Scarica Tracce svolte prova scritta TFA sostegno e più Sintesi del corso in PDF di TFA Sostegno solo su Docsity! COME ATTIVARE UNA DIDATTICA INCLUSIVA IN CLASSE (alias le 7 dimensioni dell’azione didattica del Centro Studi Erickson) La didattica è la scienza che definisce i metodi e le tecniche per insegnare. Compito della didattica è individuare metodi appropriati per raggiungere le finalità̀ che si pone il processo di insegnamento/apprendimento (leggere, scrivere, comprendere ecc.ecc.).L’inclusione scolastica rispetta le necessità o le esigenze di tutti i soggetti interessati al processo di apprendimento (alunni), progettando ed organizzando gli ambienti di apprendimento e le attività̀, in modo da permettere a ciascuno di partecipare alla vita di classe ed all’apprendimento, nella maniera più̀ attiva, autonoma ed utile possibile (per sé e per gli altri). La didattica inclusiva pertanto è un modo di insegnare, che coinvolge tutti i docenti (non solo gli insegnanti di sostegno), ed è rivolta a tutti gli alunni (non solo quindi gli alunni BES), che considera le individualità e le peculiarità di ciascuno con il fine di raggiungere gli obiettivi che ci si è posti. Compiti DELL’INSEGNANTE NELLA DIDATTICA INCLUSIVA: • Adottare un modello di insegnamento democratico fatto di strategie e metodologie adeguate ai bisogni di ciascun alunno • Permettere ai propri alunni di esprimere serenamente le loro idee senza paura di sbagliare (perché l’errore NON DEVE ESSERE DEMONIZZATO). • Valorizzare la partecipazione degli alunni mostrando loro come utilizzare e generalizzare le varie strategie ponendosi come ESPERTO CON IL RUOLO DI MEDIATORE. Il docente inclusivo deve favorire l’instaurarsi di UN BUON CLIMA DI CLASSE rendendo la propria classe “inclusiva”: in tal modo tutto gli alunni si sentiranno accettati, capiti, valorizzati. Si apprende in un contesto sociale (la classe) e se l’ambiente è inclusivo si apprende in modo sereno e dinamico. Gli studi di Howard Gardner e la pubblicazione del suo libro Frames of Mind nel 1983 hanno scardinato un pilastro secolare secondo cui l’intelligenza era qualcosa di “unico” e fisso, nonché di misurabile (test QI). Queste certezze vennero meno con la Teoria delle Intelligenze Multiple, secondo la quale non esiste una facoltà comune di intelligenza, bensì diverse forme di essa, ognuna indipendente dalle altre. La Teoria delle Intelligenze Multiple si basa sul concetto che tutti gli esseri umani possiedono almeno sette forme di “rappresentazione mentale”, cioè sette diversi tipi di intelligenze: 1. Intelligenza linguistica: tipo d’intelligenza legata alla capacità di saper utilizzare un registro linguistico di ampia portata. 2. Intelligenza logico-matematica: simboli matematici e concetti astratti sono alla base di questa facoltà incentrata sul ragionamento deduttivo, sulle capacità di schematizzare e sulla possibilità di elaborare sistemi logico-formali e numerici. 3. Intelligenza spaziale: intelligenza legata alla lettura, percezione e rappresentazione di forme e oggetti nello spazio. 4. Intelligenza corporea- cinestetica: assoluta padronanza del corpo che permette di coordinare movimenti precisi e ponderati, ma anche di gestire lo sforzo muscolare in vista di un obiettivo. 5. Intelligenza musicale: vero e proprio talento per la musica e il canto, l’intelligenza musicale permette di conoscere a diversi livelli la grammatica degli strumenti, corpo umano incluso. 6. Intelligenza interpersonale: permette di comprendere gli stati emotivi e i sentimenti degli altri; di costruire relazioni sociali vantaggiose; e di creare situazioni d’incontro e d’interazione sociale, anche per i propri scopi. 7. Intelligenza intrapersonale: offre la possibilità di comprendere la propria individualità e la propria personalità, 8. Intelligenza naturalistica: è l’espressione della capacità di individuare gli “oggetti naturali” e di classificarli all’interno di sistemi e strutture che permettono così di evidenziarne le relazioni e i significati. 9. Intelligenza esistenziale: vera e propria intelligenza filosofica che permette all’essere umano d’interrogarsi sui grandi temi esistenziali. L’essere umano, quindi, ha in sé diverse forme d’intelligenza. La personalità di ognuno di noi è caratterizzata da un personale “profilo intellettivo” frutto dell’eredità genetica, culturale ed esperienziale, che la scuola non può lasciare da parte. La scuola dovrebbe accettare il fatto che tutte le tipologie d’intelligenza sono importanti nella nostra società. I processi d’apprendimento dovrebbero quindi promuovere delle forme di comunicazione strategiche e funzionali alla comprensione e al problem-solving. Il bambino non deve essere considerato come una tabula rasa o un vaso vuoto da riempire, ma piuttosto come un “potenziale” umano inserito in un contesto sociale e simbolico interattivo. Nel libro Cinque chiavi per il futuro, Gardner sposta l’attenzione sul nostro avvenire, e in particolare su quello dei bambini e dei ragazzi. Interrogandosi su quali intelligenze o meglio “mentalità” saranno utili ai cittadini del futuro. Secondo Gardner, sono cinque le intelligenze o chiavi necessarie per aprire le porte del futuro: 1. l’intelligenza disciplinare ovvero la padronanza delle maggiori teorie e interpretazioni del mondo (comprese scienza, matematica, storia); 2. l’intelligenza sintetica ovvero la capacità di integrare idee e conoscenze di diverse aree disciplinari in un insieme coerente; 3. l’intelligenza creativa ovvero la capacità di affrontare la soluzione di problemi nuovi; 4. l’intelligenza rispettosa ovvero la consapevolezza delle differenze tra uomini e culture diverse; 5. l’intelligenza etica ovvero la consapevole accettazione della propria responsabilità personale e generale. 2) la autoconsapevolezza del proprio funzionamento cognitivo (cosa e come sto pensando, cosa e come sto ricordando, cosa mi facilita o cosa ostacola, quali sono i miei punti di forza e deficit, cosa mi può aiutare a comprendere e a ricordare) 3) l’uso di strategie di autoregolazione cognitiva: auto-osservazione, auto- direzione e auto-valutazione (come ho fatto, come posso fare, come sono andato) e le strategie di risoluzione di un problema (problem solving) e la pianificazione per apprendere. 4) le variabili psicologiche di mediazione, immagine di sé come persona in grado di imparare: stile di attribuzione (interno o esterno), convinzioni riguardo al proprio uso di strategie, al senso di autoefficacia, all’immagine di sé come studente (sono/non sono capace, in cosa penso di essere/ non essere bravo), alla propria capacità di trovare risorse (ce la posso fare!). Conclusioni con la didattica metacognitiva si punta a favorire negli studenti le competenze metacognitive, strategiche e autoregolative nonché ad aiutarli a migliorare le strategie di studio e di apprendimento, così come a gestire meglio le emozioni che entrano in gioco nel loro percorso formativo. AMBIENTI DI APPRENDIMENTO e le AVANGUARDIE EDUCATIVE L'OCSE definisce gli "spazi educativi" come uno spazio fisico che supporta molteplici programmi di insegnamento e apprendimento e metodi didattici diversi, incluse le attuali tecnologie; che dimostra come edificio di avere caratteristiche funzionali e performanti, con un buon rapporto costo- efficacia nel tempo; che rispetta l'ambiente ed è in armonia con esso; che incoraggia la partecipazione sociale, fornendo un contesto sicuro, comodo e sano e stimolando i suoi occupanti. In senso stretto, un ambiente di apprendimento fisico è visto come un'aula convenzionale mentre, in senso ampio, è inteso come un insieme di contesti educativi formali e informali in cui l'apprendimento si svolge sia all'interno che all'esterno delle scuole (Manninen et al., 2007). Quando si parla di ambiente nel contesto dell’apprendimento si intende lo spazio (fisico o virtuale) che viene creato dal docente per stimolare e per sostenere conoscenze, abilità, motivazioni, atteggiamenti degli alunni con lo scopo di stimolare apprendimenti mantenendo al centro della didattica una viva attenzione alle dimensioni cognitive, affettive e emotive, interpersonali e sociali. Un ambiente di apprendimento serena aiuta gli alunni ad apprendere senza avere il timore dell’errore! Nell'ottica costruttivista infatti il docente (che non è colui che insegna, ma colui che guida verso la conoscenza) diventa un progettista di ambienti di apprendimento, costruiti intenzionalmente per consentire percorsi attivi e consapevoli di cultura. Per favorire l’esplorazione e la scoperta, incoraggiare l’apprendimento collaborativo, promuovere la propria consapevolezza nell’apprendere è necessario che gli ambienti di apprendimento siano ricchi di materiali di lavoro che stimolino la volontà di fare nuove esperienza e la conoscenza degli alunni. L’ambiente di apprendimento comprende: a) uno spazio fisico; b) un insieme d’attori (studenti, insegnante, istruttore, tutor, esperti, adulti vari) che interagiscono al suo interno; c) un set di comportamenti concordati; d) una serie di regole o vincoli, assegnati o definiti collaborativamente dagli attori, per regolarne i comportamenti al suo interno; e) pratiche (compiti e attività̀) assegnate e concordate; f) tempi d’operatività̀ determinati e distribuiti; g) un set di strumenti o artefatti oggetto di osservazione, lettura e argomentazione (testo, illustrazione), manipolazione operatoria (pongo) o cognitiva (progettazione ed editing di un giornalino scolastico, anche on line) g) un insieme di relazioni tra gli attori; h) un clima determinato dal tipo di relazioni istauratesi e dalle modalità̀ di svolgimento delle pratiche; i) un insieme di aspettative e interpretazioni concettualmente concordate; j) modi di vedere sé stessi (come studenti, insegnanti ecc.); k) sforzi mentali attivati nei processi di apprendimento (Salomon, 1996)”. “Nella didattica on line l’ambiente è il luogo, cognitivo e affettivo, in cui avviene la formazione e ha una struttura che aggrega materiali, processi, relazioni, in modo simile ad alcune applicazioni del web 2.0 [...]. Nell’e-learning le tecnologie divengono la rappresentazione simbolica e incarnano il processo didattico stesso. In altri termini, la struttura dell’ambiente è lo strumento didattico attraverso cui l’equipe di progetto comunica l’organizzazione del percorso, gestisce la relazione educativa, favorisce la costruzione di una comunità̀ di apprendimento. l’ambiente, infine, pur contenendo i materiali di studio, è il luogo in cui si reificano le relazioni sociali tra gli attori e in cui la comunità̀ che apprende si confronta e dialoga. Mentre si confronta e dialoga, essa trasforma l’ambiente e lo configura coerentemente con la conoscenza costruita.” [Rossi P.G. (2009). Tecnologia e costruzione di mondi. Post- costruttivismo, linguaggi e ambienti di apprendimento. Roma: Armando Editore, p. 152] Ambiente di apprendimento nelle INDICAZIONI NAZIONALI per il CURRICOLO - SCUOLA PRIMO e SECONDO CICLO «Contesto idoneo a promuovere apprendimenti significativi e a garantire il successo formativo di tutti gli alunni» Le indicazioni nazionali recitano “L’acquisizione dei saperi richiede un uso flessibile degli spazi, a partire dalla stessa aula scolastica, ma anche la disponibilità̀ di luoghi attrezzati che facilitino approcci operativi alla conoscenza per le scienze, la tecnologia, le lingue comunitarie, la produzione musicale, il teatro, le attività̀ pittoriche, la motricità̀......Particolare importanza assume la biblioteca scolastica, anche in una prospettiva multimediale, da intendersi come luogo privilegiato per la lettura e la scoperta di una pluralità̀ di libri e di testi, che sostiene lo studio autonomo e l’apprendimento continuo; un luogo pubblico, fra scuola e territorio, che favorisce la partecipazione delle famiglie, agevola i percorsi di integrazione, crea ponti tra lingue, linguaggi, religioni e culture.» Il Manifesto delle AVANGUARDIE EDUCATIVE propone sette orizzonti verso cui tendere: -Trasformare il modello trasmissivo della scuola; -Sfruttare le opportunità̀ offerte dalle ICT e dai linguaggi digitali per supportare nuovi modi di insegnare, apprendere e valutare; -Creare nuovi spazi per l’apprendimento; -Riorganizzare il tempo del fare scuola; -Riconnettere i saperi della scuola e i saperi della società̀ della conoscenza; -Investire sul capitale umano ripensando i rapporti; -Promuovere l’innovazione perché́ sia sostenibile e trasferibile. Un ambiente di apprendimento efficace deve pertanto: - favorire l’esplorazione e la scoperta - Incoraggiare l’apprendimento cooperativo - Promuovere la consapevolezza del proprio modo di apprendere - Valorizzare l’esperienza e le conoscenze degli alunni - Attuare interventi adeguati nei riguardi delle diversità̀ - Realizzare attività̀ didattiche in forma di laboratorio NUOVI SETTING d’AULA Il movimento delle Avanguardie valorizza esperienze che propongono nuovi setting d’aula ed una differente idea di edificio scolastico, il quale deve essere in grado di garantire l’integrazione, la complementarità̀ e l’interoperabilità̀ dei suoi spazi. PENSIERO VERTICALE E PENSIERO LATERALE. I 6 cappelli di DE BONO! Il pensiero verticale è selettivo, il pensiero laterale è produttivo. Il pensiero verticale si mette in moto solamente se esiste una direzione in cui muoversi, il pensiero laterale si mette in moto allo scopo di generare una direzione. Il pensiero verticale è analitico, il pensiero laterale è stimolante. Il pensiero verticale è consequenziale, il pensiero laterale può procedere a salti. Con il pensiero verticale si deve essere corretti a ogni passo, con il pensiero laterale • Sviluppare le capacità comunicative attraverso domande, l’espressione delle opinioni, la preparazione di lavori e la scrittura; • Sviluppare le abilità di utilizzo del computer attraverso software che combinano vari strumenti, tra i quali testi, immagini, audio, video e la pubblicazione sul web. Il Digital Storytelling, specie nella scuola secondaria, pertanto stimola studenti e docenti a costruire nuovi percorsi all’interno dell’istituzione scuola, ridiscutendo in modo positivo e creativo i reciproci ruoli. Favorisce infatti nuove forme di apprendimento e costringe lo studente a un ruolo attivo e partecipativo. Grazie all’uso di questa metodologia si sviluppano: 1. Immaginazione e creatività 2. Empatia 3. Capacità di comunicare utilizzando registri complessi, quale quello corporeo 4. Capacità di trovare soluzioni semplici a situazioni complicate METODO INDIVIDUALIZZATO: IL MASTERY LEARNING I presupposti del Mastery Learning che tradotto significa “apprendimento per la padronanza” sono stati chiariti da Bloom negli anni 70, secondo tale studioso la maggior parte degli studenti poteva raggiungere un elevato livello di apprendimento soltanto se vengono create le condizioni favorevoli a tale crescita. La modalità̀ di organizzazione dell’intervento didattico è attento alle diversità̀ nei ritmi e nei tempi di apprendimento: la didattica è infatti impostata per obiettivi da raggiungere e ad ogni studente è data la possibilità di raggiungerli in momenti diversi dell’anno scolastico. Il Mastery learning permette agli studenti di assumersi la responsabilità del proprio apprendimento. Gli studenti conducono esperimenti, lavorano su consegne, interagiscono con Moodle (software) in classe, hanno colloqui faccia a faccia con il loro insegnante. Quando si completa una unità, lo studente deve dimostrare di averne appreso il contenuto, che viene valutato attraverso un elaborato scritto e una prova di laboratorio. Se gli studenti ottengono punteggio inferiore all’85% in queste valutazioni che concludono l’unità didattica, devono recuperare e studiare nuovamente i concetti non appresi e rifare il test. Come si struttura una lezione con il mastery learning? 1. Definire le abilità concettuali e operative da raggiungere 2. Stabilire i livelli intermedi (analisi del compito) attraverso successione di unità che promuovano abilità finali 3. Elaborare prove per verificare il raggiungimento degli obiettivi delle unità 4. Predisporre le unità considerando lo stato di preparazione iniziale degli allievi 5. Strutturare attività̀ integrative e di recupero per chi non avesse raggiunto livelli medi nelle singole unità̀ 6. Controllare che non si affronti l’Unità successiva se non si è raggiunto il dominio minimo e indispensabile delle conoscenze previste dalle unità precedenti. Howard Gardner e La Teoria delle Intelligenze Multiple Gli studi di Howard Gardner e la pubblicazione del suo libro Frames of Mind nel 1983 hanno scardinato un pilastro secolare secondo cui l’intelligenza era qualcosa di “unico” e fisso, nonché di misurabile (test QI). Queste certezze vennero meno con la Teoria delle Intelligenze Multiple, secondo la quale non esiste una facoltà comune di intelligenza, bensì diverse forme di essa, ognuna indipendente dalle altre. La Teoria delle Intelligenze Multiple si basa sul concetto che tutti gli esseri umani possiedono almeno sette forme di “rappresentazione mentale”, cioè sette diversi tipi di intelligenze: 1) Intelligenza linguistica: tipo d’intelligenza legata alla capacità di saper utilizzare un registro linguistico di ampia portata. 2) Intelligenza logico-matematica: simboli matematici e concetti astratti sono alla base di questa facoltà incentrata sul ragionamento deduttivo, sulle capacità di schematizzare e sulla possibilità di elaborare sistemi logico- formali e numerici. 3) Intelligenza spaziale: intelligenza legata alla lettura, percezione e rappresentazione di forme e oggetti nello spazio. 4) Intelligenza corporea- cinestetica: assoluta padronanza del corpo che permette di coordinare movimenti precisi e ponderati, ma anche di gestire lo sforzo muscolare in vista di un obiettivo. 5) Intelligenza musicale: vero e proprio talento per la musica e il canto, l’intelligenza musicale permette di conoscere a diversi livelli la grammatica degli strumenti, corpo umano incluso. 6) Intelligenza interpersonale: permette di comprendere gli stati emotivi e i sentimenti degli altri; di costruire relazioni sociali vantaggiose; e di creare situazioni d’incontro e d’interazione sociale, anche per i propri scopi. 7) Intelligenza intrapersonale: offre la possibilità di comprendere la propria individualità e la propria personalità, 8) Intelligenza naturalistica: è l’espressione della capacità di individuare gli “oggetti naturali” e di classificarli all’interno di sistemi e strutture che permettono così di evidenziarne le relazioni e i significati. 9) Intelligenza esistenziale: vera e propria intelligenza filosofica che permette all’essere umano d’interrogarsi sui grandi temi esistenziali. L’essere umano, quindi, ha in sé diverse forme d’intelligenza. La personalità di ognuno di noi è caratterizzata da un personale “profilo intellettivo” frutto dell’eredità genetica, culturale ed esperienziale, che la scuola non può lasciare da parte. La scuola dovrebbe accettare il fatto che tutte le tipologie d’intelligenza sono importanti nella nostra società. I processi d’apprendimento dovrebbero quindi promuovere delle forme di comunicazione strategiche e funzionali alla comprensione e al problem-solving. Il bambino non deve essere considerato come una tabula rasa o un vaso vuoto da riempire, ma piuttosto come un “potenziale” umano inserito in un contesto sociale e simbolico interattivo. Nel libro Cinque chiavi per il futuro, Gardner sposta l’attenzione sul nostro avvenire, e in particolare su quello dei bambini e dei ragazzi. Interrogandosi su quali intelligenze o meglio “mentalità” saranno utili ai cittadini del futuro. Secondo Gardner, sono cinque le intelligenze o chiavi necessarie per aprire le porte del futuro: 1. l’intelligenza disciplinare ovvero la padronanza delle maggiori teorie e interpretazioni del mondo (comprese scienza, matematica, storia); 2. l’intelligenza sintetica ovvero la capacità di integrare idee e conoscenze di diverse aree disciplinari in un insieme coerente; 3. l’intelligenza creativa ovvero la capacità di affrontare la soluzione di problemi nuovi; 4. l’intelligenza rispettosa ovvero la consapevolezza delle differenze tra uomini e culture diverse; 5. l’intelligenza etica ovvero la consapevole accettazione della propria responsabilità personale e generale. CORRESPONSABILITA’ Scuola -famiglia Il patto formativo tra scuola e famiglia va chiarito alla luce di opportune precisazioni circa la ridefinizione dei ruoli e delle funzioni delle due istituzioni chiamate a partecipare. La scuola, quale luogo di crescita civile e culturale della persona, rappresenta, insieme alla famiglia, il luogo più idoneo a far maturare nei giovani la cultura dell’osservanza delle regole e della consapevolezza che la libertà personale si realizza nel rispetto degli altrui diritti e nell’adempimento dei propri doveri. Il riconoscimento delle regole come proprie e condivise, all’interno della scuola, può avvenire soltanto con una fattiva collaborazione tra tutte le componenti dell’Istituzione scolastica mediante relazioni fattive e costanti nel rispetto dei reciproci ruoli. Il documento rappresenta una formalizzazione condivisa tra personale docente, primo tra tutti il DS, personale non docente, allievi e famiglie. L’osservanza della norma e la consapevolezza dell’importanza di attuare un’alleanza educativa tra famiglie, studenti ed operatori della scuola guida la sequenza dei reciproci impegni ll Patto educativo di corresponsabilità per essere rivitalizzato e adeguato deve: processo di apprendimento. Uno dei maggiori rappresentanti del Costruttivismo è George Alexander Kelly che introduce la teoria dei costrutti personali: secondo questa teoria, la personalità degli individui è un organismo dinamico che, sulla scorta dell’esperienza, elabora specifici “costruzioni mentali”. Per “costrutto” Kelly intende gli schemi che l’individuo costruisce per conoscere gli eventi e nella esperienza quotidiana alcuni possono essere rivisti e modificati, altri, invece, abbandonati. Le teorie costruttiviste assumono una varietà di forme proprio come quelle cognitiviste e comportamentiste. Tuttavia, la distinzione fondamentale è che mentre i comportamentisti vedono la conoscenza come niente altro che la risposta passiva, automatica, agli stimoli ambientali e i cognitivisti vedono la conoscenza come astratta rappresentazione simbolica nella mente degli individui, la scuola costruttivista vede la conoscenza come una entità complessa edificata da ciascuno ogni volta che passa attraverso un processo di apprendimento. Ognuno, grazie alle TIC, è in grado da casa sua di costruire la propria rete di conoscenze attive. L’uso didattico delle nuove tecnologie trova sostegno nei paradigmi dell’apprendimento costruttivo e in particolare del costruttivismo sociale, che ha coniugato l’aspetto pedagogicamente più interessante dell’approccio culturale situato, ovvero l’esperienza di interazione e di appartenenza alla comunità, con la teoria, formulata da Vygotskij, della zona di sviluppo prossimale. La zona di sviluppo prossimale è la zona cognitiva entro la quale uno studente riesce a svolgere, con il sostegno (scaffolding) di un adulto o in collaborazione con un pari più capace, attraverso la mediazione degli scambi comunicativi, compiti che non sarebbe in grado di svolgere da solo. L'ambiente d'apprendimento costruttivista è un luogo, reale o virtuale, in cui gli studenti possono lavorare insieme ed aiutarsi a vicenda per imparare ad usare una molteplicità di strumenti e risorse informative nel comune perseguimento di obiettivi di apprendimento. L’interazione si arricchisce di altri punti di vista e ciò può solo migliorare le conoscenze e le abilità del singolo. Il costruttivismo sociale, in particolare, ci permette di passare da una definizione di scuola come luogo di trasmissione delle conoscenze (didattica centrata sul processo di insegnamento), a quella di ambiente di apprendimento. Quest’ultima affermazione, ponendo l’accento sugli ambienti di apprendimento, apre la strada ad un fiorire di strategie e metodologie didattiche Il processo di VALUTAZIONE e il ruolo dei docenti nella scuola italiana. La pedagogia dell’errore. EFFETTI DISTORSIVI NEL PROCESSO DI VALUTAZIONE La valutazione alla luce della normativa di riferimento Indicazioni 2007 “La valutazione precede, accompagna e segue i percorsi curricolari. Assume funzione formativa, di accompagnamento dei processi di apprendimento e di stimolo di miglioramento continuo” DPR 122/2009 “La valutazione ha per oggetto il processo di apprendimento, il comportamento e il rendimento scolastico. È espressione dell’autonomia propria della funzione docente, nella sua dimensione sia individuale che collegiale, nonché́ dell’autonomia didattica delle istituzioni scolastiche. Il collegio dei docenti definisce modalità̀ e criteri per assicurare omogeneità̀, equità̀, trasparenza, nel rispetto del principio della libertà d’insegnamento” La VALUTAZIONE nello svolgimento di un obiettivo di apprendimento, nello svolgimento dell’attività didattica e più specificatamente durante l’attuazione di un obiettivo di apprendimento. Dovremo affrontare anche la “valutazione” che, come ben sapete, assume un ruolo fondamentale nella nostra professionalità docente. La valutazione si articola in tre momenti: la valutazione iniziale, quella in itinere e quella finale. La valutazione iniziale così definita perché́ si colloca nella prima fase della nostra lezione ha una funzione di natura diagnostica circa i livelli cognitivi di partenza (ANALISI DEI PREREQUISITI). Per iniziare la lezione che ci viene affidata dobbiamo essere certi che gli alunni posseggano i prerequisiti richiesti per affrontare L’Unità didattica di apprendimento! E se ci sono carenze? Naturalmente abbiamo l’obbligo di prevedere una fase di recupero. Vi consiglio la strategia del PEER TO PEER, l’apprendimento tra pari risulta essere molto efficace! La valutazione in itinere (formativa) si colloca nel corso dello svolgimento delle fasi della lezione. La valutazione SISTEMICA è sicuramente la migliore in questa fase! A cosa serve? È un valido orientamento per Noi insegnanti per comprendere se le nostre strategie di insegnamento stanno funzionando nel contesto classe e pertanto ci consente di regolare la nostra azione didattica. La valutazione finale invece è situata al termine della lezione. Nel nostro caso, poiché parliamo di un obiettivo specifico di apprendimento, la valutazione migliore è 1- il compito autentico o di realtà: se il bambino riesce a risolvere problemi concreti circa le conoscenze acquisite lo abbiamo dotato delle giuste competenze per la risoluzione del problema (obiettivo raggiunto!) 2- l’autovalutazione dell’alunno: responsabilizza l’alunno nel suo processo di apprendimento e lo aiuta a sviluppare anche un senso di autocritica 3- l’autovalutazione del docente: consente a noi insegnanti a comprendere se le nostre strategie hanno favorito l’acquisizione delle conoscenze e delle competenze dei nostri alunni. Se uno o più alunni non hanno acquisito le conoscenze e le competenze che ci eravamo prefissati andremo ad effettuare un percorso di recupero e/o un potenziamento. Se la maggior parte degli alunni o tutti gli alunni non hanno raggiunto le conoscenze e le competenze che ci siamo prefissati…. dobbiamo farci un esame di coscienza e rivedere seriamente il nostro modo di insegnare. Le griglie di valutazione invece DEVONO essere utilizzate Al termine dell’Unità didattica. La funzione delle griglie di valutazione è sommativa, nel senso che redigere un bilancio complessivo dell'apprendimento, sia al livello del singolo alunno (con la conseguente espressione di voti o di giudizi), sia a livello dell'intero gruppo classe (nell'intento di stimare la validità̀ della programmazione). La pedagogia dell’errore E Se il bambino sbaglia cosa devo fare? Che ruolo ha l’errore nella didattica? Vi rispondo così: Da un lapsus può nascere una storia, non è una novità. Se, battendo a macchina un articolo, mi capita di scrivere «Lamponia» per «Lapponia», ecco scoperto un nuovo paese profumato e boschereccio: sarebbe un peccato espellerlo dalle mappe del possibile con l'apposita gomma; meglio esplorarlo, da turisti della fantasia. Se un bambino scrive nel suo quaderno «l'ago di Garda», ho la scelta tra correggere l'errore con un segnaccio rosso o blu, o seguirne l'ardito suggerimento e scrivere la storia e la geografia di questo «ago» importantissimo, segnato anche nella carta d'Italia. La luna si specchierà sulla punta o nella cruna? Si pungerà il naso? (G.RODARI) OCCORRE una pedagogia che riscopra l’attenzione per l’essere umano, per la sua creatività̀, per la sua ricerca di un ordine "trovato" e non inoculato dall’altra/o è sicuramente quella che ci attende nel futuro che vorremmo. È una pedagogia che non teme il dubbio, l’imprevisto, che non guarda l’orologio, che crede nella scuola come luogo di incontro privilegiato per tutte le tipologie di giovani; è una pedagogia che "comincia a ricominciare" da zero ascoltando le parole preziose di chi non ha ancora tutte le parole per esprimere i concetti che va "conoscendo", che non teme l’errore e lo ama perché́ le svela i percorsi mentali che l’hanno prodotto (Claudia Fanti) In una pedagogia che vuole tirare fuori il meglio dall’alunno l'errore diventa parte integrante del percorso formativo. Volere evitare l'errore significa frenare e persino inibire l'apprendimento e contemporaneamente anche lo sviluppo della creatività. Per questo dobbiamo cercare di creare un'atmosfera in cui sia permesso sperimentare senza alcun timore, perché “Errare humanum est” e l’errore può consentire al nostro Alunno di sperimentare nuove scelte e nuove strade da percorrere, consentendo lo sviluppo del problem solving. EFFETTI DISTORSIVI NEL PROCESSO DI VALUTAZIONE Quando decifriamo di usare prove Non strutturate il docente deve tener conto che nel processo di valutazione potrebbero intervenire delle variabili che ne A partire dal genere e dall'area di residenza: più della metà, il 56,5 per cento, è costituito da donne che vivono al Sud (Napoli, Catania, Brindisi e Palermo sono le province che vestono la maglia nera) e hanno un livello di istruzione medio basso, licenza media o al più diploma superiore. La maggior parte ha anche smesso di cercare un impiego: il 57,7 per cento dei maschi Neet italiani è inattivo, e se si guardano alle percentuali delle donne la situazione appare ancora più drammatica. Ogni cento ragazze, 72 si sono rassegnate a rimanere disoccupate e a non entrare nel mercato del lavoro. Anche in questo caso le performance peggiori si registrano al Sud, con picchi che superano l'80% in Campania. Ma a dimostrazione che quello dei Neet è un problema strutturale, una percentuale di inattivi superiore alla media nazionale lo fa registrare il Trentino Alto Adige, dove si sfonda il tetto del 60% contro il 39% di chi invece non si rassegna alla disoccupazione. Rispetto agli studenti e ai lavoratori della stessa età̀, i Neet: 1. si caratterizzano per status socio-economici e culturali complessivamente più̀ deprivati; 2. praticano meno degli altri attività̀ di tempo libero, sono più̀ apatici 3. in misura minore praticano attività̀ di volontariato o di associazionismo e meno si interessano della politica 4. usano meno le tecnologie digitali, e non solo perché́ hanno in misura minori possibilità̀ di accesso alla rete e in generale di uso delle tecnologie informatiche, ma anche perché́ nei confronti di queste tecnologie hanno un minore interesse CHE FARE???? Raccomandazioni del Consiglio dell’UE - 2013 1. Gli Stati Membri dell’Unione dovrebbero sviluppare meccanismi per identificare e attivare i Neet sotto i 25 anni di età̀, con la finalità̀ di raggiungere i soggetti inattivi o disoccupati che non sono registrati nei centri per l’impiego pubblici (per l’Italia la platea dei destinatari è stata ampliata ai giovani fino a 29 anni). 2. Gli Stati Membri dell’Unione dovrebbero offrire ai giovani Neet destinatari dell’intervento un’opportunità̀ di inserimento o reinserimento in un percorso di istruzione o formativo o in un’esperienza di lavoro entro quattro mesi dall’accoglienza e presa in carico del soggetto. 3. Gli Stati membri dovrebbero inoltre stabilire nuove strategie e strumenti con tutti gli attori pubblici o del terzo settore, che abbiano accesso o siano in contatto con questi giovani. 4. Gli interventi sono finanziati per il periodo 2014-2020 dal Fondo Sociale Europeo, al quale si aggiunge il finanziamento della Youth Employment Initiative. Alternanza scuola lavoro come strumento per lo sviluppo dell’empatia e dell’intelligenza emotiva L’Alternanza scuola-lavoro è una delle innovazioni più significative della legge 107 del 2015 (La Buona Scuola) e va ad affiancarsi in maniera evidente al principio di scuola aperta. L’Alternanza scuola-lavoro può essere definita una modalità didattica innovativa, che ha come punto di forza l’esperienza pratica (che va a consolidare le competenze) aiutando a consolidare le conoscenze acquisite a scuola. Gli studenti inseriti nel percorso di alternanza potranno testare sul campo le attitudini acquisite, arricchendo in tal modo la formazione ricevuta a scuola. Tale percorso ha anche un altro grande punto di forza, infatti se attuato nella maniera giusta serve ad orientare l’alunno nella scelta del percorso di studio successivo nonché ad indirizzarli anche nel mondo del lavoro. I percorsi di Alternanza si basano su una convenzione (stipulata tra scuole e strutture ospitanti) che solitamente contiene un patto formativo. Le competenze trasversali sono fondamentali per tutti i progetti di alternanza scuola-lavoro. Eccone un elenco: - Flessibilità̀ (capacità di sapersi adattare con comportamenti diversi a situazioni che cambiano) - Creatività̀ (capacità di apportare innovazioni e novità̀ nel lavoro Chiedendosi se ci sono modi nuovi e diversi per fare le cose che sto facendo in modo più̀ efficace ed efficiente -problem solving-) - Spirito d’iniziativa (la capacità di essere parte attiva in un’organizzazione) - Dinamicità̀ (capacità di potersi rimettere in gioco e in discussione) - Solarità̀: il sorriso e l’approccio empatico. - Collaborazione (capacità di stare in squadra e con le persone) - Formazione continua: la capacità di imparare da ogni esperienza vissuta Scegliendo percorsi di alternanza nel sociale per gli alunni di scuola superiore si riesce a lavorare in modo attivo sull’empatia e sullo sviluppo dell’intelligenza emotiva. Attraverso percorsi ben strutturati (carceri, case famiglia, comunità di recupero e così via) si riesce a far comprendere indirettamente ai ragazzi che la scelta della futura professione non si basa solo su conoscenze tecnico- scientifiche, ma anche su competenze relazionali di empatia che permettano di riconoscere il valore dell’altro, nella ricchezza della diversità. La tecnologia come catalizzatore di abilità sociali ed emotive degli allievi Quando le tecnologie vengono utilizzate in modo opportuno e naturalmente sotto la guida esperta di un adulto possono assumente una valenza estremamente positiva che può portare ad una reale opportunità̀ d’innovazione per i contesti scolastici che si avvicinano sempre più ai nativi digitali. Lo scopo dell’uso delle tecnologie è sicuramente quello di aiutare gli alunni a costruire abilità sociali, emotive, di valorizzazione e rispetto dell’altro, competenze che sicuramente potranno essere spese anche e principalmente in ambito lavorativo e sociale. L’uso delle tecnologie ha anche un altro ruolo fondamentale ovvero quello di favorire l’inclusione di alunni con difficoltà di apprendimento e in situazione di svantaggio perché sono immediate e non richiedono uno sforzo nell’uso da parte dei nostri ragazzi che sono dei nativi digitali. La tecnologia può essere utilizzata per supportare le strategie didattiche adottate dall’insegnante assumendo pertanto un ruolo centrale nel promuovere processi di inclusione. L’uso della tecnologia consente di simulare all’interno di un ambiente protetto (l’alula multimediale) numerose opportunità̀ per esercitare o acquisire competenze socio-emotive in situazioni di sfida e gioco tra utenti, incoraggiandone il loro coinvolgimento (Ong et al., 2011). Un esempio significativo a tal proposito è rappresentato dalla piattaforma Kognito (https://www.kognito.com/) che utilizza simulazioni di gioco di ruolo con persone virtuali per guidare cambiamenti misurabili nella sfera del benessere fisico, emotivo e sociale. Un’ulteriore potenzialità̀ di sviluppo di competenze socio-emotive è offerta dai digital media cartoon series. L’esempio più̀ significativo è quello riconducibile a “The Transporter” (www.thetransporters.com). Serie di cartoni digitali progettata con l’obiettivo di promuovere il riconoscimento facciale delle emozioni nei bambini con autismo, è stata riadattata per essere utilizzate con tutti i bambini, mostrando un aiuto nell’acquisizione dell’identificazione e riconoscimento delle emozioni e nel trasferimento di questa autoconsapevolezza emotiva, anche alle situazioni di vita reale (Baron-Cohen, Golan, Chapman & Granader, 2009). Certo è fondamentale comprendere che l’uso della tecnologia va proposto e strutturato in modo adeguato dal docente, perché è un mezzo tanto efficace e coinvolgente quanto pericoloso se non adeguatamente filtrato da un adulto. All’interno del web, nel mare delle informazioni sui cui gli utenti navigano circola tanta cattiva comunicazione, insieme sicuramente a quella Buona. Per secernere la Buona comunicazione da quella cattiva è necessario però possedere capacità critiche e conoscenze adeguate che non sono proprie dei ragazzi in età scolare. Inoltre l’uso inappropriato della tecnologia può avere effetti veramente pericolosi nei giovani, basti pensare alla sindrome di Hikikomori di cui vi parlerò nel prossimo articolo. L’orientamento come strategia per la prevenzione dell’abbandono scolastico “Ancor di più che in passato, oggi l’orientamento assume una funzione centrale e strategica nella lotta alla dispersione e all’insuccesso formativo degli studenti…” (nota prot.n.4232 del 19 febbraio 2014). Le prime Linee guida nazionali per l’orientamento permanente risalgono alla Circolare Ministeriale n.43/2009. mettere a disagio la vittima di tale comportamento che non riesce a difendersi". (P. Smith) La Commissione nazionale “Bullismo e scuola” ha sottolineato che “Ai Dirigenti scolastici, ai docenti e al personale ATA, nonché ai genitori, è affidata la responsabilità di trovare spazi e risorse per affrontare il tema del bullismo e della violenza attraverso una efficace collaborazione nell’azione educativa, volta a sviluppare negli studenti valori e comportamenti positivi e coerenti con le finalità educative dell’istituzione scolastica e della famiglia”. Come individuare bulli? alcuni campanelli d’allarme: - prende in giro ripetutamente e in modo pesante - rimprovera - intimidisce - minaccia - tira calci, pugni, spinge - Danneggia cose ... I bulli possono mettere in atto tali comportamenti nei confronti di più compagni, ma tendono a rivolgersi in particolare ai più deboli e indifesi. Come capire se un nostro alunno è vittima di bullismo? Alcuni campanelli di allarme: • ha lividi, ferite, tagli e graffi di cui non si può dare una spiegazione naturale • raramente trascorre del tempo con i propri compagni • è timoroso e riluttante nell’andare a scuola la mattina (ha scarso appetito, mal di stomaco, mal di testa...) ed è spesso assente • sceglie percorsi più lunghi per il tragitto casa-scuola • il rendimento scolastico e l’interesse per la scuola diminuiscono • ha frequenti sbalzi d’umore: sembra infelice, triste e depresso e spesso manifesta irritazione e scatti d’ira Cosa deve fare la scuola: - Individuazione di un referente per le iniziative contro il bullismo e il cyberbullismo - formazione del personale scolastico - promozione di un ruolo attivo degli studenti - l'educazione alla legalità e all'uso consapevole di internet - Alle iniziative in ambito scolastico collaboreranno anche polizia postale e associazioni territoriali. Ma leggiamo cosa dice il MIUR A RIGUARDO “Il 13 aprile 2015 sono state emanate le nuove linee di orientamento per azioni di prevenzione e di contrasto al bullismo e al cyberbullismo. Il documento prevede la realizzazione di una serie di azioni per fornire al personale della scuola gli strumenti di tipo pedagogico e giuridico per riconoscere i segnali precursori dei comportamenti a rischio e per prevenire e contrastare le nuove forme di prevaricazione e di violenza giovanile. Le nuove “linee di orientamento per azioni di prevenzione e di contrasto al bullismo e al cyberbullismo” danno continuità e implementano le politiche e gli strumenti già in uso da tempo. Inoltre promuovono un nuovo sistema di governance, trasferendo le funzioni precedentemente svolte dagli osservatori regionali ai Centri territoriali di supporto (Cts) e alle loro articolazioni territoriali. I Cts, istituiti nell’ambito del progetto “nuove tecnologie e disabilità” dagli Uffici scolastici regionali in accordo con il Miur, sono collocati a livello provinciale presso scuole polo. Sono stati riorganizzati gli Osservatori regionali sul bullismo, istituiti con la direttiva 16 del 5 febbraio 2007 attivi presso gli Uffici scolastici regionali. Con nota 16367 del 2 dicembre 2015 sono state fornite indicazioni operative per la riorganizzazione degli stessi. Una delle indicazioni operative prevede la costituzione di un “nucleo operativo” costituito da uno o due dirigenti tecnici e due o tre docenti referenti, utilizzati presso gli uffici scolastici regionali e gli ambiti territoriali. I dirigenti e i docenti devono essere formati sulle problematiche relative alle nuove forme di devianza giovanile (bullismo, cyberbullismo, stalking e cyberstalking) e possedere le competenze necessarie per sostenere concretamente le scuole in rete e i docenti, attraverso interventi di consulenza e di formazione mirata, assicurando anche la raccolta e la diffusione di buone pratiche. La formazione degli insegnanti prevede un modello innovativo coerente con la normativa vigente in materia di ordinamenti. I percorsi formativi prevedono l’acquisizione di competenze di natura psico-pedagogica per affrontare i casi di bullismo e di cyberbullismo e la gestione dei conflitti. Tra i diversi laboratori formativi vi è quello sulle problematiche connesse con l’integrazione scolastica dei disabili e con i bisogni educativi speciali. Anche i bulli, i cyberbulli e le loro vittime, almeno in alcune fasi del loro percorso scolastico, richiedono interventi educativi speciali. Il nucleo operativo per il contrasto delle nuove forme di devianza giovanile dovrebbe, inoltre, collaborare con specifiche figure professionali, già incardinate in altre strutture o enti, quali: psicoterapeuti, rappresentanti del Tribunale dei minori, neuropsichiatri, della polizia postale, dell’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali). Le strategie di prevenzione e di contrasto al bullismo e al cyberbullismo che gli operatori scolastici dovranno realizzare dovranno essere riadattate per nuove variabili e proporre nuovi modelli operativi per prevenire le attuali manifestazioni di disagio adolescenziale (cyberbullismo, stalking e cyberstalking, ludopatie eccetera). Gli osservatori regionali sul bullismo dovranno anche monitorare l’intera attività territoriale. In quest’ottica, gli Uffici scolastici regionali si utilizzeranno la rete dei Centri territoriali di supporto come unità organizzativa con il compito di avviare il piano delle attività suggerite dalle linee di orientamento emanate il 13 aprile 2015. Le linee prevedono che il campo di azione venga ampliato anche ai fenomeni del cyberbullismo. Il 13 aprile 2014 è stato rinnovato il protocollo d’intesa con S.o.s. telefono azzurro onlus “La prevenzione e la formazione quali contenuti di diffusione di una cultura orientata al rispetto dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza”. Il protocollo, tra le diverse azioni, prevede anche che Telefono azzurro, in qualità di ente accreditato presso il Miur dal 2005, realizzi azioni di formazione per il personale docente della scuola sulle tematiche alla prevenzione di qualsiasi forma di bullismo. Con la nota 16367 del 2 dicembre 2015, il MIUR ha previsto per l’anno scolastico 2015/2016 di erogare specifiche risorse finanziarie, pari ad un totale di cinquecentosessantamila euro, attribuite ai Cts attraverso la concessione dei fondi previsti dal decreto ministeriale 435 del 16 giugno 2015, articoli 14 commi 1 e 2. I fondi sono stati destinati a garantire e supportare la nuova governance prevista dalle linee di orientamento con una particolare attenzione agli ulteriori nuovi compiti e funzioni attributi ai Cts in materia di prevenzione del bullismo e cyberbullismo” Tinkering è un termine inglese che si traduce in “armeggiare, adoperarsi, darsi da fare”. Il Tinkering è un approccio innovativo per l’educazione alle STEM (termine utilizzato per indicare le discipline scientifico-tecnologiche), il cui uso è consigliato anche nel PIANO NAZIONALE SCUOLA DIGITALE. Il tinkering rientra tra le forme di apprendimento informale che consentono di imparare mettendosi direttamente in gioco. Approcciare al tinkering significa pertanto non avere l’esigenza del possesso di particolari prerequisiti, l’unica caratteristica indispensabile è avere voglia di scoprire e inventare. Questo metodo incoraggia a sperimentare (un apprendimento che potremmo definire per prove ed errori) stimolando l’attitudine alla risoluzione dei problemi, insegnando a lavorare in gruppo. Con il tinkering bambini e adolescenti possono accostarsi a discipline come l’arte, la scienza e la tecnologia senza l’assillo di dover memorizzare concetti teorici perché ciò che conta è la PRATICA. Le attività vengono lanciate sotto forma di gioco o sfida e devono avere una caratteristica specifica: devono essere realizzate in gruppo. Lo scopo del tinkering è realizzare oggetti di vario genere utilizzando materiali di recupero, facilmente reperibili anche in casa: Scatole, bicchieri, fogli di carta, pezzi di legno, fili metallici, involucri di plastica sono solo alcuni degli “ingredienti” che servono per mettersi all’opera per costruire o decomporre oggetti, progettare macchine, esplorare materiali o elementi meccanici, creare artefatti originali o reazioni a catena, circuiti elettrici, piccoli robot, giocattoli meccanici, piste per biglie, meccanismi di reazione a catena, sculture.