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TESI TFA SOSTEGNO PER LA SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO FOGGIA, Prove d'esame di Didattica Pedagogica

TESI TFA SOSTEGNO PER LA SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO FOGGIA

Tipologia: Prove d'esame

2020/2021

In vendita dal 08/03/2024

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Scarica TESI TFA SOSTEGNO PER LA SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO FOGGIA e più Prove d'esame in PDF di Didattica Pedagogica solo su Docsity! CORSI DI FORMAZIONE PER IL CONSEGUIMENTO DELLA SPECIALIZZAZIONE PER LE ATTIVITÀ DI SOSTEGNO Anno Accademico 2021/2022 Tesina finale in Legislazione primaria e secondaria riferita all'integrazione scolastica PROGETTO DI VITA E ORIENTAMENTO Relatore: Corsista: Anno Accademico 2021/2022 INDICE INTRODUZIONE ........................................................................................................ 3 PARTE I 1.1 La scuola tra inclusione e promozione del potenziale umano… ..............................5 1.2 Uno sguardo al futuro: il Progetto di vita ..................................................................8 1.3 La “Legge dopo di noi” ............................................................................................ 10 1.4 Il “disability job supporter” ......................................................................................11 PARTE II 2.1 L’inclusione lavorativa degli studenti con disabilità .................................................13 2.2 PEI e PCTO .............................................................................................................. 15 CONCLUSIONI .......................................................................................................... 20 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ............................................................................21 compiere scelte scolastiche più consapevoli e, conseguentemente, scelte di vita e di carriera che contribuiscono alla piena realizzazione della persona. La finalità di questo sforzo condiviso è dunque quella di promuovere la piena realizzazione dell’individuo, di contrastare la povertà educativa e di prevenire il sottorendimento e l’abbandono scolastico, in un dialogo di arricchimento e di scambio che punti al benessere socioeducativo dello studente, come indicato anche dalle nuove Linee Guida sull’introduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica (Legge 20 agosto 2019, n. 92) che affermano la necessità di rafforzare le collaborazioni tra le istituzioni scolastiche, le famiglie e il territorio, concorrendo alla formazione di cittadini consapevoli. Tale prospettiva si traduce in un investimento nel capitale umano in quanto promuove lo sviluppo delle potenzialità di individui chiamati ad affrontare le sfide del presente e del futuro incrementando inoltre le life skills, come la capacità di gestire le emozioni, la gestione dello stress, la comunicazione efficace, l’empatia, il pensiero creativo e quello critico, la capacità di prendere decisioni e quella di risolvere problemi (il problem solving) che rendono l’individuo capace di far fronte efficacemente alle richieste e alle sfide della vita di tutti i giorni. Il diritto alla vita indipendente ed inclusione sociale nella società sancito nell’articolo 19 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia con L.18/09, all’interno del quale gli Stati Parti riconoscono il diritto alle persone con disabilità ad essere incluse in maniera piena e partecipe in ogni contesto nella società porta alla consapevolezza che le persone con disabilità hanno lo stesso diritto di tutte le altre di “vivere la società” e che affinché tale diritto sia garantito è necessario da un lato sostenerle nell’acquisizione di autonomia, autodeterminazione ed indipendenza e dall’altro agire sulla società affinché si modifichi tenendo conto delle diversità umane in maniera tale da consentire a tutti i suoi membri di parteciparvi in maniera attiva. L’idea di apprendimento per tutta la vita si impone come uno dei cardini della nostra società a elevato sviluppo scientifico e tecnologico. Gli studenti con disabilità non vanno privati della possibilità di accedere a questa prospettiva, avendo diritto a pensarsi adulta, il che comporta per la scuola adottare la valutazione formativa come canale privilegiato per calibrare gli interventi più opportuni e fruttuosi. Per evitare che alla conclusione del percorso scolastico la vita si ritrovi confinata in casa, solo in famiglia come spesso purtroppo accade, la scuola e la famiglia devono riflettere con lungimiranza alzando lo sguardo al futuro, va maturando nei professionisti e nei genitori una sempre maggiore consapevolezza della necessità di aprirsi a elaborare un progetto scolastico che diventi sempre più un progetto per la vita adulta, in grado di abbracciare dimensioni più ampie di quelle strettamente scolastiche. Se è vero che la capacità di formulare progetti, di valutarli e di realizzarli è traguardo intrinseco alla scuola, è altrettanto vero che il disabile, la sua famiglia e anche la scuola dovrebbero trovare, nel luogo in cui il giovane vive, un’istituzione e degli operatori che siano i referenti del progetto di vita; qualcuno con cui collaborare per garantire la prosecuzione di ciò che è stato avviato. Il presente lavoro di tesi intende approfondire tali aspetti tematici che possano offrire spunti di riflessione e presentare una chiave di lettura che sia da stimolo e da punto di partenza per i docenti e professionisti del settore ad aprirsi ad esperienze didattiche significative. PARTE I 1.1 La scuola tra inclusione e promozione del potenziale umano La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, all’articolo 26, paragrafo 2, precisa: “L’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana e al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali”; questo ha il significato che va promosso il riconoscimento e il rispetto della dignità di ciascuno e favorire l’acquisizione di una personalità matura ed equilibrata. Questo implica che la scuola ha il mandato “istituzionale” di contribuire allo sviluppo dell’identità dell’allievo, nell’ottica della messa in atto di un personale progetto di vita. La scuola è chiamata a fornire gli strumenti e le risorse per crescere sul piano culturale, affettivo, relazionale, sociale, psicologico; a favorire l’acquisizione dell’autonomia e della responsabilità; a sostenere il rispetto dei diritti fondamentali per il vivere civile, quali la cittadinanza, la democrazia, la giustizia, l’uguaglianza e la legalità. L’istituzione scolastica ha nel proprio statuto pedagogico la promozione del potenziale umano di ognuno secondo una logica inclusiva. Un buon sistema scolastico, quindi, ha una grande responsabilità verso la persona che apprende; questa deve trovare nella scuola un progetto condiviso riferito sia alla dimensione conoscitiva e performativa, ma anche allo sviluppo della sua umanità. Insegnare a convivere è inteso come scopo non meno importante dell’insegnare ad apprendere o a “saper fare”. Incoraggiare gli alunni a darsi sostegno reciproco sul piano personale e dell’apprendimento, a fare da tutor nei confronti di chi incontra difficoltà, diviene uno stile organizzativo e didattico basilare per costruire inclusione. La pedagogia speciale come scienza delle differenze e delle mediazioni [...] tende a porre l’accento sulle potenzialità delle persone e sul funzionamento delle loro capacità nel loro interagire con le condizioni ambientali di vita; questo approccio va anche nella direzione di una cultura del rispetto e della valorizzazione delle differenze: in ogni persona esistono capacità e risorse che devono essere aiutate a svilupparsi e manifestarsi (Goussot, 2015, p. 239). Maria Montessori proponeva di sviluppare l'enorme ricchezza rappresentata dal potenziale umano, non più soltanto "istruendo" ma "e-ducando" le potenzialità individuali, grazie ad un percorso formativo che aiuta le profonde energie della vita ad agire ed esprimersi lungo l’ intero corso di ogni singola vita, e promuovendo, anche attraverso il quotidiano agire didattico, un apprendimento significativo che possa fornire agli alunni, in qualsiasi condizione esistenziale, non solo strumenti utili a percorrere al meglio itinerari di formazione e impiego, ma anche un processo di crescita verso un progetto di vita il più possibile autonomo in un contesto scolastico inclusivo. Una finalità dell’integrazione scolastica, è lo sviluppo personale di tutti gli studenti della classe, che crescono sotto vari punti di vista: aumentano le loro abilità relazionali di aiuto e comunicative, la loro empatia e le capacità di comprendere e gestire i propri stati d’animo, la loro autostima, le loro competenze metacognitive e di «insegnamento» applicate agli apprendimenti curricolari, che vengono così meglio assimilati, le loro conoscenze biologiche, antropologiche e sociali sulle differenze umane. Accanto a questi progressi funzionali, e lo specifico ambiente di lavoro che la circonda, interazione che, per la sua variabilità, non ammette generalizzazioni. Tuttavia dalla connotazione della ragionevolezza come espressione dei più ampi doveri di buona fede e correttezza nei rapporti contrattuali si possono trarre indicazioni metodologiche utili per orientare prima il destinatario della norma ad individuare il comportamento dovuto e poi, eventualmente, il giudice, al fine di misurare l'esattezza dell’adempimento dell'obbligo di accomodamento nella concretezza del caso singolo. La Convenzione punta inoltre a garantire contemporaneamente l’uguaglianza formale e sostanziale, al fine di ridurre i comportamenti e gli atti discriminatori, ma anche tutte le cause di discriminazione che derivano dalla struttura socio-economica. Nel preambolo della Convenzione infatti, viene precisato che “[...] la disabilità è il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali e ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su una base di uguaglianza con gli altri” , ossia che la disabilità deriva dal rapporto tra la persona e l’ambiente in cui essa è inserita. In ragione di ciò essa abolisce qualsiasi tipologia di comportamento, che sulla base delle caratteristiche di salute e psico-fisiche di ogni persona, ponga degli ostacoli o barriere alla piena partecipazione delle persone disabili alla vita nella società. Sullo sfondo delle trasformazioni in atto si può cogliere la spinta innovativa generata dal cambiamento nel modo di intendere la disabilità introdotto, nel 2001, dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) con la pubblicazione dell’ICF, a cui ha fatto seguito, nel 2007, la versione per bambini e adolescenti (International Classification of Functioning, Disability and Health for Children and Youth. Grazie all’ICF, infatti, la disabilità non è più concepita come un problema di salute ma come una limitazione delle comuni attività quotidiane entro contesti di partecipazione sociale, l’evoluzione concettuale del termine è intesa infatti «quale conseguenza o risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute e i fattori personali e ambientali che rappresentano le circostanze in cui l’individuo vive. A causa di questa relazione, ambienti diversi possono avere un impatto molto diverso sullo stesso individuo con una certa condizione di salute. Un ambiente con barriere o senza facilitatori, limiterà la performance dell’individuo; altri ambienti più facilitanti potranno invece favorirla. La società può ostacolare la performance di un individuo sia creando delle barriere sia non fornendo facilitatori. In questo modo si passa da un modello medico-psico-pedagogico di determinazione del problema dell’individuo e i suoi bisogni a una dimensione sociale di differenze, di diritti e di ruoli; dall’idea dell’individuo come una persona con bisogni speciali all’ambiente di apprendimento come insieme di fattori potenzialmente ostacolanti o facilitanti per lo sviluppo di ognuno; dal punto di partenza basata sull’accertamento di deficit alla costatazione del potenziale esistente; dall’idea della persona come oggetto delle scelte altrui alla promozione della persona come soggetto del proprio percorso; da scelte che presuppongono la necessità di compensare o dispensare a scelte basate sul tentativo di aumentare l’ empowerment. L’obiettivo di garantire l’inclusione sociale delle persone con disabilità coinvolge numerosi settori del nostro ordinamento: è necessario che vengano predisposte misure in grado di tutelare la salute, l’assistenza, il diritto all’istruzione e alla formazione professionale, l’accesso al lavoro, il trasporto e l’accessibilità. Un ruolo predominate è quello assunto delle istituzioni scolastiche e formative che a livello locale, regionale e nazionale dovrebbero confrontarsi per creare reti di collaborazione tra la persona con disabilità, la famiglia, altri care-givers, aziende, enti territoriali e, più in generale, del terzo settore per rispettare l’obiettivo 8 sancito nell’Agenda 2030, per il quale le istituzioni devono incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile garantendo e implementando le possibilità di avere un’occupazione piena, produttiva e redditizia anche per donne e uomini con disabilità. Cottini (2003) propone una visione della qualità di vita della persona con disabilità dove sono centrali gli aspetti di soddisfazione personale e di autorealizzazione, con un richiamo all’importanza delle relazioni interpersonali, all’impegno in attività significative (possibilmente con uno sfondo professionale concreto), alla cura del tempo libero e dell’attività ricreativa. 1.2 Uno sguardo al futuro: il progetto di vita Il Progetto di vita della persona con disabilità (Legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 3) è stato introdotto per la prima volta nel sistema normativo italiano dalla Legge 8 novembre 2000, n. 328 denominata "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali" che all'art. 14 comma 2 prevede la predisposizione di un "progetto individuale" finalizzato alla piena inclusione della persona con disabilità nel contesto familiare e sociale e all'interno di percorsi mirati all'inclusione scolastica e lavorativa e rappresenta il cuore della Legge 22 giugno 2016, n. 112 che ha tra i suoi principi l'attivazione di percorsi volti a favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l'autonomia delle persone con disabilità. Un approccio sistemico al Progetto di vita rappresenta inoltre l'elemento di garanzia dei diritti e della qualità della vita finalizzato a dare piena attuazione al principio di inclusione sociale espresso dall'art. 19 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. Quest'ultimo prevede che per ogni persona con disabilità venga assicurato il diritto alla piena integrazione nella comunità garantendo pari libertà nelle scelte nonché il pieno coinvolgimento nella vita della società. Si prevede che tale progetto venga predisposto dai comuni d'intesa con le aziende unità sanitarie locali. «Il progetto individuale comprende, oltre alla valutazione diagnostico- funzionale, le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del Servizio sanitario nazionale, i servizi alla persona [...], nonché le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale.»1 La potenzialità che risiede nella costruzione del Progetto di vita si riscontra nella possibilità di mettere al centro la persona che viene coinvolta nelle scelte legate alla propria vita e ai percorsi di inclusione sociale. Incorporando i bisogni e le aspirazioni espresse dal beneficiario all'interno di un percorso personalizzato è possibile rispondere attraverso un'azione globale e concertata tra tutti i soggetti coinvolti, diversamente dalla capacità di risposta che potrebbe scaturire da interventi settoriali e distinti che guardano alla persona come destinataria di singoli servizi privi di un coordinamento trasversale. Il progetto di vita è un documento che, a partire dal profilo funzionale della persona e dai suoi bisogni, individua quali sono le possibilità, i servizi e i sostegni che possono permettere alla persona di: migliorare la qualità della propria vita, sviluppare a pieno le potenzialità, potersi sentire parte integrante della comunità, avere la possibilità di vivere una vita indipendente e con le stesse opportunità degli altri. Si tratta di un diritto sancito dalla legge n. 328/2000 (“Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”), la quale prevede che, affinché si ottenga in pieno l’integrazione scolastica, lavorativa, sociale e familiare della persona con disabilità, si predisponga un progetto individuale per ogni singola: persona con disabilità fisica, psichica e/o sensoriale, stabilizzata o progressiva (art. 3 L. 104/92). Attraverso questo piano individuale si possono quindi creare percorsi personalizzati, in cui i vari interventi siano coordinati in maniera mirata, – con i familiari, gli insegnanti del ramo precedente, anche con gli specialisti della Sanità e con l’eventuale educatore che segue il caso. 1.3 La legge dopo di noi La Legge 112 del 22 giugno 2016 recante "Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare", cosiddetta Legge del "Dopo di noi",ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento specifiche tutele per le persone con gravi disabilità quando viene meno il sostegno familiare favorendone il benessere, l'inclusione e l'autonomia agevolando le erogazioni di soggetti privati e la costituzione di trust nonché di vincoli di destinazione di beni immobili e mobili registrati e di fondi speciali in favore delle persone con disabilità. L'obiettivo del provvedimento è garantire la massima autonomia e indipendenza delle persone con disabilità, consentendogli di continuare a vivere - anche quando i genitori non possono più occuparsi di loro - in contesti il più possibile simili alla casa familiare o avviando processi di deistituzionalizzazione. La legge 112/2016 intende dare attuazione ai princìpi stabiliti dagli artt. 2, 3, 30, 32 e 38 della Costituzione, dagli artt. 24 e 26 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dagli artt. 3 e 19, con particolare riferimento al comma 1, lettera a), della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e della legge n. 328/2000. La legge dopo di noi individua proprio la redazione del progetto individuale ex art. 14 della legge 328/2000 quale punto di partenza per l’attivazione dei percorsi previsti dalla stessa. A tal fine è istituito il Fondo per l’assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare, c.d. Fondo per il “Dopo di noi”, le cui risorse vengono ripartite ogni anno dal Ministero alle Regioni con apposito decreto. L’articolo 5 del Decreto interministeriale del 23 novembre 2016, attuativo della Legge n. 112/2016 prevede che con le risorse del fondo possono essere finanziati:  percorsi programmati di accompagnamento per l’uscita dal nucleo familiare di origine;  interventi di supporto alla domiciliarità in soluzioni alloggiative di tipo familiare e di co- housing;  programmi di accrescimento della consapevolezza, di abilitazione e di sviluppo delle competenze per la gestione della vita quotidiana e per il raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile, e, in tale contesto, tirocini finalizzati all’inclusione sociale, all’autonomia delle persone e alla riabilitazione;  interventi di realizzazione di innovative soluzioni alloggiative, mediante il possibile pagamento degli oneri di acquisto, locazione, ristrutturazione e messa in opera di impianti e attrezzature necessarie;  in via residuale, interventi di permanenza temporanea in una soluzione abitativa extra familiare. 1.4 Il “disability job supporter” Il disability job supporter, è un operatore in grado di supportare da una parte le persone con disabilità, soprattutto quelle più fragili, nel difficile percorso di accesso e mantenimento del lavoro e nei servizi di inserimento o collocamento al lavoro, dall’altra parte le aziende soggette agli obblighi della Legge 68/99 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili). Al centro vi è la persona in relazione però con l’ambiente, avere una menomazione non vuol dire essere limitato nei propri funzionamenti e di conseguenza non significa essere un peso in termini economici e sociali. Si deve però essere messi in grado di poter accedere al proprio capability set che è l’esito delle opportunità, delle abilità e delle interazioni con l’accesso alle risorse (Ghedin, 2009). Egli può operare nella scuola, supportando gli studenti con disabilità che frequentano l’ultimo anno del percorso scolastico, nel mercato del lavoro, favorendo l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità, e nelle aziende, supportandole nell’assolvimento degli obblighi di legge. Il disability job supporter conosce gli adempimenti previsti dalla Legge 68/99 a carico dell’azienda ed elabora il Progetto personalizzato per l’assolvimento degli obblighi. Non confeziona mai abiti standard, ma abiti su misura, “sartoriali”, costruisce cioè un progetto ad hoc, utilizzando gli istituti previsti dalla normativa, le buone prassi e le sperimentazioni. Strumenti che consentono di tenere in giusta considerazione i bisogni del lavoratore, dell’azienda e il contesto socio economico di riferimento poiché è indispensabile la conoscenza sia della persona con disabilita che del mercato del lavoro e del mondo del lavoro in generale. Bisogna conoscere gli enti che si occupano di collocamento e inserimento lavorativo, pubblici, privati e del privato sociale, e gli strumenti disponibili, le politiche attive, le buone prassi e via dicendo. Non vi è alcuna possibilità di collocamento efficace, se non c’è una conoscenza del mercato e della sua evoluzione. Il mondo del lavoro, infatti, è cambiato radicalmente negli ultimi anni e cambierà costantemente, se è vero che nell’arco di soli dodici anni vi sono state una grave crisi economica, la pandemia, la guerra in Ucraina, la crisi della globalizzazione. A questo si è sommata l’evoluzione tecnologica, che ha portato a passare dalla meccanica avanzata alla robotica, fino all’intelligenza artificiale. Tutto ciò ha trasformato gli ambienti produttivi, le mansioni, i rapporti di lavoro e le relazioni interpersonali. Non è quindi pensabile erogare servizi per l’occupazione senza le necessarie competenze e un aggiornamento continuo. Una figura professionale che lavori nella scuola, nei servizi pubblici e privati, presso gli enti accreditati al lavoro e alla formazione, nelle aziende, nelle cooperative sociali, nelle associazioni, nelle agenzie per il lavoro, negli organismi imprenditoriali e sindacali. Il mercato del lavoro, le fasce deboli, e soprattutto la disabilità, hanno bisogno di esperti per non essere perennemente esclusi dal contesto sociale in cui vivono. Il compito è quello di verificare il possesso delle certificazioni necessarie ad iscriversi al Centro per l’impiego, di attuare una valutazione funzionale del potenziale occupazionale e di curare l’orientamento al lavoro, nonché di definire il Progetto personalizzato di accompagnamento al lavoro. Cura inoltre il processo di affidamento ai soggetti sociali che si occupano di inserimento lavorativo e se richiesto, dev’essere anche in grado di seguire l’orientamento scolastico, il ri- orientamento, di richiamare l’attenzione dei PARTE II 2.1 L’inclusione lavorativa degli studenti con disabilità Prima finalità dell’inclusione scolastica è sostenere il processo formativo della persona con disabilità nella prospettiva di un suo inserimento come cittadino attivo nella società. A questo scopo i percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento PCTO rappresentano uno strumento ed un’esperienza che proiettano lo studente verso una delle dimensioni della vita adulta, quella dell’inserimento lavorativo, che significherà per lui l’emancipazione dalla famiglia e dall’adolescenza. La scuola, non è soltanto il luogo del raggiungimento di risultati educativi e scolastici, ma diventa, azione dopo azione, costruttrice della comunità stessa e promotrice di valori quali la diversità e la partecipazione. L’ambiente scolastico, così, si configura come specchio della società e, in quanto tale, diventa per lo studente un role playing del più ampio mondo sociale, luogo in cui tutti hanno la possibilità di sperimentare diverse posizioni, assumere più punti di vista, empatizzare con l’altro, intessere relazioni significative che influenzeranno gli atteggiamenti e le credenze. In quest’ottica viene valorizzato l’agire didattico esperienziale e laboratoriale, dove la persona, appunto, è coinvolta a 360 gradi, dove ogni alunno deve spendersi, anche minimamente, dentro a un’esperienza contestualizzata che lo conduce ad agire individualmente, a interagire con i compagni e a relazionarsi con i docenti mettendo in gioco e rielaborando le proprie conoscenze e capacità. Il Ministero dell’istruzione con il Decreto del 4 settembre 2019 n. 774, ha pubblicato le Linee guida relative ai PCTO, il cui fine è quello di guidare gli studenti che attraverso percorsi esperienziali, avranno la possibilità di interagire con nuove figure lavorative e valutare i loro interessi, abilità e competenze. I PCTO, sono promossi per sviluppare le competenze trasversali, contribuiscono ad esaltare la valenza formativa dell’orientamento in itinere, laddove pongono gli studenti nella condizione di maturare un atteggiamento di graduale e sempre maggiore consapevolezza delle proprie vocazioni, in funzione del contesto di riferimento e della realizzazione del proprio progetto personale e sociale, in una logica centrata sull’auto-orientamento. La scuola è, così, chiamata a consegnare ad ogni ragazzo gli strumenti cognitivi ed esperienziali per diventare l’adulto di domani a prescindere dalla condizione iniziale. Nei limiti delle possibilità di cui ciascun soggetto può disporre per le limitazioni e i vincoli posti dall’entità del deficit o dalle condizioni di contesto, è proprio la significatività o meno delle esperienze che ha modo di vivere tra scuola ed extra-scuola che consente di sperimentare i sentimenti di autoefficacia e di tolleranza alla frustrazione necessari per maturare le conoscenze, le abilità e le competenze propedeutiche all’immaginazione e alla pianificazione di un possibile Progetto di Vita. I PCTO hanno il vantaggio di trasferire agli alunni conoscenze e abilità curriculari, creando esperienze formative che possano non solo a far avvicinare i ragazzi a comprendere meglio come funziona il mondo del lavoro ma a far acquisire agli studenti le cosiddette competenze trasversali (o soft skills), qualità applicabili a diversi contesti, occorre valutare bene la connessione tra i bisogni dell’allievo e le risorse territoriali; pertanto, per una buona riuscita del progetto, è fondamentale individuare enti, servizi e figure che interagiscano tra loro per creare un percorso formativo basato su una logica progettuale condivisa e integrata tra i vari sistemi. Più specificatamente, nel caso di alunni con disabilità, la rete dei supporti alla persona dovrebbe essere più ampia possibile e il progetto dovrebbe ispirarsi a una visione incentrata sulla dimensione dell’essere adulto nell’ottica del suo Progetto di vita. La scuola secondaria di secondo grado rappresenta per la maggior parte degli allievi con disabilità la fase conclusiva del percorso scolastico. I docenti impegnati in questo ordine di scuola si trovano, dunque, investiti di una grande responsabilità: preparare i ragazzi ad affrontare la vita adulta e l’integrazione sociale, che dipendono in buona parte da un sereno inserimento lavorativo. Per i ragazzi il futuro che li attende al termine del percorso di studi rappresenta una grande incognita e gli insegnanti hanno il dovere morale e professionale di cercare di rassicurarli e supportarli nella costruzione dell’identità adulta. Risulta fondamentale rendere questa transizione il più graduale possibile, creando le condizioni per l’avvicinamento al mondo del lavoro costruendo dei collegamenti con il “dopo”, al fine di evitare quel senso di vuoto e di abbandono, che potrebbe indurre nei ragazzi una fase di regressione e chiusura in sè stessi. Iniziare a pensare alla prospettiva lavorativa durante la frequenza scolastica rappresenta una pagina importante del percorso verso una concreta integrazione sociale delle persone con disabilità. Allo stesso modo aiutarle a comprendere il valore del lavoro non solo come fonte di reddito, ma come importante occasione di crescita umana e opportunità di costruire una vita più autentica, all’insegna della realizzazione personale e dell’autonomia, è un obiettivo sul quale scuola e servizi hanno sentito l’esigenza di lavorare in maniera sinergica e forte, nell’ambito di un processo di accompagnamento sia dei ragazzi sia delle loro famiglie. Il curricolo scolastico si sviluppa verticalmente ed “ogni esperienza dovrebbe in qualche modo preparare l’individuo alle reali prove della vita posteriori più profonde e più ampie. E’ questo il vero significato di crescita, continuità, ricostruzione dell’esperienza (Esperienza ed educazione – John Dewey). Curricolo verticale che non sottovaluta la variabile “tempo” e impone lo svolgersi dell’azione didattica in un “tempo disteso”. Solo quest’ultimo permette quel livello di individualizzazione che si orienta a garantire a tutti un raggiungimento significativo degli obiettivi prefissati, svolgendo le diverse attività in una dimensione laboratoriale come una delle forme didattiche veramente efficace nella scuola, su cui basare la profondità e la persistenza degli apprendimenti. Secondo il D.L.77 del 2005 (“Definizione delle norme generali relative all’alternanza scuola-lavoro, a norma dell’articolo 4 della legge 28 marzo 2003, n. 53”), art. 4 comma 5: “I periodi di apprendimento mediante esperienze di lavoro sono dimensionati, per i soggetti disabili, in modo da promuoverne l’autonomia anche ai fini dell’inserimento nel mondo del lavoro.” Nelle Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, la scuola è definita «una comunità educante, che accoglie ogni alunno nello sforzo quotidiano di costruire condizioni relazionali e situazioni pedagogiche tali da consentirne il massimo sviluppo» (MIUR, 2019, p. 3). L’obiettivo è quello di trasformare il contesto scuola rendendolo malleabile e polifunzionale in modo da accogliere e valorizzare qualunque differenza ed occorrerà agire secondo una logica sistemica, cominciando con il garantire un contesto scolastico realmente inclusivo e coinvolgendo tutti gli attori del territorio nell’offrire a questi studenti attività di orientamento e di formazione al lavoro, ma anche stage lavorativi veri e propri” (Canevaro). in base al quale, la scuola da un lato e la famiglia dall’altro, si impegnano reciprocamente ad agire nell’interesse dello studente per porre le condizioni migliori per il suo successo formativo. Un accordo più informale, invece, si attua con quello che viene chiamato contratto educativo fra gli insegnanti tutti e la famiglia dello studente, basato sul rispetto dei ruoli e sugli impegni reciproci. Questa relazione dura per tutto il percorso scolastico e vive di piccoli ma importanti elementi come la disponibilità, la comprensione, la flessibilità, l’ascolto, la proposta di iniziative, lo scambio di informazioni; tutti elementi vincenti per una sana e proficua relazione fra il mondo della scuola e il contesto familiare dello studente. La tenuta lavorativa della persona con disabilità risulta correlata al clima aziendale (Matt & Butterfield, 2006). Le aziende in cui gli inserimenti lavorativi hanno maggiori possibilità di successo sono quelle in cui è presente una cultura dell’accoglienza, che risulta fortemente influenzata dalle scelte valoriali dei datori di lavoro. L’esperienza che gli studenti effettuano presso le aziende durante i PCTO ha la funzione di consentire una conoscenza delle caratteristiche e delle regole del mondo del lavoro e soprattutto la finalità di aiutare gli studenti a scoprire i propri talenti e le proprie attitudini, nella prospettiva dell’elaborazione del progetto di vita. Alla base di ogni progetto dovrebbe perciò esserci un intenso lavoro di confronto tra più soggetti, in particolare gli insegnanti, gli psicologi, gli educatori e le famiglie, che porti all’individuazione di obiettivi lavorativi realisticamente raggiungibili e alla costruzione di un percorso attentamente strutturato secondo una successione di tappe graduali, volte al raggiungimento degli obiettivi. Gli studenti con disabilità che hanno una programmazione equipollente alla classe (obiettivi “minimi” o personalizzati), perseguiranno nei percorsi gli stessi obiettivi della classe, favorendo insieme all’acquisizione delle competenze, l’autonomia. Per coloro che hanno una programmazione differenziata gli obiettivi dei PCTO si baseranno sull’acquisizione di competenze soft, sociali, comunicative, comportamentali, adattive che permettano agli studenti di muoversi in piena autonomia nell’ambito familiare ma anche nel contesto sociale, ad esempio, la gestione del tempo, l’uso del denaro e l’autonomia nella mobilità sui mezzi pubblici. Alla progettazione di tali esperienze, va dedicata una specifica sezione del PEI. Si tratta di una vera e propria sfida educativa, che consiste nel trovare connessioni concrete e dotate di senso tra azioni didattiche e Progetto di Vita. Per la scelta degli obiettivi educativi e per il monitoraggio dell’esperienza formativa il riferimento all’ICF, come previsto dal nuovo PEI (D. Lgs. 66/2017), rappresenta per gli insegnanti un’opportunità ineludibile nella progettazione dei PCTO rivolti agli studenti. Il D.lgs. 66/2017 esplicita norme per la promozione dell’inclusione scolastica specificando che questa risponde ai differenti bisogni educativi degli alunni e si realizza attraverso strategie educative e didattiche finalizzate allo sviluppo delle potenzialità di ciascuno. Nel nuovo PEI previsto per la scuola secondaria di II grado, a partire dalla classe III, è prevista la compilazione di una sezione specifica (la 8.4) dedicata ai Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento. In questa sezione si richiede al GLO di descrivere la tipologia di percorso per le competenze trasversali e l’orientamento che s’intende proporre allo studente con disabilità, l’analitica progettazione del percorso, nonché la descrizione delle modalità di verifica. Accanto ai momenti di formazione con il tutor e con il personale dell’azienda o degli Enti coinvolti, occorre riservare uno spazio al lavoro autonomo svolto dagli alunni in gruppi. Questi vanno strutturati e pensati sulla base del livello di competenze dei singoli studenti, delle loro capacità collaborative, in modo che anche l’alunno con disabilità si senta a suo agio a cooperare con i suoi coetanei. Coinvolgendo i compagni di classe, il progetto di PCTO assume senso e ragion d’essere, specie con alunni che hanno difficoltà negli aspetti socio relazionali, poiché lo studente acquisisce gradualmente familiarità nel relazionarsi con i pari. Per fare in modo che gli obiettivi formativi e sociali vengano raggiunti sono necessari alcuni accorgimenti. Il progetto deve essere studiato e strutturato e centrato sull’esperienza dell’alunno con disabilità, a partire dai suoi interessi e dalle sue aspirazioni future in ambito lavorativo. Gli obiettivi devono essere discussi e condivisi con il consiglio di classe e con la famiglia, e devono essere spiegati agli studenti. È inoltre necessario preparare anche i compagni di classe che saranno coinvolti, affinché possano costituire un supporto prezioso per l’alunno, ampliando il processo inclusivo che già deve essere messo in atto in classe. A supporto di tali azioni, deve realizzarsi un lungo lavoro preparatorio attivato in aula dal docente specializzato sul sostegno e condiviso da tutti i colleghi curricolari: non si possono, infatti, demandare al PCTO obiettivi che non abbiano il loro punto di partenza nella quotidianità scolastica. I progetti svolti in orario extrascolastico vanno considerati come un’occasione per rafforzare le dinamiche di apprendimento, di socializzazione e di inclusione già strutturate a scuola, innescando un circolo virtuoso che conferisca un valore aggiunto all’attività di coordinamento tra l’istituto e gli altri operatori coinvolti nel territorio. Nell’organizzare l’orario dello studente con disabilità nel luogo del lavoro o della struttura ospitante, bisognerà tener conto delle sue capacità ad adattarsi al nuovo ambiente e ai relativi ritmi lavorativi, cosi come anche il suo modo di relazionarsi con le persone adulte che lavorano all’interno della struttura ospitante. I genitori di ragazzi con disabilità hanno bisogno di sentire vicina una rete di sostegno che li contenga e progetti con loro; per questo, il pensare e l’agire dei genitori deve essere supportato da un’alleanza costruttiva e affettiva che coinvolga altri genitori, i figli stessi, gli insegnanti e tutto il mondo della scuola, i servizi sociali e sanitari presenti sul territorio, il mondo accademico con la sua disponibilità di competenze e con l’offerta di percorsi di ricerca, indirizzate ad assumere corresponsabilità chiare e coerenti; un’alleanza che permetta ai genitori di recuperare la capacità di progettare per i propri figli, pensandoli finalmente grandi fin da quando sono piccoli. (Elia). Si potrebbe paragonare il percorso anzidetto a un lungo “viaggio evolutivo”, aperto alla complessità del reale, che ha avvio in famiglia, prosegue nella scuola nutrendosi delle consapevolezze, dell’organizzazione, delle professionalità e del clima a più riprese richiamati, continua ancora, attraverso stage e tirocini, verso il mondo del lavoro e si definisce con l’assunzione delle responsabilità dell’età adulta e l’esercizio dei diritti e doveri di cittadinanza. Gran parte della rotta del viaggio è tracciata dal PEI che, previsto dalla L. n. 104/92 ed elaborato collegialmente dagli insegnanti curricolari e specializzati, dai professionisti della ASL, dagli operatori dei Servizi socio- educativi territoriali, dalle famiglie e nella scuola secondaria dallo stesso studente, è da considerarsi come una potente “bussola” nell’itinerario di orientamento dell’alunno e del più ampio processo di inclusione. Le linee guida per i PCTO emanate dal MIUR affermano che il [...] modello formativo implica, pertanto, periodi di apprendimento in contesto esperienziale e situato attraverso, ad esempio, le metodologie del learning-by-doing e del situated-learning, per valorizzare interessi e stili di sviluppa le sue conoscenze e competenze attraverso un processo di riflessione e di ricostruzione dell’esperienza, divenendo protagonista attivo del proprio sapere. Questi i presupposti indispensabili per poter offrire ai ragazzi di ogni ordine di scuola la possibilità di appassionarsi, essi stessi, al sapere. Per quanto riguarda gli aspetti di formazione in un progetto di orientamento scolastico professionale è importante dare o rinforzare strategie che compensino problemi legati alla limitata capacità di elaborare autonomamente scelte e decisioni. L’orientamento ha finalità di preparare i giovani a far fronte al cambiamento, alla transizione, di aiutare gli individui a diventare coscienti delle proprie caratteristiche personali e di svilupparle in vista di una scelta di studi e delle attività professionali. L’esperienza di Alternanza Scuola-Lavoro è formazione al di là delle aule scolastiche: favorisce un primo incontro con la realtà lavorativa, incrementa la corrispondenza tra il percorso di studi e il mondo professionale, aiuta a maturare gli interessi e a valutare le competenze personali, permette al soggetto di agire nel presente e di immaginarsi nel futuro. L'orientamento è definito come un processo che non corrisponde a percorsi lineari ma ad una continua azione di riorientamento perché apre a imprevisti e novità. È necessaria una flessibilità che consenta il monitoraggio graduale nel passaggio da un ordine di scuola ad un altro; la scuola deve promuovere un apprendimento significativo e autentico e al tempo stesso, deve rafforzare le componenti psicologiche che sostengono la conoscenza e la percezione di sé, l’autoriconoscimento di passioni e interessi, in linea con le loro potenzialità e limiti; orientare il potere orientante delle discipline deve acquisire un ruolo dominante. Nelle scuole secondarie di secondo grado le pratiche degli stage, dei tirocini e dell’alternanza scuola lavoro devono assumere un valore significativo in quanto consentono agli studenti di sperimentarsi in situazioni reali di lavoro soprattutto nei ragazzi con deficit mentale, «la capacità motoria rappresenta spesso la sfera della compensazione del deficit intellettivo. È con le abilità motorie che sviluppa l’intelletto pratico e questo stimola la formazione di capacità particolari, come l’osservazione e la memoria» (Lolli, Pepegna e Sacconi, 2009, p. 83) Conclusioni Molte sono le trasformazioni culturali, sociali, politiche a cui stiamo partecipando. Si sta passando da una lettura tradizionale dell’incapacità come problema individuale, dalla condizione di essere considerati cittadini invisibili, dall’approccio basato sulle politiche dell’assistenza e della sanità, alla presa d’atto che le persone con disabilità sono discriminate e senza pari opportunità per responsabilità della società, che sono persone titolari di diritti umani; protagoniste di politiche inclusive, soggetti consapevoli che vogliono e possono decidere della propria vita. Il cuore del problema non sta dunque nella condizione soggettiva dell’individuo, ma nei contesti sociali e culturali in cui la disabilità si manifesta. Ecco che viene richiamata l’attenzione sulla responsabilità collettiva che da ciò deriva: istituzioni e società civile sono chiamate a rimuovere o ridurre la disabilità, ed educazione e lavoro sono due ambiti particolari cui la Convenzione fa riferimento invitando a un impegno preciso. Scopo preciso della Convenzione ONU è quello di “promuovere, proteggere e garantire il pieno ed eguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità” (art. 1), andando quindi oltre una prospettiva meramente sanitario‐ assistenziale. Compito della scuola è quello di supportare i propri studenti nel prendere coscienza delle proprie potenzialità, aumentare l’empowerment fornendo gli strumenti affinché tali potenzialità possano emergere per crescere culturalmente, psicologicamente e socialmente acquisendo responsabilità ed autonomia giungendo ad educare l’intera comunità scolastica al rispetto e alla valorizzazione delle differenze. La scuola è studio, conoscenza, cultura, apprendimento dei saperi, ma è anche educazione, teatro di crescita civile e di cittadinanza; in cui nascono e crescono affetti, sentimenti, luogo per eccellenza in cui collegare forme di continuità verticali e orizzontali tra diverse esperienze scolastiche ed extrascolastiche. L’empowerment dei soggetti diviene in un’ultima analisi il primo passo di un processo che conduce a guadagnare “libertà sostanziali”, ovvero – come sostiene Sen – “una libertà che implica la capacità (capability) di trasformare i beni e le risorse a disposizione in libertà di perseguire i propri obiettivi, di promuovere i propri scopi, di metter in atto stili di vita alternativi, di progettare la propria vita secondo quanto di valore ha per sé” (Sen, 2000). Per fare questo è necessario dunque considerare con lungimiranza la vita della persona con disabilità oltre il periodo strettamente scolastico, in un’ottica globale di “presa in carico” e pensandola adulta in una prospettiva longitudinale nella quale investire risorse e assumere corresponsabilità istituzionali a lungo termine. Occorre perciò ragionare in termini di long life learning affinché ciascuno abbia le opportunità di continuare ad apprendere, ovvero sia messo nelle “condizioni migliori” per accedere a nuove conoscenze, acquisire abilità e competenze attraverso un’azione orientante in grado di promuovere capacità di riadattamento dinamico e in definitiva di auto- orientamento (Chiappetta Cajola, 2015). Riferimenti bibliografici Besio, S. (2009). Progettazione e orientamento alla vita, 1000-1027 Cacciamani, S., Psicologia per l’insegnamento, Carocci, 2009 Canevaro ,A. (2001), Per una didattica speciale dell’integrazione. In D. Ianes (a cura di), Didattica speciale per l’integrazione, Trento, Erickson, pp. 9-30. Chiappetta, L. (2015). Inclusione, orientamento formativo e disabilità. In Lucia Chiappetta Cajola (a cura di), Didattica inclusiva, valutazione e orientamento. ICF-CY. Portfolio e certificazione delle competenze degli allievi con disabilità. Dati di ricerca (pp. 17-34). Roma : Anicia. 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