Scarica TRADUZIONE E ANALISI del DE AMICITIA di Cicerone e più Appunti in PDF di Letteratura latina solo su Docsity! [1] Q. Mucius augur multa narrare de C. Laelio socero suo memoriter et iucunde solebat nec dubitare illum in omni sermone appellare sapientem; ego autem a patre ita eram deductus ad Scaevolam sumpta virili toga, ut, quoad possem et liceret, a senis latere numquam discederem; itaque multa ab eo prudenter disputata, multa etiam breviter et commode dicta memoriae mandabam fierique studebam eius prudentia doctior. Quo mortuo me ad pontificem Scaevolam contuli, quem unum nostrae civitatis et ingenio et iustitia praestantissimum audeo dicere. Sed de hoc alias; nunc redeo ad augurem. [1] Quinto Muzio l’augure era solito raccontare molte cose intorno a Gaio Lelio, suo suocero, fedelmente e piacevolmente e non esitava a chiamarlo in ogni conversazione ‘sapiente’; io, poi, presa la toga virile, ero stato condotto da mio padre a Scevola di modo che, finché potessi e mi fosse consentito, non mi staccassi mai dal fianco del vecchio; e così molte cose da lui con saggezza discusse, molte anche dette con brevità e garbo affidavo alla memoria e cercavo di diventare grazie alla sua saggezza più colto. Morto lui, mi sono recato presso Scevola pontefice, che oso definire eccellente più di chiunque altro della nostra comunità sia per intelligenza sia per senso di giustizia. Ma di questo un’altra volta; ora torno all’augure. • Sŏlĕo, sŏles, solitus sum, solitum, sŏlēre • Sapientem: compl predicativo ogg (illum) • Sumpta…toga: abl ass sūmo, sūmis, sumpsi, sumptum, sūmĕre; • Ut discenderem: sub consecutiva + cong imp • Quoad possem et liceret: subordinata temporale + cong imp • fieri: inf pres da fio, fis, factus sum, fieri “essere fatto, diventare” con doppio nominativo (ego, sottinteso, + doctior) quindi “diventare” • Quo mortuo: abl assoluto [2] Cum saepe multa, tum memini domi in hemicyclio sedentem, ut solebat, cum et ego essem unā et pauci admŏdum familiares, in eum sermonem illum incĭdere qui tum forte multis erat in ore. Meministi enim profecto, Attice, et eo magis, quod P. Sulpicio utebare multum, cum is tribunus plebis capitali odio a Q. Pompeio, qui tum erat consul, dissidēret, quocum coniunctissime et amantissime vixerat, quanta esset hominum vel admiratio vel querella. [2] Come spesso discorreva di molte cose, così mi ricordo che stando seduto in casa sua nell’emiciclo, come era solito, essendo insieme con lui sia io sia pochi intimi, quello andò a cadere in quel discorso che allora era sulla bocca di molti. Ti ricordi infatti certamente, o Attico, e tanto più perché frequentavi molto Publio Sulpicio, quando quello, tribuno della plebe, era in disaccordo con un odio mortale nei confronti di Quinto Pompeo, che allora era console, con il quale aveva vissuto in un legame strettissimo e di grandissima amicizia, quanto grande fosse o lo stupore o la riprovazione della gente memini: perfetto logico lo rendo con tempo principale domi: genitivo locativo (in realtà fossile linguistico di antico caso indoeuropeo scomparso in latino con desinenza -ĭ andata soggetta a cambiamenti fonetici) sedentem: part pres congiunto a illum (= Scaevolam augurem) cum…essem: cum + cong imper quod: introduce la causale, uteba-re= uteba-ris, forma parallela della 2 pers sing dell’indic pres; il verbo utor richiede l’ablativo cum... dissideret: cum narrativo di contemporaneità, con valore temporale quanta esset: interrogativa indiretta [3] Itaque tum Scaevola cum in eam ipsam mentionem incĭdisset, exposuit nobis sermonem Laeli de amicitia habĭtum ab illo secum et cum altero genero, C. Fannio Marci filio, paucis diebus post mortem Africani. Eius disputationis sententias memoriae mandavi, quas hoc libro exposui arbitratu meo; quasi enim ipsos induxi loquentes, ne 'inquam' et 'inquit' saepius interponeretur, atque ut tamquam a praesentibus coram haberi sermo videretur. [3] Dunque allora Scevola, essendogli capitato proprio di menzionare a quel tema, ci espose la conversazione di Lelio sull’amicizia tenuta da quello insieme con sé stesso e con l’altro suo genero, Gaio Fannio, figlio di Marco, pochi giorni dopo la morte dell’Africano. I concetti di quella discussione li ho affidati alla mia memoria e li ho esposti in questo libro secondo il mio criterio: infatti ho rappresentato loro stessi come se parlassero, per non interporre troppo spesso “dico” e “dice”, e perché la conversazione sembrasse svolgersi come se fosse tenuta da persone realmente presenti. cum… incidisset: cum narrativo di anteriorità con valore causale ne… interponeretur: finale negativa ut… videretur: finale affermativa, con sogg sermo e uso personale di videor [4] Cum enim saepe mecum ageres ut de amicitia scriberem aliquid, digna mihi res cum omnium cognitione tum nostra familiaritate visa est. Itaque feci non invitus ut prodessem multis rogatu tuo. Sed ut in Catone Maiore, qui est scriptus ad te de senectute, Catonem induxi senem disputantem, quia nulla videbatur aptior persona quae de illa aetate loqueretur quam eius qui et diutissime senex fuisset et in ipsa senectute praeter ceteros floruisset, sic cum accepissemus a patribus maxime memorabilem C. Laeli et P. Scipionis familiaritatem fuisse, idonea mihi Laeli persona visa est quae de amicitia ea ipsa dissereret quae disputata ab eo meminisset Scaevola. Genus autem hoc sermonum positum in hominum veterum auctoritate, et eorum inlustrium, plus nescio quo pacto videtur habere gravitatis; itàque ipse mea legens sic afficior interdum ut Catonem, non me loqui existimem. [4] Infatti poichè tu mi invitavi spesso a scrivere qualcosa sull’amicizia, l’argomento mi è sembrato degno come dell’interesse di tutti così della nostra familiarità. Pertanto l’ho fatto ben volentieri per giovare a molti dietro tua richiesta. Ma come nel Cato Maior, che è stato scritto per te sulla vecchiaia, ho rappresentato Catone ormai vecchio intento alla discussione, perché nessun personaggio mi sembrava più adatto a parlare di quell’età che colui che sia era stato vecchio molto a lungo sia nella vecchiaia stessa si era distinto più di tutti gli altri, così, avendo appreso dai nostri padri che massimamente memorabile era stata la familiarità tra Gaio Lelio e Publio Scipione, il personaggio di Lelio mi è sembrato idoneo per esporre a proposito dell’amicizia proprio gli argomenti che Scevola ricordava (essere stati) sostenuti da lui. D’altra parte questo genere di dialoghi basato sull’autorevolezza di uomini antichi, e per di più illustri, sembra avere, non so come, più peso; e così io stesso, leggendo le mie parole, ne sono così colpito che penso di non parlare io ma Catone. cum… mecum ageres: cum narrativo di contemporaneità con valore causale ut… scriberem: finale affermativa; visa est: sogg res, costrutto personale di videor; ut prodessem: finale affermativa, congiuntivo imperfetto attivo di prōsum quia: introduce la causale + ind quae… loqueretur: relativa impropria con valore finale, lŏquor, lŏquĕris, locutus sum, lŏqui qui… fuisset… floruisset: relativa con il congiuntivo per attrazione modale cum accepissemus: cum narrativo di anteriorità con valore causale; quae… dissereret: relativa impropria con valore finale quae… meminisset: relativa con il congiuntivo per attrazione modale (dipende da quae dissereret), quindi cong = ind; memini è perfetto logico legens: part congiunto a ipse con valore temporale “mentre”; Catonem, non me loqui: infinitiva oggettiva. valetudinem respondeo causam, non maestitiam fuisse. LAELIUS: Recte tu quidem, Scaevola, et vere; nec enim ab isto officio, quod semper usurpavi, cum valerem, abduci incommodo meo debui, nec ullo casu arbitror hoc constanti homini posse contingere, ut ulla intermissio fiat officii. [8] SCEVOLA: Me lo chiedono di certo, Gaio Lelio, molti, come è stato detto da Fannio, ma io rispondo quello che ho percepito, cioè che tu sopporti con moderazione il dolore che hai ricevuto con la morte di un uomo non solo sommo ma anche tuo grandissimo amico e che non avresti potuto non esserne turbato e che ciò non sarebbe stato conforme alla tua sensibilità umana; poi quanto al fatto che non sei stato presente nel nostro collegio alle None, rispondo che la ragione è stata la salute, non la tristezza. LAELIUS: Correttamente tu [hai risposto], Scevola, e secondo verità; né infatti da questo compito, che ho sempre svolto, quando stavo bene, avrei dovuto essere distolto da un mio disagio, né penso che in nessun caso questo possa capitare a una persona coerente, che avvenga una qualche interruzione del proprio dovere. ut: + indic in frase incidentale = “come” quem acceperis: relativa con il congiuntivo per attrazione modale indotta dall’infinitiva te… ferre; potuisse: falso condizionale (congiuntio che traduco con condizionale ); quod… non adfuisses: dichiarativa con il congiuntivo per attrazione modale indotta dall’infinitiva sovraordinata (fuisse), quindi adfuisses = adfueras cum valerem: cum narrativo di contemporaneità con valore temporale; debui: indica debito morale, falso condizionale (il congiuntivo latino si traduce con il condizionale italiano); hoc: con valore prolettico rispetto alla completiva seguente ut… fiat (fieri = essere fatto, diventare, accadere); [9] Tu autem, Fanni, quod mihi tantum tribui dicis quantum ego nec adgnosco nec postulo, facis amice; sed, ut mihi videris, non recte iudicas de Catone; aut enim nemo, quod quidem magis credo, aut si quisquam, ille sapiens fuit. Quo modo, ut alia omittam, mortem filii tulit! memineram Paulum, videram Galum, sed hi in pueris, Cato in perfecto et spectato viro. [9] Tu però, Fannio, dato che dici che mi viene attribuita tanta importanza quanta io né riconosco né chiedo, ti comporti da amico; ma, come mi sembra, non hai un giudizio corretto a proposito di Catone; infatti o nessuno, cosa che in verità credo maggiormente, è stato sapiente o se lo è stato qualcuno quello fu lui. In quale modo, per lasciar perdere altre cose, sopportò la morte del figlio! Mi ricordavo di Paolo, avevo visto Galo, ma questi [soffrivano] per dei fanciulli, Catone invece per un uomo fatto e ammirato quod… dicis: frase causale (o dichiarativa-causale) ut mihi videris: costrutto personale di videor memineram: perfetto logico [10] Quamobrem cave Catoni anteponas ne istum quidem ipsum, quem Apollo, ut ais, sapientissimum iudicavit; huius enim facta, illius dicta laudantur. De me autem, ut iam cum utroque vestrum loquar, sic habetote: Ego si Scipionis desiderio me moveri negem, quam id recte faciam, viderint sapientes; sed certe mentiar. Moveor enim tali amico orbatus qualis, ut arbitror, nemo umquam erit, ut confirmare possum, nemo certe fuit; sed non egeo medicinā, me ipse consolor et maxime illo solacio quod eo errore careo quo amicorum decessu plerique angi solent. Nihil mali accidisse Scipioni puto, mihi accidit, si quid accidit; suis autem incommodis graviter angi non amicum sed se ipsum amantis est. [10] Perciò non anteporre a Catone nemmeno questo stesso, che Apollo, come dici, ha giudicato sapientissimo; di questo infatti le azioni, di quell’altro le parole si lodano. Quanto a me poi, per parlare ormai con ognuno di voi due, tenete presente questo: Io se negassi di essere turbato dalla mancanza di Scipione, quanto correttamente faccia ciò, potrebbero vederlo i sapienti; ma di certo mentirei. Infatti sono turbato, essendo stato privato di un amico tale quale, come penso, nessuno sarà mai, come posso affermare, nessuno certamente è stato; ma non ho bisogno di medicina, mi consolo da me e soprattutto con questo conforto, che sono privo di quell’errore per cui i più sono soliti angosciarsi per la perdita degli amici. Penso che niente di male sia capitato a Scipione, a me è capitato, se qualcosa è capitato; però angosciarsi pesantemente per i propri disagi è proprio di chi ama non l’amico ma sé stesso. cave… anteponas: imperativo negativo, ne…quidem: “nemmeno”; ut: + ind in frase incidentale = “come”, ais: verbo difettivo aio, usato in frase incidentale, “dici”; sapientissimum: compl predicativo dell’oggetto (istum ipsum); facta… dicta: part perf sostantivati; ut… loquar: finale esplicita, vestrum: gen partitivo; habetote: imperativo futuro (2 pers plur), indica comando permanente si… negem… mentiar: periodo ipotetico della possibilità nel presente; moveri: infinito passivo retto da negem; quam… faciam: interrogativa indiretta introdotta da quam, che ha valore avverbiale e si ricollega a recte viderint: non è un fut anteriore ma un cong perf potenziale, indica possibilità nel presente espressa in forma attenuata orbatus: part perf, congiunto al sogg sottinteso ego, con valore causale; ut arbitror… ut confirmare possum: frase incidentale; angi: inf pres passivo con valore mediale (= riflessivo); amantis est: part pres da amo, sostantivato, genitivo di pertinenza (L’italiano usa perifrasi per indicare:La persona cui spetta un dovere o un compito) [11] Cum illo vero quis neget actum esse praeclare? Nisi enim, quod ille minime putabat, immortalitatem optare vellet, quid non adeptus est quod homini fas esset optare? qui summam spem civium, quam de eo iam puero habuerant, continuo adulescens incredibili virtute superavit, qui consulatum petivit numquam, factus consul est bis, primum ante tempus, iterum sibi suo tempore, rei publicae paene sero, qui duabus urbibus eversis inimicissimis huic imperio non modo praesentia verum etiam futura bella delevit. Quid dicam de moribus facillimis, de pietate in matrem, liberalitate in sorores, bonitate in suos, iustitia in omnes? nota sunt vobis. Quam autem civitati carus fuerit, maerore funeris indicatum est. Quid igitur hunc paucorum annorum accessio iuvare potuisset? Senectus enim quamvis non sit gravis, ut memini Catonem anno ante quam est mortuus mecum et cum Scipione disserere, tamen aufert eam viriditatem in qua etiam nunc erat Scipio. [11] A lui in verità chi potrebbe negare che è andata in una maniera splendida? A meno che infatti, cosa che quello non pensava affatto, non volesse desiderare l’immortalità, che cosa non ha ottenuto che è lecito a un uomo desiderare? Lui che la grandissima speranza dei suoi concittadini, che avevano avuto in lui già da bambino, subito da ragazzo superò con la sua incredibile virtù, lui che non si candidò mai al consolato, ma fu nominato console due volte, la prima volta prima del tempo [147], la seconda in un momento giusto per lui [134], però quasi troppo tardi per lo stato, lui che dopo aver abbattuto le due città maggiormente ostili a questo impero, cancellò non solo le guerre presenti ma anche quelle future. Che cosa dovrei dire del suo comportamento assai disponibile, della sua devozione verso la madre, generosità verso le sorelle, bontà verso i suoi, giustizia verso tutti? Sono cose a voi note. Quanto poi sia stato caro alla cittadinanza, è stato dimostrato dal dolore del suo funerale. Che cosa dunque avrebbe potuto giovargli l’aggiunta di pochi anni? La vecchiaia infatti, per quanto non sia pesante, come mi ricordo che Catone sosteneva l’anno prima della sua morte [150, anno in cui è ambietato il “Cato Maior de senectute” ] insieme con me e con Scipione, tuttavia toglie quella freschezza in cui Scipione era ancora. quis: introduce interr diretta, neget: cong pres con valore potenziale actum esse: inf perf pass da ago, con valore risultativo (che esprime il risultato attuale di un’azione passata) nisi… vellet: protasi di irrealtà nel presente; adeptus est: da adipiscor; quod… fas esset: relativa impropria con valore consecutivo, fas è elemento invariabile, il tempo impf è dovuto alla consecutio temporum, indica contemporaneità; adulescens: compl predicativo del soggetto factus consul est: da fio, passivo di facio, con consul compl pred del soggetto; sibi: dat di vantaggio; rei publicae: dat di svantaggio; duabus urbibus eversis: abl assoluto con valore temporale; huic imperio: dat di svantaggio richiesto da inimicissimis (superlativo relativo) dicam: cong indipendente con valore dubitativo, indica dubbio nel presente (impf dubbio nel passato); quam… fuerit: interr indiretta, il tempo mi indica anteriorità nel passato, civitati: dat di vantaggio richiesto da carus; hunc: acc richiesto da iuvare, verbo relativamente impersonale potuisset: il cong esprime irrealtà nel passato; quamvis: introduce frase concessiva (di norma seguita da tamen), memini: perfetto logico, regge l'infinitiva; Catonem: soggetto dell’infinitiva (disserere) [12] Quamobrem vita quidem talis fuit vel fortuna vel gloria, ut nihil posset accedere, moriendi autem sensum celeritas abstulit; quo de genere mortis difficile dictu est; quid homines suspicentur, videtis; hoc vere tamen licet dicere, P. Scipioni ex multis diebus, quos in vita celeberrimos laetissimosque viderit, illum diem clarissimum fuisse, cum senatu dimisso domum reductus ad vesperum est a patribus conscriptis, populo Romano, sociis et Latinis, pridie quam excessit e vita, ut ex tam alto dignitatis gradu ad superos videatur deos potius quam ad inferos pervenisse [15] Perciò a lui in verità, come ho detto prima, è andata benissimo, meno bene a me, che sarebbe stato più giusto che, come ero entrato prima nella vita, così prima ne uscissi. Ma tuttavia godo del ricordo della nostra amicizia così che mi sembra di aver vissuto felicemente, perché ho vissuto con Scipione, con il quale ho condiviso l’interesse della cosa pubblica e privata, con il quale ho avuto in comune sia la casa sia la milizia e, cosa in cui consiste l’intera essenza dell’amicizia, il pieno accordo di volontà, propensioni, opinioni. Quindi non tanto questa fama di sapienza, che Fannio poco fa ha ricordato, mi diletta, tanto più che è falsa, quanto il fatto che spero che la memoria della nostra amicizia sarà eterna, e ciò mi sta a cuore tanto più, perché fra tutti i secoli appena tre o quattro coppie di amici sono nominati; e in questo genere mi sembra di sperare che l’amicizia tra Scipione e Lelio sarà nota ai posteri. fuerat: falso condizionale; recordatione: abl richiesto da fruor, così come utor, fungor, vescor, potior; sic… ut… videar: frase consecutiva con antecedente; quia… vixerim: “ho vissuto”: frase causale, con il cong per attrazione modale indotta dalla frase sovraordinata consecutiva quod…spero: frase dichiarativa; fore: = futuram esse, inf fut invariabile di sum; eo…magis: rafforza la causale che segue (quod… nominantur); mihi… cordi: costrutto di doppio dativo, ossia abbinamento di dat di vantaggio (mihi), indicante essere animato, e dat di fine (cordi), indicante concetto astratto o realtà non animata, videor: costrutto personale [16] FANNIUS: Istuc quidem, Laeli, ita necesse est. Sed quoniam amicitiae mentionem fecisti et sumus otiosi, pergratum mihi feceris, spero item Scaevolae, si quem ad modum soles de ceteris rebus, cum ex te quaeruntur, sic de amicitia disputaris quid sentias, qualem existimes, quae praecepta des. SCAEVOLA: Mihi vero erit gratum; atque id ipsum cum tecum agere conarer, Fannius antevertit. Quamobrem utrique nostrum gratum admŏdum feceris. [16] FANNIO: Questo di certo, o Lelio, è inevitabile che sia così. Ma siccome hai fatto menzione dell’amicizia e siamo liberi da impegni, farai cosa molto gradita a me, spero parimenti a Scevola, se come sei solito fare per tutte le altre questioni, quando ti vengono poste, così discuterai dell’amicizia, che cosa ne pensi, quale la consideri, quali insegnamenti dai. SCAEVOLA: Per me in verità sarà cosa gradita; e mentre cercavo di fare con te proprio questo, Fannio mi ha preceduto. Perciò farai cosa molto gradita a ognuno di noi due. quoniam… fecisti: causale feceris: ind fut anteriore, come il successivo disputaris (= disputaveris, forma sincopata): di norma per due azioni collocate nel futuro la più remota va in fut anteriore, la più prossima in fut semplice, qui Cicerone pone ambedue le azioni in fut anteriore, come se fossero già compiute; quid sentias, qualem existimes, quae praecepta des: interr indirette con variatio dell’introduttore (quid pron neutro sing, qualem agg femm sing, quae agg neutro plur); cum… conarer: cum narrativo di contemporaneità con valore temporale; [17] LAELIUS: Ego vero non gravarer, si mihi ipse confiderem; nam et praeclara res est et sumus, ut dixit Fannius, otiosi. Sed quis ego sum? aut quae est in me facultas? doctorum est ista consuetudo, eaque Graecorum, ut iis ponatur de quo disputent quamvis subito; magnum opus est egetque exercitatione non parva. Quamobrem quae disputari de amicitia possunt, ab eis censeo petatis qui ista profitentur; ego vos hortari tantum possum ut amicitiam omnibus rebus humanis anteponatis; nihil est enim tam naturae aptum, tam conveniens ad res vel secundas vel adversas. [17] Io in verità non farei difficoltà, se avessi fiducia in me stesso; infatti sia l’argomento è splendido sia, come ha detto Fannio, siamo liberi da impegni. Ma chi sono io? O quale capacità è in me? Questa è un’abitudine dei dotti, e in particolare dei Greci, che si proponga a loro un tema di cui discutano per quanto all’improvviso; è un compito impegnativo e richiede non poco esercizio. Perciò le cose che si possono discutere sull’amicizia, penso che dobbiate chiederle a coloro che dichiarano di avere queste capacità; io posso soltanto esortarvi ad anteporre l’amicizia a tutte le cose umane; niente infatti è tanto conforme alla natura, tanto adatto alle circostanze sia favorevoli sia avverse. gravarer… si confiderem: periodo ipotetico dell’irrealtà nel presente (confido è verbo semideponente); quae: agg interrogativo concordato con facultas; ut…ponatur: completiva con costrutto consecutivo, il verbo ha come sogg un id sottinteso; de quo disputent: compl di argomento e relativa con il cong per attrazione modale generata dalla completiva sovraordinata; censeo petatis: esempio di costrutto paratattico (in ipotassi: censeo ut petatis, con frase completiva); ut…anteponatis: frase completiva con costrutto finale; [18] Sed hoc primum sentio, nisi in bonis amicitiam esse non posse; neque id ad vivum reseco, ut illi qui haec subtilius disserunt, fortasse vere, sed ad communem utilitatem parum; negant enim quemquam esse virum bonum nisi sapientem. Sit ita sane; sed eam sapientiam interpretantur quam adhuc mortalis nemo est consecutus, nos autem ea quae sunt in usu vitaque communi, non ea quae finguntur aut optantur, spectare debemus. Numquam ego dicam C. Fabricium, M'. Curium, Ti. Coruncanium, quos sapientes nostri maiores iudicabant, ad istorum normam fuisse sapientes. Quare sibi habeant sapientiae nomen et invidiosum et obscurum; concedant ut viri boni fuerint. Ne id quidem facient, negabunt id nisi sapienti posse concedi. [18] Ma innanzi tutto penso questo, che l’amicizia non può esistere se non tra uomini buoni; e non indago ciò fino al vivo, come quelli che discutono questi temi con sottigliezza eccessiva, forse con verità, ma scarsamente in vista dell’utilità comune; dicono infatti che nessuno è uomo buono se non il sapiente. Sia pure così; ma pensano a quella sapienza che finora nessun mortale ha raggiunto, noi invece dobbiamo guardare a quelle cose che si trovano nell’uso e nella vita comune, non a quelle che si immaginano o si desiderano. Io non direi mai che Gaio Fabrizio, Manio Curio, Tiberio Coruncanio, che i nostri antenati giudicavano sapienti, siano stati sapienti secondo il criterio di costoro. Perciò tengano pure per sé il nome di sapiente, odioso e oscuro; ma ammettano che sono stati uomini buoni. Ma non faranno nemmeno questo e diranno che ciò [= il titolo di uomo buono] non può essere riconosciuto se non al sapiente. hoc: prolettico rispetto all’infinitiva che segue sit ita sane: esempio di cong indipendente di tipo concessivo, utilizza cong pres (ammissione nel presente) oppure cong perf (ammissione nel passato) dicam: “direi”, cong potenziale nel presente, equivalente, di fatto, al condizionale italiano; habeant: cong concessivo concedant: congiuntivo esortativo, utilizza tempo presente, è negato da ne ut… fuerint: completiva con costrutto consecutivo; ne…quidem: “nemmeno”, negazione composta che nega parola interposta (id); [19] Agāmus igitur pingui, ut aiunt, Minerva. Qui ita se gerunt, ita vivunt ut eorum probetur fides, integrĭtas, aequĭtas, liberalĭtas, nec sit in eis ulla cupidĭtas, libīdo, audacia, sitque magna constantia, ut ii fuerunt modo quos nominavi, hos viros bonos, ut habĭti sunt, sic etiam appellandos putemus, quia sequantur, quantum homines possunt, naturam optimam bene vivendi ducem. Sic enim mihi perspicĕre videor, ita natos esse nos ut inter omnes esset sociĕtas quaedam, maior autem ut quisque proxime accedĕret. Itaque cives potiores quam peregrini, propinqui quam alieni; cum his enim amicitiam natura ipsa peperit; sed ea non satis habet firmitātis. Namque hoc praestat amicitia propinquitāti, quod ex propinquitāte benevolentia tolli potest, ex amicitia non potest; sublata enim benevolentia amicitiae nomen tollĭtur, propinquitātis manet. [19] Procediamo dunque, come si dice, con grossolano buon senso. Quelli che si comportano e vivono così che di essi sia apprezzata la lealtà, l’onestà, l’equità, la generosità e non vi sia in loro alcuna cupidigia, sfrenatezza, audacia e vi sia una grande fermezza, come furono quelli che ho nominato poco fa, questi riteniamo che, come sono stati considerati uomini buoni, così devono essere anche chiamati, perché seguono, per quanto gli uomini possono, la natura, la migliore guida del vivere bene. Così infatti mi sembra di scorgere che noi siamo venuti al mondo in modo tale che vi sia tra tutti una sorta di unione, e più stretta quanto più ciascuno è più vicino. Pertanto i cittadini sono più importanti degli stranieri, i parenti degli estranei; con queste persone, infatti, la natura stessa ha generato l’amicizia; ma questa non ha abbastanza stabilità. E infatti in questo l’amicizia è superiore alla parentela, nel fatto che dalla parentela l’affetto si può togliere, dall’amicizia invece non si può; infatti una volta tolto l’affetto, viene tolto il nome di amicizia, rimane invece quello di parentela. agamus: cong esortativo; ago, is, egi, actum, ere ita…ut…probetur: consecutiva con antecedente (nec...sit è coordinata alla consecutiva) viros bonos: compl pred dell’oggetto hos; ut…sic: in correlazione; habiti sunt: habeor con valore estimativo; appellandos: sottinteso esse, perifrastica passiva personale (hos) in frase infinitiva oggettiva; putemus: cong esortativo; quia sequantur: causale con cong per attrazione modale generata dall’infinitiva sovraordinata; optimam ducem: compl pred dell’oggetto naturam; vivendi: gen di gerundio; videor: costrutto personale; ita…ut…esset: consecutiva + cong impf per dipendenza da TS (natos esse); ut quisque proxime accederet: comparativa con cong per attrazione modale quod…tolli potest; dichiarativa sublata…benevolentia: abl assoluto con valore temporale (tollo, tollis, sustuli, sublatum, tollere); [20] Quanta autem vis amicitiae sit, ex hoc intellegi maxime potest, quod ex infinita societate generis humani, quam conciliavit ipsa natura, ita contracta res est et adducta in angustum ut omnis caritas aut inter duos aut inter paucos iungeretur. Est enim amicitia nihil aliud nisi omnium divinarum humanarumque rerum cum benevolentia et caritate consensio; quā quidem haud scio an exceptā sapientiā nihil melius homini sit a dis immortalibus datum. Divitias alii praeponunt, bonam alii valetudinem, alii potentiam, alii honores, multi etiam voluptates. Beluarum hoc quidem extremum, illă autem superioră caducă et incertă, posită non tam in consiliis nostris quam in fortunae temeritate. Qui autem in virtute summum bonum ponunt, praeclare illi quidem, sed haec ipsa virtus amicitiam et gignit et contĭnet nec sine virtute amicitia esse ullo pacto potest. indeboliscano o si deprimano. Invero infatti chi guarda un amico, vede come una sorta di copia di sé stesso. Perciò sia gli assenti sono presenti sia i bisognosi sono ricchi sia i deboli hanno forza e, cosa che è più difficile a dirsi, i morti vivono; un così grande onore, ricordo, rimpianto da parte degli amici li accompagna. Per questo di quelli felice sembra la morte, di questi degna di lode la vita. Che se si sarà eliminato dalla natura il vincolo dell’affetto, né alcuna casa né città potrà stare salda, nemmeno la coltivazione dei campi durerà. Se non si intende ciò, quanto grande sia la forza dell’amicizia e della concordia, si può percepire dai disaccordi e dalle discordie. Infatti quale casa è tanto stabile, quale comunità è tanto salda che non possa essere sovvertita dalle fondamenta dagli odi e dalle divisioni? Da questo si può valutare che grande bene vi sia nell’amicizia. cum… contineat: cum narrativo di contemporaneità (valore concessivo); quod…praelucet: causale; patitur: “subire, soffrire”, ma seguito da infinito / frase infinitiva “permettere, lasciare”; dictu: supino passivo (indica limitazione); honos: desinenza pre-rotacismo: honos, honosis > honoris, da cui honor per analogia; quod si: incipit subordinante; exemeris: ind fut anteriore, richiesto da ind fut semplice poterit, permanebit (legge dell’anteriorità); ne…quidem: negazione composta, nega parola interposta; quanta…sit: interr indiretta quae: agg interr, concorda con domus e civitas; quae…possit everti: relativa impropria (valore consecutivo); odiis et discidiis: abl di causa efficiente; quantum boni sit: interr indiretta + gen partitivo; [24] Agrigentinum quidem doctum quendam virum carminibus Graecis vaticinatum ferunt, quae in rerum natura totoque mundo constarent quaeque moverentur, ea contrahĕre amicitiam, dissipare discordiam. Atque hoc quidem omnes mortales et intellegunt et re probant. Itaque si quando aliquod officium exstĭtit amici in periculis aut adeundis aut communicandis, quis est qui id non maximis efferat laudibus? Qui clamores tota cavea nuper in hospitis et amici mei M. Pacuvi nova fabula! cum ignorante rege, uter Orestes esset, Pylades Orestem se esse diceret, ut pro illo necaretur, Orestes autem, ita ut erat, Orestem se esse perseveraret. Stantes plaudebant in re ficta; quid arbitramur in vera facturos fuisse? Facile indicabat ipsa natura vim suam, cum homines, quod facere ipsi non possent, id recte fieri in altero iudicarent. Hactĕnus mihi videor de amicitia quid sentirem potuisse dicere; si quae praeterea sunt (credo autem esse multa), ab iis, si videbitur, qui ista disputant, quaeritōte. [24] In verità tramandano che un uomo colto di Agrigento abbia vaticinato in versi greci che le cose che nella natura e nell’universo intero stanno ferme e quelle che si muovono, queste l’amicizia le mette insieme, la discordia invece le disperde. E questo in verità tutti i mortali sia lo capiscono sia lo provano nei fatti. Quindi se talvolta si presenta un qualche dovere da amico nell’affrontare o nel condividere i pericoli, chi c’è che non esalti questo gesto con le lodi più grandi? Quali applausi per tutte le gradinate di recente in occasione del nuovo spettacolo del mio amico e ospite Marco Pacuvio! Quando, mentre il re ignorava chi dei due fosse Oreste, Pilade sosteneva di essere Oreste per essere ucciso al posto di quello, Oreste invece, così come era, insisteva nel dire di essere Oreste. Stando in piedi applaudivano di fronte a una finzione; che cosa pensiamo che avrebbero fatto di fronte a un fatto vero? La natura stessa mostrava facilmente la sua forza, poiché gli uomini, quello che non potevano fare di persona, ciò giudicavano essere ben fatto in un altro. Fin qui mi sembra di aver potuto dire che cosa io pensassi sull’amicizia; se ce ne sono altre ancora (e credo siano molte), chiedetele, se vi sembrerà opportuno, a quelli che discutono queste tematiche. vaticinatum: sottinteso esse; quae… constarent quaeque moverentur: relative con cong per attrazione modale indotta dall’infinitiva ea contrahere… dissipare; il pron relativo quae è in prolessi rispetto all’antecedente ea; adeundis…communicandis: abl di gerundivi, concordano con periculis, dipendono da in (stato in luogo figurato); quis: introduce interr diretta; qui…efferat: relativa impropria (valore consecutivo); cum…diceret…perseveraret: cum narrativo di contemporaneità (valore temporale); ignorante rege: abl assoluto (valore temporale); uter…esset: interr indiretta; ut…necaretur: finale esplicita; stantes: part pres, congiunto al sogg sottinteso homines; facturos fuisse: infinitivà di posteriorità; cum…iudicarent: cum narrativo di contemporaneità (valore causale); quod… possent: relativa in attrazione modale con pron relativo quod in prolessi rispetto al suo antecedente id; fieri: “essere fatto, diventare, accadere”; videor: costrutto personale; quid sentirem: interr indiretta; quaeritote: imp fut di quaero, indica comando permanente; [25] FANNIUS: Nos autem a te potius; quamquam etiam ab istis saepe quaesivi et audivi non invītus equidem; sed aliud quoddam filum orationis tuae. SCAEVOLA: Tum magis id diceres, Fanni, si nuper in hortis Scipionis, cum est de re publica disputatum, adfuisses. Qualis tum patronus iustitiae fuit contra accuratam orationem Phili! FANNIUS: Facile id quidem fuit iustitiam iustissimo viro defendere. SCAEVOLA: Quid? amicitiam nonne facile ei qui ob eam summa fide, constantia iustitiaque servatam maximam gloriam ceperit? [25] FANNIO: Ma noi preferiamo chiederlo a te; sebbene anche a costoro io spesso mi sono rivolto e li ho ascoltati non controvoglia in verità; ma il filo del tuo discorso è in certo qual modo diverso. SCEVOLA: Allora lo diresti ancora di più, Fannio, se fossi stato presente di recente nei giardini di Scipione, quando si è discusso sullo stato. Quale difensore della giustizia fu allora contro l’accurato discorso di Filo! FANNIO: Certamente fu facile questo, per un uomo giustissimo difendere la giustizia. SCEVOLA: E che? L’amicizia forse non sarà facile difenderla per colui che ha ottenuto una grandissima gloria per averla conservata con somma lealtà, coerenza e giustizia? a te potius: sottinteso quaerimus; quamquam: + ind, introduce frase concessiva; non invitus: litote. diceres… si … adfuisses: periodo ipotetico dell’irrealtà (protasi nel passato, apodosi nel presente); est disputatum: anastrofe e forma impersonale; id: anticipa l’infinitiva soggettiva iustitiam defendere; nonne: sottinteso erit e (facile) defendere; introduce interr retorica che prevede risposta affermativa (per risposta negativa si usa num); qui…ceperit: relativa impropria con valore consecutivo; ob eam…servatam: compl di causa espresso con part perf (concreto per l’astratto); [26] LAELIUS: Vim hoc quidem est adferre. Quid enim refert qua me ratione cogatis? cogitis certe. Studiis enim generorum, praesertim in re bona, cum difficile est, tum ne aequum quidem obsistere. Saepissime igitur mihi de amicitia cogitanti maxime illud considerandum videri solet, utrum propter imbecillitatem atque inopiam desiderata sit amicitia, ut dandis recipiendisque meritis quod quisque minus per se ipse posset, id acciperet ab alio vicissimque redderet, an esset hoc quidem proprium amicitiae, sed antiquior et pulchrior et magis a natura ipsa profecta alia causa. Amor enim, ex quo amicitia nominata est princeps est ad benevolentiam coniungendam. Nam utilitates quidem etiam ab iis percipiuntur saepe qui simulatione amicitiae coluntur et observantur temporis causa, in amicitia autem nihil fictum est, nihil simulatum et, quidquid est, id est verum et voluntarium. [26] LELIO: Questo significa davvero far violenza. Che cosa importa infatti per quale ragione mi costringete? Certo mi costringete. Infatti oppormi ai desideri dei miei generi, soprattutto in una cosa buona, non solo è difficile ma non è nemmeno giusto. Molto spesso dunque a me quando rifletto sull’amicizia solitamente sembra di dover considerare soprattutto questo, se l’amicizia sia stata ricercata per debolezza e bisogno, affinché con il dare e il ricevere favori ciò che ciascuno non poteva ottenere di per sé solo, lo ricevesse da un altro e a sua volta lo restituisse, oppure se questo in verità fosse proprio dell’amicizia, ma altra la causa, più antica e più bella e maggiormente proveniente dalla natura stessa. L’amore infatti, dal ut…diligamus: consecutiva anticipata da tanta; quid: introduce interr diretta; si…moveantur: protasi della possibilità nel presente; moveantur è passivo mediale (= riflessivo); cum…videantur: cum narrativo di contemporaneità con valore temporale; videantur: costrutto personale di videor; quamquam: introduce la concessiva + ind et beneficio…adiuncta: abl di causa efficiente in polisindeto con sostantivi seguiti da part perf congiunto con valore relativo quibus rebus…adhibitis: abl assoluto con valore temporale (o ipotetico) e nesso relativo; ut sit: finale esplicita, con sit predicato verbale; per quem adsequatur: relativa impropria (valore consecutivo); quod…desideret: relativa con cong per attrazione modale generata dalla relativa precedente (quod ha come antecedente id, oggetto di adsequatur, sottinteso); natam: part perf congiunto ad amicitiam con valore relativo; si…esset…esset aptissimus: periodo ipotetico dell’irrealtà nel presente; ut...arbitraretur: frase correlativa (ut…ita) con cong per attrazione modale; [30] Ut enim quisque sibi plurimum confĭdit et ut quisque maxime virtute et sapientia sic munītus est, ut nullo egeat suaque omnia in se ipso posita iudicet, ita in amicitiis expetendis colendisque maxime excellit. Quid enim? Africanus indigens mei? Minime hercule! ac ne ego quidem illius; sed ego admiratione quadam virtutis eius, ille vicissim opinione fortasse non nulla, quam de meis moribus habebat, me dilexit; auxit benevolentiam consuetudo. Sed quamquam utilitates multae et magnae consecutae sunt, non sunt tamen ab earum spe causae diligendi profectae. [30] Infatti quanto più uno ha fiducia in sé stesso e tanto più è dotato di virtù e sapienza, così da non aver bisogno di nessuno e da considerare tutte le sue cose riposte in sé stesso, tanto più eccelle nel ricercare e coltivare le amicizie. Che cosa infatti? L’Africano bisognoso di me? Niente affatto, per Ercole! E nemmeno io di lui; ma io [amai lui] per una grande ammirazione della sua virtù, quello a sua volta amò me per una stima forse non irrilevante che aveva dei miei comportamenti; la frequentazione aumentò l’affetto. Ma anche se molti e grandi vantaggi ne seguirono, tuttavia le ragioni dell’affetto non sono derivate dalla speranza di quelli. virtute…sapientia: abl richiesti da munitus est (da munio); sic…ut…egeat…iudicet: consecutiva con antecedente; nullo: abl di nemo (pron indefinito) richiesto da egeat; in amicitiis expetendis colendisque: gerundivo; qui esprime stato in luogo figurato; quid enim?: sottinteso est; mei: gen richiesto da indigens; ne…quidem: negazione composta, nega parola interposta; admiratione quadam…opinione non nulla: abl di causa, quadam intensifica il concetto, non nulla è litote; auxit: qui nel senso causativo di “far crescere”; diligendi: gen di gerundio; sunt…profectae: anastrofe (dal verbo proficiscor) [31] Ut enim benefici liberalesque sumus, non ut exĭgamus gratiam (neque enim beneficium faeneramur sed naturā propensi ad liberalitatem sumus), sic amicitiam non spe mercedis adducti sed quod omnis eius fructus in ipso amore inest, expetendam putamus. [31] Come infatti siamo cortesi e generosi, non per riscuotere gratitudine (né infatti diamo a prestito un beneficio ma per natura siamo inclini alla generosità) così riteniamo che l’amicizia debba essere ricercata non perché spinti dalla speranza di un compenso ma perché ogni suo frutto consiste nell’amore stesso ut exigamus: finale; natura: abl di limitazione; spe: abl di causa efficiente; adducti: part perf, congiunto a sogg sottinteso nos, con valore causale; quod…inest: frase causale in variatio rispetto ad adducti (part congiunto causale); expetendam: sottinteso esse; perifrastica passiva personale (amicitiam) in frase infinitiva; his: sottinteso rebus; ritu: abl di modo; [32] Ab his qui pecudum ritu ad voluptatem omnia referunt longe dissentiunt, nec mirum; nihil enim altum, nihil magnificum ac divinum suspicere possunt qui suas omnes cogitationes abiecerunt in rem tam humilem tamque contemptam. Quamobrem hos quidem ab hoc sermone removeamus, ipsi autem intellegamus naturā gigni sensum diligendi et benevolentiae caritatem factā significatione probitatis. Quam qui adpetiverunt, applicant se et propius admovent ut et usu eius, quem diligĕre coeperunt, fruantur et moribus sintque pares in amore et aequales propensioresque ad bene merendum quam ad reposcendum, atque haec inter eos sit honesta certatio. Sic et utilitates ex amicitia maximae capientur et erit eius ortus a natura quam ab imbecillitate gravior et verior. Nam si utilitas amicitias conglutinaret, eădem commutată dissolveret; sed quia natura mutari non potest, idcirco verae amicitiae sempiternae sunt. Ortum quidem amicitiae videtis, nisi quid ad haec forte vultis. FANNIUS: Tu vero perge, Laeli; pro hoc enim, qui minor est natu, meo iure respondeo. [32] Da questi concetti quelli che alla maniera di bestie riducono tutto al piacere dissentono notevolmente, e non c’è da meravigliarsi; infatti nulla di elevato, nulla di magnifico e di divino possono vedere [alzando lo sguardo] uomini che hanno indirizzato tutti i loro pensieri verso una cosa tanto umile e tanto disprezzata. Perciò allontaniamoli senz’altro da questo discorso, sforziamoci invece di capire noi stessi che per natura si genera il sentimento dell’amore e la tenerezza dell’affetto, una volta che sia apparso un segno di onestà. E quelli che l’hanno ricercata, si accostano e si avvicinano sempre di più affinché godano sia della frequentazione di colui che hanno iniziato ad amare sia dei suoi comportamenti e risultino pari e uguali nell’amore e più propensi a fare del bene che a richiederlo, e vi sia questa onorevole competizione tra di loro. Così sia vantaggi grandissimi si ricaveranno dall’amicizia sia la sua origine dalla natura piuttosto che dalla debolezza (risulterà) più importante e più vera. Infatti se l’utilità creasse le amicizie, la medesima, una volta mutata, le scioglierebbe; ma poiché la natura non si può cambiare, per questo le vere amicizie sono eterne. Avete dinanzi agli occhi in verità l’origine dell’amicizia, a meno che vogliate per caso aggiungere qualcosa. FANNIO: Continua tu, Lelio; infatti per costui, che è minore di età, rispondo io con mio pieno diritto. mirum: sottinteso est; removeamus… intellegamus: cong esortativo gigni: inf pres passivo con valore mediale (riflessivo); diligendi: gen di gerundio (in variatio rispetto a benevolentiae; da sensum fino a caritatem abbiamo un chiasmo); facta significatione: abl assoluto con valore temporale; ut…fruantur…sint…sit: frase finale; usu… moribus: abl richiesto da fruantur (cf. utor, fruor, fungor, vescor, potior); coeperunt: verbo difettivo (attestato solo il perfectum); ad… merendum… reposcendum: costrutto di ad + acc di gerundio con valore finale; si… conglutinaret… dissolveret: periodo ipotetico dell’irrealtà nel presente; commutata: part perf, congiunto a eadem (nominativo), con valore temporale; quia… potest: causale; [33] SCAEVOLA: Recte tu quidem. Quamobrem audiamus. LAELIUS: Audīte vero, optimi viri, ea quae saepissime inter me et Scipionem de amicitia disserebantur. Quamquam ille quidem nihil difficilius esse dicebat, quam amicitiam usque ad extremum vitae diem permanere. Nam vel ut non idem expedīret, incĭdere saepe, vel ut de re publica non idem sentiretur; mutari etiam mores hominum saepe dicebat, alias adversis rebus, alias aetate ingravescente. Atque earum rerum exemplum ex similitudine capiebat ineuntis aetatis, quod summi puerorum amores saepe unā cum praetexta toga ponerentur. [33] SCEVOLA: Giustamente rispondi tu. Dunque ascoltiamo. LAELIUS: Ascoltate dunque, ottimi giovani, quelle cose che molto spesso tra me e Scipione si discutevano sull’amicizia. Anche se quello in verità sosteneva che niente è più difficile che un’amicizia duri fino all’ultimo giorno di vita. Infatti [diceva che] capita spesso o che non la medesima cosa risulta utile o che non si ha la medesima idea a proposito della cosa pubblica; diceva spesso che si mutano anche i comportamenti degli uomini, alcune volte per le avversità altre per il crescere del peso dell’età. E prendeva esempio di queste cose da casi simili dell’età che cresce, che grandissimi amori di ragazzi spesso vengono deposti insieme con la toga pretesta. recte: sottinteso fecisti; audiamus: cong indipendente esortativo quamquam: + ind (concessiva); incidere: inf dipendente da dicebat (r. 2); costrutto di oratio obliqua con tutte le subordinate al cong e uso dei TS (dipendenza da dicebat); ut… expediret… sentiretur: completive con costrutto consecutivo (ut non), da tradurre con ind pres per attrazione modale (cong) e consecutio temporum (impf); adversis rebus… aetate ingravescente: abl di causa + part pres congiunto con valore relativo (ingravesco verbo incoativo); ineuntis: part pres da in-eo, congiunto a aetatis con valore relativo; quod…fecisset: dichiarativa con il cong per attrazione modale; ut… putaret: consecutiva; quidquid ille vellet: relativa con cong per attrazione modale generata dalla sovraordinata consecutiva; sibi faciendum: sottinteso esse; perifrastica passiva personale (quidquid) con dat d’agente (sibi) inserita in frase infinitiva; etiam-ne: il -ne enclitico dà alla frase valore interrogativo (si considera sottintesa la frase putares tibi faciendum esse quidquid ille vellet); si… vellet: cong per attrazione modale indotta dalla frase sottintesa (vd. nota precedente) voluisset… si voluisset, paruissem: irrealtà nel passato; per-territus: part perf, congiunto con valore causale; si peccaveris: protasi di possibilità nel passato, con “tu” generico. cum… fuerit: cum narrativo di anteriorità con valore causale amicitiam manere: frase infinitiva con funzione di soggetto [38] Quod si rectum statuerimus vel concedere amicis, quidquid velint, vel impetrare ab iis, quidquid velīmus, perfectā quidem sapientiā si simus, nihil habeat res vitii; sed loquĭmur de iis amicis qui ante oculos sunt, quos vidimus aut de quibus memoriam accepimus, quos novit vita communis. Ex hoc numero nobis exempla sumenda sunt, et eorum quidem maxime qui ad sapientiam proxime accedunt. [38] Che se avessimo considerato giusto o concedere agli amici qualsiasi cosa vogliano o ottenere da quelli qualsiasi cosa vogliamo, se noi fossimo davvero (persone) di perfetta sapienza, la cosa non presenterebbe nessun difetto; ma parliamo di quegli amici che sono dinanzi agli occhi, che abbiamo visto o di cui abbiamo ricevuto memoria, che conosce la vita comune. Da questo numero noi dobbiamo prendere gli esempi e in verità soprattutto di quelli che si avvicinano moltissimo alla sapienza. si statuerimus… si simus… habeat: protasi di possibilità, prima nel passato poi nel presente, apodosi di possibilità nel presente; rectum: compl pred dell’oggetto; quidquid velint…velimus: relative con cong per attrazione modale; novit: perfetto logico, ex hoc numero: compl partitivo; nobis exempla sumenda sunt: perifrastica passiva personale con dat d’agente; proxime: superlativo dell’avv prope [39] Videmus Papum Aemilium Luscino familiarem fuisse (sic a patribus accepimus), bis una consules, collegas in censura; tum et cum iis et inter se coniunctissimos fuisse M'. Curium, Ti. Coruncanium memoriae proditum est. Igitur ne suspicari quidem possumus quemquam horum ab amico quippiam contendisse, quod contra fidem, contra ius iurandum, contra rem publicam esset. Nam hoc quidem in talibus viris quid attĭnet dicere, si contendisset, impetraturum non fuisse? cum illi sanctissimi viri fuerint, aeque autem nefas sit tale aliquid et facere rogatum et rogare. At vero Ti. Gracchum sequebantur C. Carbo, C. Cato, et minime tum quidem C. frater, nunc idem acerrimus. [39] Vediamo che Emilio Papo è stato amico di Luscino (così abbiamo appreso dai nostri padri), consoli due volte insieme, colleghi nella censura; e poi è stato tramandato che sia con quelli sia tra loro erano stati legatissimi Manio Curio e Tiberio Coruncanio. Dunque non possiamo nemmeno sospettare che uno tra questi abbia chiesto a un amico qualcosa che fosse contro la lealtà, contro un giuramento, contro lo stato. Infatti in verità, nel caso di uomini di questo tipo ,che cosa importa dire , che se l’avessero chiesto non l’avrebbero ottenuto? Dato che quelli furono uomini integerrimi, mentre una cosa del genere è nefasta sia farla, se viene chiesta, sia chiederla. Ma invero Gaio Carbone e Gaio Catone seguivano Tiberio Gracco e per nulla allora suo fratello Gaio, ora invece accesissimo ne… quidem: negazione composta nega parola interposta; horum: gen partitivo; quod…esset: relativa impropria con valore consecutivo; hoc: prolettico rispetto all’infinitiva che segue; si contendisset, impetraturum non fuisse: periodo ipotetico dell’irrealtà nel passato con apodosi dipendente; cum…fuerint…sit: cum narrativo, prima di anteriorità poi di contemporaneità, con valore causale; rogatum: part perf, congiunto a tale aliquid con valore temporale o ipotetico [40] Haec igitur lex in amicitia sanciatur, ut neque rogemus res turpes nec faciamus rogati. Turpis enim excusatio est et minime accipienda cum in ceteris peccatis, tum si quis contra rem publicam se amici causa fecisse fateatur. Etenim eo loco, Fanni et Scaevola, locati sumus ut nos longe prospicere oporteat futuros casus rei publicae. Deflexit iam aliquantum de spatio curriculoque consuetudo maiorum. [40] Dunque si stabilisca questa legge nell’amicizia, che né chiediamo cose turpi né facciamole se richiesti. Infatti è una giustificazione turpe e per nulla da accettare non solo in tutte le altre colpe ma anche qualora qualcuno riconosca di aver agito contro lo stato per un amico. E infatti, Fannio e Scevola, noi siamo arrivati a un punto tale che è opportuno che noi guardiamo lontano le vicende future dello stato. Ormai il costume degli antenati è deviato alquanto in termini di spazio e di rotta. sanciatur: cong esortativo; ut…rogemus…faciamus: completiva con costrutto finale; accipienda: sottinteso est; perifrastica passiva personale; si… fateatur: protasi della possibilità nel presente; amici causa: compl di fine; eo loco: stato in luogo senza in, normale con locus; ut… oporteat: subordinata consecutiva con antecedente eo (= tali) loco; [41] Ti. Gracchus regnum occupare conatus est, vel regnavit is quidem paucos menses. Num quid simile populus Romanus audierat aut viderat? Hunc etiam post mortem secuti amici et propinqui quid in P. Scipione effecerint, sine lacrimis non queo dicere. Nam Carbonem, quocumque modo potuimus, propter recentem poenam Ti. Gracchi sustinuimus; de C. Gracchi autem tribunatu quid expectem, non libet augurari. Serpit deinde res; quae proclivis ad perniciem, cum semel coepit, labitur. Videtis in tabella iam ante quanta sit facta labes, primo Gabinia lege, biennio autem post Cassia. Videre iam videor populum a senatu disiunctum, multitudinis arbitrio res maximas agi. Plures enim discent quem ad modum haec fiant, quam quem ad modum iis resistatur. [41] Tiberio Gracco ha cercato di conquistare un potere assoluto, anzi egli ha regnato, in verità, per pochi mesi. Forse che il popolo romano aveva sentito o visto qualcosa di simile? Gli amici e i parenti che lo hanno seguito anche dopo la morte che cosa abbiano fatto nei confronti di Publio Scipione, non riesco a dirlo senza lacrime. Infatti abbiamo sostenuto Carbone, in qualunque modo abbiamo potuto, a causa della recente punizione inflitta a Tiberio Gracco; e da un tribunato di Gaio Gracco che cosa mi aspetti, non è bello presagirlo. Serpeggia dunque la rivolta; la quale inclinata verso la rovina, una volta che ha iniziato, scivola verso il basso. Vedete nelle votazioni quanto guasto sia stato fatto già in passato, prima con la legge Gabinia, due anni dopo invece con la Cassia. Mi sembra già di vedere il popolo separato dal senato, le questioni più importanti essere trattate secondo l’arbitrio della massa. Infatti i più impareranno in che modo si facciano queste cose piuttosto che opporsi ad esse. paucos menses: acc di tempo continuato; num: introduce interr retorica negativa; audierat: = audiverat (forma sincopata); secuti: part perf, congiunto ad amici et propinqui con valore relativo; quid…effecerint: interr indiretta; queo: verbo difettivo sinonimo di possum; videor: costrutto personale; quem ad modum fiant… resistatur: interr indiretta; fiant: da fio “essere fatto, diventare, accadere”. [42] Quorsum haec? Quia sine sociis nemo quicquam tale conatur. Praecipiendum est igitur bonis ut, si in eius modi amicitias ignari casu aliquo inciderint, ne existiment ita se alligatos ut ab amicis in magna aliqua re publica peccantibus non discedant; improbis autem poena statuenda est, nec vero minor iis qui secuti erunt alterum, quam iis qui ipsi fuerint impietatis duces. Quis clarior in Graecia Themistocle, quis potentior? qui cum imperator bello Persico servitute Graeciam liberavisset propterque invidiam in exsilium expulsus esset, ingratae patriae iniuriam non tulit, quam ferre debuit, fecit idem, quod viginti annis ante apud nos fecerat Coriolanus. His adiutor contra patriam inventus est nemo; itaque mortem sibi uterque conscivit. [42] A che scopo [dico] queste cose? Perché senza compagni nessuno tenta qualcosa del genere. Dunque bisogna insegnare ai buoni che, qualora siamo capitati ignari, per un qualche caso, in amicizie di tal genere, non pensino di essere così vincolati da non potersi staccare da amici che sbagliano in qualche questione politica importante; per contro bisogna fissare una pena per i malvagi e non minore in verità per coloro che avranno seguito un altro che per coloro che sono stati loro i capi di un’azione empia. Chi in Grecia è stato più famoso di Temistocle, chi più potente? Egli dopo aver liberato come comandante militare la Grecia dalla schiavitù al tempo della guerra contro i Persiani ed essendo stato mandato in esilio per invidia, non tollerò l’offesa della patria ingrata, che invece avrebbe dovuto tollerare, e fece la stessa cosa che venti anni prima aveva fatto presso di noi Coriolano. Ma non si trovò nessuno come aiutante di questi contro la patria; pertanto entrambi si diedero la morte. quia: causale; praecipiendum est: perifrastica passiva impersonale ut… ne existiment: completiva con costrutto finale (più normale il solo ne); si… inciderint: protasi della possibilità nel passato; ita… ut… non discedant: consecutiva con antecedente; peccantibus: part pres, congiunto ad amicis con valore relativo; statuenda est: perifrastica passiva personale (poena); qui fuerint: relativa impropria con valore consecutivo; quis: introduce interr diretta ellittica del verbo (fuit); cum…liberavisset…expulsus esset: cum narrativo di anteriorità con valore temporale; debuit: falso condizionale; [43] Quare talis improborum consensio non modo excusatione amicitiae tegenda non est sed potius supplicio omni vindicanda est, ut ne quis concessum putet amicum vel bellum patriae inferentem sequi; mulierculae magis amicitiarum praesidia quaerant quam viri et inopes quam opulenti et calamitosi quam ii qui putentur beati. [46] D’altra parte si dice che altri sostengono in maniera ancora molto più disumana (punto che ho toccato brevemente poco fa) che le amicizie devono essere ricercate a fine di difesa e aiuto, non di benevolenza e affetto; quindi, quanto meno ognuno ha fermezza ed energie, tanto più ricerca le amicizie; per questo accade che le donnette cerchino le difese delle amicizie più che gli uomini e i poveri più che i ricchi e i disgraziati più di coloro che si ritengono felici praesidii adiumentique causa: compl di fine; esse expetendas: perifrastica passiva personale in frase infinitiva oggettiva, haberet è cong di attrazione modale, appetere è inf di oratio obliqua (dipende da alios… dicere); quisque: i superlativi che seguono (minimum) hanno valore relativo firmitatis…virium: gen partitivo; fieri: nel senso di “accadere”, segue ut + cong (completiva con costrutto consecutivo); magis…quam: costrutto di paragone; qui putentur: relativa in attrazione modale (dipende da ut… quaerant). [47] O praeclaram sapientiam! Solem enim e mundo tollere videntur, qui amicitiam e vita tollunt, qua nihil a dis immortalibus melius habemus, nihil iucundius. Quae est enim ista securitas? Specie quidem blanda sed reapse multis locis repudianda. Neque enim est consentaneum ullam honestam rem actionemve, ne sollicitus sis, aut non suscipĕre aut susceptam deponĕre. Quod si curam fugimus, virtus fugienda est, quae necesse est cum aliqua cura res sibi contrarias aspernetur atque oderit, ut bonitas malitiam, temperantia libidinem, ignaviam fortitudo; itàque videas rebus iniustis iustos maxime dolēre, imbellibus fortes, flagitiosis modestos. Ergo hoc proprium est animi bene constituti, et laetari bonis rebus et dolēre contrariis. [47] O splendida sapienza! Infatti mi sembra che tolgano dal mondo il sole, quelli che tolgono dalla vita l’amicizia, di cui niente di meglio, niente di più piacevole abbiamo dagli dei immortali. Infatti quale sicurezza è questa? In apparenza davvero gradevole, ma in realtà da rifiutare in molti punti. Né infatti è coerente o non intraprendere o abbandonare dopo averla intrapresa qualche cosa o azione onesta per non essere ansioso. Che se evitiamo la preoccupazione, bisogna evitare la virtù, la quale è inevitabile che con una qualche preoccupazione disprezzi le cose a sé contrarie e le odi, come la bontà la malvagità, la moderazione la sfrenatezza, la forza d’animo la viltà; e così potresti vedere che i giusti provano dolore massimamente per le cose ingiuste, i forti per quelle imbelli, le persone moderate per quelle vergognose. Dunque questo è proprio di un animo ben formato, sia rallegrarsi per le cose buone sia dolersi per quelle contrarie praeclaram sapientiam: acc esclamativo e superlativo con prefisso; videntur: costrutto personale; quae: agg interrogativo; repudianda: gerundivo; actionemve: = vel actionem; ne…sit: finale esplicita; curam: vox media, qui con accezione negativa; fugienda est: perifrastica passiva personale; necesse est… aspernetur atque oderit: costrutto paratattico (odi è perfetto logico); videas: cong potenziale e “tu” generico; constituti: part perf, congiunto ad animi, con valore relativo; [48] Quamobrem si cadit in sapientem animi dolor, qui profecto cadit, nisi ex eius animo exstirpatam humanitatem arbitramur, quae causa est cur amicitiam fundĭtus tollamus e vita, ne aliquas propter eam suscipiamus molestias? Quid enim interest motu animi sublato non dico inter pecudem et hominem, sed inter hominem et truncum aut saxum aut quidvis generis eiusdem? Neque enim sunt isti audiendi qui virtutem duram et quasi ferream esse quandam volunt; quae quidem est cum multis in rebus, tum in amicitia tenera atque tractabilis, ut et bonis amici quasi diffundatur et incommodis contrahatur. Quamobrem angor iste, qui pro amico saepe capiendus est, non tantum valet ut tollat e vita amicitiam, non plus quam ut virtutes, quia non nullas curas et molestias adferunt, repudientur. Cum autem contrahat amicitiam, ut supra dixi, si qua significatio virtutis eluceat, ad quam se similis animus applicet et adiungat, id cum contĭgit, amor exoriatur necesse est. [48] Perciò se un dolore morale viene a cadere in un sapiente, dolore che certamente cade, a meno che non pensiamo che la sensibilità umana sia stata estirpata dall’animo di quello, quale ragione c’è perché togliamo dalla vita l’amicizia fin dalle fondamenta, per non assumere su di noi certi fastidi a causa di quella? Che differenza infatti c’è una volta tolto il movimento dell’animo non dico tra una bestia e un uomo, ma tra un uomo e un tronco o un sasso o qualsiasi cosa del medesimo genere? Infatti non devono essere ascoltati costoro che vogliono che la virtù sia, in certo qual modo, dura e quasi di ferro; essa in verità come in molte cose così nell’amicizia è tenera e malleabile, tanto che quasi si estende per i successi di un amico e si contrae per i suoi insuccessi. Perciò questa angoscia che spesso deve essere assunta per un amico, non vale tanto da indurre a togliere dalla vita l’amicizia, non più che da indurre a ripudiare le virtù perché apportano alcune preoccupazioni e fastidi. Del resto poiché stringe l’amicizia, come ho detto poco fa, qualora appaia una qualche traccia di virtù, alla quale un animo simile si accosta e si unisce, quando capita ciò, è inevitabile che sorga l’amore. quae: agg interrogativo; cur…tollamus: interr indiretta; ne… suscipiamus: finale negativa; interest: nel senso proprio di “esserci in mezzo, esserci differenza”; motu sublato: abl assoluto con valore temporale; quidvis: pron indefinito neutro da quivis “qualsiasi”; sunt…audiendi: perifrastica passiva personale; ut… diffundatur… contrahatur: consecutiva senza antecedente; capiendus est: perifrastica passiva personale; tantum…ut tollat…repudientur: consecutiva con antecedente; quia… adferunt: causale; non nullas: = aliquas (litote); cum… contrahat: cum narrativo di contemporaneità con valore causale; si…eluceat: protasi della possibilità nel presente; ad quam… applicet et adiungat: relativa in attrazione morale; exoriatur necesse est: costrutto paratattico (= necesse est ut exoriatur). [49] Quid enim tam absurdum quam delectari multis inanimis rebus, ut honore, ut gloria, ut aedificio, ut vestitu cultuque corporis, animante virtute praedito, eo qui vel amare vel, ut ita dicam, redamare possit, non admŏdum delectari? Nihil est enim remuneratione benevolentiae, nihil vicissitudine studiorum officiorumque iucundius . [49] Che cosa infatti è tanto assurdo quanto rallegrarsi per molte cose senz’anima, come l’onore, la gloria, un edificio, una veste o un ornamento del corpo, e invece di un essere vivente dotato di virtù, a tal punto che possa o amare o, per così dire, riamare, non rallegrarsi oltre modo? Niente è infatti più piacevole della ricompensa dell’affetto, della reciprocità delle attenzioni e dei servigi. delectari: passivo mediale (= riflessivo italiano); multis inanimis rebus: abl di causa; ut: ellittico del verbo = “come”; animante: part pres, sostantivato; virtute: abl richiesto da praedito; eo qui…possit: relativa impropria con valore consecutivo (con antecedente eo); remuneratione… vicissitudine: abl di paragone; [50] Quid, si illud etiam addĭmus, quod recte addi potest, nihil esse quod ad se rem ullam tam alliciat et attrăhat quam ad amicitiam similitudo? concedetur profecto verum esse, ut bonos boni dilĭgant adsciscantque sibi quasi propinquitate coniunctos atque natura. Nihil est enim appetentius similium sui nec rapacius quam natura. Quamobrem hoc quidem, Fanni et Scaevola, constet, ut opinor, bonis inter bonos quasi necessariam benevolentiam, qui est amicitiae fons a natura constitutus. Sed eădem bonitas etiam ad multitudinem pertinet. Non enim est inhumana virtus neque immunis neque superba, quae etiam populos universos tuēri iisque optime consulĕre soleat; quod non faceret profecto, si a caritate vulgi abhorrēret. [50] E che, se aggiungiamo anche quello, che giustamente si può aggiungere, cioè che non c’è niente che tanto alletti e attiri a sé alcuna cosa quanto la somiglianza l’amicizia? Si concederà certamente che è vero che i buoni amano e attirano a sé i buoni come se fossero legati per una parentela naturale. Non c’è nulla infatti di più desideroso di cose simili a sé né più rapace che la natura. Perciò, Fannio e Scevola, in verità questo risulti chiaro, che, come penso, tra i buoni vi è un affetto quasi inevitabile per i buoni e questa è la fonte dell’amicizia stabilita dalla natura. Ma la medesima bontà riguarda anche la massa. Infatti la virtù non è disumana né egoista né superba, lei che è solita proteggere anche popoli interi e provvedere a loro ottimamente; e certamente non farebbe questo, se aborrisse l’affetto per il popolo. • quid: sottinteso est; • quod: pron relativo riferito a illud; quod…alliciat et attrahat: relativa impropria con valore consecutivo; ut…diligant adsciscantque: completiva con costrutto finale; propinquitate atque natura: endiadi; similium: gen richiesto da appetentius e che richiede a sua volta il gen sui; constet: cong esortativo; quae… soleat: relativa impropria con valore consecutivo (soleo è semideponente); [55] Quid autem stultius quam, cum plurimum copiis, facultatibus, opibus possint, cetera parare, quae parantur pecuniā, equos, famulos, vestem egregiam, vasa pretiosa, amicos non parare, optimam et pulcherrimam vitae, ut ita dicam, supellectilem? etenim cetera cum parant, cui parent, nesciunt, nec cuius causa laborent (eius enim est istorum quidque, qui vicit viribus), amicitiarum sua cuique permanet stabilis et certa possessio; ut, etiamsi illa maneant, quae sunt quasi dona Fortunae, tamen vita inculta et deserta ab amicis non possit esse iucunda. Sed haec hactĕnus. [55] Del resto che cosa c’è di più sciocco che, avendo grandissime possibilità per risorse, capacità, mezzi, procurarsi tutte le altre cose che ci si procura con il denaro, cavalli, schiavi, una bella veste, vasi preziosi, e non procurarsi amici, la migliore e la più bella, per così dire, suppellettile della vita? E infatti mentre si procurano il resto, non sanno per chi lo fanno né per quale scopo si danno da fare (infatti ognuno di questi beni è di quello che prevale per le sue forze), il possesso delle proprie amicizie invece rimane a ciascuno stabile e sicuro; di modo che, sebbene rimangano quei beni che sono, per così dire, dei doni della Fortuna, tuttavia una vita non coltivata e abbandonata dagli amici non potrebbe essere piacevole. Ma di queste cose [è sufficiente] fin qui. • cum…possint: cum narrativo di contemporaneità, con valore temporale; • cui parent… cuius causa laborent: interr indiretta; • istorum: gen partitivo; • vicit: perfetto di consuetudine, traducibile con il presente; • ut… non possit: consecutiva senza antecedente; • etiamsi…maneant: concessiva (segue tamen) [56] Constituendi autem sunt qui sint in amicitia fines et quasi termini diligendi. De quibus tres video sententias ferri, quarum nullam probo: unam, ut eodem modo erga amicum adfecti simus, quo erga nosmet ipsos, alteram, ut nostra in amicos benevolentiă illorum erga nos benevolentiae pariter aequaliterque respondeat, tertiam, ut, quanti quisque se ipse facit, tanti fiat ab amicis. [56] Bisogna stabilire dunque quali siano nell’amicizia i confini e, per così dire, i limiti dell’affetto. Su di essi vedo che vengono sostenute tre tesi, delle quali non ne approvo nessuna: la prima, che siamo disposti verso un amico allo stesso modo in cui lo siamo verso noi stessi; la seconda, che il nostro affetto verso gli amici corrisponda in tutto e per tutto all’affetto di quelli verso di noi; la terza, che quanto ciascuno stima sé stesso, tanto viene stimato dagli amici. • constituendi…sunt: costrutto di perifrastica passiva personale; • qui sint: interrogativa indiretta; • diligendi: gen di gerundio; • de quibus: nesso relativo e compl di argomento; • quarum: gen partitivo; • ut: introduce la subordinata completiva con costrutto finale • eodem modo… quo: abl di modo; • erga: + acc indica moto a luogo con idea di favore; • adfecti simus: perfetto risultativo di adficio (“avere una particolare disposizione”); • nosmet: forma rafforzata di nos; • pariter aequaliterque: i due avv si rafforzano a vicenda, quasi un’endiadi; • quanti… tanti: gen di stima; • facit: con valore estimativo, così come il suo passivo fiat • [57] Harum trium sententiarum nulli prorsus assentior. Nec enim illa prima vera est, ut, quem ad modum in se quisque sit, sic in amicum sit animatus. Quam multa enim, quae nostra causa numquam faceremus, facĭmus causa amicorum! precari ab indigno, supplicare, tum acerbius in aliquem invehi insectarique vehementius, quae in nostris rebus non satis honeste, in amicorum fiunt honestissime; multaeque res sunt in quibus de suis commodis viri boni multa detrăhunt detrahique patiuntur, ut iis amici potius quam ipsi fruantur. [57] Non sono assolutamente d’accordo con nessuna di queste tre tesi. Infatti non è vera la prima, che, come ciascuno è verso sé stesso così è disposto verso un amico. Quante cose infatti, che non faremmo mai per amor nostro, facciamo per gli amici! Pregare una persona che non merita, supplicare, poi inveire contro qualcuno con particolare asprezza e incalzarlo con particolare violenza, cose che nei nostri affari non è molto bello fare, in quelli degli amici diventano bellissime; e sono molte le cose in cui gli uomini buoni riducono di molto i loro vantaggi e permettono che vengano ridotti, perché di quelli possano godere gli amici piuttosto che loro stessi. • harum trium sententiarum: gen partitivo; • nulli: dativo di nemo, richiesto da assentior; • quem ad modum...sit: subordinata con il congiuntivo per attrazione modale da parte della completiva ut…sit animatus (anastrofe e perfetto risultativo); • quam multa: introduce frase esclamativa; • quae… faceremus: irrealtà nel presente; • precari: primo di una serie di infiniti sostantivati con funzione di oggetto (esplicitazione di quam multa, oggetto di facimus); • non satis honeste: sottinteso sunt; • in amicorum: sottinteso rebus; fiunt: da fio, fis, factus sum, fieri “essere fatto, diventare, accadere”; • de suis commodis: compl partitivo; • detrahunt detrahique: poliptoto; • patiuntur: il verbo patior (“subire, soffrire”) seguito da infinito assume il significato di “permettere, lasciare”; • ut… fruantur: finale; iis: abl richiesto da fruantur (cf. fruor, fungor, utor, vescor, potior); [58] Altera sententia est, quae defīnit amicitiam paribus officiis ac voluntatibus. Hoc quidem est nimis exigue et exiliter ad calculos vocare amicitiam, ut par sit ratio acceptorum et datorum. Divitior mihi et affluentior videtur esse vera amicitia nec observare restricte, ne plus reddat quam acceperit; neque enim verendum est, ne quid excĭdat, aut ne quid in terram defluat, aut ne plus aequo quid in amicitiam congeratur. [58] La seconda tesi è quella che limita l’amicizia a una parità di doveri e volontà. Questo in verità significa richiamare l’amicizia, in modo troppo gretto e arido, a dei calcoli, di modo che sia pari il computo delle cose ricevute e di quelle date. A me la vera amicizia sembra essere più ricca e generosa e non sembra badare con rigorosa precisione a non rendere più di quanto ha ricevuto; né infatti bisogna temere che qualcosa cada fuori oppure defluisca sul terreno oppure si accumuli nell’amicizia qualcosa più del giusto. • ut… sit: consecutiva senza antecedente; • ratio: deriva dal verbo reor “pensare” ma anche “calcolare”, significa “causa, modo, ragione • acceptorum et datorum: part perf sostantivati; • videtur: costrutto personale, con soggetto vera amicitia; • ne… reddat: completiva con costrutto finale; plus… quam: costrutto di paragone; • acceperit: cong dovuto ad attrazione modale; • verendum est: perifrastica passiva impersonale; • ne… excidat: costrutto dei verba timendi (ne + cong in frase affermativa; ne non oppure ut + cong in frase negativa); [59] Tertius vero ille finis deterrimus, ut, quanti quisque se ipse faciat, tanti fiat ab amicis. Saepe enim in quibusdam aut animus abiectior est aut spes amplificandae fortunae fractior. Non est igitur amici talem esse in eum qualis ille in se est, sed potius enīti et efficĕre ut amici iacentem animum excĭtet inducatque in spem cogitationemque meliorem. Alius igitur finis verae amicitiae constituendus est, si prius, quid maxime reprehendere Scipio solitus sit, dixero. Negabat ullam vocem inimiciorem amicitiae potuisse reperiri quam eius, qui dixisset ita amare oportēre, ut si aliquando esset osurus; nec vero se adduci posse, ut hoc, quem ad modum putaretur, a Biante esse dictum crederet, qui sapiens habitus esset unus e septem; impuri cuiusdam aut ambitiosi aut omnia ad suam potentiam revocantis esse sententiam. Quonam enim modo quisquam amicus esse poterit ei, cui se putabit inimicum esse posse? quin etiam necesse erit cupĕre et optare, ut quam saepissime peccet amicus, quo plures det sibi tamquam ansas ad reprehendendum; rursum autem recte factis commodisque amicorum necesse erit angi, dolēre, invidēre. [59] Ma la terza definizione è la peggiore, quella che dice che quanto ciascuno stima sé stesso tanto viene stimato dagli amici. Spesso infatti in alcuni o lo spirito è piuttosto abbattuto o piuttosto spezzata la speranza di migliorare la propria sorte. Non è dunque un comportamento da amico essere tale nei confronti di quest’individuo quale quello è nei confronti di sé stesso, ma piuttosto sforzarsi e fare in modo di rialzare l’animo giacente dell’amico e indurlo a speranze e pensieri migliori. Dunque deve essere stabilita un’altra definizione di vera amicizia, se prima però avrò detto che cosa soprattutto Scipione era solito criticare. Diceva che non si sarebbe potuta trovare una frase più nemica dell’amicizia di quella di colui che aveva detto che è opportuno amare così come se un giorno si dovesse odiare; e che non lo si poteva indurre a credere che questo fosse stato detto, come si crede, da Biante, il quale era stato ritenuto sapiente, uno dei sette; era la frase di un uomo corrotto o ambizioso o che richiama tutto al proprio potere personale. In quale modo infatti qualcuno potrà essere amico di una persona di cui penserà di poter essere nemico? Che anzi sarà necessario desiderare intensamente che l’amico sbagli il più spesso possibile, affinché gli offra, per così dire, più appigli per riprenderlo; al contrario sarà necessario invece angustiarsi, dolersi, provare invidia per le azioni ben fatte e i successi degli amici • ut… fiat: completiva con costrutto finale; faciat: cong prodotto da attrazione modale; • amplificandae: gen di gerundivo (concorda con fortunae, qui vox media); • talem esse: infinitiva soggettiva (soggetto di est, come gli infiniti successivi eniti e efficere); • ut… excitet inducatque: completiva con costrutto finale; iacentem: part pres, congiunto con valore relativo; • constituendus est: perifrastica passiva personale; • si… dixero: futuro anteriore richiesto dalla perifrastica, che esprime azione ancora da compiersi • quid… solitus sit: interr indiretta (soleo è semideponente come audeo, gaudeo, fido, confido, diffido); • potuisse: falso condizionale; eius: sottinteso vocem; • qui dixisset: relativa con cong per attrazione modale; • ut si… esset osurus: comparativa ipotetica in rapporto di posteriorità rispetto alla reggente; esset osurus: anastrofe (odi è perfetto logico, come memini e novi); • se adduci posse: infinitiva dipendente da negabat; • ut… crederet: compl con costrutto finale; • quem ad modum putaretur: comparativa con cong per attrazione modale e impf per consecutio temporum; • esse dictum: = dictum esse; • qui… habitus esset: relativa con cong per attrazione modale;