dello stile, analizzando ogni singolo caso e dettaglio. Come diceva Segre: bisogna allargare la concezione dello stile alla totalità linguistica del testo. La tendenza alla ricerca degli effetti locali è tipica del Romanticismo e viene criticata da Nietzsche a fine Ottocento con alcune pagine del Caso Wagner. Qui il filosofo tedesco individua alcuni valori tipici dell’estetica dello stile per il pensiero Occidentale, che già al tempo erano in crisi (il che comunque non significa che la critica stilistica sia finita). o Soggetto. Il concetto di un senso primo e originario, riconoscibile solo grazie all’analisi dei dettagli, da quelli microscopici a quelli macroscopici nascosti. Ma in realtà nella contemporaneità ogni tentativo di restaurare un’origine è illusorio. “La vita non risiede più nel tutto.” o Singolarità. Il concetto di unicità del fenomeno stilistico che mira a fissare nella memoria un elemento, con la promessa della sopravvivenza. Ma nella contemporaneità viene meno il concetto di unicità. o Identità. Il concetto di uno stile personale, capace di definire dei confini entro i quali si ha una propria identità e un possesso di sé, che si perde solo con la morte. Ma nella contemporaneità l’identità si frammenta. 26 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti 5.2 Lo scarto e lo standard linguistico Lo “scarto” (ecart) è la marca distintiva di un autore, così chiamato perché indica la deviazione dall’uso linguistico normale. Lo scarto è connesso a valenze psichiche ed emotive. Leo Spitzer (maestro della critica stilistica) lo spiega dicendo che a qualunque emozione corrisponde un allontanamento dallo stato psichico normale, e dunque anche da quello linguistico. E viceversa. (1931) Critiche a questa definizione di “scarto” o Secondo Segre esistono opere importanti che non si allontanano dal linguaggio normale. E dal versante opposto la lingua cambia anche in base a generali dinamiche sociolinguistiche: scrivere una lettera, un romanzo, una poesia, o parlare. o Inoltre, si può dire che non esista uno stato linguistico “normale” o “standard”. E, anche accettando di chiamare “standard” la lingua statisticamente più convenzionale, questo modello è molto astratto e soprattutto nella nostra contemporaneità va a modificarsi costantemente e velocemente. o Considerando così lo scarto, si finirebbe per considerare “stile” soltanto ciò che è anomalo ed eccentrico. o Secondo Sanguineti, poi, la complessità della comunicazione linguistica rende interpretabile anche il più piatto “Ciao”. o Già Charles Bally aveva presentato la complessità della comunicazione umana con tutte le sue sfumature o In Italia Benvenuto Terracini parlava di un “aspetto drammatico” della lingua, colto nell’atteggiamento del parlante e dell’interlocutore C’è chi ha cercato di recuperare la nozione di scarto in un altro modo o Strabinski considera lo scarto in senso strumentale, come tutti i piccoli segnali che possono guidare nell’interpretazione dello stile di un autore. o Riffaterre considera lo scarto non in relazione ad una lingua standard, ma alla prevedibilità del testo (o meglio del contesto, o meglio del co-testo). Il che però non esce dal problema, perché continua a presupporre delle zone non marcate e delle zone ornate più enfatizzate. Bottiroli parla di stile come “linguaggio diviso” dominato da tre regimi di senso: o Usi istituzionali della lingua o Prevalenza del significante sul significato o Elemento distintivo in cui l’articolazione non sopprime la densità Genette enuncia una minima ed elementare verità: lo stile è il discorso stesso, l’insieme delle sue relazioni e tensioni tra i suoi diversi piani e componenti, sia nel testo che fuori dal testo: linguaggio ordinario, dinamiche antropologiche, storia, fonti, percorso della scrittura, interpretazioni passate e presenti. Lo stesso Spitzer mette in discussione i principi dai quali era partito e, parlando di Aspasia di Leopardi, spiega l’importanza di prestare attenzione alla struttura del testo, più che ai motivi particolari: bisogna sempre tener presente tutto il testo intero insieme. (1963) o Così facendo Spitzer rifugge sia l’aspirazione della critica a fondare un modello strutturale assoluto (cosa che in realtà fanno solo gli strutturalisti più estremisti), sia dall’altro lato quelle produzioni accademiche parassitarie e microscopiche in cui l’autore elogia se stesso e si dimentica del testo da cui è partito. o La critica è decifrazione di un senso in cui l’unica cosa certa è la sua non univocità. Quindi l’analisi formale può dialogare con il testo in base alle domande e alle necessità che il testo pone o impone di volta in volta, senza sacrificare nessuno degli strumenti che ha a disposizione, ma senza nemmeno concentrarsi solo su di essi. 27 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Una sequenza quasi sincopata di interrogative con pulsione vocale Un’organizzazione di suborniate per lo più relative da quando “l’io si estingue ai fili della logica”. Pietro Ghizzardi, a lilla quatro pietre in mortalate (1980) o Semiotico e pittore, ma anche contadino e spazzino, Ghizzardi ha vinto il Viareggio nel 1976 con l’autobiografia Mi richordo anchora. o Il brano a lilla rispecchia una situazione di estrema solitudine di Ghizzardi, che trascorre le giornate ad assistere la madre inferma, dipingere ritratti e dialogare con la sua cagnetta Lilla. Nel testo la cagnolina prima si fa le sue ragioni e muove le sue pretese, assumendo la visione del mondo dello scrivente sul “barbaro uomo di oggi”. o Il brano mostra i tratti caratteristici delle produzioni semicolte: assenza di interpunzione, casi di scripta continua, sintassi scombinata, riflessi dialettali. Eppure, conserva una sua grande espressività. Da qui emerge che l’istanza creativa della lingua non è appannaggio esclusivo della scrittura letteraria, ma tocca anche altre manifestazioni del discorso umano, comprese quelle con mancato rispetto delle regole di grammatica. o Il testo è costruito con un flusso senza pause, difficile da afferrare con gli strumenti dell’analisi formale. Ha l’andamento “epicicloidale” tipico dei testi primitivi: riprendendo continuamente un tema con l’aggiunta di nuove informazioni. 5.4 Le tensioni dello stile Alla luce di quanto detto in questo capitolo, capiamo che bisogna modificare la concezione abituale di stile come di qualcosa che è irripetibile espressione dell’individualità, nonché il fattore principale di un’opera. Infatti, come dice Longhi, l’opera non sta mai da sola, è sempre un rapporto. Nello stile ci sono più dinamiche e tensioni. Lo stile è sempre in relazione tra le componenti testuali e i domini del letterario e del non letterario. Inoltre, non è un fenomeno puntuale istantaneo, ma un fenomeno processuale che, nella sua apparente immobilità, trova le proprie ragioni nel flusso della variazione. Così lo stile e la diversità degli stili spingono verso un’idea storica del testo. 30 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Capitolo 6 – Tema di Pierluigi Pellini (UniSI) 6.1 Topoi e temi; tematologia e critica tematica “Lo studio dei temi si colloca lontano dalla teoria e al cuore stesso delle cose” - Sartre. Se la critica letteraria moderna si è concentrata prevalentemente sulle figure retoriche con la critica stilistica (elocutio) e sull’organizzazione deei materiali con l’analisi strutturale (dispositio), la neoretorica novecentesca (vedi Perelman) si è concentrata sull’inventio: come trovare gli argomenti da trattare: i temi. o La nuova retorica rifiuta le pretese scientifiche, il che sembra paradossale perché per il positivismo ottocentesco era fondamentale la ricerca oggettiva del dato erudito. Storia dei temi o Dall’Antichità al Settecento erano molto diffusi i “topici”, i cataloghi di “topoi”: luoghi comuni e motivi ricorrenti destinati sia agli oratori (topica dialettica) sia ai poeti (topica retorica). o Il Romanticismo premia invece l’originalità e dunque si allontana dai repertori precostituiti. Così la letteratura inizia a rivolgersi a nuove prospettive: l’infanzia per Rousseau, il medioevo per Scott, il quotidiano borghese per Balzac, il sovrannaturale in Hoffman. o A metà Novecento esce Letteratura europea e Medio Evo latino di Ernst Robert Curtius, tradotto in italiano nel 1992. L’opera recupera e valorizza l’importanza dei topoi. Nonostante l’anarchia soggettiva del romanticismo moltiplichi gli argomenti di cui parlare fino a comprendere, soprattutto con il realismo, anche quelli che prima sembravano meno degni di essere rappresentati in letteratura (come la follia e le bettole di periferia) ciò non significa che anche questi nuovi temi non si siano cristallizzati in nuove vesti formali “topiche”: se prima c’era il locus amoenus sull’isola di Ogigia, ora c’è il locus horridus del paesaggio alpino sublime romantico. A individuare alcuni di questi ossimorici “topoi romantici” è – fin dal titolo della sua opera – Mario Praz, che nel 1930 scrive: La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica. Trousson propone di distinguere due branche di studio: o Critica tematica: lo studio di un tema o una costellazione tematica in un autore o in un’opera, considerata fondamentale per l’interpretazione. Studi tipici francesi. Distinguiamo di nuovo in conclusione. Una lettura totalizzante che punta tutto sulla coerenza del senso all’interno dell’opera di un solo autore. Eppure, può capovolgersi nel suo contrario: se individuo un tema solo ne escludo altri e frammento il senso dell’opera. o Tematologia: lo studio diacronico dei temi: ricostruisce gli elementi che compongono l’immaginario umano. Si può dire che i temi siano modelli dell’esperienza o perfino “la forma dell’esperienza” (Domenichelli, I temi e la letteratura europea). Una frammentazione più o meno grande della realtà testuale, da cui i tematologi prelevano solo i passi che possono essere inclusi in una serie intertestuale. Eppure, se analizzo temi importanti e non marginali, posso trovare una chiave di lettura utile per comprendere un insieme di opere, intero e non frammentato. 31 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti 6.2 Qualche data 1888 – La fondazione della teoria dei temi o Esce La Poetica di Wilhelm Scherer, che riassume i principi della storia positivista e dedica un capitolo alla Stoff, la materia, il contenuto delle opere letterarie, distinguendo Hauptmotiven (motivi principali: i temi; come Amore e Guerra nel Furioso) e Nebenmotiven (motivi secondari; come la Luna nel Furioso). o I critici positivisti iniziano a pubblicare opere sui temi letterari, con l’intenzione di catalogarli. Ad esempio, Adol Kitze nello stesso anno pubblica un libro sul cavallo nei romanzi francesi antichi. 1902 – L’antitesi della teoria dei temi o Esce L’Estetica di Benedetto Croce, che stigmatizza l’aridità degli studi tematici, concentrandosi invece sul momento creativo unico e irripetibile: altro che topoi. Croce stesso non disdegnava la ricerca storica ed erudita, ma la riteneva ancillare alla critica e poco utile al giudizio estetico Croce stesso sostiene che ogni opera ha il suo modo identitario e unico di esprimersi, il che assomiglia un po’ alla critica tematica, che rientra dalla finestra. o Contemporaneamente nelle università si continuano a pubblicare dei Cataloghi tematici 1948 – Il ripudio dei temi o Esce la Teoria della letteratura di Wellek e Warren, dove la storia dei temi viene liquidata come la meno letteraria di tutte le storie. o Intanto il New Criticism (New Criticism = la nuova critica strutturalista praghese, ma in America) propone analisi che si concentrano solo sul testo, ripudiando i referenti di realtà (che poi sarebbero i temi), ma non riesce ad eliminarli del tutto. Dopotutto anche Propp aveva individuato delle “funzioni” che sono anche motivi. o Anche Leo Spitzer e Jakobson si uniscono a Croce nel deridere quella che viene chiamata “la critica del cavallo” 1957 – Il recupero dei temi o Esce Anatomia della critica di Northop Frye, saggio enciclopedico che cerca di catalogare tutta la letteratura occidentale in diversi “modi”, concetto che ambisce a sostituire quello di “genere”, allargandolo e rendendolo più fluido. o Qualche anno dopo uscirà anche un libro di Trousson sul mito di Prometeo che fonderà la “mitocritica”, che sovrappone il tema e mito. 1993 – Letteralmente il ritorno della critica tematica o Esce negli Stati Uniti Il ritorno della critica tematica di Werner Sollors, per influsso dei Cultural Studies inizia a studiare i temi in senso diacronico (ignorando la distinzione terminologica di Trousson) con una aggiunta interessante: non li osserva solo dal punto di vista letterario, ma proprio come elementi culturali. o Da qui si sviluppano in Italia molti studi interessanti in questo senso Massimo Fusillio studia il tema antropologico mitocritico del doppio Remo Ceserani studia l’irruzione della ferrovia nell’immaginario otto-novecentesco Francesco Orlando studia la rappresentazione di oggetti non funzionali (rari/ strani) Mario Lavagetto studia la bugia in letteratura Mario Domenichelli studia l’immaginario cavalleresco legato alla cultura aristocratica europea 2007 o Esce Dizionario dei temi letterari (DTL) di Ceserani, Demenichelli e Pino Fasano, il miglior strumento internazionale ad oggi per la consultazione nell’ambito della tematologia. 32 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti o Trasformare l’indagine tematologica in teoria della letteratura. L’analisi diacronica di una costante può consentire di gettare una luce nuova sull’intero fenomeno letterario. Vedi la Bugia, studiata da Lavagetto come strumento con il quale dare profondità ai personaggi. Eppure, non sono più interessanti i temi più inaspettati? Sì, ma attenzione a non confondere l’originalità con un tema. La madeleine di Proust non ha chissà quale tradizione letteraria tematica da ricostruire. 35 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Capitolo 7 – I generi letterari di Massimo Fusilio (UnivAq) 7.1 Il genere (letterario) a metà tra teoria e storia 7.1.1 Una nuova stagione teorica Come spiega Amy Devitt, il genere è una forma di comunicazione complessa tra l’atto comunicativo individuale e il contesto sociale: le azioni individuali costruiscono e sono costruite dal ricorrere di contesti di situazione, cultura e generi. Nello studio dei generi letterari confluiscono la linguistica applicata, la psicologia delle forme, la retorica, la sociologia, gli studi cognitivi, la mediologia, la pedagogia e molte altre discipline, in contesti orali, scritti e pratici (anche il “colloquio di lavoro” ha un suo genere). Si scorge l’influsso degli Studi Culturali, della pragmatica linguistica e di Bachtin (che separa i generi primari della comunicazione quotidiana dai generi secondari della tradizione letteraria). 7.1.2 Modi, oggetti, tipi Aristotele nella Poetica cerca di incasellare la vastità dei fenomeni letterari in quattro generi, in un’ottica descrittiva e prescrittiva Modalità Personaggi Superiori a noi Inferiori a noi Mimetica Tragedia Commedia Diegetica Epica Parodia o Della Parodia sappiamo ben poco. Sembra preannunciare il genere del Romanzo o La Lirica è assente. Il suo imporsi si scontrerà con il classicismo. o La Tragedia è considerato il genere migliore di tutti o Notiamo che fin da Aristotele il genere si definisce sulla base di un incontro tra pratiche storiche-sociali concrete e modi dell’enunciazione. La nozione di Genere può raggruppare: Forme e temi comuni di un dato contesto storico Forme e temi che ricorrono uguali in epoche e culture diverse, senza dipendenza genealogica Genette cerca di dare forma alla volatilità della nozione di genere attraverso una tripartizione: o Tipo: la forma più astratta di genere, che ha una lunga vita attraverso le epoche. o Genere: la forma più storica e concreta di caratteristiche in comune tra opere. o Modo: le tecniche di enunciazione in comune tra delle opere, dal punto di vista transculturale. Ha avuto una grande nella comparatistica italiana di Remo Ceserani, che lo considera come un insieme di costanti che si ripropongono trans-medialmente in diversi contesti culturali e generi, ad esempio il modo del realistico, del sentimentale e del patetico. (Verrà ripresa in un’altra accezione da Frye) Goethe distingue tre generi poetici naturali (Dichtweisen) che possono operare sia insieme che separati o Epos: che narra con chiarezza, in modo diegetico (corrisponde alla terza persona e al passato) o Lirica: stimolata dall’entusiasmo, dalle emozioni (corrisponde all’Io e al presente) o Dramma: che mette in azione dei personaggi (corrisponde al Tu e al futuro) 36 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti 7.2 Dinamiche storiche: fra continuità e fratture 7.2.1 Teorie tardoantiche, prassi medievali, poetiche rinascimentali Diomede nell’Ars Grammatica (IV secolo d.C.) riprende la partizione di Aristotele dividendola in tre: o Genere Imitativum, drammatico e mimetico, dove non interviene il narratore. Comprende le speices di: tragedia, commedia, dramma satiresco, mimo e il teatro romano. Corrisponde alle Egloghe Bucoliche di Virgilio (se ci pensi sono discorsi mimetici) o Genere Enarrativum, espositivo, in cui parla solo il narratore. Comprende le species di: poesia sentenziosa, mitologica, genealogica, didascalica e filosofica. Corrisponde alle Georgiche di Virgilio. o Genere Mixtum, in cui il genere Imitativo e Narrativo si alternano. Comprende le species di: poesia eroica e lirica. Corrisponde all’Eneide di Virgilio. Giovanni de Garlandia nei Parisiana Poetria (XIII secolo d.C.) riprende invece la tripartizione platonica: dramma, esegetico, misto. Si tratta però di un’eccezione: i generi del Medioevo non seguono norme precise e sono molto fluidi. Jauss smonta le certezze dello strutturalismo proprio a partire da uno studio del Medioevo, un’età che non condivide l’idea aristotelica del testo chiuso e autosufficiente. o Sviluppa così l’idea di immanenza delle opere: il genere di un’opera si realizza solo nella relazione con il pubblico, con il suo orizzonte di attesa e con le opere affini. o Quella di Jauss è una norma indeterminata: non è una regola che viene prima (ante rem), né una classificazione che viene dopo (post rem), ma un processo storico potenzialmente infinito che si realizza nelle opere (in re) o Jauss non rinuncia a individuare i suoi tre generi principali che storicamente hanno avuto un ruolo centrale nella percezione dei generi: L’epica della Chanson de geste; Il romanzo Arturiano; La novella di Boccaccio. Nel 1500 viene riscoperta la Poetica di Aristotele e inizia un lungo dibattito ai cui poli, secondo Paolo Bagni, si trovano due opere: o La Poetica di Aristotele volgarizzata e sposta, commento di Ludovico Castelvetro all’opera aristotelica, del 1570. Castelvetro ipotizza prima 95 poi 55 specie di imitazioni possibili. L’opera è interessante per diversi motivi: Recupera la nozione aristotelica di mezzi con cui esprimere un genere (danza, musica, canto) e li chiama “stromenti”: oggi diremmo “media” Allarga le voci possibili di personaggi oltre a uomini e donne, includendo angeli, demoni, dei, piante, oggetti e molti altri. Introduce così il concetto di “similitudinario”, sintomo di un interesse per il mondo della finzione. o Della Poetica, trattato di Francesco Patrizi da Cherso, del 1586. Patrizi è antiaristotelico e rivendica l’importanza storica dei generi, nonché il ruolo del “furore”, l’energia poetica. Tripartisce anche lui le forme poetiche: divine, di natura, di cose umane. 7.2.2 Il caso della tragicommedia: sovversioni di lunga durata Il termine “tragicommedia” compare per la prima volta nel prologo dell’Anfitrione di Plauto, per indicare il caso eccezionale di una commedia che ha per personaggi due dei, quindi personaggi “superiori a noi”, nonostante la divisione aristotelica. Nel mondo latino Cicerone proibisce la commistione tra i generi, mentre Orazio ammette al massimo una commedia con toni leggermente seri. 37 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti o Seguendo questo percorso, Todorov uscirà dal rigore dello strutturalismo e approderà alla storia delle idee e all’antropologia. Dopo lo strutturalismo le opere si iniziano a concepire come aggregati di generi. Derrida lo sottolinea spiegando che ogni testo è sempre sulla soglia fra l’inclusione e l’esclusione in un genere letterario. Con gli studi culturali, femministi, queer e postcoloniali la nozione di genere si è arricchita notevolmente. I generi tradizionali vengono riletti e si creano nuovi generi ibridi. Nel mondo consumistico i generi diventano cornici orientative che guidano il pubblico all’interno di un panorama polimorfico come la letteratura contemproanea. Il postmoderno vede un costante ritorno di generi ricombinati tra loro (al contrario del modernismo che appunto arriva alla dissoluzione dei generi nella sperimentazione eccessiva e la ricerca di uno stile unico autoriale). Il postmoderno, infatti, rifiuta la logica dell’autentico e recupera anche i generi più bassi. Vedi Philip Dick, Stanislav Lem, Italo Calvino, autori che smontano e rimontano i generi, anche quelli più desueti come il romanzo storico. Infine, si sono creati nuovi generi letterari basati sulla contaminazione di reale e fittizio: fiction, autofiction, parafiction, non-fiction, biofiction (riformulazione di biografie). 7.3 Generi come cornici I generi sono cornici che servono a inquadrare un oggetto, ma devono essere continuamente spostate e riposizionate. Ad esempio, l’epica è un genere che racchiude il patrimonio narrativo di molte culture di tutto il mondo, in forma orale e scritta. Con il tempo perde la sua fisionomia e diventa desueto trasformandosi piuttosto in una categoria estetica con cui interpretiamo opere della contemporaneità da un western a una saga fantasy. I generi non nascono e non muoiono: hanno andamenti discontinui, spesso legati alle pratiche di produzione e di ricezione. Vivono delle infinite metamorfosi che producono gli innumerevoli lettori (traduttori, interpreti, sceneggiatori, critici, eccetera) 40 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Capitolo 8 – Teoria della poesia di Italo Testa (UniPR) 8.1 Genealogia e funzione della teoria 8.1.1 Terra di mezzo: In che modo si configura la teoria della poesia nella modernità? Storia della teoria della poesia o La contesa tra filosofia e poesia nella Repubblica di Platone o L’indagine sull’arte della parola nella Retorica di Aristotele o Meta-riflessione degli scrittori sulla propria arte, come l’Ars poetica di Orazio o A partire dal Settecento la riflessione sulla poesia diventa materia trattata dalla filosofia dell’arte e dell’estetica, come le Belle arti di Batteaux e l’Estetica di Croce. o Nel Novecento la poesia diventa oggetto di teoria della letteratura. Ciò che è stato definito o meno “poesia” è molto cambiato nel tempo e nello spazio. La teoria della poesia, dunque, è una terra di mezzo che opera sullo snodo di diverse pratiche, che si scontrano anche tra loro. Come testimonia Rorty, è dal romanticismo che si sviluppa il “genere” della critica letteraria, in testi come le note al Divano occidentale-orientale di Goethe, Le tre voci della poesia di Eliot, i Problemi della lirica di Gottfried Benn e tante altre nominate nel resto del capitolo. Queste esperienze hanno 4 tratti in comune: o Sono opere transdisciplinari: dalla psicologia all’antropologia, dalla sociologia all’etica o Sono analitiche e speculative: analizzano i fenomeni per comprenderli o Implicano una revisione critica del “senso comune” a proposito della poesia. Wordsworth chiamava “habits of associacion” tutte quelle abitudini associative, attese e convenzioni sociali con cui si pensa alla poesia senza alcuno spirito critico. o Hanno un grado di riflessività: riflettono sul metodo di indagine e sulla dimensione teoretica della poesia moderna (relativa alla conoscenza). 8.1.2 Pratiche e funzioni: Quali sono le 3 funzioni della teoria della poesia? Funzione poetica interna retrospettiva o Opere come lo Zibaldone nascono dal bisogno degli autori di riflettere sulla propria stessa opera di poeta, con carattere retrospettivo, prospettico e frammentariamente sistematico. o Ad esempio, Wordsworth e Coleridge riuniscono dei loro componimenti sotto l’etichetta di Ballate liriche, accomunandole sulla base dei tratti e prospettive particolari come l’avvicinamento alla lingua delle classi medio-basse. Funzione agonistica e difensiva o L’articolazione sistemica della teoria serve anche a difendere la poesia moderna dai suoi detrattori. Ad esempio, Shelley nella Difesa della poesia risponde all’attacco della filosofia contro la poesia (risalente a Platone), in risposta a un pamphlet satirico che criticava la poesia romantica come forma di regressione del sapere che non contribuisce al progresso morale. o Ma la contesa è anche tra le diverse poetiche. Non è un caso che i movimenti di avanguardia poetica di inizio Novecento si dotino di manifesti con un’impostazione teorica Funzione astraente e unificante o Nel momento stesso in cui si fa “teoria della poesia” si sceglie di unificare una serie di esperienze sotto il nome di poesia. E darvi una definizione concettuale astratta. o Nei Pensieri sulla poesia, John Stuart Mill parte proprio dalla domanda “che cos’è la poesia?”, quali sono i suoi caratteri essenziali che la rendono peculiare. La poesia è una 41 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti forma di conoscenza non proposizionale, non finzionale e non descrittiva, che esprime verità intuitive attraverso l’espressione emotiva di stati interiori. Secondo Mill quando leggiamo poesia è come se origliassimo le parole di un poeta che si trova di spalle dietro una porta e non si rivolge a noi. Il pubblico è depragmatizzato, non esiste. In questo modo si distingue da altre forme di conoscenza come la scienza e la filosofia, che sono di tipo proposizionale e descrittivo e vertono su fatti esterni, o come il romanzo, che i basa su fatti finzionali. Questa definizione di Mill è ripresa da Abrams nel Novecento e, inaspettatamente, trova d’accordo anche gli esponenti del formalismo russo: Jakobson spiega che la funzione poetica della comunicazione è quella focalizzata sul messaggio stesso: una dimensione dunque autoreferenziale, “fine a se stessa” in senso buono. o A volte questa tensione unificante della teoria della poesia riunisce istanze anche molto distanti fra loro, come accade nell’Estetica di Hegel, dove la poesia diventa l’arte universale della parola, dell’espressione poetica e dei suoi mezzi linguistici (dizione e versificazione) e quindi dei generi poetici (epico, lirico, drammatico, come espressione della storia dello spirito. o La poesia diventa dunque un macrogenere letterario che innesca processi analoghi a quelli dei generi. Il che però crea effetti di looping: influenza da un lato delle interpretazioni retrospettive di pratiche poetiche e dall’altro lato il modo in cui i poeti stessi concepiscono e descrivono la propria scrittura. Nel Novecento la nozione di “lirica” è diventata egemone per via di un sovradimensionamento del valore espressivo- soggettivo della poesia, a partire dalla teoria di Mill sulla poesia Romantica. Nel macrogenere della poesia, poi, nascono dei sottogeneri chiamati in diverso modo: “forme naturali” da Goethe, “generi speculativi” da Szondi, “generi teorici” da Todorov, “archigeneri” da Genette. Ad esempio, idillio, sonetto, ballata, allegoria, ode, satira. Una distinzione, questa, non più solo astratta, ma anche formale. L’universalità della poesia consiste nel fatto di potersi manifestare in tutti i tempi e luoghi della storia umana, in modo ibrido e transgenertico: non si può ridurre ai generi istituzionali in cui si articola. 8.1.3 Riflessività: Il valore riflessivo della teoria critica della poesia La poesia è insieme oggetto e soggetto della teoria della poesia. Per Arthur Danto l’espressione concettuale è parte costitutiva dell’arte contemporanea. La poesia tende a svincolarsi dalla relazione con i vincoli situazionali forti, è “depragmatizzata”, non si lega a un contesto immediato, a differenza della parola orale o dall’arte oratoria. È una realtà dinamica. E così anche la stessa teoria della poesia non è una mera struttura formale, ma una realtà in movimento, una “prassi composita” che riflette ciclicamente su se stessa, perché deve stare al passo con la stessa poesia e riattualizzarla continuamente. Secondo Lausberg la letteratura e la poesia sono discorsi di riuso: non sono destinati a un consumo immediato, ma sono ripetibili nel tempo e nello spazio in molte circostanze da molti soggetti. Allo stesso modo la teoria della poesia è una forma di riuso di secondo livello, perché si modifica e nel modificarsi permette alla poesia di riattualizzarsi nei diversi contesti storici. Un po’ come la Exaptation di Gould e Vrba (le piume degli uccelli prima serviano per scaldarsi, poi per volare). 42 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti 8.4 Ambiti e linee di fuga: i cinque interrogativi della teoria della poesia 8.4.1 Che cos’è la poesia? Poesia e prosa o La distinzione tra poesia e prosa è complessa da definire (considerando che esiste anche la “poesia in prosa” e la “prosa poetica”). o Si basa fondamentalmente sulle pratiche di ordinamento ritmico del materiale verbale. Non si basa su dei principi metafisici. o In qualche modo la distinzione tra le due si manifesta anche a come la poesia si pone rispetto alla manifestazione storica della prosa. Poesia, pensiero e altre arti o Come scrive Seamus Heaney, la poesia delinea uno spazio intermedio che riunisce e negozia dimensioni diverse e talvolta contraddittorie. o È una zona intermedia tra figurazione sensibile e astrazione, che appartiene ad entrambi i cambi senza risolversi pienamente in nessuno dei due. È una forma mobile di pensiero figurale. Poesia, scienza, filosofia e conoscenza o Che conoscenza avanza la poesia? Non una descrittiva, proposizionale o legata a elementi semantici, ma veicolata da elementi non semantici e dal ruolo dell’immaginazione e delle emozioni. o La “embodied cognition” può spiegare il valore delle emozioni da un punto di vista conoscitivo. 8.4.2 Chi è il poeta? Non coincide necessariamente con il soggetto o l’Io della poesia. o Anche nell’Estetica di Hegel, dove la nozione di soggetto assume un ruolo centrale, non si parla di un io psicologico che prova ciò che è trasmesso nella poesia. o La concezione di poesia come espressione della soggettività del poeta non è corretta e si impone come egemonica nella poesia moderna e contemporanea. o Di tutta risposta lo strutturalismo alza il muro della “morte del soggetto”, come reazione a questa eccessiva soggettività. Abrams in Lo specchio e la lampada afferma che la voce del poeta tende ad esprimere in modo quasi inconsapevole la voce della realtà vivente. o Le potenzialità della poesia possono arrivare anche ad esprimere la soggettività di oggetti inorganici o inumani. Esempi sono Ponge, che cerca di dar voce al mutismo degli oggetti, e Benn, che parla di un io estremamente frammentato, poroso, opaco. o Con Caproni e Sereni si fa strada una visione dialogica e intersoggettiva della poesia che mette in discussione gli assunti della concezione autocentrica del soggetto, perché nella loro poesia si trovano spesso riferimenti alla dimensione collettiva e alla relazione tra il sé e il mondo esterno. o Contemporaneamente la poesia inizia a esplorare forme non neutre della condizione del soggetto, parlando di differenze razziali, di genere, di sesso, di orientamento sessuale. Vedi Claudia Rankine e soprattutto Buffoni. o Anche nella contemporaneità, autori come Zanzotto, Jorie Graham e Anedda allargano l’esperienza del soggetto stabilendo legami con animali e oggetti inorganici. 45 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti 8.4.3 Come deve essere inteso il rapporto tra Poesia e società? A chi si rivolge la poesia? In chiave evolutiva ontogenetica e filogeneticasi può riflettere sull’origine della società e il ruolo della poesia in essa. In chiave critica ci si può interrogare, sulla scia di Adorno, su quale tipo di mimesi sociale sono in grado di creare le forme poetiche e quale contenuto ideologico possono veicolare. o Bisogna osservare in che modo certe opere poetiche fanno attrite con la “prosa” del mondo, introducendo in essa effetti di straniamento e disattesa di aspettative sociali. o E bisogna osservare la capacità antropologica della poesia nel rinviare ad uno stato di cose differente, “autorizzando la speranza nel futuro”. 8.4.4 Quali sono gli strumenti e le tecniche della poesia? Due metodi di indagine o Dialettica della dizione poetica: la poesia, di volta in volta, a seconda del contesto, adotta strategie differenti a livello lessicale, stilistico, retorico e prosodico. o Indagine teorica ad ampio raggio Tre aspetti principali da indagare o La selezione di certi tratti del materiale linguistico o La “disattesa” più o meno ampia delle aspettative sociali, letterarie e metriche preesistenti o Il “potenziamento” dell’espressione e della sua libertà 8.4.5 Quali sono i generi della poesia? La teoria della poesia non coincide con la teoria dei generi, né con la teoria della lirica: da un certo punto in avanti emerge come qualcosa di relativamente autonomo. 46 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Parte Terza: Mondi immaginari mondi reali Capitolo 9 – Il territorio della finzione di Françoise Lavocat (Sorbona), tradotto da Carrara 9.0 Introduzione Prospettiva pragmatica: La finzione è una competenza antropologica universale. I confini della finzione sono indistinti e poco importanti, o addirittura inesistenti. (Searle, Shields, Matravers, Schaeffer, Caira) Prospettiva differenzialista: La finzione è un insieme di attività che si sviluppano in circostanze particolari, in base all’area culturale e al tempo. Si possono delimitare le frontiere della finzione dal punto di vista linguistico, semantico, ontologico e pragmatico (Cohn, Hamburger, Nunning, Goody). Queste frontiere sono gli Indici di finzionalità o Gli indici di finzionalità sono degli elementi testuali, sintattici, semantici che individuano una finzione. Possono essere: Interni. Come la formula “C’era una volta” Esterni. Come il fatto che sulla copertina di un libro ci sia scritto “Romanzo” o Il problema degli indici di finzionalità è che cambiano in base alle epoche e che spesso sono contaminate da pratiche di ibridazione di generi (come i romanzi di parafiction, “tratti da una storia vera”). 9.1 Indici di finzionalità 9.1.1 L’approccio pragmatico: Prospettiva non differenzialista John Searle è il fondatore dell’approccio pragmatico: nega che esistano degli indici di finzionalità e ritiene che la finzione dipenda solo dall’intenzione illocutoria dell’autore. Posso iniziare con “C’era una volta” anche la mia autobiografia non fittizia. o Il problema che contraddice questa teoria si pone quando siamo troppo lontani dall’autore per comprenderne l’intenzione illocutoria: l’Iliade è storica o fittizia? Jean-Marie Schaeffer ha proposto il criterio di “invenzione ludica condivisa” per definire la “competenza finzionale” o Avviene un gioco di condivisione e cooperazione (per dirla come Eco), il patto narrativo dove autore e lettore si mettono d’accordo su ciò che è o non è finto (per dirla come la Rosa), e avviene una “sospensione volontaria dell’incredulità” (per dirla come Coleridge). o Laddove manca questa competenza finzionale, siamo di fronte ad un’invenzione non fittizia, dunque ad una menzogna. Oliver Caira nel 2011 approfondisce questo aspetto, aggiungendo la nozione di “inquadramento pragmatico”: alcune opere non rendono esplicita l’“invenzione ludica condivisa”, perché non ne hanno bisogno: pur raccontando la finzione come se fosse la realtà, il lettore capisce che si tratta di finzione per via delle sue conoscenze di base. Ad esempio, il reportage di un attacco nucleare avvenuto a Londra come The war game di Watkins. o In questo contesto ci possono essere dei problemi se la distanza temporale e/o la falsità delle informazioni, impediscono al fruitore di riconoscere con certezza la finzione. o Anche il contesto sociale può creare dei problemi: il documentario di Karel Operation Lune, sul finto allunaggio girato da Kubrick, voleva essere un avvertimento sulle fake news, ma ha finito per crearne una, affondando le radici in un mondo di complottisti. Tre critiche agli approcci pragmatici: o Danno una definizione ristretta di finzionalità, molto ispirata alla modernità occidentale. 47 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Gisèle Sapiro ha analizzato le motivazioni ideologiche e morali per cui delle opere letterarie vengono condannate o Nel 1857 sia Flaubert che Baudelaire vengono processati per Madame Bovary (per offesa alla morale pubblica) e I fiori del male (per oscenità). o Oggi casi del genere sono più lontani e si presentano solo per episodi come la pedofilia, come è accaduto nel 2020 a Jones-Gorlin per Rose Bonbon, la biografia fittizia di un pedofilo o Tuttavia, oggi ci sono altre accuse che si muovono agli autori L’autore può venire discreditato a tal punto da portare al rifiuto della sua opera La finzione può essere denunciata poiché mostra una rappresentazione inadeguata della realtà, per esempio riguardo a identità etniche e di genere. Non si tratta tanto di mostrare personaggi con posizioni moralmente discutibili (per quello basterebbe la sospensione dell’incredulità), quanto piuttosto di lasciare trasparire chiaramente le opinioni moralmente discutibili dell’autore. 9.3 La metafora del territorio 9.3.1 I luoghi della finzione I territori della finzione o I “territori” sono le aree in cui una certa finzione è riconosciuta, accettata e valorizzata. o Un territorio è però anche un’area sottoposta a una cera legge. Ma la finzione ha una legge? o Infine, rappresentare letteralmente un “territorio di finzione” dal punto di vista spaziale è un gesto antico che simboleggia l’immaginazione stessa. La finzione è una variante, un’alternativa del mondo reale. Il mondo sotterraneo o Quando si cerca di definire la finzione, le metafore spaziali sono molto frequenti. Una di queste è il mondo sotterraneo. o Luciano nella Storia vera trasforma gli inferi in un luogo abitato da personaggi di finzione (da Omero a Achille), producendo metalessi che sono indici di finzionalità. o Fontenelle nei Nuovi dialoghi de’ morti del 1683 nel suo Inferno iperletterario mette Didone e Achille, che si lamentano della trama che i rispettivi autori hanno dato loro L’Arcadia o Grazie a Virgilio l’Arcadia è diventata una “patria mentale”, un luogo fittizio dotato di una dimensione speculare e allegorica, che rappresenta l’attività poetica. o A inizio Cinquecento il topos è ripreso da Sannazaro e poi a fine Seicento dalla Società dell’Arcadia. o La società borghese e aristocratica dell’Ancien règime si è a lungo proiettata in questa finzione pastorale, plasmando la propria realtà con il filtro di questa finzione: pensa agli pseudonimi, l’architettura dei giardini, gli ornamenti della vita quotidiana. 9.3.2 I paesi dei romanzi I paesi dei romanzi sono loghi di finzione, nati nella letteratura di Sei e Settecento, che ospitano personaggi, narratori e lettori, a seconda dai casi. Lo scopo di questi paesi varia a seconda dei casi, ma in comune c’è sempre un intento metapoetico che riguarda la storia dei romanzi, la loro caratterizzazione di genere, le tecniche di narrazione. Un esempio italiano è Angelo Seravalli, con Lo Scoprimento del mondo umano di Lucio Agatone Prisco. Qui Agatone si avventura tra i titoli dei romanzi e fa amicizia con il titolo del libro che si suppone abbia scritto; gonfiato come un palloncino per la vanità, viene condotto fuori dal paese dei romanzi da un cavaliere che rappresenta la sua stessa anima. 50 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti 9.3.3 La finzione come mondo Tra i libri in bibliografia ce ne sono anche due citati in questo capitolo come importanti contribuiti alla teoria della letteratura sui mondi della finzione: Heterocosmica di Lobomìr Dolezel e Mondi di invenzione di Thomas Pavel (che spiega in primis il passaggio degli dèi della mitologia dalla sfera religiosa a quella della finzione). Oliver Caira spiega che ogni romanzo contiene un mondo di finzione: tanto Il Signore degli Anelli quanto Madame Bovary. Ma cosa ci può dire di più dell’opera di Flaubert il fatto di considerarlo un “mondo”? Il fatto è che apre a nuove prospettive di studio: Quali rapporti ha questo mondo con il mondo reale? Come viene ripreso questo mondo in altri tipi transmediali di narrazione? Come si possono reinterpretare le tecniche narrative come la metalessi nel contesto di questi mondi? 51 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Capitolo 10 – Le voci della narrativa di Donata Meneghelli (UniBo) 10.1 La divisione del lavoro: personaggi e narratori La voce dei personaggi o Le voci dei personaggi circolano sempre in un doppio circuito comunicativo Uno interno all’universo finzionale, da personaggio a personaggio Uno che va dall’universo finzionale ai destinatari che assistono agli scambi tra i personaggi e ne ricavano delle informazioni. o L’autore può conferire alle voci dei personaggi un idioletto: un grado maggiore o minore di individuazione: un certo modo di esprimersi, con tratti stilistici e lessicali caratteristici. Vedi ad esempio l’uso ossessivo dei diminutivi da parte dei personaggi più abietti di Dostoevskij. o Spesso un personaggio è ciò che dice, come Mr. Collins in Orgoglio e pregiudizio, tutto contenuto nelle sue lunghe e noiose circonlocuzioni per dire le cose più banali si dimostra nella sua natura di ipocrisia, opportunismo e autocompiacimento. o La voce dei personaggi può manifestarsi in lettere, diari, testi scritti e via dicendo. Ad esempio, in Cuore di tenebra Marlow legge il pamphlet di Kurtz sulla soppressione dei costumi selvaggi. La voce del narratore o Ogni voce in un testo è sintatticamente inquadrata nel discorso della voce narrante. Il narratore è anzi proprio un elemento distintivo dei generi narrativi, che da lui prendono il nome. o Non è sempre facile localizzare la voce narrante. Genette spiega che si può narrare solo in prima persona, la distinzione sta nella posizione che si prende rispetto alla storia. Eterodiegetico (o “in terza persona”): il narratore non partecipa alla storia raccontata: ha un’origine insondabile, intracciabile. Un narratore eterodiegetico ha la piena libertà sul punto di vista della storia: può essere onnisciente, depositario di un sapere illimitato, di uno sguardo che abbraccia i moti più intimi dei personaggi e attraversa lo spazio e il tempo. Omodiegetico (o “in prima persona): il narratore è un personaggio della storia. Comporta di imporre automaticamente alla voce che racconta una limitazione prospettica. È un narratore a misura umana che può conoscere e raccontare solo ciò che rientra nel suo campo percettivo e nei suoi canali di informazione. Questo contratto può sempre essere rotto, come nel Grande Gatzby dove il narratore omodiegetico racconta eventi che nessun o gli ha riferito e di cui lui stesso è all’oscuro. Quando un narratore omodiegetico racconta al passato, acquista una nuova prospettiva, sdoppiata: ciò che pensava in un altro momento. Effetti questi che possono essere variamente sfruttati nella narrazione, per esempio per creare ironia. o Alcuni casi anomali La peste di Camus è raccontata da un narratore contemporaneamente omodiegetico e eterodiegetico. Il Dottor Bernard Rieux racconta la storia rivelando soltanto alla fine di esserne l’autore, e comunque rivolgendosi a se stesso con la terza persona: “È tempo che il Dottor Bernard riveli di essere l’autore di questa storia”. Nel corso del racconto si era già rivolto in terza persona al narratore con espressioni come: “Non è intenzione del narratore dare queste informazioni.” 52 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Capitolo 11 – Il problema del realismo di Federico Bertoni (UniBo) 11.1 Definizioni impossibili Il realismo non si può definire secondo dei “designatori rigidi”. È un “termine pigliatutto” in cui convergono decine di usi e accezioni: letterario, filosofico, pittorico; verosimile, fedele mimeticamente; omerico, ottocentesco, postmoderno; pragmatico, economico, giuridico, politico, medico e via dicendo. Non c’è accordo nemmeno sulla sua natura: è una scuola, una corrente letteraria, un approccio rappresentativo, una tecnica, un’ideologia. o Nel 1921 Jakobson pubblica uno dei primi interventi sistematici sull’argomento: Il realismo nell’arte. Qui definisce il realismo come un sacco che tutti trattano come se si potesse allargare a dismisura fino a poter contenere qualsiasi cosa, ma così non è. La vaghezza del realismo, pur rimanendo molto ampia, si può limitare: sarebbe impossibile definire realista Hoffmann. o Nel 1944 Luckàcs definisce Hoffman “un realista veramente grande”, perché la sua fantasia favolosa è un espediente stilistico per raggiungere una maggiore profondità realistica, mostrando in forma fantastica e grottesca, la degradazione reale della società borghese, “i reali abissi disumani della vita capitalistica” Il termine “realismo” – che secondo Thomas Hardy e Roman Jakobson è la parola più sfortunata di tutte – inizia ad attestarsi in letteratura, dopo sporadiche comparse a fine Settecento, solo negli anni Trenta e Quaranta dell’Ottocento, in Francia. Distinguiamo due tipi di realismo o Il realismo in senso stretto è una fase artistica Storicamente circoscritta (dagli anni Trenta agli anni Novanta dell’Ottocento); Geograficamente circoscritta (in Francia, Inghilterra e Russia, con diffusione minore anche in Italia, Spagna e Germania) Autocosciente (con manifesti e dichiarazioni poetiche, che la collocano dopo il Realismo e prima di Simbolismo e Modernismo) Fondata su particolari assunti filosofici, culturali e sociologici (lo storicismo, il razionalismo, l’economia di mercato, il primato della scienza, l’egemonia materiale e simbolica della borghesia, la moderna civiltà urbana, lo sviluppo della fotografia). o Il realismo in senso lato è una categoria estetica generale, una costante mimetica dell’arte che attraversa tutta la civiltà letteraria senza limiti di tempo, luogo o genere letterario. Secondo George Moore non c’è mai stata nessuna scuola letteraria oltre al realismo. Auerbach in Mimesis viaggia tra epoche e luoghi molto diversi alla ricerca dell’universale estetico che non è tanto un concetto critico quanto una postura esistenziale, un’interpretazione complessiva della condizione umana e il suo atteggiamento verso il mondo. Questo secondo ambito determina un problema chiave della cultura letteraria: il rapporto dialettico tra l’arte e la realtà, tra il mondo scritto e il mondo non scritto (come diceva Calvino). Come ha scritto Lawrence in una massima ripresa anche da Mazzoni: “Nulla è importante se non la vita.” 11.2 La scrittura o la vita Tra la scrittura e la vita resta uno scarto ontologico incolmabile, per il semplice fatto che un enunciato verbale non può imitare né assomigliare a nessun oggetto empirico, a meno che esso non sia a sua volta il linguaggio. 55 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti La storia del realismo è scandita dal bisogno di rinnegare la convenzionalità dell’arte per tendere a un’asintotica coincidenza tra le parole e le cose. Il che però produce un circolo vizioso (o virtuoso) infinito: l’autore A si dichiara realista e canonizza i propri stilemi, l’autore successivo B contesta quegli stessi stilemi perché li percepisce come delle convenzioni ormai stereotipate. o Jakobson parla di “realismo innovatore” che declassa il vecchio realismo e che sarà rimpiazzato da un realismo ancor a più nuovo. o Così si producono tante nuove versioni dello stesso concetto: neorelismo, iperrealismo, nuovo realismo, e via dicendo. In questi movimenti rinnovatori si inserisce il fattore ideologico. Ad esempio, lo sperimentalismo della seconda metà del Novecento denunciava il realismo come conferma della norma sociale, espressione della “doxa” borghese. Diversi sono anche gli impianti critici di analisi del realismo o La critica marxista cerca di evitare le derive ideologiche del realismo socialista, fondato su una rigida ortodossia politica e su obiettivi estrinseci alla letteratura come la trasformazione e l’educazione socialista dei lavoratori. Lucien Goldman non presuppone un rispecchiamento meccanico ma una omologia tra la struttura sociale e la sovrastruttura simbolica del romanzo. Luckàcs ritiene che la categoria principale del realismo sia il “tipico”: un personaggio che diventa tipo non per il suo carattere ma per il fatto che in lui confluiscono tutti i momenti determinanti di un periodo storico. o Ian Watt riscontra un “realismo formale” nelle opere di Defoe, Richardson, Fielding, che si caratterizza per esempio nell’intitolare i romanzi con i nomi propri dei protagonisti. o A metà tra i due si colloca Auerbach che indaga sia la realtà rappresentata sia i modi di rappresentazione. o Il formalismo di Jakobson insisteva sul valore relativo e convenzionale del realismo, che cambia in base al punto di vista: autore, lettore, storico e così via. o Più avanti gli strutturalisti ricondurranno il discorso realista a un problema di linguistica, retorica e simulazione simbolica con i quali la letteratura riesce a farci credere di copiare la realtà. Il realismo non copia il reale, ma copia una copia dipinta del reale. (Barthes) 11.3 Regole del gioco Cercare di definire che cos’è il realismo è come fissare negli occhi Medusa e pietrificare l’ennesimo dogma. Nelson Goodman nel 1978 spiegava che il modo migliore per definire che cos’è l’arte è chiedersi “quando qualcosa è arte?”. In questo modo si individuano tutta una serie di sintomi che non sono necessari né sufficienti, ma che concorrono a creare l’esperienza estetica di un’opera d’arte. Possiamo mettere a punto un modello integrato e plurale del realismo letterario basandoci su quattro fondamentali regole del gioco del realismo. Regole che, come quelle di Goodman, non sono né necessarie né sufficienti, ma coesistono in misura maggiore o minore e talvolta può bastarne anche solo una per far ritenere un’opera, in qualche modo, realista (vedi il caso di Hoffman) o I temi. Un testo realistico presenta oggetti, personaggi, azioni, avvenimenti il più possibile omogenee a quelle dell’esperienza empirica, ciò che Ryan dice seguire un “principio di scostamento minimo dalla realtà” o Le forme. Un testo realistico utilizza uno stile, una retorica e un repertorio tecnico che rafforza la suggestione mimetica della realtà, dissimulando la mediazione narrativa e creando l’illusione che l’opera sia trasparente, “fatta da sé” come diceva Verga. 56 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Esempi di queste tecniche sono: impersonalità, prospettiva ristretta, precisione denotativa, preminenza del visuale, ipertrofia delle descrizioni, mimesi del parlato, insistenza sui dettagli. La forma prescinde dal contenuto. Anche la Metamorfosi di Kafka può essere vista come un realismo onirico, fantastico nei temi, ma realistico nella forma. o Il codice. Sul piano semiotico, un testo realistico è conforme rispetto a un repertorio culturale di una certa società ed epoca storica. Per esempio, una macchina volante diventa realistica dopo l’invenzione di un aeroplano. o La verità. È la regola più instabile. Un testo realistico cerca di rappresentare quella verità aristotelica del mondo che il mondo da sé non esprime. A questo si arriva, diceva Ricoeur, attraverso tre livelli di mimesi: la realtà percepita dall’autore, la realtà configurata nell’opera, la realtà rifigurata dal lettore. 11.4 Vero, falso, finto Il nuovo realismo contemporaneo e il suo opposto o Nel mondo contemporaneo molte tendenze della letteratura pretendono di aggredire il mondo senza sconti, in presa diretta sull’esperienza, come se la realtà e l’io fossero immediatamente dicibili. Da qui la nascita, almeno teorica, del “nuovo realismo”, del “ritorno alla realtà”. o Oggi siamo lontani tanto dal postmodernismo e la sua manipolazione della realtà, quanto dal modernismo e la sua sfida continua a cogliere la realtà con la parola. Al contrario di quanto sostenevano Svevo, Montale, Kafka e molti altri, oggi tante opere non si pongono più nemmeno il problema di poter o meno rappresentare la realtà. Vedi tutti i film che iniziano con “tratto da una storia vera”, le non-fiction, l’autofiction, il reportage, il romanzo- saggio, l’ipermoderno. o Come nota Lavocat, oggi siamo in bilico tra un panfizionalismo (erede del postmoderno, dove nulla è certo) e un panfattualismo (tutto è un fatto certo). Sono l’antirealismo radicale e il realismo ingenuo. o Così si insiste sulla funzione etica ed esistenziale dell’arte. Il tutto è sostenuto da una batteria di vecchie parole-chiave come sincerità, autenticità, empatia, urgenza. o Il rischio è quello di contrapporre il vero e il falso con un taglio di coltello. Ci si dimentica dell’elemento più importante della Poetica di Aristotele: il Finto. La finzione poetica verosimile, che non è il campo del reale, ma del possibile. I mondi possibili: una terza via o La nozione di “mondo possibile” è nata nel Settecento con la Teodicea di Leibniz, ripresa nel Novecento da filosofia analitica, semantica narrativa, logica modale e teoria della finzione. Questa linea di pensiero percepisce l’opera d’arte come un microcosmo che è un eterocosmo, creato secondo natura, ma non a specchio della natura. o Il principio di base è che il nostro mondo attuale è circondato da infiniti mondi possibili. In questi mondi possibili sono anche possibili delle ucronie in cui la storia è andata diversamente. o Ogni testo può essere considerato una macchina proposizionale che genera un mondo alternativo a quello attuale. Lo dice anche Fowles nella Donna del tenente francese: “Vogliamo creare mondi reali quanto quello che esiste, ma diversi.” E lo dice anche Stendhal ne Il rosso e il nero: “Un romanzo è uno specchio che viene portato su una strada maestra. Ora riflette ai vostri occhi l’azzurro del cielo, ora il fango dei pantaloni.” o In opere come Il rosso e il nero, cronache fittizie tratte da una storia vera reinterpretata liberamente dall’autore, le asserzioni non sono né vere né false, ma sono atti linguistici 57 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti o Franco Farinelli è l’“erede” italiano di Soja. Nel 2003 pubblica Un’introduzione ai modelli del mondo. Da questo filone nasce un nuovo modo di interpretare la letteratura come chiave per interrogare la realtà e cercare di immaginarsela diversa. Il che, infondo, significa già cambiarla. 12.2 Lo spatial turn nella teoria e nella critica letteraria: Quattro categorie di studio per la svolta spaziale La Storia Geografica (o Geostoria) della letteratura. Prende in esame un periodo storico e un luogo specifico. Come è tipico del Moderno, la storia è inglobata nella geografia, ma non abolita. o L’influenza di un luogo sulla letteratura. Ad esempio, studiare gli specifici luoghi di produzione come la Einaudi di Torino, gli ambienti crociani a Napoli, il ruolo di Montale a Milano e di Bassani a Roma. Questo permette di comprendere meglio alcune soluzioni stilistiche, ideologiche e tematiche. Esponenti ne sono Pedullà, Luzzatto e Moretti. o L’influenza della letteratura su un luogo. Francesco Fiorentino nel 2009 ha pubblicato un Atlante della letteratura tedesca in cui immagina la letteratura come una mutevole rete geografica immaginaria che interferisce con quella politica, economica e fisica di un certo luogo. A plasmare l’immaginario di Milano hanno contribuito anche opere come La nuvola di smog di Calvino e La vita agra di Bianciardi. La Geocritica. Prende in esame il luogo letterario. Come è tipico del Postmoderno, la finzione e la falsificazione prevalgono sulla realtà storica. o Il luogo reale reso letterario. Westphal studia il modo in cui i luoghi vengono descritti nella letteratura. La Dublino di Joyce è una “città di carta” con dei tratti falsificati rispetto alla Dublino reale. o Il ruolo di luoghi e spazi nella letteratura. La “Teoria dello spazio”. Giulio Iacoli ne La percezione narrativa dello spazio riflette sul ruolo che i luoghi acquisiscono nella letteratura. Per Zeno Cosini il giardino pubblico oltre il quale abita Carla è il confine inviolabile del suo tradimento coniugale che, quando viene violato da una passeggiata con la donna, segna l’inizio della fine della loro relazione. Da qui Iacoli inizia a studiare la differenza di come è percepito lo spazio nel: Ottocento. Vi è una netta composizione tra centro e periferia. Pensa a Madame Bovary che vede Parigi dalla sua periferia come una città ideale. Modernismo. In un mondo privo di certezze non esiste più un centro distinto dalla periferia. Roma per Adriano Meis è solo un posacenere, una città morta. E un soggetto come Zeno cerca di dare un ordine soggettivo al caos dello spazio, per esempio scegliendo il confine del Giardino pubblico. Postmodernismo. Un soggetto come Kublai Khan rinuncia a ordinare lo spazio e ne accetta il senso di perenne precarietà. A questo filone appartiene anche lo studio di quelle che Foucault chiama “eterotropie”: i luoghi altri in cui vengono relegati gli eventi “perturbanti” che non devono accadere nel mondo quotidiano, per censura morale e mentale. Ad esempio, il collegio, il servizio militare, il viaggio di nozze. Come se la perdita della verginità o altri momenti di passaggio dovessero avvenire “da nessuna parte”. A questo filone appartiene anche lo studio del “paesaggio”, da intendere come l’incontro tra il dato reale e la percezione soggettiva, un rapporto che chiama in causa anche il binomio natura-cultura. 12.3 Geocritica e poesia Nella prosa è semplice facile Geocritica. Proviamo in poesia. 60 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Zanzotto ha dedicato gran parte della sua produzione al paesaggio, avviando una riflessione ambientale, politica ed ecologica. Leggere Gli strumenti umani di Vittorio Sereni attraverso la lente degli spazi consente di comprendere meglio la poetica dell’autore. o La raccolta può essere letta come un percorso di formazione di un io lirico che, dalla giovinezza, entra progressivamente nell’età adulta, dalla fine della guerra agli anni Sessanta. o Tale percorso è scandito da una serie di luoghi. In particolare, la crescita di Sereni coincide con un progressivo coinvolgimento con Milano. Secondo un’accezione baudeleriana la città è il luogo degli incontri, degli choc, della vita. A lei si impone il ritorno ancestrale a Luino, paesello sul lago Maggiore. o Nella raccolta, Sereni disegna dei tracciati che ne costituiscono l’architettura generale, aprendosi fino all’Europa, alla Germania, l’Olanda, e via dicendo. 61 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Parte Quarta: L’estensione del campo Capitolo 13 – Critica dei confini di Sergia Adamo (UniTS) 13.1 La letteratura e i suoi confini I confini della letteratura sono labili. Ce lo dicono le nuove forme di soggettività che fondano la loro identificazione non su un’appartenenza nazionale, ma su altre possibilità, come quella di genere. Ce lo dicono gli scrittori che hanno scelto di scrivere in lingue come l’inglese che non sono legate a una specifica nazione. E ce lo dicono gli scrittori come Nabokov che hanno attraversato più nazioni e culture diverse. È innegabile che il concetto di nazione nell’età moderna vada a definirsi anche grazie al contributo della letteratura, dell’uniformità linguistica, di narrazioni che sappiano produrre processi di identificazione efficaci. Benedict Anderson ha parlato addirittura di “comunità immaginate” create delle narrazioni di tutti i media, a partire dalla stampa. La nozione di “letteratura” non ha mai avuto dei confini fissi. o Nel Trecento era utilizzata per indicare la condizione dell’uomo colto che ha acquisito conoscenza attraverso la lettura. o Nel Rinascimento indica tutto ciò che è scritto secondo determinate regole retoriche e formali, compresi i saggi e le opere scientifiche. o Nel Settecento, con la svolta verso l’età moderna la letteratura passa a indicare un tipo di scrittura connotata da una ricerca estetica (accezione che rimane fino a noi). Nel Settecento nascono due linee di indagini della letteratura La letteratura nazionale. Che è la prospettiva prevalente. Vedi la Storia della letteratura italiana di Tiraboschi. La letteratura comparata. Vedi Dell’origine, progressi e stato attuale d’ogni letteratura di Juan Andrés. Da qui nascerà la proposta di una “Weltliteratur” di Goethe: una “letteratura mondiale” che coincide con una diffusione di idee e forme in senso globalizzato. 13.2 Letteratura e mondo 13.2.1 Oriente o Occidente? Goethe applica la sua idea di Weltliteratur in Divano occidentale-orientale, una raccolta di poesie e prose scritte tra il 1814 e il 1819. o Qui Goethe esplora temi come la cultura, la religione, la politica e la filosofia attraverso il confronto dialogico tra personaggi di culture differenti che incarnano quella occidentale e quella orientale. Il titolo allude alla consuetudine persiana di sedersi su tappeti o cuscini per consumare il tè o discutere di questioni filosofiche. o Goethe inizia questo dialogo con l’oriente avvicinandosi alla lettura di Hafez, poeta siriano del Trecento. Edward Said in Orientalismo (1978) spiega come la dicotomia Oriente-Occidente derivi da una costruzione dell’identità dell’Oriente da parte dell’Occidente attraverso lo specchio dell’alterità e della presunta superiorità non solo culturale. Adonis, poeta contemporaneo, attua la stessa critica dei confini di Said. “L’Oriente e l’Occidente/ sono una tomba sola/ raccolta dalle sue ceneri” 62 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Teoria della letteratura Campi, problemi, strumenti a cura di Laura Neri e Giuseppe Carrara Carocci 2022 Parte Prima: Il campo della letteratura 0. Lo spazio della teoria (Carrara, Neri) 4 Pag. 2-5 1. Oltre la letterarietà (Carrara, Neri) 7 Pag. 7-12 2. La ricezione e il pubblico (Rodler) 4 Pag. 13-16 3. Letteratura e società (Balicco) 5 Pag. 17-21 4. L’opera e la psicoanalisi (Alfano) 3 Pag. 22-24 Parte Seconda: Mappe e strumenti 5. Questioni di Stile (E. Testa) 5 Pag. 25-29 6. Tema (Pellini) 5 Pag. 30-34 7. I generi letterari (Fusilio) 5 Pag. 35-39 8. Teoria della poesia (I. Testa) 6 Pag. 40-45 Parte Terza: Mondi immaginari e mondi reali 9. Il territorio della finzione (Lavocat) 5 Pag. 46-50 10. Le voci della narrativa (Meneghelli) 3 Pag. 51-53 11. Il problema del realismo (Bertoni) 4 Pag. 54-57 12. Spazio e geografia (Tortora) 3 Pag. 58-60 Parte Quarta: L’estensione del campo 13. Critica dei confini (Adamo) 3 Pag. 61-63 14. Femminismi e sguardi queer (Vallorani) 2 Pag. 64-65 15. Cultura visuale (Rizzarelli) 3 Pag. 66-68 16. Letteratura e emozioni (Ballerio) 3 Pag. 69-71 1 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Introduzione Lo spazio della teoria di Giuseppe Carrara e Laura Neri (UniMI) Teoria e Letteratura Ursula K. Le Guin in The Carrier Bag of Theory of Fiction riflette sul fatto che le storie siano nate non quando gli uomini primitivi piantavano i semi, ma quando andavano a caccia di mammuth. Eppure, a sua detta il valore della letteratura non si può ridurre solo a questa attività, che è violenta ed ha come protagonista un eroe maschile. Le Guin nella sua opera fa tre cose, che ci permettono di riflettere su che cos’è la Teoria della Letteratura: o Decostruisce un’idea sulla letteratura ben radicata (il topos dell’eroismo) per produrne una diversa. Per farlo si chiede che cosa sia la letteratura, un po’ come i pesci di Questa è l’acqua di Wallace si chiedono “Che cos’è l’acqua?” La teoria della letteratura è un discorso che mette in discussione le nozioni acquisite mostrandole come prodotto di pratiche, processi storici, o anche ideologici. Per questo deve esplicitare in modo metariflessivo i presupposti della letteratura e della critica stessa. Gli strumenti della critica, però, sono spesso in contrasto tra loro con varie visioni della letteratura e del mondo. Per questo la teoria della letteratura, come scrive Bertoni, è inevitabilmente politica, è un atto sociale che formula giudizi e li propone a una comunità giudicante. o Si interroga sul valore latamente antropologico della letteratura (come è nata, cosa ha a che fare con l’evoluzione umana, perché raccontiamo storie) La letteratura per Le Guin è un’attività dialogica e intersoggettiva, non dogmatica ma relativista, sempre disponibile a correggersi e ampliarsi La teoria della letteratura si fa delle domande, solleva problemi e cerca risposte a partire dalle questioni fondamentali e generali. Come scrive Brioschi, ogni volta che indichiamo in un testo i congegni tecnici che lo costituiscono continuiamo a dare delle risposte a queste domande. o Riflette su alcune categorie specifiche: prima il romanzo, poi la fantascienza La teoria della letteratura ci offre una serie di strumenti ed analisi dei vari tipi di testo e di genere, ma non si riduce a un mero elenco nella loro meccanica applicazione. Vuole infatti scoprire come la letteratura ci parla del mondo, che godimento estetico produce. Come scrive sempre Brioschi, ciò che è importante nella teoria non è che sia vera (può sempre essere contraddetta), ma che possieda un potere esplicativo e ci permetta di comprendere meglio le opere. La teoria non è un sapere astratto, ma vive in mutua dipendenza con il testo, in modo circolare e dialettico. Non esiste una legge per la ricerca letteraria, come scrivevano René Wellek e Austin Warren in una Teoria della letteratura del 1942. Infatti, più una teoria è generale, più sarà vuota. Ma all’opposto nessuna opera è così specifica da essere unica: se lo fosse, sarebbe incomprensibile. La teoria della letteratura è in costante movimento in due sensi: o Una “versatilità dell’impiego delle teorie” (termine concettualizzato da Edward Said in Traveling Theory). La teoria è come un viaggio attraverso tempi e spazi che le permette di risemantizzarsi, modificare le proprie funzioni e scopi. 2 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti o Classicamente essi erano: l’Umile, il Mediocre, il Grave, ciascuno con il proprio contenuto ed esemplificati con Bucoliche, Georgiche ed Eneide o Gli stili vengono sovvertiti con l’epoca del romanzo, che li fagocita. La Puritas. Correttezza lessicale e grammaticale. La Perspicuitas. Chiarezza, Comprensibilità. L’Ornatus. Riguarda le figure retoriche e di pensiero, gli artifici stilistici e formali o Mneme. La memoria e l’apprendimento. Ricordare non significa solo ritrovare un’idea, ma costruirne una nuova: la percezione sposta l’oggetto nel presente della mente che ricorda e tale operazione compromette al verità assoluta del ricordo stesso. Come spiega Ricoeur, dunque, vi è un inganno inevitabile nella memoria e una confusione tra reale e irreale nell’immaginazione. La rievocazione dei ricordi, poi, è sempre un’azione selettiva. Per questo alla memoria è importante l’oblio, come scrive Harald Weinrich. o Actio. L’esecuzione orale, con voce e gesti. La lingua è concepita come azione. Il messaggio non è solo un atto locutivo, ma anche illocutivo (Austin), con un effetto perlocutorio. Il significato delle parole non è solo quello verbale. Il linguaggio inoltre è un’attività cooperativa tra gli interlocutori (Clark) 5 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Parte Prima: Il campo della letteratura Capitolo 1 – Oltre la letterarietà di Giuseppe Carrara e Laura Neri (UniMI) 1.1 Il problema della forma: Il formalismo russo Negli anni 10 si iniziano a ricercare le specificità interne che distinguono la letteratura da ogni altro tipo di discorso, a partire dal testo. La Linguistica. Nel 1916 gli allievi di Ferdinand de Saussurre pubblicano il suo Corso di linguistica generale di Ginevra. Da qui nasce la linguistica strutturale. o Per De Saussurre la lingua è un sistema differenziale: l’identità di ogni segno è data dalla sua relazione con gli altri, che è negativa. La B non è la C. o Significante e Significato: la forma grafica e sonora di un segno e il suo contenuto referenziale o Langue e Parole: la lingua su un piano virtuale e la sua attualizzazione concreta in ogni singola esecuzione. La lingua è un sistema virtuale, un campo di possibilità tra due piani interdipendenti: esiste solo nei modi in cui la usiamo nel concreto, ma non esisterebbe senza una base astratta comune. Ciascuno attualizza la lingua attraverso operazioni di selezione e combinazione o Diacronia e Sincronia: le relazioni evolutive con la tradizione e quelle statiche con i contemporanei. De Saussurre afferma il primato della sincronia e dunque inizia a studiare la langue di un certo momento storico piuttosto che l’evoluzione diacronica della parole. Il Formalismo. Termine rifiutato dai suoi stessi componenti con cui si indicano i primi studiosi della forma testuale. o Scopo comune dei formalisti è fondare una scienza della letteratura che stabilisca i principi che garantiscano lo studio della letteratura in sé, opponendosi alla critica ottocentesca ossessionata dall’extra-testo: la biografia degli autori, le determinazioni storiche, i pretesti per riflessioni filosofiche. o Al contrario i formalisti rivendicano la centralità del testo ponendo l’accento sulle tecniche e i procedimenti che lo organizzano. Vedi per esempio Come è fatto il “Don Chisciotte” di Skolovskij. o In questo modo i formalisti sottolineano la differenza tra la forma di un testo e il suo contenuto. La linguistica contribuisce a fornire molte indicazioni per l’elaborazione dei principi di questa teoria-scienza della letteratura, in particolare sull’ipotesi della particolarità del linguaggio poetico. o Le scuole del formalismo erano principalmente due: Il Circolo linguistico di Mosca, fondato nel 1915, con Jakobson, Bogatyrev, Vinokur e Jarcho. Essi concepiscono la poesia come linguaggio utilizzato con una funzione estetica. L’Opojaz, la Società per lo studio del linguaggio poetico, fondato a Pietroburgo nel 1916, con Skolovskij, Brik, Ejchenbaum, Tynjanov e Tomasevskij. Essi insistono sulla piena autonomia delle forme artistiche e non identificano il testo poetico come semplice utilizzo della lingua. Jakobson dà la soluzione più convincente alla definizione di poesia e di letteratura nel contesto del formalismo 6 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti o Jakobson elabora il concetto di Letterarietà o Poeticità: l’essenza della letteratura, un principio organizzatore, una modalità che rende letterario un discorso, “come l’olio rende tali le sardine sott’olio”. o In letteratura la parola è sentita come parola prima che come sostituto dell’oggetto nominato. Le parole e la loro sintassi, il loro significato, la loro forma esterna acquistano peso e valori propri. o Nel 1960 in Linguistica e poetica Jackobson parlerà delle 6 funzioni del linguaggio. In letteratura prevale la funzione poetica come funzione dominante, gerarchicamente superiore (anche se c’è in qualsiasi altra comunicazione) Mittente: Funzione emotiva Messaggio: Funzione poetica. La “messa a punto” (Einstellung) del linguaggio in quanto tale. Destinatario: Funzione conativa (un ordine) Contesto: Funzione referenziale Codice: Funzione metalinguistica Contatto: Funzione fatica (“pronto”) o Ejchenbaum e Tynjanov approfondiscono il concetto di “dominante”, che verrà ripreso per indicare un aspetto dell’opera che viene messo in primo piano, che sia la forma, il procedimento, la motivazione, la funzione, la costruzione e così via. 1.2 Tre idee di forma: macchina, organismo, sistema Peter Steiner nel 1984 individua quattro tropi principali che organizzano le teorie formaliste: La sineddoche del linguaggio: il linguaggio da materiale che costituisce l’opera letteraria diventa l’opera letteraria stessa. È ciò che abbiamo detto con la funzione poetica di Jakobson. La metafora della macchina. Ne deriva il modello Meccanicista. Ha il suo principale esponente in Sklovskij, che indaga il Procedimento. o Un testo può essere smontato e analizzato nel suo funzionamento o Sklovskij nella Tecnica del mestiere di scrittore spiega che ci sono dei procedimenti con cui lo scrittore organizza il materiale extra-artistico traendolo dalla vita e rifunzionalizzandolo all’interno dell’opera letteraria. o Il procedimento indica lo scarto che c’è tra le opere d’arte e i fenomeni extra-estetici (la vita quotidiana, chiamata Byt): ci si chiede dunque come dai secondi si possano generare i primi. o Il procedimento per eccellenza è lo straniamento: trasmettere l’impressione dell’oggetto come “visione” e non come “riconoscimento”: mostrare oggetti e situazioni note come se li si vedesse per la prima volta. Esso è quasi una legge necessaria per definire la letteratura. La metafora dell’organismo. Ha il suo principale esponente in Propp, che indaga la Funzione. o Il concetto è già presente in un’opera di Boris Jarcho che paragona ad un organismo l’insieme di elementi complessi organizzati gerarchicamente nella letteratura. o Propp in Morfologia della fiaba riconosce l’esistenza di diverse forme e le studia come se fossero formazioni organiche. o Individua morfologicamente il nucleo comune di tutte le fiabe isolandone costanti e varianti sugli elementi ricorsivi (le unità minime). o Così individua 31 funzioni, azioni segmentate nei loro atti primari e disposte in un ordine preciso: conta solo l’azione, non chi la compie. Ogni unità minima, dunque, è funzionale alla complessità dell’organismo. o I personaggi sono considerati sulla base del loro ruolo nella storia e si riducono a pochi ruoli “attanziali”: antagonista, donatore, aiutante, principessa, mandante, eroe, falso eroe. 7 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Dopodiché si attribuisce un valore semantico a questi elementi. Ad esempio, si individuano delle divisioni dei versi sulla base dei paradigmi di somiglianza (procedimento metaforico) e contiguità (procedimento metonimico): un po’ la stessa cosa che faceva Levi-Strauss con i mitemi. Ad esempio, si dividono i versi in due sestine e un distico (6+2+6) spiegando che il distico segna il passaggio tra il reale e il surreale. Insomma, alla fine della fiera i due arrivano a trovare una somiglianza tra il gatto e la donna, concludendo che “l’uomo innamorato è congiunto alla donna come il saggio lo è all’universo”. o Nel 1963 Barthes pubblica un saggio su Racine in cui analizza la Fedra, tragedia del 1677. Barthes identifica due paradigmi oppositivi: il segreto e il passaggio alla parola. Così interpreta la tragedia come storia di una parola chiusa e di una vita trattenuta e, da qui, il tema del parto. Questa analisi non rispetta minimamente l’intreccio di superficie dell’opera. E infatti Picard parte da essa per attaccare lo strutturalismo, nel 1965, con un saggio intitolato Nuova critica o nuova impostura. Barthes risponderà a Picard l’anno successivo con Critica e verità, dove spiega che La “Vecchia critica” si fonda sul concetto di “verosimile critico”: il testo ha delle evidenze da cui partire e dal linguaggio si possono ricavare delle certezze. La “Nuova critica”, invece, va oltre il semplice attenersi alla lettera al testo, ma riconosce la natura aperta delle opere, che possono essere arricchite con altri significati latenti. Ciò che conta è il metodo, non la correttezza delle interpretazioni (anche perché chi può dire se una lettura è corretta o meno). La Nuova critica non vuole tradurre o spiegare l’opera, ma “generare un senso” a partire dal testo Questa stagione della teoria letteraria è stata definita “L’epoca d’oro”. Oggi molto è stato rigettato: o Il posto e il ruolo assegnato al soggetto, che spesso viene eccessivamente svalutato dallo strutturalismo (Barthes ne “La morte dell’autore” ritiene che uno scrittore non ha alcun ruolo nell’interpretazione di un testo) o Il rapporto con la dimensione storico-sociale, che spesso viene dimenticato dallo strutturalismo o La rigidità di alcuni sistemi, l’incompletezza dell’analisi del testo e via dicendo 1.5 I limiti della letterarietà: La critica allo strutturalismo Nel 1978 Costanzo Di Girolamo pubblica Critica della letterarietà, un saggio rivoluzionario in cui mette in discussione il concetto stesso di letterarietà, spiegando che ciò che è letteratura e ciò che non lo è dipende dal contesto storico: ad esempio la Bibbia non nasce come letteratura, ma oggi è considerata tale. o Il concetto di “letterario”, dunque, non è l’essenza immutabile che determina a priori la natura della letteratura, ma può essere esteso e ristretto in base al contesto, i gusti, le percezioni, i riferimenti. Si introduce dunque una prospettiva diacronica. o Non esiste dunque una vera divisione tra funzione pratica e funzione sociale e il testo non esiste una totale autonomia del testo come sostengono formalisti e strutturalisti: una poesia, per esempio, non è “fine a se stessa” perché ha dei referenti nella vita reale: considerarla tale significherebbe considerare l’arte come priva di un percorso conoscitivo. Negli stessi anni Franco Brioschi pubblica alcuni saggi contro strutturalismo e formalismo che oggi sono raccolti nel volume La mappa dell’impero (che paragona lo strutturalismo al racconto di Borges 10 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti dove, per descrivere un impero nei suoi minimi dettagli, si crea una mappa grande come tutto l’impero stesso). Qui mette in scena un dialogo tra Plotino e Porfirio di ispirazione leopardiana per discutere sulla nozione di letterarietà (lui è Plotino). Certo, Brioschi non nega l’importanza del linguaggio, ma la reputa una condizione insufficiente. o Brioschi si rifà a Nelson Goodman Goodman quale distingue due procedimenti simbolici La denotazione è il procedimento simbolico con cui una parola indica gli oggetti a cui si applica. La parola “tavolo” indica un tavolo. L’esemplificazione è il procedimento simbolico inverso: l’oggetto esemplifica il predicato: l’oggetto tavolo rinvia alla parola “tavolo” e alle proprietà di un tavolo. Sono procedimenti “simbolici” perché un tavolo o la parola “tavolo” non contengono tutte le proprietà di tutti i tavoli possibili (tipo idea nell’iperuranio), ma solo alcune proprietà simboliche specifiche che variano sulla base del sistema di simbolizzazione di riferimento. Magari io penso a un tavolo di vetro e mio nonno a un tavolo di legno. Dipende dal “possesso” che ciascuno ha della parola. Quindi l’esperienza estetica è dinamica e non statica: ciascuno esperisce l’arte in modo diverso in base sia all’atteggiamento del soggetto, sia alle qualità dell’oggetto. È dinamica anche in senso diacronico: il modo stesso in cui interpreto “simbolicamente” il mondo varia con l’esperienza di nuovi simboli. A partire da qui, Brioschi spiega che l’interpretazione di un testo deriva da “decisioni” prelinguistiche. I simboli non decidono il loro sistema di riferimento, ma siamo noi che li assegniamo a un sistema. Il che comunque non significa che l’interpretazione si riduca a un atteggiamento soggettivo arbitrario: l’oggetto si rivela in modo congruente con le nostre attese esibendo tratti simbolici appropriati; le nostre decisioni sono guidate dalle conoscenze, dalle prescrizioni sociali e dai protocolli di lettura. o Brioschi si rifà anche a Lausberg Lausberg definisce il discorso di ri-uso, come un discorso che viene tenuto in situazioni tipiche mantenendo la sua “usabilità”. Ne individua tre tipi: le scritture sacre, le leggi e i testi letterari, che si modificano in base a tradizioni e convenzioni. Brioschi descrive dunque tre aspetti costitutivi della comunicazione letteraria intesa come discorso di ri-uso che cambia diacronicamente (tradizione) e sincronicamente (convenzione). Il Dominio: il contesto a cui il testo si riferisce. Riguarda quindi il significato. L’Identità: Riguarda il piano espressivo. Come un testo è scritto e come verrà ricordato. L’Asimmetria tra gli interlocutori: chi produce il discorso ha una posizione superiore rispetto al destinatario. Riguarda l’origine del testo e il ruolo dell’autore e del lettore. Per Brioschi e Di Girolamo, dunque, non esistono oggetti o valori specificamente estetici, ma modi estetici di guardare e ri-usare gli oggetti. È la situazione comunicativa che sta intorno al testo che permette di fare affermazioni precise e di motivarle in un contesto. “Estremista” di questa “comunità interpretativa” è Stanley Fish, studioso statunitense autore del provocatorio saggio: C’è un testo in questa classe? o Nel suo libro, Fish si oppone all’idea di significato come stabile e fissato una volta per tutte, ma al contempo fissa dei limiti alla libertà del singolo lettore, le cui interpretazioni 11 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti sarebbero in definitiva controllate e validate dai sistemi di valori, interessi e pregiudizi della comunità di cui fa parte. L’opera di Fish è pubblicata nel 1980, lo stesso anno del Nome della Rosa di Eco, il quale sostiene qualcosa di molto simile: c’è un limite alle interpretazioni possibili del lettore. o Fish propone ai suoi studenti un esercizio ermeneutico chiedendo di interpretare una poesia scritta alla lavagna, che in realtà era un mero elenco di nomi senza un significato estetico e letterario. Eppure, gli studenti attribuiscono al testo il valore di una poesia: gli oggetti sono fatti, non trovati. (In ogni caso, le interpretazioni sono regolate da strumenti e convenzioni sociali che riguardano anche la critica poetica, quindi la posizione di Fish non è del tutto soggettivista) Il decostruzionismo nasce dal filosofo francese Derrida o Famoso è il suo slogan “il n'y a pas de hors-texte”: “non c’è nulla al di fuori del testo”. Questa frase di complessa e apparentemente contraddittoria interpretazione non è l’affermazione di uno strutturalista, ma significa: non esiste una relazione davvero condivisa e riconoscibile da tutti tra il significante dei segni e il significato della realtà. o La scrittura, dunque, è arbitraria e assolutamente autoreferenziale. Non è possibile attribuire significato al testo perché esso, filosoficamente e letteralmente, non “significa” nulla: sono solo segni. o Senza sfociare nell’assurdo, potremmo dire: non esiste un significato univoco di un testo che sia gerarchicamente più autorevole degli altri, perché non esiste un modo univoco per interpretare un testo, ma esso cambia in base ai soggetti, alle convenzioni, alla tradizione, al contesto. o Erroneamente si mette Fish sulla stessa linea di Derrida, ma i due dicono cose diverse. Per Fish esistono tante interpretazioni di un testo, ma sono limitate. Brugnolo spiega che Fish non si ispira tanto al decostruzionismo, quanto piuttosto al pragmatismo. Thomas Pavel in Mondi di invenzione riesuma la dimensione referenziale del testo o Egli spiega che l’atto della lettura e dell’interpretazione di un testo consiste in una continua messa in relazione tra realtà e finzione: anche i personaggi e i mondi inventati non possono essere descritti senza riferimenti a cose conosciute. o Inoltre, spiega che i personaggi di finzione vengono percepiti come referenti reali dal punto di vista logico. Quando uno nomina Sherlock Holmes ho perfettamente in mente un’immagine simbolica dell’investigatore. E posso addirittura fare dei paragoni caratteriali, anche se il personaggio non esiste: “Hai l’intuito di Sherlock Holmes!” Al contrario, autori come Kripke, Kaplan e Putnam sostengono che c’è un unico modo per definire l’unicità di un oggetto (teoria causale), quindi, dal momento che le stesse proprietà di Sherlock Holmes possono essere tipiche di un numero indeterminato di altri personaggi di finzione, non posso definire l’unicità dell’investigatore. o Come spiega Lavagetto a proposito di Pavel, riaffermare la realtà del testo, comunque, non significa ribadire che esiste un solo modo di leggere i testi o che esiste un’autorità interpretativa su di essi. Infatti, come spiega Bertoni, l’autentica teoria è tutto tranne che dogmatica e autoritaria. Tzvetan Todorov spiega che intendere l’opera letteraria come un oggetto linguistico chiuso, autosufficiente e assoluto significa imporre una letteratura senza alcun rapporto con il mondo, costruita solo dalle relazioni interne ai testi. Inoltre, spiega che il critico di fronte al testo letterario deve assumere una relazione dialogica. Indagare gli oggetti artistici significa innanzitutto interrogarli. 12 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti collegare tra loro i significati di un testo all’interno della mia cultura: come il rapporto tra studio vs miseria. o Codice Proairetico o Narrativo. Riguarda la narrazione di una storia o di un evento in un testo. Si concentra sulla comprensione del modo in cui il testo è organizzato per raccontare una storia. A livello esteso, serve anche a interpretare qual è il senso sotteso a tutta una narrazione. 2.2 Gli orizzonti del lettore: L’estetica della ricezione Dagli anni Trenta del Novecento, la fenomenologia e l’ermeneutica si interrogano sul senso della realtà, e dunque anche dei testi. Si chiedono: il senso di un libro dipende dall’autore che lo inserisce nella sua opera o dall’interprete che ne fa esperienza in uno spazio e in un tempo determinati? o La fenomenologia (il senso del testo è stabile), fondata dal filosofo tedesco Edmund Husserl, sostiene che i fenomeni hanno una verità permanente che però viene conosciuta solo grazie all’intenzione soggettiva e variabile dell’interprete. Roman Ingarden, allievo di Husserl, precisa che a livello letterario l’opera ha una propria struttura ben definita e solida, ma viene concretizzata singolarmente in diverso modo. Da qui prenderà piede la critica letteraria fenomenologica, nella Scuola di Ginevra, tra gli anni 50 e gli anni 70 o L’ermeneutica (il senso del testo è fluido), fondata dal filosofo tedesco Wilhelm Dilthey, sostiene che la lettura sia non una sequenza lineare ma un circolo ermeneutico in cui più vado avanti a leggere, più modifico il senso di ciò che ho già letto, in un continuo aggiustamento che è guidato anche dall’autore che ha scritto il libro. Anche Heidegger parla di ermeneutica, ma con meno certezze sulla stabilità del reale: il libro (o qualsiasi opera d’arte) è un cammino del linguaggio verso la verità, che svela qualcosa ma, svelando, nasconde qualcos’altro. Sulla stessa linea, Hans Georg Gadamer in Verità e metodo spiega che l’interpretazione di un testo è un dialogo continuo di mediazione e fusione tra il testo e il lettore: un dialogo tra i loro orizzonti ermeneutici. Jans Robert Jauss e Wolfgang Iser, esponenti della Scuola di Costanza, rielaborando le teorie di fenomenologia ed ermeneutica, propongono la teoria dell’estetica della ricezione. Fondamentale è l’opera di Jauss Perché la storia della letteratura? del 1967 o La lettura è un evento storico, fondato sull’orizzonte di attesa di un pubblico specifico, che varia sincronicamente nel contesto socioculturale e diacronicamente nel tempo. (In Se una notte d’inverno un viaggiatore di Calvino, l’orizzonte di attesa del Lettore protagonista è continuamente deluso e disatteso). o Dopo una prima percezione estetica (la comprensione del testo), il lettore procede a rileggere e pluralizzare il testo in senso dialogico (l’interpretazione del testo). Arriva così a vivere una lettura storica: il confronto tra la ricezione originaria e l’orizzonte di attesa del suo tempo. o I testi, dunque, non hanno un valore deciso una volta per tutte, né suscitano risposte uniformi attraverso le generazioni, ma sono sempre compresi in relazione alle aspettative dell’interprete. Umberto Eco parla di un’opera aperta, che però è sottoposta ai limiti dell’interpretazione. Bisogna infatti distinguere: o L’intentio auctoris: i nuclei originari di senso stabili 15 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti o L’intentio lectoris: ciò che il lettore interpreta, ma senza cadere nell’anarchia interpretativa del decostruzionismo di Derrida (non c’è un senso alla letteratura) e di Fish (lo stesso concetto di letteratura è determinato dal lettore) o L’intentio operis: il significato della struttura semantica e stilistica dell’opera (ad esempio elementi di intertestualità e intervisualità) Michail Bachtin studia il fenomeno del romanzo in opere come Estetica e romanzo o Il romanzo è dotato di polifonia o dialogicità, prendendo come esempio in particolare Dostoevskij. Il romanzo polifonico è caratterizzato da una molteplicità di voci narrative, punti di vista e discorsi, che si fondono in una sorta di dialogo costante. In questo tipo di romanzo, ogni personaggio ha la propria voce e la propria visione del mondo, e queste voci si mescolano e si sovrappongono per creare un'opera d'arte complessa e multiforme. o Il romanzo polifonico è quindi un'opera d'arte che riflette la complessità della realtà e la molteplicità delle voci umane. Si contrappone alla letteratura “monologica”, dove è espresso solo il punto di vista dell’autore. o Anche la ricezione di un’opera (e soprattutto quella) è caratterizzata dalla pluridiscorsività. Ezio Raimondi parla addirittura di una letteratura intimamente dialogica, che ha una coscienza affettiva: rivela al lettore qualcosa della sua storia più profonda, senza essere stato scritto apposta per lui. Calvino nel Viaggiatore scrive: “Ciò che è scritto partecipa del potere della scrittura, un potere fondato su qualcosa che va al di là dell’individuo. L’universo esprimerà se stesso fintanto che qualcuno potrà dire: «Io leggo dunque esso scrive»” 2.3 Lettrici e lettori in azione: La lettura come esperienza enattiva Gianni Rodari scrive Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storia, un testo considerato “dual audience”. o L’opera contiene delle “tecniche” di lettura sia per adulti sia per bambini. Una parola genera un binomio fantastico quando ne incontra un’altra estranea (cane e armadio) o se viene deformata (staccapanni). L’intreccio può essere formato anche da ipotesi fantastiche: Che cosa succederebbe se un uomo si svegliasse scarafaggio? Che cosa succederebbe dopo il “vissero felici e contenti”? Interventi operativi fantastici o “trattamenti” di una storia possono modificarle, invertirle, mischiarle. o Per Rodari la parola e la lettura sono un elemento primario di umanesimo antropologico. Come sostiene anche Jerome Bruner, l’uomo è narrazione e comunicazione, tanto più efficaci quanto più esercitate sin dall’età del gioco. o Anche gli errori sono benefici creativi, perché insegnano a dubitare della rigidità di regole e stereotipi. Dopo il lettore discontinuo, alla fine del Novecento si impone il lettore (o fruitore) enattivo (in costante dialogo con l’ambiente in cui vive) o Il concetto di “enazione” (dal latino “enasci” = generare) è stato introdotto da Francisco Varela, filosofo e scienziato cileno. La cognizione dei viventi è un’azione incarnata, che produce informazione grazie a continui rapporti con l’ambiente interno ed esterno all’individuo. o L’opera letteraria, dunque, non è una sfera separata dal lettore, che la comprende in rapporto alle strutture cognitive della sua esperienza quotidiana e naturale. o Monika Fludernik parla di “natural narratology”. Non si parla più di “close reading” sul testo, ma di “open reading”. 16 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti o Come diceva Aristotele, la letteratura suscita pietà e paura. I libri smuovono persone e personaggi, da Paolo e Francesca, a Emma Bovary, a Don Chisciotte. o Oggi il lettore da “consumer” è diventato anche “prosumer” o “producer”: a volte si è appropriato a tal punto di un’opera da suggerire all’autore come proseguirla. Vedi le serie TV o Harry Potter. o Nel campo dei media oggi si parla di “deep media”: il pubblico è continuamente coinvolto e spinto a partecipare e a cercare nuove narrazioni, con prequel, sequel, spin off e altro. Dopotutto, come dicono Rizzolatti e Tommasello, l’essere umano si distingue dalle scimmie anche per un più radicato senso di collettività e dialogicità tra punti di vista. In Italia secondo Eurostat e Istat solo il 40% della popolazione legge un libro per passione all’anno e la media del tempo dedicato giornalmente alla lettura è 5 minuti. Nel 2020 è cresciuta sì, ma di molto meno di quanto ci si aspetti. L’importanza attribuita alle narrazioni visive rende fondamentale il ruolo dell’editoria illustrata nell’educazione dei bambini alla lettura. L’osservazione delle espressioni facciali, ad esempio, consente ai bambini di comprendere le 6 emozioni di base (felicità, rabbia, paura, sorpresa, disgusto e disprezzo). o Alcune case editrici che si occupano di picturebooks sono: Fatatrac, Settenove, Lapis, Topipittori, Sinnos 17 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti La disillusione romantica: l’individuo prende atto della non-modificabilità del reale, fallisce la volontà di potenza, può agire solo su di sé cercando di riordinare almeno il tempo della propria vita. Come L’educazione sentimentale di Flaubert. Tolstoj costituisce un discorso a parte, una terza via, perché mostra una nuova dimensione epica di lotta contro il tempo, grazie all’eccentricità di una cultura russa che conserva ancora un rapporto vitale con le forze organiche della natura. Pensa a Levin. o L’esperienza della guerra propone a Lukàcs una soluzione nell’impegno politico marxista. Per questo nel 1923 pubblica Storia e coscienza di classe. o Dopo aver visto che la Rivoluzione russa trasformare il mondo, inizia ad osservare nel romanzo anche un potere costruttivo e non solo distruttivo. Così pubblica Saggi sul realismo negli anni Trenta a Mosca. Nell’introduzione ai Saggi sul realismo, scritta nel 1945 a guerra ultimata, Lukàcs si chiede se l’apice del romanzo moderno sia Balzac (l’unità tra il mondo esterno e il mondo interno, pensa a Papa Goriot) o Flaubert (il distacco tra i due mondi, pensa a Madame Bovary). La risposta sarà indicativa anche di tutta la civiltà odierna, perché il romanzo è la manifestazione culturale della civiltà borghese moderna. Balzac, come Tolstoj e Mann, mostra personaggi tipici, figure di totalità, approssimazioni estetiche di vite intere, pur nelle loro contraddizioni. Questi autori realisti narrano i loro personaggi che si perdono in un mondo che non controllano e che li mette a contatto con le forze vitali della società che magari stanno anche provocando la trasformazione di un intero momento storico come in Guerra e pace. È Flaubert, tuttavia, secondo Lukàcs a rappresentare meglio la letteratura occidentale. Sulla scia di un naturalismo alla Zola, che non narra, ma descrive la realtà dall’esterno imponendovi un’ideologia, un punto di vista, anche Flaubert racconta di personaggi soggettivi che non sono immersi in un mondo, ma cercano di imporsi su di esso, anche con violenza. Tesi simili sono sostenute da Lukàcs anche nel saggio del 1954 La distruzione della ragione. o Il merito di Lukàcs è quello di aver trasformato la critica letteraria in una riflessione sui destini dell’umanità, sulle sfide che si devono necessariamente affrontare. o Il problema di Lukàcs forse è nel non concepire una zona grigia del romanzo, ma di stagliare delle nette contrapposizioni che oggi appaiono datate e unilaterali. o Dopo gli anni Sessanta il pensiero di Lukàcs è diventato sempre meno centrale nella teoria della letteratura. Nel 2017 Orban, presidente dell’Ungheria, ha fatto rimuovere la sua statua dalla sua città natale. o Ciò non toglie che Lukàcs sia la base teorica per il più grande teorico nordamericano vivente: Fredric Jameson. 3.2 Corresponsabilità della cultura e nuova politicità integrale Dopo la Seconda guerra mondiale ci si interroga sulla responsabilità della cultura europea su quanto accaduto. o George Steiner, nel saggio del 1971 Nel castello di Barbablù, riflette sul fatto che basti leggere Flaubert per rendersi conto del vuoto che stava minando da decenni le fondamenta della stabilità europea. o Thodor Adorno ritiene che scrivere poesia dopo Auschwitz sia ormai impossibile. Anni dopo si correggerà ammettendo che è solo nell’arte che la sofferenza trova ancora una voce ad essa propria. 20 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Dopo Gramsci e Lukàcs, modello di un’interpretazione politica della letteratura, la critica oscilla tra due estremi: o La necessità di un impegno diretto nella rappresentazione politica del reale. Tra questi c’è Sartre, che nel 1947 sulla rivista “Les Temps Modernes” pubblica il saggio Che cos’è la letteratura?, dove si respira pienamente l’aria del dopoguerra. Qui Sartre spiega un’idea semplice ma potente: parlare è agire: lo scrittore impegnato sa che la parola è azione, che svelare è cambiare, che quando si scrive si sta contribuendo in modo pragmatico a modificare la realtà. o L’autonomia conoscitiva ed estetica della letteratura rispetto alla realtà. Tra questi c’è Adorno, che ricorda a Sartre: arte non significa mettere in rilievo alternative, bensì resistere attraverso nient’altro che l’arte al corso del mondo, che mette continuamente gli uomini con le spalle al muro. Lo spazio è forma estetica ed è di per sé spazio di resistenza. Non serve dunque un coinvolgimento diretto nella politica per creare un’arte autentica. Nel secondo dopoguerra l’Italia si trova in una situazione paradossale: ha perso la guerra e quindi è occupata dagli Americani, ma ha al suo interno il più grande partito comunista dell’Occidente: la PCI di Palmiro Togliatti. Si trova quindi al centro della guerra fredda, anche dal punto di vista geografico. In pochi decenni vedrà un boom economico che accentuerà le differenze tra Nord e Sud. Due sono i saggi che riassumono il pensiero intellettuale di questa situazione, usciti entrambi nel 1965: o Verifica di poteri di Franco Fortini (che possiamo collocare sulla scia politica di Sartre) Traduttore Einaudi di Proust, Brecht, Kafka e Goethe, pubblicitario della Olivetti, Fortini esce dal PSI e pone uno sguardo fermo sulle contraddizioni sia del socialismo reale italiano, sia del nuovo capitalismo consumistico. L’opera è una raccolta di 25 saggi di diverse discipline che ruotano attorno ad un nucleo lukàcsiano: la letteratura è un sapere insostituibile perché anticipa nella sua forma il futuro di una società liberata dall’alienazione e dallo sfruttamento. La critica deve però lavorare sulla forma estetica delle opere più che sui temi rappresentati, perché una poesia sulle rose può parlare della necessità della rivoluzione più di un testo sull’afflizione degli operai. A sostenere l’ipotesi opposta, cioè che i temi rappresentati siano più importanti della forma estetica, è il dibattito sul rapporto tra industria e letteratura promosso dalla rivista “Il Menabò” L’opera d’arte è tanto più riuscita quanto più permette al soggetto che la interroga di attraversare le false immagini che ha di sé. Operazione che è possibile solo confrontandosi con le massime possibilità di esistenza che l’umano ha sperimentato inventando una menzogna che dice la verità: la letteratura. Questa, secondo Fortini, è l’arte di Pasolini, Kafka, Tolstoj, Brecht, Proust. o Scrittori e popolo di Alberto Asor Rosa (che possiamo collocare sulla scia politica di Adorno) Giovane studioso di storia della letteratura italiana, Asor Rosa si è formato nel PCI da cui è uscito per seguire il socialismo autonomista di Pansieri e dei “Quaderni Rossi”, rivista italiana della sinistra operaia, dove conoscerà lo stesso Fortini. Fonderà lui stesso una rivista simile: “Classe operaia”. L’opera è un saggio estremista e unilaterale. Non ha un’apertura multidisciplinare e cosmopolita come quella di Fortini, ma si concentra soprattutto sulla mancata modernizzazione letteraria dell’Italia. Lo scopo è quello di smontare la cultura politica del PCI gramsciana. Il boom economico degli anni Sessanta cancella ogni forma di illusione progressista: la classe operaia non sa più che farsene di un’alleanza tra scrittori e popolo. 21 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Si salvino dunque piuttosto i pochi autori che hanno saputo tenere lo sguardo alto sulla crisi e l’inconsistenza della nostra tradizione borghese, come Verga, De Roberto, Svevo, Montale, Carlo Levi (e in questo non è tanto diverso da Fortini). Al contrario però chi cerca un’arte esplicitamente impegnata come Pasolini, è da buttare. 3.3 Verso una nuova scissione: la politicità da campus Negli anni Ottanta il trionfo degli Stati Uniti nella Guerra Fredda, il centro di ricerca culturale si sposta nelle università statunitensi, che diventano il luogo di una produzione teorica politicizzata, ma rivolta ad un pubblico globale: scarsi o nulli sono i contatti reali con partiti e organizzazioni. o Volendo applicare alla critica letteraria attuale le due categorie di Lukàcs, potremmo dire che, se nel Novecento è prevalsa la narrazione di soggetti immersi nella totalità sociale, l’attuale critica da campus vive di descrizione. Fredric Jameson, della Duke University (South Carolina), uno dei pochissimi eredi del pensiero di Lukacs, nei suoi saggi più famosi come Marxismo e forma e Postmodernismo analizza i testi come “sintomi” di “tendenze culturali generali”: forme estetiche che cercano di risolvere nella dimensione simbolica i conflitti che all’esterno sono ormai insolubili. Ma c’è ben poco in Jameson della lotta politica di Lokàcs, Gramsci e Sartre. Edward Said, attento lettore di Gramsci e Foucault, è arabo cristiano ed è impegnato nel conflitto arabo-israeliano. Nella sua opera più famosa, Orientalismo, sistematizza la storia coloniale dell’egemonia culturale occidentale sulla sua stessa vita. 22 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Sul versante psicanalitico sono d’accordo: o Lacan, che riconosce che l’elaborazione dei fenomeni dell’inconscio è guidata dalla retorica o Francesco Olrando, che studia il libro freudiano sul motto di spirito o Starobinski, che individua nella psicanalisi l’esegesi del senso al di là dell’apparente non- senso o Ricoeur, che riconduce l’interpretazione psicanalitica all’audacia linguistica della poesia Come la poesia, anche la retorica è in grado di movere gli ascoltatori. L’oratore deve mostrare davanti agli occhi del suo uditorio ciò ci cui sta parlando, utilizzando l’εναργὶα o evidentia. Così potrà muovere la commozione nel pubblico attraverso la parola, creando affezioni in chi lo ascolta. Il ruolo della fantasia, in questo senso, è fondamentale in entrambe le discipline. 4.4 Funzioni dell’arte La psicanalisi è anche un grande tentativo di spiegare la vita dell’uomo nella sua complessità con l’ambizione di render conto degli effetti collettivi di ciò che agisce nel profondo di ciascun soggetto. L’arte è una sorta di procedura preliminare capace di fornire un set di immagini che incarnano una determinata pulsione inconscia. In questo senso le creazioni poetiche generano le creazioni psicologiche, come spiega Lacan. L’arte è dunque da sempre un procedimento collettivo il cui fine è quello di stabilizzare, esprimere e trasmettere delle condizioni soggettive profonde. Freud osserva che nel corso dei secoli l’evolvere delle condizioni storico-sociali fa in modo che l’espressione di certi messaggi inconsci sia sempre più censurata: l’odio per il padre e il desiderio della madre sono evidenti nell’Edipo re di Sofocle, e sono presenti ma contortamente celati nell’Amleto di Shakespeare. o Francesco Orlando spiega questo doppio movimento dell’arte tra l’apertura collettiva e l’autocensura interna con la teoria del “ritorno del represso” (o del rimosso): ciò che socialmente viene represso è autorizzato ad emergere nella finzione sublimata dell’arte. È un ritorno che avviene il modo ambiguo e non lineare. E diacronicamente rispecchia il “secolare progredire della rimozione” che esprime un crescente disagio della civiltà. o Lavagetto aggiunge che, attraverso l’arte, il pubblico può entrare in contatto con desideri inconfessati e altrimenti inesprimibili e incomprensibili, rimanendo però pur sempre “tutelato” dall’organizzazione formale dell’opera che permette di immedesimarsi solo “per interposta persona e senza rischi apparenti”. Dunque, la psicanalisi insegna a tener conto dell’insieme delle forze in campo che concorrono alla realizzazione di un’opera d’arte, anche quelle più inconsce, ma insegna anche che l’opera d’arte è il prodotto di un’elaborazione singolare delle pressioni subite dall’essere umano a partire dalla più schiacciante: l’irreversibilità del tempo. L’opera, dunque, per la psicanalisi è una grande via fantastica per riplasmare il mondo. Walter Benjamin (in riferimento a Schlegel) parla di Opera come Anti-Io, ciò che sta davanti all’Io e gli dà la possibilità di rielaborare alcuni aspetti inconsci della mia vita, ponendoli al di fuori da me, e quindi rendendoli socialmente comunicabili (e dunque in qualche modo anche depotenziati) e al tempo stesso rafforzati nel loro potenziale euristico di modellare l’esperienza. 25 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Parte Seconda: Mappe e strumenti Capitolo 5 – Questioni di Stile di Enrico Testa (UniGE) 5.1 Le antinomie dello stile Lo stile è l’insieme dei tratti formali che caratterizza in maniera significativa e costante il linguaggio di un autore, di un’opera, di un genere letterario, di un movimento o di un periodo letterario. Deriva da una scelta consapevole e devia dall’uso o dalla norma corrente (con un certo “scarto”). Come osserva Charles Bally a inizio Novecento, anche la lingua comune e non letteraria ha un suo stile, che è proprio del “linguaggio in azione” di cui parlava Jakobson. (Bally è lo stesso che individua il discorso indiretto libero.) Gli studiosi hanno separato il campo di studi della stilistica letteraria dalla stilistica della lingua, Ma i due campi non sono in antagonismo. Contini sosteneva che ogni posizione stilistica o addirittura grammaticale è una posizione gnoseologica. Quindi quando si parla di stile bisogna mettere sui piatti della bilancia anche l’ornamento e la forma di conoscenza. Lo stile si può intendere in modi diversi o Stendhal nel 1840 dedica alcune pagine del suo Journal allo stile. Polemizza contro lo stile “nobile”, di padri di famiglia, fabbricanti e commercianti, e difende lo stile “naturale”, dicendo che sono i poveri di idee ad aver inventato lo “stile”, inteso come gonfiezza e esibizione della lingua, che nasconde il fatto di non avere cose da dire. Stendhal è avverso al “bello scrivere” del Settecento francese. o Goethe nel 1789, all’opposto, ritiene che lo stile poggi proprio sulla conoscenza delle cose: più è profonda, più riesco ad esprimerla in modo tangibile con il mio stile. Goethe ritiene che lo stile sia il punto più alto del genio artistico romantico. o Nessuno dei due ha torto davvero: è una questione di relativismo, che dipende anche dall’epoca storica. Lo stile, dunque, è pieno di antinomie: contraddizioni. Dunque, all’analisi formale non si addice un quadro teorico rigido, ma fluido, senza modelli fissi e omniaccoglienti. Per lo stesso motivo non ha senso dedicarsi ad una visione atomistica dello stile, analizzando ogni singolo caso e dettaglio. Come diceva Segre: bisogna allargare la concezione dello stile alla totalità linguistica del testo. La tendenza alla ricerca degli effetti locali è tipica del Romanticismo e viene criticata da Nietzsche a fine Ottocento con alcune pagine del Caso Wagner. Qui il filosofo tedesco individua alcuni valori tipici dell’estetica dello stile per il pensiero Occidentale, che già al tempo erano in crisi (il che comunque non significa che la critica stilistica sia finita). o Soggetto. Il concetto di un senso primo e originario, riconoscibile solo grazie all’analisi dei dettagli, da quelli microscopici a quelli macroscopici nascosti. Ma in realtà nella contemporaneità ogni tentativo di restaurare un’origine è illusorio. “La vita non risiede più nel tutto.” o Singolarità. Il concetto di unicità del fenomeno stilistico che mira a fissare nella memoria un elemento, con la promessa della sopravvivenza. Ma nella contemporaneità viene meno il concetto di unicità. o Identità. Il concetto di uno stile personale, capace di definire dei confini entro i quali si ha una propria identità e un possesso di sé, che si perde solo con la morte. Ma nella contemporaneità l’identità si frammenta. 26 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti 5.2 Lo scarto e lo standard linguistico Lo “scarto” (ecart) è la marca distintiva di un autore, così chiamato perché indica la deviazione dall’uso linguistico normale. Lo scarto è connesso a valenze psichiche ed emotive. Leo Spitzer (maestro della critica stilistica) lo spiega dicendo che a qualunque emozione corrisponde un allontanamento dallo stato psichico normale, e dunque anche da quello linguistico. E viceversa. (1931) Critiche a questa definizione di “scarto” o Secondo Segre esistono opere importanti che non si allontanano dal linguaggio normale. E dal versante opposto la lingua cambia anche in base a generali dinamiche sociolinguistiche: scrivere una lettera, un romanzo, una poesia, o parlare. o Inoltre, si può dire che non esista uno stato linguistico “normale” o “standard”. E, anche accettando di chiamare “standard” la lingua statisticamente più convenzionale, questo modello è molto astratto e soprattutto nella nostra contemporaneità va a modificarsi costantemente e velocemente. o Considerando così lo scarto, si finirebbe per considerare “stile” soltanto ciò che è anomalo ed eccentrico. o Secondo Sanguineti, poi, la complessità della comunicazione linguistica rende interpretabile anche il più piatto “Ciao”. o Già Charles Bally aveva presentato la complessità della comunicazione umana con tutte le sue sfumature o In Italia Benvenuto Terracini parlava di un “aspetto drammatico” della lingua, colto nell’atteggiamento del parlante e dell’interlocutore C’è chi ha cercato di recuperare la nozione di scarto in un altro modo o Strabinski considera lo scarto in senso strumentale, come tutti i piccoli segnali che possono guidare nell’interpretazione dello stile di un autore. o Riffaterre considera lo scarto non in relazione ad una lingua standard, ma alla prevedibilità del testo (o meglio del contesto, o meglio del co-testo). Il che però non esce dal problema, perché continua a presupporre delle zone non marcate e delle zone ornate più enfatizzate. Bottiroli parla di stile come “linguaggio diviso” dominato da tre regimi di senso: o Usi istituzionali della lingua o Prevalenza del significante sul significato o Elemento distintivo in cui l’articolazione non sopprime la densità Genette enuncia una minima ed elementare verità: lo stile è il discorso stesso, l’insieme delle sue relazioni e tensioni tra i suoi diversi piani e componenti, sia nel testo che fuori dal testo: linguaggio ordinario, dinamiche antropologiche, storia, fonti, percorso della scrittura, interpretazioni passate e presenti. Lo stesso Spitzer mette in discussione i principi dai quali era partito e, parlando di Aspasia di Leopardi, spiega l’importanza di prestare attenzione alla struttura del testo, più che ai motivi particolari: bisogna sempre tener presente tutto il testo intero insieme. (1963) o Così facendo Spitzer rifugge sia l’aspirazione della critica a fondare un modello strutturale assoluto (cosa che in realtà fanno solo gli strutturalisti più estremisti), sia dall’altro lato quelle produzioni accademiche parassitarie e microscopiche in cui l’autore elogia se stesso e si dimentica del testo da cui è partito. o La critica è decifrazione di un senso in cui l’unica cosa certa è la sua non univocità. Quindi l’analisi formale può dialogare con il testo in base alle domande e alle necessità che il testo pone o impone di volta in volta, senza sacrificare nessuno degli strumenti che ha a disposizione, ma senza nemmeno concentrarsi solo su di essi. 27 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Una sequenza quasi sincopata di interrogative con pulsione vocale Un’organizzazione di suborniate per lo più relative da quando “l’io si estingue ai fili della logica”. Pietro Ghizzardi, a lilla quatro pietre in mortalate (1980) o Semiotico e pittore, ma anche contadino e spazzino, Ghizzardi ha vinto il Viareggio nel 1976 con l’autobiografia Mi richordo anchora. o Il brano a lilla rispecchia una situazione di estrema solitudine di Ghizzardi, che trascorre le giornate ad assistere la madre inferma, dipingere ritratti e dialogare con la sua cagnetta Lilla. Nel testo la cagnolina prima si fa le sue ragioni e muove le sue pretese, assumendo la visione del mondo dello scrivente sul “barbaro uomo di oggi”. o Il brano mostra i tratti caratteristici delle produzioni semicolte: assenza di interpunzione, casi di scripta continua, sintassi scombinata, riflessi dialettali. Eppure, conserva una sua grande espressività. Da qui emerge che l’istanza creativa della lingua non è appannaggio esclusivo della scrittura letteraria, ma tocca anche altre manifestazioni del discorso umano, comprese quelle con mancato rispetto delle regole di grammatica. o Il testo è costruito con un flusso senza pause, difficile da afferrare con gli strumenti dell’analisi formale. Ha l’andamento “epicicloidale” tipico dei testi primitivi: riprendendo continuamente un tema con l’aggiunta di nuove informazioni. 5.4 Le tensioni dello stile Alla luce di quanto detto in questo capitolo, capiamo che bisogna modificare la concezione abituale di stile come di qualcosa che è irripetibile espressione dell’individualità, nonché il fattore principale di un’opera. Infatti, come dice Longhi, l’opera non sta mai da sola, è sempre un rapporto. Nello stile ci sono più dinamiche e tensioni. Lo stile è sempre in relazione tra le componenti testuali e i domini del letterario e del non letterario. Inoltre, non è un fenomeno puntuale istantaneo, ma un fenomeno processuale che, nella sua apparente immobilità, trova le proprie ragioni nel flusso della variazione. Così lo stile e la diversità degli stili spingono verso un’idea storica del testo. 30 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Capitolo 6 – Tema di Pierluigi Pellini (UniSI) 6.1 Topoi e temi; tematologia e critica tematica “Lo studio dei temi si colloca lontano dalla teoria e al cuore stesso delle cose” - Sartre. Se la critica letteraria moderna si è concentrata prevalentemente sulle figure retoriche con la critica stilistica (elocutio) e sull’organizzazione deei materiali con l’analisi strutturale (dispositio), la neoretorica novecentesca (vedi Perelman) si è concentrata sull’inventio: come trovare gli argomenti da trattare: i temi. o La nuova retorica rifiuta le pretese scientifiche, il che sembra paradossale perché per il positivismo ottocentesco era fondamentale la ricerca oggettiva del dato erudito. Storia dei temi o Dall’Antichità al Settecento erano molto diffusi i “topici”, i cataloghi di “topoi”: luoghi comuni e motivi ricorrenti destinati sia agli oratori (topica dialettica) sia ai poeti (topica retorica). o Il Romanticismo premia invece l’originalità e dunque si allontana dai repertori precostituiti. Così la letteratura inizia a rivolgersi a nuove prospettive: l’infanzia per Rousseau, il medioevo per Scott, il quotidiano borghese per Balzac, il sovrannaturale in Hoffman. o A metà Novecento esce Letteratura europea e Medio Evo latino di Ernst Robert Curtius, tradotto in italiano nel 1992. L’opera recupera e valorizza l’importanza dei topoi. Nonostante l’anarchia soggettiva del romanticismo moltiplichi gli argomenti di cui parlare fino a comprendere, soprattutto con il realismo, anche quelli che prima sembravano meno degni di essere rappresentati in letteratura (come la follia e le bettole di periferia) ciò non significa che anche questi nuovi temi non si siano cristallizzati in nuove vesti formali “topiche”: se prima c’era il locus amoenus sull’isola di Ogigia, ora c’è il locus horridus del paesaggio alpino sublime romantico. A individuare alcuni di questi ossimorici “topoi romantici” è – fin dal titolo della sua opera – Mario Praz, che nel 1930 scrive: La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica. Trousson propone di distinguere due branche di studio: o Critica tematica: lo studio di un tema o una costellazione tematica in un autore o in un’opera, considerata fondamentale per l’interpretazione. Studi tipici francesi. Distinguiamo di nuovo in conclusione. Una lettura totalizzante che punta tutto sulla coerenza del senso all’interno dell’opera di un solo autore. Eppure, può capovolgersi nel suo contrario: se individuo un tema solo ne escludo altri e frammento il senso dell’opera. o Tematologia: lo studio diacronico dei temi: ricostruisce gli elementi che compongono l’immaginario umano. Si può dire che i temi siano modelli dell’esperienza o perfino “la forma dell’esperienza” (Domenichelli, I temi e la letteratura europea). Una frammentazione più o meno grande della realtà testuale, da cui i tematologi prelevano solo i passi che possono essere inclusi in una serie intertestuale. Eppure, se analizzo temi importanti e non marginali, posso trovare una chiave di lettura utile per comprendere un insieme di opere, intero e non frammentato. 31 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti 6.2 Qualche data 1888 – La fondazione della teoria dei temi o Esce La Poetica di Wilhelm Scherer, che riassume i principi della storia positivista e dedica un capitolo alla Stoff, la materia, il contenuto delle opere letterarie, distinguendo Hauptmotiven (motivi principali: i temi; come Amore e Guerra nel Furioso) e Nebenmotiven (motivi secondari; come la Luna nel Furioso). o I critici positivisti iniziano a pubblicare opere sui temi letterari, con l’intenzione di catalogarli. Ad esempio, Adol Kitze nello stesso anno pubblica un libro sul cavallo nei romanzi francesi antichi. 1902 – L’antitesi della teoria dei temi o Esce L’Estetica di Benedetto Croce, che stigmatizza l’aridità degli studi tematici, concentrandosi invece sul momento creativo unico e irripetibile: altro che topoi. Croce stesso non disdegnava la ricerca storica ed erudita, ma la riteneva ancillare alla critica e poco utile al giudizio estetico Croce stesso sostiene che ogni opera ha il suo modo identitario e unico di esprimersi, il che assomiglia un po’ alla critica tematica, che rientra dalla finestra. o Contemporaneamente nelle università si continuano a pubblicare dei Cataloghi tematici 1948 – Il ripudio dei temi o Esce la Teoria della letteratura di Wellek e Warren, dove la storia dei temi viene liquidata come la meno letteraria di tutte le storie. o Intanto il New Criticism (New Criticism = la nuova critica strutturalista praghese, ma in America) propone analisi che si concentrano solo sul testo, ripudiando i referenti di realtà (che poi sarebbero i temi), ma non riesce ad eliminarli del tutto. Dopotutto anche Propp aveva individuato delle “funzioni” che sono anche motivi. o Anche Leo Spitzer e Jakobson si uniscono a Croce nel deridere quella che viene chiamata “la critica del cavallo” 1957 – Il recupero dei temi o Esce Anatomia della critica di Northop Frye, saggio enciclopedico che cerca di catalogare tutta la letteratura occidentale in diversi “modi”, concetto che ambisce a sostituire quello di “genere”, allargandolo e rendendolo più fluido. o Qualche anno dopo uscirà anche un libro di Trousson sul mito di Prometeo che fonderà la “mitocritica”, che sovrappone il tema e mito. 1993 – Letteralmente il ritorno della critica tematica o Esce negli Stati Uniti Il ritorno della critica tematica di Werner Sollors, per influsso dei Cultural Studies inizia a studiare i temi in senso diacronico (ignorando la distinzione terminologica di Trousson) con una aggiunta interessante: non li osserva solo dal punto di vista letterario, ma proprio come elementi culturali. o Da qui si sviluppano in Italia molti studi interessanti in questo senso Massimo Fusillio studia il tema antropologico mitocritico del doppio Remo Ceserani studia l’irruzione della ferrovia nell’immaginario otto-novecentesco Francesco Orlando studia la rappresentazione di oggetti non funzionali (rari/ strani) Mario Lavagetto studia la bugia in letteratura Mario Domenichelli studia l’immaginario cavalleresco legato alla cultura aristocratica europea 2007 o Esce Dizionario dei temi letterari (DTL) di Ceserani, Demenichelli e Pino Fasano, il miglior strumento internazionale ad oggi per la consultazione nell’ambito della tematologia. 32 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti o Trasformare l’indagine tematologica in teoria della letteratura. L’analisi diacronica di una costante può consentire di gettare una luce nuova sull’intero fenomeno letterario. Vedi la Bugia, studiata da Lavagetto come strumento con il quale dare profondità ai personaggi. Eppure, non sono più interessanti i temi più inaspettati? Sì, ma attenzione a non confondere l’originalità con un tema. La madeleine di Proust non ha chissà quale tradizione letteraria tematica da ricostruire. 35 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Capitolo 7 – I generi letterari di Massimo Fusilio (UnivAq) 7.1 Il genere (letterario) a metà tra teoria e storia 7.1.1 Una nuova stagione teorica Come spiega Amy Devitt, il genere è una forma di comunicazione complessa tra l’atto comunicativo individuale e il contesto sociale: le azioni individuali costruiscono e sono costruite dal ricorrere di contesti di situazione, cultura e generi. Nello studio dei generi letterari confluiscono la linguistica applicata, la psicologia delle forme, la retorica, la sociologia, gli studi cognitivi, la mediologia, la pedagogia e molte altre discipline, in contesti orali, scritti e pratici (anche il “colloquio di lavoro” ha un suo genere). Si scorge l’influsso degli Studi Culturali, della pragmatica linguistica e di Bachtin (che separa i generi primari della comunicazione quotidiana dai generi secondari della tradizione letteraria). 7.1.2 Modi, oggetti, tipi Aristotele nella Poetica cerca di incasellare la vastità dei fenomeni letterari in quattro generi, in un’ottica descrittiva e prescrittiva Modalità Personaggi Superiori a noi Inferiori a noi Mimetica Tragedia Commedia Diegetica Epica Parodia o Della Parodia sappiamo ben poco. Sembra preannunciare il genere del Romanzo o La Lirica è assente. Il suo imporsi si scontrerà con il classicismo. o La Tragedia è considerato il genere migliore di tutti o Notiamo che fin da Aristotele il genere si definisce sulla base di un incontro tra pratiche storiche-sociali concrete e modi dell’enunciazione. La nozione di Genere può raggruppare: Forme e temi comuni di un dato contesto storico Forme e temi che ricorrono uguali in epoche e culture diverse, senza dipendenza genealogica Genette cerca di dare forma alla volatilità della nozione di genere attraverso una tripartizione: o Tipo: la forma più astratta di genere, che ha una lunga vita attraverso le epoche. o Genere: la forma più storica e concreta di caratteristiche in comune tra opere. o Modo: le tecniche di enunciazione in comune tra delle opere, dal punto di vista transculturale. Ha avuto una grande nella comparatistica italiana di Remo Ceserani, che lo considera come un insieme di costanti che si ripropongono trans-medialmente in diversi contesti culturali e generi, ad esempio il modo del realistico, del sentimentale e del patetico. (Verrà ripresa in un’altra accezione da Frye) Goethe distingue tre generi poetici naturali (Dichtweisen) che possono operare sia insieme che separati o Epos: che narra con chiarezza, in modo diegetico (corrisponde alla terza persona e al passato) o Lirica: stimolata dall’entusiasmo, dalle emozioni (corrisponde all’Io e al presente) o Dramma: che mette in azione dei personaggi (corrisponde al Tu e al futuro) 36 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti 7.2 Dinamiche storiche: fra continuità e fratture 7.2.1 Teorie tardoantiche, prassi medievali, poetiche rinascimentali Diomede nell’Ars Grammatica (IV secolo d.C.) riprende la partizione di Aristotele dividendola in tre: o Genere Imitativum, drammatico e mimetico, dove non interviene il narratore. Comprende le speices di: tragedia, commedia, dramma satiresco, mimo e il teatro romano. Corrisponde alle Egloghe Bucoliche di Virgilio (se ci pensi sono discorsi mimetici) o Genere Enarrativum, espositivo, in cui parla solo il narratore. Comprende le species di: poesia sentenziosa, mitologica, genealogica, didascalica e filosofica. Corrisponde alle Georgiche di Virgilio. o Genere Mixtum, in cui il genere Imitativo e Narrativo si alternano. Comprende le species di: poesia eroica e lirica. Corrisponde all’Eneide di Virgilio. Giovanni de Garlandia nei Parisiana Poetria (XIII secolo d.C.) riprende invece la tripartizione platonica: dramma, esegetico, misto. Si tratta però di un’eccezione: i generi del Medioevo non seguono norme precise e sono molto fluidi. Jauss smonta le certezze dello strutturalismo proprio a partire da uno studio del Medioevo, un’età che non condivide l’idea aristotelica del testo chiuso e autosufficiente. o Sviluppa così l’idea di immanenza delle opere: il genere di un’opera si realizza solo nella relazione con il pubblico, con il suo orizzonte di attesa e con le opere affini. o Quella di Jauss è una norma indeterminata: non è una regola che viene prima (ante rem), né una classificazione che viene dopo (post rem), ma un processo storico potenzialmente infinito che si realizza nelle opere (in re) o Jauss non rinuncia a individuare i suoi tre generi principali che storicamente hanno avuto un ruolo centrale nella percezione dei generi: L’epica della Chanson de geste; Il romanzo Arturiano; La novella di Boccaccio. Nel 1500 viene riscoperta la Poetica di Aristotele e inizia un lungo dibattito ai cui poli, secondo Paolo Bagni, si trovano due opere: o La Poetica di Aristotele volgarizzata e sposta, commento di Ludovico Castelvetro all’opera aristotelica, del 1570. Castelvetro ipotizza prima 95 poi 55 specie di imitazioni possibili. L’opera è interessante per diversi motivi: Recupera la nozione aristotelica di mezzi con cui esprimere un genere (danza, musica, canto) e li chiama “stromenti”: oggi diremmo “media” Allarga le voci possibili di personaggi oltre a uomini e donne, includendo angeli, demoni, dei, piante, oggetti e molti altri. Introduce così il concetto di “similitudinario”, sintomo di un interesse per il mondo della finzione. o Della Poetica, trattato di Francesco Patrizi da Cherso, del 1586. Patrizi è antiaristotelico e rivendica l’importanza storica dei generi, nonché il ruolo del “furore”, l’energia poetica. Tripartisce anche lui le forme poetiche: divine, di natura, di cose umane. 7.2.2 Il caso della tragicommedia: sovversioni di lunga durata Il termine “tragicommedia” compare per la prima volta nel prologo dell’Anfitrione di Plauto, per indicare il caso eccezionale di una commedia che ha per personaggi due dei, quindi personaggi “superiori a noi”, nonostante la divisione aristotelica. Nel mondo latino Cicerone proibisce la commistione tra i generi, mentre Orazio ammette al massimo una commedia con toni leggermente seri. 37 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti o Seguendo questo percorso, Todorov uscirà dal rigore dello strutturalismo e approderà alla storia delle idee e all’antropologia. Dopo lo strutturalismo le opere si iniziano a concepire come aggregati di generi. Derrida lo sottolinea spiegando che ogni testo è sempre sulla soglia fra l’inclusione e l’esclusione in un genere letterario. Con gli studi culturali, femministi, queer e postcoloniali la nozione di genere si è arricchita notevolmente. I generi tradizionali vengono riletti e si creano nuovi generi ibridi. Nel mondo consumistico i generi diventano cornici orientative che guidano il pubblico all’interno di un panorama polimorfico come la letteratura contemproanea. Il postmoderno vede un costante ritorno di generi ricombinati tra loro (al contrario del modernismo che appunto arriva alla dissoluzione dei generi nella sperimentazione eccessiva e la ricerca di uno stile unico autoriale). Il postmoderno, infatti, rifiuta la logica dell’autentico e recupera anche i generi più bassi. Vedi Philip Dick, Stanislav Lem, Italo Calvino, autori che smontano e rimontano i generi, anche quelli più desueti come il romanzo storico. Infine, si sono creati nuovi generi letterari basati sulla contaminazione di reale e fittizio: fiction, autofiction, parafiction, non-fiction, biofiction (riformulazione di biografie). 7.3 Generi come cornici I generi sono cornici che servono a inquadrare un oggetto, ma devono essere continuamente spostate e riposizionate. Ad esempio, l’epica è un genere che racchiude il patrimonio narrativo di molte culture di tutto il mondo, in forma orale e scritta. Con il tempo perde la sua fisionomia e diventa desueto trasformandosi piuttosto in una categoria estetica con cui interpretiamo opere della contemporaneità da un western a una saga fantasy. I generi non nascono e non muoiono: hanno andamenti discontinui, spesso legati alle pratiche di produzione e di ricezione. Vivono delle infinite metamorfosi che producono gli innumerevoli lettori (traduttori, interpreti, sceneggiatori, critici, eccetera) 40 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Capitolo 8 – Teoria della poesia di Italo Testa (UniPR) 8.1 Genealogia e funzione della teoria 8.1.1 Terra di mezzo: In che modo si configura la teoria della poesia nella modernità? Storia della teoria della poesia o La contesa tra filosofia e poesia nella Repubblica di Platone o L’indagine sull’arte della parola nella Retorica di Aristotele o Meta-riflessione degli scrittori sulla propria arte, come l’Ars poetica di Orazio o A partire dal Settecento la riflessione sulla poesia diventa materia trattata dalla filosofia dell’arte e dell’estetica, come le Belle arti di Batteaux e l’Estetica di Croce. o Nel Novecento la poesia diventa oggetto di teoria della letteratura. Ciò che è stato definito o meno “poesia” è molto cambiato nel tempo e nello spazio. La teoria della poesia, dunque, è una terra di mezzo che opera sullo snodo di diverse pratiche, che si scontrano anche tra loro. Come testimonia Rorty, è dal romanticismo che si sviluppa il “genere” della critica letteraria, in testi come le note al Divano occidentale-orientale di Goethe, Le tre voci della poesia di Eliot, i Problemi della lirica di Gottfried Benn e tante altre nominate nel resto del capitolo. Queste esperienze hanno 4 tratti in comune: o Sono opere transdisciplinari: dalla psicologia all’antropologia, dalla sociologia all’etica o Sono analitiche e speculative: analizzano i fenomeni per comprenderli o Implicano una revisione critica del “senso comune” a proposito della poesia. Wordsworth chiamava “habits of associacion” tutte quelle abitudini associative, attese e convenzioni sociali con cui si pensa alla poesia senza alcuno spirito critico. o Hanno un grado di riflessività: riflettono sul metodo di indagine e sulla dimensione teoretica della poesia moderna (relativa alla conoscenza). 8.1.2 Pratiche e funzioni: Quali sono le 3 funzioni della teoria della poesia? Funzione poetica interna retrospettiva o Opere come lo Zibaldone nascono dal bisogno degli autori di riflettere sulla propria stessa opera di poeta, con carattere retrospettivo, prospettico e frammentariamente sistematico. o Ad esempio, Wordsworth e Coleridge riuniscono dei loro componimenti sotto l’etichetta di Ballate liriche, accomunandole sulla base dei tratti e prospettive particolari come l’avvicinamento alla lingua delle classi medio-basse. Funzione agonistica e difensiva o L’articolazione sistemica della teoria serve anche a difendere la poesia moderna dai suoi detrattori. Ad esempio, Shelley nella Difesa della poesia risponde all’attacco della filosofia contro la poesia (risalente a Platone), in risposta a un pamphlet satirico che criticava la poesia romantica come forma di regressione del sapere che non contribuisce al progresso morale. o Ma la contesa è anche tra le diverse poetiche. Non è un caso che i movimenti di avanguardia poetica di inizio Novecento si dotino di manifesti con un’impostazione teorica Funzione astraente e unificante o Nel momento stesso in cui si fa “teoria della poesia” si sceglie di unificare una serie di esperienze sotto il nome di poesia. E darvi una definizione concettuale astratta. o Nei Pensieri sulla poesia, John Stuart Mill parte proprio dalla domanda “che cos’è la poesia?”, quali sono i suoi caratteri essenziali che la rendono peculiare. La poesia è una 41 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti forma di conoscenza non proposizionale, non finzionale e non descrittiva, che esprime verità intuitive attraverso l’espressione emotiva di stati interiori. Secondo Mill quando leggiamo poesia è come se origliassimo le parole di un poeta che si trova di spalle dietro una porta e non si rivolge a noi. Il pubblico è depragmatizzato, non esiste. In questo modo si distingue da altre forme di conoscenza come la scienza e la filosofia, che sono di tipo proposizionale e descrittivo e vertono su fatti esterni, o come il romanzo, che i basa su fatti finzionali. Questa definizione di Mill è ripresa da Abrams nel Novecento e, inaspettatamente, trova d’accordo anche gli esponenti del formalismo russo: Jakobson spiega che la funzione poetica della comunicazione è quella focalizzata sul messaggio stesso: una dimensione dunque autoreferenziale, “fine a se stessa” in senso buono. o A volte questa tensione unificante della teoria della poesia riunisce istanze anche molto distanti fra loro, come accade nell’Estetica di Hegel, dove la poesia diventa l’arte universale della parola, dell’espressione poetica e dei suoi mezzi linguistici (dizione e versificazione) e quindi dei generi poetici (epico, lirico, drammatico, come espressione della storia dello spirito. o La poesia diventa dunque un macrogenere letterario che innesca processi analoghi a quelli dei generi. Il che però crea effetti di looping: influenza da un lato delle interpretazioni retrospettive di pratiche poetiche e dall’altro lato il modo in cui i poeti stessi concepiscono e descrivono la propria scrittura. Nel Novecento la nozione di “lirica” è diventata egemone per via di un sovradimensionamento del valore espressivo- soggettivo della poesia, a partire dalla teoria di Mill sulla poesia Romantica. Nel macrogenere della poesia, poi, nascono dei sottogeneri chiamati in diverso modo: “forme naturali” da Goethe, “generi speculativi” da Szondi, “generi teorici” da Todorov, “archigeneri” da Genette. Ad esempio, idillio, sonetto, ballata, allegoria, ode, satira. Una distinzione, questa, non più solo astratta, ma anche formale. L’universalità della poesia consiste nel fatto di potersi manifestare in tutti i tempi e luoghi della storia umana, in modo ibrido e transgenertico: non si può ridurre ai generi istituzionali in cui si articola. 8.1.3 Riflessività: Il valore riflessivo della teoria critica della poesia La poesia è insieme oggetto e soggetto della teoria della poesia. Per Arthur Danto l’espressione concettuale è parte costitutiva dell’arte contemporanea. La poesia tende a svincolarsi dalla relazione con i vincoli situazionali forti, è “depragmatizzata”, non si lega a un contesto immediato, a differenza della parola orale o dall’arte oratoria. È una realtà dinamica. E così anche la stessa teoria della poesia non è una mera struttura formale, ma una realtà in movimento, una “prassi composita” che riflette ciclicamente su se stessa, perché deve stare al passo con la stessa poesia e riattualizzarla continuamente. Secondo Lausberg la letteratura e la poesia sono discorsi di riuso: non sono destinati a un consumo immediato, ma sono ripetibili nel tempo e nello spazio in molte circostanze da molti soggetti. Allo stesso modo la teoria della poesia è una forma di riuso di secondo livello, perché si modifica e nel modificarsi permette alla poesia di riattualizzarsi nei diversi contesti storici. Un po’ come la Exaptation di Gould e Vrba (le piume degli uccelli prima serviano per scaldarsi, poi per volare). 42 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti 8.4 Ambiti e linee di fuga: i cinque interrogativi della teoria della poesia 8.4.1 Che cos’è la poesia? Poesia e prosa o La distinzione tra poesia e prosa è complessa da definire (considerando che esiste anche la “poesia in prosa” e la “prosa poetica”). o Si basa fondamentalmente sulle pratiche di ordinamento ritmico del materiale verbale. Non si basa su dei principi metafisici. o In qualche modo la distinzione tra le due si manifesta anche a come la poesia si pone rispetto alla manifestazione storica della prosa. Poesia, pensiero e altre arti o Come scrive Seamus Heaney, la poesia delinea uno spazio intermedio che riunisce e negozia dimensioni diverse e talvolta contraddittorie. o È una zona intermedia tra figurazione sensibile e astrazione, che appartiene ad entrambi i cambi senza risolversi pienamente in nessuno dei due. È una forma mobile di pensiero figurale. Poesia, scienza, filosofia e conoscenza o Che conoscenza avanza la poesia? Non una descrittiva, proposizionale o legata a elementi semantici, ma veicolata da elementi non semantici e dal ruolo dell’immaginazione e delle emozioni. o La “embodied cognition” può spiegare il valore delle emozioni da un punto di vista conoscitivo. 8.4.2 Chi è il poeta? Non coincide necessariamente con il soggetto o l’Io della poesia. o Anche nell’Estetica di Hegel, dove la nozione di soggetto assume un ruolo centrale, non si parla di un io psicologico che prova ciò che è trasmesso nella poesia. o La concezione di poesia come espressione della soggettività del poeta non è corretta e si impone come egemonica nella poesia moderna e contemporanea. o Di tutta risposta lo strutturalismo alza il muro della “morte del soggetto”, come reazione a questa eccessiva soggettività. Abrams in Lo specchio e la lampada afferma che la voce del poeta tende ad esprimere in modo quasi inconsapevole la voce della realtà vivente. o Le potenzialità della poesia possono arrivare anche ad esprimere la soggettività di oggetti inorganici o inumani. Esempi sono Ponge, che cerca di dar voce al mutismo degli oggetti, e Benn, che parla di un io estremamente frammentato, poroso, opaco. o Con Caproni e Sereni si fa strada una visione dialogica e intersoggettiva della poesia che mette in discussione gli assunti della concezione autocentrica del soggetto, perché nella loro poesia si trovano spesso riferimenti alla dimensione collettiva e alla relazione tra il sé e il mondo esterno. o Contemporaneamente la poesia inizia a esplorare forme non neutre della condizione del soggetto, parlando di differenze razziali, di genere, di sesso, di orientamento sessuale. Vedi Claudia Rankine e soprattutto Buffoni. o Anche nella contemporaneità, autori come Zanzotto, Jorie Graham e Anedda allargano l’esperienza del soggetto stabilendo legami con animali e oggetti inorganici. 45 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti 8.4.3 Come deve essere inteso il rapporto tra Poesia e società? A chi si rivolge la poesia? In chiave evolutiva ontogenetica e filogeneticasi può riflettere sull’origine della società e il ruolo della poesia in essa. In chiave critica ci si può interrogare, sulla scia di Adorno, su quale tipo di mimesi sociale sono in grado di creare le forme poetiche e quale contenuto ideologico possono veicolare. o Bisogna osservare in che modo certe opere poetiche fanno attrite con la “prosa” del mondo, introducendo in essa effetti di straniamento e disattesa di aspettative sociali. o E bisogna osservare la capacità antropologica della poesia nel rinviare ad uno stato di cose differente, “autorizzando la speranza nel futuro”. 8.4.4 Quali sono gli strumenti e le tecniche della poesia? Due metodi di indagine o Dialettica della dizione poetica: la poesia, di volta in volta, a seconda del contesto, adotta strategie differenti a livello lessicale, stilistico, retorico e prosodico. o Indagine teorica ad ampio raggio Tre aspetti principali da indagare o La selezione di certi tratti del materiale linguistico o La “disattesa” più o meno ampia delle aspettative sociali, letterarie e metriche preesistenti o Il “potenziamento” dell’espressione e della sua libertà 8.4.5 Quali sono i generi della poesia? La teoria della poesia non coincide con la teoria dei generi, né con la teoria della lirica: da un certo punto in avanti emerge come qualcosa di relativamente autonomo. 46 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Parte Terza: Mondi immaginari mondi reali Capitolo 9 – Il territorio della finzione di Françoise Lavocat (Sorbona), tradotto da Carrara 9.0 Introduzione Prospettiva pragmatica: La finzione è una competenza antropologica universale. I confini della finzione sono indistinti e poco importanti, o addirittura inesistenti. (Searle, Shields, Matravers, Schaeffer, Caira) Prospettiva differenzialista: La finzione è un insieme di attività che si sviluppano in circostanze particolari, in base all’area culturale e al tempo. Si possono delimitare le frontiere della finzione dal punto di vista linguistico, semantico, ontologico e pragmatico (Cohn, Hamburger, Nunning, Goody). Queste frontiere sono gli Indici di finzionalità o Gli indici di finzionalità sono degli elementi testuali, sintattici, semantici che individuano una finzione. Possono essere: Interni. Come la formula “C’era una volta” Esterni. Come il fatto che sulla copertina di un libro ci sia scritto “Romanzo” o Il problema degli indici di finzionalità è che cambiano in base alle epoche e che spesso sono contaminate da pratiche di ibridazione di generi (come i romanzi di parafiction, “tratti da una storia vera”). 9.1 Indici di finzionalità 9.1.1 L’approccio pragmatico: Prospettiva non differenzialista John Searle è il fondatore dell’approccio pragmatico: nega che esistano degli indici di finzionalità e ritiene che la finzione dipenda solo dall’intenzione illocutoria dell’autore. Posso iniziare con “C’era una volta” anche la mia autobiografia non fittizia. o Il problema che contraddice questa teoria si pone quando siamo troppo lontani dall’autore per comprenderne l’intenzione illocutoria: l’Iliade è storica o fittizia? Jean-Marie Schaeffer ha proposto il criterio di “invenzione ludica condivisa” per definire la “competenza finzionale” o Avviene un gioco di condivisione e cooperazione (per dirla come Eco), il patto narrativo dove autore e lettore si mettono d’accordo su ciò che è o non è finto (per dirla come la Rosa), e avviene una “sospensione volontaria dell’incredulità” (per dirla come Coleridge). o Laddove manca questa competenza finzionale, siamo di fronte ad un’invenzione non fittizia, dunque ad una menzogna. Oliver Caira nel 2011 approfondisce questo aspetto, aggiungendo la nozione di “inquadramento pragmatico”: alcune opere non rendono esplicita l’“invenzione ludica condivisa”, perché non ne hanno bisogno: pur raccontando la finzione come se fosse la realtà, il lettore capisce che si tratta di finzione per via delle sue conoscenze di base. Ad esempio, il reportage di un attacco nucleare avvenuto a Londra come The war game di Watkins. o In questo contesto ci possono essere dei problemi se la distanza temporale e/o la falsità delle informazioni, impediscono al fruitore di riconoscere con certezza la finzione. o Anche il contesto sociale può creare dei problemi: il documentario di Karel Operation Lune, sul finto allunaggio girato da Kubrick, voleva essere un avvertimento sulle fake news, ma ha finito per crearne una, affondando le radici in un mondo di complottisti. Tre critiche agli approcci pragmatici: o Danno una definizione ristretta di finzionalità, molto ispirata alla modernità occidentale. 47 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Gisèle Sapiro ha analizzato le motivazioni ideologiche e morali per cui delle opere letterarie vengono condannate o Nel 1857 sia Flaubert che Baudelaire vengono processati per Madame Bovary (per offesa alla morale pubblica) e I fiori del male (per oscenità). o Oggi casi del genere sono più lontani e si presentano solo per episodi come la pedofilia, come è accaduto nel 2020 a Jones-Gorlin per Rose Bonbon, la biografia fittizia di un pedofilo o Tuttavia, oggi ci sono altre accuse che si muovono agli autori L’autore può venire discreditato a tal punto da portare al rifiuto della sua opera La finzione può essere denunciata poiché mostra una rappresentazione inadeguata della realtà, per esempio riguardo a identità etniche e di genere. Non si tratta tanto di mostrare personaggi con posizioni moralmente discutibili (per quello basterebbe la sospensione dell’incredulità), quanto piuttosto di lasciare trasparire chiaramente le opinioni moralmente discutibili dell’autore. 9.3 La metafora del territorio 9.3.1 I luoghi della finzione I territori della finzione o I “territori” sono le aree in cui una certa finzione è riconosciuta, accettata e valorizzata. o Un territorio è però anche un’area sottoposta a una cera legge. Ma la finzione ha una legge? o Infine, rappresentare letteralmente un “territorio di finzione” dal punto di vista spaziale è un gesto antico che simboleggia l’immaginazione stessa. La finzione è una variante, un’alternativa del mondo reale. Il mondo sotterraneo o Quando si cerca di definire la finzione, le metafore spaziali sono molto frequenti. Una di queste è il mondo sotterraneo. o Luciano nella Storia vera trasforma gli inferi in un luogo abitato da personaggi di finzione (da Omero a Achille), producendo metalessi che sono indici di finzionalità. o Fontenelle nei Nuovi dialoghi de’ morti del 1683 nel suo Inferno iperletterario mette Didone e Achille, che si lamentano della trama che i rispettivi autori hanno dato loro L’Arcadia o Grazie a Virgilio l’Arcadia è diventata una “patria mentale”, un luogo fittizio dotato di una dimensione speculare e allegorica, che rappresenta l’attività poetica. o A inizio Cinquecento il topos è ripreso da Sannazaro e poi a fine Seicento dalla Società dell’Arcadia. o La società borghese e aristocratica dell’Ancien règime si è a lungo proiettata in questa finzione pastorale, plasmando la propria realtà con il filtro di questa finzione: pensa agli pseudonimi, l’architettura dei giardini, gli ornamenti della vita quotidiana. 9.3.2 I paesi dei romanzi I paesi dei romanzi sono loghi di finzione, nati nella letteratura di Sei e Settecento, che ospitano personaggi, narratori e lettori, a seconda dai casi. Lo scopo di questi paesi varia a seconda dei casi, ma in comune c’è sempre un intento metapoetico che riguarda la storia dei romanzi, la loro caratterizzazione di genere, le tecniche di narrazione. Un esempio italiano è Angelo Seravalli, con Lo Scoprimento del mondo umano di Lucio Agatone Prisco. Qui Agatone si avventura tra i titoli dei romanzi e fa amicizia con il titolo del libro che si suppone abbia scritto; gonfiato come un palloncino per la vanità, viene condotto fuori dal paese dei romanzi da un cavaliere che rappresenta la sua stessa anima. 50 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti 9.3.3 La finzione come mondo Tra i libri in bibliografia ce ne sono anche due citati in questo capitolo come importanti contribuiti alla teoria della letteratura sui mondi della finzione: Heterocosmica di Lobomìr Dolezel e Mondi di invenzione di Thomas Pavel (che spiega in primis il passaggio degli dèi della mitologia dalla sfera religiosa a quella della finzione). Oliver Caira spiega che ogni romanzo contiene un mondo di finzione: tanto Il Signore degli Anelli quanto Madame Bovary. Ma cosa ci può dire di più dell’opera di Flaubert il fatto di considerarlo un “mondo”? Il fatto è che apre a nuove prospettive di studio: Quali rapporti ha questo mondo con il mondo reale? Come viene ripreso questo mondo in altri tipi transmediali di narrazione? Come si possono reinterpretare le tecniche narrative come la metalessi nel contesto di questi mondi? 51 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Capitolo 10 – Le voci della narrativa di Donata Meneghelli (UniBo) 10.1 La divisione del lavoro: personaggi e narratori La voce dei personaggi o Le voci dei personaggi circolano sempre in un doppio circuito comunicativo Uno interno all’universo finzionale, da personaggio a personaggio Uno che va dall’universo finzionale ai destinatari che assistono agli scambi tra i personaggi e ne ricavano delle informazioni. o L’autore può conferire alle voci dei personaggi un idioletto: un grado maggiore o minore di individuazione: un certo modo di esprimersi, con tratti stilistici e lessicali caratteristici. Vedi ad esempio l’uso ossessivo dei diminutivi da parte dei personaggi più abietti di Dostoevskij. o Spesso un personaggio è ciò che dice, come Mr. Collins in Orgoglio e pregiudizio, tutto contenuto nelle sue lunghe e noiose circonlocuzioni per dire le cose più banali si dimostra nella sua natura di ipocrisia, opportunismo e autocompiacimento. o La voce dei personaggi può manifestarsi in lettere, diari, testi scritti e via dicendo. Ad esempio, in Cuore di tenebra Marlow legge il pamphlet di Kurtz sulla soppressione dei costumi selvaggi. La voce del narratore o Ogni voce in un testo è sintatticamente inquadrata nel discorso della voce narrante. Il narratore è anzi proprio un elemento distintivo dei generi narrativi, che da lui prendono il nome. o Non è sempre facile localizzare la voce narrante. Genette spiega che si può narrare solo in prima persona, la distinzione sta nella posizione che si prende rispetto alla storia. Eterodiegetico (o “in terza persona”): il narratore non partecipa alla storia raccontata: ha un’origine insondabile, intracciabile. Un narratore eterodiegetico ha la piena libertà sul punto di vista della storia: può essere onnisciente, depositario di un sapere illimitato, di uno sguardo che abbraccia i moti più intimi dei personaggi e attraversa lo spazio e il tempo. Omodiegetico (o “in prima persona): il narratore è un personaggio della storia. Comporta di imporre automaticamente alla voce che racconta una limitazione prospettica. È un narratore a misura umana che può conoscere e raccontare solo ciò che rientra nel suo campo percettivo e nei suoi canali di informazione. Questo contratto può sempre essere rotto, come nel Grande Gatzby dove il narratore omodiegetico racconta eventi che nessun o gli ha riferito e di cui lui stesso è all’oscuro. Quando un narratore omodiegetico racconta al passato, acquista una nuova prospettiva, sdoppiata: ciò che pensava in un altro momento. Effetti questi che possono essere variamente sfruttati nella narrazione, per esempio per creare ironia. o Alcuni casi anomali La peste di Camus è raccontata da un narratore contemporaneamente omodiegetico e eterodiegetico. Il Dottor Bernard Rieux racconta la storia rivelando soltanto alla fine di esserne l’autore, e comunque rivolgendosi a se stesso con la terza persona: “È tempo che il Dottor Bernard riveli di essere l’autore di questa storia”. Nel corso del racconto si era già rivolto in terza persona al narratore con espressioni come: “Non è intenzione del narratore dare queste informazioni.” 52 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Capitolo 11 – Il problema del realismo di Federico Bertoni (UniBo) 11.1 Definizioni impossibili Il realismo non si può definire secondo dei “designatori rigidi”. È un “termine pigliatutto” in cui convergono decine di usi e accezioni: letterario, filosofico, pittorico; verosimile, fedele mimeticamente; omerico, ottocentesco, postmoderno; pragmatico, economico, giuridico, politico, medico e via dicendo. Non c’è accordo nemmeno sulla sua natura: è una scuola, una corrente letteraria, un approccio rappresentativo, una tecnica, un’ideologia. o Nel 1921 Jakobson pubblica uno dei primi interventi sistematici sull’argomento: Il realismo nell’arte. Qui definisce il realismo come un sacco che tutti trattano come se si potesse allargare a dismisura fino a poter contenere qualsiasi cosa, ma così non è. La vaghezza del realismo, pur rimanendo molto ampia, si può limitare: sarebbe impossibile definire realista Hoffmann. o Nel 1944 Luckàcs definisce Hoffman “un realista veramente grande”, perché la sua fantasia favolosa è un espediente stilistico per raggiungere una maggiore profondità realistica, mostrando in forma fantastica e grottesca, la degradazione reale della società borghese, “i reali abissi disumani della vita capitalistica” Il termine “realismo” – che secondo Thomas Hardy e Roman Jakobson è la parola più sfortunata di tutte – inizia ad attestarsi in letteratura, dopo sporadiche comparse a fine Settecento, solo negli anni Trenta e Quaranta dell’Ottocento, in Francia. Distinguiamo due tipi di realismo o Il realismo in senso stretto è una fase artistica Storicamente circoscritta (dagli anni Trenta agli anni Novanta dell’Ottocento); Geograficamente circoscritta (in Francia, Inghilterra e Russia, con diffusione minore anche in Italia, Spagna e Germania) Autocosciente (con manifesti e dichiarazioni poetiche, che la collocano dopo il Realismo e prima di Simbolismo e Modernismo) Fondata su particolari assunti filosofici, culturali e sociologici (lo storicismo, il razionalismo, l’economia di mercato, il primato della scienza, l’egemonia materiale e simbolica della borghesia, la moderna civiltà urbana, lo sviluppo della fotografia). o Il realismo in senso lato è una categoria estetica generale, una costante mimetica dell’arte che attraversa tutta la civiltà letteraria senza limiti di tempo, luogo o genere letterario. Secondo George Moore non c’è mai stata nessuna scuola letteraria oltre al realismo. Auerbach in Mimesis viaggia tra epoche e luoghi molto diversi alla ricerca dell’universale estetico che non è tanto un concetto critico quanto una postura esistenziale, un’interpretazione complessiva della condizione umana e il suo atteggiamento verso il mondo. Questo secondo ambito determina un problema chiave della cultura letteraria: il rapporto dialettico tra l’arte e la realtà, tra il mondo scritto e il mondo non scritto (come diceva Calvino). Come ha scritto Lawrence in una massima ripresa anche da Mazzoni: “Nulla è importante se non la vita.” 11.2 La scrittura o la vita Tra la scrittura e la vita resta uno scarto ontologico incolmabile, per il semplice fatto che un enunciato verbale non può imitare né assomigliare a nessun oggetto empirico, a meno che esso non sia a sua volta il linguaggio. 55 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti La storia del realismo è scandita dal bisogno di rinnegare la convenzionalità dell’arte per tendere a un’asintotica coincidenza tra le parole e le cose. Il che però produce un circolo vizioso (o virtuoso) infinito: l’autore A si dichiara realista e canonizza i propri stilemi, l’autore successivo B contesta quegli stessi stilemi perché li percepisce come delle convenzioni ormai stereotipate. o Jakobson parla di “realismo innovatore” che declassa il vecchio realismo e che sarà rimpiazzato da un realismo ancor a più nuovo. o Così si producono tante nuove versioni dello stesso concetto: neorelismo, iperrealismo, nuovo realismo, e via dicendo. In questi movimenti rinnovatori si inserisce il fattore ideologico. Ad esempio, lo sperimentalismo della seconda metà del Novecento denunciava il realismo come conferma della norma sociale, espressione della “doxa” borghese. Diversi sono anche gli impianti critici di analisi del realismo o La critica marxista cerca di evitare le derive ideologiche del realismo socialista, fondato su una rigida ortodossia politica e su obiettivi estrinseci alla letteratura come la trasformazione e l’educazione socialista dei lavoratori. Lucien Goldman non presuppone un rispecchiamento meccanico ma una omologia tra la struttura sociale e la sovrastruttura simbolica del romanzo. Luckàcs ritiene che la categoria principale del realismo sia il “tipico”: un personaggio che diventa tipo non per il suo carattere ma per il fatto che in lui confluiscono tutti i momenti determinanti di un periodo storico. o Ian Watt riscontra un “realismo formale” nelle opere di Defoe, Richardson, Fielding, che si caratterizza per esempio nell’intitolare i romanzi con i nomi propri dei protagonisti. o A metà tra i due si colloca Auerbach che indaga sia la realtà rappresentata sia i modi di rappresentazione. o Il formalismo di Jakobson insisteva sul valore relativo e convenzionale del realismo, che cambia in base al punto di vista: autore, lettore, storico e così via. o Più avanti gli strutturalisti ricondurranno il discorso realista a un problema di linguistica, retorica e simulazione simbolica con i quali la letteratura riesce a farci credere di copiare la realtà. Il realismo non copia il reale, ma copia una copia dipinta del reale. (Barthes) 11.3 Regole del gioco Cercare di definire che cos’è il realismo è come fissare negli occhi Medusa e pietrificare l’ennesimo dogma. Nelson Goodman nel 1978 spiegava che il modo migliore per definire che cos’è l’arte è chiedersi “quando qualcosa è arte?”. In questo modo si individuano tutta una serie di sintomi che non sono necessari né sufficienti, ma che concorrono a creare l’esperienza estetica di un’opera d’arte. Possiamo mettere a punto un modello integrato e plurale del realismo letterario basandoci su quattro fondamentali regole del gioco del realismo. Regole che, come quelle di Goodman, non sono né necessarie né sufficienti, ma coesistono in misura maggiore o minore e talvolta può bastarne anche solo una per far ritenere un’opera, in qualche modo, realista (vedi il caso di Hoffman) o I temi. Un testo realistico presenta oggetti, personaggi, azioni, avvenimenti il più possibile omogenee a quelle dell’esperienza empirica, ciò che Ryan dice seguire un “principio di scostamento minimo dalla realtà” o Le forme. Un testo realistico utilizza uno stile, una retorica e un repertorio tecnico che rafforza la suggestione mimetica della realtà, dissimulando la mediazione narrativa e creando l’illusione che l’opera sia trasparente, “fatta da sé” come diceva Verga. 56 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Esempi di queste tecniche sono: impersonalità, prospettiva ristretta, precisione denotativa, preminenza del visuale, ipertrofia delle descrizioni, mimesi del parlato, insistenza sui dettagli. La forma prescinde dal contenuto. Anche la Metamorfosi di Kafka può essere vista come un realismo onirico, fantastico nei temi, ma realistico nella forma. o Il codice. Sul piano semiotico, un testo realistico è conforme rispetto a un repertorio culturale di una certa società ed epoca storica. Per esempio, una macchina volante diventa realistica dopo l’invenzione di un aeroplano. o La verità. È la regola più instabile. Un testo realistico cerca di rappresentare quella verità aristotelica del mondo che il mondo da sé non esprime. A questo si arriva, diceva Ricoeur, attraverso tre livelli di mimesi: la realtà percepita dall’autore, la realtà configurata nell’opera, la realtà rifigurata dal lettore. 11.4 Vero, falso, finto Il nuovo realismo contemporaneo e il suo opposto o Nel mondo contemporaneo molte tendenze della letteratura pretendono di aggredire il mondo senza sconti, in presa diretta sull’esperienza, come se la realtà e l’io fossero immediatamente dicibili. Da qui la nascita, almeno teorica, del “nuovo realismo”, del “ritorno alla realtà”. o Oggi siamo lontani tanto dal postmodernismo e la sua manipolazione della realtà, quanto dal modernismo e la sua sfida continua a cogliere la realtà con la parola. Al contrario di quanto sostenevano Svevo, Montale, Kafka e molti altri, oggi tante opere non si pongono più nemmeno il problema di poter o meno rappresentare la realtà. Vedi tutti i film che iniziano con “tratto da una storia vera”, le non-fiction, l’autofiction, il reportage, il romanzo- saggio, l’ipermoderno. o Come nota Lavocat, oggi siamo in bilico tra un panfizionalismo (erede del postmoderno, dove nulla è certo) e un panfattualismo (tutto è un fatto certo). Sono l’antirealismo radicale e il realismo ingenuo. o Così si insiste sulla funzione etica ed esistenziale dell’arte. Il tutto è sostenuto da una batteria di vecchie parole-chiave come sincerità, autenticità, empatia, urgenza. o Il rischio è quello di contrapporre il vero e il falso con un taglio di coltello. Ci si dimentica dell’elemento più importante della Poetica di Aristotele: il Finto. La finzione poetica verosimile, che non è il campo del reale, ma del possibile. I mondi possibili: una terza via o La nozione di “mondo possibile” è nata nel Settecento con la Teodicea di Leibniz, ripresa nel Novecento da filosofia analitica, semantica narrativa, logica modale e teoria della finzione. Questa linea di pensiero percepisce l’opera d’arte come un microcosmo che è un eterocosmo, creato secondo natura, ma non a specchio della natura. o Il principio di base è che il nostro mondo attuale è circondato da infiniti mondi possibili. In questi mondi possibili sono anche possibili delle ucronie in cui la storia è andata diversamente. o Ogni testo può essere considerato una macchina proposizionale che genera un mondo alternativo a quello attuale. Lo dice anche Fowles nella Donna del tenente francese: “Vogliamo creare mondi reali quanto quello che esiste, ma diversi.” E lo dice anche Stendhal ne Il rosso e il nero: “Un romanzo è uno specchio che viene portato su una strada maestra. Ora riflette ai vostri occhi l’azzurro del cielo, ora il fango dei pantaloni.” o In opere come Il rosso e il nero, cronache fittizie tratte da una storia vera reinterpretata liberamente dall’autore, le asserzioni non sono né vere né false, ma sono atti linguistici 57 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti o Franco Farinelli è l’“erede” italiano di Soja. Nel 2003 pubblica Un’introduzione ai modelli del mondo. Da questo filone nasce un nuovo modo di interpretare la letteratura come chiave per interrogare la realtà e cercare di immaginarsela diversa. Il che, infondo, significa già cambiarla. 12.2 Lo spatial turn nella teoria e nella critica letteraria: Quattro categorie di studio per la svolta spaziale La Storia Geografica (o Geostoria) della letteratura. Prende in esame un periodo storico e un luogo specifico. Come è tipico del Moderno, la storia è inglobata nella geografia, ma non abolita. o L’influenza di un luogo sulla letteratura. Ad esempio, studiare gli specifici luoghi di produzione come la Einaudi di Torino, gli ambienti crociani a Napoli, il ruolo di Montale a Milano e di Bassani a Roma. Questo permette di comprendere meglio alcune soluzioni stilistiche, ideologiche e tematiche. Esponenti ne sono Pedullà, Luzzatto e Moretti. o L’influenza della letteratura su un luogo. Francesco Fiorentino nel 2009 ha pubblicato un Atlante della letteratura tedesca in cui immagina la letteratura come una mutevole rete geografica immaginaria che interferisce con quella politica, economica e fisica di un certo luogo. A plasmare l’immaginario di Milano hanno contribuito anche opere come La nuvola di smog di Calvino e La vita agra di Bianciardi. La Geocritica. Prende in esame il luogo letterario. Come è tipico del Postmoderno, la finzione e la falsificazione prevalgono sulla realtà storica. o Il luogo reale reso letterario. Westphal studia il modo in cui i luoghi vengono descritti nella letteratura. La Dublino di Joyce è una “città di carta” con dei tratti falsificati rispetto alla Dublino reale. o Il ruolo di luoghi e spazi nella letteratura. La “Teoria dello spazio”. Giulio Iacoli ne La percezione narrativa dello spazio riflette sul ruolo che i luoghi acquisiscono nella letteratura. Per Zeno Cosini il giardino pubblico oltre il quale abita Carla è il confine inviolabile del suo tradimento coniugale che, quando viene violato da una passeggiata con la donna, segna l’inizio della fine della loro relazione. Da qui Iacoli inizia a studiare la differenza di come è percepito lo spazio nel: Ottocento. Vi è una netta composizione tra centro e periferia. Pensa a Madame Bovary che vede Parigi dalla sua periferia come una città ideale. Modernismo. In un mondo privo di certezze non esiste più un centro distinto dalla periferia. Roma per Adriano Meis è solo un posacenere, una città morta. E un soggetto come Zeno cerca di dare un ordine soggettivo al caos dello spazio, per esempio scegliendo il confine del Giardino pubblico. Postmodernismo. Un soggetto come Kublai Khan rinuncia a ordinare lo spazio e ne accetta il senso di perenne precarietà. A questo filone appartiene anche lo studio di quelle che Foucault chiama “eterotropie”: i luoghi altri in cui vengono relegati gli eventi “perturbanti” che non devono accadere nel mondo quotidiano, per censura morale e mentale. Ad esempio, il collegio, il servizio militare, il viaggio di nozze. Come se la perdita della verginità o altri momenti di passaggio dovessero avvenire “da nessuna parte”. A questo filone appartiene anche lo studio del “paesaggio”, da intendere come l’incontro tra il dato reale e la percezione soggettiva, un rapporto che chiama in causa anche il binomio natura-cultura. 12.3 Geocritica e poesia Nella prosa è semplice facile Geocritica. Proviamo in poesia. 60 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Zanzotto ha dedicato gran parte della sua produzione al paesaggio, avviando una riflessione ambientale, politica ed ecologica. Leggere Gli strumenti umani di Vittorio Sereni attraverso la lente degli spazi consente di comprendere meglio la poetica dell’autore. o La raccolta può essere letta come un percorso di formazione di un io lirico che, dalla giovinezza, entra progressivamente nell’età adulta, dalla fine della guerra agli anni Sessanta. o Tale percorso è scandito da una serie di luoghi. In particolare, la crescita di Sereni coincide con un progressivo coinvolgimento con Milano. Secondo un’accezione baudeleriana la città è il luogo degli incontri, degli choc, della vita. A lei si impone il ritorno ancestrale a Luino, paesello sul lago Maggiore. o Nella raccolta, Sereni disegna dei tracciati che ne costituiscono l’architettura generale, aprendosi fino all’Europa, alla Germania, l’Olanda, e via dicendo. 61 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Parte Quarta: L’estensione del campo Capitolo 13 – Critica dei confini di Sergia Adamo (UniTS) 13.1 La letteratura e i suoi confini I confini della letteratura sono labili. Ce lo dicono le nuove forme di soggettività che fondano la loro identificazione non su un’appartenenza nazionale, ma su altre possibilità, come quella di genere. Ce lo dicono gli scrittori che hanno scelto di scrivere in lingue come l’inglese che non sono legate a una specifica nazione. E ce lo dicono gli scrittori come Nabokov che hanno attraversato più nazioni e culture diverse. È innegabile che il concetto di nazione nell’età moderna vada a definirsi anche grazie al contributo della letteratura, dell’uniformità linguistica, di narrazioni che sappiano produrre processi di identificazione efficaci. Benedict Anderson ha parlato addirittura di “comunità immaginate” create delle narrazioni di tutti i media, a partire dalla stampa. La nozione di “letteratura” non ha mai avuto dei confini fissi. o Nel Trecento era utilizzata per indicare la condizione dell’uomo colto che ha acquisito conoscenza attraverso la lettura. o Nel Rinascimento indica tutto ciò che è scritto secondo determinate regole retoriche e formali, compresi i saggi e le opere scientifiche. o Nel Settecento, con la svolta verso l’età moderna la letteratura passa a indicare un tipo di scrittura connotata da una ricerca estetica (accezione che rimane fino a noi). Nel Settecento nascono due linee di indagini della letteratura La letteratura nazionale. Che è la prospettiva prevalente. Vedi la Storia della letteratura italiana di Tiraboschi. La letteratura comparata. Vedi Dell’origine, progressi e stato attuale d’ogni letteratura di Juan Andrés. Da qui nascerà la proposta di una “Weltliteratur” di Goethe: una “letteratura mondiale” che coincide con una diffusione di idee e forme in senso globalizzato. 13.2 Letteratura e mondo 13.2.1 Oriente o Occidente? Goethe applica la sua idea di Weltliteratur in Divano occidentale-orientale, una raccolta di poesie e prose scritte tra il 1814 e il 1819. o Qui Goethe esplora temi come la cultura, la religione, la politica e la filosofia attraverso il confronto dialogico tra personaggi di culture differenti che incarnano quella occidentale e quella orientale. Il titolo allude alla consuetudine persiana di sedersi su tappeti o cuscini per consumare il tè o discutere di questioni filosofiche. o Goethe inizia questo dialogo con l’oriente avvicinandosi alla lettura di Hafez, poeta siriano del Trecento. Edward Said in Orientalismo (1978) spiega come la dicotomia Oriente-Occidente derivi da una costruzione dell’identità dell’Oriente da parte dell’Occidente attraverso lo specchio dell’alterità e della presunta superiorità non solo culturale. Adonis, poeta contemporaneo, attua la stessa critica dei confini di Said. “L’Oriente e l’Occidente/ sono una tomba sola/ raccolta dalle sue ceneri” 62 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Capitolo 14 – Femminismi e sguardi queer di Nicoletta Vallorani (UniMI) 14.1 Le combattenti I Gender Studies hanno un legame diretto con i Women’s Studies, filone iniziato da Kate Millett negli anni Sessanta in ambito angloamericano, che avevano definito “molestia testuale” la prospettiva maschile sul canone letterario, come strumento di gerarchizzazione. Foucault sottoscrive la questione della gerarchia, parlando di dinamiche di potere. Gli Woman Studies vengono rielaborati negli anni Settanta da Ellen Moers e Elaine Showalter, in un’ottica post-strutturalista, che però perde un po’ la connotazione politica, recuperata negli anni Ottanta da Toril Moi, che reintroduce il concetto di genere. Così arriva all’effettiva nascita dei Geder Studies, che si diffondono pluridisciplinarmente negli anni Novanta. Il genere viene ritenuto non come uno stato, ma un atto performativo che si collega a variabili come la classe sociale, l’etnia, l’età, l’identità politica e culturale. A differenza di altri ambiti di ricerca, quello degli studi di genere ha due peculiarità: o Implica un costante movimento tra arte e storia o Difficilmente scinde la teoria dalla politica. Scrivere è affermare la propria identità e in questo contesto ciò rappresenta un atto politico. Hélène Cixous, ripresa da Lidia Curti in La voce dell’altra, spiega che questa operazione è molto complessa per le categorie marginali, perché ci si trova ad affrontare l’ostacolo dello stereotipo: la donna straniera, segreta, nascosta, misteriosa, nera, proibita. Questi elementi però si combinano in modo eversivo. La poetessa Audre Lorde già nel 1971 si presentava così: “Sono Nera, Donna e Poeta. Posso scegliere solo di essere o non essere, e in varie combinazioni di me stessa” Già a fine Ottocento la Woolf notava che l’atteggiamento di un fratello nei confronti della sorella era quello del divieto: non devi possedere, guadagnare, imparare e via dicendo. Divieti che rendono impossibile qualsiasi forma di libertà. A un secolo di distanza, Russ nota che questi divieti non sono più formali, ma persistono in modo implicito nella società, con altrettanta potenza. 14.2 Corpo e parola Secondo Foucault la supremazia gerarchica di un individuo sull’altro si traduce nella capacità di un corpo di avere sopravvento sull’altro, determinandone lo sviluppo, il movimento, la libera espressione e la vita. La Woolf in Una stanza tutta per sé scriveva: “Per tutti questi secoli le donne hanno avuto la funzione di specchi che riflettessero raddoppiata la figura dell’uomo”. o La relazione tra potere ed espressione di scrittura è connessa a quella che c’è tra padrone e schiavo, ma va capovolta, come spiegano Gilbert, Gubar e Bhabha: dovrebbe essere la parola a controllare le dinamiche di potere. o Angela Carter in The Bloody Chamber and other stories (1979) riscrive alcune fiabe con questo scopo, re-immaginando una realtà in cui non è l’eroe maschile a salvare la fanciulla indifesa per sposarla, ma il contrario. Ad esempio, la sposa di Barbablù non si vuole adeguare all’obbedienza e la segregazione (le “virtù” di una moglie) e viene liberata da sua madre. o Il discorso della Carter si rivolge anche alle potenzialità erotiche e seduttive del corpo femminile, che diventano strumento di efficacia attiva, piuttosto che di sottomissione passiva. Ad esempio, Cappuccetto Rosso riesce ad ammaliare il lupo e addomesticarlo senza ricorrere alle armi. 65 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti o L’operazione della Carter è provocatoria e politica e si vuole contrapporre allo stereotipo del corpo femminile finalizzato al godimento maschile, con una risposta sullo stesso piano, recuperando degli aspetti della femminilità ingiustamente censurati. Nel 1928 la differenza tra “sesso” e “genere” era stata anticipata da Virginia Woolf con Orlando. Nel 1982 la Carter lo riprende con un altro libro The passion of new Eve. Entrambi, come La vita sessuale di Guglielmo Sputacchiera di Alberto Ravasio, parlano di un uomo che si sveglia trasformato in donna. I romanzi che tematizzano argomenti come questo spesso utilizzano una scrittura fluida e poetica, come a sottolineare l’intensità con cui storie di questo tipo si scrivano sulla pelle di chi le vive. Al contrario le storie “maschili” hanno un registro più asciutto e gelidamente rigoroso. Il corpo si fa oggetto di narrazione è tutt’altro che “normativo”. Spesso è “irregolare”. o Mary Shelley nel 1818 scrive Frankenstein, la storia di un corpo che è l’anomalia assoluta, un corpo estraneo, da espellere dalla comunità che diventa cattiva poiché non accettata dalla società. Certo, il mostro di Frankenstein non è concepito come la metafora di una donna, ma sicuramente l’esperienza personale di Shelley in quanto donna ha riversato alcuni dei propri disagi nella sua figura. La sua opera, infatti, è citata in moltissimi testi di Gender Studies. o Ad esempio, Jeanette Winterson nota che il mostro di Frankenstein impara a leggere da solo, da autodidatta, come le donne di inizio Ottocento. Appropriarsi di un proprio linguaggio e di un codice con cui modellare la propria identità è fondamentale per non cadere vittima di altri codici inventati dagli uomini. Monique Witting fa un’analisi puntigliosa di come la grammatica delle lingue imponga spesso i pronomi maschili. 14.3 Figl* di Frankenstein Nel 1995 Shelley Jackson pubblica su Eastgate.com un ipertesto intitolato Patchwork Girl in cui mostra una donna nella posizione dell’uomo vitruviano, con dei segni di suture che rimandano al mostro di Frankenstein. Ogni parte del corpo rimanda ad una parte di un testo mostruosamente destrutturato: un testo fluido, frammentato e decostruito come il soggetto femminile. Nel 1985 Donna Haraway pubblica su una rivista il famoso Cyborg Manifesto o Qui, in primo luogo, la Haraway ragiona sul modo in cui la costruzione culturale binaria di maschile-femminile influisce sulla produzione e la ricezione del testo letterario. Propone di superare questa concezione dicotomica, nell’ottica di tantissime configurazioni intermedie che fanno già parte della nostra quotidianità. Anche Judith Butler spiega che il concetto di genere va de-naturalizzato, rendendo libere le scelte di appartenenza e depotenziando le strategie di potere che si manifestano nella dicotomia tradizionale di maschile e femminile. o In secondo luogo, sottolinea quanto le storie siano rilevanti per la formazione di un’identità umana in generale, prima che femminile. o Nel suo manifesto la filosofa cita soprattutto storie e autrici che appartengono a un genere considerato minore e maschile, come la fantascienza, che talvolta può proporre riflessioni sul corpo, la razza, e altre questioni simili, attraverso l’ottica di una pseudocienza che apre molte possibilità. Sempre la Winterson nel 2019 ha pubblicato Frankissstein: A Love Story, in cui racconta in parallelo la storia di come Shelley ha scritto l’opera e la storia fantascientifica di due personaggi collocati in una contemporaneità dove la tecnologia permette di rimodellare il corpo in modo transitorio. Braidotti nel suo saggio sul Postumano riflette spiega che la condizione non-normativa degli umani sia un fatto prima che una teoria. 66 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Capitolo 15 – Cultura visuale di Maria Rizzarelli (UniCT) 15.0 Parole chiave Iconosfera. L’insieme di immagini che circolano in un determinato contesto culturale insieme ai loro usi sociali e alle tecnologie con cui esse vengono prodotte, elaborate, trasmesse, archiviate. Pictional Turn o Iconic Turn. La “Svolta visuale”, teorizzata da Mitchell. Il cambio di paradigma artistico e culturale legato alla diffusione dei media visivi. Ciò non riguarda solo la “riproducibilità tecnica” di cui parlava Benjamin già nel 1936, ma anche la presa di coscienza del fatto che nella nostra epoca l’arte si può esperire in forme ibride e simultanee. Convergence Culture. Il contesto culturale in cui ogni forma di comunicazione tende a oltrepassare i propri confini e invadere forme e generi differenti. Regime scopico. La modalità attraverso cui, in una determinata cultura o epoca storica, la visione viene organizzata, regolata e governata. Ad esempio, la moda segue un regime scopico. Anche la cultura visuale, nel nostro caso, si può dire che segua un regime scopico, che funziona sulla base di due criteri: o Transmedialità. Una forma che si pone attraverso (across) due media. Un film e un videogioco tratto dal film, che ne amplia personaggi, trame e concetti: per avere una visione unitaria dell’intero prodotto bisogna fruirli entrambi. o Intermedialità. Una forma che si pone a metà (between) tra due media. Un libro e il suo adattamento cinematografico: due realtà indipendenti che rappresentano lo stesso prodotto in due modi diversi. Ne parla Ryan in Arts and Media Comparative Studies, opera capitale per l’argomento, dove si distinguono tre forme di “oggetti” nelle narrazioni intermediali: Referenze intermediali. Citazioni a un genere o a un medium dentro un altro genere o medium, come l’ekfrasis: si descrive un’opera d’arte in un libro. Combinazioni mediali. Opere in cui coesistono due media distinti, come i fumetti. Trasposizioni intermediali. Un’opera passa da un media ad un altro, come un libro adattato in un film. 15.1 Referenze intermediali. Citazioni, descrizioni e tematizzazioni: dalle immagini alle parole Nelle ekfrasis viene utilizzata una doppia mimesi: l’opera d’arte, mimesi della realtà, viene imitata dalla scrittura. Quindi il rapporto tra vero e falso è piuttosto complesso. Hollander distingue due tipi di ekfrasis o Nozionali: riferite a opere d’arte mai esistite o di cui non esistono più i referenti artistici, come lo scudo di Achille o Mimetiche: riferite a opere precise come i Salons di Diderot, descrizioni dei saloni del Louvre di fine Settecento. o Però Cometa sostiene che ogni ekfrasis mimetica può essere considerata come la “falsificazione” di un originale, mentre ogni ekfrasis nozionale può essere considerata la “veridicizzazione” di un falso, reso reale dalla letteratura. A volte tale processo è così radicale da portare anche alla realizzazione a posteriori opere mai esistite di cui è stata fatta l’ekfrasi. Vedi Buzzati che dipinge gli ex voto della Val Morel dopo averli descritti in un testo. Cometa traccia una mappa delle tecniche ekfrastiche o Denotazione pura e semplice. o Dinamizzazione dello sguardo dell’osservatore. “Guarda alla tua sinistra” o Integrazione di elementi che transcodificano l’opera. “Questo elemento simboleggia X” 67 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Capitolo 16 – Letteratura e emozioni di Stefano Ballerio (UniMI) 16.1 “Guardatevi, signore, dalla gelosia!”: le emozioni che muovono Iago Martha Nussbaum ne L’intelligenza delle emozioni chiama “vicine di casa” l’invidia e la gelosia: la prima si concentra su chi ha ottenuto l’oggetto del desiderio, la seconda su chi teme di perderlo. Nell’Otello di Shakespeare, Iago suscita e dirige le emozioni di Otello, insinuando in lui il sospetto della gelosia – il mostro dagli occhi verdi – nei confronti di Cassio e Desdemona. Così Iago manipola anche gli altri personaggi, ma lui stesso è mosso da un’emozione molto forte: l’odio, l’invidia e la gelosia nei confronti del Moro: crede che Otello abbia sedotto sua moglie ed è adirato con lui per il fatto che abbia nominato Cassio luogotenente al suo posto. o La sua, tra l’altro, è una gelosia fine a se stessa: non nomina mai sua moglie Emilia nemmeno quando esplicita i suoi timori che lo abbia tradito con Otello: la sua gelosia è piuttosto un timore per se stesso, per l’onore sociale perduto. o Al contrario dei protagonisti delle tragedie shakespeariane, che sembrano ambire – seppur invano – ad una padronanza stoica delle emozioni, Iago ne è completamente dominato (al contrario di quanto sostiene Coleridge, che lo definisce “privo di passioni”). Iago è l’unione di diversi personaggi o È una variazione del personaggio del Vizio dei “morality plays” medievali o Riprende il personaggio dell’invidioso nella tradizione dei Characters of Virtues and Vices di John Hall, che riprende Teofrasto. o Richiama il diavolo ingannatore del dramma religioso medievali, figura alimentata nella tragedia elisabettiana. o Adotta il pensiero scettico rinascimentale: attacca l’amore, la reputazione, la virtù, rovescia la parola stessa di Dio “Io non sono ciò che sono”. 16.2 Teorie delle emozioni Il termine inglese “emotion” deriva da “motion” e suggerisce il dinamismo di forze che inducono dei cambiamenti di stato, anche in riferimento a fenomeni di agitazione collettiva. Le emozioni, insomma, sono implicate nella motivazione ad agire. o Nelle neuroscienze ne parlava John Dewey fin dal 1895, descrivendo le emozioni come una forma di comportamento “purposive”: orientata a uno scopo. Una persona, cioè, è arrabbiata non solo per la dimensione del suo “feeling” (sentire, sentimento), ma anche perché si prepara ad agire in un certo modo, in conseguenza alla sua rabbia. La tesi è ripresa negli anni Sessanta da Silvan Tomkins e diventa molto popolare. o Tra le emozioni che guidano le nostre azioni, ci sono principalmente le sei di base: gioia, tristezza, paura, rabbia, disgusto e sorpresa. Ma alcuni aggiungono anche interesse, angoscia, vergogna e disprezzo. La gelosia è un’emozione derivata. Come funzionano le emozioni o Quando il programma di base di un’emozione si attiva si produce istantaneamente e indipendentemente dal nostro controllo e dalla nostra consapevolezza una serie di cambiamenti, che comprende modificazioni visceromotorie, schemi comportamentali innati e appresi, segnali espressivi sul volto e nella voce e riorientamento dell’attenzione e della memoria. Molti di questi sono universalmente comprensibili. o Questi cambiamenti sono risposte innate, selezionate evolutivamente, che hanno una funzione adattiva e ci permette di sopravvivere: sfuggire ai predatori, innamorarsi e dunque riprodursi, combattere, affrontare un lutto. 70 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti L’Otello però ci dimostra che le emozioni non hanno solo una “motivazione”, ma anche una “valutazione” (o “intenzionalità”): Otello è geloso di Desdemona perché, sbagliando, la reputa infedele. o Questi giudizi di valore delle emozioni vengono chiamati “eudaimonistici” dalla Nussbaum, nel senso che hanno come fine ultimo la felicità di chi le prova. Per Iago l’eudaimonia non è tanto la fedeltà della moglie quanto l’onore sociale: non a caso la moglie alla fine la uccide. Attenzione: non dobbiamo immaginarci questi giudizi di valore eudaimonistico come perfettamente logici e proposizionali. È vero, Iago li esprime con grande retorica, ma questo non è tipico di chiunque, soprattutto non lo è per bambini e animali, che pur provano emozioni. o Come dice Heidegger, dobbiamo pensare alle emozioni come “momento strutturale della comprensione dell’uomo nel suo essere nel mondo”: il modo in cui io comprendo il mondo intorno a me si definisce anche dal punto di vista emotivo. o Questo è stato spiegato anche dai filosofi enattivisti degli anni Novanta, come Daniel Hutto e Giovanna Colombetti, che parlano di “sense making”: gli esseri viventi cercano di creare un senso alla propria esistenza sulla base di una personale “teologia intrinseca”, che parte dalla mera sopravvivenza e si estende a concetti più universali. Le emozioni sono inoltre strettamente legate ad una dimensione fisica e corporea o Giò a fine Ottocento William James sottolineava che le emozioni sono la percezione soggettiva dei cambiamenti corporei che ogni individuo percepisce nel suo corpo quando prova un’emozione. o Da qui derivano le teorie neuroscientifiche “neo-jamesiane”. In particolare, quelle di Damasio, che descrive l’emozione come la combinazione della valutazione mentale di una situazione e l’insieme delle risposte corporee che contemporaneamente proviamo (che distingue dalle emozioni chiamandoli “Sentimenti”, nel senso che sono ciò che “sentiamo” nel nostro corpo). o L’idea dell’unione di Emozione + Sentimento è ripresa da Le Doux, che spiega che ciascuno di noi sente la paura in modo diverso in base a come valuta il pericolo. 16.3 Emozioni e interpretazione Sulla base di quanto detto, possiamo concepire i personaggi come mimesi delle persone, e dunque mossi nelle loro intenzioni dalle emozioni nella loro interazione con il mondo. o Gli strutturalisti non erano d’accordo. Genette spiegava: la marchesa non si fa saltare le cervella perché si dispera, ma si dispera perché l’autore ha deciso che si deve far saltare le cervella: non è una mimesi umana, ma un artefatto semiotico. Questa è una posizione che pur non si può liquidare, perché ci mette in guardia dal mimetismo ingenuo. Se il personaggio è mimesi di una persona, l’individuo può comprendere le sue emozioni come quelle di una persona reale, secondo il principio della simulazione incarnata: una comprensione empatica mediata dai neuroni a specchio tramite le stesse strutture neuronali che ci permettono di comprendere le nostre stesse emozioni. o La mera simulazione, però, non produce una piena comprensione dell’azione. Per farlo bisogna anche riflettere sul perché quella persona o personaggio ha provato determinate cose in determinate circostanze. o Questo in termini di critica letteraria significa anche riflettere in modo trasversale sui rimandi interni dell’opera, sulle scelte narrative, stilistiche, tematiche, poetiche, la struttura, il pubblico, le implicazioni sociali, il sistema dei generi, la tradizione letteraria, la storia della letteratura, la storia della cultura in generale, la storia tutta, le ideologie, la filosofia, l’ermeneutica, e anche le teorie postcoloniali, queer, psicologiche, neuroscientifiche. 71 Teoria della Letteratura: Campi, Problemi, Strumenti Questo set di abilità con cui comprendiamo le emozioni altrui matura nel bambino man mano che cresce e sviluppa delle competenze narrative con cui si figura anche le storie degli altri. o Questa competenza si sviluppa non solo tramite esperienze personali, ma appunto anche tramite l’esposizione a narrazioni di diverso tipo, come la letteratura stessa, che dunque affina le nostre attitudini alla comprensione intersoggettiva. o Platone nella Repubblica sosteneva che le storie di finzione fossero un cancro della ragione. Ma Aristotele nella Poetica e poi nell’Etica Nicomachea controbatte spiegando che provando emozioni come pietà e paura all’interno della finzione della tragedia lo spettatore potesse raggiungere una catarsi finale che è un’educazione alle emozioni, alla conoscenza, alla vita. o L’esperienza della letteratura contribuisce alla φρὸνεσις, la saggezza pratica che è anche sensibilità, che ci può aiutare a vivere meglio nel mondo e con gli altri. 72