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TFA Sostegno - Scuola Secondaria di secondo grado, Appunti di Pedagogia

Dispense per la preparazione delle prove di accesso al TFA Sostegno. Il documento è stato preparato sintetizzando diversi manuali tra i più noti e completato con un indice per una migliore e più agevole lettura di studio.

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 09/08/2023

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simone.forcucci1 🇮🇹

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Scarica TFA Sostegno - Scuola Secondaria di secondo grado e più Appunti in PDF di Pedagogia solo su Docsity! 2023 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno DISPENSA PER LA PREPARAZIONE ALLE PROVE DI INGRESSO DEI CORSI DI SPECIALIZZAZIONE IN SOSTEGNO DIDATTICO SIMONE FORCUCCI MATERIALI PER LA PREPARAZIONE AL TFA SOSTEGNO SIMONE FORCUCCI Parte I. Ambito normativo: il lungo cammino dell’integrazione…………………..1 Capitolo 1. Dalle scuole speciali all’inserimento…………………………………………...2 Capitolo 2. Dall’inserimento all’integrazione……………………………………………...6 Capitolo 3. Il ruolo istituzionale e sociale dell’insegnante di sostegno…………………...26 Parte II. Competenze socio-psico-pedagogiche: psicologia dello sviluppo e dell'apprendimento…………………………………………………………………31 Capitolo 4. Temi e prospettive della psicologia dello sviluppo…………………………...32 Capitolo 5. Processi cognitivi, apprendimento, creatività e pensiero divergente……….39 Capitolo 6. Intelligenza emotiva, empatia, emozioni……………………………………..50 Capitolo 7. La personalità e i suoi processi………………………………………………..58 Capitolo 8. La definizione dell'identità……………………………………………………63 Capitolo 9. L’adolescenza………………………………………………………………….69 Capitolo 10. Il legame di attaccamento……………………………………………………73 Capitolo 11. La motivazione……………………………………………………………….78 Parte III. Competenze socio-pedagogiche: individuo e società…………………...81 Capitolo 12. Principali modelli pedagogici………………………………………………..82 Capitolo 13. Metodologie e tecniche didattiche speciali…………………………………..95 Parte IV. La conoscenza delle disabilità e degli altri Bisogni Educativi Speciali……………………………………………………………………………..105 Capitolo 14. ICF: il nuovo paradigma del funzionamento……………………………...106 Capitolo 15. I Bisogni Educativi Speciali………………………………………………...109 Capitolo 16. I disturbi dell'apprendimento……………………………………………...112 Capitolo 17. I disturbi del linguaggio…………………………………………………….117 Capitolo 18. I deficit visivo e uditivo……………………………………………………..123 SIMONE FORCUCCI 2 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno Capitolo 1. Dalle scuole speciali all'inserimento 1.1 La legislazione sulle istituzioni speciali I primi tentativi di integrazione e riabilitazione dei soggetti disabili risalgono alla Francia dell'Illuminismo, in cui, con la lente dei valori del progresso e della scienza, per la prima volta l’anormalità fu vista come una condizione umana che non pregiudicava la dignità dell'individuo. Tali valori trovarono terreno fertile nella Rivoluzione francese, quando con la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo venne sancito il diritto all'uguaglianza per tutti gli uomini, a prescindere dal ceto sociale, dal sesso, dalla razza e dalle condizioni fisiche e psichiche. In Italia, tuttavia, sarà necessario aspettare la fine del XIX secolo per vedere i primi tentativi di integrazione e di cura dei portatori di handicap. Il primo centro per la cura e la riabilitazione dei bambini affetti da deficit psicofisici viene aperto a Roma dal neuropsichiatra Sante De Sanctis (1862-1935) nel 1898, una strada continuata poi direttamente da Maria Montessori (1870-1952), che con De Sanctis aveva collaborato, e che fondò la prima scuola magistrale ortofrenica. Con l'arrivo del ventennio fascista, questi primi tentativi furono negati del tutto. Il fascismo trascurò in maniera assoluta la scolarizzazione dei disabili. Il RD 31 dicembre 1923, n. 3126, più noto come “riforma Gentile”, estendeva l'obbligo scolastico solo ai ciechi e ai sordomuti che non presentassero altre “anormalità”. L'istruzione, peraltro, doveva essere impartita ai sordomuti in apposite “classi differenziali” e ai ciechi in speciali istituti. L'art. 5 del RD 653/1925 attribuiva al preside la facoltà di allontanare dall’istituto “gli alunni affetti da malattie contagiose o particolarmente ripugnanti”. Il RD 26 aprile 1928, n. 1297, dispose l'istituzione di scuole speciali per sordomuti, scuole speciali per ciechi, classi differenziali per ritardati e/o indisciplinati. L'art. 415 di questo testo di legge, infine, dispose che, quando gli atti di permanente indisciplina fossero tali da lasciare il dubbio che potessero derivare da anormalità psichiche, il maestro poteva, in accordo con l'ufficiale sanitario, allontanare definitivamente al direttore didattico, il quale avrebbe curato l'assegnazione dello scolaro alle classi differenziali o, in base ai casi, iniziato d’accordo con la famiglia le pratiche opportune per il ricovero in istituti per corrigendi. Con la fine del fascismo e l'instaurazione della Repubblica, la Costituzione italiana sancisce alcuni principi fondamentali che investono in modo diretto il tema dell'integrazione. • L'articolo 2. Richiama l'idea di cittadinanza basata sulla solidarietà politica, economica, sociale; • L'articolo 3. Si rifà all'idea dell'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge e della pari dignità sociale senza distinzione di condizioni personali e sociali. Per garantire tale parità, la costituzione individua come strada da percorrere la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che possono impedirne il compimento. Va tuttavia considerato che la Costituzione è stata scritta nel periodo storico in cui la questione dell'integrazione accomunava la disabilità all'emigrazione interna. I cittadini italiani provenienti dalle aree rurali del Sud o del Nord-Est, infatti, nel secondo dopoguerra, vessati dalla povertà e dal malessere sociale, furono costretti a trasferirsi in massa verso le aree più industrializzate del Nord. SIMONE FORCUCCI 3 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno Qui nacquero grossi sobborghi urbani che cambiarono la vita delle comunità locali: i cittadini della stessa nazione scoprirono di essere lontani al punto da non riuscire a comunicare gli uni con gli altri, essi parlavano dialetti differenti e reciprocamente incomprensibili. Alla scuola toccò dunque il compito di far conoscere e usare a tutti la lingua italiana. In una prima fase, il problema venne affrontato con la formazione di classi differenziali e scuole speciali, tra cui gli alunni furono suddivisi in base alla provenienza regionale. La circolare ministeriale n. 1771/12 dell’11 marzo 1953 definisce le scuole speciali e chiarisce la differenza tra classi speciali per minorati, scuole di differenziazione e classi differenziali: “le classi speciali per minorati e quelle di differenziazione didattica sono istituti scolastici nei quali viene impartito l’insegnamento ai fanciulli con minorazioni fisiche o psichiche o anormali. Le classi differenziali, invece, funzionano presso le comuni scuole elementari e accolgono gli alunni nervosi, tardivi, instabili”. Il 20 dicembre 1959 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite promulga la Dichiarazione dei diritti del fanciullo, il cui quinto principio sanciva il diritto dei fanciulli che si trovassero in situazioni di minorazione fisica, mentale e sociale a ricevere il trattamento, l'educazione e le cure speciali di cui avevano bisogno per il loro stato o la loro condizione. Ciò nonostante, fino alla fine degli anni ‘60, la logica imperante rimase quella della medicalizzazione e ancor più della separazione. Nel luglio del 1962, viene approvata la legge n. 1073, che istituiva la scuola media unica, obbligatoria e gratuita, e reca in sé anche il primo intervento organico dello Stato a favore delle scuole speciali, sia pure limitatamente allo stanziamento di fondi “per il funzionamento, l'assistenza igienico-sanitaria e le attrezzature per le classi differenziali nelle scuole statali e per le classi di scuola speciale da istituire anche nei comuni minori”. Sempre nel ‘62, viene promulgato un testo di legge che prevede la possibilità di istituire classi differenziali per alunni disadattati scolastici (L. n. 1859/1962), con un calendario speciale, appositi programmi e orari di insegnamento. Nel ‘67, un regolamento promulgato con DPR n. 1518/67 stabilisce che i soggetti con anomalie o anormalità somatopsichiche che non consentono la regolare frequenza nelle scuole comuni, devono essere indirizzati alle scuole speciali. Nell'eventualità che l'alunno presenti più di un'alterazione, si terrà conto, per l'assegnazione alla scuola speciale, del tipo di minorazione che consente maggiori possibilità di trattamento. I soggetti ipodotati intellettuali non gravi, disadattati ambientali o con anomalie del comportamento, vengono indirizzati alle classi differenziali nelle scuole comuni. La legge n. 444/1968, disciplinando la scuola materna statale, prevede per i bambini dai tre ai sei anni affetti da disturbi dell'intelligenza o del comportamento o da menomazioni fisiche o sensoriali, l'istituzione di sezioni speciali presso scuole materne statali e, per i casi più gravi, scuole materne speciali. 1.2 L'inserimento nella scuola ordinaria Con l'arrivo delle contestazioni del ‘68, si comincia a parlare di abolizione delle classi differenziali e di inserimento degli “handicappati” nella scuola di tutti. Vengono quindi negati i concetti di normalità e anormalità e si afferma che le persone sono uguali proprio perché diverse l'una dall'altra, non conformi ad un modello, ma tutte caratterizzate dalla loro diversità e dalla loro SIMONE FORCUCCI 4 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno irripetibile personalità. La prima legge a codificare questo nuovo spirito di integrazione e la L. n. 118/1971. Questa legge recava in sé una disposizione per garantire ai minori invalidi civili la frequenza scolastica nelle classi ordinarie normali, fatti salvi i casi di “gravi deficienze intellettuali o menomazioni fisiche tali da impedire l'inserimento”. Di fatto, anche se riguardante solo i mutilati e gli invalidi civili, il testo di legge viene utilizzato come giustificazione normativa per l'integrazione degli alunni portatori di qualsiasi tipo di handicap, i quali vedono così riconosciuto il loro diritto all'inserimento scolastico nella scuola elementare e nella scuola media. La norma prevede altresì che debba essere facilitata la frequenza degli invalidi e dei mutilati civili alle scuole medie superiori e universitarie ed estende la medesima disciplina alle istituzioni prescolastiche e ai doposcuola. Quale che fosse la tipologia o la gravità del deficit di cui erano portatori, gli alunni venivano inseriti nelle scuole comuni, anche in assenza degli interventi assistenziali che il testo di legge prevedeva. Ai mutilati e invalidi civili che non fossero autosufficienti e che frequentassero la scuola dell'obbligo o i corsi di addestramento professionale finanziati dallo Stato venivano assicurati: ➢ Trasporto gratuito dalla propria abitazione alla sede della scuola o del corso e viceversa, a carico dei patronati scolastici o degli enti gestori dei corsi; ➢ Accesso alla scuola mediante adatti accorgimenti per il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche che ne impediscono la frequenza; ➢ Assistenza durante gli orari scolastici degli invalidi più gravi. 1.2.1 Le scuole ospedaliere e gli istituti per gli adulti Il diritto all'istruzione veniva garantito anche ai minori portatori di handicap ricoverati nei centri degenza e di recupero. L'art. 29 della legge del ‘71 prevede che, laddove si è accertata l'impossibilità di far frequentare ai “minorati” la scuola dell'obbligo, ed esclusivamente in questa ipotesi, il Ministro per la Pubblica Istruzione, per la scuola media, o il provveditore agli studi, per l'istruzione elementare, prevede all'istituzione, per i minori ricoverati, di classi normali quali sezioni staccate dalla scuola statale. Le sezioni presso i centri di recupero possono essere aperte anche agli “alunni non minorati”. Il docente è tenuto a svolgere i normali programmi e ad aggiornare gli allievi sul programma scolastico non svolto. Anche per gli adulti sono istituiti corsi di scuola popolare per l'eliminazione di ogni caso di analfabetismo primario e di ritorno, nonché per il compimento dell'istruzione obbligatoria. Per gli appartenenti a famiglie di disagiata a condizione economica che abbiano subito una diminuzione superiore ai 2/3 della capacità lavorativa e ai figli dei beneficiari della pensione di inabilità l'art. 30 prevede l'esenzione dalle tasse scolastiche e universitarie. 1.3 Il Documento Falcucci Verso la metà degli anni 70, il Ministro della Pubblica Istruzione affida ad una commissione di studio presieduta dalla senatrice Franca Falcucci il compito di fare il punto sui “problemi degli alunni handicappati in Italia” e di formulare gli opportuni suggerimenti per il loro recupero scolastico e SIMONE FORCUCCI 7 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno 2.2 La decisione della Corte costituzionale n. 215/1987 Un passo decisivo nel percorso di democratizzazione dell'insegnamento è dato dalla sentenza della Corte costituzionale 3 giugno 1987, n. 215, la quale dichiara il pieno diritto degli alunni diversamente abili a frequentare ogni ordine di scuola ivi compresa quella secondaria di secondo grado. Insieme alle pratiche di cura e riabilitazione e al proficuo inserimento nella famiglia, scrivono i giudici, la frequenza scolastica “è un'essenziale fattore di recupero del portatore di handicap e di superamento della sua emarginazione, in un complesso intreccio in cui ciascuno di tali elementi interagisce sull'altro e, se ha evoluzione positiva, può operare in funzione sinergica ai fini del complesso sviluppo della personalità”. La sentenza prende atto di come fosse oramai superata, in sede scientifica, la concezione di una radicale irrecuperabilità dei portatori di handicap e dichiara che neanche di fronte ai casi più gravi poteva essere rifiutato all'iscrizione e/o la partecipazione al processo educativo in modo aprioristico. 2.3 La legge quadro n. 104/1992 La più diretta e importante conseguenza dei vent’anni di cammino giuridico verso l’integrazione è la L. n. 104/1992, la quale costituisce, in materia di disabilità, il primo intervento legislativo davvero organico. Essa imposta in modo sistematico le tutele dei disabili, ponendo in primo piano il rispetto della dignità umana e offrendo basi e condizioni per una piena e reale integrazione sociale. Il testo normativo pone, infatti, dei principi fondamentali, calibrati in risposta ad una serie di necessità in tema di integrazione: ➢ Necessità di sancire il diritto al raggiungimento della massima autonomia possibile per tutte le persone in situazione di handicap; ➢ Necessità di sancire il diritto pieno e perfetto all'educazione e all'istruzione in ogni ordine e grado di scuola, compresa la secondaria di secondo grado, la formazione professionale e l'università; ➢ Necessità di vedere riconosciuta la personale capacità lavorativa, attraverso il superamento del generico concetto di “invalidità” e l'introduzione di parametri per l'identificazione delle capacità lavorative; ➢ Necessità di garantire il diritto alle cure sanitarie, privilegiando la permanenza della persona in situazione di handicap nella sua famiglia e nella sua abitazione, anziché allontanarla con il pretesto di un recupero meramente funzionale; ➢ Necessità della stipula di convenzioni interistituzionali, al fine di garantire la messa in campo di sicuro e dettagliate risorse di personale e finanziarie, di concertare le modalità organizzative più funzionali, di consolidare buone prassi di lavoro collegiale interprofessionale, di migliorare la qualità dell'integrazione. Per arrivare al compimento di questi principi, il testo pone una serie di obiettivi: • Rimozione delle cause invalidanti • Promozione dell'autonomia • Realizzazione dell'integrazione sociale SIMONE FORCUCCI 8 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno La norma si occupa di istruzione negli articoli dal 12 al 16, conferendo dignità legislativa a molte delle disposizioni amministrative precedentemente introdotte. L'integrazione scolastica viene pensata come frutto di una serie di strumenti didattico-organizzativi necessari a rendere più efficace l'opera della scuola. La novità di maggiore interesse sta nella previsione di una più stretta collaborazione tra tutti gli attori presenti sul territorio, nel più ampio quadro di una programmazione coordinata dai servizi scolastici con quelli sanitari, socioassistenziali, culturali, ricreativi e sportivi, per offrire un miglior supporto al processo di integrazione dell'alunno con disabilità. L’integrazione scolastica – si legge all’art. 12 – “ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione”. Essa deve avvenire per tutti e per ogni ciclo, compresa l'università, nelle classi comuni. Al bambino da zero a tre anni portatore di disabilità e garantito l'inserimento negli asili nido. Alla elaborazione del profilo dinamico-funzionale iniziale seguono, con il concorso degli operatori delle unità sanitarie locali, della scuola e delle famiglie, verifiche per controllare gli effetti dei diversi interventi e l'influenza esercitata dall'ambiente scolastico. Nella sua versione originaria, rimasta in vigore fino al 1 settembre 2019, l'individuazione dell'alunno come persona disabile doveva procedere attraverso un'apposita Diagnosi Funzionale (DF), cui segue un Profilo Dinamico Funzionale (PDF)1 ai fini della formulazione di un Piano Educativo Individualizzato (PEI) a cura della scuola, elaborato con la collaborazione dei genitori e delle figure professionali interne o esterne che interagiscano con la classe e l'alunno, e con il supporto dell'unità multidisciplinare della ASL. Ai minori disabili soggetti all'obbligo scolastico, temporaneamente impediti per motivi di salute, sono comunque garantite l'educazione e l'istruzione scolastica. La legge 104 prevede che il provveditore agli studi2 istituisca, per i minori ricoverati, classi ordinarie quali sezioni staccate della scuola statale, alle quali possono essere ammessi anche ai minori ricoverati nei centri di degenza, che non versino in situazioni di disabilità e per i quali si è accertata l'impossibilità della frequenza della scuola dell'obbligo per un periodo non inferiore a 30 giorni di lezione. La pratica si è poi estesa all'istruzione domiciliare, regolamentata da disposizioni ministeriali fino ad essere oggetto di provvedimento con D.Lgs. 66/2017. La logica alla base del testo di legge e quella della programmazione concertata, attuata attraverso i gruppi di lavoro per l'integrazione scolastica ed extrascolastica e la previsione di accordi di programma interistituzionali. Nelle scuole di ogni ordine e grado sono inoltre garantite attività di sostegno mediante l'assegnazione di docenti specializzati, tuttavia, l'utilizzazione di docenti privi dei prescritti titoli di specializzazione risulta comunque consentita laddove manchino docenti di ruolo o non di ruolo specializzati. 1 I due momenti diagnostici, a partire dal 1 settembre 2019, sono stati unificati nella redazione del profilo di funzionamento, istituito con D.Lgs. 66/2017. 2 Il provveditore agisce d'intesa con le unità sanitarie locali e i centri di recupero e di riabilitazione, pubblici e privati, purché convenzionati. SIMONE FORCUCCI 9 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno L'insegnante specializzato per il sostegno identifica, assieme ai docenti curricolari, i bisogni educativi speciali dell'alunno e, tramite il supporto del Gruppo di Lavoro per l’Inclusione (GLI)3, propone e costruisce insieme alla famiglia il Piano Educativo Individualizzato (PEI); inoltre, è chiamato a svolgere il ruolo di facilitatore della comunicazione e della relazione tra i docenti, l'alunno con disabilità, gli altri alunni della classe e tutti gli attori coinvolti nel processo di integrazione quali la famiglia, il personale delle Asl, gli educatori, gli assistenti all'autonomia e alla comunicazione, ecc. In tema di valutazione degli alunni con disabilità, l'art. 16 della legge 104, stabilisce che si indichi, sulla base del PEI, per quali discipline siano stati adottati particolari criteri didattici, quali attività integrative e di sostegno siano state svolte, anche in sostituzione parziale dei contenuti programmatici di alcune discipline4. Le prove d'esame, nella scuola dell'obbligo, devono essere corrispondenti agli insegnamenti impartiti e idonee a valutare il progresso dell'allievo in rapporto alle sue potenzialità e ai livelli di apprendimento iniziali. Nella scuola secondaria di secondo grado sono consentite prove equipollenti e tempi più lunghi per l'effettuazione delle prove scritte o grafiche e la presenza di assistenti per l'autonomia e la comunicazione. Gli alunni con disabilità hanno inoltre il diritto a sostenere le prove finalizzate alla valutazione del rendimento scolastico o allo svolgimento di esami, anche universitari, con gli ausili loro necessari. L'idea di scuola che emerge dalla L. n. 104/1992 è quella di una scuola che deve caratterizzarsi come ambiente educativo e di apprendimento. Una scuola capace di garantire agli alunni diversi opportunità reali. 2.4 La normativa di fine anni Novanta Il 15 marzo 1997 il Parlamento italiano approva la legge delega n. 59, meglio nota come “legge Bassanini”. Questa legge5 attribuisce al governo il potere di emanare decreti delegati al fine di riformare l'intero sistema amministrativo italiano. In particolare, la legge impone due principi: 1. Semplificazione delle procedure amministrative e dei vincoli burocratici alle attività; 2. Federalismo amministrativo, ossia il perseguimento del massimo decentramento realizzabile con legge ordinaria. L'art. 21 definisce, a partire dall'anno scolastico 2000/2001, l'autonomia scolastica, operante a tre livelli: ➢ Organizzativo. Autonomia finalizzata alla realizzazione della flessibilità, della diversificazione, dell'efficienza/efficacia del servizio scolastico, all'integrazione e al migliore 3 Introdotto dal D.Lgs. 66/2017; precedentemente, l'azione era affidata al GLHO (Gruppo di Lavoro per l’Handicap Operativo), costituito, analogamente al GLI, dal GLHO d’istituto, dal consiglio di classe e dagli operatori interni ed esterni coinvolti nell'azione di integrazione riferita all'alunno. 4 La normativa sulla valutazione è stata poi ridefinita prima dal DPR 122/2009, poi dal D.Lgs. 62/2017. 5 Alla legge Bassanini faranno seguito altri tre provvedimenti legislativi, segnatamente la L. n. 127/1997 (Bassanini bis), la L. n. 191/1998 (Bassanini ter) e la L. n. 50/1999 (Bassanini quater). SIMONE FORCUCCI 12 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno L'aggettivo “formativa” richiama il senso di un apprendimento non circoscritto all'acquisizione di contenuti disciplinari, all'acquisizione di competenze e alla trasmissione di saperi, ma denso di esperienze, relazioni, opportunità che danno all'esperienza scolastica una valenza formativa integrale e per certi aspetti irripetibile. 2.4.2 Proclamazione dei diritti del bambino e valorizzazione delle diversità e della convivenza democratica nella Dichiarazione di Salamanca La Dichiarazione di Salamanca del 1994 sancisce il diritto all'educazione di tutti i bambini, nel rispetto delle diversità di cui ognuno è portatore. Con il termine “diversità” si fa riferimento a: ❖ Diversità personali. Legate all'indole, ai talenti, alla personalità, alle particolarità psicofisiche di ognuno; ❖ Diversità derivanti dal contesto socio-ambientale di provenienza; ❖ Diversità derivanti dal background culturale ed etnico di provenienza. Il diritto all'educazione e alla libertà di esprimere la propria individualità viene assicurato attraverso la costruzione di un sistema educativo incentrato sull'inclusione. Perché ciò sia possibile è necessario attivare percorsi di insegnamento-apprendimento centrati sugli alunni, che tengano conto allo stesso tempo dei singoli e della collettività, nel pieno rispetto ed esercizio delle diversità e dei valori della democrazia. 2.5 Il nuovo millennio 2.5.1 La legge quadro sul sistema integrato di interventi e servizi sociali: la L. n. 328/2000 La legge n. 328/2000 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) è la legge per l'assistenza finalizzata al promuovere interventi sociali, assistenziali e sociosanitari integrati che garantiscano un aiuto concreto alle persone e alle famiglie in difficoltà. Scopo principale della legge è, oltre la semplice assistenza del singolo, il sostegno della persona all'interno del proprio nucleo familiare. La legge 328 tende, infatti, a superare il concetto assistenzialistico dell'intervento sociale, considerando il cittadino come soggetto attivo e, in quanto tale, portatore di diritti, a cui devono essere destinati interventi mirati alla rimozione di situazioni di disagio psico-sociale e di marginalità9. La programmazione e l'organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali competono agli enti locali, alle Regioni e allo Stato secondo principi definiti di sussidiarietà: • Sussidiarietà verticale. Nella distribuzione di competenze amministrative tra diversi livelli di governo territoriali gli organismi superiori intervengono solo se l'esercizio delle funzioni da parte dell'organismo inferiore sia inadeguato per il raggiungimento degli obiettivi; 9 La legge definisce i servizi sociali come: “tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia”. SIMONE FORCUCCI 13 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno • Sussidiarietà orizzontale. Alla cura dei bisogni collettivi e alle attività di interesse generale provvedono direttamente i privati cittadini e i pubblici poteri intervengono in funzione “sussidiaria”, di programmazione, di coordinamento ed eventualmente di gestione. Le attività proprie dei pubblici poteri vengono perciò svolte da soggetti privati, in forma associata e/o volontaristica, con l'intento di lasciare più spazio possibile all'autonomia privata, riducendo così all'essenziale l'intervento pubblico. Il capo III della legge 328 elenca le disposizioni relative alla realizzazione di particolari interventi sociali e più precisamente a favore di persone disabili, anziani non autosufficienti e famiglie. Sono previsti infatti: ➢ Progetti individuali per le persone disabili; ➢ Sostegno domiciliare per le persone anziane non autosufficienti; ➢ Valorizzazione e sostegno delle responsabilità familiari. Per quanto concerne in particolare i progetti individuali per le persone disabili, i Comuni predispongono, su richiesta dell'interessato, un progetto individuale. Il progetto individuale comprende le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del Servizio Sanitario Nazionale, il PEI a cura delle istituzioni scolastiche, i servizi alla persona a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata, con particolare riferimento al recupero e all'integrazione sociale, nonché le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale. 2.5.2 La L. n. 67/2006 a tutela dei disabili dalle discriminazioni e altre norme Nella sentenza n. 226/2001, la Corte costituzionale afferma che il diritto all'istruzione dei disabili sussiste anche nel periodo successivo a quello durante il quale la frequenza scolastica è obbligatoria. Tale diritto può essere esercitato mediante la frequenza, al di fuori della scuola dell'obbligo, di corsi per adulti finalizzati al conseguimento del diploma. La sua attuazione, scrivono i giudici, “postula che vengano garantite le medesime misure di sostegno dettagliatamente previste dalla legge quadro n. 104 del 1992, anche perché la frequenza di corsi per adulti per la persona handicappata che abbia raggiunto la maggiore età assume una funzione tanto più rilevante, in quanto consente, in modo certamente più incisivo rispetto alla frequenza di classi solitamente composte da tredici-quattordicenni, il raggiungimento dell'obiettivo cardine della legge quadro sopraindicato in ambiti il più possibile omogenei”. Il 21 marzo 2006 viene approvata la legge n. 67 sulla tutela giurisdizionale delle persone con disabilità che siano vittime di discriminazioni. La finalità della legge è quella di estendere la tutela accordata ai disabili nel contesto lavorativo a tutte le altre situazioni in cui il disabile risulti destinatario di trattamenti discriminatori al di fuori del rapporto di lavoro: l'art. 1 enuncia chiare lettere che l'impegno che le istituzioni devono assolvere per garantire, anche ai portatori di handicap, il rispetto effettivo del principio di parità di trattamento e la promozione delle pari opportunità. SIMONE FORCUCCI 14 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno 2.5.3 La Convenzione ONU del 2006 sui diritti delle persone con disabilità e la L. n. 18/2009 Il 3 marzo 2009, la legge n. 18 ratifica la Convenzione di New York sui diritti delle persone con disabilità, approvata dall’ONU il 25 agosto 2006, è il primo grande accordo internazionale sui diritti umani concluso nel ventunesimo secolo. L'art. 24 dell'accordo impone agli Stati sottoscrittori di riconoscere alle persone con disabilità il diritto all'istruzione. Affinché tale diritto si realizzi senza discriminazioni, e su una base di pari opportunità, viene stabilito che il sistema educativo debba prevedere l'integrazione scolastica dei disabili a tutti i livelli e offrire loro, nel corso dell'intera vita, possibilità di istruzione finalizzata: - Al pieno sviluppo del potenziale umano, del senso di dignità e dell'autostima e al rafforzamento del rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e della diversità umana; - Allo sviluppo, da parte delle persone con disabilità, della propria personalità, dei talenti e della creatività, come pure delle proprie abilità fisiche e mentali, fino al loro massimo potenziale; - A mettere in grado le persone con disabilità di partecipare effettivamente ad una società libera. 2.5.4 Le Linee Guida del 2009 per l’integrazione degli alunni con disabilità Sempre nel 2009, il MIUR ha emanato, in allegato alla nota n. 4274 del 4 agosto, le Linee Guida per l'integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Il loro scopo è quello di migliorare la qualità degli interventi formativi e educativi per gli studenti con disabilità e di fornire agli operatori scolastici una visione organica della materia al fine di dirigere i comportamenti verso l’integrazione completa. Il testo si articola in tre sezioni. ❖ La prima parte delle Linee guida consta in una panoramica sui principi generali, individuabili tanto nell’ordinamento italiano quanto in quello internazionale. Essa ripercorre il cammino della legislazione del nostro Paese in materia di integrazione scolastica, sottolineando l’importanza della L. 517/1977, della sentenza n. 215/1987 della Corte costituzionale e della L. 104/1992. ❖ La seconda parte delle Linee guida si addentra nelle pratiche scolastiche, individuando problematiche e proposte di intervento concernenti vari aspetti e soggetti istituzionali convolti nel processo di integrazione. ❖ La terza parte delle Linee guida scende in dettaglio sui compiti organizzativi prevalenti del dirigente scolastico, su quelli didattici di tutti i docenti del consiglio di classe, su quelli operativi dei collaboratori e delle collaboratrici scolastiche e su quello partecipativo delle famiglie. 2.6 Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA): struttura e finalità della legge 170/2010 Il quadro normativo italiano viene infine arricchito da due importanti provvedimenti: • Legge 8 ottobre 2010, n. 170 (e relative Linee guida). Garantisce il diritto allo studio agli alunni con dislessia, disgrafia, disortografia, discalculia, denominati Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA); SIMONE FORCUCCI 17 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno Il 25 luglio 2012 la Conferenza Stato-Regioni approva il testo dell'intesa su “Indicazioni per la diagnosi e la certificazione dei disturbi specifici di apprendimento (DSA)”. Nell'intesa viene ribadita la necessità che la certificazione di DSA sia formulata esclusivamente da un centro pubblico o da uno accreditato ma, nel caso in cui i servizi pubblici o accreditati non siano in grado di garantire il rilascio delle certificazioni in tempi utili per l'attivazione delle misure didattiche e delle modalità di valutazione previste e, comunque, quando il tempo richiesto per il completamento dell'iter diagnostico superi sei mesi, con riferimento agli alunni del primo ciclo di istruzione, le Regioni, per garantire la necessaria tempestività, possono prevedere l'attivazione di percorsi specifici per l'accreditamento di ulteriori soggetti privati. La certificazione di DSA deve evidenziare che il percorso diagnostico è stato effettuato secondo quanto previsto dall'Istituto Superiore di Sanità e deve essere articolata e formalmente chiara. È necessario il riferimento ai codici nosografici e alla dicitura esplicita del DSA in oggetto. La certificazione contiene le informazioni necessarie per stilare una programmazione educativa e didattica che tenga conto delle difficoltà del soggetto e preveda l'applicazione mirata delle misure previste dalla legge. La menzione della categoria diagnostica non è infatti sufficiente per la definizione di quali misure didattiche siano appropriate per il singolo soggetto. 2.6.3 Misure educative e didattiche di supporto Il decreto 12 luglio 2011 pone a carico delle istituzioni scolastiche l'obbligo di attuare i necessari interventi pedagogico-didattici per il successo formativo degli alunni e degli studenti con DSA, attivando percorsi di didattica individualizzata e personalizzata anche attraverso la redazione di piani didattici personalizzati (PDP) e ricorrendo a strumenti compensativi e misure dispensative. Prima di affrontare questo argomento, va chiarita la distinzione tra: ➢ Didattica individualizzata. Consiste nelle attività di recupero individuale che può svolgere l'alunno per potenziare determinate abilità o per acquisire specifiche competenze, anche nell'ambito delle strategie compensative del metodo di studio; tali attività individualizzate possono essere realizzate nelle fasi di lavoro individuale in classe o in momenti ad esse dedicati, secondo tutte le forme di flessibilità del lavoro scolastico consentite dalla normativa vigente; ➢ Didattica personalizzata. Calibra l'offerta didattica e le modalità relazionali sulla specificità e unicità a livello personale dei bisogni educativi che caratterizzano gli alunni della classe, considerando le differenze individuali sotto il profilo qualitativo: si può favorire così l'accrescimento dei punti di forza di ciascun alunno, lo sviluppo consapevole delle sue “preferenze” e del suo talento. Nel rispetto degli obiettivi generali e specifici di apprendimento, la didattica personalizzata si sostanzia attraverso l'impiego di una varietà di metodologie e strategie didattiche, tali da promuovere le potenzialità ed il successo formativo in ogni alunno: l'uso dei mediatori didattici (schemi, mappe concettuali, ecc), l'attenzione agli stili di apprendimento, la calibrazione degli interventi sulla base dei livelli raggiunti, nell'ottica di promuovere un apprendimento significativo. SIMONE FORCUCCI 18 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno Gli obiettivi dei percorsi didattici individualizzati e personalizzati, compresi comunque all'interno delle indicazioni curricolari nazionali per il primo e per il secondo ciclo, devono essere articolati sulla base del livello e delle modalità di apprendimento dell'alunno e dello studente con DSA, adottando proposte di insegnamento che tengano conto delle abilità possedute e potenzino anche le funzioni non coinvolte nel disturbo. I docenti, in un'ottica di prevenzione dei DSA, sono tenuti a adottare metodologie didattiche adeguate allo sviluppo delle abilità di letto-scrittura e di calcolo, tenendo conto, nel rispetto della libertà di insegnamento costituzionalmente garantita, delle osservazioni di carattere scientifico contenute al riguardo nelle Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con DSA. L'impiego degli opportuni strumenti compensativi deve essere assicurato curando particolarmente l'acquisizione, da parte dell'alunno, delle competenze per un'efficiente utilizzo degli stessi. L'adozione delle misure dispensative è finalizzata ad evitare situazioni di affaticamento e di disagio in compiti direttamente coinvolti dal disturbo, senza che sia ridotto il livello degli obiettivi di apprendimento previsti nei percorsi didattici individualizzati e personalizzati. Gli strumenti compensativi sono strumenti didattici e tecnologici che sostituiscono o facilitano la prestazione richiesta nell'abilità deficitaria. Tali strumenti sollevano l'alunno o lo studente con DSA da una prestazione resa difficoltosa dal disturbo, senza peraltro facilitargli il compito dal punto di vista cognitivo. Fra i più noti vanno indicati: • Sintesi vocale. Trasforma un compito di lettura in un compito di ascolto; • Registratore. Consente all'alunno o allo studente di non scrivere gli appunti della lezione; • Programmi di videoscrittura con correttore ortografico. Permettono la produzione di testi sufficientemente corretti senza l'affaticamento della rilettura e della contestuale correzione degli errori; • Calcolatrice. Facilita le operazioni di calcolo; • Altri strumenti tecnologicamente meno evoluti. Tabelle, formulari, mappe concettuali, ecc. Le misure dispensative sono invece interventi che consentono all'alunno o allo studente di non svolgere alcune prestazioni che, a causa del disturbo, risultano particolarmente difficoltose e che non migliorano l'apprendimento. Per esempio, non è utile far leggere ad un alunno dislessico un lungo brano, in quanto l'esercizio, per via del disturbo, non migliora la sua prestazione. Gli studi disponibili in materia consigliano di stimare, tenendo conto degli indici di prestazione dell'allievo, in che misura la specifica difficoltà lo penalizzi di fronte ai compagni e di calibrare di conseguenza un tempo aggiuntivo o la riduzione del materiale di lavoro. In generale, in assenza di indici precisi, una quota del 30% in più appare un ragionevole tempo aggiuntivo. L'adozione delle misure dispensative, al fine di non creare percorsi immotivatamente facilitati, che non mirano al successo formativo degli studenti con DSA, dovrà essere sempre valutata sulla base dell'effettiva incidenza del disturbo sulle prestazioni richieste, in modo tale da non differenziare, in relazione agli obiettivi, il percorso di apprendimento dell'alunno in questione. Le attività di recupero individualizzato, le modalità didattiche personalizzate, nonché gli strumenti compensativi e le misure dispensative dovranno essere dalle istituzioni scolastiche esplicitate e SIMONE FORCUCCI 19 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno formalizzate, al fine di assicurare uno strumento utile alla continuità didattica e alla condivisione con la famiglia dell'iniziativa intraprese. In proposito, la scuola predispone, nelle forme e nei tempi ritenuti idonei e comunque non superiori al primo trimestre scolastico, un documento che dovrà contenere le seguenti voci, articolato su base disciplinare in relazione alle discipline coinvolte dal disturbo: • Dati anagrafici dell'alunno; • Tipologia di disturbo; • Attività didattiche individualizzate; • Attività didattiche personalizzate; • Strumenti compensativi impiegati; • Misure dispensative adottate; • Forme di verifica e valutazione personalizzate. Nella predisposizione della documentazione è fondamentale il raccordo con la famiglia, che può comunicare alla scuola eventuali osservazioni su esperienze sviluppate dallo studente anche autonomamente o attraverso percorsi extrascolastici. La documentazione può acquisire la forma del Piano Didattico Personalizzato (PDP). Idonee strategie didattiche sono previste per l'apprendimento delle lingue straniere. Le istituzioni scolastiche dovranno valorizzare le modalità attraverso cui il discente meglio può esprimere le sue competenze, privilegiando l'espressione orale, nonché ricorrendo agli strumenti compensativi e alle misure dispensative più opportune. Le prove scritte di lingua straniera sono progettate, presentate e valutate secondo modalità compatibili con le difficoltà connesse ai DSA. La valutazione scolastica periodica e finale, nei casi di alunni e studenti con DSA – secondo quanto stabilito dall’art. 6 del decreto 12 luglio 2011, attuativo della legge 170/2010 – deve essere coerente con gli interventi pedagogico-didattici. Le modalità di valutazione devono consentire all'alunno di dimostrare effettivamente il livello di apprendimento raggiunto, mediante l'applicazione di misure che determinino le condizioni ottimali per l'espletamento della prestazione da valutare, riservando particolare attenzione alla padronanza dei contenuti disciplinari, a prescindere dagli aspetti legati all'abilità deficitaria12. 2.7 I Bisogni Educativi Speciali (BES) La direttiva del 27 dicembre 2012, rivolta agli alunni e studenti con bisogni educativi speciali, intende portare a compimento la vocazione italiana alla realizzazione di una scuola realmente inclusiva, in grado di differenziare la propria azione in rapporto alle differenti situazioni. L'accresciuta sensibilità sociale, in tutti i paesi occidentali, ai diritti della persona, ha portato alla consapevolezza del carattere unitario del problema della diversità nell'apprendimento. 12 Per quanto riguarda l'esame di Stato al termine del primo e del secondo ciclo di istruzione, esso è ora regolato dal D.Lgs. 62/2017, art. 11 e art. 20. SIMONE FORCUCCI 22 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno 2.8 Il Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD) Il Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD) è il documento di indirizzo del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per il lancio della strategia complessiva di innovazione della scuola italiana e per un nuovo posizionamento del suo sistema educativo nell’era digitale, previsto come parte integrante della più ampia spinta riformatrice contenuta nella L. n 107/2015 (riforma “Buona Scuola”). Le istituzioni scolastiche devono promuovere, all'interno dei Piani Triennali dell'Offerta Formativa (PTOF) e in collaborazione con il Ministero, azioni coerenti con le finalità, i principi e gli strumenti previsti nel PNSD. Il piano è stato approvato con DM 27 ottobre 2015, n. 851, collocandosi a metà strada tra le esigenze di digitalizzazione della scuola come istituzione e la necessità di sviluppare ed implementare le competenze digitali degli studenti, i quali devono essere coinvolti maggiormente attraverso format didattici innovativi. I pilastri del PNSD sono quattro: ▪ Strumenti ▪ Competenze e contenuti ▪ Formazione ▪ Accompagnamento Ognuno di questi pilastri viene suddiviso in obiettivi, a loro volta suddivisi in azioni. Obiettivi e azioni ricalcano le esigenze della digitalizzazione in ambito scolastico e le finalità del piano stesso. Esempi di obiettivi sono, rispettivamente: ➢ Strumenti. La dotazione per le scuole di fibra e banda larga, di qualità degli spazi e degli ambienti di apprendimento (creazione di laboratori professionalizzanti per le competenze chiave), di identità digitale (profilo digitale unico per ogni studente e docente); ➢ Competenze e contenuti. Alfabetizzazione informatica e rafforzamento delle competenze degli studenti all'interno dell'universo comunicativo digitale (il piano parla espressamente di didattica per competenze). All'interno di questo pilastro si colloca anche il profilo “imprenditorialità e lavoro”, diretto a riavvicinare i ragazzi alle carriere scientifiche in ambito STEM; ➢ Formazione. La formazione al digitale di tutto il personale della scuola (dirigenti scolastici, docenti, personale ATA, collaboratori esterni), in ingresso e in servizio; ➢ Accompagnamento. L'accompagnamento, con la creazione della figura dell’“animatore digitale”, ha l'obiettivo di “accompagnare” la scuola in questo processo verso una dimensione permanente. In proposito, l'introduzione della figura dell’animatore digitale ha la funzione di istituire una figura scolastica che guidi la comunità educante alla digitalizzazione e che si occupi di diffondere le politiche legate all'innovazione didattica attraverso azioni di accompagnamento e di sostegno sul territorio del PNSD. L'animatore digitale ha un ruolo strategico nella diffusione dell'innovazione digitale a scuola e il suo profilo è rivolto a: ▪ Formazione interna SIMONE FORCUCCI 23 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno ▪ Coinvolgimento della comunità scolastica ▪ Creazione di soluzioni innovative L’individuazione dell’animatore digitale viene fatta dalle stesse istituzioni scolastiche, indicandolo tra il personale scolastico. Vai infine specificato che tutte le azioni previste dal PNSD sono state finanziate attingendo alle risorse messe a disposizione dalla legge 107/2015 e dai Fondi Strutturali Europei (PON Istruzione 2014-2020). 2.9 Dalla L. n. 107/2015 ai relativi decreti attuativi. In particolare, il D.Lgs. 66/2017 La legge 107/2015 (Buona Scuola), la cui struttura giuridica si caratterizzava per l’essere composta da un unico articolo suddiviso in una molteplicità molto ampia di commi, prevedeva, nel suo progetto di riforma dell'istruzione, una serie di deleghe al governo (art. 1, cmm. 181 ss.). Quest'ultimo ha dato loro attuazione con 8 differenti decreti legislativi, tutti con data 13 aprile 2017: ❖ D.Lgs. 59/2017. Riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria; ❖ D.Lgs. 60/2017. Norme sulla promozione della cultura umanistica, sulla valorizzazione del patrimonio e delle produzioni culturali e sul sostegno alla creatività; ❖ D.Lgs. 61/2017. Revisione dei percorsi dell'istruzione professionale nel rispetto dell'articolo 117 della Costituzione, nonché raccordo con i percorsi dell'istruzione e formazione professionale; ❖ D.Lgs. 62/2017. Norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato; ❖ D.Lgs. 63/2017. Effettività del diritto allo studio attraverso la definizione delle prestazioni, in relazione ai servizi alla persona, con particolare riferimento alle condizioni di disagio e ai servizi strumentali, nonché potenziamento della carta dello studente; ❖ D.Lgs. 64/2017. Disciplina della scuola italiana all'estero; ❖ D.Lgs. 65/2017. Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino ai sei anni (sistema integrato 0-6); ❖ D.Lgs. 66/2017. Norme per la promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità. 2.9.1 Il D.Lgs. 66/2017 Si tratta di una sorta di nuovo Testo Unico delle leggi per l'integrazione scolastica dei soggetti con disabilità. Il D.Lgs. n. 66 del 13 aprile 2017 – così come viene modificato e integrato dal successivo D.Lgs. 96 del 7 agosto 2019 – nell'individuare i propri principi e le proprie finalità afferma infatti che l'inclusione scolastica: A. Riguarda le bambine e i bambini, le alunne e gli alunni, le studentesse e gli studenti, risponde ai differenti bisogni educativi e si realizza attraverso strategie educative e didattiche finalizzate allo sviluppo della potenzialità di ciascuno nel rispetto del diritto all'autodeterminazione e all'accomodamento ragionevole, nella prospettiva della migliore qualità della vita; SIMONE FORCUCCI 24 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno B. Si realizza nell'identità culturale, educativa, progettuale, nell'organizzazione e nel curricolo delle istituzioni scolastiche, nonché attraverso la definizione e la condivisione del progetto individuale fra scuole, famiglie e altri soggetti, pubblici e privati, operanti sul territorio; C. Costituisce impegno fondamentale di tutte le componenti della comunità scolastica le quali, nell'ambito degli specifici ruoli e responsabilità, concorrono ad assicurare il successo formativo delle bambine e dei bambini, delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti. Circa la sua entrata in vigore: 1. Il decreto aveva previsto che le innovazioni entrassero in vigore dal 1 gennaio 2019, ma tale data è stata prorogata al 1 settembre 2019 dalla legge di bilancio 2019; 2. Dalla stessa data risulta soppresso il dpr 24 febbraio 1994, l'Atto di indirizzo che per oltre vent'anni ha costituito la linea di raccordo tra istituzioni sanitarie e istituzioni scolastiche nella costruzione di passaggi fondamentali quali la Diagnosi Funzionale, il Profilo Dinamico Funzionale e il PEI Il D.Lgs. 66/2017 interviene anche in materia di Gruppi di lavoro per l’inclusione scolastica: ➢ Dal 1 settembre 2017 sono entrati in funzione il Gruppo di Lavoro Interistituzionale Regionale (GLIR) e il Gruppo di Lavoro per l'Inclusione (GLI) a livello di istituzione scolastica; ➢ Dal 1 settembre 2019 è entrato in funzione il Gruppo per l'Inclusione Territoriale (GIT), che ha competenze tecniche sulle proposte di organico di sostegno. Per quanto riguarda invece le modifiche apportate al D.Lgs. 66/2017 dal D.Lgs. 96/2019 integrativo, vanno citate: - Maggiore insistenza sul principio di «accomodamento ragionevole» come concetto alla base dell’utilizzo delle risorse per il sostegno previste nel PEI; - Estensione dei criteri ICF anche all’accertamento della condizione di disabilità; - Modifica delle commissioni mediche per l’accertamento della disabilità. La commissione viene ora costituita da 3-4 componenti al massimo (un neuropsichiatra infantile, almeno due tra terapista della riabilitazione, psicologo, assistente sociale o rappresentante dell’ente locale), ad essa viene aggiunta la collaborazione dei genitori, dell’alunno («nella massima misura possibile») e della scuola (rappresentata o dal DS o da un docente specializzato sul sostegno); - Maggiore precisione nella descrizione dei contenuti del PEI: deve essere redatto dal GLO (Gruppo di Lavoro Operativo per l’inclusione) e deve contenere il monte ore, le risorse per il sostegno e tutti gli strumenti, le strategie e gli interventi educativo-didattici; - Definizione del PEI come parte integrante del progetto individuale - Partecipazione attiva dello studente con disabilità, in virtù del suo diritto all’autodeterminazione, al lavoro del GLO in sede di definizione degli interventi educativi; - Maggiore chiarezza delle mansioni del GLO a livello di singoli alunni e del GLI a livello di istituzione; SIMONE FORCUCCI 27 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno In effetti, già il DPR 970/75 prevedeva un titolo di specializzazione polivalente, ma l'integrazione e il sostegno a favore di alunni con disabilità, nell'ambito della scuola dell'obbligo, si caratterizzarono da quel momento in poi come in realtà sempre più diffuse e il docente di sostegno, dal canto suo, venne dotato di competenze specialistiche mirate alla progettazione dell'intervento pedagogico sui difficili terreni della differenza e della diversità. I programmi di queste nuovi corsi polivalenti prevedevano: • Capacità di analisi delle proprie e altrui motivazioni; • Capacità di operare vive relazioni umane; • Capacità di iniziativa correlata alla disponibilità all'azione pluriprofessionale con interventi coordinati sulla realtà sociale e in ordine alla stretta integrazione tra scuola, famiglia e ambiente sociale; • Capacità di larga tolleranza alle frustrazioni; • Capacità di autodeterminazione nell'aggiornamento permanente sul campo. I programmi prevedevano una stretta integrazione terra esperienze di gruppo e tirocinio guidato. Di qui la necessità che il corso prevedesse: ➢ Esperienze di gruppi di discussione, di ricerca e di formazione allo scopo di rendere attiva e responsabile la partecipazione degli allievi e di assicurare la disponibilità ai rapporti interpersonali; ➢ Seminari interdisciplinari per garantire la correlazione e l'integrazione dei vari insegnamenti; ➢ Esercitazioni e tirocinio che mettessero in condizione di avere una visione unitaria dell’alunno con difficoltà e un'esperienza di prassi operativa dello specifico settore. Il corsista sarebbe stato in tal modo opportunamente orientato nella scelta delle modalità da seguire e da programmare sul piano a lui più congeniale dell'intervento didattico-educativo. Il rapporto fra scuola e famiglia e il collegamento funzionale del servizio scolastico agli altri servizi operanti nel territorio sarebbero state condizioni essenziali per l'intervento educativo specializzato. Con il DM del 24 aprile 1986 furono pubblicati i nuovi programmi. La scelta culturale di fondo era la specializzazione polivalente mentre si riduceva l'area sanitaria a favore di quella didattico-educativa. Tre erano i comparti fondamentali per la preparazione del docente specializzato: 1. Aree disciplinari. Comprendeva la pedagogia, la psicologia e la clinica; 2. Dimensione operativa. Indicava attività pratiche da realizzare e includeva sei sotto-aree che però non trovavano corrispondenza in precise discipline di studio; 3. Didattica curricolare. Mirava a tradurre in didattica speciale la didattica generale prevista dai programmi della scuola materna e della scuola dell’obbligo. Le forme di tirocinio erano due e interrelate tra loro: il tirocinio diretto guidato (150 ore annuali) e il tirocinio indiretto guidato (100 ore annuali). Erano previsti il superamento di 18 esami e la discussione di una tesi finale. SIMONE FORCUCCI 28 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno Dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 215/1987, che aveva ribadito il diritto degli alunni in situazione di deficit all'ingresso anche nelle scuole superiori, si provvide ad un'ulteriore riforma dei contenuti dei programmi e i corsi funzionarono regolarmente fino al 1992, allorché furono sospesi. Per la riapertura si dovette aspettare il 1995, quando con il DM n. 226 del 27 giugno i programmi dei corsi biennali di specializzazione per il sostegno subirono un ulteriore riordino, sia perché nel frattempo era stata emanata la legge n. 104/92, sia perché la più generale riforma del sistema scolastico imponeva un adeguamento. Il nuovo percorso formativo doveva porre i docenti nelle condizioni di sapere riconoscere, affrontare e risolvere i più comuni problemi di insegnamento posti dalla diversità che caratterizzava in modi di relazionarsi con ciascuno degli allievi e degli allievi fra di loro. I singoli curricula disciplinari vennero raggruppati in cinque aree, ciascuna delle quali comprendente le discipline corrispondenti: 1. Il quadro. Legislazione, sociologia e pedagogia; 2. Il soggetto. Psicologia e biologia; 3. Il metodo. Problemi di metodologia; 4. I linguaggi. Comunicazione non verbale, lingua, logica e matematica; 5. Le professionalità. Rielaborazione dell'esperienza personale e organizzazione delle competenze professionali. Nella premessa si ribadiva come l'integrazione scolastica degli alunni in situazione di handicap dovesse coinvolgere tutto il sistema scolastico. Inoltre, si esplicitava come i programmi fossero stati elaborati in funzione di un'azione di aggiornamento ricorrente dei docenti in servizio di ruolo, nell'intento di mettere l'intero sistema scolastico e i suoi operatori in condizione di rispondere correttamente e adeguatamente ai bisogni speciali di educazione in cui doveva concretizzarsi una vera azione di integrazione scolastica. Tuttavia, un limite di tali programmi stava proprio nell'assenza delle didattiche speciali, fatte oggetto solo di corsi di aggiornamento riservati ai docenti in servizio. 3.3 I corsi intensivi, le SSIS per il sostegno, i corsi di formazione universitari Il DM 16 giugno 1997 istituì i corsi intensivi di specializzazione rivolti ai docenti soprannumerari. Il monte ore e il programma vennero notevolmente ridimensionati rispetto ai corsi biennali del 1995. Il titolo di specializzazione rilasciato era monovalente, in quanto interessava solo il deficit psicofisico e non anche quello sensoriale. Questi corsi si tennero fino al 2001 in varie province italiane, incontrando le proteste dei docenti e delle associazioni professionali, che non ne gradivano l'equiparazione ai corsi biennali. A fronte delle proteste, questi corsi cessarono la propria esistenza quando la formazione dei docenti di sostegno venne assegnata ad un semestre aggiuntivo di 400 ore da svolgersi dopo la laurea in Scienze della Formazione Primaria per la scuola materna ed elementare e dopo il biennio presso le Scuole di Specializzazione all'Insegnamento Secondario (SSIS) per le scuole medie inferiori e superiori. I semestri di 400 ore presso le SSIS furono avviati nell'anno accademico 2000/2001 e nel 2003, con DM 20 febbraio 2002, il Ministero ha autorizzato le università, sempre SIMONE FORCUCCI 29 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno attraverso le SSIS, ad attivare corsi di specializzazione con moduli di almeno 800 ore, riservati a docenti già forniti di abilitazione. Secondo il testo di legge, questi corsi avevano una vita destinata a concludersi nell'anno accademico 2005/2006, tuttavia, contestualmente, la riforma Moratti (L. n. 53/2003) sancì che la formazione iniziale dovesse svolgersi per tutti i docenti nelle università, presso i corsi di laurea specialistica, e attribuì all'esame finale per il conseguimento della laurea valore abilitante per uno o più insegnamenti da individuarsi con decreto ministeriale. Per effetto di tale normativa, la laurea in Scienze della Formazione Primaria fu riconosciuta come abilitante all'insegnamento. La successiva legge n. 143/2004 stabilì che, in attesa dell'attuazione della riforma Moratti, le università istituissero, nell'ambito delle loro strutture didattiche, corsi speciali di durata annuale “per il conseguimento del titolo di specializzazione per il sostegno agli alunni disabili per gli insegnanti di scuola materna ed elementare in possesso di abilitazione o idoneità conseguite in pubblici concorsi indetti prima della data in vigore della L. n. 124/1999”. Per coloro che non fossero abilitati intendessero diventare insegnanti curricolari e di sostegno nella scuola secondaria di primo e secondo grado, il percorso formativo restava agganciato alla specializzazione presso le SSIS e al semestre aggiuntivo di 400 ore per il sostegno. Nell'attesa di una complessiva riforma la L. n. 244/2007, legge finanziaria per il 2008, demandava al MIUR il compito di definire, in sede regolamentare, la disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale e dell'attività procedurale per il reclutamento del personale docente. A tale disposto venne data esecuzione con il DM 10 settembre 2010, n. 249, che definiva la disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell'infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado. Questo testo (ancora in vigore) stabiliva che la specializzazione per l'attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità si consegue esclusivamente presso le università (TFA Sostegno). I corsi previsti dal testo di legge del 2010 devono prevedere l'acquisizione di un minimo di 60 CFU, comprendere almeno 300 ore di tirocinio, pari a 12 CFU, e articolarsi distintamente per la scuola dell'infanzia, primaria, secondaria di primo grado e secondaria di secondo grado. I corsi sono a numero programmato dal ministero, tenendo conto delle esigenze del sistema nazionale di istruzione, e presuppongono il superamento di una prova di accesso predisposta dalle università. Il candidato che supera con esito favorevole l'esame finale consegue il diploma di specializzazione per l'attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità. Il successivo decreto del 30 settembre 2011 disciplina, infine, i “criteri e modalità per lo svolgimento dei corsi di formazione per le attività di sostegno”. 3.4 La formazione dei docenti di sostegno nel D.Lgs. 66/2017 per la scuola dell’infanzia e primaria Della formazione dei docenti per la scuola dell'infanzia e primaria, tra cui quelli di sostegno, si occupa anche il D.Lgs. 66/2017, il quale prevede all'art. 12 un “corso di specializzazione in pedagogia e didattica speciale per le attività di sostegno didattico e l’inclusione scolastica”. Il corso, attivato presso le università autorizzate dal MIUR, è annuale e prevede l'acquisizione di 60 CFU, comprensivi SIMONE FORCUCCI 32 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno Capitolo 4. Temi e prospettive della psicologia dello sviluppo 4.1 Concetti generali ➢ Sviluppo: processo evolutivo di un organismo con modificazioni di struttura, di funzione e di organizzazione. Tale processo può avvenire per tre ordini di cause: maturazione intrinseca (sviluppo di capacità innate), influenza dell'ambiente e apprendimento. Nell'ambito della psicologia dello sviluppo una prima distinzione da operare è quella tra psicologia dell'età evolutiva e psicologia del ciclo di vita. • Psicologia dell’età evolutiva. Si occupa di osservare studiare ciò che avviene nella fase dell'infanzia fino all'adolescenza, due periodi dello sviluppo psicologico particolarmente ricchi di cambiamenti e di importanti acquisizioni sia cognitive, sia affettive e, ancora prima, fisiologiche. Il periodo dell'infanzia comprende la fase della vita che va dal momento della nascita sino al dodicesimo anno. L'adolescenza, invece, abbraccia tutto ciò che avviene dal dodicesimo al diciottesimo anno, anche se ultimamente si parla anche di “tarda adolescenza”, intendendo così riferirsi al prolungamento di alcune caratteristiche psicologiche proprie di questa fase dello sviluppo sino al venticinquesimo anno di età. • Psicologia del ciclo di vita. A questo ambito disciplinare adatto un forte impulso il lavoro di Erik Erikson (1902-1994), si occupa del come le persone si adattano alle diverse tappe dell'esistenza e del come gradualmente acquisiscano consapevolezza del calendario biosociale, ovvero di quell'insieme di scadenze che scandiscono i passaggi evolutivi, come il matrimonio o l'arrivo dei figli. Stando al lavoro di Erikson15, la vita pone l'individuo nella condizione di dover affrontare dei dilemmi sempre nuovi, in cui le esigenze personali si scontrano con le componenti e i vincoli sociali. L'uomo apprende attraverso la gestione di questi dilemmi nuove competenze e consapevolezze che lo conducono a sviluppare la propria identità. • Psicologia dell’arco di vita. Distinta dalle precedenti due impostazioni teoriche, la prospettiva della psicologia dell'arco di vita si è sviluppata a partire dai contributi e dal lavoro di Lev Semënovič Vygotskij (1896-1934) e della scuola russa. Per comprendere lo sviluppo psicologico dell'individuo è necessario tenere in considerazione i fattori sociali e culturali in cui la persona è inserita. Secondo questo approccio, le età dell'uomo non possono basarsi solo su di un calcolo puramente cronologico viene inserito pertanto il concetto di crescita continua, poiché pur ammettendo la suddivisione in fasi, queste non possono essere esplicative di un processo di costruzione e integrazione di abilità che progredisce nel tempo. Occorre infine precisare che lo sviluppo umano è un processo dinamico costituito da una serie di cambiamenti che avvengono in ciascuna delle fasi principali della vita e che hanno importanti implicazioni per il futuro. I concetti di cambiamento e sviluppo devono essere inquadrati in una 15 Il pensiero psicologico di Erikson sarà più approfonditamente affrontato nel capitolo 8. SIMONE FORCUCCI 33 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno prospettiva interazionista e costruttivista in cui l'individuo e l'ambiente sono strettamente correlati. La persona conosce e interpreta la realtà in interazione con l'ambiente, il quale non è separato dall'individuo ma è anzi in una certa misura costruito dall'individuo stesso. Per questo motivo occorre porre l'attenzione sulle diverse funzioni psicologiche dello sviluppo: ▪ Sviluppo fisico-motorio; ▪ Sviluppo cognitivo; ▪ Sviluppo affettivo-emozionale; ▪ Sviluppo sociale e della personalità; ▪ Sviluppo morale. In aggiunta a queste considerazioni, è necessario ottenere presenti la variabilità interindividuale, che è possibile riscontrare tra soggetti della stessa età, e la variabilità intraindividuale, che riguarda invece il modo in cui ciascun soggetto vive le diverse fasi della propria esistenza. Il concetto di “stadio”, introdotto dai modelli tradizionali che spiegano lo sviluppo in modo sequenziale attraverso fasi obbligate, va cioè analizzato tenendo conto dell'influenza ambientale e dell'esperienza personale. 4.2 Tre domande sullo sviluppo psicologico 4.2.1 Qual è la natura del cambiamento che caratterizza lo sviluppo? Secondo alcuni teorici, il cambiamento ha natura quantitativa: lo sviluppo è considerato sotto forma di accrescimento, ossia come somma e accumulazione progressiva di piccoli cambiamenti nel tempo. Secondo altri teorici, al contrario, il cambiamento avrebbe una natura prettamente qualitativa, sarebbe cioè una sorta di trasformazione conseguente a singoli cambiamenti evolutivi. La tesi quantitativa e sostenuta dai comportamentisti, secondo i quali l'individuo accumula nel tempo esperienze apprendimenti consequenziali che ne plasmano la crescita e ne direzionano lo sviluppo. La tesi qualitativa è invece sostenuta dalle teorie organismiche, proposte da Piaget e Vygotskij, secondo cui l'individuo è attivo costruttore delle proprie conoscenze competenze e lo sviluppo appare determinato da principi intrinseci piuttosto che da fattori ambientali esterni. 4.2.2 Quali processi causano il cambiamento? Su questo argomento ci sono tre differenti impostazioni teoriche che vanno considerate: 1. Comportamentisti. Le influenze ambientali sono determinanti e modellano il comportamento del bambino; 2. Teorie innatiste. Le ragioni dello sviluppo risiedono nella programmazione genetica, mentre le condizioni ambientali possono solo modulare, ma non determinare, le fasi e l'intensità dello sviluppo; 3. Teorie organismiche. Vi è un'interazione tra fattori ambientali e genetici che concorrono nel direzionare il processi di sviluppo. SIMONE FORCUCCI 34 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno 4.2.3 Si tratta di un cambiamento continuo e graduale o discontinuo e improvviso? Anche su questo argomento la posizione dipende dal come si considera lo sviluppo: ➢ Sviluppo come processo quantitativo (comportamentismo). Il cambiamento dovrà essere considerato graduale e continuo: l'individuo reagisce agli stimoli esterni e all'esperienza mediante maturazione e crescita continua; ➢ Sviluppo come processo qualitativo (teorie organismiche). Il cambiamento viene caratterizzato da discontinuità: l'individuo passa da una fase all'altra di sviluppo mediante cambiamenti improvvisi che annunciano nuove acquisizioni; ➢ Sviluppo come processo quali-quantitativo. Approccio intermedio che prevede la compresenza di processi continui e discontinui: si può assumere che il cambiamento sia discontinuo tra uno stadio e l'altro, ma continuo all'interno di ciascuno stadio. 4.3 Concezioni scientifiche dello sviluppo nel corso del tempo 4.3.1 Visione ambientalista Si tratta della prima prospettiva teorica assimilabile a quella che noi oggi chiamiamo psicologia dello sviluppo. Questo tipo di impostazione viene proposta per la prima volta dal filosofo inglese John Locke (1632-1704), il quale riteneva che il bambino nascesse come una tabula rasa e che ogni sua caratteristica fosse poi plasmata dall'esperienza. Secondo questa prospettiva, il neonato era privo di strutture psicologiche ed estremamente influenzabile dall'ambiente circostante; in questo senso, l'acquisizione della conoscenza avveniva esclusivamente mediante l'apprendimento dall'esterno. 4.3.2 Visione naturalista Contrapposta alla prospettiva lockiana è la prospettiva naturalista del filosofo ginevrino Jean Jacques Rousseau (1712-1778), secondo cui le predisposizioni “naturali” minimizzano gli effetti dell'educazione e dell'esperienza. Rousseau sosteneva che i bambini sono per natura buoni, per cui non hanno bisogno di una particolare guida morale né di imposizioni per uno sviluppo normale, crescendo secondo “il disegno della natura”. 4.3.3 Teoria evoluzionistica Lo studio scientifico dell'infanzia è divenuto rigoroso solo nel XIX secolo, grazie al contributo di Charles Darwin (1809-1882), il quale con la sua teoria evoluzionistica ha dato un primo grande apporto allo studio delle differenze individuali e alle teorie dello sviluppo. Darwin era convinto dell'esistenza di profonde analogie tra gli animali vertebrati e gli uomini. Le differenze tra gli uni e gli altri erano per lui solo di natura quantitativa e non qualitativa. In questo senso, teorizzò e credette di dimostrare l'esistenza di una continuità biologica tra vertebrati e uomini e indagò sulle componenti istintuali comuni, come l'istinto materno. Le differenze individuali, da Darwin definite mutazioni, erano il frutto di un percorso di adattamento dell'individuo all'ambiente. Il meccanismo della selezione naturale determina, secondo Darwin, la sopravvivenza e il successo riproduttivo delle varietà che posseggono i caratteri maggiormente SIMONE FORCUCCI 37 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno provenienti dall’esterno). I rinforzi non derivano più dall'ambiente esterno ma dall'elaborazione individuale degli stessi (rinforzi intrinseci). 4.4.4 Approccio organismico Si tratta di un approccio che considera l'individuo come un organismo attivo, teso a realizzare le proprie potenzialità e dotato di principi organizzativi intrinseci. Il bambino costruisce gradualmente la propria comprensione, sia di se stesso, sia degli altri, sia del mondo esterno, attraverso un continuo interscambio con l'ambiente. Riconducibile a questo approccio è la teoria Jean Piaget (1896-1980), anche nota come teoria stadiale17. Lo psicologo svizzero ha descritto in modo estremamente preciso e dettagliato le singole fasi di sviluppo dell'infanzia, intendendo per sviluppo un processo che nasce dall'interazione individuo-ambiente. Organizzazione, adattamento ed equilibrazione – che Piaget definisce invarianti funzionali – consentono all'individuo di migliorare e accrescere la propria organizzazione del pensiero. Opposto al pensiero di Piaget è l'approccio del russo Lev Semënovič Vygotskij (1896-1934), il quale ha sostenuto che lo sviluppo mentale origina dall'interiorizzazione delle norme culturali, per cui sin dalle prime modalità di comunicazione il bambino manifesta di possedere un'attività intellettiva fortemente condizionata dal contesto e al contempo legata allo stesso. Gli studi di Vygotskij si sono concentrati sull'acquisizione del linguaggio, sulla nozione di creatività e sulla costruzione dei concetti. All'approccio organismico va ricondotto anche l'apporto di Heinz Werner (1890-1964), il quale propose un concetto di sviluppo che parte da una matrice di ordine biologico. Facendo un parallelismo tra lo sviluppo psichico e fisico, descrisse lo sviluppo adottando il principio della crescente organizzazione: lo psicologo austriaco sostenne che lo sviluppo prende le mosse da un insieme indifferenziato, partendo dal quale procede poi per tappe di differenziazione e organizzazione gerarchica. Le acquisizioni che caratterizzano i diversi periodi di vita sono affiancate a ciò che il bambino ha già appreso, ma ad un livello gerarchico superiore. Anche lo sviluppo psicologico, dunque, procede da una comprensione globale del dato intrapsichico (emozioni, sensazioni) e della realtà ad una comprensione analitica. Va infine considerato l'approccio al problema dello sviluppo proposto da Jerome Bruner (1915-2016). Questi riteneva che per sviluppo si dovesse intendere lo sviluppo cognitivo. Tale sviluppo non avviene per stadi come nella teoria di Piaget, ma è legato alle strategie messe in atto dall'individuo per affrontare padroneggiare una determinata situazione di vita in un determinato contesto. Bruner individua tre possibili modalità in cui le informazioni vengono elaborate, le quali differenziano i percorsi dello sviluppo psicologico individuale. • Rappresentazione esecutiva – Azione. Si riferisce alla prima modalità di conoscenza, prettamente manipolativa, corrispondente a ciò che il bambino fa esplorando 17 Per approfondimenti sulla teoria stadiale di Piaget, vedi cap. 5. SIMONE FORCUCCI 38 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno intenzionalmente l'ambiente. Tale rappresentazione ha come scopo proprio la conoscenza dell'ambiente e della realtà; • Rappresentazione iconica – Immagine. Corrisponde alle immagini mentali che il bambino si costruisce in base all'esperienza e che costituiscono forme di riorganizzazione della realtà; • Rappresentazione simbolica – Linguaggio. Fornisce al bambino uno strumento di codifica e decodifica della realtà ancora più complesso. Azione, immagine e linguaggio sono modalità di elaborazione del pensiero che non costituiscono fasi disgiunte o stadi di sviluppo, ma possono coesistere. I processi mentali hanno, per Bruner, un fondamento sociale. 4.4.5 Approccio psicoanalitico L'approccio psicanalitico considera l'individuo come un organismo simbolico capace di attribuire significato a se stesso e all'ambiente circostante. Il cambiamento viene visto come l'esito di conflitti interni. Portabandiera di questo approccio sono stati Sigmund Freud (1856-1939), fondatore dell'approccio e della disciplina, e Erik Erikson (1902-1994). Secondo il primo, lo sviluppo va inteso come un susseguirsi di fasi psicosessuali, il secondo invece aggiunge alla dimensione psicosessuale quella sociale, dividendo il ciclo di vita in otto età e prolungando il concetto di sviluppo dall'infanzia all'intera esistenza individuale. SIMONE FORCUCCI 39 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno Capitolo 5. Processi cognitivi, apprendimento, creatività e pensiero divergente 5.1 Le scienze che studiano la mente La scienza che studia i processi cognitivi è la psicologia scientifica, disciplina che analizza la fenomenologia della vita psichica allo scopo di venire a conoscenza dei modi attraverso i quali essa si attua e delle leggi che la regolano. La psicologia scientifica ebbe inizio grazie all'opera di Wilhelm Maximilian Wundt (1832- 1920). Wundt fondò a Lipsia, nel 1879, il primo laboratorio per l'indagine sperimentale dei processi psichici, evento considerato da molti come l'inizio della psicologia come scienza autonoma. Nel XX secolo il centro scientifico internazionale si spostò negli Stati Uniti, dove gli studiosi rifiutarono l'idea che la psicologia dovesse occuparsi della mente e affermarono l'antimentalismo, promuovendo la corrente del comportamentismo, destinata a dominare la psicologia per oltre quarant'anni. Il manifesto del comportamentismo è costituito da un articolo dello psicologo americano John Broadus Watson (1878-1958), apparso nel 1913, dal titolo “La psicologia così come la vede il comportamentista”, in cui viene sottolineata la necessità che i dati della psicologia siano aperti all'indagine e al controllo. Le acquisizioni della psicologia stimolo-risposta, precedenti alla nascita del comportamentismo, furono inglobate in questo modello teorico. In seguito, fu il fisiologo russo Ivan Petrovič Pavlov (1848-1936) ad introdurre la nozione di riflesso condizionato, un riflesso appreso in cui una risposta si abbina ad un nuovo stimolo che precedentemente non la provocava. I concetti di stimolo e risposta fornivano una spiegazione per la formazione delle abitudini e dell'apprendimento, gratificando l'aspirazione comportamenti di disporre di un'unità analitica che consentisse di spiegare il comportamento: se lo stimolo responsabile della reazione poteva essere identificato, allora quest'ultima poteva essere prevista e, attraverso un condizionamento, tenuta sotto controllo. La visione comportamentista, ritenuta troppo angusta per comprendere l'estrema ricchezza dei dati psicologici, nel secondo dopoguerra subì un indebolimento, mentre si delineò una rinascita dello studio scientifico dei processi mentali attraverso il consolidamento della psicologia cognitiva o psicologia della conoscenza. Quest'ultima studia le attività mentali umane, analizzando il funzionamento della mente a livello astratto e occupandosi di modelli di riconoscimento, di distorsioni nella percezione della realtà, della linea sfumata esistente tra attenzione e disattenzione. L'area cognitiva e il campo di studi avente per oggetto di analisi la mente. La mente può infatti essere considerata come un sistema operativo, ossia un apparato che svolge determinati compiti attraverso determinate operazioni, analizzabili sul piano sia della concretezza sia dell'astrazione. La psicologia cognitiva utilizza metodi oggettivi di verifica dei suoi risultati mediante la ripetizione o la sistematica variazione delle condizioni e non insiste sull’analogia dell'arco riflesso, ma fa uso di altre analogie, ad esempio quella della mente come computer, che elabora le informazioni ricevute e produce una risposta basata su questo procedimento complesso. SIMONE FORCUCCI 42 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno maturazione o di alterazioni temporanee dell'organismo, come ad esempio gli effetti sortiti dalle droghe. Nonostante la maturazione crei le condizioni favorevoli all'apprendimento, il comportamento risulta però dall'azione combinata di entrambi, come dimostra lo sviluppo motorio in un bambino che, impossibilitato a camminare durante la fase appropriata della crescita, incontrerà successivamente molte difficoltà. Diversi studi hanno comprovato che anche lo sviluppo sensoriale, per funzionare correttamente, necessita di un'adeguata quantità di stimolazione. D'altro canto, se è vero che i bambini traggono beneficio da un ambiente ricco di sollecitazioni, è altrettanto vero che un aumento di stimoli non provoca un'accelerazione dello sviluppo fino a che non si raggiunge lo stadio sufficiente di maturazione. Lo sviluppo psicologico sembra quindi seguire un percorso lineare in cui uno stadio succede all'altro e, ad ogni svolta, il semplice accumularsi meccanico dei cambiamenti si interrompe per dar luogo a vere e proprie ristrutturazioni. In questo senso, il principio del periodo critico presuppone che la mancata risoluzione di particolari problemi evolutivi legati ad un determinato stadio possa ostacolare il passaggio allo stadio successivo. 5.3.1 Strategie didattiche per l’apprendimento Per apprendimento si intende quel processo psichico che consente una modificazione durevole del comportamento per effetto dell'esperienza. Si è soliti distinguere due tipi di apprendimento: A. Apprendimento associativo. Detto anche semplice o meccanico, si fonda sulla relazione stimolo-risposta, che mette capo alla formazione di abitudini. Esso comprende il condizionamento classico, il condizionamento operante e l'apprendimento di risposte combinate; B. Apprendimento cognitivo. Detto anche complesso, coinvolge funzioni psichiche superiori come la percezione, l'intelligenza e in generale i processi cognitivi propri dell'uomo ed in modo molto limitato per alcuni mammiferi superiori. Se il primo tipo di apprendimento si lascia leggere come sequenze di stimolo e risposta di minore o maggiore complessità, il secondo riconosce alla percezione e alla conoscenza un ruolo superiore. Comunemente si pensa che imparare voglia dire acquisire delle conoscenze e farne uso quando serve; dunque, l'alunno che più di altri è in grado di impadronirsi del sapere ed è più abile a sfruttarlo avrà un rendimento totalmente diverso rispetto a chi è meno dotato in tal senso. Gli psicologi ritengono che in determinati processi di apprendimento in effetti vengono acquisiti contenuti mentali ed il soggetto ha una parte attiva nel processo. Tuttavia, ritengono anche che questa è una forma di apprendimento che va ad affiancarsi alle altre. Ci sono due tipi di apprendimento cognitivo. Nel primo, il soggetto acquisisce dei contenuti mentali e l'esperienza non va a modificare direttamente il comportamento: un soggetto può impadronirsi di una conoscenza e farne uso a distanza di tempo. SIMONE FORCUCCI 43 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno Il secondo tipo di apprendimento cognitivo è dato dall'insight (intuito). Il soggetto elabora attivamente conoscenze che già possiede fino a costruirne di nuove. L'esperienza passata è importante perché fornisce i dati su cui lavorare, mentre ciò che si è appena appreso funge da stimolo per l'elaborazione. Il soggetto, dunque, lavorando su ciò che sa produce nuove conoscenze. 5.3.2 Apprendimento significativo e metacognizione Restringendo il campo di interesse agli obiettivi di tipo cognitivo, si può ritenere che assuma un rilevante significato il modello proposto da David P. Ausubel (1918-2008), il cui schema concettuale ha il merito di porre due aspetti molto importanti: il primo riguarda l'evidente necessità di tenere in costante considerazione la struttura cognitiva del soggetto, mentre il secondo ha messo fine quella concezione tanto diffusa e pericolosa secondo la quale qualsiasi apprendimento per ricezione deve essere per sua natura meccanico ed ogni apprendimento per scoperta deve essere a sua volta sempre necessariamente significativo. A questo riguardo, un apprendimento significativo comporta sempre una trasformazione attiva e dinamica della struttura conoscitiva. Almeno una parte di essa, infatti, deve subire una riorganizzazione che consente al nuovo concetto di inserirsi in maniera ben collegata e connessa con il restante della conoscenza. Perché ciò accada occorre una destabilizzazione della struttura cognitiva, cioè dell'organizzazione delle strutture di pensiero dell'alunno. Tale stabilità viene meno quando una qualsiasi esperienza ponga in crisi la sua attuale organizzazione delle strutture cognitive evidenziando nella scarsa efficacia nel risolvere adeguatamente un particolare problema. L'inserimento di questo elemento perturbatore produce uno stato di dissonanza cognitiva. Merito della psicologia cognitiva è stato quello di concentrare l'attenzione su quei processi che consentono l'esecuzione di un compito. Da qui parte il contributo della riflessione e dell'applicazione della metacognizione in ambito didattico-educativo. Con il termine “metacognizione” ci si riferisce a tutte le operazioni cognitive sovraordinate a quelle di base, con la funzione di coordinarle, di guidarle e di promuovere la riflessione in relazione all'elaborazione dell'informazione eseguita. La metacognizione sta a significare la conoscenza che il soggetto possiede delle proprie conoscenze, dei processi cognitivi che le regolano e delle strategie per intervenire su di esse. Pertanto, nell'applicazione di un procedimento di soluzione ad un problema, il soggetto metacognitivo non è quello che applica le operazioni che rendono possibile il processo, ma quello che effettua il processo in un modo piuttosto che in un altro. 5.4 Gli stadi del percorso evolutivo Quando si parla di stadi del percorso evolutivo, si fa riferimento principalmente al lavoro di ricerca condotto dallo psicologo dell'età evolutiva e pedagogista svizzero Jean Piaget (1896-1980). Piaget individua quattro stadi fondamentali dello sviluppo del bambino: 1. Stadio senso-motorio. Dura dalla nascita fino all'età di due anni, consente all'intelligenza di esprimersi solo attraverso il contatto sensorio e fisico con l'ambiente. Un effetto dell'attività SIMONE FORCUCCI 44 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno manipolatoria del bambino è il conseguimento dell'oggetto, ossia l'acquisita consapevolezza che un oggetto visto da differenti angoli visuali costituisce una realtà duratura, perché l'oggetto rimane invariato; 2. Stadio pre-operazionale. Si prolunga dai due ai sette anni e appare caratterizzato, sotto il profilo sia della conoscenza, sia della morale, da un tratto particolare: l'egocentrismo. Il soggetto inizia con il comprendere e il sentire attraverso se stesso, prima di riuscire a operare una distinzione tra ciò che appartiene alle cose o agli altri e ciò che proviene dal proprio universo intellettivo e affettivo. Nel periodo dai cinque ai sette anni si sviluppa progressivamente il principio della conservazione della massa, del peso e del volume degli oggetti; 3. Stadio delle operazioni concrete. Dura dall'età di 7 anni all'età di 11 anni, si alterna il primitivo egocentrismo all'accettazione passiva dei giudizi altrui. Fino all'età di sette anni il pensiero e la coscienza morale sono ancora esterni al bambino, che li riceve in condizionatamente dagli altri soggetti significativi del suo ambiente. Il bambino diventa capace di compiere operazioni logiche, come la reversibilità in aritmetica, la classificazione, cioè l'organizzazione di oggetti in gerarchie di classi, e la seriazione, ovvero l'organizzazione di oggetti in serie ordinate. Appare un'altra forma di relazione sociale, quella fondata sulla cooperazione, instaurata tramite il contatto con i compagni coetanei che consente di comprendere la diversità e la complementarità delle funzioni nel gioco collettivo e quindi della molteplicità dei punti di vista; 4. Stadio delle operazioni formali. Comincia con l'inizio della preadolescenza (12 anni) ed è caratterizzato dalla squisita capacità del soggetto di concettualizzazione e di formulazione di un ragionamento ipotetico-deduttivo. Il processo di sviluppo cognitivo, secondo Piaget, presenta un carattere universale, poiché in tutte le società si attraversano gli stessi stadi con lo stesso ordine, anche se il contenuto, a seconda delle diverse visioni del mondo, varia da una cultura all'altra. Va tuttavia rilevato che, sebbene quando si parla di stadi del percorso evolutivo il primo approccio che viene in mente e quello piagetiano, lo psicologo svizzero non è stato l'unico a proporre uno sviluppo evolutivo analizzato in diverse fasi o stadi. Il fondatore della psicanalisi, l'austriaco Sigmund Freud (1856-1938), ha riconosciuto l'importanza fondamentale per lo sviluppo delle prime esperienze infantili e ha descritto il rapporti del bambino con i genitori mostrandone le radici psicosessuali, definite libidiche. I vari periodi della crescita individuale possono essere definiti, secondo Freud, come fasi dello sviluppo psicosessuale, in rapporto alla diversa localizzazione corporea delle fonti di piacere nelle varie età, fino ad arrivare alla gratificazione della sessualità adulta. Il padre della psicanalisi individua diverse fasi fondamentali: 1. Fase orale. Corrisponde ai primi due anni di vita, la gratificazione avviene attraverso la stimolazione delle labbra e della regione orale, come accade nell'allattamento e nella suzione del pollice; 2. Fase anale. Corrisponde all'età compresa tra i due e i quattro anni, la gratificazione è ottenuta attraverso la ritenzione o l'espulsione delle feci; SIMONE FORCUCCI 47 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno specifico, Spearman ha dimostrato che, attraverso l'analisi bifattoriale, i soggetti, quando conseguono un punteggio alto in un test di una determinata abilità mentale, tendono a raggiungere lo stesso punteggio in test di un'altra abilità dello stesso genere. Le differenze dipendono dal fattore di intelligenza generale ed è l'assenza di correlazione tra i due fattori a produrle. Il soggetto, in quanto a rendimento, viene infatti influenzato dalle abilità specifiche. 5.7 Louis Leon Thurstone e l’intelligenza multifattoriale Lo psicologo americano Louis Leon Thurstone (1887-1955) ha fornito un contributo significativo con le sue ricerche alla soluzione, nell'ambito della psicologia sperimentale, dei problemi metrici e si è posto l'obiettivo di conoscere, attraverso l'algoritmo dell'analisi fattoriale, la struttura dell'intelligenza21. Lo studioso americano critica il concetto di intelligenza generale (G), sostenendo che non può essere un concetto così aleatorio ad influenzare il risultato che il soggetto ottiene nei vari test. Tale influenza viene invece attribuita alle abilità primarie, che lo studioso articola in una pluralità di fattori (modello multifattoriale): • Abilità numerica (fattore N) • Comprensione verbale (fattore V) • Fluidità verbale (fattore W) • Memoria meccanica o associativa (fattore M) • Ragionamento (fattore R) • Velocità percettiva (fattore P) • Visualizzazione spaziale (fattore S) Le diversità in termini psicologici vengono quindi stimate sulla base della pluralità dei fattori, i quali, essendo tutti sullo stesso piano, vengono visti in base all'intensità dei relativi contributi per adempiere al risultato intellettivo. Poiché uno o più fattori possono influenzare gli altri nello svolgimento di un compito, ogni misurazione risulta differente. 5.8 Le competenze su creatività e pensiero divergente L'idea del modello multifattoriale viene ripresa anche da Joy Paul Guilford (1897-1987), il quale ha elaborato un modello multifattoriale e creativo dell'intelligenza. Questo psicologo nega che un individuo possa essere abile o meno in numerosi compiti differenti. Per Guilford non c'è correlazione tra le diverse capacità: un individuo che possiede una eccellente memoria potrebbe fallire in altre prestazioni. Guilford individua tre categorie intellettive comprendenti ognuna un certo numero di abilità. ❖ Operazioni mentali. Aspetto cognitivo e valutativo: cognizione, ipotesi, memoria, capacità di scelta e di verifica, produzione del pensiero convergente e produzione del pensiero divergente; ❖ Prodotti. Operazioni mentali applicate ai contenuti: si suddividono in unità, classi, relazioni, sistemi, trasformazioni e implicazioni; 21 In questo senso, le ricerche di Thurstone riprendono e ampliano i risultati raggiunti da Spearman. SIMONE FORCUCCI 48 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno ❖ Contenuti ideativi. Si configurano non solo come schemi (colore, suono e forma) o come simboli (disegni, lettere dell’alfabeto, segni convenzionali, ecc.), ma anche come forme semantiche (parole) e schemi comportamentali (intenzioni, azioni, sentimenti). Le combinazioni possibili fra operazioni, prodotti e contenuti sono in totale 120 e corrispondono ai fattori dell'intelligenza. Il modello di Guilford viene rappresentato come un cubo di forma tridimensionale, dove ogni tipo di pensiero si collega simultaneamente a tutti gli altri elementi dell'intera struttura. Un'attenzione particolare va poi rivolta alla comprensione della creatività, la quale viene considerata da Guilford come parte integrante delle operazioni. Per Guilford, nella misurazione dell'intelligenza bisogna tener conto anche delle capacità e delle abilità del pensiero divergente, in quanto indipendente da quello convergente. Nella sua analisi del pensiero divergente, Guilford individua tre differenti fattori: ➢ Fluidità o speditezza del pensiero ➢ Flessibilità di pensiero o facilità ideativa ➢ Originalità o stranezza nel comportamento Nel modello di Guilford, il pensiero divergente è il risultato dell'insieme di questi fattori. I soggetti con un'intelligenza convergente, invece, si orientano, in genere, a dare un'unica risposta ad un problema dato e arrivano ad essa con una certa facilità di soluzione. La risposta in questione è spesso logica, perfettamente coerente con i test di intelligenza che prevedono una sola risposta corretta. L'intelligenza creativa, fondata sul pensiero divergente, è soggetta ad un continuo processo di evoluzione. Per cui non vi può essere una sola risposta possibile logicamente. Anche chi è creativo, però, necessità di una certa sicurezza psicologica senza la quale non solo non riuscirebbe a mobilitare le proprie energie, ma non potrebbe nemmeno guardare positivamente verso il futuro. In questo senso, le competenze su creatività e pensiero divergente si basano su: • Adeguata sensibilità verso le problematiche quotidiane; • Capacità, abilità e attitudine a determinare concretamente le problematiche della vita; • Capacità provata, nell'analisi di un problema, di rinviare nel tempo il giudizio; • Adeguata capacità critica per ipotizzare modi diversi di pensare; • Capacità di emettere dei giudizi sui propri comportamenti; • Capacità, abilità e attitudine ad organizzare un piano per arricchire le proprie idee; Figura 1 - Il cubo dell’intelligenza secondo Guilford SIMONE FORCUCCI 49 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno • Capacità, attraverso attenta osservazione, di scoprire gli eventi quotidiani; • Capacità e abilità di trasformare le idee assurde e strane in modelli concreti; • Capacità e attitudine a servirsi di tecniche adeguate ed efficaci. SIMONE FORCUCCI 52 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno interazioni nel quale il feedback acquisisce un ruolo indispensabile. Nel feedback o informazione di ritorno si realizza in pratica una circolarità di relazioni, nell'ambito della quale le mosse dell'uno si trasformano dinamicamente in un punto di partenza delle eventuali mosse dell'altro. L'empatia è una dimensione dell'intelligenza emotiva. Essa consiste nel riuscire a mettersi nei panni di un altro, ovvero a immedesimarsi negli stati d'animo e nei pensieri di altri soggetti sulla base della capacità di comprendere i loro segnali emozionali, assumere la loro prospettiva soggettiva e condividerne i sentimenti. Tali capacità risultano fondamentali nelle relazioni umane poiché regolano la comunicazione. L'empatia consiste, in altri termini, nella capacità di immedesimarsi negli altri pur mantenendo, in modo consapevole, i confini tra la propria identità e quella dell'interlocutore. La regola fondamentale per un'attiva ed efficace comunicazione empatica è quella di esprimersi in modo chiaro, con frasi brevi e significative. Ma vi sono anche altri comportamenti che facilitano la comunicazione e l'interazione: ➢ Far corrispondere sempre contenuto razionale del messaggio e comportamento emotivo; ➢ Favorire contemporaneamente sia la ricerca dell'identità individuale e personale sia quella della socialità; ➢ Fare in modo che possa sempre realizzarsi il feedback, l'informazione di ritorno; ➢ Individuare i disturbi della comunicazione e analizzarli per poterli eliminare; ➢ Evitare di giudicare l'altro con atteggiamenti moralistici ed oppositivi. Tra i fattori che ostacolano la comunicazione empatica ci sono inoltre le differenze sociali, lo scarto generazionale tra l'emittente e il ricevente, l'insicurezza psicologica. Grazie all'empatia, il comportamento assertivo ridimensiona i rischi di incomprensione favorendo un contatto che tiene in alta considerazione lo spazio e le necessità altrui. L'impiego dell'empatia risulta fondamentale nella relazione educativa e didattica. L'empatia, in quanto capacità di comprendere gli altri sulla base della propria esperienza, assume nel rapporto educativo il significato di prestare massima attenzione a ciò che l'alunno vuole comunicare ed immedesimarsi nella situazione. 6.4 Le emozioni 6.4.1 L’esperienza emotiva Un'emozione corrisponde ad un processo psicologico, articolato in una sequenza di cambiamenti, promossa da un evento scatenante causato da modificazioni dell'ambiente esterno o interno. L'esperienza emotiva, paragonabile ad uno strumento mediante il quale il soggetto in rapporto con la realtà circostante, è un processo complesso poiché, dispiegandosi sugli orizzonti biologico, cognitivo e comportamentale, tende a coinvolgere l'individuo nella sua totalità. Le emozioni sono conseguenza di squilibri che si verificano nell’appraisal23 e sono accompagnate da elementi di comportamento diretti ad affrontare le situazioni, risolvendo o eludendo 23 Si definisce appraisal l'operazione soggettiva di costante monitoraggio dell'individuo e dell'ambiente, volta alla valutazione della conciliabilità tra i contesti e i fini del soggetto stesso. SIMONE FORCUCCI 53 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno i problemi che queste presentano. Le ricerche hanno dimostrato che molti schemi evento- emozione, ossia modelli interpretativi che, da un lato, rappresentano la struttura dell'evento e, dall'altro, l'emozione da provare, sono universali. Ossia, sono indipendenti dalla cultura in cui si manifestano. Anche se esistono però schemi specifici propri di determinate collettività, legati cioè alle emozioni etniche (esperienze vissute in particolare da alcuni popoli, ad es. la Shoah per gli ebrei). Esistono inoltre configurazioni tipiche o pattern fisiologici delle emozioni, riscontrabili quando affiorano determinati stati d'animo, ma che non necessariamente corrispondono sistematicamente a cambiamenti che avvengono nel funzionamento dell'organismo. Durante il processo emotivo si verificano cambiamenti anche nella sfera del comportamento. In questo senso, è possibile individuare tre tipi di risposta ad un evento emotivo: • Reazioni espressive. Manifestazioni involontarie, emissioni spontanee di segnali non verbali, che esprimono lo stato interiore di un soggetto; • Tendenze. Spinte interiori del soggetto, capaci di promuovere l'azione e caratterizzate dalla precedenza di controllo, ossia dal loro essere imperative imponendosi alle altre tendenze comportamentali (ad es. una persona impaurita può difendersi continuando a colpire l'aggressore anche dopo averlo reso inoffensivo); • Comportamenti specifici. Realizzazione delle tendenze emotive o delle strategie pensate al fine di ripristinare il normale equilibrio emotivo L'esperienza soggettiva delle emozioni subisce una elaborazione cognitiva grazie al filtro delle conoscenze individuali. Su tutti i livelli del processo emotivo si esercita il controllo, sia per ragioni sociali, sia per motivi di tipo edonistico. L'importante fenomeno del contagio emotivo, che si verifica quando un'emozione manifestata nell'emittente ne suscita un'altra, simile o complementare, nel ricevente, consente inoltre di armonizzare le emozioni individuali a quelle collettive, coordinando i ruoli degli attori sociali. Il conforto sociale, fondamentale nell'esperienza psicologica e pedagogica, svolge la funzione di sostegno tra gli individui. 6.4.2 Le teorie delle emozioni Per spiegare la natura che caratterizza le emozioni e le leggi che le regolano sono state elaborate diverse teorie, tutte accomunate dalla consapevolezza che il mondo emotivo è piuttosto complesso, dal momento che coinvolge contemporaneamente funzioni psicofisiologiche, cognitive, ambientali e culturali. William James (1842-1910) ha sostenuto che l'emozione nasce per una semplice attivazione fisiologica ed è provocata da modificazioni corporee. Phillip R. Shaver (1944-vivente) ha invece suddiviso l'emozione in sei categorie: tre positive (amore, gioia e sorpresa) e tre negative (collera, tristezza e paura). Tutte le categorie rispondono alle peculiarità della qualità (positiva o negativa), della potenza (forte o debole) e dell'attività (alta o bassa). Le emozioni vengono espresse tramite risposte: fisiologiche interne, motorie, facciali, verbali, topologiche (vicinanza o distanza da chi attrae o da chi provoca repulsione) e cognitive (conversione delle emozioni in oggetti del pensiero). SIMONE FORCUCCI 54 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno Secondo la teoria darwiniana, le emozioni e le espressioni sono innate, parte dell'evoluzione stessa. Darwin sostenne che alla base dell'espressione delle emozioni vi sono tre principi generali: ➢ Principio delle abitudini associate utili. Alcuni atti che hanno un'utilità in certi stati d'animo tendono a trasformarsi in abitudine, per cui vengono riprodotti ogni volta che si ripresentano determinate emozioni; ➢ Principio dell'antitesi. Quando sopravviene uno stato d'animo che è l'esatto contrario del precedente si tende in modo involontario a eseguire movimenti di natura opposta a quelli compiuti prima; ➢ Principio degli atti determinati dalla costituzione del sistema nervoso. Una forte eccitazione del sistema nervoso si trasmette ai vari sistemi del corpo producendo degli effetti che noi interpretiamo come espressivi. La teoria di James-Lange, detta anche teoria periferica, ribalta la concezione tradizionale della mente come luogo di origine delle emozioni e identifica queste ultime come risposte fisiologiche dell'organismo a stimoli ambientali, individuandone dunque l'origine nel corpo. La teoria di Cannon-Bard, detta teoria centrale, si contrappone a quella di James-Lange. Secondo questa teoria, la sede delle emozioni è il talamo: uno stimolo dal mondo esterno mobilita il talamo che contemporaneamente invia impulsi al sistema nervoso centrale, il quale attiva le reazioni fisiologiche, e alla corteccia cerebrale, che produce la consapevolezza delle emozioni. La teoria di Schachter-Singer, detta teoria dei due fattori, sostiene che l'emozione è caratterizzata da una componente fisiologica e una cognitiva. In presenza di un evento emotigeno l'emozione è generata sia dall'attivazione fisiologica dell'organismo che dal riconoscimento dello stato emotivo e dalla interpretazione cognitiva che ne viene fornita. 6.4.3 La teoria della differenziazione emotiva La teoria della differenziazione emotiva sostiene che l'individuo alla nascita possiede un corredo emotivo indifferenziato e che, nel corso dello sviluppo, avviene la differenziazione delle emozioni. Principale esponente di questo filone di studi è Alan Sroufe, il quale delinea un processo di sviluppo dell'emozioni distinto in fasi. Ad una prima fase di eccitazione indifferenziata, segue la differenziazione delle emozioni secondo tre principali canali: sistema piacere-gioia, sistema paura- circospezione, sistema frustrazione-rabbia. ➢ Il sistema piacere-gioia si sviluppa nei primi tre mesi di vita del bambino. Le reazioni emotive seguono semplici valutazioni dello stimolo. Principali indicatori dello sviluppo di questo sistema sono il sorriso sociale e quello selettivo (espresso come segnale di piacere e non solo come riflesso fisiologico). ➢ Il sistema circospezione-paura si sviluppa dopo il terzo mese di vita, quando emergono le emozioni di sorpresa e di disappunto in risposta a determinati stimoli. ➢ Il sistema frustrazione-rabbia si manifesta a partire dai sei mesi di vita circa, il bambino reagisce con emozioni di delusione se si vede sottratto un oggetto di suo interesse. SIMONE FORCUCCI 57 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno ➢ Insicurezza psicologica. Ai docenti non viene chiesto di lavorare in una catena di montaggio, dove si sa perfettamente qual è il tuo ruolo nella costruzione dei pezzi. Viene chiesto loro di lavorare a contatto costante con delle persone, alunni e genitori. In particolare, il senso di incertezza sul lavoro svolto in aula che il docente può provare in riferimento alla propria azione didattica può causare veri e propri fenomeni di alienazione dell’identità psicologica. ➢ Interferenze emotive. Anche i docenti provano emozioni negative (rabbia, paura, frustrazione, ecc.), ma spesso accade che il ruolo e la situazione d’aula non consentano di esprimerle. Questo può creare grandi problemi alla relazione educativa. SIMONE FORCUCCI 58 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno Capitolo 7. La personalità e i suoi processi 7.1 La formazione della personalità La personalità riguarda ciò che vi è di assolutamente irripetibile nel singolo soggetto: l'aspetto, le motivazioni, le abilità, la reattività emotiva e ciò che è con un'espressione filosofica si potrebbe definire erlebnis, ossia l'esperienza vissuta che continua a vivere. In psicologia, il campo della personalità è molto controverso: nel tempo sono state fornite diverse definizioni dello stesso termine, senza mai giungere di fatto ad una interpretazione univoca. Secondo Gordon Allport (1897-1967), la personalità è l'insieme delle caratteristiche e delle modalità di comportamento che determina gli speciali adattamenti di un individuo al contesto ambientale nel quale è inserito, vale a dire l'organizzazione dinamica dei fattori di tipo sia biologico, sia psicologico nel modo in cui il soggetto conduce la propria esistenza. Lo studio della personalità in psicologia persegue il fine di prevedere il comportamento: la personalità, anche se non va intesa in modo schematico, suggerisce che alcuni tratti fondamentali della persona appaiono persistenti permettendo di riscontrare una certa coerenza transituazionale dei comportamenti. Riguardo al processo di formazione della personalità è probabile che esistano fattori predisponenti di carattere biologico, ma è fuori di dubbio che anche l'ambiente eserciti una grossa influenza. D'altro canto, anche un determinato tipo di struttura fisica può influire sulla personalità: l'altezza, la forza, il peso e altri fattori di questo tipo pongono limiti precisi alle risposte che l'individuo può sperare di fornire in una situazione ambientale data. Ogni status, vale a dire ogni posizione che l'individuo può occupare in società, comporta, da parte del soggetto, un insieme di modelli di comportamento attesi, di obblighi e di privilegi, che può essere definito ruolo e che consente di strutturare l'azione secondo delle direttrici condivise. Pur essendo fondato su norme sociali, il ruolo si delinea durante l'interazione, assicurandone un prevedibile corso. I ruoli formali, riconosciuti ufficialmente e regolati da norme precise, si differenziano dai ruoli informali, non ufficiali e maggiormente negoziati. È stata inoltre avanzata l'ipotesi che ogni cultura tende a produrre strutture di personalità caratteristiche: una società può, ad esempio, mostrarsi tipicamente più aggressiva o più mite di un'altra. Nonostante le pressioni culturali sortiscano una certa uniformità, la personalità di un individuo risulta imprevedibile a partire dalla cultura in cui è stato socializzato, perché ciascuno vive esperienze proprie e, a seconda delle caratteristiche personali, rifunzionalizza i ruoli che gli vengono richiesti. SIMONE FORCUCCI 59 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno 7.2 Le teorie della personalità 7.2.1 Le teorie dei tratti Un tratto è una caratteristica interiore duratura, una dimensione persistente continua, in cui il soggetto può occupare una determinata posizione25. È necessario distinguere tra tratti fondamentali, radicati nell'individuo, e tratti di superficie, variabili a seconda delle circostanze; bisogna poi distinguere anche tra tratti comuni, riscontrabili in maniera generalizzata in tutti gli individui, e tratti individuali, unici di un dato soggetto. Secondo la teoria dei tratti, si può definire una personalità in base alla posizione occupata su di un certo numero di scale di misura, ciascuna delle quali rappresenta un tratto diverso. I tratti possono essere considerati come l'indicazione della capacità del soggetto di adottare certe modalità di comportamento in determinati contesti ambientali, di diventare ad esempio aggressivo in alcune circostanze e mite in altre. Il già citato Allport sottolinea l'esistenza di una configurazione di tratti unica in ogni individuo, mentre Raymond Bernard Cattel (1905-1998), pur non negando la presenza di tratti esclusivamente originali in ogni soggetto, sottolinea la presenza di dimensioni universali della personalità e di tratti comuni, tentando di costruire, su basi empiriche, una cartografia generale delle personalità. Attraverso l'analisi di comportamenti quotidiani registrati dagli osservatori, dai diari autobiografici e dai risultati dei test, Cattel individua 170 tratti distinti, molti dei quali riconducibili ad un unico tratto generale, definendo così un elenco di 16 tratti fondamentali, chiamati fattori di personalità, al cui interno sono compresi tutti gli altri e che descrivono, nelle loro varie composizioni, un numero potenzialmente infinito di personalità. 7.2.2 Le teorie tipologiche Le teorie tipologiche, dette anche somatico-costituzionalistiche, studiano la personalità sulla base di corrispondenze tra caratteristiche fisiche e psicologiche. Esse si basano sull'assunto che esistano tipi psicologici possedenti caratteristiche determinate, sia affettive, sia mentali. Il principale iniziatore di questa linea di pensiero psicologico è stato Carl Gustav Jung (1875- 1961), il quale propone nella sua teoria un richiamo ai tipi psicologici distinguendo in persone estroverse, ossia capaci di socializzare e mantenere relazioni con gli altri, e persone introverse, ossia riservate e portate alla chiusura. Un'altra teoria a base somatica è quella del medico americano William Herbert Sheldon (1898- 1977), il quale correlò caratteristiche fisiche e aspetti psicologici, attraverso la comparazione di 4000 fotografie, classificando gli individui in base a tre criteri: 1. Componente endomorfica. Presente soprattutto negli individui obesi, si riferisce alla preminenza degli intestini e degli altri organi viscerali; 2. Componente mesomorfica. Presente negli atleti, riguarda lo scheletro e lo sviluppo dei muscoli; 25 Se, ad esempio, si considera come tratto della sua personalità la cordialità di un individuo, gli si attribuirà un grado di socievolezza compreso tra un minimo e un massimo. SIMONE FORCUCCI 62 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno 7.3 I test di personalità I test, strumento privilegiato nella psicologia della personalità, costituiscono dei metodi inferenziali di indagine che consentono di mettere il soggetto di fronte a materiale-stimolo (reattivo) cercando di comprendere la persona a partire dalle sue modalità di reazione. Vi sono due tipologie di test: ➢ Test proiettivi28. Tendono a far affiorare la personalità del soggetto, sollecitando la sua libera espressione; ➢ Questionari autodescrittivi. Il soggetto deve riconoscersi mettendosi a confronto con una serie di affermazioni predisposte. Il soggetto, rispondendo liberamente alle domande dei test proiettivi, non strutturate come le serie di domande dirette dei questionari, riflette nelle risposte qualcosa di assolutamente personale, diventando il protagonista di qualsiasi dramma egli intenda costruire e svelando pulsioni, desideri, spinte delle quali non è totalmente consapevole. Un esempio piuttosto famoso di test proiettivo è il Thematic Apperception Test (TAT), messo a punto presso la clinica psicologica di Harvard da Henry A. Murray nel 1938: consiste in una serie di immagini che, tramite stimoli ambigui, interpretabili secondo la disposizione individuale a percepire in una data maniera, offrono ispirazione al soggetto nel racconto delle proprie storie, delle proprie produzioni immaginative attraversate da temi fondamentali ricorrenti. Il TAT può essere utilizzato per la misurazione della motivazione al successo, dell'aggressività o, unitamente ad altri test, per la predizione del rendimento universitario. Diversamente, i questionari autodescrittivi consistono in affermazioni dinanzi alle quali il soggetto deve auto-esaminarsi dicendo in quale misura si adattano a lui. Il più noto tra questi questionari è il già citato “test del Minnesota” (Minnesota Multiphasic Personality Inventory – MMPI), il quale consta di alcune centinaia di dichiarazioni a cui bisogna fornire le risposte vero o falso. Ciascuno dei dieci gruppi di item concerne uno specifico disturbo psicopatologico. La procedura oggettiva e l'uso di più item consentono di superare i limiti dei test proiettivi, ossia la scarsa strutturazione e i risultati legati all'interpretazione soggettiva dello psicologo. 28 I test proiettivi si caratterizzano per l'uso di materiale-stimolo non strutturato e volutamente ambiguo (si può trattare di stimoli grafici come un disegno o una macchia, di stimoli verbali come frasi da completare e parole da associare, oppure di stimoli uditivi come rumori e suoni) di cui il candidato è invitato a fornire una propria interpretazione. Questi test si basano su meccanismi proiettivi: mediante l'interpretazione dello stimolo proposto il soggetto esteriorizza il suo mondo interiore, attribuendo allo stimolo un significato che è condizionato dal proprio vissuto, dalle proprie esperienze, dal proprio modo di vedere la realtà. Tra i test proiettivi, il più famoso, anche perché è il più citato in film e altre opere culturali, è il test di Rorschach (le famose dieci tavole contenenti ciascuna una macchia d'inchiostro composta in due parti speculari, ciò che viene chiesto, come è noto, al soggetto e di fornire una interpretazione delle macchie; le risposte del soggetto, che descrive cosa vede in alcune figure, rivelano aspetti più profondi e inconsci della sua personalità). SIMONE FORCUCCI 63 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno Capitolo 8. La definizione dell'identità 8.1 L’idea di sé Strettamente connessa allo sviluppo della personalità è la formazione dell'identità. Si tratta di un aspetto interessante dello sviluppo delle competenze sociali di un individuo che condiziona profondamente le capacità empatiche del bambino. In questo contesto, fondamentali sono state le ricerche dello psicologo statunitense Robert L. Selman (1942-vivente) sullo sviluppo socio cognitivo nell'infanzia e nella fanciullezza. In particolare, secondo Selman l'età scolare compresa tra i 6 e gli 11 anni è la fase in cui dalla separazione della famiglia e l'inserimento nel contesto scolastico deriva la costruzione di più avanzate competenze sociali. Lo psicologo chiama questa fase dello sviluppo dell'identità Role- Taking. Le descrizioni che i bambini fanno di se stessi e degli altri costituiscono infatti un'interessante indicatore di sviluppo delle abilità sociali. Quando sono piccoli e fino ai 7 anni di età, i bambini ricorrono a descrizioni prevalentemente orientate agli aspetti esteriori, alle caratteristiche fisiche e solo successivamente aggiungono particolari su qualità e tratti del carattere. Durante la fanciullezza, l'essere umano sviluppa la capacità di comprendere il ruolo dell'altro e assumere il suo punto di vista; inoltre, comincia ad essere in grado di intendere alcuni aspetti del funzionamento sociale, raggiungendo un primo accostamento al livello di conoscenza macro-sociale. Parallelamente alle conoscenze sugli altri, si sviluppano nel bambino le conoscenze sul sé. Va poi considerato un'ulteriore elemento relativo al concetto di sé, quello dell'autostima: esso si basa sul giudizio dei sentimenti o delle qualità che si percepiscono come proprie. A partire dai sei anni di età, i bambini iniziano a fare paragoni tra le informazioni sociali che ricevono, se sono più o meno competenti rispetto ai loro compagni. Tutto questo ha un riflesso sulla costruzione del sé del bambino: insorgono i primi dubbi sulle proprie capacità e il bambino comincia a percepire la differenza tra competenza e impegno. Un'ulteriore caratteristica dello sviluppo dell'identità è rappresentata dalla comprensione della specificità delle regole che governano i rapporti tra i pari rispetto a quelle in vigore verso gli adulti. Nei suoi rapporti con gli adulti, il bambino accetta la loro autorità unilaterale, fruendo anche dei vantaggi che derivano da tale accettazione (l'essere accuditi e il non avere responsabilità, ad esempio). Con i suoi coetanei, invece, vige una reciprocità simmetrica o diretta, la quale prevede un contributo paritario di entrambi i partecipanti alla relazione. 8.2 L’identità sessuale La costituzione di un'idea di sé è strettamente legata allo sviluppo dell'identità sessuale. Intorno ai 10 mesi i bambini comprendono che vi sono individui di sesso maschile e femminile; verso l'anno di età iniziano a prestare attenzione ai coetanei. Non è tuttavia ancora chiaro se esista una differenziazione strutturale tra maschi e femmine in termini di strategie e sviluppo cognitivo. Finora, gli studi dimostrano che sono maggiori le somiglianze rispetto alle differenze. SIMONE FORCUCCI 64 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno 8.3 Sigmund Freud Sigmund Freud (1856-1939) non necessita di presentazioni, medico austriaco e padre della psicanalisi, ritiene che durante i primi anni di vita vengano gettate le basi per la costruzione della personalità del soggetto adulto, che si sviluppa attraverso i vari tentativi, utili o frustranti, effettuati per affrontare quei conflitti che gradualmente si incontrano: ecco perché lo sviluppo infantile di un soggetto costituisce l’oggetto di studio privilegiato nel campo della psicologia. In questo senso, Freud intende il bambino come essere perverso, nel senso che prova piacere a prescindere dalla riproduzione, e polimorfo, in quanto prova piacere con diversi organi del proprio corpo. Freud individua tre fasi nello sviluppo psicosessuale del bambino: • Fase orale (0-18 mesi) → Legata alla bocca e alla sperimentazione, da parte del bambino, del succhiare, oltre che dall’introiezione, ossia l’impossessamento dell’oggetto mediante l’introduzione orale. • Fase anale (18 mesi – 3 anni) → Legata alle funzioni biologico-corporali espulsive (fare e riuscire a trattenere la cacca), il bambino prova piacere nell’esperire ciò. • Fase fallica (3-5 anni) → È legata alla scoperta del fallo, tanto dal maschio quanto dalla femmina, che crea opposizione tra i due sessi. In questa fase Freud pone la nascita del complesso di Edipo e del complesso di Elettra: o Complesso di Edipo: Complesso tipicamente maschile, il bambino ha un attaccamento libidico nei confronti della madre e una conseguente rivalità nei confronti del padre, il quale rappresenta, nell’ottica del bambino, una minaccia di evirazione. Questo complesso prende il nome dal personaggio sofocleo che, inconsapevolmente, uccise il suo padre biologico e sposò la sua vera madre. o Complesso di Elettra: Complesso tipicamente femminile, la bambina ha un attaccamento verso il padre (con conseguente timore di abbandono) e sviluppa rivalità e gelosia nei confronti della madre. Questo complesso prende il nome dal mito greco secondo il quale Elettra, figlia di Agamennone e Clitemnestra, aiuta il fratello Oreste a vendicare il padre, uccidendo la madre Clitemnestra che aveva proditoriamente assassinato il padre Agamennone. • Fase di latenza (6-12 anni): In questa fase si conclude il periodo fallico. La sessualità appare sopita o sublimata verso attività più socialmente accettabili (come il gioco, la scuola, lo studio o la socializzazione in generale). • Fase genitale (12-15 anni): È caratterizzata dalle trasformazioni che avvengono nella pubertà e dal passaggio alla vera e propria organizzazione genitale, ovvero quella adulta. SIMONE FORCUCCI 67 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno Si tratta della delicata fase in cui l'adolescente sperimenta esperienze nuove, in grado di affrancarlo definitivamente dalla famiglia: lo sviluppo delle prime forti passioni, l'emergere di attitudini innate, la possibilità di ricoprire in prima persona dei ruoli sociali sono solo alcuni esempi della nuova realtà che l'adolescente si trova a vivere. Il rischio in questa fase è che il bisogno di trovare una propria identità si trasformi in ricerca di modelli in cui identificarsi. Da 12 a 18 anni Identità vs. dispersione/confusione di ruoli Coetanei (compagni e amici esterni alla famiglia) Una volta costituita una propria identità, l'individuo tende a conservare se stesso e a stabilizzare il rapporto con gli altri componenti del suo ambiente. La ricerca di rafforzare il rapporto con i propri punti di riferimento ha sul versante opposto la possibilità di chiudersi al rapporto con gli altri al di fuori della propria cerchia. Da 19 a 25 anni Intimità vs. isolamento Compagno/a e amici L'uomo maturo ha bisogno che si abbia bisogno di lui e la sua maturità ha bisogno di essere guidata ed incoraggiata per ciò che è stato prodotto e di cui bisogna prendersi cura. Il concetto di generatività non riguarda solo il desiderio di mettere al mondo dei figli e di allevarli, ma anche quello di creare qualcosa di utile con il proprio lavoro, di insegnare agli altri la propria esperienza. Da 26 a 40 anni Generatività vs. stagnazione Colleghi di lavoro e famiglia propria Si tratta dell'ultima fase dello sviluppo sociale degli individui, in cui occorre accettare tutto ciò che si è fatto, ciò che si è e ciò che si potrebbe ancora. Chi ha costruito un io forte riesce ad Oltre i 40 anni Integrità dell’Io vs. disperazione Colleghi SIMONE FORCUCCI 68 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno accettare il tempo trascorso considerando il proprio vissuto come un irripetibile ciclo vitale, qualcosa di necessario e insostituibile. Diversamente, chi non è riuscito a costruire un io forte vivrà questa fase con rimpianto e grande rimorso. SIMONE FORCUCCI 69 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno Capitolo 9. L'adolescenza 9.1 Definizione dell'identità nell'adolescenza Con adolescenza si intende in genere una fase delicata di transizione durante la quale l'individuo è chiamato a fronteggiare una serie di importanti compiti evolutivi. Tra questi vi sono le trasformazioni corporee, il confronto con il gruppo dei pari e con le figure genitoriali, le fasi dell'innamoramento e della relazione di coppia, la costruzione dell'identità e la gestione dell'autostima. Seppur è possibile individuare in questi compiti di sviluppo elementi comuni a diversi adolescenti, è altrettanto vero che vi siano significative differenze nel percorso evolutivo, date dalle variabili ambientali e sociali con cui l'individuo interagisce. In psicologia, i diversi orientamenti di ricerca hanno focalizzato l'attenzione sui turbamenti emotivi propri dell'adolescente. Le emozioni sono intense e spesso drammaticamente esasperate. In termini puramente cronologici, l'adolescenza è collocabile tra i 10 e i 12 anni per le ragazze, e tra gli 11 e i 13 anni per i ragazzi. Si tratta tuttavia di una indicazione meramente metodologica, poiché l'adolescenza è un periodo tutt'altro che omogeneo ed è suddivisibile in una serie di ulteriori fasi: preadolescenza, adolescenza, pubertà, tarda adolescenza e post-adolescenza. Le trasformazioni fisiche sono specifiche del periodo definito pubertà. Le principali differenze tra la fase preadolescenziale e quella adolescenziale sono relative al processo di costruzione dell'identità. In adolescenza le capacità autoriflessiva dell'individuo si sviluppano e, affidandosi, lo aiutano a conquistare una propria identità, nonché a riorganizzare i valori, le scelte e la morale. Due tra i maggiori studiosi del periodo adolescenziale, Margaret Mead (1901-1978) e Stanley Hall (1844-1924), ritengono che l'influenza culturale sia determinante nel delineare le modalità di fronteggiamento della cosiddetta crisi adolescenziale. La Mead, antropologa, ha dimostrato che la crisi è un dato prettamente culturale e non universale. Oggi è opinione diffusa, in ambito di ricerca, che l'adolescenza non solo non sia necessariamente un periodo costellato da crisi, ma che siano determinanti le risorse personali e quelle ambientali, il senso di autoefficacia e l'autostima maturati. 9.2 Teoria psicanalitica La teoria psicanalitica fa coincidere l'adolescenza con l'abbandono delle pulsioni tipiche della fase pregenitale e l'investimento libidico sulle zone erogene. Questa teoria si basa sulla concezione conflittuale dell'adolescenza, il cui superamento porta all'acquisizione di una sessualità più matura che si manifesta con il controllo delle pulsioni istintuali e la subordinazione delle pulsioni all'affettività. Anna Freud (1895-1982) ritiene che dal conflitto tra Es, in quanto sede delle pulsioni, e l'Io, ancora troppo rigido, emergano meccanismi di difesa quali l'ascetismo e l'intellettualizzazione. L'ascetismo concerne l'abbandono dei desideri puramente pulsionali e lo spostamento sui grandi ideali, come l'attenzione tipicamente adolescenziale per quelli politici. L'intellettualizzazione invece SIMONE FORCUCCI 72 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno Tra i compiti che l'adolescente deve affrontare durante questa fase dello sviluppo, figura quello di rendersi autonomo (individuazione). La famiglia può favorire o ostacolare questo processo, mettendo in atto comportamenti che aiutino l'adolescente a conquistarsi spazi di autonomia o invece mettendo in atto strategie di controllo e di iperprotezione. SIMONE FORCUCCI 73 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno Capitolo 10. Il legame di attaccamento Strettamente connesso alla formazione della personalità e dell'identità è il concetto di attaccamento. L'attaccamento può essere definito come un sistema dinamico di comportamenti che contribuiscono alla formazione di un legame fra due persone. Il concetto è legato alle ricerche sullo sviluppo e sull'infanzia, in relazione ai legami che si creano con le figure di accudimento (caregiver). Le teorie etologiche29 considerano l'attaccamento come una tendenza innata, indipendente dalla soddisfazione dei bisogni primari. Tuttavia, il primo a proporre il concetto di attaccamento come cardine per spiegare il comportamento dei bambini fu John Bowlby, sebbene il concetto risulta essere presente in numerose altre teorie sia pure con connotazioni e significati diversi. 10.1 La teoria spaziale di Bowlby L'interesse di Bowlby per i legami di attaccamento ma nasce dagli studi di Lorenz sull’imprinting, ossia sul processo di formazione dei legami sociali, non appreso, ma direttamente legato alla dotazione genetica della specie. Bowlby formula la sua teoria dell'attaccamento a partire dallo studio della relazione madre-bambino e delle modalità con le quali questa relazione si esprime. L'attaccamento costituisce per Bowlby uno dei sistemi di controllo del comportamento. Il bambino cerca la figura di attaccamento al fine di mantenere con lei una vicinanza fisica in situazioni di pericolo. In questo modo, egli ottiene protezione. Tale legame si struttura nell'arco del primo anno di vita, attraverso scambi interattivi tra il bambino e la figura di attaccamento. Bowlby identifica alcune fasi nel processo di costruzione del legame di attaccamento: ➢ Dalla nascita alle 8-12 settimane. Il bambino non riesce a distinguere le persone che lo circondano, ma può riconoscere, attraverso l'odore e la voce, la propria madre; ➢ Tra il terzo ed il sesto mese. Discrimina le figure e le riconosce una in particolare, quella che lo accudisce; mette in atto comportamenti sempre più selettivi, in particolare con la madre; ➢ Tra il sesto e l'ottavo mese. Il bambino diviene maggiormente discriminante nei confronti delle persone con le quali entra in contatto. Sviluppa la paura dell'estraneo connessa al timore che l'allontanamento temporaneo del caregiver sia irreversibile; ➢ Dal nono mese alla fine del secondo anno. L'attaccamento con il caregiver diviene sempre più stabile ed evincibile dalle richieste di attenzione che il bambino rivolge alla figura di riferimento. Il bambino la saluta, la usa come base sicura per l'esplorazione dell'ambiente; ➢ Dai tre anni in poi. Si formano legami veri e propri ed il bambino inizia ad acquisire consapevolezza del suo caregiver e a provare sentimenti nei suoi confronti. 29 Gli studi dell'austriaco Konrad Lorenz (1903-1989) sugli animali avevano dimostrato come nel primissimo periodo di vita ci sia una predisposizione innata ad assimilare le caratteristiche identificative della figura allevante: in alcune specie animali, infatti, può svilupparsi un forte legame nei confronti della madre senza l'intermediazione del cibo. I successivi studi condotti sulle scimmie dall'americano Harry Harlow (1905-1981) avevano dimostrato inoltre che la figura allevante aveva caratteristiche distintive come calore e morbidezza. SIMONE FORCUCCI 74 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno Dalla nascita, pertanto, sino al compimento del primo anno di vita, il bambino è in un pericolo sensibile per lo sviluppo di questa forma di legame, essendo presente una serie di fattori predisponenti al raggiungimento di questo obiettivo. Affinché il legame di attaccamento possa costituirsi come base sicura, risulta determinante non solo la capacità di ricerca di protezione da parte del bambino, ma anche le modalità con cui la madre risponde a queste richieste. Mentre Freud riteneva l'attaccamento frutto della soddisfazione dei bisogni primari, Bowlby lo considera come determinato da una motivazione primaria, espressa attraverso una ricerca di contatto e vicinanza fisica. Lo studioso attribuisce importanza alla dimensione di cura della figura materna, alle sue capacità di costituirsi come base sicura, proprio attraverso le sue azioni di supporto. Il bambino che acquisirà, nella prima fase di sviluppo, una sicurezza nella presenza e nel sostegno della madre sarà il grado di proiettarsi nell'esplorazione del mondo esterno, a passi graduali e sempre ricercando il sostegno dato dalla presenza materna. Le attenzioni della madre e la sua capacità di dare un nome alle espressioni emotive del bambino e di rispondere in modo adeguato costituiscono la premessa per l'acquisizione delle capacità di autoregolazione emotiva. Il legame di attaccamento ha, secondo Bowlby, una funzione biologica adattiva, poiché mantiene la protezione della figura di riferimento e quindi garantisce la sopravvivenza. La qualità della relazione con il caregiver è alla base della costruzione di modelli operativi interni che il bambino struttura da piccolo e che mantiene nelle relazioni future. Alla fine del primo anno di vita, emergeranno significative differenze che rendono il legame di attaccamento unico per ogni diade madre-bambino. Uno dei concetti più importanti sviluppati da Bowlby è quello di base sicura. Secondo l'autore, lo sviluppo della personalità è condizionato dall'avere o meno sperimentato da bambino una solida base sicura. La teoria si impernia in questo senso sugli studi sui Modelli Operativi Interni (MOI), ovvero sui modelli di rappresentazioni di sé e degli altri che il bambino costruisce a partire dalle interazioni con gli altri e che ne orientano l'azione. Il bambino che ha sperimentato una madre accudente e rispondente si percepirà a sua volta degno di amore e rispetto. I bambini che hanno sperimentato un buon legame di attaccamento sono anche più capaci di avere relazioni sociali orientate allo scambio e alla ricerca attiva di un'interazione significativa. Sebbene non sia stata dimostrata una relazione di causalità tra il legame di attaccamento primario e le esperienze successive, e pur evidenziandosi come durante la crescita vari fattori possano modificare le relazioni affettive e i modelli operativi, bisogna riconoscere che la qualità del legame di attaccamento è altamente significativa nello sviluppo delle capacità relazionali future. I MOI guidano la percezione e l'interpretazione degli eventi da parte dell'individuo, permettono di fare previsioni e di crearsi delle aspettative su ciò che concerne la propria vita relazionale. Si tratta di derivazioni mnestiche che nascono dall'immagine che il bambino si è fatto di sé e dei suoi genitori. Al di là dell'evidente constatazione che un legame positivo genera un'immagine positiva di sé, gli sviluppi successivi della teoria dell'attaccamento sono orientati a comprendere se i MOI si mantengono nel corso della vita stabili nel tempo. A questa domanda attualmente non viene data dagli studi una risposta univoca. SIMONE FORCUCCI 77 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno pulsioni distruttive e di annientamento. La strutturazione psicotica avviene secondo la Klein quando il bambino non riesce a passare dalla posizione schizoparanoide alla posizione depressiva. Infatti, la capacità di fronteggiare il senso di colpa è condizionata dalla fase precedente, dal fatto che il bambino è riuscito a mantenere dentro di sé qualità buone della madre. Se l'ambiente non è stato sufficientemente gratificante, ciò non accade. All'insediamento della madre come oggetto totale nel mondo interno del bambino corrispondono stati di interazione dell'Io e l'inizio di quel processo di separazione-individuazione che porterà il bambino ad una propria autonomia. 10.4 La teoria della relazione d’oggetto La teoria di Donald Winnicott (1896-1971) è centrata sulla relazione tra madre e bambino, che per lo psicanalista inglese inizia già nel periodo della gravidanza. Soprattutto durante le ultime due settimane di gravidanza emerge nella madre una sensibilità accentuata che Winnicott chiama preoccupazione materna primaria e che consente alla donna di predisporsi all'accudimento. La madre, in quanto sufficientemente buona, è in grado di prendersi cura del piccolo al momento della nascita e di entrare in simbiosi con lui, percependone i bisogni e mediando in modo funzionale il suo contatto con il mondo esterno. Per Winnicott l'aspetto relazionale è fondamentale: egli ritiene che nel neonato esista una vita psichica, ma afferma contemporaneamente che il neonato non esiste se non in relazione ad una madre che se ne prende cura. Tra le capacità di holding, cioè di prendersi cura, Winnicott pone come maggiormente significativo il prendere in braccio. La madre sufficientemente buona fornisce una forma di Io ausiliario e il bambino, quando comincia a fare esperienza della realtà esterna, può accogliere i dati dell'esperienza organizzandoli. Il funzionamento psichico si struttura su quello che Winnicott chiama sé, istanza psichica preliminare alla costituzione dell'Io: con il termine sé l'autore indica il senso di continuità garantito dalle capacità di adattamento della madre verso il bambino. Lo stato definitivo, come preoccupazione materna primaria, è quello in cui la madre sviluppa una sorprendente capacità di identificarsi con il bambino, fatto che le permette di prendersene adeguatamente cura. Prendersi cura assume per Winnicott il significato di abbracciare, contenere, e il contenimento delle braccia materne sostituisce in qualche modo il contenimento della parete uterina. Il contenimento ha la funzione di io ausiliario che consente lo sviluppo adeguato del rudimentale io del bambino. I concetti di illusione-sostegno, nella relazione materna, conducono alla relazione oggettuale, modificazione legata al passaggio dalla fusione alla separazione. SIMONE FORCUCCI 78 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno Capitolo 11. La motivazione 11.1 La teoria bisogno-pulsione-incentivo Per motivazione o motivo si intende una forza alla base del comportamento che sollecita l'organismo ad agire guidandone la stessa azione. Nonostante la motivazione sia un processo interiore, si svolge in costante interazione con l'ambiente esterno. Anche se comportamenti riflessi, come le pulsazioni cardiache o la digestione, sono finalizzati ad assicurare il corretto funzionamento dell'organismo e si rivelano sensibili a varie specie di attivazione motivazionale, si considera motivato il comportamento più complesso. Nell'infinità di motivi che spingono l'individuo ad agire, le classificazioni si sono focalizzate sui bisogni fondamentali all'origine dei processi motivazionali. Il termine bisogno si riferisce ad una condizione fisiologica che, tuttavia, sortisce conseguenze di carattere psicologico, definite pulsioni. La condizione di bisogno si configura come uno stato attivo orientato dal comportamento. La prima fase del comportamento motivato è rappresentata da un'attività preparatoria finalizzata che fa raggiungere all'organismo un oggetto ambientale, detto incentivo positivo, provocando un'attività finale o comportamento consumatorio che conclude la sequenza del comportamento motivato. 11.2 L’attrazione e la repulsione Per rendere conto di motivi che non rientrano nel modello della pulsione, gli studiosi hanno concentrato l'attenzione sull'influenza degli incentivi. Tutti gli incentivi sono positivi, visti cioè in funzione della loro capacità di ridurre la pulsione attraverso la soddisfazione del bisogno o l'eliminazione della sofferenza. L'incentivo negativo è identificabile con ogni oggetto o circostanza che, percepiti o previsti, abbiano l'effetto di indirizzare il comportamento lontano da sé. Se un incentivo positivo esercita sull'organismo attrazione, un incentivo negativo genera repulsione. 11.3 Classificare le motivazioni Nel tempo, gli studi hanno proposto un numero davvero vasto di classificazioni delle motivazioni. Ma, in generale, ogni classificazione proposta sembra concordare sul fatto che sia possibile considerare: • Motivazioni primarie. Bisogno di tipo biologico, legate all’autoconservazione; • Motivazioni omeostatiche. Bisogno che esprime la tendenza degli organismi a conservare le proprie condizioni di equilibrio interno; • Motivazioni innate specifiche. Bisogno che manifesta l’inclinazione degli individui di una specie a adattarsi all’ambiente naturale e sociale; • Motivazioni secondarie. Apprese nel corso della vita, sono abitudini acquisite a partire dalle esperienze precedenti; • Motivazioni superiori. Motivazioni a forte valenza ideale, non vincolate da bisogni di tipo biologico. SIMONE FORCUCCI 79 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno Abraham H. Maslow (1908-1970) ha introdotto il concetto della “gerarchia dei motivi”: secondo lo studioso, le motivazioni superiori possono sussistere solo laddove le motivazioni poste al fondo della gerarchia siano soddisfatte. Quelli che Maslow pone alla base della sua gerarchia sono infatti i motivi di carenza, i quali vengono attivati da uno stato di mancanza: i motivi superiori, chiamati motivi dell’essere, vi possono essere solo laddove i bisogni primari e le esigenze sociali sono soddisfatti. In generale, vi è poi un altro tipo di classificazione dei motivi negli studi, la quale vede: • Motivazioni estrinseche. Azioni finalizzate all’ottenimento di un guadagno (“studio per conseguire un risultato”); • Motivazioni intrinseche. Azioni fortemente vincolate al proprio fine (“dipingo un quadro per provare le emozioni che esso mi suscita”). A loro volta, si suddividono in: o Motivazioni ludico-cognitive. Connesse ai bisogni cognitivi e all’esigenza di tenere in esercizio la mente. Una delle motivazioni fondamentali rientranti in questa tipologia è la curiosità, a sua volta distinta in: esplorazione locomotoria (tendenza ad esaminare l’ambiente circostante) e reazione investigativa (comportamento tipico dello sviluppo infantile, caratterizzato dalla manipolazione degli oggetti sconosciuti); o Motivazioni realistico-sociali. Vincolate al bisogno umano di socievolezza. Una attenzione a parte va dedicata al bisogno di riuscita, un tipo di motivazione intrinseca che induce a realizzare i propri progetti. Così come, al pari della curiosità, vi è il bisogno di realizzare competenze, che è assimilabile alle motivazioni ludiche e rappresenta una motivazione biologica innata. Si discute, invece, se sia innato anche il bisogno di affiliazione, cioè di creare relazioni sociali e di integrarsi in una collettività. 11.4 Le teorie della motivazione Nel corso del tempo, sono state molte le teorie che si sono interrogate sull’origine della motivazione umana ad agire. La natura delle motivazioni individuali, le differenze tra le motivazioni, le circostanze che le producono sono state e sono motivo di dibattito scientifico. La teoria psicoanalitica si configura come psicologia della motivazione umana e accentua due motivi ritenuti fondamentali, il sesso e l'aggressività, di gran lunga e più potenti nella determinazione del comportamento. L'espressione di questi motivi, che compaiono nella prima infanzia, viene inibita dai genitori, ma le tendenze represse rimangono attive e si estrinsecano in forme indirette o simboliche. Sigmund Freud richiamò l'attenzione sul ruolo decisivo giocato sul comportamento dalle motivazioni inconsce. Queste si esprimono nei sogni, nei manierismi, nei lapsus e nei sintomi nevrotici. Il comportamento sessuale, in quanto pulsione di ordine fisiologico, può condurre al piacere fisico ma, come motivazione sociale, crea legami affettivi traducibili nell'istituzione familiare. L'originale teoria freudiana indicava la presenza di motivazioni sessuali alla base della stragrande maggioranza degli aspetti del comportamento umano; tuttavia, approcci più recenti riducono la rilevanza attribuita alla pulsione sessuale in favore di ciò che viene definito Io. SIMONE FORCUCCI 82 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno Capitolo 12. Principali modelli pedagogici 12.1 L’istanza di innovazione didattica: l’eredità pedagogica dell’attivismo L’istanza di innovazione dei modelli pedagogici, avvertita negli ultimi anni in maniera particolarmente pressante, non è certamente nuova. È possibile farla risalire storicamente alle riflessioni di Comenio (Magna Didactica, 1657) e al pensiero di Rousseau (Émile ou de l’éducacion, 1762) che hanno trovato sintesi nella “rivoluzione copernicana” auspicata da Dewey, vale a dire un rovesciamento radicale della prospettiva pedagogica, che segna il passaggio da un modello di scuola tradizionale trasmissiva e massificante verso una visione nuova che si concretizza nel movimento dell'attivismo pedagogico e negli esperimenti delle scuole nuove sviluppatisi tra la fine dell'Ottocento e la prima metà del ‘900, soprattutto negli Stati Uniti e nell’Europa occidentale. I capisaldi del manifesto dell'attivismo pedagogico sono ancora attuali e alla base di coordinate metodologiche espresse nei principali documenti nazionali di indirizzo curricolare e pedagogico (Indicazioni Nazionali e Linee guida): • La centralità dell'alunno, i bisogni e le caratteristiche psicologiche del quale richiedono un adeguamento costante dell'intervento didattico; • Il riferimento alle scoperte della ricerca psicologica sull'apprendimento e sullo sviluppo per orientare e dare fondamento alle scelte dell'insegnante; • Il legame della scuola con la realtà e con la società e la finalizzazione della formazione alle capacità di assolvere a tutti gli scopi della vita; • Il valore dell'esperienza pratica e dell'attività laboratoriale che sostiene l'attività esplorativa e la conoscenza attiva; • L'importanza dell'ambiente di apprendimento e della cura degli spazi e degli oggetti didattici per un apprendimento autonomo; • La valorizzazione dell'apprendimento cooperativo per gruppi flessibili; • Il ruolo di guida e di facilitatore dei processi attivi di scoperta piuttosto che di trasmettitore di contenuti inerti. 12.2 L'apprendimento laboratoriale e la scuola di Dewey Considerato l'iniziatore dell'attivismo e senza dubbio il pedagogista più autorevole e innovatore di tutto il secolo, a John Dewey (1859-1952) viene riconosciuto il grande merito di aver affrontato il problema educativo, in tutta la sua ampiezza e complessità, seguendo piste di riflessione ancora al centro del dibattito pedagogico: l'elaborazione di un metodo modellato sul principio dell'indagine e della scienza e la promozione del principio di democrazia e la sua realizzazione attraverso l'educazione. La pedagogia di Dewey si caratterizza per la centralità del fare dell'educando (learning by doing) come momento centrale dell'apprendimento (scuola laboratorio), per il forte radicamento con le ricerche delle scienze sperimentali del tempo e per la funzione assai importante di formare un cittadino dalla mentalità moderna scientifica e aperta alla collaborazione e di promuovere e incrementare il livello di democrazia della società (scuola comunità). Al centro delle riflessioni SIMONE FORCUCCI 83 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno pedagogiche di John Dewey vi è infatti l'idea, ancora attuale, che la scuola debba farsi essa stessa vita per preparare alla vita, debba diventare luogo di relazioni e di attività autentiche, nel quale gli alunni, attraverso l'impegno e lo sforzo personale, sviluppano le proprie potenzialità individuali in situazioni di apprendimento interessanti e in costante rapporto con l'ambiente esterno e con i propri vissuti interiori. Si tratta di temi ancora oggi largamente utilizzati soprattutto come alternativa a certi approcci didattici trasmissivi e frontali, ancora oggi troppo diffusi presso una popolazione docente, dove risultano prevalenti. Nella scuola laboratorio di Chicago, dove il pedagogista sperimenta le sue teorie e con il supporto della ricerca scientifica universitaria, al centro delle attività viene posto l'alunno, con i suoi bisogni fisici, intellettuali e sociali e i suoi interessi che rappresentano la motivazione profonda ad ogni apprendimento e trovano risposte nell'ambiente caratterizzato dai laboratori “per la conversazione o la comunicazione”, “per l'indagine o la scoperta delle cose”, “per la fabbricazione o costruzione delle cose”, “per l'espressione artistica”, in cui i materiali e i compiti sono adeguati alle caratteristiche psicologiche individuali. Nel laboratorio ognuno apprende facendo insieme agli altri, attraverso percorsi sperimentali di scoperta mediante la ricerca, l'osservazione e la riflessione, attività che impegnano la mente e non richiedono solo capacità di assorbimento e riproduzione. L'insegnante assume così un ruolo decisamente nuovo di interprete dei bisogni di ciascun allievo, di guida attenta nell'indirizzarli, di organizzatore dell'ambiente per l'apprendimento, di regolatore dei processi di ricerca della classe e di animatore delle diverse attività scolastiche. 12.3 L’apprendimento attivo in Ferrière e nelle Avanguardie educative Anche nella proposta metodologica di Adolphe Ferrière (1879-1960) l'insegnante assume funzioni nuove di guida e di organizzazione delle attività sulla base degli interessi degli alunni. La sua “lezione attiva” pone al centro del processo didattico il protagonismo diretto e l'attività degli alunni ed è articolata in tre momenti o eventi didattici sequenziali: ➢ Raccolta dei documenti. Gli alunni ricercano i materiali di studio, attingendo da fonti diverse, sia documentali sia esperienziali, mediante ricerche condotte all'interno della scuola e negli ambienti di vita, di relazione e di produzione esterni; ➢ Classificazione. Gli alunni organizzano i materiali e le informazioni in schede di sintesi consultabili da tutti; ➢ Elaborazione. Il materiale raccolto e organizzato viene analizzato e confrontato nell'ambito di discussioni condotte per gruppi di alunni. Il modello didattico elaborato da Ferrière trova continuità nelle proposte delle avanguardie educative più attuali. Si pensi, a titolo di esempio, all'approccio metodologico denominato flipped teaching o flipped classroom, che rovescia il tradizionale schema della lezione trasmissiva centrata sui contenuti, le cui azioni ricorrenti sono sintetizzabili nel ciclo: 1) Spiegazione dei contenuti da parte dell'insegnante in forma espositiva, dimostrativa e risolutiva; SIMONE FORCUCCI 84 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno 2) Applicazione dei contenuti ed esercitazione a casa da parte degli alunni; 3) Verifica e valutazione in classe dell'appreso. Nell'insegnamento capovolto la lezione si fa attiva e gli studenti sono protagonisti diretti in tutti i momenti che ne caratterizzano la struttura, ossia: a. Presentazione da parte dell'insegnante di situazioni e stimoli in forma dubitativa o problematizzante che sollecitano l'interesse, la curiosità e la partecipazione dell'alunno; b. Ricerca di elementi conoscitivi e di possibili soluzioni da parte dell'alunno, singolarmente o in gruppo, con l'attivazione di procedure di indagine e strategie cognitive e metacognitive proprie del sapere disciplinare implicato; c. Riflessione e confronto tra pari, in classe, con la guida dell'insegnante, sugli esiti della ricerca e sulle proposte di soluzione emerse; d. Spiegazione-rielaborazione-sintesi guidata dall'insegnante; e. Co-valutazione individuale e di gruppo dei prodotti e delle conoscenze elaborati. 12.4 L’apprendimento basato sul progetto in Kilpatrick e nelle Linee Guida del Ministero Il metodo per progetti, sviluppato da William H. Kilpatrick (1871-1965), viene oggi suggerito tra le principali coordinate metodologiche che caratterizzano l'ambiente di apprendimento nelle scuole del secondo ciclo. L'apprendimento basato sul progetto è una pratica educativa molto coinvolgente e motivante che impegna sia nel tempo scolastico che oltre la scuola in un compito di realtà significativo in cui i discenti sono sollecitati a mettere in moto e ad applicare conoscenze e abilità, attitudini e interessi, così da sviluppare un metodo di studio e abilità sempre più complesse. Nella realizzazione del progetto, infatti, lo studente esercita abilità cognitive di vario genere e livello: prende decisioni, ricerca e seleziona informazioni, analizza, applica procedure di calcolo o di altro tipo, rappresenta proposte e soluzioni, manipola materiali e realizza oggetti, riflette su quanto realizzato e documenta le sue attività e le espone. Nella versione originaria questo metodo, così come indicato dallo stesso Kilpatrick, costituisce una modalità di lavoro da realizzare mediante una serie di attività pratiche che hanno la loro ragion d'essere proprio nel fine concreto cui tendono. Esso pone al centro l'interesse dell'allievo e la situazione di problem solving o lo scopo da raggiungere, che orienta la pianificazione delle azioni per trovare la soluzione o realizzare lo scopo. Le conoscenze sono apprese in modo strumentale, non sono date come oggetto o fine in sé, ma sono acquisite come mezzo per arrivare alla soluzione o al completamento del prodotto-scopo del progetto e sono funzionali alla sua realizzazione. Le Linee guida per gli Istituti Tecnici e per gli Istituti Professionali del 2010 riconoscono a questa metodologia un valore importante per lo sviluppo di competenze complesse in contesti di apprendimento significativi e motivanti in cui gli studenti sviluppano la capacità di far fronte ad un compito, o un insieme di compiti, riuscendo a mettere in moto ed a orchestrare le proprie risorse interne cognitive, affettive e volitive, e ad utilizzare quelle esterne disponibili in modo coerente e fecondo. SIMONE FORCUCCI 87 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno ➢ Organizzazione del setting d'aula e disposizione dei banchi; ➢ Previsione dei tempi da destinare ai diversi momenti delle attività previste; ➢ Selezione dei materiali e dei mediatori didattici; ➢ Preparazione dei modelli da fornire rispetto al nuovo apprendimento; ➢ Organizzazione dei gruppi e previsione di incarichi e consegne; ➢ Sistemazione degli strumenti e delle tecnologie; ➢ Previsione di strumenti per il monitoraggio e l'autocontrollo. Si tratta di azioni funzionali alla realizzazione di un ambiente di apprendimento ricco di stimoli per la partecipazione attiva, adeguato alle possibilità e alle attitudini di ciascun alunno, accogliente e aperto alla condivisione, costantemente monitorato dalla regia pedagogica del docente. Dal manifesto pedagogico della ricerca costruttivista più recente è possibile trarre le coordinate metodologiche principali per l'allestimento di un ambiente di apprendimento efficace: • Il sapere è una costruzione personale. Il sapere è il risultato di una interpretazione soggettiva della realtà, di una mediazione delle conoscenze, in cui i sistemi simbolico-culturali svolgono una funzione formativa fondamentale; metodologia della ricerca e costruzione della conoscenza. • L'apprendimento è attivo. Vale a dire che per essere autentico deve coinvolgere operativamente il soggetto in esperienze dirette in cui il fare cognitivo sia al centro dei percorsi; metodologie didattiche attive. • L'apprendimento è collaborativo. L'apprendimento è frutto dell'interazione significativa fra conoscenze, abilità e competenze differenti, in un confronto dialettico tra prospettive e punti di vista diversi; metodologie di apprendimento collaborativo. • L'apprendimento è situato. L'apprendimento risente degli stimoli provenienti dal contesto di vita e di relazione e deve potersi riferire a situazioni reali e concrete; metodologie didattiche laboratoriali e problem solving. • La valutazione è formativa. La valutazione valorizza la qualità dei processi cognitivi attivati ed implementati in situazione, piuttosto che i risultati di apprendimento neutri, sganciati dal compito ed espressi in termini quantitativi; valutazione formativa e orientativa. L'attenzione si sposta, così, dal prodotto, espresso dalle performances di apprendimento di contenuti e abilità, al processo, ossia ai percorsi conoscitivi, alle azioni cognitive, agli atteggiamenti e agli abiti mentali sviluppati durante il percorso. Ne consegue che una situazione di apprendimento, per essere significativa, deve prevedere la partecipazione attiva degli studenti, in situazioni di interazione, di scambio, di integrazione di saperi e approcci, in contesti concreti, vicini agli interessi e alle esperienze individuali. In tali contesti di apprendimento, l'adulto e i pari esperti, unitamente ai mediatori didattici (tra cui le nuove tecnologie digitali), costruiscono e riorganizzano saperi e conoscenze in situazioni di apprendimento cooperativo. L'insegnante svolge un'azione di sostegno fondamentale, quella che Bruner definisce scaffolding, ricorrendo alla metafora dell'impalcatura per rappresentare l'azione didattica dell'insegnante mentre sostiene gli alunni nella costruzione attiva di conoscenze, proprio come l'azione dei ponteggi sostiene gli operai nei cantieri edili. SIMONE FORCUCCI 88 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno Anche nelle Indicazioni Nazionali per il curricolo delle scuole dell'infanzia e del primo ciclo del 2012, viene sottolineata la valenza formativa di un ambiente di apprendimento, ossia pensato, strutturato e attrezzato intenzionalmente per sollecitare esperienze di apprendimento, di collaborazione, di ricerca e di studio autonomo. Un ambiente di apprendimento necessariamente multidimensionale, per attivare molteplici canali cognitivi, sollecitare le differenti formae mentis così come teorizzate da Howard Gardner e favorire possibilità multiple di esperienze pratiche, cognitive, metacognitive, affettive e sociali. 12.7 Una mappa pedagogica per orientarsi Modelli didattici Modelli Concetti-chiave Approccio metodologico Ruolo del docente Scuole attive Focus: bisogni e interessi dell'alunno Centralità dell'alunno: caratteristiche, bisogni Esperienza concreta Ambiente di apprendimento Insegnamento indiretto Osservazione pedagogica Didattica attiva Didattica laboratoriale Docente regista Ricerca educativa comportamentista Focus: condizioni esterne, prodotto (performance) Programmazione vs spontaneismo Scomposizione del contenuto in frame Obiettivi Stimoli per l'apprendimento Verifica Feedback Rinforzo Analisi della situazione- prerequisiti Programmazione didattica per obiettivi Tecniche di istruzione programmata Didattica individualizzata e recupero Tecnica del rinforzo Valutazione della performance Docente facilitatore di conoscenze Ricerca educativa cognitivista Processi cognitivi Saperi formativi Trasformazione didattica dei contenuti SIMONE FORCUCCI 89 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno Focus: condizioni interne, processi cognitivi Condizioni interne per l'apprendimento Stili cognitivi e di apprendimento Stili motivazionali Prerequisiti di conoscenza e abilità Apprendimento significativo Strategie metacognitive Didattica per problem solving Metodologie della ricerca Didattica breve Tecnica delle mappe concettuali Didattica personalizzata Didattica metacognitiva Valutazione orientativa Ricerca educativa costruttivista Focus: interazione tra le condizioni interne ed esterne, saperi disciplinari amplificatori Sapere come costruzione personale Apprendimento collaborativo: interazioni con i pari esperti, con l'adulto Sapere come integrazione tra saperi formali, non formali e informali Ambiente di apprendimento Apprendimento situato: frutto della rielaborazione del soggetto e delle sue esperienze Metodologie didattiche collaborative: social learning, cooperative learning, tutoring e aiuto reciproco, peer education Metodologie attive, laboratoriali di ricerca e problem solving situato Valutazione formativa Docente-guida azione di scaffolding cognitivo e affettivo Scoperte in ambito neuroscientifico Focus: basi neurologiche dell'apprendimento Pluralità di formae mentis Rispecchiamento cognitivo ed emotivo Simulazione incarnata (imprinting livello preconscio) Imitazione interna all'origine dell'apprendimento Strutture e rappresentazioni prerequisite per la Metodologie didattiche laboratoriali per campi di esperienza, progetti Mediatori didattici Metodologie didattiche collaborative: social learning, cooperative learning, tutoring e aiuto reciproco, peer education SIMONE FORCUCCI 92 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno 12.9 La sfida della didattica inclusiva Le esperienze innovative e i modelli elaborati dalla ricerca didattica sul campo hanno dato un notevole contributo al superamento delle modalità trasmissive e selettive del passato, ponendo tasselli importanti per la realizzazione di una scuola e di una didattica significativamente inclusive. Le metodologie inclusive, infatti, proprio perché centrate su situazioni di apprendimento attive ed esperienziali (didattica laboratoriale, per progetti e problem solving), prossimali e sociali (didattica collaborativa), multidimensionali e costruttive (didattica personalizzata a sostegno di stili e intelligenze multiple), autentiche (didattica per competenze o padronanze per la vita) e riflessive (didattica strategica e metacognitiva) favoriscono quelle condizioni ottimali per l'apprendimento. Una scuola realisticamente impegnata a garantire a tutti e a ciascuno condizioni di apprendimento adeguate alle potenzialità di sviluppo e ai funzionamenti individuali, per raggiungere traguardi formativi essenziali per l'inclusione sociale, non può più permettersi il ricorso a modalità didattiche prevalentemente frontali, trasmissive, monocanale (quello verbale), statiche, pensate in passato per un'utenza selezionata fin dai primi gradi dell'istruzione a cui trasmettere contenuti e saperi. La sfida più importante posta alla scuola si gioca proprio sul terreno della didattica: una didattica necessariamente ad alto tasso di mediazione che ricorre a linguaggi, materiali, stimoli, situazioni, esperienze, strumenti anche tecnologici molteplici e differenti, per poter corrispondere alle esigenze di cura educativa diverse e molteplici espresse dagli alunni di una classe, caratterizzata da una evidente eterogeneità, sia in termini di caratteristiche psicologiche, sia in termini di cura e bisogni educativi, espressi e inespressi. Un approccio didattico inclusivo deve poter rispondere ai bisogni educativi comuni a tutti gli studenti: ➢ Bisogno di autorealizzazione. Inteso come bisogno di realizzare le proprie potenzialità e aspettative, di sentirsi efficace nelle interazioni con l'ambiente esprimere le proprie capacità e perseguire i propri ideali; ➢ Bisogno di autonomia. Inteso come bisogno di sentirsi capace di compiere scelte e azioni derivanti dalla volontà personale; ➢ Bisogno di riconoscimento. Inteso come bisogno di avere conferme da parte degli altri significativi; ➢ Bisogno di stima. Inteso come bisogno di essere valorizzato e di avere fiducia in sé stessi; ➢ Bisogno di competenza. Inteso come bisogno di dimostrare di saper fare; ➢ Bisogno di socializzazione. Inteso come bisogno di essere accettato dagli altri, interagire con gli altri, di appartenere ad un gruppo, di ricevere affetto e sostegno, di ricevere approvazione sociale. La mancata soddisfazione dei bisogni educativi menzionati incide negativamente sulla partecipazione e sugli apprendimenti, condannando all'esclusione in particolare gli alunni che presentano uno svantaggio scolastico (disabilità, disturbi evolutivi, svantaggio socioculturale e linguistico). Un approccio didattico inclusivo non può prescindere da alcune coordinate fondamentali: SIMONE FORCUCCI 93 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno ❖ Conoscere e riconoscere e considerare le caratteristiche psicologiche e i bisogni educativi, anche speciali, di ciascun alunno; ❖ Promuovere un clima relazionale inclusivo e prevedere obiettivi socioaffettivi; ❖ Essenzializzazione i contenuti disciplinari e trasformarli in compiti di apprendimento stimolanti e sfidanti; ❖ Puntare ad un modello didattico di tipo generativo (con al centro i processi cognitivi, metacognitivi e socioaffettivi attivi), piuttosto che di tipo riproduttivo (con al centro i contenuti da trasmettere con modalità passivo-ricettiva); ❖ Puntare sull'apprendimento laboratoriale e collaborativo; ❖ Ricorrere ad una mediazione forte e multicanale; ❖ Ricorrere ad ambienti di apprendimento digitali per potenziare il processo di insegnamento- apprendimento; ❖ Promuovere lo sviluppo di competenze, padronanze autonome e consapevoli; ❖ Contestualizzare gli apprendimenti ed esporre a compiti di realtà; ❖ Ricorrere ad una valutazione formativa e orientativa. La sfida della didattica inclusiva richiede ai docenti competenze metodologiche specifiche nella progettazione di percorsi per la promozione, la rilevazione e la valutazione, oltre che abilità nel far emergere e osservare in situazioni di compito autentico processi latenti e significativi di come ciascuno studente mobilita e orchestra le proprie risorse (conoscenze, abilità, atteggiamenti, emozioni) per affrontare efficacemente le situazioni che la realtà quotidianamente propone, in relazione alle proprie potenzialità e attitudini. Una sfida che si fa oggi ancora più pressante in considerazione della complessità e della eterogeneità che caratterizza le classi scolastiche popolate da bambini e ragazzi per i quali la situazione di partenza personale, la provenienza sociale, l'appartenenza culturale e la condizione economica – variabili assegnate in ingresso – continuano a pesare e a condizionare negativamente i risultati del percorso educativo e formativo, fino al fallimento, alla dispersione, all'esclusione. Una platea così eterogenea rende sempre più urgente e forte l'esigenza di un profilo professionale docente competente nella cura di bisogni educativi diversificati e di fare differenze in positivo, garantendo a ciascun alunno il raggiungimento dei traguardi essenziali per lo sviluppo delle competenze prescrittive e vincolanti, stabiliti nei nostri documenti curricolari nazionali. Come suggerito dalla ricerca pedagogica, il passaggio da situazioni di apprendimento di tipo riproduttivo36 a situazioni di tipo produttivo37 implica la sperimentazione di pratiche di insegnamento e apprendimento laboratoriale, situato, cooperativo, costruttivo e metacognitivo e impone pratiche valutative formative, orientative e incrementali. Una sfida importante, dunque, che coinvolge significativamente anche il dirigente scolastico, il quale è chiamato a promuovere la scuola come laboratorio permanente di ricerca e sperimentazione didattica attraverso scelte e azioni organizzative coerenti con l'esigenza comune 36 L'insegnante spiega il nuovo contenuto, lo studente lo memorizza, lo applica e lo ripete. 37 L'insegnante presenta stimoli per l'apprendimento e situazioni significative di problem solving, gli studenti ricercano, ricostruiscono il sapere, attingono da fonti diverse e lo restituiscono con modalità multicanale originali. SIMONE FORCUCCI 94 Simone Forcucci Materiali per la preparazione al TFA Sostegno di garantire a ciascun ragazzo in uscita dal sistema scolastico competenze essenziali per l'inclusione sociale e professionale. Del resto, lo stesso protocollo adottato per la valutazione dei dirigenti scolastici, così come indicato sia nella direttiva ministeriale DM n. 36/2015, sia nelle Linee guida attuative relative, pone sotto lente valutativa proprio le competenze dimostrate dal dirigente scolastico per contribuire al miglioramento delle pratiche educative didattiche e degli esiti della scuola. Si valuterà perciò la sua capacità di mobilitare e orchestrare le risorse professionali, strumentali, finanziarie interne ed esterne (le famiglie e gli altri portatori di interesse del territorio) per migliorare il servizio scolastico in coerenza con le priorità e i traguardi di miglioramento indicati dalla scuola a seguito di autovalutazione.