Scarica TFA SOSTEGNO TESINA FINALE e più Tesi di laurea in PDF di TFA Sostegno solo su Docsity! 1 Corso di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità SCUOLA SECONDARIA II GRADO Anno 2021/2022 2 INDICE INTRODUZIONE ............................................................................................................ 4 CAPITOLO 1 LA FIGURA DELL’INSEGNANTE DI SOSTEGNO E L’EXCURSUS NORMATIVO NAZIONALE SULL’INCLUSIONE 1. Excursus sintetico normativo nazionale sull’inclusione in ambito scolastico ............ 5 2. La figura dell’insegnante di sostegno nella scuola dell’autonomia: profilo e competenze professionali ....................................................................................................................... 11 CAPITOLO 2 QUADRO TEORICO-SCIENTIFICO E METODOLOGICO-DIDATTICO RELATIVO ALLA DISABILITÀ 1. Disabilità intellettiva e paralisi cerebrale infantile ................................................. 18 CAPITOLO 3 RELAZIONE SULL’ESPERIENZA PROFESSIONALE DI TIROCINIO 1. Presentazione della scuola, le scelte educative, l’offerta formativa, rapporto con il territorio ...............................................................................................................26 2. Presentazione del caso ..........................................................................................28 3. La classe dell’alunno: clima e dinamiche relazionali ............................................. 29 4. Gli attori della relazione educativa: l’alunno, il docente di sostegno, docenti della classe, la famiglia ................................................................................................. 30 5. Il P.E.I. dell’alunno............................................................................................... 32 5 CAPITOLO 1 LA FIGURA DELL’INSEGNANTE DI SOSTEGNO E L’EXCURSUS NORMATIVO NAZIONALE SULL’INCLUSIONE 1.1 Excursus sintetico normativo nazionale sull’inclusione in ambito scolastico La normativa italiana che regola il processo di inclusione scolastica è sicuramente una delle più all’avanguardia all’interno di tutto il panorama Europeo. Un lungo e duraturo cammino ha caratterizzato la scuola italiana verso il processo di inclusione scolastica dei bambini e dei ragazzi disabili, che è stato rappresentato da determinanti disposizioni normative nazionali ma anche da importanti dichiarazioni compiute da organismi internazionali. L’obiettivo principale di tale normativa era quello di rimuovere gli ostacoli e qualunque forma di discriminazione per gli alunni con disabilità all’interno e non solo del contesto scolastico. Si è affrontato un lungo processo durato più di 50 anni e attualmente in continua evoluzione, infatti tutt’oggi vengono compiuti passi in avanti per garantire un’inclusione scolastica sempre più efficiente. Ciononostante, per poter comprendere il presente, è fondamentale conoscere il passato. Il percorso evolutivo del nostro modello pedagogico partito dall’integrazione scolastica delle persone con disabilità e concepito oggi col termine inclusione, ha inizio con la legge 118/71. La legge 118/71 decreta che anche gli alunni con disabilità debbano adempiere l’obbligo scolastico nelle scuole comuni, eccetto di quelli più gravi (ciechi, sordi ecc.). Con questa norma inizia ad affermarsi il concetto di “integrazione sociale” e qui subentra anche l’assistenza economica sanitaria ed abbattimento della barriere architettoniche. Sempre negli anni 70 la senatrice storica Franca Falcucci tracciò gli elementi fondamentali dell’integrazione per alunni disabili: 1“Fondamentale è l’affermazione di un più articolato concetto di apprendimento, che valorizzi tutte le forme espressive attraverso le quali l’alunno 1 Documento Falcucci del 1975 riportato nel sito “integrazionescolastica.it” 6 realizza e sviluppa le proprie potenzialità e che sino ad ora sono stati lasciate prevalentemente in ombra” Il documento propone un nuovo metodo per far superare le condizioni di emarginazione, rapportando l’azione educativa alle potenzialità del bambino. Quindi l’alunno disabile non è più visto come un “ anormale o minorato”, ma come un soggetto che pur avendo qualche deficit, ha tutto il diritto di non essere discriminato. I Portatori di handicap secondo il Documento Falcucci sono tutti coloro che presentano una menomazione delle proprie condizioni fisiche, psichiche o sensoriali che li mettono in difficoltà di apprendimento o di relazionarsi. Il documento precisa che la frequenza di bambini disabili alle scuole comuni non implica il raggiungimento di mete culturali minime comuni. Lo stesso criterio di valutazione deve essere basato sul fondamento di maturazione raggiunto dall’alunno nella sua totalità. La realizzazione di questo nuovo modo di vivere la scuola passa attraverso la determinazione degli obiettivi e la valutazione dei risultati e ancora l’ingresso di nuovi linguaggi nella scuola che costituisce un arricchimento per tutti, risultando essenziale per gli alunni disabili. A questo proposito il D.P.R. n.970/1975 introduce nell’ordine giuridico la figura dell’insegnante di sostegno formato e specializzato atto a favorire l’integrazione scolastica. Con la legge n.517/1977 vengono abolite le classi differenziali, decretando in tal modo il principio dell’inclusione per tutti gli alunni della scuola elementare e media dai 6 anni ai 14 anni, applicando l’obbligo di una programmazione educativa da parte di tutti gli insegnanti della classe, affiancati da un insegnante specializzato per il “sostegno didattico”. Di rilevante importanza è la decisione della corte costituzionale n. 215/1987 che riconosce il diritto a tutti gli alunni disabili, di frequentare anche le scuole superiori, imponendo a tutti gli enti interessati ( amministrazione scolastica, enti locali, USL) di mettere in atto servizi di propria competenza per sostenere l’integrazione scolastica generalizzata. La C.M. 262/1988 proclama l’iscrizione e la frequenza nella scuola secondaria di II grado degli alunni disabili. 7 La legge 104/1992 affronta la generalizzazione dell’integrazione e si sancisce il diritto all’educazione e all’istruzione nelle classi comuni per tutte le persone affette da handicap, precisando che l’esercizio di tale diritto, non deve essere ostacolato da difficoltà di apprendimento né da altre complicazioni discendenti dalle disabilità correlata alla disabilità. Il passaggio di svolta si ha nel 1994 con la dichiarazione di Salamanca2 sostenuta dall’UNESCO che determina il diritto all’educazione di tutti i bambini, nel rispetto delle diversità di cui ognuno è portatore. Cambia il concetto di disabilità che non indica più un deficit della persona, ma più che altro, fa riferimento al rapporto tra la persona e il suo ambiente circostante. Il D.P.R. 275/99 ha costituito un evento troppo importante per il sistema scolastico italiano poiché ha permesso alle scuole di essere autonome e potersi svolgere da sé, di seguito alla legge 58 del 97, al suo articolo 21, alla prima legge Bassanini che dà corpo e sostanza al processo autonomistico delle scuole per cui si avvia un processo riformatore di modernizzazione per avere un’ amministrazione scolastica più efficiente, più snella, in grado di applicare al meglio il cosiddetto principio di sussidiarietà per cui le decisioni vanno prese dall’ente quanto più vicino possibile ai cittadini; L’autonomia delle scuole è di natura funzionale in quanto essa è proprio “ in funzione” all’erogazione del miglior servizio scolastico, tutto proteso a raggiungere il successo formativo, vero ed autentico obiettivo primario della scuola italiana, favorendo l’esercizio della libertà d’insegnamento dei docenti ( Art. 33) che si estrinseca nell’autonomia didattica che persegue il miglioramento delle strategie educative ponendo in essere percorsi formativi adeguati; ma in questo contenitore “funzionale” sono incorporate ben cinque fattispecie quali l’autonomia didattica, quella organizzativa, l’autonomia finanziaria e quella negoziale, ma soprattutto l’autonomia relativa alla ricerca e alla sperimentazione. Successivamente Con la legge 53 del 2003 si introduce il concetto di “personalizzazione” del curricolo, intesa come fine di tutti gli interventi educativi e didattici che il sistema dell’istruzione e della formazione può mettere in campo. Nel 2009 vengono emanate le linee guida per l’integrazione degli alunni disabili che recepiscono in contenuti della Convenzione ONU del 2006. 2 https://www.loffredoeditore.com 10 fornire un quadro completo e funzionale dell’alunno disabile sia a livello scolastico che extra- scolastico. In apertura il decreto esplicita che l’inclusione scolastica risponde ai diversi bisogni educativi, si realizza attraverso strategie educative didattiche finalizzate allo sviluppo delle potenzialità di ciascuno nel rispetto del diritto all’autodeterminazione ed all’accomodamento ragionevole, nella prospettiva della migliore qualità di vita e costituisce un preciso impegno da parte di tutti membri della comunità scolastica che concorrono, ciascuno per la sua parte, alla garanzia del successo formativo. Particolare attenzione il D.lgs 96/2019 mostra nei confronti della documentazione per l’inclusione che comprende diversi documenti tra i quali si annoverano il Profilo di Funzionamento (PdF) che sostituisce la diagnosi funzionale e il profilo dinamico funzionale e rappresenta il documento propedeutico alla predisposizione del progetto individuale e del piano educativo individualizzato stabilendo le competenze professionali e le diverse misure da adottare per il sostegno e le necessarie risorse strutturali per l’inclusione, il Piano Educativo Individualizzato (PEI), il Progetto Individuale (PI) ed il Piano per l’Inclusione della Scuola (PIS). 11 1.2 La figura dell’insegnante di sostegno nella scuola dell’autonomia: profilo e competenze professionali Essere un insegnante di sostegno è un impegno che non ammette fragilità e debolezza, ma necessita di una certa determinazione, empatia, conoscenza del proprio ruolo e avere competenze e conoscenze teoriche. Un insegnante di sostegno deve possedere delle competenze specifiche poiché confrontarsi con un disabile richiede rispetto per la persona, accrescimento umano oltre che professionale, desiderio di compiere gli obiettivi che le potenzialità e le risorse dell’alunno consentono, ragioni per cui oggi l’insegnante di sostegno si fa carico di nuovi compiti, più impegnativi e specifici poiché non è solo di sostegno al disabile ma lo è di tutto il gruppo classe, collaborando ad un’armonica integrazione e collaborazione reciproca. Il docente di sostegno è una figura fondamentale sia all’interno del rapporto docente- alunno sia nel rapporto scuola-società poiché sostenitore di una scuola “integrante”, capace di dare risposte opportune ai bisogni di apprendimento e sociali dell’alunno, sapendo che prodigarsi per la dignità dell’alunno disabile, significa combattere ai fini di ottenere una società migliore, ove tutti possono cogliere in sé e negli altri un significato profondo che distingue e unisce allo stesso tempo. L’approccio umanistico, centrato sulla persona propone la crescita e lo sviluppo del singolo e del gruppo per mezzo di un cambiamento costruttivo dei rapporti interpersonali, basati sull’empatia, sull’abbandono dei ruoli stereotipati e sulla responsabilizzazione di ciascuno. La normativa italiana per quanto riguarda l’inclusione è sicuramente la più avanzata del mondo, le risorse che pone a favore dei processi inclusivi, sono impegnativi e significativi, l’incarico assegnato alla scuola e ai docenti specializzati per le attività sul sostegno didattico è uno dei più considerevoli che si compiono dentro la scuola. Naturalmente da ciò ne consegue l’esigenza e la consapevolezza di essere costantemente aggiornati a qualsiasi eventualità ci si presenti di fronte, oltre allo svolgimento dei compiti di insegnamento che si delineano gravosi, a volte deludenti e sicuramente impegnativi. I punti salienti della personalità dell’insegnante di sostegno sono: genuinità, accettazione incondizionata ed empatica; sulla traccia della legge quadro n.104/92 e della normativa 12 successiva (D.M. 27/12/2012,Legge 107/2015, D.lgs 66/2017 e D.lgs 96/2019) che sono il cardine legislativo dei processi di integrazione, culturale e sociale, per soggetti con difficoltà. Queste normative stabiliscono una serie di compiti per l’insegnante specializzato, che lo rendono la figura chiave nel mondo della scuola, una scuola che mette al centro delle sue attività lavorative “la diversità”, vista come potenzialità per una scuola di qualità. L’integrazione diventa quindi parte integrante della scuola e della società, allorché tutti vengono coinvolti in questo contesto in cui è inserito l’alunno con disabilità. Affinché l’integrazione si realizzi pienamente, si deve affiancare un concetto fondamentale, quello di “ collaborazione”, che parte dal gruppo classe col fine di creare un clima positivo per poi passare alla collaborazione come progettualità e programmazione tra colleghi ed operatori vari, così facendo l’insegnante di sostegno acquista sempre più una funzione di guida, un supervisore. Reputo senz’altro lo stile “assertivo” adeguato e anche efficace per l’insegnante di sostegno che quotidianamente deve adottare per instaurare un legame distensivo, non solo con i soggetti con bisogni educativi e formativi speciali, ma anche con la classe e gli insegnanti compresi, verso i quali volge la sua azione di coinvolgimento e collaborazione per poter ottenere l’obiettivo centrato sull’allievo, coinvolgendolo, venendo in contro ai suoi bisogni, motivandolo con strategie e percorsi individualizzati. Tra le competenze di natura culturale, professionale, operativa e relazionale che costituisce un buon docente vi è la “cura” educativa. Il termine cura fa riferimento alla preoccupazione, all’attenzione ma anche all’interesse per l’altro in una dimensione educativa che si pone tra l’aspetto amorevole e professionale. Come afferma il filosofo Heidegger, avere cura vuol dire occuparsi e preoccuparsi di qualcuno, la cura è azione ontologica “l’essere è in se stesso essenzialmente con-essere6”, quindi la cura implica il sentirsi responsabile e avere riguardo per l’altro. Per cui l’educatore deve sostenere i propri alunni, dando loro il proprio appoggio e facilitare il percorso costruttivo del proprio essere, come insieme di strategie, definito da Bruner “scaffolding7” (impalcatura). 6 Luigina Mortari, Filosofia della cura, Raffaello Cortina Editore, 2015 7 https://www.guidapsicologi.it/ 15 L’autore fu uno dei massimi esponenti dell’attivismo pedagogico e sulla stessa scia, dove il modello peculiare è quello di scuola attiva, vi è John Dewey, uno dei più importanti esponenti del pragmatismo americano del 900. Lo stesso Dewey sottolineava che un alunno per apprendere al meglio deve prediligere il “learning by doing” cioè imparare facendo, una scuola dove l’insegnamento non viene subito passivamente attraverso la ricezione di nozioni, ma piuttosto deve essere il risultato dell’attività volontaria dell’alunno, impegnato in lavori che rispondano ai suoi interessi. Il suo pensiero si basa su una concezione dell’esperienza come rapporto uomo-ambiente dove l’uomo non è uno spettatore passivo, ma interagisce con ciò che lo circonda. Il learning by doing, imparare facendo, si situa all’interno dell’attivismo pedagogico, dove all’azione si deve accompagnare la riflessione quindi anche un learning by thinking, per cui si deve operare pensando e se tale pensiero viene condiviso con gli altri si arriva al cooperative learning. Le nuove indicazioni nazionali del 2012 nel definire la funzione docente, le affidano anche una precisa capacità riflessiva. La teoria sulla riflessività è stata promossa nell’iniziativa di formazione dei docenti, mettendo insieme la capacità di riflettere con quella di agire. Pertanto facendo riferimento alla teoria dell’apprendimento di Schon, afferma che la riflessione nell’azione conduce a pensare il docente come un professionista riflessivo, cioè ad un docente che nell’agire professionale si pone come ricercatore che accresce le proprie conoscenze e le proprie competenze, che sia capace di fermarsi a pensare su quello che fa e su quello che accade. In questo senso l’insegnante deve essere maggiormente consapevole del suo essere e capace di rivedere criticamente il proprio lavoro in modo tale che la pratica possa trasformarsi in un vero e proprio percorso di ricercazione. L’apprendimento riflessivo consente di superare la tradizionale dicotomia tra ciò che si pensa e ciò che si fa, tra il pensare e l’agire, la pratica e tra la conoscenza. La scuola sulle orme del modello di ricercazione8 proposto da Kurt Lewin si pone come contesto di innovazione, anche tecnologico dove si sperimentano nuove esperienze in modo 8 https://nuovadidattica.wordpress.com/ 16 tale che le buone prassi producano cambiamenti professionali tali da consentire alla scuola di apprendere al suo interno come “comunità di buone pratiche”. In tal senso le nuove indicazioni del 2012 affermano che essere insegnante comporta oggi un profilo di alta complessità dovuto al fatto che un’insegnante deve possedere anche competenze pedagogiche, metodologiche, didattiche e organizzative quindi un docente consapevole, responsabile e al contempo riflessivo, autocritico e capace di mettersi in discussione. La ricercazione risulta la metodologia più appropriata poiché connette la teoria con la pratica, atteso che la sua nascita risale al D.P.R. 419/74 ( uno dei 5 decreti delegati del 1974) che si interseca anche con la sperimentazione. Nel 2012 la EuropeanAgencyfor Development in Special NeedsEducation ha pubblicato il Profilo del Docente Inclusivo9, un documento realizzato per individuare le competenze, il bagaglio formativo e culturale, i comportamenti e i valori necessari a tutti coloro che intra- prendono la professione docente. Quattro sono i valori di riferimento che delineano il profilo del docente inclusivo: L Valorizzare la diversità degli alunni: la differenza tra gli alunni è una risorsa e una ricchezza; 2. Sostenere gli alunni: i docenti devono coltivare aspettative alte sul successo scola- stico degli studenti e saper adottare approcci didattici efficaci per classi eterogenee; 3. Lavorare con gli altri: la collaborazione e il lavoro di gruppo sono approcci essen- ziali per tutti i docenti, sia nei confronti delle famiglie, sia nei confronti di altri pro- fessionisti dell'educazione; 4. Aggiornamento professionale continuo: l'insegnamento è una attività di appren- dimento e i docenti hanno la responsabilità del proprio apprendimento permanente per tutto l'arco della vita. Come sostengono Andrea Canevaro e Dario Ianes, le due voci più autorevoli nel campo dell'inclusione, un docente specializzato per le attività di sostegno inclusivo è un insegnante che: - valorizza tutte le differenze; - comprende il funzionamento basato su ICF; 9 Dario Ianes, l’evoluzione del docente di sostegno, Erickson, 2014 17 - costruisce eterogeneità nei gruppi; - collabora con tutti i colleghi; - promuove interventi fondati su evidenze; - attiva le risorse della scuola e dell'extrascuola; - promuove lo sviluppo globale della scuola; - rompe schemi e li evolve in modo creativo; - attiva le risorse delle famiglie e della comunità; - amplia il PEI nel Progetto di Vita; - promuove un utilizzo «misto» del sostegno; - evolve radicalmente il sostegno. Questa figura professionale individua le strategie per facilitare l’apprendimento, la relazione, la socializzazione e la comunicazione dell’alunno con disabilità risultando una figura strategica nella promozione del processo d’inclusione scolastica. Questo processo dipende anche dalla presa in carico dell’alunno disabile che oltre ad essere tempestiva deve anche prevedere la collaborazione, la sinergia, la condivisione degli stili educativi tra i docenti, la famiglia e i servizi territoriali valorizzando soprattutto la documentazione. Il docente di sostegno deve anche promuovere il lavoro di squadra (team building) e il lavorare in squadra (team work) in modo da creare dinamiche positive che permettano il raggiungimento degli obiettivi previsti e sollecitino il confronto e la condivisione. Il processo d’inclusione chiama a raccolta tutte le risorse che fanno parte dell’ambiente scolastico dove ognuno è chiamato a lavorare in squadra con il Dirigente scolastico, con i colleghi docenti, con il personale non docente, le famiglie e anche con il territorio al fine di creare setting inclusivi, reti di collaborazione con l’intendo di sviluppare nell’alunno disabile, l’autonomia personale e sociale. 20 Pertanto ciò ha portato a distinguere diversi tipi di intelligenza partendo da quella astratta che fa riferimento all’uso del linguaggio, o come quella pratica che consente la risoluzione di problemi che troviamo nella vita quotidiana. Ciò ne ha derivato anche la misurazione dell’intelligenza attraverso l’utilizzo di test che sono strumenti costituiti per dare una quantificazione chiara, univoca e confrontabile sul possesso di una facoltà tanto importante. I test di QI defluiscono il livello d’intelligenza attraverso il confronto dell’esecuzione di un individuo di una certa età con il punteggio medio ottenuto da un gruppo di soggetti che appartengono alla stessa fascia d’età. Proprio in base a questo, la disabilità intellettiva si caratterizza per un QI inferiore a 70. ETIOLOGIA: La disabilità intellettiva è una condizione eterogenea dovuta a cause multiple. Le disabilità intellettive possono essere generate sia da cause biologiche (genetiche e non genetiche) sia da cause ambientali. Fattori genetici: all’ interno dei quali le principali sono rappresentate dalle alterazioni cromosomiche sia di numero che di forma. Cause biologiche non genetiche: vengono suddivise a seconda del periodo della vita dell’individuo in cui essi si manifestano: Prenatali: che comprendono sindromi genetiche, infezioni acute materne, malattie croniche materne, intossicazioni, malformazioni cerebrali. Cause perinatali: danni patogeni che possono avvenire tra la 27 settimana di gravidanza e la prima settimana di vita, comprendono diverse condizioni patologiche legate al travaglio e al parto che portano alla encefalopatia neonatale. Cause postnatali: rappresentate da danni patogeni che possono intervenire dopo la prima settimana di vita; comprendono lesioni cerebrali traumatiche, infezioni, disturbi metabolici. Fattori ambientali: una disabilità può essere anche dovuta a svantaggio socio-culturale. Spesso le gravi carenze a livello educativo o socioculturale costituiscono una minoranza; pertanto tali fattori sono responsabili di diagnosi di “disturbo dell’apprendimento” e di “ disturbo nello sviluppo della personalità”. 21 Lo svantaggio socio-culturale può determinare in alcuni soggetti effetti negativi tali da portare una diagnosi di disabilità intellettiva. QUADRO CLINICO: Vi sono alcuni fattori che caratterizzano il quadro clinico della disabilità intellettiva: Difficoltà o un’ incapacità a raggiungere il pensiero astratto, il pensiero dipende da elementi presenti nel campo d’azione. Difficoltà ad ampliare la propria conoscenza a situazioni diverse. Accanimento in quanto il soggetto tende a ripetere sempre gli stessi schemi. Difficoltà di memoria che penalizzano le capacità scolastiche. Ritardo dello sviluppo cognitivo. Difetto meta cognitivo con difficoltà nell’interpretazione e nell’attuazione del linguaggio non verbale. LIVELLO DI GRAVITA’ DELLA COMPROMISSIONE : Non è possibile definire il grado di disabilità sulla base del solo QI, infatti la classificazione deve tenere conto del livello di supporti necessari per lo svolgimento di tutte le attività. Circa il 3% della popolazione presenta un QI inferiore a 70, mentre solo l’1% della popolazione ha una disabilità intellettiva grave. In accordo con il DSM-V possono essere individuati quattro differenti livelli di gravità di compromissione del funzionamento adattivo: LIVELLO DI GRAVITA’ LIEVE ( QI 50/55-70) Incidenza 85%, causato da fattori ambientali o organici. L’età mentale equivale a quella di un bambino tra gli 8-11 anni, minime compromissioni senso-motorie e prassiche; se adeguatamente sostenuti possono raggiungere un alto livello di autonomia e anche un buon livello scolastico, il linguaggio risulta ricco sebbene la produzione scritta appare deficitaria. Vi possono essere difficoltà nel controllare le proprie emozioni, 22 sono presenti difficoltà nell’apprendimento di abilità scolastiche quali lettura, scrittura, capacità di calcolo, concetto del tempo e del denaro. LIVELLO DI GRAVITA’ MODERATO ( QI 35-40 a 45-50) Incidenza 10%, le cause sono prettamente organiche. L’età mentale equivale a quella di un bambino tra i 6-7 anni. Possiedono discrete capacità comunicative, hanno la capacità di svolgere compiti semplici, con supervisione provvedono alla cura delle propria persona, inoltre vi possono essere difficoltà nei rapporti interpersonali con scarsa comprensione delle regole in genere. LIVELLO DI GRAVITA’ GRAVE ( QI 20-25 a 35-40) Incidenza 3-4 % l’origine è organica L’età mentale è pari a quella di un bambino di 4-6 anni. Possiedono difficoltà nella comunicazione a causa di un linguaggio molto povero, hanno bisogno di supporto per tutte le attività di vita quotidiana, conoscono solo semplici parole per esprimere i bisogni primari, da adulti potranno condurre attività molto semplici sotto supervisione. LIVELLO DI GRAVITA’ ESTREMO (QI 20-25) Incidenza 1-2% l’origine è organica. L’età mentale corrisponde a quella di un bambino minore di 4 anni, il linguaggio risulta incomprensibile, non hanno autonomia e richiedono assistenza e supervisione costante. Le difficoltà nella comunicazione possono essere così significative da richiedere l’utilizzo della comunicazione aumentativa alternativa. Oltre ai 4 livelli di gravità della compromissione, vi è anche una condizione evolutiva caratterizzata da un funzionamento intellettivo borderline o funzionamento intellettivo limite ( QI 70-84). Pur senza rappresentare un vero e proprio disturbo, può diventare oggetto di attenzione clinica. I soggetti presentano limitazioni del funzionamento adattivo dovuta al deficit intellettivo, pur non precludendo un inserimento nella vita normale, tali problemi potrebbero rendere difficile rispondere alle richieste della scuola o dell’ambiente in cui sono inseriti. 25 Pertanto la paralisi cerebrale infantile comprende individui con sintomi e storie cliniche differenti e proprio per questo richiede fin dall’inizio trattamenti differenti e personalizzati. Poiché tale condizione colpisce il bambino in fase di sviluppo prevede un trattamento precoce con controlli periodici e necessita di una terapia che coinvolge la famiglia e gli operatori che partecipano alla riabilitazione. L’obiettivo principale è quello di aumentare le sue capacità residue. L’eziologia della paralisi cerebrale e multifattoriale spesso è difficile stabilire una causa specifica, solitamente contribuiscono prematurità, difetti intrateurini, encefalopatia neonatale e ittero nucleare. 26 CAPITOLO 3 RELAZIONE SULL’ESPERIENZA PROFESSIONALE DI TIROCINIO 3.1 Presentazione della scuola, le scelte educative, l’offerta formativa, rapporto con il territorio L’istituto tecnico si trova nella sede distaccata, che vede all’interno…………………………. L’istituto è situato nella zona periferica della città, e accoglie anche studenti proveniente da frazioni limitrofe e dai paesi vicini. La popolazione scolastica è costituita da studenti che provengono da realtà socio-economiche e culturali molto diverse. Parte degli studenti proviene da famiglie che seguono il processo educativo e formativo dei figli, fornendo loro gli stimoli e le giuste motivazioni, mentre un’altra parte proviene da famiglie in difficoltà economiche, culturali e sociali. La mancanza di stimoli culturali dovuti al contesto di provenienza, rende spesso gli studenti poco motivati e privi di interesse per ogni tipo di attività. Le famiglie non sempre sono attente a ciò che riguarda il profilo didattico ed educativo dei propri figli, soprattutto se minori, e mostrano disattenzione a tutte le iniziative della scuola. All’interno delle classi sta aumentando il numero degli alunni stranieri e tale fenomeno comporta la necessità di interventi mirati per la loro interazione ed inclusione. Oltre che luogo di apprendimento, la scuola rappresenta un centro di aggregazione sociale che offre diverse opportunità formative. Gli studenti hanno la possibilità di scegliere tra due diverse specializzazioni: ………………………………………………………………………………………………… ……………………… Dall’analisi del contesto e dalla consultazione del piano per la sicurezza, all’interno dell’istituto tecnico emerge che sono presenti rampe e ascensori per il 27 superamento delle barriere architettoniche e possiede anche servizi igienici per i disabili in numero adeguato all’utenza. L’istituto è caratterizzato da ampi spazi destinati ad attività didattiche, l’edificio si articola in due piani e ha a disposizione un laboratorio informatico, un laboratorio multimediale, un laboratorio creativo, un aula auditorium, una biblioteca e una palestra per le attività motorie. Questi spazi sono stati utilizzati anche nelle ore di tirocinio che ho svolto durante la mia osservazione, permettendomi anche di attivare metodi alternativi alla solita lezione svolta in classe. L’obiettivo fondamentale dell’istituto è il miglioramento delle qualità del servizio attraverso metodologie innovative, in modo da assicurare la crescita culturale, umana, sociale e professionale di tutti gli allievi, inoltre altro obiettivo è quello di potenziare la personalizzazione dei processi formativi facendo soprattutto attenzione agli alunni BES, disabili e stranieri cercando di migliorare gli ambienti di apprendimento rendendoli più inclusivi attraverso la diffusione e condivisione di buone pratiche. 30 3.4 Gli attori della relazione educativa: l’alunno, il docente di sostegno, docenti della classe, la famiglia. L’alunno C. è molto allegro e gioviale e risente molto dell’ambiente circostante, ha continuamente bisogno di rassicurazioni affettive e anche di soggetti di riferimento con cui instaura un rapporto di dipendenza emotiva ed anche affettiva. L’alunno C. è abbastanza integrato nel gruppo classe, socializza con tutti i compagni e con tutti gli insegnanti soprattutto con i due docenti di sostegno con cui interagisce maggiormente; dimostra di essere sensibile ai richiami, e a volte cerca di superare la timidezza cercando di attirare l’attenzione di una delle figure di riferimento. Con alcuni dei compagni interagisce con entusiasmo secondo le sue possibilità di espressione, facilitando il processo integrativo di socializzazione, e quando mostra un atteggiamento positivo e affettuoso cerca anche il contatto fisico. Non sempre autonomo nei bisogni essenziali, accetta volenti di essere aiutato e chiede al bisogno. Durante il lavoro in classe spesso i compagni svolgono il ruolo di tutor sostenendolo sia verbalmente che fisicamente nelle attività didattiche. L’insegnante di sostegno risulta essere una figura di riferimento per l’alunno C. con il quale ha instaurato un rapporto di reciproco rispetto e fiducia; inoltre durante le mie di osservazione ho notato come il coinvolgimento emotivo-affettivo-relazionale da parte del tutor accogliente, come supporto all’azione educativa per stimolare l’alunno C. nello svolgimento delle attività, risulti fondamentale. Anche il rapporto con gli altri docenti curricolari risulta positivo e corretto, spesso infatti viene coinvolto nelle varie attività svolte in aula e l’alunno C. dimostra sempre di essere disposto al dialogo. La famiglia di C. è composta da 5 componenti: il padre commerciante, la madre casalinga e una sorella e un fratello minori. Molto seguito dalla famiglia, sia dalla madre che dal padre che lo accompagnano ogni giorno a scuola. L’alunno ha anche un rapporto particolare con la sorella con cui risulta anche molto legato. 31 La madre è molto attenta anche alle difficoltà del figlio e si mostra molto collaborativa con i docenti, inoltre l’insegnante di sostegno sembra aver costruito un rapporto di fiducia e scambio con la famiglia dell’alunno C. condividendo obiettivi educativi e strategie didattiche. 32 3.5 Il P.E.I. dell’alunno La nostra è una società della conoscenza dove l’intelligenza, la capacità e la voglia di imparare rappresentano un tassello fondamentale per far fronte ai disordini della collettività quotidiana. L’istituto si pone come contesto didattico e organizzativo dove gli allievi possono costruire la propria identità per raggiungere il fatidico successo formativo promuovendo le potenzialità di ciascuno. Pertanto il ruolo del docente deve essere in grado di rispondere efficacemente ai bisogni formativi degli alunni e che conosca le norme in modo tale da poter trovare in esse le possibilità di aiutare efficacemente l’alunno con disabilità. Il docente di sostegno oltre a valorizzare la diversità degli alunni, a sostenerli, a collaborare con i colleghi e ad aggiornarsi professionalmente, contribuisce alla redazione del PEI (piano educativo individualizzato) dell’alunno disabile. Il PEI viene redatto annualmente e contiene la progettazione individualizzata per ciascun studente con disabilità per garantirne l’inclusione. È parte integrante della programmazione educativo-didattica di classe, è un documento complesso e corposo destinato a periodi di verifica e cambiamenti; in esso vengono descritte finalità e obiettivi didattici. Per gli studenti che non seguono obiettivi riconducibili ai programmi ministeriali è prevista una programmazione differenziata dove comunque è possibile perseguire obiettivi comuni alla classe utilizzando percorsi diversi ma con lo stesso fine educativo. Dall’osservazione dell’alunno che mi è stato affidato durante questa mia esperienza di tirocinio, traspare nella dimensione della relazione interazione e socializzazione, che l’aspetto relazionale dell’alunno è buono nel complesso anche se limitato da deficit funzionali, mentre nella dimensione della comunicazione si evidenzia un linguaggio stentato, nella dimensione dell’autonomia e dell’orientamento invece risulta poco autonomo e si orienta a sufficienza sia nell’ambiente scolastico che extra-scolastico, per ultimo nella dimensione cognitiva l’aspetto cognitivo risulta deficitario. In riferimento a ciò gli obiettivi attesi sono la maggior autonomia personale in funzione dei rapporti di interazione, attraverso l’utilizzo di lezioni frontali e interventi mirati con l’uso di tutti gli ausili in dotazione alla scuola, potenziando e migliorando anche la comunicazione ai fini di una maggiore capacità di interazione e socializzazione attraverso le esercitazioni di 35 36 3.6 Il tutor accogliente: orientamento, accompagnamento, supporto fornito durante lo svolgimento delle attività di tirocinio diretto e indiretto Durante il tirocinio che ho svolto presso l’istituto tecnico sono stato assegnato al prof. che fin da subito si è reso disponibile e molto gentile nei miei confronti, mettendomi a mio agio. Dopo avermi accolto e presentato ad alunni e colleghi, mi ha subito descritto e mostrato l’istituto dove ho poi svolto il tirocinio, permettendomi tempestivamente di prendere contatto con l’organizzazione della scuola, osservando la condivisione degli spazi e dei tempi. Il tutor mi ha subito fornito la documentazione dell’alunno per poterla leggere e analizzare assieme, definendomi anche quale sarebbe stato il mio ruolo all’interno della classe dopo la prima di fase di osservazione. Durante la prima parte del mio tirocinio oltre ad osservare il contesto classe, a capire il processo d’insegnamento/apprendimento ho notato come il mio tutor spesso predilige un approccio empatico e sensibile nei confronti degli alunni ma anche autorevole e democratico; ho appreso i metodi, le modalità di interazione e come poter gestire gli eventuali problemi che subentravano durante la giornata, mostrandomi anche come attivare metodologie e strategie a livello inclusivo. In seguito in modo informale, il tutor mi ha presentato all’alunno che si è mostrato fin da subito ben predisposto e allegro. Conclusa la fase di osservazione, siamo passati alla fase operativa in cui ho avuto modo anche in autonomia di interagire con l’alunno sotto ovviamente la supervisione del tutor accogliente. In questa fase l’aiuto del prof. è stato fondamentale, poiché mi ha accompagnato passo per passo, chiarendomi qualsiasi dubbio o perplessità che sorgesse durante lo svolgimento della varie attività. Sempre con l’ausilio del tutor abbiamo preparato degli interventi diretti da proporre alla classe e all’alunno durante l’orario scolastico. Il confronto con il tutor è stato delucidante soprattutto durante le ore di rielaborazione dell’esperienza dove ho potuto constatare come il supporto di una figura esperta e capace sia stata fondamentale e facilitante durante questo mio percorso intrapreso. 37 3.7 L’approccio con l’alunno: scelte metologico-didattiche e attività svolte durante il tirocinio diretto L’alunno è ben inserito nella classe, egli ha un rapporto particolare con due compagni e spesso cerca la loro attenzione. Si esprime con un linguaggio stentato e non sempre comprensibile, ma sopperisce con linguaggio gestuale con il quale si può interagire in modo efficace. Non sempre autonomo ai bisogni essenziali, accetta volentieri di essere aiutato e chiede al bisogno. L’alunno C. dopo la prima fase di conoscenza, ha iniziato a prendere confidenza e anche a chiedermi aiuto nelle varie attività. Per comprendere meglio le discipline, l’alunno predilige le sintesi e le mappe concettuali, specie quelle illustrate che attirano maggiormente la sua attenzione e sfruttano la memoria visiva creando un legame più forte con i contenuti che si stanno apprendendo. Questo lo aiuta a rendere più chiaro e facilmente memorizzabile il concetto. L’alunno presenta problemi di memoria a lungo e a breve termine, e l’apprendimento risulta lento, labile e necessita di rinforzi, proprio per questo le ripetizioni alla lunga risultano proficue, inoltre bisogna insistere per ottenere attenzione e risultati nelle consegne. Viste le caratteristiche dell’alunno di facile distrazione, che richiede di essere stimolato di continuo, mi sono servito di modalità alternative alla lezione frontale, cercando di utilizzare soprattutto metodologie inclusive in modo tale che l’alunno possa sentirsi parte integrante del gruppo classe. Pertanto in accordo col mio tutor abbiamo pensato di ricorrere ad alcune metodologie come: didattica multimediale, didattica laboratoriale, lavori di gruppo, brainstorming, peer education, cooperative learning, tutoring. Inoltre per prediligere lo stile di apprendimento dell’alunno, abbiamo fatto ricorso alle TIC ( tecnologie dell’informazione e dell’educazione) cioè a percorsi e strumenti tecnologici che servono a produrre e migliorare le proprie conoscenze. 40 3.8 Riflessioni sull’esperienza di tirocinio diretto e indiretto presso l’istituzione scolastica Finita questa esperienza di tirocinio mi soffermo a riflettere cosa ho appreso e capito durante questo mio cammino, facendo anche il paragone con alcune mie esperienze precedenti. In passato ho ricoperto l’incarico di docente sul sostegno e solo adesso mi rendo conto dell’utilità di una figura esperta come il prof. che mi ha aiutato a colmare le lacune e ad acquisire competenze disciplinari e anche metodologiche che mi potranno servire in futuro. Ho imparato l’importanza di dedicare una prima fase all’osservazione degli alunni per conoscerli e constatare i loro livelli di conoscenza e le loro abilità. Ho compreso che è fondamentale progettare un piano di lavoro differenziato che sia adatto ai bisogni degli alunni, diversificando i contenuti e utilizzando le varie metodologie e strategie in modo tale da rendere gli alunni protagonisti attivi del loro processo di apprendimento. Inoltre questa esperienza mi ha permesso di svolgere attività di supporto, attività di osservazione e anche di collaborazione con i futuri colleghi, in una pratica quotidiana sempre sotto l’occhio vigile del tutor accogliente. Ho sperimentato l’utilità di suddividere il gruppo classe in diversi piccoli gruppi eterogenei in modo tale da favorire l’apprendimento di nozioni, concetti o abilità attraverso l’approccio partecipato, riducendo la pressione sul singolo individuo e garantendo il completamento di determinati compiti, così come le scuole attive di John Dewey che vedono il lavoro di gruppo come unico mezzo per realizzare progetti insieme ai compagni e raggiungere un obiettivo comune. Questa esperienza di tirocinio è stata molto formativa e ha inciso a 360° sulla mia professionalità futura, dandomi la possibilità anche di conoscere sempre da più vicino una realtà complessa come la disabilità, grazie soprattutto alla grande risorsa costituita dal docente accogliente. Le ultime 25 ore di tirocinio indiretto mi hanno permesso di confrontarmi col mio tutor, ponendo una lunga riflessione su quelle che sono stati i dubbi, perplessità, difficoltà, ma anche sulle capacità, conoscenze e abilità acquisite. 41 Abbiamo anche esaminato i progetti pianificati, gli interventi diretti predisposti, distinguendo anche quelli che hanno avuto maggior successo con l’alunno, da quelli che hanno avuto meno efficacia. Grazie a questa esperienza di vita riconosco di essere cambiato, di avere avuto una crescita personale e un percorso di sviluppo e maturazione interna, che mi ha permesso anche di far fronte a situazioni percepite come difficili, permettendomi di avere maggior consapevolezza. 42 CONCLUSIONE Questa attività di tirocinio che ho avuto possibilità di svolgere è stata alquanto positiva e mi ha permesso di imparare, osservare, sperimentare nuove realtà e di tradurre in prassi didattiche ed educative molte nozioni di carattere teorico da me assimilate durante il corso di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità. Ho potuto misurare da vicino tutta la concretezza delle mie aspettative precedenti, rendendomi consapevole anche della complessità di questo lavoro. Mi sono sentito molto vicino agli studenti e questo ha fatto si, di empatizzare ancor di più con gli alunni, mettendomi appunto nei loro panni e cercando di capire i loro bisogni e necessità. Essendo già stato docente di sostegno credo fortemente che sarebbe più opportuno e formativo un tirocinio prima di iniziare a lavorare e quindi prima di essere immersi in una realtà nuova senza alcuna indicazione con degli alunni con bisogni educativi speciali. Attraverso la mediazione del tutor accogliente sempre aperto al confronto e al dialogo, sia su questioni relativi al suo insegnamento, sia su altri contenuti disciplinari, ho sperimentato tutta la profondità della dimensione implicita che caratterizza la professione docente. Per concludere penso sia fondamentale ottimizzare in senso inclusivo l’uso delle risorse di varia natura, coinvolgendo le tante realtà formali ed informali della comunità circostante, partendo dalla risorsa per eccellenza che è il docente di sostegno la cui evoluzione dovrebbe arrivare all’idea di Ianes di “speciale normalità”. 45
0:34 40
Che forma ha il pallone?
RETTANGOLO TRIANGOLO
CERCHIO QUADRATO
18D co 52
Quale dei due somiglia a un CERCHIO?
O
»Oò
@ genialy 8
46
47