Scarica TFA SOSTEGNO RIASSUNTO SIMONE e più Prove d'esame in PDF di TFA Sostegno solo su Docsity! RIASSUNTO TFA SOSTEGNO PARTI PRINCIPALI EDIZIONE SIMONE SEZIONE I Le reti di scuole La rete di scuole è un particolare istituto giuridico introdotto dall'articolo 7 del D.P.R. 8 marzo 1999 n. 275. Le istituzioni scolastiche nell'ambito della propria autonomia e nell'espletamento delle loro funzioni educative istituzionali, possono stipulare accordi di rete al fine di ampliare la loro offerta formativa , o aderire ad eventuali accordi già costituiti. Gli accordi di rete possono intervenire tra due o più scuole, a cui possono partecipare anche privati, gli stessi privati che possono tra l'altro farsi promotori di fronte alle istituzioni scolastiche di tali iniziative. Tali accordi sono deliberati dal Consiglio d’Istituto ma nel caso in cui tale accordo prevede attività didattiche o di ricerca devono essere approvati anche dal Collegio docenti. ll comma 3 stabilisce che l'accordo possa prevedere lo scambio temporaneo di docenti fra le istituzioni che partecipino alla rete, purché questi abbiano uno status giuridico omogeneo e che acconsentano liberamente. Agli accordi possono aderire tutte le istituzioni scolastiche che intendano parteciparvi; gli accordi devono favorire la partecipazione alla rete di scuole che presentano situazioni di difficoltà. I partenariati educativi Il partenariato è un patto tra soggetti diversi (soggetti pubblici o privati, forze economiche e sociali) che, coinvolti nello stesso settore, cercano una soluzione comune per la realizzazione di interventi . Le scuole possono promuovere o aderire a partenariati già costituiti a diversi livelli: -locale, - regionale, -nazionale, -europeo Il partenariato educativo è uno strumento di cooperazione tra diverse istituzioni per la gestione dell’offerta formativa sul territorio. CAPITOLO V • Il sistema di valutazione e di autovalutazione delle scuole L’autonomia scolastica ha imposto un sistema di controlli e valutazioni esterne per verificare che l’azione delle scuole sia efficiente ed efficace. La valutazione esterna è effettuata dal SISTEMA NAZIONALE DI VALUTAZIONE (SNV), e ha come contropartita, sempre in attuazione della piena autonomia didattica delle scuole, il sistema di valutazione interno dalle stesse effettuato, detto di auto-valutazione. Il sistema nazionale di valutazione (SNV) esterno è articolato a tre livelli : IL contenuto: • Priorità • Obiettivi di miglioramento • Traguardo di lungo periodo Il PdM deve essere attuabile per cui partendo dalla situazione esistente come emersa dal Rav si individua l’obiettivo ossia la situazione desiderata e solo a questo punto di può sviluppare un piano operativo che abbia come obiettivo un miglioramento sostenibile. Sezione importante è quella dei monitoraggi : la scuola deve costantemente verificare lo stato dell’arte, ovvero l’avanzamento delle attività e i risultati raggiunti, onde apportare gli opportuni cambiamenti in itinere. Il controllo sull’andamento è affidato al NIV. Il PTOF non può prescindere dal PdM. Quindi dovranno essere indicati in esso priorità, traguardi, obiettivi come indicati nel Rav e Pdm Nel Ptof devono essere esplicitate e pianificate le azioni finalizzate al raggiungimento dei traguardi previsti. • LA VALUTAZIONE ESTERNA Ha come punto di partenza il processo di autovalutazione effettuato dalla scuola, quindi come il pdm, trova il suo punto di partenza nel RAV. 3 FASI: -lettura e analisi dei documenti da parte del Nev -visita (dura 3 gg) con raccolta di ulteriori dati anche attraverso interviste -giudizio: viene formulato sulla base delle evidenze emerse durante l’intervista Dopo la visita il Nev predispone un Rapporto di valutazione esterna (RVE) e lo invia alla scuola che dovrà tener conto ai fini del Pdm. CAPITOLO VI • USR Organo dell’amministrazione periferica dello Stato. Il Miur è articolato a livello periferico in Uffici scolastici regionali . In ciascun capoluogo di regione ha sede un Ufficio Scolastico Regionale. Ha il compito di vigilare sul rispetto delle norme generali, sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni. Gli organi collegiali a livello di circolo e di istituto (art. 5 e ss. del T.U. Istruzione (D.lgs 297/1994) 1) IL CONSIGLIO D’INTERSEZIONE: proprio della scuola dell’infanzia E’ composto da tutti gli insegnanti dello stesso plesso e dai docenti di sostegno se presenti, nonché da un rappresentante eletto dai genitori degli alunni iscritti. E’ presieduto dal D.S. 2) IL CONSIGLIO DI INTERCLASSE: proprio della scuola primaria E’ composto dai docenti dei gruppi di classi parallele, o dello stesso plesso o circolo. Ne fanno parte anche un rappresentante eletto dai genitori degli alunni iscritti, per ciascuna delle classi e i docenti di sostegno . E’ presieduto dal D.S. 3) IL CONSIGLIO DI CLASSE: proprio della scuola secondaria. E’ composto dai docenti di ogni singola classe ( ivi compresi i docenti di sostegno): si occupa dell’andamento generale della classe; da due rappresentanti dei genitori e da 2 rappresentanti degli studenti. E’ presieduto dal D.I consigli di intersezione, interclasse e di classe hanno il compito di formulare al collegio dei docenti proposte in ordine all’azione educativa e didattica Al consiglio di classe spettano anche altre competenze quali deliberazioni sull’accogliento delle domande degli alunni che chiedono di trasferirsi all’istituto nel corso dell’anno scolastico; è competente anche a disporre le sanzioni disciplinari fino alla sospensione non superiore a 15 gg. 4) IL COLLEGIO DEI E’ un organo collegiale composto esclusivamente dal personale insegnante con esclusione di soggetti estranei. La sua formazione è automatica, poiché per rivestire la qualità di membro è sufficiente la qualifica di insegnante di ruolo e non di ruolo, in servizio nel circolo o nell’istituto. E’ presieduto all’inizio di ogni anno scolastico e ogni volta che il D.S: ne ha la necessità. Ha poteri deliberanti; elabora il Ptof che viene poi deliberato dal C.d.i. Programma e attua le iniziative per il sostegno degli alunni disabili. Potere esclusivamente tecnico pratico 5) IL CONSIGLIO DI CIRCOLO O D’ISTITUTO E’ L’organo a cui è affidato il governo economico- finanziario della scuola. E’ composto da 14 membri negli istituti con popolazione scolastica fino a 500 alunni e da 19 membri negli istituti con popolazione superiore a 500 alunni.Fanno parte i rappresentanti dei docenti e del personale non docente, i rappresentanti dei genitori degli alunni; i rappresentanti degli studenti nonché il D.S. Dura 3 anni scolastici nel corso dei quali i membri perdono requisiti di elegibilita’ Approva il Ptof Approva il bilancio preventivo e il conto consuntivo Adotta il Regolamento d’Istituto ( che disciplina la vita quotidiana nella scuola). 6) ASSEMBLEA DEI GENITORI Possono essere di classe o d’istituto: alle prime partecipano i genitori degli alunni iscritti alla classe; alle seconde partecipano i genitori degli alunni iscritti alla scuola. CAPITOLO VIII • OFFERTA FORMATIVA E PROGRAMMAZIONE L’autonomia scolastica delle scuole si estrinseca attraverso la realizzazione della propria offerta formativa e quindi con l’approvazione del Ptof. IL Ptof, originariamente, ex art. 3 D.P.R. 275/1999 era Piano Offerta formativa. POF. Con la legge 107/2015 il Pof, è stato sostituito dal Ptof: rispetto al Pof la progettazione formativa deve guardare ad un triennio. Il Ptof è la carta d’identità della scuola; la scuola presenta alle famiglie la propria attività e i propri obiettivi per questo deve essere adeguatamente pubblicizzato per il principio di trasparenza. IL contenuto: -la programmazione curricolare ed extracurricolare _la programmazione educativa e didattica e organizzativa Il vecchio Pei (Progetto educativo d’istituto) ex D.P.C.M. 7 giugno 1995 può dirsi confluito del Ptof. Tutte le scuole devono predisporre entro ottobre dell’anno scolastico precedente al trienni odi riferimetno il Ptof. E’ elaborato dal Collegio dei docenti sulla base delle scelte di gestione amministrazione e indirizzi del D.s., è approvato dal Consiglio di circolo o d’istiuto, è pubblicato sul sito della scuola. La sua struttura si compone di 4 parti: 1) Le fonti: in cui si descrivono la situazione dell’istituto , l’esperienza passata e le prospetive di svilupo Deve permettere all’utente di farsi un quadro preciso della scuola: punti di forza e criticità. 2) Le offerte e i programmi: è la parte centrale del Ptof.Racchiude le offerte e i programmi delle scuole: didattica, orario, curricolo, integrazione, impegni relazionali e strutturali. 3) Il regolamento 4) La valutazione: vengono elencati i metodi le modalità di verifica e le valutazioni delle prestazioni scelte. Se durante l’anno emergono criticità è possibile apportare delle modifiche entro il 30 ottobre di ogni anno sul presupposto che l’analisi del Rav già predisposto e del relativo P.d.M. La legge 107/2015 individua alcuni OBIETTIVI FORMATIVI che le istituzioni dell’autonomia possono inserire nel Ptof, avvalendosi a tal fine dell’organico dell’autonomia.t.1 co VII l • Valorizzazione e potenziamento delle competenze linguistiche, con particolare riferimento all’italiano, inglese, anche con l’utilizzo della metodologia clil • Potenziamento delle competenze matematico-logico-scientifiche; conoscenza in materia giuridico-economica; dell’inclusione scolastica e del diritto allo studio degli alunni con Bes; delle metodologie laboratoriali; nella pratica e cultura musicale. • Sviluppo delle competenze in materia di cittadinanza attiva e democratica attraverso la valorizzazione della educazione interculturale e della pace il rispetto delle differenze. Il Ptof non ha un format prestabilito ( diversamente dal Rav e PdM) IL Miur detta delle semplici linee guida ciò per evitare di ingabbiare l’autonomia delle scuole in parametri troppo rigidi. Con nota 11-12-2015 n.2805, il Miur ha fornito alcune indicazioni operative per la redazione del Ptof. Il Ptof deve essere coerente col Rav: deve contenere le altre priorità, gli stessi obiettivi e traguardi da realizzare anche con forme di flessibilità didattica (che si manifesta nel curricolo) e organizzativa. Il documento compilato sul modello della piattaforma può essere stampato in formato pdf e sottoposto alla delibera del Consiglio d’istituto. • IL CURRICOLO ART.8 DPR 275/1999: nel Ptof le scuole determinano il curricolo obbligatorio per i propri alunni. Il curricolo è il percorso educativo e didattico che la scuola nel Ptof progetta per garantire il successo formatico degli alunni. E’ elaborato dal Collegio docenti in sinergia con le famiglie e le componenti civili e sociali del territorio -comunicare; -collaborare e partecipare; -agire in modo autonomo e responsabile; -risolvere i problemi; - individuare collegamenti e relazioni - acquisire e interpretare l’informazione Il 22 maggio 2018 il Consiglio dell’Ue ha adottato una nuova Raccomandazione sulle competenze chiave per l’apprendimento permanente. Essa rinnova e sostituisce la precedente Raccomandazione 2006. Si incentra su una crescente necessità di maggiori competenze imprenditoriali sociali e civiche, per assicurare capacità di adattarsi ai continui cambiamenti del reale. Le competenze sono definite nella nuova Raccomandazione 2008, come una combinazione di conoscenze, abilità e atteggiamenti, in cui: -la conoscenza si compone di fatti e cifre, concetti e teorie che sono già stabiliti e che forniscono le basi per comprendere un certo settore o argomento -per abilità si intende saper essere capaci di eseguire processi ed applicare le conoscenze esistenti al fine di ottenere i risultati. -gli atteggiamenti descrivono la disposizione e la mentalità per agire o reagire a idee persone o situazioni. Esse si sviluppano in una prospettiva di apprendimento permanente, dall’infanzia a tutta la vita adulta. -Nelle indicazioni nazionali del 2007 e 2012 si recepiscono le direttive 2006 e 2008. Viene promossa una didattica per competenze. Gli apprendimenti attesi vengono denominati traguardi per lo sviluppo delle competenze. La valutazione formativa non ha l’obiettivo prioritario di giudicare classificare sanzionare ma stimolare il miglioramento continuo. SEZIONE II CAPITOLO I LA NORMATIVA SULL’INTEGRAZIONE L’ idea di una scuola aperta a tutti nasce in Italia negli anni che seguono la contestazione giovanile del 1968. In tale contesto alcuni pedagogisti e insegnanti si posero il problema che una scuola democratica e accessibile a tutti i componenti della società dovesse esserlo soprattutto per gli alunni svantaggiati e disabili fino a quel momento relegati nelle scuole speciali. Con la legge 118/1971 si introduce per la prima volta il principio secondo il quale per i minori invalidi civili l’istruzione obbligatoria debba avvenire nelle classi normali della scuola pubblica. Il DOCUMENTO FALCUCCI nella forma di Relazione conclusiva della Commissione Falcucci sui problemi degli alunni handicappati fu allegato al C.M. 227/1975. Per la prima volta si parlava di progetto Educativo un modello d’insegnamento che superava il concetto di unicità del rapporto insegnante – classe attribuendo a un gruppo d’insegnanti interagenti la responsabilità globale verso un gruppo di alunni, con la conseguente necessità di programmare, attuare e verificare il progetto educativo, servendosi della collaborazione degli specialisti. L517/1997, è il primo a disciplinare in modo completo l’integrazione degli alunni portatori di handicap. Prevede, sulla base del documento falcucci, che tutti gli alunni in situazioni di handicap, accedano alle scuole elementari e medie inferiori. L270/1982 stabilisce che ciascuna sezione di scuola materna è costituita con un massimo di 30 bambini e un minimo di 13 bambini, ridotti, rispettivamente a 20 e 10 per le sezioni che accolgono i bambini portatori di handicap. Ha stabilito che gli insegnanti di sostegno sono di ruolo e si ricoprono con concorsi L104/1992, è la legge per l’assistenza, integrazione dei diritti delle persone handicappate. La legge ribadisce il principio dell’integrazione scolastica e sociale impegnando lo Stato a rimuovere le condizioni invalidanti che ne impediscono lo sviluppo. In particolare per quanto concerne il diritto all’istruzione e all’educazione rappresenta un riferimento fondamentale per il raggiungimento della qualità dell’integrazione scolastica: -art.12 diritto all’educazione e all’istruzione; -art.13 integrazione scolastica; -art.14 modalità di attuazione dell’integrazione; -art 15 gruppi di lavoro per l’integrazione scolastica; -art 16 valutazione del rendimento e prove d esame; Art. 14, in particolare si occupa del ruolo degli insegnanti di sostegno. Individua poi gli strumenti per attuare l’integrazione: -diagnosi funzionale; -proflo dinamico funzionale; -piano educativo individualizzato Tali documenti, redatti in collaborazione con il Servizio Sanitario Nazionale hanno lo scopo di riscontrare le potenzialità funzionali dell’alunno con disabilità per costruire adeguati percorsi di autonomia, di socializzazione e di apprendimento. Sono stati applicati fino al 1 gennaio 2019 data a partire dalla quale è entrato in vigore il nuovo regime previsto dal Dlgs 66/2017 che sostituisce la diagnosi funzionale e il profilo dinamico funzionamento con il nuovo profilo di funzionamento. Sulla base del Pei vengono realizzati progetti personalizzati a cura rispettivamente delle asl degli enti locali e delle istituzioni scolastiche: tra cui il piano degli studi personalizzato. Con la legge quadro del 1992 lo Stato ha definito forme e criteri per consentire ai portatori di qualsivoglia forma di handicap di realizzare i diritti di cittadinanza e di pari opportunità nei diversi momenti di vita, di studio, di lavoro, e di relazione. Le disposizioni contenute nella L104/1992 sono state riprese in seguito nel TU istruzione DLGS 297/1994 in particolare dall’art.314 che recepisce integralmente il contenuto della legge 104. Con l’autonomia scolastica, prefigurata dall’art. 21L 59/1997 ed attuata con il DPR 275/1999 è stato introdotto il principio della flessibilità oraria dei docenti e il concetto di autonomia progettuale della formazione come garanzia del pluralismo culturale e di libertà di insegnamento. L’attività di progettazione si riferisce anche all’attivazione di percorsi didattici individualizzati per gli alunni portatori di handicap ai sensi della L104/1992.Tale autonomia trova la sua massima espressione nel POF, oggi Ptof a seguito della legge 107/2015, che consente alle scuole di prevedere anche dei percorsi formativi individualizzati e caratterizzati sulle esigenze degli allievi con handicap. Sulla base delle scelte dei progetti educativi per alunni con handicap, vengono poi attivati i gruppi composti da docenti insegnanti di sostegno genitori operatori asl che partecipano alla definizione delle modalità di integrazione dell’ alunno e degli strumenti piu’ adatti alle caratteristiche del caso. L 107/2015 DLGS 66/2017: è dlgs di attuazione della delega contenuta nella legge 107/2015 è incentrato sull’inclusione scolastica degli alunni e degli studenti con disabilità certificata ai sensi della legge 104/1992 che modifica direttamente in alcuni punti fondamentali con decorrenze diverse. Vi si ribadisce che l’inclusione scolastica, perché sia effettiva interessa tutte le componenti scolastiche e non solo il docente di sostegno, ovvero i dirigenti scolastici, i docenti, personale ata, studenti e famiglie nonché tutti gli operatori istituzionali. In particolare il decreto: introduce il modello bio-psicosociale della classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute (icf) nell’ambito del nuovo profilo di funzionamento ; riordina e rafforza i gruppi di lavoro per l’inclusione scolastica; IL Pei diventa parte integrante del Progetto Individuale. L 170/2010 sui DSA e BES.( vedi parte III) - due docenti per la scuola dell’infanzia e il primo ciclo di istruzione; - un docente per il secondo ciclo di isruzione. I suddetti componenti sono nominati dall’Usr competente per il territorio. ha il compito di avanzare la richiesta delle ore di sostegno da assegnare a ciascuna istituzione scolastica per gli allievi disabili al’usr. E’ l’organo intermediario a cui il D.S. si rivolge per fare la richiesta delle ore di sostegno all’urs. ( Il D.S. insieme alle richieste, invia al git il piano per l’inclusività, il profilo di funzionamento, il progetto individuale, i piani educativi individualizzati , e richiede le ore di sostegno, l’organico.) Il git valuta le richieste avanzate da tutti i D.S. e formula la richesta all’usr. Il piano per l’inclusività , il profilo di funzionamento , i piani educativi individualizzati sono i documenti che costituiscono la bussola su cui deve progettarsi l’inclusione scolastica. Fino al 1 settembre 2019 era la scuola ad avanzare direttamente la richiesta delle ore di sostegno all’usr o atp di competenza. • Il profilo di funzionamento cos’è? E’ un documento che sostituisce, ai sensi del D.lgs 66/2017 altri due documenti previsti insieme a questo dalla legge 104/1992 come strumenti che gli insegnanti di sostegno devono utilizzare per attuare l’integrazione scolastica dell’alunno disabile, con handicap. Art.14 l104 del 1992 rubricato “modalità d’attuazione dell’integrazione scolastica, si occupa del ruolo degli insegnanti di sostegno, dell’importanza di un loro aggiornamento costante in materia di handicap e di alcuni strumenti di istruzione e formazione necessari alla effettiva integrazione degli alunni disabili: diagnosi funzionale, profilo dinamico funzionale, profilo di funzionamento. Il dlgs 66/2017 ha lasciato solo il profilo di funzionamento che include anche la diagnosi funzionale e il profilo dinamico funzionale Il profilo di funzionamento è l’unico strumento di integrazione scolastica che l’insegnante di sostegno dovrà utilizzare. Da chi è redatto? Il d.lgs. prevede che i genitori del disabile, una volta ottenuta la certificazione delle disabilità (si fa la domanda di accertamento della disabilitò all’inps) inviino la stessa all’unità di valutazione multidiscipliare. Sarà quest’ultima che, con la collaborazione del bambino, alunno , studente disabile e un rappresentante dell’amministrazione scolastica, individuato tra i docenti della scuola frequentata dal soggetto interessato redigono il Profilo di funzionamento. All’unità di valutazione multidisciplinare (UVM) fanno parte: -Un medico specialista, -uno specialista in neuropsichiatria infantile -un terapista in riabilitazione -un assistente sociale Che nell’ambito delle risorse disponibili fa una valutazione sulla base della certificazione di disabilità di quali sono gli interventi migliori per la persona disabile e le competenze professionali richieste. E’ uno dei documenti più importanti per attuare l’inclusione scolastica delle persone disabili sottoposte a valutazione. Viene redatto secondo il modello bio-psico sociale ICF dell’OMS (novità del dlgs 66/2017) (disabilità e potenzialità) E’ propedeudico alla redazione del pei. . CAPITOLO IV DALL’ACCERTAMENTO DELLA DISABILITA’ AL PIANO EDUCATIVO INDIVIDUALIZZATO La segnalazione dell’alunno disabile all’UVM può essere fatta ai sensi dell’art.2 DPR 20- 04.1994, anche dal D.S. Pur non facendo riferimento alla famiglia il DPR, è opportuno che questa scelta sia sempre fatta coinvolgendo i genitori dell’alunno per non violare i diritti del minore e la tutela parentale. L’UVM procede alla redazione del Profilo di funzionamento con la collaborazione dei genitori del bambino studente alunno e un rappresentante dell’istruzione scolastica. IL PDF è un documento propedeutico alla redazione del PEI. • PEI IL PEI, piano educativo individuale o individualizzato è il progetto di vita scolastica di ogni alunno con disabilità. In questo documento vengono descritti gli interventi finalizzati alla piena realizzazione del diritto all’educazione, all’istruzione, all’integrazione scolastica. IL pei è un documento che riporta gli interventi didattico- educativi, riabilitativi, di socializzazione integrati ed equilibrati tra loro, predisposti tra operatori della scuola, dei servizi sanitari e sociali, in collaborazione con i familiari dell’alunno con disabilità , ai fini della realizzazione del diritto all’educazione e all’istruzione di cui ai primi 4 commi dell’art. 12 l 104/1992. Viene redatto all’inizio di ciascun anno scolastico, dopo un periodo di osservazione e di analisi della situazione di partenza. Per elaborarlo è necessario indagare su: -profilo dinamico funzionale -Determinare gli obiettivi le attività i metodi di lavoro le strategie e i materiali da utilizzare nel processo integrativo -Verificare la corrispondenza tra gli obiettivi programmati e gli obiettiv i raggiunti. IL Pei è redatto dal GLHO (gruppo operativo per l’inclusione del singolo allievo) composto da: • Gli insegnanti del consiglio della classe frequentata dall’alunno; • L’insegnante di sostegno se già assegnato; • I genitori; • L’insegnante operatore psico-pedagogico • Operatori del distretto socio-sanitario che anno in carico l’alunno. L’insegnante specializzato e tutti gli attori responsabili della progettazione del Pei definiscono gli obiettivi del Pei e decidono la tipologia di programmazione che l’alunno potrà seguire. Vengono individuate, le azioni , le strategie i percorsi i mezzi e i materiali le tipologie di prove e definiti i tempi degli apprendimenti. Si possono stabilire anche dei percorsi individualizzati all’interno delle singole aree disciplinari. I genitori sottoscrivono il Pei e ne ricevono una copia. La fase della progettazione del pei spetta all’insegnante di sostegno. L’insegnante di sostegno progetta il pei. A tal fine, raccoglie tutte le info e il materiale relativo all’alunno e compila la parte didattica del pei che consta: -profilo di funzionamento che sostituisce la diagnosi funzionale e il profilo dinamico funzionale Che contiene la definizione delle attività, dei materiali, dei metodi di lavoro. Per elaborare un progetto efficace e funzionale occorre sapere cosa l’alunno sa fare, cosa non sa fare e cosa potrebbe fare. L’insegnante di sostegno sin dal primo momento deve fornirsi di tute le info necessarie alla buona riuscita del progetto e soprattutto deve coinvolgere i docenti della classe e tutto il personale che opera nella scuola nel progetto d’integrazione scolastico. Nel caso del passaggio da un grado di scuola all’altro, il DS deve prendere accordi con la scuola che successivamente prenderà in carico l’alunno per garantire la continuità. In questo caso il pei deve essere realizzato con la collaborazione dei docenti del ciclo precedente. anche percettiva è effetto di semplici associazioni S-R (stimolo- risposta) i cognitivisti rivalutano le operazioni che consentono quel tipo di risposta. Tali operazioni vengono analizzate sulla base della convinzioni che la mente umana funzioni come un elaboratore elettronico . Per i cognitivisti, bisogna comprendere i meccanismo mentali che permettono di trasformare input sensoriali in organizzazioni complesse e valutare i tempi che intercorrono tra uno stimolo e l’output da parte del soggetto (ovvero la sua reazione). Le illusioni percettive La costanza percettiva Prendiamo un oggetto di uso comune ad esempio una penna: a seconda di come la ruotiamo davanti al nostro sguardo essa assume differenti proiezioni sulla nostra retina. L’immagine che si forma è diversa se vediamo la penna frontalmente con la punta verso il nostro naso o se la osserviamo con gli estremi paralleli ai nostri occhi : avremo un punto o un segmento. Ora, benché le immagini rappresentino figure assai diverse per no i esse indicano sempre la stessa penna. Questo processo che ci consente di conservare l’identità degli oggetti viene definito come costanza percettiva e viene distinto rispetto alla grandezza, al colore, alla chiarezza e alla forma: -costanza di grandezza, ecc.. L’organizzazione figura sfondo e le figure reversibili Qualsiasi esperienza percettiva al livello minimale di organizzazione, implica la capacità di distinguere la figura dallo sfondo da cui essa emerge. Questa capacità è funzionale alla sopravvivenza della specie ed è presente sia nei neonati che negli animali. La possibilità di cogliere le figure stagliate su di uno sfondo dal punto di vista della teoria Gestalt, costituisce una condizione assolutamente primaria dei fenomeni percettivi. Nelle cosiddette figure reversibili ci troviamo al contrario di fronte a situazioni in cui mantenere stabile una percezione non è facile. Di fronte a queste immagini il nostro sistema percettivo oscilla tra configurazioni diverse in ragione dell’angolo visivo adottato. Questo chiarisce come la percezione sia sostanzialmente un processo attivo che non si limita ad accogliere passivamente delle stimolazioni ambientali. In questi casi si parla id ipotesi percettive: la nostra mente opera una selezione fra le possibili interpretazioni degli input sensibili. Un esempio dono le figure di Rubin e il cubo di Necker (vedi libro) Nel rimo il contorno della figura delimita compi diversi che diventano ora lo sfondo ora la figura dando come risultato percettivo un vaso o due profili. Analogamente per il cubo la cui faccia colorata può apparire sul piano frontale oppure posta sul retro. In entrambe le situazioni mancano comunque indizi univoci per orientare lo sguardo: il cervello non riesce a scegliere l’interpretazione corretta dei dati attestandone cosi la sostanziale indecidibilità. Le illusioni ottiche Sotto questa dicitura sono raggruppati quei fenomeni percettivi che presentano una forte discordanza dalla realtà fisica. Illusione in senso generale, consiste in una distorsione di un oggetto esterno reale, accompagnata però da senso critico. Tra le varie illusioni percettive: -le nuove creazioni, che comprendono la presenza di aspetti fenomenici che di fatto mancano nel campo percettivo, ma che si formano a partire da caratteristiche degli oggetti stessi Un caso è l’immagine di Kanitzsa. - le trasformazioni: si riferiscono ad una mutazione percettiva delle dimensioni o della forma, o della forma, o di entrambe come nell’illusione di Ponzo in cui le due linee orizzontali sono della stessa lunghezza ma quella superiore appare più lunga perché più vicino al punto di convergenza dei segmenti che li contengono. Nell’illusione ottico – geometrica di Muller- Lyer i due segmenti proposti pur essendo della stessa lunghezza ci appaiono diversi a causa dell’orientamento delle frecce Un caso che evidenzia distorsioni nella figura è quello delle rette parallele (o illusioni di Hering) poste orizzontalmente rispetto alla figura di sfondo che appaiono restringersi ai lati e distanziarsi al centro o viceversa a seconda della convergenza delle linee del disegno retrostante. L’ATTENZIONE L’attenzione si può definire come la capacità cognitiva di mettere a fuoco specifici contenuti e all’opposto inibire informazioni valutate come irrilevanti. L’attenzione opera come un filtro sull’informazione in entrata (input) selezionandola in base ad interessi e ad aspettative. La metafora del filtro si diffuse alla fine degli anni 50 nel ‘900 dopo le ricerche dello psicologo Broadbent. Il filtro opererebbei n relazione alle finalità, compiti, aspettative del soggetto. Tale azione avverrebbe selezionando gli stimoli rilevanti e scremando quelli irrilevanti. Questa selezione sarebbe avvenuta dopo una prima analisi delle caratteristiche fisiche degli stimoli. Tuttavia molti esempi ci dimostrano che siamo capaci di eseguire nello stesso tempo compiti diversi. Le ricerche della psicologia cogniitva si sono quindi spostate gradualmente a cominciare dagli anni ’80 dallo studio dell’attenzione come selezione di nformazione attenzione selettiva, al problema dell’attenzione distribuita su più compiti attenzione divisa. Tra le ricerche più interessanti ci furono quelle di Hirst e Kalmar, che dimostrarono che i soggetti potevano prestare attenzione simultaneamente a due compiti di natura diversa ( es. grammatica e aritmetica), compiendo un minor numero di errori che nella situazione in cui due compiti erano uguali ( due compiti aritmetici). In questa situazione si parla di interferenza strutturale: l’esecuzione di un compito interferisce sull’altro se essi si condividono lo stesso tipo di elaborazione ad esempio verbale. E’ questo un caso in cui interverrebbe l’attenzione selettiva: l’attenzione si sposta ora su un compito ora su un altro .L’attenzione può essere distribuita più facilmente e con minor ricaduta sulla prestazione, se i compiti riguardano abilità diverse, o se vengono utilizzate risorse cognitive differenti. Se nel modello di Broadbent l’attenzione costituisce un sistema di filtraggio dell’informazione in entrata, nei modelli più recenti essa è considerata un sistema di controllo delle operazioni cognitive. Secondo il modello più noto, quello di Tim Shallice, l’attenzione interviene nella selezione tra un processo cognitivo e l’altro qualora questi siano in conflitto tra loro, la cosiddetta selezione competitiva. Un’operazione cognitiva può imporsi su un’altra in base al valore maggiore di attenzione che essa ha in un determinato momento rispetto ad altre operazioni . Secondo Shallice si tratta di una scelta automaticamente effettuata dal cosiddetto sistema attenzionale supervisore. La memoria La memoria è generalmente definita come la struttura psichica che conserva e organizza le informazioni. In una prima fase, quella dell’acquisizione, il soggetto incontra le infomazioni. Si tratta di un processo che coincide generalmente con un atto percettivo molto semplice: il cosiddetto registro sensoriale (RS). Atkinson e Shiffrin proposero, sul finire del secolo scorso, un modello in cui, a questa prima fase dell’acquisizione, segue quella della ritenzione, cioè la capacità di conservare le tracce per un periodo più o meno lungo: ciò da origine alla memoria a breve termine (MBT) e a quella a lungo termine (MLT). Per far si che un’informazione percepita ad esempio un numero di telefono, passi dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine occorre un processo di codifica ad esempio il ripasso per memorizzare il numer. L’effettiva presenza della traccia in memoria si riscontra nella fase di recupero o anche della riattivazione o del ricordo. Per spiegare il funzionamento della memoria umana sono stati proposti diversi modelli nel tempo. 1) Modello associativo di HERMANN EBBINGHAUS. La facoltà di ricordare viene favorita dalle relazioni associative. Le tracce si ricordano meglio se possono essere associate tra loro per contiguità, somiglianza o per contrasto. Ebbinghaus si propose di studiare la memoria come capacità pura, cioè non influenzata dalle conoscenze pregresse né dalle strategie organizzative del soggetto. Egli introdusse l’uso delle liste di sillabe senza senso la cosiddetta stiamo leggendo un libro di una materia che non abbiamo mai studiato. La sensazione è quella di non capire nulla di quello che stiamo ascoltando : perché? Perché mancano ancora gli schemi entro cui andare ad assimilare la nuova conoscenza. Per assimilare nuove informazioni noi abbiamo bisogno di nuovi schemi in grado di contenerle col processo di assimilazione e di accomodamento con cui vengono modificati gli schemi. La confusione deriva dal fatto che abbiamo bisogno di tempo : per assimilare e per accomodamento ovvero modificare gli schemi pregressi alle nuove info. -principio di equilibrazione: è il principio che regola i meccanismi di assimilazione e accomodamento ovvero che stabilisce un equilibrio dinamico tra assimilazione e accomodamento. Nel momento in cui si verifica l’equilibrio si identifica uno stadio dello sviluppo cognitivo. - Gli stadi dello sviluppo cognitivo per P., sono dei periodi di sviluppo cognitivo universali, sequenziali e determinati . Sono 4 e si realizzano uno alla volta nell’individuo. - 1) stadio senso motorio: questo stadio va dalla nascita ai 2 anni e a sua volta si suddivide in altre 6 fasi, la prima della quale è quella dei riflessi innati che va dalla nascita al primo mese di vita; la seconda fase di questo stadio è quella delle reazioni circolari primarie che va dal primo mese al quarto mese di vita in cui si formano le prime coordinazioni tra percezione e movimento. Il bambino ripete molte volte i riflessi innati durante l’arco della giornata cosicchè l’azione originaria si consolida e diventa uno schema che il bambino è capace di seguire con facilità e che danno vita alle prime abitudini; la terza fase dello stadio senso motorio è quella delle reazioni circolari secondarie che va dal quarto all’ottavo mese di vita in cui il bambino compie ripetutamente azioni, notando cosa accade nel momento in cui le compie, interagendo con l’esterno; la quarta fase è quella della coordinazione e differenziazione mezzi fine che va dall’ottavo al dodicesimo mese di vita durante i quali compaiono i primi movimenti intenzionali diretti verso uno scopo; la quinta fase delle reazioni circolari terziarie che va dai 12 ai 18 mesi di vita in cui il bambino riesce ad utilizzare una sorta di ragionamento, il bambino esplora il mondo esterno per scoprirlo e conoscerlo; l’ultima fase dello stadio senso motorio è quella delle funzioni simboliche che vanno dai diciotto ai venticinque mesi di vita e che vede la sostituzione della precedente rappresentazione sensoriale degli oggetti con quella mentale (rappresentazione cognitiva). Il bambino è in grado di agire sulla realtà col pensiero dando vita al gioco simbolico ovvero ai giochi del far finta che. - 2)stadio preoperatorio: va dai 2 ai 7 anni. Anche questo stadio è suddiviso in altre due fasi, la prima delle quali è la fase preconcettuale che va dai 2 ai 4 anni. Questo periodo è caratterizzato da una serie di progressi cognitivi che portano all’acquisizione di funzioni complesse, come il linguaggio e la scoperta delle relazioni tra gli oggetti e le figure di riferimento. E’ fortemente presente l’egocentrismo intellettuale per cui il bambino, totalmente concentrato su se stesso, percepisca il mondo solo dalla sua prospettiva . La difficoltà dal discernere l’io dal non io comporta l’attribuzione di istanze proprie di se anche alle cose con l’insorgere di un fenomeno denominato animismo infantile che procede per gradi secondo cui il bambino è portato a credere che tutti gli oggetti anche quelli inanimati siano vivi producendo pensieri. - la seconda fase dello stadio pre-operatorio quella del pensiero intuitivo che va dai quattro ai sette anni. L’animismo infantile si evolve e il bambino proietta solo verso gli oggetti in movimento come i fiumi o il fuoco ‘idea che siano vivi, pensando ad esempio che il sole tramonta perché ha sonno. Lo sviluppo del pensiero pre-logico intuitivo porta il bambino ad interpretare le situazioni in base alle caratteristiche presenti momento per momento e non come l’esito di un insieme di processi. Il bambino riesce a percepire gli aspetti qualitativi e quantitativi di un oggetto solo in maniera separata e non contemporaneamente cosi come pure le azioni mentali sono irreversibili poiché composte da rappresentazioni mentali isolate. Cio’ comporta per esempio che il bambino non riesca a percepire la conservazione del volume - 3)stadio operatorio concreto.va dai 7 agli 11 anni. L’animismo si evolve e il bambino attribuisce la vita solo agli oggetti dotati di movimento proprio come il mare che, ad esempio usa le onde per giocare e non agli oggetti dotati di movimento indotto come la bicicletta . Verso la fine di questo stadio si passa dall’animismo all’artificialismo caratterizzato dalla convinzione che tutte le cose siano il risultato dell’opera dell’uomo il quale ha creato le stelle e le ha lanciate in cielo oppure che ha creato i laghi scavando grossi fossi e riempiendoli d’acqua. In questa fase il bambino sottoposto all’esperimento di conservazione del volume con bicchieri di forma diversa comprende che la quantità di acqua nei bicchieri è la stessa seppur visivamente risulti diversa grazie alla capacità di ragionamento e all’acquisizione del concetto di reversibilità - 4)stadio operatorio formale. Che va dagli 11 anni all’adolescenza e che in definitiva chiude lo sviluppo cognitivo. L’animismo infantile è totalmente superato E’ in grado di pensare astrattamente secondo il sillogismo logico , laddove il pensiero da induttivo diventa deduttivo andando dal generale al particolare come tutti i peluche sono morbidi. Teddy è un peluche. Teddy è morbido. Embriologia mentale: lo sviluppo mentale avviene come un embrione attraverso stadi che si sviluppano uno alla volta fino alle loro completa maturazione. VYGOTSKIJ Filosofo russo, muore giovane a 37 anni Fondatore della scuola storico culturale, esponente massimo della teoria socio- culturale (cioè la teoria che vede lo sviluppo della psiche guidata e influenzato dal contesto di riferimento, diversamente da Piaget che affermava che lo sviluppo della psiche del bambino non ha alcun effetto l’ambiente esterno, il bambino impara interagendo da se sugli oggetti). Lo sviluppo del pensiero cognitivo è possibile secondo V. grazie all’interazione sociale, ambientale. Lo sviluppo del pensiero cognitivo non procede dalla spontaneità alla scientificità, ma concetti spontanei e scientifici sono costantemente collegati e si influenzano reciprocamente attraverso l’interazione sociale e ambientale. Lo sviluppo del pensiero cognitivo avviene tramite la relazione tra età stabile ed età critiche. Le età stabili, sono periodi in cui i cambiamenti sono minimi. Le età critiche sono periodi in cui i cambiamenti sono molti: sono crisi che se superate correttamente garantiscono lo sviluppo cognitivo corretto del bambino, consentendo il passaggio allo stadio successivo. Per V. l’educatore deve lavorare sulle potenzialità del bambino: ogni bambino ha un potenziale che gli permette di acquisire nuove conoscenze nel momento in cui entra in contatto con soggetti aventi una maturazione cognitiva superiore. Lo stimolo mezzo. V. accetta l’ipotesi che la struttura base dei processi psichici sia la sequenza stimolo reazione ma in merito ai processi psichici superiori., pensiero, linguaggio, ragionamento, inserisce un nuovo elemento: lo stimolo mezzo. Lo stimolo mezzo è uno stimolo creato dall’uomo utilizzato per instaurare un nuovo rapporto stimolo risposta indirizzando il comportamento verso una determinata direzione. Gli stimoli-mezzo che non sono soltanto oggetti fisici, come in questo caso, a qualunque stimolo proveniente dall’ambiente, sono fondamentali per l’acquisizione dei processi psichici superiori. Per diventare funzione psichica superiore è necessario l’intervento degli stimoli-mezzo che provengono dall’ambiente esterno senza i quali il bambino non potrebbe mai passare dal possedere l’attenzione naturale a quella volontaria. Ogni funzione psichica superiore appare due vote nello sviluppo del bambino : dapprima sul piano interpsicologico e in un secondo tempo sul piano intrapsicologico La zona di sviluppo prossimale: è un concetto introdotto per la prima volta da Vygotsky, serve per spiegare lo sviluppo dell’apprendimento nel bambino, e indica l’area in cui si può osservare cosa il bambino è in grado di fare da solo e quali sono i potenziali apprendimenti possibili nel momento in cui è sostenuto da un adulto competente. E’ una sorta di ponte tra le capacità di sviluppo attuali del bambino e quelle potenziali attraverso l’interazione con una persona più esperta (tra livello di sviluppo effettivo e livello di sviluppo potenziale). Lo sviluppo cognitivo si ha quando il bambino impara a padroneggiare il problema da solo : la zona di sviluppo effettivo si incrementa includendo quelle che prima era prossimale. Processo di interiorizzazione: è un processo con cui il bambino acquisisce grazie all’interazione sociale, delle nuove competenze interiorizzandole, determinando il progredire dello sviluppo cognitivo. Individua 4 stadi del processo di interiorizzazione durante il primo dei quali il bambino risponde alle stimolazioni dell’ambiente in modo immediato successivamente usa segni esterni, in seguito diviene consapevole del significato e del ruolo dei segni e in fine giunge a una Sostituisce la vecchia concezione di intelligenza unitaria misurabile col vecchio sistema del Q.I., con una concezione di intelligenze multiple: 9 ognuna deputata a differenti campi dell’attività umana. -intelligenza logico-matematica -i. linguistico-verbale -i.spaziale -i. musicale -i.cinestetica o procedurale -i. interpersonale -i.intrapersonale Successivamente nel corso degli anni ’90 ne ha poi individuato altre due tipologie -i. naturalistica, relativa al riconoscimento e alla classificazione degli oggetti naturali -i. esistenziale relativa all’attitudine di riflettere sulle questioni fondamentali circa l’esistenza e in generale astrattamente per categorie concettuali universali. Nel testo “5 chiavi per il futuro” Gardner sostiene che i giovani dispongono di 5 canali strategici per affrontare la vita; intelligenza disciplinare , legata ai saperi teorici; intelligenza sintetica che consiste nell’abilità di raccordare le informazioni attinte dalle diverse fonti mediatiche; intelligenza creativa che permette di individuare soluzioni originali per problemi inediti; intelligenza rispettosa dell’alterità e infine intelligenza etica con cui è possibile stare al mondo in maniera consapevole. In conclusione, poiché l’attività mentale è differenziata, anche se le diverse intelligenze operano sinergicamente, se poste di fronte a problematiche complesse, bisogna distinguere l’insegnamento e la didattica in campi di esperienza così da stimolare adeguatamente le diverse funzioni della mente, tenendo conto della specificità dei vari saperi, per ognuno dei quali esistono forme peculiari di pensiero. L’educatore? L’insegnamento deve essere distinto in diversi campi di esperienza per stimolare adeguatamente le diverse funzioni della mente. I giovani dispongono di 5 canali strategici per affrontare la vita ( nel libro 5 chiavi per il futuro) - Intelligenza sintetica - Itelligenza creativa - Intelligenza rispettosa dell’alterità - Intelligenza etica intelligenza disciplinare. GOLEMAN E L’INTELLIGENZA EMOTIVA ,psicologo statunitense, contemporaneo Intelligenza emotiva : è la capacità di motivare se stessi, di persistere nel perseguire un obiettivo nonostante le frustrazioni, di controllare gli impulsi, rimandare le gratificazioni, evitare che le sofferenze ci impediscano di essere empatici. Nei suoi scritti Goleman prima dimostra i limiti del QI, riportato alle tradizionali capacità logico-matematiche, verbali e spaziali, quando viene adoprato quale indice del successo di una persona, dopo di che descrive il concetto di intelligenza emotiva , già illustrato da Gardner nelle sue forme intrapersonale e interpersonale, differenziando le competenze personali da quelle sociali: le prime concernono l’attitudine ad afferrare i differenti aspetti della vita emozionale, mentre le seconde attengono a come si comprendono gli altri e ci si relazione con essi. Le 5 caratteristiche base dell’intelligenza emotiva sono: -consapevolezza di sé (saper ottenere risultati riconoscendo le proprie emozioni) -Dominio di sé( saper adoperare i propri sentimenti per uno scopo) -Motivazione (conoscere la vera e profonda motivazione che muove all’azione) -empatia (saper ascoltare gli altri entrando in un flusso di contatto= -abilità sociale (sapere comprendere i movimenti che avvengono tra le persone quando si sta con loro) La teoria dell’elaborazione dell’informazione Alla fine degli anni ’50 negli Stati Uniti e in Inghilterra si diffuse, nell’ambito della psicologia dello sviluppo cognitivo, l’approccio dell’elaborazione dell’informazione, HIP: human information Processing. I sostenitori della teoria dell’informazione focalizzano l’attenzione sulle modalità con cui il sistema cognitivo mette in atto nell’elaborazione delle informazioni provenienti dall’ambiente, ovvero su come l’informazione viene memorizzata ovvero codificata e immagazzinata. I ricercatori utilizzano la metafora del computer per comprendere i processi cognitivi messi in atto dal soggetto nella sua interazione col mondo. I computer, infatti, sono macchine che elaborano informazioni trasformando gli input in output. Gli input consistono in dati di arrivo ; gli output consistono in dati derivati dall’elaborazione dei precedenti e che assumono forme tali da essere memorizzate , stampate e visualizzate su uno schermo. Tale elaborazione avviene per mezzo di programmi che consistono in una serie ordinata di istruzioni, ovvero in un algoritmo il cui linguaggio è riconoscibile dal computer stesso . Oltre a servirsi della stessa metafora del computer i ricercatori dell’ elaborazione dell’ informazione condividono le seguenti caratteristiche: -l’individuo considerato come strumento dell’elaborazione dell’informazione -lo sviluppo considerato come un’auto-modificazione L’individuo come il computer elabora le informazioni trasformando l’input in output. A partire da questo presupposto, l’obiettivo della psicologia dello sviluppo consiste nel capire come è programmato l’organismo umano per riconoscere codificare e immagazzinare il flusso delle informazioni provenienti dall’esterno. Per tale ragione la ricerca che si è avvalsa di questo fondamento teorico ha orientato le proprie indagini su funzioni cognitive come la memoria, il pensiero, l’ attenzione le strategie per la risoluzione di problemi. Atkinson e Shiffrin hanno focalizzato l’ attenzione sulle modalità attraverso cui il flusso d’informazione viene trasformato . Essi hanno messo in evidenza l esistenza di registri sensoriali capaci di trattenere solo per frazioni di secondo le informazioni che arrivano agli organi di senso e di magazzini in cui l’ informazione può essere conservata, essi sono rappresentati dalla memoria a breve termine e dalla memoria a lungo termine. (La memoria a breve termine può mantenere solo un numero limitato di info e per un breve periodo che corrisponde ad una durata di circa 15-30 secondi. La memoria a lungo termine invece ha una capacità molto ampia e conserva le informazioni per un tempo indefinito attraverso un’organizzazione estremamente complessa). L’individuo ha un proprio programma di elaborazione dei dati mediante il quale si rappresenta le informazioni ai fini della memorizzazione, delle risoluzione dei problemi .Si parla di auto-modificazione nello sviluppo : nel senso che il bambino come il computer si autocorregge mediante feedback che riceve, e modifica il proprio programma di elaborazione di dati, rigettando metodi inutili. L’analisi del compito risulta per i teorici dell’elaborazione dell’informazione uno strumento principe per la valutazione delle strutture cognitive di un soggetto e quindi per la valutazione del mutamento. CAPITOLO III LE NEUROSCIENZE Alcuni antropologi come Arnold Gehlen, hanno definito l’uomo come un animale indebolito , il suo rapporto col mondo non è istintuale come gli animali poiché il suo corredo istintuale è insufficiente. Vive per questo un a condizione di forte mediazione cognitiva e simbolica con l’ ambiente circostante. Nella metà del ‘900 si sviluppano ricerche su come funziona la mente umana. Le neuroscienze: approfondiscono la struttura del cervello per analizzarne il funzionamento, sono infatti un insieme di studi sul sistema nervoso. Alla base delle neuroscienze c’è il riconoscimento dell’interazione tra discipline solo apparentemente distanti quali la biologia e la psicologia. insieme di regole molto complesse. Di conseguenza l’indagine della linguistica deve partire dallo studio della grammatica mentale presente nel soggetto già dalla nascita, l’analisi della quale ha indotto Chomsky ad affermare che i soggetti parlanti nell’apprendimento di una lingua seguono norme e principi fondamentalmente comuni. Lo studioso americano distingue tra: -competence, intesa come la capacità di generare e comprendere l’insieme infinito di frasi di una lingua; -performance, corrispondente alla capacità di costruire concretamente le possibilità offerte dalla competence, quindi le reali manifestazioni linguistiche del soggetto. Fra i due concetti esiste una forte interrelazione in quanto la competence determina in gran parte la performance, che comunque è influenzata anche da ulteriori fattori extralinguistici, come i limiti della memoria, i problemi di attenzione. La maturazione del linguaggio avviene in seguito alla maturazione di un meccanismo specifico a base innata cosicchè il momento della sua comparsa è predeterminato nel patrimonio genetico del soggetto, risultando indifferente alla quantità e alla tipologia di stimoli provenienti dall’ambiente. Pertanto la teoria di Chomsky ritiene di poter trascurare il contesto linguistico in cui le parole vengono effettivamente generate. PIAGET E VYGOTSKIJ e il linguaggio egocentrico Il punto cruciale di divergenza tra la teoria di Vygotskij e Piaget riguarda il linguaggio egocentrico. Secondo Piaget lo sviluppo del linguaggio che segue un percorso analogo a quello del pensiero, si evolve dall’interno verso l’esterno, ovvero partendo dal potenziale patrimonio genetico ereditario innato, alla costruzione della dimensione psichica, attraverso la maturazione naturale degli organi preposti allo svolgimento della funzione , l’esperienza di vita e l’educazione scolastica con la seguente transizione processuale: linguaggio autistico, linguaggio egocentrico e linguaggio sociale. Il linguaggio del bambino, nella prima fase della sua comparsa, intorno al secondo anno di vita, è un linguaggio di tipo autistico, volto soprattutto a soddisfare i bisogni essenziali dell’io; con il passaggio allo stadio preoperatorio, diventa prevalentemente egocentrico, incentrato sul proprio punto di vista; poi intorno al settimo anno col raggiungimento dello stadio operatorio concreto, il linguaggio egocentrico scompare progressivamente, si evolve e in qualità di funzione inter-psichica proiettata verso l’esterno, diventa sociale e quindi comunicativo, contribuendo alla socializzazione del pensiero. Vygotskij al contrario, sostiene che il linguaggio del bambino sia già in origine di tipo sociale perché viene assorbito in modo inconscio in famiglia e nell’ambiente circostante e, se viene proposto in maniera corretta e significativa, il bambino lo assorbe spontaneamente nelle sue strutture, anche elaborate e complesse imparando ad utilizzarlo in forme grammaticali sintattiche, semantiche e lessicali corrette. Il linguaggio da funzione inter-psichica che consente di rapportarsi con le altre persone, diventa una funzione intrapsichica che permette di regolare dall’interno i propri processi cognitivi e il proprio comportamento organizzando l’insieme di regole, strategie, strutture e contenuti che stanno alla base di qualsiasi attività psichica. All’inizio esso assolve una funzione sociale, ma progressivamente compare un uso intrapsichico che svolge una funzione intrapersonale: alla sua originaria funzione comunicativa si correla quella strumentale del pensiero ( questo processo di interiorizzazione si verifica dai tre agli 8 anni). Il linguaggio egocentrico è strutturalmente diverso da quello sociale perché non deve essere esplicito per un interlocutore esterno: è ellittico e ricco di omissioni e aumenta nelle situazioni difficili. Una volta interiorizzato questo tipo di linguaggio diventa sempre meno dipendente dall’azione in corso, perde il carattere di commento dell’ azione attuale e acquisisce la funzione di guida del comportamento e del pensiero. In particolare V. aveva notato che dai 2 ai 6 anni il linguaggio si espande e si arricchisce nel lessico, soprattutto si articola in due piani diversi, di cui uno conserva la funzione di contatto sociale e di normale comunicazione con gli altri, mentre l'altro diventa linguaggio egocentrico volto a soddisfare i bisogni dell’ egocentrismo individuale, ancora incapace di concepire qualsiasi forma di decentramento al di fuori del proprio io. Ebbene questo linguaggio è in transito dall’esterno verso l’interno in fase di trasformazione da linguaggio sonoro a linguaggio silenzioso interiore. Poi, intorno al 7 anno di vita, quando l’individuo acquista il concetto della conservazione della sostanza e della reversibilità dell’azione, questo linguaggio non scompare o si atrofizza come voleva Piaget, ma va in profondità diventa linguaggio per se e serve per ordinare le idee categorizzare la realtà e formulare concetti. Per completare il discorso sul linguaggio, bisogna descrivere le tesi di V. riguardante le tre forme di linguaggio (interiore, parlato, scritto) secondo cui esse sono strutturalmente diverse tra loro, differenza che dipende dalla diversa situazione comunicativa. Le caratteristiche del linguaggio interiore sono: l’abbreviazione, la frammentarietà, la condensazione. L aggregazione, la predicazione assoluta . Siccome il ricevente e l emittente coincidono la comprensione avviene senza equivoci. Nel linguaggio parlato invece, il ricevente è una persona diversa dall’emittente ma è fisicamente presente durante la comunicazioe che, in tal caso, racchiude sia la comunicazione verbale che quella non verbale e ciò permette al ricevente di comprendere facilmente il senso. Nel linguaggio scritto il ricevente è una persona diversa dall’emittente ed è per il piu assente durante la comunicazione per cui l uso del linguaggio deve essere altamente preciso e formale,, con una sintassi maggiore e complessa per raggiungere la piena espressione di ogni pensiero e per poterne garantire la comprensione. LA COMUNICAZIONE NON VERBALE A differenza del linguaggio che prevede una riflessione e, quindi una possibilità di controllo dei contenuti, la comunicazione non verbale è spesso involontaria. Ray Birdwhistell ha individuato una cinquantina di movimenti e di posizioni elementari del corpo cinemi, che costituiscono il repertorio di cui una persona può avvalersi nel corso della comunicazione. Paul Ekman, sostiene che esistono determinate espressioni facciali, relative alle emozioni, che son comuni in tutto il mondo, e che non variano al variare della cultura e del contesto di riferimento. Paul Watzlawick, sostiene che non si può non comunicare, nel senso che anche un o sguardo, un movimento o un semplice inarcare le sopracciglia veicolano un messaggio a chi o quanti ci stanno di fronte. La prossemica Il termine prossemica è stato coniato dall’antropologo statunitense Edward T Hall per indicare le modalità con cui l’uomo percepisce lo spazio personale e sociale nell’ambito della comunicazione interpersonale. Gli elementi oggetto di studio della prossemica ( distanza, vicinanza, contatto fisico) assumono significati diversi a seconda della cultura e dell’ambiente sociale considerati. La prossemica mostra che la disposizione dei corpi nello spazio fisico può avere valore comunicativo. Se ad esempio tra le persone c’è una relazione intima, esse tendono a ridurre al minimo la distanza tra di loro. Tenere qualcuno a distanza vuol dire invece che la relazione interpersonale è tata in qualche modo minacciata. La condotta prossemica è interpretabile come un’evoluzione del comportamento territoriale degli animali. Il contatto oculare, l’orientazione e la postura mettono a disposizione strumenti efficaci del linguaggio silenzioso con cui ciascuno segnala all’altro le forme dell’interazione possibile. Secondo Hall si possono individuare 4 livelli di distanza: - La distanza intima va da 0 a 45 cm comporta un coinvolgimento notevole con l'altro con il quale vi è un contatto fisico - La distanza personale v da 45 a 120 cm in genere ei rapporti di amicizia - La distanza sociale da 120 a 360 cm che intercorre nelle situazioni di lavoro - La distanza pubblica da 360 cm in su La cinesica Indaga la mimica e la gestualità. CAPITOLO 5 SVILUPPO PSICODINAMICO, SOCIALE ED EMOTIVO In opere come “La psicoanalisi dei bambini”, “Contributi alla psicoanalisi”, “invidia e gratitudine” emerge un’idea dell’inconscio infantile come luogo delle “produzioni fantasmagoriche”. La klein sviluppa la sua teoria della mente infantile partendo dalla tesi di Freud che prevede la duplice presenza delle pulsioni di vita e delle pulsioni di morte: queste pulsioni sono innate e la presenza contemporanea di pulsioni opposte da origine nella mente infantile a un mondo immaginario popolato da oggetti fantasmagorici: cioè ogni pulsione è accompagnata da un fantasma cioè a una fantasia sull’oggetto collegato a quelle pulsioni. Abbiamo l’oggetto buono quando la fantasia ad esso collegate sono vissute come gratificanti, cattive nel caso opposto: il bambino che prima di addormentarsi simula o immagina la suzione del seno materno, svela come ogni pulsione sia accompagnata dalla relativa fantasia. Il bambino si trova sin dall’inizio della sua vita in una condizione di frammentazione e scissione dei suoi desideri e delle sue pulsioni, posizione psico-paranoide. In preda all’istinto di morte è drammaticamente diviso tra ricerca degli oggetti buoni e la paura degli oggetti cattivi. Solo dopo il 4 mese di vita con la posizione cosiddetta depressiva, il bambino è in condizione di percepire la totalità, di percepire ad esempio la mamma come oggetto d’amore unitario, non più scisso in parti buone e cattive. Kohut: Il se del bambino che è l’apparato psichico originario è disunito, per giungere alla coesione ha bisogno del rapporto con l’altro: ciò avviene con due funzioni specifiche : -la funzione speculare: è quella in cui il passaggio dalla frammentazione alla coesione è reso possibile da un investimento libidico proveniente dalla madre cioè dall’ affetto materno. Il risultato è un primo livello del sé che Kohut definisce del “grandioso esibizionista” in cui dominano nel bambino idee di onnipotenza e narcisismo. IL bambino gode del fatto di esistere esclusivamente come oggetto di desiderio della madre -la funzione idealizzante: la quale deriva dal sé paterno e per Kohut riguarda, concretizza l ‘ideale di comportamento. Il bambino assorbe e sublima l’imago del padre facendone il paradigma delle proprie azioni. Da questo punto di vista, nella prospettiva di Kohut che può intendersi come teoria della progressiva identificazione del bambino con i suoi genitori, l’origine del sintomo nevrotico è interpretabile come fallimento e blocco del percorso di coesione. Si ha il ritorno del sé adulto nella condizione della frattura originaria. La terapia significherà ricomposizione del sé e redistribuzione armonica delle pulsioni Donald Winnicott Il bambino appena nato e fino ai primi mesi di vita vive una sorta di continuità d’essere con la madre, viene detto periodo fusionale. Il neonato concepisce una sorta di mamma ambiente empaticamente protettiva. E’ il cosiddetto holding: termine intraducibile che indica il complesso della gestualità materna: cullare, sostenere, è l’insieme delle capacità della madre che funge da contenitore alle angosce del bambino. Questa continuità d’essere è importantissima perché consente al bambino appena nato di non subire l’urto con l’ambiente esterno. Per garantire che, nel delicatissimo passaggio dalla condizione di onnipotenza in cui il bambino protetto nell’holding immagina di vivere i primi mesi di vita, alla condizione di separazione, dunque alla prima strutturazione della soggettività, c’è bisogno che si instauri tra mamma e bambino uno spazio simbolico ludico/creativo. E’ lo spazio del gioco, in cui si inseriscono i cosiddetti oggetti transizionali : animali di peluche, pezzi di stoffa che il bambino tiene con se nei momenti di angoscia, nelle situazioni di distacco. Secondo W. nel percorso dell’individuazione, cioè nel passaggio dalla fase fusionale a quella della soggettività, il bambino scopre l’esistenza del mondo esterno. Nel periodo fusionale il bambino pensa invece che tutti gli oggetti esterni compresa la madre sono una sua proiezione soggettiva. Nel periodo di passaggio alla fase della soggettività, il periodo transizionale, la madre avrà un ruolo importantissimo perché dapprima stimolerà l’illusione del bambino che gli oggetti sono ancora una sua illusione, dopo stimolerà quella del disincanto senza che subisca un urto nello scoprire l’esistenza del mondo esterno. In questa fase importantissimi sono lo sviluppo ad opera della madre delle prassi simboliche del bambino originando quella dimensione di prassi ludica che negli adulti diventerà arte lavoro e cultura Il percorso verso il riconoscimento della sua soggettività è il riconoscimento degli oggetti pensati come esterni e non sue creazioni interiori avviene gradualmente passando alla cosiddetta fase transizionale. In questa fase, il bambino abbandona gradualmente l’idea che la realtà sia una sua creazione e comincia a riconoscere l’esistenza di alcuni oggetti transizionali, come i peluche, ecc. Sono oggetti che sono assimilati dal bambino come non me. Fondamentale è la presenza di una madre sufficientemente buona per garantire la costruzione del vero se della sua personalità, cioè la madre buona, riesce grazie alle sue risposte istintive ai gesti del neonato, a garantire la costruzione della sua personalità. Nel caso opposto si creeranno delle angosce e il bambino crea un falso se’. La teoria di Spitz Attraverso una serie di sperimentazioni constatò che esistono determinate esperienze esistenziali che costituiscono veri e propri criteri organizzatori di alcune tappe dello sviluppo psicologico dell’individuo. -fase preoggettuale: alla nascita il bambino vive in una sorta di condizione di autismo, durante la quale risulta completamente ripiegato in sé stesso e di indifferenziazione identitaria, in cui non esiste alcuna distinzione tra sé e il mondo esterno, in particolare tra sé e la madre. -fase dell’oggetto precursore: Nel corso del terzo mese il piccolo inizia a riconoscere il volto umano, specialmente la zona degli occhi e del naso (zona che Spitz ricostruisce in laboratorio con delle maschere) alla quale indirizza sorrisi. Ciò significa che riconosce il viso (della madre) come altro da sé, in virtù di un principio di interrelazione con il mondo esterno che comporta l’uscita dall’autismo dei primi mesi di vita. -fase dell’oggetto libidico: (angoscia dell’8 mese). In questo periodo il piccolo comincia ad esprimere gioia quando sta insieme alle persone che conosce e timore verso quelle che non conosce, la qual cosa dimostra che non solo individua l’altro da se, ma che, in ciò che è altro, distingue la madre dai soggetti estranei. Successivamente, intorno ai 2 anni, il bambino comincia a dire di no alla madre, mostrando di far valere la propria volontà in contrapposizione a quella materna. Ciò denota il distacco, la definitiva separazione identitaria del figlio dalla madre, la quale, d’ora in avanti, verrà identificata dal bambino come persona diversa da sé. Margaret Mahler: la teoria si basa sul cosiddetto processo di separazione – individuazione che consiste in due sviluppi complementari: la separazione avviene con l’emergere del bambino da una fusione simbiotica con la madre, mentre l’individuazione riguarda la graduale assunzione da parte del piccolo delle proprie caratteristiche individuali La teoria di Stern: specializzato nell’infant research, ha il merito di essere riuscito a cogliere e caratterizzare le fasi di sviluppo del sé descrivendo i comportamenti in maniera particolareggiata. Nei primi mesi di vita il piccolo si impegna attivamente nel costruire un sé emergente mediante la coordinazione e la stabilizzazione del ciclo del sonno/veglia, giorno / notte e fame/sazietà. Il rapporto con la madre svolge principalmente una funzione di regolazione fisiologica. Il sé viene definito “emergente” perché comincia una lenta ma progressiva e continua distinzione dal coacervo di sensazioni e azioni percepite. Il culmine della fase emergente giunge intorno alle 8 settimane, quando il piccolo instaura un contatto di tipo oculare con il sorriso che non è più un mero riflesso bensì una risposta sociale che inizia ad accompagnarsi all’emissione di suoni gutturali. Dall’inizio del terzo mese circa nei bambini avviene una rilevante trasformazione in quanto essi si concentrano maggiormente nelle azioni sugli oggetti e nell’interazione sociale, cominciando in tal modo a formare un nucleo distinto dal mondo esterno e dagli altri. Inizia codi la fase di sviluppo del sé nucleare, nella quale emerge la capacità di percepirsi come agenti. Successivamente tra il 7 e il 9 mese di vita, ha luogo lo sviluppo di un sé soggettivo riscontrabile nel momento in cui il bambino capisce di avere una mente, che anche gli altri la hanno e soprattutto che i contenuti delle menti si possono condividere.Tale consapevolezza è alla base di ogni processo empatico. Nei confronti delle figure primarie ha luogo il passaggio dall’intimità fisica quella psichica. L’ultima tappa è costituita dallo sviluppo del sé verbale L’individuo e l’ambiente : Bowlby e Bronfenbrenner Quest’approccio guarda all’adolescenza come una fase naturale dello sviluppo umano attraversata da fenomeni biologici e inconsci, tra loro legati, in modo tale da assicurare una continuità. “ sono gli assunti o ipotesi fondamentali. 1)ipotesi del determinismo psichico (cioè della continuità dello sviluppo mentale) 2)ipotesi della presenza di un mondo inconscio 1) lo sviluppo psichico avviene secondo una serie di fasi tra loro legate. L’adolescenza è una fase dello sviluppo psichico legata alla precedenti ed è inoltre una fase d’integrazione e ristrutturazione dei processi avvenuti in precedenza, cioè nell’infanzia. L’adolescenza si configura come un periodo caratterizzato dal fatto che problemi insoluti nell’infanzia chiedono di essere nuovamente presi in considerazione. Si producono poi trasformazioni fisiche e sessuali sconvolgenti. Secondo Freud inoltre, altri elementi chiave dell’ adolescenza sono in distacco dalla figure genitoriali. Infatti nella vita sessuale infantile la pulsione sessuale era prevalentemente autoerotica; con la pubertà subentra una nuova meta sessuale la persona dell’altro sesso. A questo punto gli oggetti di amore primari ossia quelli del periodo infantile, la mamma e il papa non possono più soddisfare la nuova meta sessuale, perché la relazione diventerebbe incestuosa. L’individuo quindi deve disinvestire gli oggetti di amore primari e rinvestire la pulsione libidica su oggetti d amore esterni alla famiglia e ai genitori. Questo è uno dei processi dolorosi e uno dei compiti evolutivi che l adolescente si trova a dover affrontare. Si tratta di un vero e proprio lutto che richiede di essere elaborato da entrambi i componenti del rapporto: genitori e figli. • Anna Freud sviluppa poi la riflessione psicoanalitica sull’adolescenza. Si risveglia un’energia sessuale che produce un aumento dell’eccitazione nervosa dell’ansietà e la fobia genitale. La libido investe prevalentemente l’area genitoriale. L’individuo è in balia dell’energia istintuale che si risveglia in lui ma, allo stesso tempo il suo Io intensifica l’impegno per controllare le forze provenienti dal mondo pulsionale. I meccanismi di difesa cercano innanzi tutto di bloccare i desideri istintuali e le fantasie incestuose. 2 sono i meccanismi di difesa tipici che si organizzano in questo periodo: 1) L’ascetismo : esprime diffidenza verso tutti i desideri istintivi, per cui sul piano della condotta il giovane cerca di uniformarsi a un ipermoralismo caratterizzato da rigore negli atteggiamenti da autocontrollo da intense manifestazioni di religiosità e di idealismo. 2) L’intellettualismo: il giovane rifiuta di lasciarsi andare e ha un atteggiamento di distacco. Di fronte all’angoscia istintuale, rappresenta un tentativo dell’io dell’adolescente di impadronirsi delle pulsioni sessuali e aggressive dominandole sul piano psichico attraverso un’intensa attività intellettuale. Infine la ribellione indirizza le cariche aggressive contro immagini sociali gruppi o istituzioni vissute in senso autoritario. Entrambi fanno fortemente intervenire l’intelligenza. L’attività intellettuale non ha tanto lo scopo di risolvere i problemi imposti dalla realtà quanto di vigilare in modo costante sui processi istintuali, per cui si verifica la trasformazione in pensieri astratti di quanto viene percepito dalle nuove esigenze istintuali. • Le sfide dell’adolescenza Negli anni ’60 alcuni psicanalisti come Peter Blos vengono ad ampliare quanto teorizzato da Anna Freud. Nel periodo adolescenziale emergono quattro sfide che l’individuo deve affrontare la cui soluzione integrata segna la fine dell’adolescenza 1 sfida: riguarda il secondo processo di individuazione Il processo di individuazione significa di separazione- individuazione . Il primo avviene intorno al 3 anno di vita quando il soggetto infante è evoluto da un’indifferenziata esistenza di se a uno stato di separazione Nella II fase di individuazione il soggetto allenta fortemente i legami con il genitore interiorizzato che lo ha sostenuto nel periodo fallico e di latenza dello sviluppo psicosessuale, e sarà questo disimpegno dell’adolescente dalle rappresentazione parentale interiorizzata che gli consentirà di stabilire nuovi attaccamenti etra-familiari. Se il processo di separazione individuazione non si è compiuto in maniera adeguata nell’infanzia, esso si presenterà più difficoltoso nell’adolescenza. 2. sfida concerne la rielaborazione e il controllo dei traumi infantili. 3 sfida riguarda la continuità dell’io quella particolare istanza della personalità la cui funzione è di mediare i rapporti con la realtà esterna. Nell’adolescenza il soggetto deve stabilire un rapporto di continuità temporale tra gli eventi del passato che lo riguardano e le trasformazioni che sta subendo 4 sfida riguarda la formazione dell’identità sessuale e la capacità dell’individuo di allacciare rapporti affettivi e amorosi all’infuori della famiglia. L’ADOLESCENZA COME PRODOTTO CULTURALE E FENOMENO STORICO Secondo alcuni autori la condizione giovanile è un prodotto culturale e anche un fenomeno storico il cui contenuto non rimane fisso e immutabile ma cambia in funzione della struttura e delle condizioni socio – economiche della società. CAPITOLO VII CREATIVITA’ E PENSIERO DIVERGENTE Edward De Bono Fondatore della teoria del pensiero laterale, fine anni’70 Pensiero laterale= modalità di risoluzione d problemi logici attraverso un approccio che osserva il problema da diverse angolazioni escludendo la soluzione più ovvia che deriva dalla logica. Il principio alla base è che per ogni problema esistono sempre diverse soluzioni alcune delle quali emergono solo prescindendo da quello che appare l’unico percorso possibile.. In questo senso il pensiero laterale è generativo perché genera nuove idee nuovi concetti è esplorativo perché puo’ fare dei salti e consente di essere creativo. Si contrappone al pensiero logico detto verticale in quanto quest’ultimo è selettivo e seleziona le idee. Nel suo libro il “ Meccanismo della mente “ propone i 6 cappelli per pensare. Secondo De Bono di fronte ad un problema logico non riusciamo a vedere altre soluzioni perché il flusso di pensieri si affastella nella mente e ci impedisce di vedere la questione sotto diverse angolazioni. Edward propone le tecniche metacognitive, tra le quali i “6 cappelli per pensare “. Un metodo che consente di organizzare i diversi tipi di pensiero utilizzato anche dalle grandi aziende. Si immagina di indossare anche solo metaforicamente dei cappelli che a seconda del colore esprimono uno stato d’animo che deve dare l’ottica di risoluzione del problema. IL cappello bianco = serve per la raccolta dei dati oggettivi (neutrale) Il cappello blu= razionale Il cappello nero = negativo Il giallo= positivo Il rosso= emotivo Il verde= creativo, fantasia L’espressione pensiero divergente è quella più connessa all’atto creativo= è la capacità di produrre una gamma di possibili soluzioni alternative per una data questione in particolare per un problema che non prevede un’unica risposta corretta. Il pensiero convergente è misurato da tre indici: -la fluidità: si basa sulla quantità di idee prodotte -la flessibilità: la capacità di cambiare strategia e l’elasticità nel passare da un compito ad un altro -l’originalità: l’attitudine a formulare soluzioni uniche e personali Guilford si sofferma su un secondo modello di pensiero quello che lui chiama pensiero convergente, tramite il quale gli individui convergono appunto invece che discostarsene sull’unica risposta accettabile a un problema e producono efficacemente la soluzione. E’ il ragionamento logico e sequenziale. Gustave Le Bon: autore del “psicologia delle folle” parla dei capi contrapposti alle folle. Ipotizzava un’influenza unidirezionale denominata suggestione. Parla di una degenerazione irrazionale della folla e del processo di depersonalizzazione. I processi di gruppo Le prime teorizzazioni psicoanalitiche inquadrano il gruppo come un fenomeno che riduce le capacità intellettive Fu Otto Kernberg il primo psicoanalista a dare una concezione di leadership positiva e matura. Ne identifica alcuni tratti: intelligenza, onesta, capacità di stabilire e mantenere relazioni oggettuali profonde, sano narcisismo, sana attitudine paranoide. La teoria del grande uomo e la teoria dei tratti. La teoria del grande uomo assume che il successo di un leader dipenda da caratteristiche interne e stabili. E’ una teoria che emerge sotto varie forme dalla fine dell’800 al 900. Nelle prime versioni le caratteristiche stabili erano l’etnia e la genetica andando avanti col tempo le spiegazioni piu comuni facevano riferimento ai tratti della personalità. Alcune ricerche moderne hanno mostrato che effettivamente esistono dei tratti correlati all’abilità di leadership, ma è difficile ottenere una correlazione alta tra i fenomeni perché di fatto la leadership dipende dal contesto e dal gruppo di appartenenza . Non è possibile definire una leadership efficace senza fare riferimento al piu ampio concetto di leadership. La teoria situazionale La teoria situazionale ipotizza che il fenomeno della leadership sia una funzione del contesto ovvero della situazione in cui si trova il gruppo . Approccio transazionale Si focalizza sulla relazione bidirezionale tra leader e componenti del gruppo. In questo modo si superano i limiti dei due approcci precedenti : cosi come il leader può influenzare i membri del gruppo i membri del gruppo possono a loro volta influenzare il leader stesso mediante le loro esigenze e richieste. In questo senso il leader e membri non sono da considerare come isolati tra loro ma in un continuo scambio. Le dinamiche di gruppo Un gruppo sociale è costituito da un certo numero di individui che interagiscono l’uno con l’altro con regolarità. Questa regolarità di interazione tiene insieme i partecipanti dando vita a una distinta unità con una propria complessiva identità sociale. I membri di un gruppo si aspettano determinate forme di comportamento l’un l’altro che non sono invece richieste ai non appartenenti. Tajfel fondatore della teoria dell’identità sociale SIT, la definisce come “ l’identità legata alla conoscenza della appartenenza dell’individuo a certi gruppi sociali ed al significato emozionale e valutativo che risulta da tale appartenenza”. l’identità sociale non è un fattore stabile ma può attivarsi in determinate circostanze. Questa attivazione è chiamata salienza. Quando l’appartenenza ad un gruppo diventa saliente, rilevante, si attiva dunque l’identità sociale e la persona agisce in quanto membro di un gruppo. I tratti tipici dell’appartenenza a un gruppo diventano dunque più accentuati per la persona. Effetti negativi delle dinamiche di gruppo L’adesione di un gruppo, specialmente nelle sue forme più estreme determina un processo di depersonalizzazione che può facilitare effetti negativi sia all’interno che all’esterno del gruppo. -depersonalizzazione: determina aggressività e discriminazione dei gruppi estremi. L’esperimento della Prigione di Stanford (Zimbardo) ha dimostrato che i comportamenti aggressivi possono essere anche molto importanti se la depersonalizzazione è sufficientemente accentuata. In questo studio erano stati reclutati studenti di Stanford con una personalità sana e sottoposti ad una condizione sperimentale singolare. Erano introdotti all’interno di una finta prigione e suddivisi in due gruppi: poliziotti e carcerati. Lo studio era realistico e tuti i partecipanti subivano un processo di depersonalizzazione ( indossavano divise, usavano occhiali retroriflettenti per ridurre il contatto visivo diretto, non utilizzavano il nome di persona). Durante l’esperimento i partecipanti avevano coinciato a comportarsi in modo estremo con atti di aggressivita fisica e verbale contro i membri del gruppo opposto. Lo studio dunque è stato interrotto, avendo prodotto un effeto molto piu estrremo di quanto ci si aspettava. Diffusione di responsabilità: quando si è in un contesto sociale e si è l’unico ad aver osservato un’infrazione o un comportamento pericoloso ci si sente in qualche misura corresponsabili e pronti ad agire per risolvere il problema. Nella condizione di gruppo i membri tendono a deresponsabilizzarsi in quanto ogni altra persona può di fatto agire contro l’infrazione. -Bullismo -group thinking: riduzione del contraddittorio e della discussione di gruppo. La riduzione del confronto all’interno del gruppo annulla la normale dialettica che può animare un gruppo e facilitare il pensiero critico ed una buona presa di decisione. SEZIONE II CAPITOLO II I PRINCIPALI APPROCCI TEORICI Cattolicesimo e scuola popolare APORTI: attenzione rivolta al popolo e ai contadini. Concepì l’ asilo come un’opera di difesa sociale e di prima educazione dei fanciulli, una vera e propria scuola collegata a quelle elementare, ma con una propria specificità metodologica e curricolare. Il fanciullo avrebbe dovuto raggiungere lo sviluppo armonioso e graduale della sua personalità dal punto di vista fisico, intellettuale, etico -religioso. Le lezioni dovrebbero essere svolte in modo chiaro e vario e non si prolunghino oltre i tempi dell’attenzione infantile e che si accompagnino sempre al concetto di amore visto come un insieme di comprensione simpatia e indulgenza. I limiti: -mancanza di comprensione della psicologia infantile; -scarso rilievo accordato al gioco: -apprendimento di preghiere troppo lunghe e in latino. L’oratorio di Don Bosco Fonda il primo nucleo di oratorio a Valdacco, Torino. Ottenuta l’approvazione vaticana nel 1869, la congregazione di don Bosco si allarga in tutto il territorio italiano e successivamente anche all’estero. Il pensiero pedagogico di Don Bosco esposto nei Regolamenti per i suoi oratori e nel Sistema preventivo per l’educazione della gioventu’ nel 1877, è orientato in senso caritativo e pastorale in una realtà sociale in cui la condizione dei poveri si mostrava estremamente precaria sia dal punto di via materiale che morale. L’oratorio è il luogo dove prevale il gioco, sotto l’assistenza costante degli educatori che, facendo vita comune con i bambini troveranno anche le occasioni per richiamarli e farli riflettere. Don bosco individua nel gioco una delle possibilità per attrarre bambini ed educarli in un ambiente a loro misura. In questo contesto l’educatore diventerà una sorta di genitore capace di guidarli. IL sistema repressivo nella scuola e nei collegi consisteva nel far conoscere il regolamento e il programma delle scuole poi sorvegliare per conoscere i trasgressori e infliggere il relativo castigo. ≠ Don Bosco è contrario a questa linea e giunge ad affinare il suo metodo: nel sistema preventivo si impone la presenza di un educatore in grado di svolgere le funzioni di sorveglianza IL sistema preventivo si articola in tre momenti: ragione, religione e amorevolezza, escludendo ogni tipo di castigo. Don Bosco ritiene che l’allievo deve essere lasciato libero e on deve essere obbligato in nulla. L’educatore deve presentarsi come espressione della ragione: egli propone cosi di far conoscere le regole e attuare al tempo stesso una sorveglianza costante che ne impedisce la violazione ( sistema di prevenzione) Quella di Don Bosco è un’educazione di stampo religioso perché le pratiche religiose giocano un ruolo decisivo nel processo di formazione. Segna una svolta nella pedagogia cristiana superando la consuetudine educativa fondata sulla severità e sugli obblighi appellandosi alla ragionevolezza dell’allievo. Clarapède è considerato uno dei massimi esponenti dell’attivismo pedagogico, egli però non utilizzava questo termine, ma preferiva parlare di educazione funzionale. Con attivismo, tuttavia, si intende quella svolta pedagogica di inizio Novecento che si concretizzò nell’esperienza delle “scuole nuove”. Sono principi dell’attivismo: il connettere la pedagogia alla psicologia; porre al centro del processo educativo il bambino; dare ampio spazio al gioco; evitare ogni forma di autoritarismo; prestare una forte attenzione ai bisogni e agli interessi del bambino e costruire su questi il percorso educativo. • Il funzionalismo e l’educazione funzionale La psicologia funzionale è la disciplina che esamina i motivi che stimolano l’individuo all’azione in vista del suo adattamento all’ambiente. Il legame tra individuo e ambiente e l’origine della condotta umana sono temi affrontati in diverse sue opere. In particolare, nel suo testo fondamentale L’educazione funzionale, egli considera ogni organismo vivente come un sistema -il bisogno di lavorare con gli altri, riposarsi e ricrearsi. Tali centri d’interesse servono secondo Decroly al maestro per impostare correttamente l’esercizio delle attività di osservazione, associazione e espressione: tali attività sono indispensabili per il metodo globale e costituiscono il cosiddetto trittico decroylyano. Dall’esercizio dell’attività di osservazione dipende ad esempio l’apprendimento delle scienze: mediante le osservazioni- misura, gli alunni rilevano e annotano gli aspetti qualitativi e quantitativi dei fenomeni osservati. Con gli esercizi di associazione poi, imparano a intuire legami di causa effetto e acquisiscono conoscenze più sistematiche collegando le informazioni precedentemente memorizzate con le nozioni apprese mediante l’esperienza diretta. Infine ricordiamo gli esercizi di espressione che comprendono il lavoro manuale, lo scritto, il disegno e la parola attraverso i quali l’alunno impara ad esprimere idee maturate dentro di se. La conoscenza parte dal concetto, il tutto preso in modo globale e confuso. Attraverso un processo di analisi si passa poi all’astratto che rappresenta l’ultimo momento del processo conoscitivo si recupera l’intero ma con una conoscenza profonda delle sue parti. Critica : i bisogni fondamentali dell’individuo cui Decroly fa corrispondere i centri d’interesse non rappresentano l’uomo nella sua totalità: esistono infatti anche bisogni di natura affettiva, intellettuale e religiosa. Claparede Formulò una teoria biologica e funzionale e della psiche, il funzionalismo; poi fondò con Bovet a Ginevra, l’istituto Jean jacques Rousseau. Autore di “ la scuola su misura”, “l’educazione funzionale”. che mira a conservarsi intatto e a ristabilire gli equilibri infranti. Il bisogno è definito da Claparède proprio come la rottura degli equilibri, un fatto che determina le azioni dell’uomo Egli sottolineava il legame tra biologia e psicologia e adottava un punto di vista definito funzionale. Le attività mentali sono per lui delle funzioni che rispondono a dei bisogni e che consentono all’uomo di adattarsi all’ambiente. La legge fondamentale della vita umana è infatti la legge del bisogno: ogni attività è sempre suscitata da un bisogno e risponde a un interesse. Egli individua cinque leggi che stanno alla base dell’educazione funzionale: Legge della successione genetica; Legge dell’esercizio genetico; Legge dell’adattamento funzionale; Legge dell’autonomia funzionale; Legge dell’individualità. 1. Legge della successione genetica: lo sviluppo del fanciullo segue un certo numero di stadi che hanno un ordine costante. 2. Legge dell’esercizio genetico: il bambino è orientato a svolgere quelle attività e a sviluppare quelle funzioni che sono coerenti con lo stadio di sviluppo che gli è proprio; inoltre, le funzioni ulteriori possono svilupparsi solo se quelle precedenti hanno già avuto un sufficiente sviluppo. 3. Legge dell’adattamento funzionale: l’educatore deve stimolare il bambino in base alla sua età in base al principio che ogni azione si realizza quando ha una natura tale da rispondere a un bisogno o a un interesse del momento. La conseguenza è che l’attività stessa del bambino può essere suscitata se il bambino è posto nella condizione di provare un bisogno. Secondo Claparède, questa è la legge più importante dal punto di vista pedagogico. 4. Legge dell’autonomia funzionale: il bambino non è un adulto o un essere imperfetto, ma un individuo che ha una sua autonomia e la sua attività mentale è adeguata alle circostanze che gli sono proprie. Con questa legge Claparède polemizza con la scuola tradizionale che tendeva a confrontare il fanciullo con l’adulto e a rilevare delle mancanze nel primo rispetto al secondo. Per Claparède, invece, il bambino va valutato esclusivamente a partire dal suo punto di vista. Ogni essere, infatti, in ogni fase del suo sviluppo, è una unità funzionale autonoma. 5. Legge dell’individualità: ogni individuo differisce dagli altri, in misura minore o maggiore, sia dal punto di vista fisico che psicologico. Da questa legge deriva la necessità di osservare e di conoscere gli allievi nella consapevolezza dell’unicità di ciascuno. Ripensamento radicale della scuolaTutte queste leggi impongono un ripensamento radicale della scuola, la cui impostazione tradizionale è fortemente criticata da Claparède. Secondo la sua concezione, infatti, la scuola dovrebbe essere caratterizzata da: • centralità del bambino e dei suoi bisogni; • rispetto dei ritmi di sviluppo dell’allievo; • sviluppo delle capacità intellettuali e morali del bambino; • importanza fondamentale data al gioco. La scuola dovrebbe mirare a sviluppare le funzioni intellettuali e morali del bambino: punto di partenza è stimolare l’interesse e creare un bisogno che il bambino intenda soddisfare. L’educatore deve sapere entusiasmare e incuriosire il bambino, prestare attenzione all’ambiente educativo (un importante ruolo è svolto dal gioco), non essere autoritario, rispettare i tempi di sviluppo di ciascun allievo. • La scuola su misura La scuola su misura è la scuola che sa valorizzare le attitudini, quindi le disposizioni individuali e le specificità di ciascun allievo. Nel testo La scuola su misura, egli riflette sul tipo di organizzazione che dovrebbe caratterizzare la scuola superiore. Esclusi i sistemi delle classi parallele, delle classi mobili e delle sezioni parallele, egli ritiene che il modello di scuola più efficace nel valorizzare le attitudini individuali e quindi nell’offrire il massimo beneficio in termini di educazione e sviluppo ai giovani sia rappresentato dalla scuola costruita sul sistema delle opzioni (corsi comuni a tutti gli studenti per metà delle ore obbligatorie, corsi liberamente scelti dagli allievi per la restante metà delle ore). L’attivismo di Dewey La teoria pedagogica di Dewey ha costituito un momento rivoluzionario della metodologia educativa, in grado di rispondere concretamente al mutamento sociale e culturale prodotto dalla rivoluzione industriale. L’uomo ha bisogno di cultura e di tecnica, di teoria e di pratica, di scuola e di lavoro. Innanzi tutto il lavoro è diventato il punto centrale della formazione di base: i bambini apprendono gli aspetti elementari del leggere, dello scrivere e del far di conto mediante lavori domestici, agricoli e artigianali; il lavoro viene considerato come uno strumento di formazione, mediante il quale l’allievo può svolgere attivamente la sua professione di alunno. La scuola diventa un luogo intenzionale d’istruzione dove si utilizzano materiali didattici concepiti come strumenti di lavoro che garantiscono apprendimenti significativi, in quanto garantiscono all’alunno di guidare e di stimolare l’esperienza infantile senza imposizioni e forzature. Questa nuova scuola superando la tradizionale separazione tra cultura tecnica sarà in grado di garantire un’educazione democratica destinata a tutti. Per Dewey, una persona per partecipare ad una Democrazia deve avere questi quattro requisiti: • alfabetizzazione : secondo l'autore il saper leggere e scrivere poteva fornire le stesse possibilità anche alle classi meno abbienti; • competenze culturali e sociali le quali portano ad un maggior interesse per la vita pubblica; • pensiero indipendente, requisito fondamentale della democrazia che non può vivere con un pensiero unico (indottrinamento); TEORIE E STILI DI APPRENDIMENTO E MEDIAZIONE DIDATTICA L’apprendimento è una modificazione del comportamento più o meno stabile che viene indotta da un’interazione con l’ambiente. IL comportamento umano e animale non è predeterminato totalmente dall’eredità genetica ma si modifica per effetto dell’esperienza (MORIN). Le prime teorie sull’apprendimento sono dominate da due orientamenti 1)PAVLOV e il condizionamento classico 2)SKINNER e il condizionamento operante 1) il condizionamento classico. Uno stimolo incondizionato (SI)come un pezzo di carne, inserito nella bocca di un cane, determina automaticamente un flusso di saliva, cioè riflesso incondizionato o risposta incondizionata (RI). Si definisce in questo modo qualsiasi risposta che dipende solo dalle condizioni naturali dell’individuo, risposta spontanea. Uno stimolo neutro (per esempio il suono di un campanello) che normalmente non determina il flusso di saliva viene presentato poco prima della somministrazione del cibo. Dopo arie presentazioni dei 2 stimoli posti in successione otteniamo che lo stimolo neutro determina la risposta incondizionata (la salivazione) anche in assenza dello stimolo incondizionato (il cibo). La nuova risposta viene definita riflesso condizionato o risposta condizionata perché non è spontanea ma frutto di un apprendimento. Il condizionamento è un processo di sostituzione dello stimolo, per cui uno stimolo neutro diventa capace di produrre la risposta originariamente prodotta dallo stimolo incondizionato. Esso avviene per via associativa e l’associazione tra i due stimolo che produce il condizionamento. Questa teoria fu estesa allo studio del comportamento umano in base all’assunto che i processi fondamentali dell’acquisizione dei riflessi condizionati fossero comuni agli animali e all’uomo. Le teorie comportamentista trovano uno dei loro primi fondamenti negli studi di Pavlov. Watson: il comportamentismo nasce nel 1913 anno di pubblicazione dell’articolo di Watson “la psicologia così come la vede il comportamentista”. Lo studioso americano rivoluzione l’idea di psicologia che passa dalla disciplina che ha per oggetto l’anima, a studio del comportamento osservabile. L’aspirazione è quella di far rientrare la psicologia nelle cosiddette scienze naturali. Il COMPORTAMENTISMO DI THORNDIKE E SKINNER. Gli studi di Thornidike e Skinner si differenziano da quelli di Pavlov poiché mentre nel condizionamento classico la risposta prodotta dall’animale è un’azione che l’organismo compie automaticamente in seguito a uno stimolo, nel tipo di condizionamento di T. e S. la risposta è un’operazione che l’organismo compie sull’ambiente in vista di uno scopo ( il soggetto apprende in modo attivo). Tale condizionamento fu definito da T. strumentale, operante da S. THORNDIKE: APPRENDIMENTO PER PROVE ED ERRORI Egli elabora la legge dell’effetto: cioè quella legge per la quale n comportamento che ha una conseguenza positiva, verrà ripetuto, mentre un comportamento che ha una conseguenza negativa non verrà ripetuto. (mise un gatto in una gabbia= puzzle box piene di leve e pulsanti) SKINNER.: IL CONDIZIONAMENTO OPERANTE. Dimostrò l’influenza dei premi, rinforzi positivi, e di punizioni , rinforzi negativi, nell’apprendimento Skinner box : il comportamento dell’animale era funzionale a procurarsi premi o all’evitare le punizioni. Mise un topo affamato nella skinner box all’interno della quale era libero di muoversi. Dopo vari percorsi esploratori il topo cominciava a premere una levetta collocata nella scatola e ogni volta che la premeva otteneva un pezzetto di carne che l’animale consumava (premio a fronte di un comportamento eseguito per caso). Dopo una serie di volte che il topo riceveva una ricompensa il ratto cominciò a premere la levetta intenzionalmente Rinforzi positivi e rinforzi negativi. Si attiva il fenomeno del modellamento che consiste nel premiare progressivamente tutte le azioni che man mano portano al comportamento voluto dallo sperimentatore. Nel condizionamento classico sembra realizzarsi indipendentemente dalla volontà del soggetto, nel condizionamento operante l’individuo produce volontariamente quella risposta. IL MODELLAMENTO: quel fenomeno che consiste nel premiare in maniera progressiva tutte le azioni che man mano portano al comportamento voluto dallo sperimentatore. APPRENDIMENTO IMITATIVO: BANDURA. L’apprendimento non è dato dalla semplice imitazione ma è un processo attivo che comprende l’osservazione di un modello, l’immagazzinamento delle informazioni in memoria e la scelta di cosa tradurre in comportamento. Celebre l’esperimento dell’esposizione dei bambini a messaggi aggressivi (vedi dietro). KOHLER: APPRENDIMENTO PER INSIGHT O INTUIZIONE Uno dei maggiori esponenti della Gestalt. Molte volte possiamo risolvere rapidamente un problema attraverso un’intuizione. E’ quella che di solido viene definita la lampadina che si accende. Insight vuol dire intuizione. Notò che questa comprensione immediata istantanea della soluzione di un problema era un processo diverso dal graduale avvicinamento alla soluzione per prove ed errori. Ciò implica la ristrutturazione degli elementi percepiti, una ristrutturazione dei dati . Apprendere per insight significa individuare soluzioni creative per risolvere problemi Uno dei max esponenti del gestalt, corrente psicologica incentrata sulla risoluzione dei problemi più che sull’apprendimento. TOLMEN: APPRENDIMENTO PER MAPPE COGNITIVE Condusse una serie di esperimenti sui topi chiusi in un laboratorio alo scopo di valutare la capacità degli animali di elaborare delle mappe mentali, utili a portare a termine più velocemente il percorso. Notò che i topi acquisiscono una conoscenza spaziale del labirinto e potevano servirsene in modo intelligente. Ha elaborato anche la teoria dell’apprendimento latente ( un apprendimento che non necessariamente si traduce in un comportamento caratterizzato da due aspetti: Carattere gerarchico della piramide; laddove il livello pi alto dei bisogni si realizza quando è soddisfatto il livello più primitivo: ma non necessariamente occorre che sia pienamente soddisfatto il livello più primitivo perché possa realizzarsi il livello più evoluto. La fase dell’autorealizzazione è la fase in cui si realizza la crescita dell’individuo: egli mette in pratica le esperienze e gli apprendimenti pregressi e si dispone ad acquisire nuove abilità MASTERY LEARNING (II metà del ‘900) (= apprendimento per padronanza) BLOOM Psicologo statunitense. E’ una metodologia didattica per la quale tuti gli studenti possono imparare una materia se gli viene data un’adeguata motivazione, oltre che il giusto tempo. Secondo Bloom nel corso della lezione l’insegnante deve procedere alla scomposizione del contenuto della lezione in tante parti più semplici: flusso di informazioni ordinato in piccoli frammenti di conoscenza da comunicare alla classe, o al gruppo di alunni più lenti. Secondo il m.l. occorre stimolare la curiosità dello studente per motivarlo ad imparare, deve anche gratificarlo con premi a fronte id riscontri positivi. La vera novità di questa metodologia è far leva sulle motivazioni di ciascuno negli apprendimenti che comporta un’indagine sul vissuto di ciascuno per trovare la motivazione che influenzi il processo di apprendimento. COOPERATIVE LEARNING. Metodologia didattica che nasce negli Usa per la quale lavorare in gruppo facilita l’apprendimento. Si svilupperebbero anche delle abilità sociali come: capacità di saper ascoltare, saper esercitare la leadership (comando), comunicare le proprie opinioni ecc. LA CURIOSITA’ E’ una delle principali motivazioni nei giovani e nei bambini che spingono all’apprendimento. BERDYNE Psicologo canadese. La curiosità è chiamata pulsione esplorativa, è la principale fonte dell’apprendimento perché spinge le persone ad addentrarsi in territori nuovi ed acquisire conoscenze che prima non aveva. HEBB DONALD L’educatore deve stimolare la sua platea ad essere curioso e creativo. GLI STILI DI APPRENDIMENTO Lo stile di apprendimento è il livello superficiale o profondo dell’elaborazione materiale che porta alla conoscenza Si distingue: - Stile di apprendimento sintetico, che predilige le visioni d’insieme - -stile di apprendimento analitico che si sofferma sui dettagli Ciascun individuo si specializza in uno dei due stili ma deve essere in grado di sviluppare anche l’altro A seconda del carattere di ciascuno si privilegia l’uno o l’altro stile. Oggi le teorie più condivise ritengono che l’apprendimento sia un processo continuo e progressivo lungo tuta la vita, che non esclude momenti in cui l’apprendimento è istantaneo, immediato e creativo. La prima concezione è sostenuta dai comportamentisti la seconda dai gestaltisti. LO STILE COGNITIVO È la strategia adottata da ciascuno per cercare d’imparare, il modo id elaborare le info che ognuno attua quando apprende GLOBALE/ANALITICO -GLOBALE: preferisce avere una visione d’insieme per poi muovere verso il particolare -ANALITICO: preferisce partire dai dettagli per ricostruire man mano il quadro DIPENDENTE/INDIPENDENTE dal campo: chi adotta lo stile dipendente tende a studiare l’argomento facendo collegamenti tra il contesto e l’argomento; chi adotta lo stile indipendente isola i concetti e gli argomenti dal resto. VERBALE/VISUALE VERBALE: chi adotta questo stile predilige l’uso del codice linguistico ossia testi registrazioni sonore e impara per lettura e ripetizione (studia ripetendo ad alta voce) VISUALE: chi adotta questo stile, predilige l’uso del codice visivo-spaziale, ossia immagini schemi riassuntivi, diagrammi, tabelle CONVERGENTE/DIVERGENTE: chi adotta lo stile convergente, quando studia cerca di imparare solo ciò che è indispensabile ad ottenere un buon voto all’esame. ( parto dalle informazioni indispensabili per convergere verso una soluzione del problema) Chi adotta lo stile divergente: quando studia cerca di approfondire li argomenti per una cultura personale ( parte dalla informazioni e procede in modo creativo generando una varietà di soluzioni.) RISOLUTORE/ASSIMILATORE: chi adotta lo stile risolutore privilegia l’azione e la concretezza nell’affrontare un problema, e cerca soluzioni soddisfacenti col minimo dispendio di tempo e risorse. Chi adotta lo stile assimilatore, privilegia la ricerca di soluzioni esaustive ed articolate non necessariamente di utilità pratica. SISTEMATICO/INTUITIVO: chi adotta lo stile sistematico quando studia cerca anche altri testi che spieghino per fila e per segno tutto; intuitivo: quando studia gli piace fare ipotesi personali, cercando di intuire il brano IMPULSIVO/RIFLESSIVO: chi adotta lo stile impulsivo ha bassi tempi decisionali, soluzioni precipitose e non ottimali; chi adotta lo stile riflessivo risponde in modo più lento e accurato. METODO FEUERSTEIN teoria della modificabilità cognitiva strutturale: si fonda sulla convinzione che l’intelligenza di ogni individuo è modificabile e può potenziare i propri processi cognitivi attivando risorse ancora latenti. Si basa sulla teoria della plasticità dell’intelligenza ( DIVERSA DALLA TEORIA INNATISTA perché la teoria della plasticità ritiene che l’apprendimento vada lungo tutto l’arco della vita: questa +è la più importante intuizione di F ). Questo percorso è reso possibile dalla presenza di un mediatore che facilita il processo dell’imparare ad imparare): il mediatore stimola l’apprendimento, stimola la riflessione metacognitiva, ovvero fa riflettere su come la persona apprende. PAS: programma di arricchimento strumentale MEDIAZIONE MODIFICAZIONE COGNITIVA SVILUPPO Il pas è il metodo elaborato da Feuerstein: è detto pas, e porta a uno sviluppo cognitivo. Bisogna rispettare rigorosamente 3 vincoli: -il tempo: occorre un tempo lungo affinchè chi riceve stimoli possa recepirli svilupparli -il metodo: solo formatori esperti possono stimolare ed apprendere : mediatori esperti -il contesto: deve esistere un ambiente favorevole e collaborativo Questo metodo può essere applicato a tutti gli individui perché si basa sul presupposto che tutti possono migliorare. Viene usato anche per bambini con ritardi cognitivi. Esempio di bambino con ritardo che a scuola faceva fatica a stare seduto , ad accettare le autorità ecc. Con in metodo F. il bambino cominciò ad accettare l’autorità a chiedere aiuto quando non riusciva a risolvere da solo i compiti e si forzava in classe per controllarsi) La preparazione dei mediatori didattici garantisce uno svolgimento adeguato e pertinente dell’esperienza. Se i formatori non sono in grado di proporre correttamente i processi di apprendimento mediato il metodo non può che fallire. APPRENDIMENTO SIGNIFICATIVO rispettarne l’originalità e, dall’altra la capacità di progettare percorsi educativi e di istruzione personalizzati nell’ambito del contesto classe .il raggiungimento di questo delicato equilibrio tra persona e gruppo classe determina la fusione della didattica individualizzata e personalizzata verso una didattica integrata. In tal senso l’integrazione si sostanzia in un processo di continuo scambio e condivisione tra l’alunno diversamente abile e il gruppo classe verso lo sviluppo di potenzialità di tuti e l’acquisizione del massimo livello di autonomia di ciascuno. IL RUOLO DELLA METACOGNIZIONE FLAVEL 1971 E’ un processo di autoriflessione che ognuno fa nei confronti di se stesso per capire come conosce, come memorizza. Conoscendo come memorizziamo siamo in grado di conoscere e dirigere i processi di apprendimento: IMPARARE AD IMPARARE. Gli aspetti positivi sono : sviluppare l’integrazione con il diverso da me. LA DIDATTICA INCLUSIVA COME APPROCCIO MULTIDIMENSIONALE La disabilità rappresenta un universo complesso che richiede la capacità di ripensare l’agire didattico costruendo nuovi linguaggi, metodologie di lavoro, strumenti e strategie a vantaggio di tutti. Per porre in essere una didattica inclusiva è necessario un approccio multidimensionale. La didattica inclusiva riguarda la disabilità e richiede un approccio multidimensionale capace di intervenire mediante una molteplicità di input attraverso diverse modalità sensoriali e motorie, cognitive e metacognitive mettendo in relazione le funzionalità del discente con gli obiettivi da raggiungere. Un particolare insieme di dati può essere percepito in modi diversi a seconda della particolare situazione. E’ necessario coinvolgere più canali percettivi e più dimensioni favorendo una conoscenza dell’oggetto, sovrabbondante utilizzando la narrazione, la drammatizzazione, il disegno ecc. In questo senso va favorita la capacità di senso percezione dello studente che permette di interpretare la realtà circostante attraverso gli stimoli che percepiamo mediante gli organi di senso. Soprattutto nel caso di deficit sensoriali è importante lavorare attivando le risorse residuali mediante i cosiddetti sensi vicarianti. Nel caso della disabilità visiva l’esperienza manipolativa può fornire una rappresentazione degli spazi come canale tattile. In tal senso il corpo può essere definito come un substrato di apprendimenti o soggetto vicariante di apprendimenti diversi. La scuola intesa come ambiente di esperienze concrete e di apprendimenti riflessivi si fonda sull’intreccio di codici espressivi e simbolici tra cui quello corporeo e motorio. La dimensione corporea è alla base dello sviluppo dell’identità, dell’autonomia e delle competenze perché tutto ciò che gli individui sperimentano e assimilano in modo significativo passa attraverso i sensi e il corpo. Attraverso il movimento il bambino esplora e conosce il mondo, scopre le sue potenzialità non solo dal punto di vista fisico ma anche e soprattutto cognitivo. Il movimento è esperienza emozionale e conoscitiva. Mediante l’attività motoria l’individuo costruisce l’immagine di se come persona fisica e come individuo dotato di capacità e potenzialità. Soprattutto nel caso della disabilità, l’esperienza motoria risulta un fondamentale processo di facilitazione di altri apprendimenti, un luogo privilegiato dell’apprendimento che si costruisce e prende forma in base alle sensazioni e alle percezioni tattili, visive, e uditive e si realizza e si evolve attraverso la manualità e la precisione motoria. Il corpo e il movimento costituiscono le dimensioni chiave di accesso nei processi di sviluppo dell’autonomia di soggetti diversamente abili, nei contesti scolastici e nelle relazioni didattiche ed educative. LE STRATEGIE DI INSEGNAMENTO ALTERNATIVE E LA MEDIAZIONE DIDATTICA DIVERSE STRATEGIE PER LO SVILUPPO DELLE VARIE INTELLIGENZE La didattica inclusiva prende le mosse dai bisogni e dalle risorse personali, facendo in modo che l’alunno diventi protagonista e costruttore del percorso di apprendimento. Essa valorizza le capacità, le attitudini e le potenzialità di ciascuno per cui si concretizza nel rispetto degli stili dei tempi e dei ritmi di apprendimento di ognuno. Esplorando le caratteristiche di ogni studente e comprendendone le specificità si possono porre le basi per pensare all’integrazione realizzando una scuola inclusiva per tuti, una scuola capace di differenziare la didattica, individualizzando i percorsi di apprendimento. Prendendo in considerazione le diverse intelligenze cosi come sono state enucleate da Gardner, si possono proporre attività varie e differenti allo scopo di stimolarne la consapevolezza, lo sviluppo, l’uso critico in rapporto ai vari compiti. E’ preliminare individuare quale forma di intelligenza l’alunno è disponibile ad utilizzare, se è possibile favorire un’interazione tra le varie intelligenze e quale forma intellettiva usa in maniera privilegiata. Per valorizzare l’intelligenza logico-matematica possono essere proposti esercizi o problemi logici, attività di classificazione/categorizzazioni, calcoli e quantificazioni, presentazioni logiche e sequenziali e incentivato il pensiero scientifico- sperimentale. Parole, dibattiti e controversie, l’invito a raccontare e inventare storie. L’intelligenza linguistica andrà valorizzata con letture, discussioni in piccolo/grande gruppo, giochi di parole, dibattiti e controversie. L’intelligenza spaziale andrà stimolata con l’immaginazione visiva nelle attività si utilizzeranno cartine grafici diagrammi schemi diapositive video film . L ’ i n t e l l i ge n z a c o r p o r e a / c i n e s t e t i c a , saranno prediletti attività laboratoriali. costruzioni trasformazioni attività sportive e attività di consapevolezza motoria giochi dei mimo volti a stimolare il linguaggio del corpo. L’intelligenza interpersonale richiede l’insegnamento reciproco, il tutoring, l’apprendimento cooperativo, giochi da tavolo, attività volte a stimolare ruoli sociali nella gestione della classe. L’intelligenza intrapersonale va valorizzata con lo studio autonomo e auto progettato la riflessione i diari personali attività di autostima/identità/ttività emozionali. Con l’intelligenza musicale va associato il cantare, suonare, proponendo anche musiche legate alle emozioni, ritmi, colonne sonore. L’intelligenza naturalistica potrà essere valorizzata mediante l’osservazione la ricostruzione di habitat, attività volte a stimolare collegamenti e stabilire relazioni o a prendersi cura di animali piante uscite didattiche. Nel caso delle disabilità sensoriali le diverse intelligenze avranno bisogno di piste diverse per esprimersi, modalità originali per interagire efficacemente. Per la disabilità visiva nell’elaborazione di un progetto didattico sarà necessario collegare il concreto all’astratto utilizzando tutte le forme intelligenti attivabili grazie ai sensi vicarianti. Lo studente che ha un deficit visivo infatti, vede gli spazi in cui si muove grazie ai suoi piedi, i suoi muscoli e le sue articolazioni gli danno l’immagine del rapporto tra il proprio corpo e l’ambiente, i suoi muscoli e le sue articolazioni gli danno l’immagine del rapporto tra il proprio corpo e l’ambiente, i suoni gli forniscono la misura della distanza tra se e gli oggetti e le persone le sue mani sono come un pennello che dipinge il mondo dando una forma alle cose che tocca. La didattica destinata ad alunni ciechi deve comprendere itinerari esperienziali basati sul concreto per pervenire all’astratto ovvero ad un pensiero che sia fatto di immagini sensoriali che si aggregano intelligentemente. Nel caso di deficit uditivo, nella costruzione di una didattica dell’integrazione dovrà tenersi in debito conto che l alunno si relaziona con l esterno elaborando messaggi alternativi a quelli sonori, utilizzando canali di comunicazione diversi da quello verbale e sviluppando meccanismi di apprendimento pluri-sensoriali legati principalmente al canale visivo e basati sull’uso trasversale dell’intelligenza spaziale. UTILIZZO DEI MEDIATORI DIDATTICI I mediatori didattici per una didattica inclusiva. E’ ogni strumento, dispositivo che rende efficace la relazione tra insegnamento e apprendimento. Elio Damiano: 4 tipi di mediatori didattici: -attivi: es. l’esperimento scientifico. Fanno ricorso all’esperienza diretta , al learning by doing. -iconici: le caratteristiche della realtà sono rappresentate mediante immagini, foto e video. -Analogici: cercano di rifarsi alle possibilità di apprendimento insite nel gioco e nelle simulazioni. Si tratta di attività ludiche di gruppo in cui i partecipanti ricreano particolari situazioni e interpretano personaggi. -simbolici: sono quelli che si allontanano di più dalla realtà di riferimento e sono considerati meno validi soprattutto dei sostenitori del principio dell’apprendimento diretto. GLI APPROCCI INCLUSIVI NELLE INDICAZIONI NAZIONALI avvicinare gli alunni a una determinata tematica: laboratorio di educazione ambientale, di teatro di informatica. E’ raro che si parli di laboratorio come normale attività didattica, che prevede l’apprendimento attivo su un determinato problema o tema, la creazione di percorsi cognitivi, la creazione di idee rispetto ad un determinato compito, qualsiasi situazione didattica dell’imparare facendo. 2)DIDATTICA METACOGNITIVA Imparare ad imparare Fa parte delle 8 competenze chiave individuate dalla raccomandazione del Consiglio d’Europa del 22-05-2018. Questa competenza riguarda la consapevolezza del proprio processo d’apprendimento e dei propri bisogni, l’identificazione delle opportunità disponibili, la capacita di smontare gli ostacoli per apprendere in modo efficace. La motivazione e la fiducia sono elementi essenziali perché una persona possa acquisire tale competenza. La didattica più adeguata all’acquisizione dell’imparare ad imparare è la metacognitiva, coniata d aFlavell. Metacognitiva vuol dire letteralmente oltre la cognizione e indica la capacità di rilettere sulla proprie capacità cognitive. Mira alla costruzione di una mente aperta, e privilegia non cosa l’alunno apprende, ma come l’alunno apprende, e attiva la propensione a far riflettere gli studenti su aspetti riguardanti la propria personale capacità di apprendere di stare attenti si concentrarsi e di ricordare. Le principali strategie didattiche metacognitive sono: -selezione ( comporta la scelta delle info ritenute rilevanti) -organizzazione (comporta la connessione fra i vari pezzi dell’informazione) -elaborazione (comporta il legame delle nuove info con quanto già conosce) -ripetizione ( si basa sulla ripetizione delle info sino a una completa padronanza) 3)DIDATTICA PER PROGETTI (didattica basata sulla relazione) Introdotta da William Heard Kilpatrick nel 1918 quando sulla base dell’attivismo di Dewey propose di impostare tutto il lavoro didattico come percorso progettuale. Il lavoro per progetti è incentrato sullo studente e l’insegnante assume il ruolo di chi: incoraggia, facilita, coordina senza ordinare, aiuta a dare significato al lavoro svolto. L’allievo è chiamato a realizzare un progetto, un prodotto finale, in cui sono in gioco le sue competenze, il suo saper essere soggetto attivo in un lavoro di gruppo. Le fasi della stesura di un progetto: -fase preliminare -fase della negoziazione Nella fase preliminare è essenziale individuare il problema o il bisogno che spinge amuoversi. E’ necessario che tutti gli alunni partecipino alla sua realizzazione. Nella fase della negozioazione: è opportuno che la proposta iniziale di un progetto sia poco strutturata in modo che possa poi accogliere tutte le interpretazioni in modo che possa poi accogliere tutte le interpretazioni che si ritengono necessarie in corso d’opera. Una sorta di cornice all’interno della quale sia i docenti che gli allievi possono muoversi con grande libertà. E’ il consiglio di classe ( composto da tutti i docenti di una classe due rappresentanti dei genitori, e due rappresentanti degli studenti presieduto dal D.S. o dal docente delegato). Il vero destinatario della proposta progettuale, in modo che tutti i docenti possano integrarla. Analogamente occorre che tutti gli alunni facciano sentire le loro osservazioni e proposte e che queste vengano prese in considerazione. La fase della negoziazione o contratto si configura come un processo di conoscenza di incontro scambio messa in comune di ipotesi, idee. I progetti possono essere classificati a seconda della tipologia dell’intervento dall’insegnante in: -progetti strutturati: completamente strutturati dagli alunni -progetti non strutturati -progetti semistrutturati A seconda delle tecniche usate per la raccolta dei dati: -progetti di ricerca: dove le info sono raccolte nelle biblioteche -progetti di interazione: dove le info sono raccolte tramite le interviste A seconda delle modalità e tecniche di presentazione: -progetti di produzione: gli studenti lavorano per un prodotto finale: film, guida turistica -progetti di performance: progetti finalizzati a uno spettacolo, o dibattito finale. 4) DIDATTICA COLLABORATIVA O COOPERATIVE LEARNING (didattica basata sulla relazione) Si rifà alla teoria del socio costruttivismo, secodno la quale la conoscenza è il prodotto di una costruzioe attiva del soggetto ed è ancorata al contesto in cui si svole. Può essere definita un metodo di insegnamento /apprendimento in sui la variabile significativa è la cooperazione tra gli studenti o un insieme di tecniche di classe nelle quali gli studenti lavorano in piccoli gruppi e ricevono valutazioni in base ai risultati raggiunti. La didattica cooperativa punta al miglioramento dei processi di apprendimento e socializzazione attraverso la mediazione del gruppo, i cui membri devono agire sentendosi positivamente interdipendenti tra di loro in maniera tale che il successo di uno sia il successo di tutti. Vygotskj diceva diventiamo noi stessi attraverso gli altri. Per V. ogni individuo possiede potenzialità cognitive latenti che si possono esprimere solo attraverso l’interazione con gli altri. E’ questo quello che V. chiama zona di sviluppo prossimale. Nella didattica collaborativa, il docente assume il ruolo di tutor, favorisce l’interazione tra gli studenti, stimola la discussione. Nelle metodologie di insegnamento/ apprendimento a mediazione sociale, come appare l’apprendimento cooperativo, le risorse e l’origine dell’apprendimento sono soprattutto li allievi, che is aiutano reciprocamente, fissano i ritmi di lavoro , si correggono e si auto-valutano sono corresponsabili del loro apprendimento. Modeling: nel cooperative learning è utile che gli insegnanti diano l’esempio, facendo vedere concretamente alcuni comportamnti da adottare nella discussione. 5) DIDATTICA PER PROBLEMI O PROBLEM SOLVING. Possiamo definire questo tipo di didattica come la possibilità di dare risposte a situazioni problematiche. Con il termine problem solving si intende infatti il processo cogniito messo in atto per analizzare una situazione data e trovare una soluzione. Nel problem solving si individuano 5 momenti: -comprensione -previsione ( si chiede di cosa si ha bisogno) -pianificazione ( la fase di risoluzione) -monitoraggio ( si chiede se sta raggiungendo la soluzione) -valutazione Una delle discipline in cui è più facile usare il Problem solving è la matematica. Ma può essere applicata anche nella narrazione di una storia come di una fiaba. Ad esempio l’insegnante può interrompere la lettura di un racconto e chiedere di prevedere lo sviluppo che prenderà la storia: cosa succederà adesso? Il procedimento del problem solving viene schematizzzato in vari modi. Uno dei più noti è : FARE FOCALIZZARE ANALIZZARE RISOLVERE ESEGUIRE La seconda schematizzazione altrettanto famosa risale a Laswell ed era usata fin dagli anni ’30 del giornalismo. Ascolto attivo: si pone alla base di ogni relazione positiva tra persone : clima non giudicante. APPROCCIO SISTEMICO: OLISMO:non si può capire l’attività di un organo senza considerare le sue intenzioni con la vita dell’organismo che lo include SISTEMISMO: teoria dei distemi di L. von Bertalanffy, la realtà è un insieme di relazioni tra sistemi e sottosistemi. MORIN: il pensiero complesso: “i 7 saperi necessari all’educazione del futuro” Intende la realtà come composta di relazioni specifica quali sono gli elementi che caratterizzano un approccio educativo di tipo complesso e cioè che tiene conto di tutte le relazioni che formano la società URIE BRONFENBRENNER Approccio ecologico: è uno dei principali studiosi dell’interazione dell’individuo e ambiente. BLOOM : il pensiero complesso Gli apprendimenti che il docente si propone di trasmettere alla classe devono poter essere misurati occorre far riferimento alla tassonomia, cioè alla scienza che si occupa delle classificazioni. La tassonomia è quella elaborata nella metà del secolo scorso dallo psicoogo americano Bloom secodno il quale gli apprendimenti cognitivi vanno dai più semplici a quelli più complessi articolati in 6 categorie fondamentali: -conoscenza -comprensione -APPLICAZIONE7 dominio cognitivo -analisi -sintesi -valutazione Quanto alla dimensione affettiva Bloom individua 3 macro-aree relative : all’interesse, all’impegno, alla partecipazione. ROGERS E LA PROSPETTIVA UMANISTA Secondo Roger l’apprendimento dipende in buona parte dal comportamento dell’insegnante, che deve favorire un clima positivo di accettazione e assenza di tensioni. Menziona in tal senso l’insegnamento centrato sullo studente e suggerisce all’insegnante di raggiungere una serie di mete educative: dall’atteggiamento flessibile alla capacità di sostenere conflitti. La realizzazione di queste mete educative consente di sviluppare in maniera armonica la personalità degli alunni. Il compito dell’insegnante si concretizza nel sapere rendere gli allievi protagonisti attivi della propria esistenza. L’efficacia della relazione educativa dipende in larga misura dalla relazione che si instaura tra insengante e allievo. Roger scriveva nel 1968 che la scuola non fa sufficiente educazione per la vita, invece contrano per gli allievi, che si integrano nel loro progetto di vita, cose che gli stessi allievi giudicano importanti e investono di carica emozionale e affettiva.Roger propone la realizzazione di un apprendimento che non essendo focalizzato unicamente sugli aspetti cognitivi, stimoli un coinvolgimento globale delle personalità degli allievi. Un apprendimento che coniughi il piano cognitivo, affettivo, ed esperenziale. I requisiti che dovrebbe avere l’insegnante deve avere sono : fiducia sincerità capacità di comprendere le reazioni degli studenti. L’INSEGNANTE RIFLESSIVO La riflessione in azione di Donald Schon permette all’insegnate di apprendere in corso d’opera di dedurre dalla pratica nuove cognizioni, sulla base delle quali poter ristrutturare il proprio sapere. La riflessione e la metacognizione, il docente deve riflettere sulle pratiche e da queste trae spunto per orientare il suo lavoro. LA COMUNICAZIONE INTERSOGGETTIVA Friedman von Thun propose a tal riguardo un modello comunicativo che mette in primo piano la rivelazione di sé: ogni volta che qualcuno si esprime rivela sempre qualcosa del suo privato che diventa essenziale per il suo interlocutore. Nella comunicazione il peso del contenuto del messaggio rispetto ad altri elementi come la gestualità il tono della voce è per certi versi secondario, il che significa che come si comunica può essere più efficace di come si cosa si comunica. Per facilitare un rapporto comunicativo è necessario: -un rapporto empatico -ridondanza, ripetere con modalità diverse sempre la stessa informazione L’INSEGNANTE AFFETTIVO E LA RELAZIONE EDUCATIVA Tra i processi emotivi e apprendimento esiste una profonda connessione poiché quest’ultimo, come ha sostenuto il pedagogista austriaco Martin Buber, sostenitore dell’importanza del dialogo in tutte le relazioni umane, si sviluppa sempre all’interno di una relazione affettiva. L’essere umano secondo Buber, non si realizza senza comunicare con gli altri. Anche tra insegnante e alunno è necessario che si crei un dialogo profondo fondato su un sentimento di reciproca fiducia. Questo perché l’apprendimento non può essere una passiva assimilazione di contenuti preconfezionati ma deve avvenire nell’ambito di un contesto relazionale nel quale anche la qualità delle interazioni comunicative diventano variabili che influenzano lo stesso processo di apprendimento. Alcune forme di disagio sociale, il successo o l’insuccesso scolastico, l’insorgere di stati d’ansia e di problemi di autostima e insicurezza, spesso sono riconducibili proprio alle prime esperienze di apprendimento. Alcuni studiosi tra cui Bloom sostengono che affettività , motivazione e apprendimento siano tra loro interconnessi poiché il ruolo dell’affettività nei processi di conoscenza, comprensione e socializzazione che avvengono nell’ambiente scolastico è sempre rilevante e talvolta determinante. Nell’ultimo decennio si è registrato perciò nei contesti scolastici un crescente interesse per temi quali l’intelligenza emotiva, l’alfabetizzazione emozionale e socio affettiva, l’affettività argomenti un tempo considerati di pertinenza di psicologi e limitati nella scuola alla cosiddetta didattica speciale. L’insegnante affettivo è colui che si pone in maniera equidistante sia nei confronti degli autoritarismi che dei permissivismi e si propone come guida autorevole riconosciuto dagli alunni come persona che possiede competenze oggettive. L’insegnante non autoritario, ma autorevole, non genera paure, ma promuove fiducia e si rende protagonista di una relazione stimolante e rassicurante che favorisce nell’alunno l’acquisizione dell’autonomia e dell’autostima. Compito fondamentale del docente diventa creare un setting di apprendimento in cui la scelta e l’utilizzazione delle strategie didattiche più idonee al raggiungimento dei vari obiettivi pedagogici avvengono nell’ambito di una relazione di aiuto e incoraggiamento. Ma per poter attuare un vero setting operativo è necessario che l’insegnante possieda tre tipi essenziali di capacità: -ascolto attivo, cioè ascolto empatico -comprensione delle dinamiche di gruppo -introspezione Il PROFILO DEL DOCENTE INCLUSIVO Nel 2012 l’Agenzia Europea per lo Sviluppo dell’Istruzione degli Alunni Disabili ha pubblicato il profilo dei docenti inclusivi, un documento nato da un progetto triennale realizzato per individuare le competenze il bagaglio formativo e culturale, i comportamenti e i valori necessari a tutti coloro che intraprendono la professione docente a prescindere dalla materia e dal grado di scuola. Il profilo si fonda su 4 aree fondamentali: -valorizzare le diversità -sostenere gli alunni -Lavorare con gli altri, ovvero con il team docente, le famiglie, le istituzioni -sviluppo e aggiornamento professionale ( lifelong learning) L'uso della tecnologia nella gestione e nel trattamento delle informazioni ha assunto crescente importanza strategica per le organizzazioni e per i cittadini come effetto del boom di internet, avvenuto negli anni novanta. Oggi l'informatica (apparecchi digitali e programm i software ) e le telecomunicazioni (le reti telematiche) sono i due pilastri su cui si regge la società dell'informazione. È possibile dividere le TIC in due sottosettori: le tecnologie dell'informazione e le telecomunicazioni. Fanno parte delle TIC tutti quegli ambiti professionali che riguardano la progettazione e lo sviluppo tecnico della comunicazione digitale: oggi, le professionalità legate alle TIC[2] stanno crescendo in numero e si stanno evolvendo nelle specificità, per operare in ambiti fortemente eterogenei ma sempre più interconnessi tra di loro, come informazione on-line , cloud computing, reti sociali , commercio elettronico, marketing digitale, GIS, domotica, realtà virtuale, trasporto automatizzato, ecc. Oggi le TIC sono impiegate in molti ambiti della vita quotidiana: essendo utilizzate in una grande varietà di ambiti pubblici e privati senza essere dedicate ad un uso specifico, le tecnologie TIC possono essere considerate general purpose technology e sono sempre più connesse allo sviluppo sociale ed economico delle comunità umane. LE TIC NELLA DIDATTICA Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione. La definizione di TIC nella didattica si identifica propriamente con quelle “tecnologie utilizzate o utilizzabili nella didattica la cui connotazione è prevalentemente tecnologico - digitale. Sono la parte più consistente degli strumenti tecnologici a disposizione delle TD per la progettazione, sviluppo, utilizzazione, gestione e valutazione dei processi e risorse destinati all’insegnamento/apprendimento” Evoluzione delle TIC nella didattica Negli anni 70 ini zia a difondersi l’uso dei Mass Media nela scuola esi usano preval entemente N gli anni 70 inizia a diffondersi l’uso dei Mass Media nella scuola e si usano prevalentemente proiettori,TV, lavagne luminose,registratori etc Negli anni 70 ini zia a difondersi l’uso dei Mass Media nela scuola esi usano preval entemente N gli anni 80 si diffonde l’uso del PC Negli anni 70 ini zia a difondersi l’uso dei Mass Media nela scuola esi usano preval entemente N gli anni 90 le reti ed Internet Negli an ni 70 za adifoners l’u odeiMas Media nl scuola ei noprev alentment eP ù recentemente si e’ diffuso l’uso delle LIM DIDATTICA TRADIZIONALE (Strumenti e metodologie prevalenti ) Negli an ni 70 za adifoners l’u odeiMas Media nl scuola ei noprev alentment e l zioni frontali Negli an ni 70 za adifoners l’u odeiMas Media nl scuola ei noprev alentment e l vagna tradizionale Negli an ni 70 za adifoners l’u odeiMas Media nl scuola ei noprev alentment e l bri di testo cartacei Negli an ni 70 za adifoners l’u odeiMas Media nl scuola ei noprev alentment eq aderno e appunti Negli an ni 70 za adifoners l’u odeiMas Media nl scuola ei noprev alentment ec mpiti a casa dettati o fotocopiati Negli an ni 70 za adifoners l’u odeiMas Media nl scuola ei noprev alentment e e ercitazioni e verifiche scritte Negli an ni 70 za adifoners l’u odeiMas Media nl scuola ei noprev alentment ed bbi o argomenti non chiari possono essere chiariti solo in classe (o a scuola) Negli an ni 70 za adifoners l’u odeiMas Media nl scuola ei noprev alentment eA profondimenti o ricerche svolte solo a casa DIDATTICA 2.0 Negli an ni 70 za adifoners l’u odeiMas Media nl scuola ei noprev alentment e l zioni frontali con lavagna multimediale (LIM) Negli an ni 70 za adifoners l’u odeiMas Media nl scuola ei noprev alentment eu ilizzo di tablet Negli an ni 70 za adifoners l’u odeiMas Media nl scuola ei noprev alentment e l bri di testo in formato pdf Negli an ni 70 za adifoners l’u odeiMas Media nl scuola ei noprev alentment e l zioni multimediali e interattive Negli an ni 70 za adifoners l’u odeiMas Media nl scuola ei noprev alentment ea profondimenti ed integrazioni al libro scaricabili da Internet (o dal sito della scuola) Negli an ni 70 za adifoners l’u odeiMas Media nl scuola ei noprev alentment ea punti presi sul tablet (e/o condivisi sul web) Negli an ni 70 za adifoners l’u odeiMas Media nl scuola ei noprev alentment et st di verifica auto valutativi DIDATTICA 2.0 Negli an ni 70 za adifoners l’u odeiMas Media nl scuola ei noprev alentment ea segnazione dei compiti a casa direttamente in modalità e-learning Negli an ni 70 za adifoners l’u odeiMas Media nl scuola ei noprev alentment e e ercitazioni e verifiche al computer Negli an ni 70 za adifoners l’u odeiMas Media nl scuola ei noprev alentment ed bbi o argomenti non chiari possono, essere chiariti dal docente attraverso mail o altre risorse di Internet(siti web, blog etc) Negli an ni 70 za adifoners l’u odeiMas Media nl scuola ei noprev alentment e l lezioni possono essere “riviste” anche da casa in modalità e-learning Negli an ni 70 za adifoners l’u odeiMas Media nl scuola ei noprev alentment eA profondimenti o ricerche di contenuti multimediali disponibili in tempo reale, etc Utilizzo del computer in modalità STAND ALONE ON LINE Modalità stand alone Il computer e’ utilizzato come strumento isolato,non connesso in rete Modalità online Il computer e’ collegato ad Internet Utilizzo in modalità stand alone •Consultazione di dizionari, opere tematiche, enciclopedie a carattere interattivo e multimediale. •Software di office-automation •Programmi di grafica •Software per la generazione di mappe concettuali •Software per la costruzione e somministrazione di test •Produzione di Ipertesti ed Ipermedia •Produzione filmica (videoclip). •Software didattici Utilizzo in modalità on line •Ricerca con utilizzo di motori di ricerca(es. Google,Altavista,Yahoo,etc ) •Ricerca condivisione di immagini, video documenti, presentazioni (es. Youtube,Flickr,Scribd,Slideshare) •Progetti in rete •Comunicazione interpersonale (e-mail, chat, video conferenze,forum …). con fini didattici •Risorse educative aperte (repository di learning object) •Blog •Wiki( es.Wikipedia) •Podcast(Es.Podcastnet, PodOmatic, iTunes) •E-Learning o Fad(Formazione a Distanza) es Moodle •Social network(Facebook) •Sistemi digitali di Georeferenziazione(es.Google Earth) I BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI La direttiva ministeriale 27 dicembre 2012 è la c.d. Direttiva Bes: si riferisce all’area di quegli alunni che soffrono di uno svantaggio scolastico dovuto a problematiche diverse, raggruppati nell’area dei Bisogni Educativi Speciali. In quest’area sono ricomprese tre grandi sottocategorie: quella della disabilità, quella dei disturbi evolutivi specifici quella dello svantaggio socioeconomico, linguistico, e culturale. Nella direttiva ministeriale si legge che per disturbi evolutivi specifici si intendono oltre ai disturbi specifici dell’apprendimento: - DSA, (dislessia, disortografia, disgrafia, discalculia ),( il dsm5 definisce il DSA come un disturbo del neurosviluppo con un’origine biologica che è alla base delle anomalie di tipo cognitivo. IL dsa si manifesta inin presenza di capacità cognitive adeguate, assenza di deficit sensoriali e patologie neurologiche, ma possono costituire una limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana soprattutto relative all’area dell’apprendimento scolastico) -si intendono altri deficit quali quelli del linguaggio, delle abilità non verbali, della coordinazione motoria, dell’attenzione e dell’iperattività ( ddai o adhd=