Scarica traduzione Pro Archia di Cicerone con analisi e commento e più Traduzioni in PDF di Letteratura latina solo su Docsity! -Si quid est…ingeni: protasi di periodo ipotetico 1 tipo -ingeni: gentivo partitivo, richiesto dal pronome neutro -quod sentio: sub. rel. di 2° grado -quam sit exiguum: sub. sost. interrogativa indiretta -qua exercitatio dicendi: protasi periodo ipotetico 1°tipo; la pratica oratoria, si ricordi che, catonianamente, l’oratore è vir bonus dicendi peritus -in qua…non infitior: sub. rel. 2°grado, esempio di litote -mediocriter esse versatum: sub. infinit. ogg. ;detto con falsa modestia, conoscendo i giudici l’abilità e la scrupolosa professionalità dell’oratore -huiusce rei ratio aliqua: protasi di periodo ipotetico; la particella -ce rafforza il dimostrativo, dandogli enfasi - optimarum artium: sono le artes liberales che negli ultimi tempi della Repubblica e sotto l’Impero costituivano il ciclo di studi che gli alunni compivano nelle scuole dei grammatici e dei retori e che nel Medioevo saranno suddivise in Trivio (grammatica, retorica e dialettica) e Quadrivio (aritmetica, geometria, astronomia e musica). Nel § 2 sono definite omnes artes, quae ad humanitatem pertinent -a qua ego confiteor: sub. rel. di 2° grado -studiis ac disciplina: espressione da considerare come un’endiadi (‘studio disciplinato’) -nullum... abhorruisse: sub. infinit. ogg. ; lett. ‘nessun momento della mia vita è stato lontano da essa’ -earum rerum omnium…repetere…debet: apodosi del periodo ipotetico di 1°tipo (principale+sub.infinit.ogg.) - earum rerum omnium: riassume tutte le precedenti doti -vel: rafforza qui l’espressione superlativa (in primis) -hic: valore deittico; Archia è presente e viene indicato ai giudici, come pure più sotto hunc e huius -A. Licinius: Aulo Licinio; il praenomen e il nomen ottenuti per adozione da parte di Licinio Lucullo vogliono già porre in risalto la sua condizione di civis Romanus. Archia fu un 1. Si quid est in me ingeni, iudices, quod sentio quam sit exiguum, aut si qua exercitatio dicendi, in qua me non infitior mediocriter esse versatum, aut si huiusce rei ratio aliqua ab optimarum artium studiis ac disciplina profecta, a qua ego nullum confiteor aetatis meae tempus abhorruisse, earum rerum omnium vel in primis hic A. Licinius fructum a me repetere prope suo iure debet. Nam quoad longissime potest mens mea respicere spatium praeteriti temporis et pueritiae memoriam recordari ultimam, inde usque repetens hunc video mihi principem et ad suscipiendam et ad ingrediendam rationem horum studiorum exstitisse. Quod si haec vox huius hortatu praeceptisque conformata non nullis aliquando saluti fuit, a quo id accepimus quo ceteris opitulari et alios servare possemus, huic profecto ipsi, quantum est situm in nobis, et opem et salutem ferre debemus. 1. Se è in me, o giudici, qualcosa di capacità intellettuale- mi accorgo quanto sia esiguo- o se con questa l’esperienza di parlare, della quale riconosco di essere moderatamente esperto, o se la natura di ciò in qualche modo deriva dallo studio e l’apprendimento delle arti liberali, dalla quale io confesso di non essermi allontanato in nessun periodo della mia vita; il qui presente A. Licinio, in particolar modo, deve esigere da me il frutto di tutte queste cose, quasi come un suo diritto. Infatti per tutto il tempo che la mia mente può voltarsi a guardare più lontano possibile e richiamare alla mente il tempo trascorso e il più lontano ricordo della fanciullezza, riandando poi continuamente quegli anni, considero lui essere di questi studi il primo sia a sostenerli, sia a dare inizio all’apprendimento. Che se questa voce, plasmata con l’esortazione e con l’insegnamento di costui, fu qualche volta di salvezza per qualcuno, dobbiamo certamente offrire a questo stesso, per quanto è in noi, sia l’aiuto sia la salvezza dal quale abbiamo appreso ciò e abbiamo potuto aiutare alcuni e salvare altri. poeta greco che dalla natia Antiochia di Siria, dopo un viaggio in Asia, in Grecia e nell’Italia meridionale, passò nel 102 a.C. a Roma ormai conquistata dall’ellenismo e qui fu in relazione specialmente con i Luculli e il loro circolo. Compose un poema sulla guerra cimbrica in onore di Mario, un altro sulla guerra mitridatica e sulle vittorie di Lucullo, che nell’87-86 accompagnò nella sua spedizione in Asia contro Mitridate -fructum... repetere: espressione del linguaggio giuridico, suggellata da prope suo iure -longissime potest: forma rafforzata del superlativo avverbiale -Nam quoad…respicere...recordari: sub. rel. + sub.infinit.ogg; Nam come connettore logico - inde: dalla fanciullezza -usque repetens: part. cong. valore condizionale -video mihi: principale - principem: predicativo di exstitisse; voluta esagerazione nei confronti del suo assistito, che non 4 rientra propriamente tra i maestri di Cicerone -hunc principem ... exstitisse: sub.infinit.ogg. -ad suspiciendam: sub.finale espressa con il gerundivo -ad ingrediendam: sub. finale -Quod si ... fuit: protasi periodo ipot. Ogg; quod forma cristallizzata di nesso relativo -haec vox: singolare collettivo -nonnullis... saluti: esempio di costruzione con il doppio dativo; il riferimento, con affettata modestia, è ai successi oratori di Cicerone -quantum est situm in nobis: sub. rel. limitativa -a quo id accepimus: sub. rel. -quo…opitulari et…servare possemus: sub. rel. (consecutiva/finale+infinit. ogg.) -ceteris opitulari et alios servare: endiadi, duplicazione - huic…ferre debemus: apodosi periodo ipot. Ogg. (principale+ infinit. ogg.) Testo che nasce per essere pronunciato a voce ed ha un impatto diretto sul contesto storico- politico. Cicerone nasce nel 106 a.C. ed esordisce come oratore nell’81 a.C. con l’orazione pro Quinto. Stile asiatico con ampio ricorso alla metafora e ai neologismi. Nel 66 a.C. cicerone ricopre la carica di pretore e si trova a difendere di fronte al popolo la proposta di Manilio (lex Manilia). Dietro all’accusa di Archia (cliente) si può notare un’accusa a Lucio Locullo per le posizioni contrastanti con Pompeo e le sue operazioni militari. Manoscritto perduto in età medievale riscoperto solamente da Petrarca e che diventerà fondamentale per gettare le basi dell’umanesimo. Tricolon: disposizione di tre elementi fondamentale per creare un climax. Qui composto da: 1. Protasi periodo ipotetico 1°tipo 2. Sub. rel. di 2°grado 3. Sub. infinit. ogg. Cicerone prima mette in evidenza il peso della propria auctoritas (lui era pater patriae) e poi chiama l’imputato, solo alla fine del periodo, con il nome romano di Archia, così da per scontato l’oggetto del dibattito sulla cittadinanza o no di Archia stesso. Fa passare per ovvio all’uditorio ciò che invece deve essere dimostrato per mezzo di argomentazioni. Ragionamento di cicerone prosegue per reciprocità degli strumenti datigli da Archia che ora gli tornano quasi indietro. La reciprocità è sottolineata anche sul piano retorico. 2. Ac ne quis a nobis hoc ita dici forte miretur, quod alia quaedam in hoc facultas sit ingeni neque haec dicendi ratio aut disciplina, ne nos quidem huic uni studio penitus umquam dediti fuimus. Etenim omnes artes quae ad humanitatem pertinent habent quoddam commune vinclum et quasi cognatione quadam inter se continentur. 2. Ma affinché nessuno si meravigli, per caso, che sia detto da me ciò, poiché in questo c’è in modo diverso una qualche facoltà d’ingegno e non questa ragione e disciplina, inoltre neanche io fui mai dedito esclusivamente a questo unico studio. E infatti tutte le arti, che riguardano la cultura, hanno un qualche vincolo comune e quasi come per consanguineità sono legati tra loro. quindi Cicerone sa di avere almeno un elemento significativo del tribunale che è sicuramente favorevole ad ascoltarlo. Ritorna la parola chiave “hummanitas” e attribuirla ai giudici significa creare un campo comune, sottolineare un’affinità. Cicerone sta difendendo un poeta, ma con un’orazione anomala (lui stesso lo dice). Questo elemento di anomalo sarà ripreso anche alla metà e alla fine dell’orazione perché qui cicerone sta ibridando 2 di 3 tipi dei genera orationis: • Carattere deliberativoà finalizzata al prendere decisioni all’interno di un’assemblea pubblica • Carattere giudiziarioà ha come contesto l’aula di tribunale per difendere o accusare un imputato • Carattere epiditticoà per elogiare o biasimare qcn/qcs in ambito di adunanza cittadina 3 generi/3 contesti differenti. Cicerone utilizza i primi 2 tipi di orazione per difendere Archia di appropriazione indebita della cittadinanza romana. Per difenderlo dovrà costruire l’orazione con elementi del genere deliberativo perché dal punto di vista concreto non ha elementi probatori sufficienti per vincere la causa. Le prove e testimonianze giudiziarie per la difesa di Archia non esistono, quindi Cicerone deve sostenere la sua posizione facendo leva su altri elementi. Utilizzerà come elemento di difesa la difesa della poesia perché archia/poeta è paladino di quest’arte. Cicerone non vuole scioccare l’uditorio con la fusione inusuale dei generi, ma fa in modo di preparare il pubblico alla novità. Primo tricolon: 1. Apud pretorem (pretore) 2. Apud iudices (giudici) 3. Conventu ominum (è in variatio espresso con un ABL. della circostanza concomitante) (astanti) Climax decrescente. Secondo tricolon: 1. Astanti 2. Giudici 3. Pretore Climax crescente. 4. Quod si mihi a vobis tribui concedique sentiam, perficiam profecto ut hunc A. Licinium non modo non segregandum, cum sit civis, a numero civium verum etiam, si non esset, putetis asciscendum fuisse. Nam ut primum ex pueris excessit Archias atque ab eis artibus quibus aetas puerilis ad humanitatem informari solet, se ad scribendi studium contulit, primum Antiochiae – nam ibi natus est loco nobili – celebri quondam urbe et copiosa atque eruditissimis hominibus liberalissimisque studiis adfluenti, celeriter antecellere omnibus ingeni gloria coepit. Post in ceteris Asiae partibus cunctaque Graecia sic eius adventus celebrabantur ut famam ingeni exspectatio hominis, exspectationem ipsius adventus admiratioque superaret. 4. E perciò se sentirò che questo mi viene da voi accordato e concesso, farò certamente in modo che questo A. Licinio non solo non sia da allontanare dal numero dei cittadini, poiché è un cittadino, ma immaginando che non lo sia, sarebbe da accogliere. Infatti non appena Archia uscì dalla giovinezza e da quelle arti con cui l’età giovanile è solita essere educata alla cultura, si dedicò allo studio della letteratura, innanzitutto ad Antiochia- infatti lì è nato da nobile famiglia- città un tempo popolosa e ricca, abbondante di uomini eruditissimi e di studi nobilissimi, presto iniziò a superare tutti per altezza di ingegno. Poi il suo arrivo nel resto dell’Asia e in tutta la Grecia erano così festeggiati che l’attesa dell’uomo superava la fama dell’ingegno, l’arrivo e l’ammirazione della sua attesa. -Quod: nesso relativo, forma cristallizzata -quod si mihi…sentiam: protasi periodo ipot. ogg.- perficiam profecto: apodosi, principale -ut…putetis: sub.sost.vol. che nasce dal v. della princ. (perficiam) -hunc…non modo segregandum: sub. inf.ogg., sottinteso esse -cum sit civis: sub causale (cum+vong) -verum etiam…asciscendum fuisse: sub.inf.ogg. sott. in numerum civium; apodosi con sfumatura di irrealtà periodo ipot.dip. con perifrastica att. -si non esset: protasi periodo ipot. irrealtà -nam ut primum…excessit…eis artibus: sub. temp. con valore succ. imm. + coordinata -quibus aetas…solet: sub. rel. -se…contulit: principale -primum Antiochiae…coepit: coord. alla princip. -nam ibi..nobili: sub. incidentale -post…celebrabantur: principale -ut famam…superaret: sub. consec. coordinata con una stessa consecutiva expectationem…admiratioque. La Narratio comincia in questo capitolo. Cicerone dice che sarà in grado di dimostrare che Archia debba essere cittadino. Struttura dell’orazione: • Exordium • Narratio (viene esposta la ragione del processo) • Tractatio (avvocato porta argomenti a sostegno della propria causa) • Peroratio (formula conclusiva) All’interno della tractatio cicerone ibriderà argomenti giudiziari con argomenti di natura epidittica. Seguirà 2 filoni: • Argomentatio de causaà costruita su argomenti legali • Argomentatio extra causaà costruita su argomenti di natura culturale (difesa della poesia, del poeta e del suo ruolo) In quest’ultima Cicerone riesce a spostare il genere da giudiziario a epidittico. 5. Erat Italia tum plena Graecarum artium ac disciplinarum, studiaque haec et in Latio vehementius tum colebantur quam nunc isdem in oppidis, et hic Romae propter tranquillitatem rei publicae non neglegebantur. Itaque hunc et Tarentini <et Locrenses> et Regini et Neapolitani civitate ceterisque praemiis donarunt, et omnes qui aliquid de ingeniis poterant iudicare cognitione atque hospitio dignum existimarunt. Hac tanta celebritate famae cum esset iam absentibus notus, Romam venit Mario consule et Catulo. Nactus est primum consules eos quorum alter res ad scribendum maximas, alter cum res gestas tum etiam studium atque auris adhibere posset. Statim Luculli, cum praetextatus etiam tum Archias esset, eum domum suam receperunt. Sed +etiam+ hoc non solum ingeni ac litterarum verum etiam naturae atque virtutis, ut domus, quae huius adulescentiae prima fuerit, eadem esset familiarissima senectuti. Allora l’Italia era piena delle arti e delle discipline greche e questi studi si coltivavano anche nel Lazio con maggiore impegno di quanto non si faccia ora nelle stesse città, e qui a Roma non erano trascurati grazie alla pace dello stato. E così i Tarentini, i Locresi, i Regini e i Napoletani lo onorarono con la cittadinanza e con altri doni, e tutti coloro che potevano apprezzare il talento lo ritennero degno di rispetto e ospitalità. Con una così grande diffusione di fama, quando ormai era noto anche a coloro che non aveva mai incontrato, giunse a Roma durante il consolato di Mario e Catulo. Inizialmente incontrò questi consoli dei quali uno poteva offrirgli grandi imprese da celebrare, l’altro oltre alle imprese, anche interessi e orecchie da intenditore. Immediatamente i Luculli, quando Archia vestiva ancora la toga pretexta, lo accolsero nella propria casa. Ma anche questo fu merito non solo del suo ingegno e cultura, ma anche dell’indole e la virtù, tanto che la casa che per prima si aprì alla sua giovinezza fu la stessa familiarissima alla sua vecchiaia. -Erat…disciplinarum: principale -Graecarum artium ac disciplinarum: espressione riconducibile a un’endiadi: ‘cultura greca’ -studiaque haec…colebantur: coord. alla princ. -quam nunc…oppidis: comparativa abbreviata -nunc: nel 62 a.C., epoca del processo -et hic…neglegebantur: coordinata; Romae è un locativo -non neglegebantur: esempio di litote -Itaque…donarunt: principale -et omnes…existimarunt: coord. alla princ. -qui…poterant iudicare: sub rel. -Hac tanta…cum esset… notus: sub. causale/temporale -Romam venit: principale -Mario consule et Catulo: si ricordi che i consoli erano eponimi. L’anno è il 102 a.C. quando furono eletti Caio Mario e Quinto Lutazio Catulo; vincitore di Giugurta, dei Cimbri e dei Teutoni il primo, il secondo soprattutto un letterato di raffinata cultura e dotato di un elegante stile oratorio, lodato da Cicerone nel De oratore. In stretto rapporto con il circolo degli Scipioni, la sua figura fu tra quelle che favorirono il sorgere della nuova corrente poetica dei Neoteroi; forma non standard (mario et catulo consulibus), forse per dare più risalto alla figura di Mario che era stimato dall’autore per due motivi (origini arpiniane e homines novi) – Natus est…eos: principale -quorum alter…adhibere posset: sub.rel.impr. (consecutiva) -studium atque auris: di Catulo Cicerone esalta anche le doti letterarie, specialmente oratorie e ne fece uno degli interlocutori del II e III libro del De oratore. La cultura greca non aveva per lui segreti, e fu anche poeta fine, quindi in sintonia particolare con Archia -ad scribendum: sub.finale -Statim Luculli…receperunt: principale - cum…esset: sub. temp. (cum+cong.) -praetextatus: la toga praetexta, intessuta con orlo di lana purpurea era usata ai fanciulli finché non deponevano gli insignia pueritiae, verso il diciassettesimo anno di età, e assumevano la toga pura degli adulti. Qui il riferimento è dunque alla minore età di Archia in quel periodo -domum suam: accusativo di moto a luogo, secondo la nota regola -Sed etiam…virtutis: principale -ut domus…esset familiarissima senectuti: sub. consec. -quae…fuerit: sub.rel. al cong. per attrazione modale= cong. caratterizzante -ingeni ac litterarum: endiadi, come il seg. naturae atque virtutis; genitivi di pertinenza retti da erat (ma il testo presenta varianti in talune edizioni). L’uso della toga pretexta è tipica del cittadino romano di età giovanile e anche se è un anacronismo per la storia della cittadinanza di Archia lo veste all’arrivo a Roma con una toga che storicamente e legalmente non poteva avere. 6. Erat temporibus illis iucundus Q. Metello illi Numidico et eius Pio filio, audiebatur a M. Aemilio, vivebat cum Q. Catulo et patre et filio, a L. Crasso colebatur, Lucullos vero et Drusum et Octavios et Catonem et totam Hortensiorum domum devinctam consuetudine cum teneret, adficiebatur summo honore, quod eum non solum colebant qui aliquid percipere atque audire studebant verum etiam si qui forte simulabant. Interim satis longo intervallo, cum esset cum M. Lucullo in Siciliam profectus et cum ex ea provincia cum eodem Lucullo decederet, venit Heracleam. Quae cum esset civitas aequissimo iure ac foedere, ascribi se in eam civitatem A quel tempo era caro al celebre Quinto Metello Numidico ed a suo figlio Pio, era ascoltato da Marco Emilio, viveva con Quinto Catulo padre e figlio, era onorato da Lucio Crasso, per di più era trattato con sommo rispetto, poiché intratteneva rapporti con i Luculli, con Druso, con gli Ottavi, con Catone, e con tutta la casa degli Ortensi, a lui unita strettamente, dal momento che lo onoravano non solo quelli che desideravano imparare e ascoltare qualcosa, ma anche quanti casomai fingevano. Trascorso nel frattempo un periodo abbastanza lungo, dopo che era partito per la Sicilia con Marco Lucullo, giunse ad Eraclea. E trattandosi di una città confederata e in Cicerone manca un supporto documentale/legale. Cicerone rimarca più volte il valore etico delle testimonianze dei rappresentanti eracleesi, definendolo quasi migliore della perduta testimonianza scritta (assurdo). Nell’ultima relativa capiamo che l’accusa aveva avanzato il sospetto che l’unico documento ufficiale a disposizione di Archia, sulla professio presso il Praetor urbanus, fosse stato manomesso. Lo capiamo perché dice “idem” tu stesso=accusa. 9. An domicilium Romae non habuit is qui tot annis <ante> civitatem datam sedem omnium rerum ac fortunarum suarum Romae conlocavit? An non est professus? Immo vero eis tabulis professus quae solae ex illa professione conlegioque praetorum obtinent publicarum tabularum auctoritatem. Nam, cum Appi tabulae neglegentius adservatae dicerentur, Gabini, quam diu incolumis fuit, levitas, post damnationem calamitas omnem tabularum fidem resignasset, Metellus, homo sanctissimus modestissimusque omnium, tanta diligentia fuit ut ad L. Lentulum praetorem et ad iudices venerit et unius nominis litura se commotum esse dixerit. His igitur <in> tabulis nullam lituram in nomine A. Licini videtis. Forse che questo non aveva domicilio a Roma, che tanti anni prima del conferimento della cittadinanza stabilì a Roma la sede di tutte le sue attività e dei suoi beni. Forse che non si dichiarò? Anzi in realtà è dichiarato in questi documenti che soli mantengono, in quella dichiarazione e nell’appoggio dei pretori, il credito dei documenti pubblici. Infatti, mentre le liste di Appio si diceva fossero tenute con grande negligenza, e la superficialità di Gabinio, che fu lungamente al sicuro, dopo la condanna annullò ogni valore alle sue liste, Metello, tra tutti l’uomo più onesto e integro, fu di tale coscienziosità che si recò presso il pretore Lucio Lentulo e dai giudici e disse di essersi turbato per la cancellatura di un solo nome. Dunque ora in queste liste non vedete nessuna cancellatura sul nome di Aulo Licinio. -An…non habuit is: sub.int.ind. -An: sviluppa un valore retorico -qui tot…conlocavit?: sub.int.dir. - An non est professus?: sub.int.dir. -Immo vero…professus: principale; sott. (est) -quae solae…obtinent…: endiadi è “professione conlegioque”; la carica del praetor urbanus era una carica ufficiale e collegiale. Il praetor urbanus era uno solo di norma, ma dopo la lex plautia papiria dell’ 89 a.C. vennero nominati 2 pretori straordinari che affiancavano il praetor urbanus per le ingenti richieste di cittadinanza. -cum Appi…dicerentur: sub. avvers. con verbo al cong. imperf.; “neglegentius” è avv. Al comparativo assoluto -Appi: Appio Claudio Pulcro, padre del più famoso Clodio, acerrimo nemico di Cicerone di cui provocò l’esilio con una legge ad hoc, e di Clodia, cantata da Catullo con lo pseudonimo di Lesbia. Seguace di Silla, fu pretore nell’89 e console dieci anni dopo -Gabini…resignasset…calamitas: sub.avvers. -Gabini: sott. tabulae; Publio Gabinio Capitone, anch’egli pretore nel collegio dell’89 e condannato in seguito per concussione -quam diu incolumis fuit: sub.temp. (concomitanza) -Metellus…diligentia fuit: principale; tanta diligentia ablativo di qualità, antecedente delle consecutive ut... venerit... et dixerit -ut…venerit: sub.consec. -ad L. Lentulum praetorem: non altrimenti noto, pretore anch’egli nell’89. -et dixerit: coord. alla sub. consec. -se commotum esse: sub.infinit.ogg. I pretori urbani erano 3 in quegli anni e cioè: Quinto Metello Pio, Appio Claudio Pulcro e Publio Gabinio Capitone (gli ultimi due sono le aggiunte). Metello è già stato nominato al cap. 5 e 7. Metello era grande amico di Archia, quindi è questa amicizia che ha reso sospetto il documento che attestava la professio di Archia perché documento prodotto dal pubblico ufficiale Metello. Per contestare questa accusa Cicerone si difende enfatizzando le qualità morali del testimone, “homo sanctissimus modestissimusque omnium” rispetto a tutti! Ad enfatizzare la drittura morale di Metello è il paragone con gli altri due pretori sicuramente non degni di fede. Dopo l’89 era stata costituita una commissione per cercare di fare ordine rispetto alla concessione della cittadinanza negli anni precedenti. La cancellazione di un solo nome sottolinea ancor di più il lavoro meticoloso e indirizzato da morale nel controllo delle cittadinanze concesse. Lavoro che non ha individuato alcuna irregolarità nella cittadinanza di Aulo Licinio (Archia). 10. Quae cum ita sint, quid est quod de eius civitate dubitetis, praesertim cum aliis quoque in civitatibus fuerit ascriptus? Etenim cum mediocribus multis et aut nulla aut humili aliqua arte praeditis gratuito civitatem in Graecia homines impertiebant, Reginos credo aut Locrensis aut Neapolitanos aut Tarentinos, quod scaenicis artificibus largiri solebant, id huic summa ingeni praedito gloria noluisse! Quid? cum ceteri non modo post civitatem datam sed etiam post legem Papiam aliquo modo in eorum municipiorum tabulas inrepserunt, hic qui ne utitur quidem illis in quibus est scriptus, quod semper se Heracliensem esse voluit, reicietur? E stando così le cose, qual è il motivo per cui dovreste dubitare della sua cittadinanza, dal momento che è stato iscritto anche in altre città? Infatti, in un tempo in cui in Grecia gli uomini assegnavano facilmente la cittadinanza a molte persone mediocri e dotate o di nessuna o di qualche arte inutile, devo credere che i Reggini, i Locresi, i Napoletani o i Tarentini non avrebbero voluto assegnare a costui, dotato della somma gloria del talento, ciò che erano soliti assegnare ai teatranti! Come? Mentre gli altri, non solo dopo la concessione della cittadinanza, ma anche dopo la legge Papia, si sono insinuati in qualche modo nei registri delle loro città, costui, che neppure si serve di quelle liste in cui è scritto, dal momento che ha sempre voluto essere Eracleese, sarà respinto? -Quae cum ita sint: sub.caus. (cum+cong. pres.) esprime contemporaneità; quae, nesso relative con valore epanalettico -quid est: principale, interr.dir. -quod de…dubitetis: sub. sost. con quod dichiarativo (valore epesegetico, spiega il quid), il cong. esprime valore eventuale -praesertim cum…fuerit ascriptus: sub.caus. (cum+cong. perf.) esprime anteriorità -Etenim cum…impertiebat: sub.temp. (cum+ind.) -credo: principale -Reginos…noluisse: sub.infinit.ogg. -quod…solebant: sub.rel. ah come antecedente “id” e “largiri” è verbo anche della sovraordinata per il sistema dell’anafora nulla; “scaenecis artificibus” ha accezione negativa, tenuti con poca considerazione - Cum ceteri…inrepserunt: sub.temp./avvers. (cum+ind.) -hic…reicietur: principale -qui…illis: sub.rel.; ne…quidem tmesi che va a negare il termine che viene inserito nella coppia, cioè “utitur” -in quibus est scriptus: sub.rel. -quod semper…voluit: sub.caus. -se Heracliensem esse: sub.infinit.ogg. Cicerone sta ponendo le basi per un ragionamento a fortiori. Dal momento che in magna Grecia c’è facilità ad assegnare le cittadinanze onorarie, figuriamoci se Archia non l’ha ottenuta. Non sta portando una prova documentale per affermare che Archia è cittadino di queste città, ma lo sta suggerendo per mezzo di un ragionamento a fortiori. L’ironia del tono è veicolata dal verbo “credo”, usato spesso per introdurre un tono ironico. Cicerone sottolinea come il modo per ottenere illecitamente la cittadinanza romana per gli stranieri era ottenendo prima di tutto una cittadinanza in uno dei “Municipia”. Questa prassi continua a proliferare anche dopo il 65 a.C. Questo però non può essere il caso di Archia perché vuole semplicemente considerarsi cittadino di Eracle e non si serve delle altre cittadinanze di cui ha comunque diritto. Archia è cittadino romano, ma preferisce quasi di più essere considerato cittadino di Eraclea, quindi non ha alcun interesse a fingersi cittadino romano perché anche avendola non la utilizza. Modo ulteriore per dire che Archia non l’ha ottenuta illegalmente. 11. Census nostros requiris. Scilicet; est enim obscurum proximis censoribus hunc cum clarissimo imperatore L. Lucullo apud exercitum fuisse, superioribus cum eodem quaestore fuisse in Asia, primis Iulio et Crasso nullam populi partem esse censam. Sed, quoniam census non ius civitatis confirmat ac tantum modo indicat eum qui sit census ita se iam tum gessisse, pro cive, eis temporibus <is> quem tu criminaris ne ipsius quidem iudicio in civium Romanorum iure esse versatum et testamentum saepe fecit nostris legibus, et adiit hereditates civium Romanorum, et in beneficiis ad aerarium delatus est a L. Lucullo pro consule. Quaere argumenta, si quae potes; numquam enim hic neque suo neque amicorum iudicio revincetur. Chiedi i nostri censimenti. Ma certo; è infatti un bel segreto che costui, al tempo dei censori più recenti(durante l’ultimo censimento), sia stato assieme all’esercito col grandissimo generale Lucio Lucullo, al tempo dei censori precedenti si trovasse in Asia con lo stesso Lucullo, questore, e che al tempo dei primi censori, Giulio e Crasso, non sia stata censita nessuna parte del popolo. Ma dal momento che il censimento non conferma il diritto di cittadinanza ma indica soltanto che colui che è stato censito già da tempo si era comportato così, come un cittadino, a quei tempi costui che tu accusi, nemmeno a suo parere di aver goduto, dei diritti dei cittadini romani, spesso ha fatto testamento secondo le nostre leggi ed ha ottenuto l’eredità di cittadini romani ed è stato segnalato all’erario tra i beneficanti del por-console L. Lucullo. Cerca delle prove, se puoi: costui infatti non verrà mai smentito dal giudizio suo o dei suoi amici. -Census nostros requiris: principale -est enim obscurum: principale -proximis censoribus: abl.ass. (=temporale) -hunc…fuisse: sub.infinit.sogg.; cum... L. Lucullo in occasione della terza guerra contro Mitridate VI Eupatore (73-67 a.C.) -superioribus: abl.ass. (=temporale) -fuisse in Asia: sub.infinit.sogg. -primis Iulo et Crasso: abl.ass. (=temporale) -nullam…esse censam: sub.infinit.sogg. -quoniam…confirmat: sub.caus. -ac tantum modo indicat: coord. alla caus. - eum…gessisse, pro cive: sub.infinit.ogg. -qui sit census: sub.rel. al cong. per attr.mod. -is…facit nostris legibus: principale -testamentum... hereditates: diritti possibili con lo ius commercii, riservati esclusivamente ai cives Romani -quae tu criminaris: sub.rel. -ne ipsius…esse versatum: sub.infinit.ogg. -et…Romanorum: coord. alla princ. -et…delatus est: coord. alla princ. -in beneficiis: la proposta di premi e ricompense fatte dai magistrati che uscivano di carica a favore di chi al loro seguito si era particolarmente distinto -Quaerere argumenta: apodosi periodo ipot. ogg. -si quae potes: protasi periodo ipot. ogg. -numquam…revincetur: principale Ritorna il problema della prova documentale. L’accusa chiedeva che venissero prodotti i censimenti della repubblica romana perché proprio lì il nome di Archia non è presente. Il problema è che nei 3 censimenti dopo la concessione della cittadinanza lui non era mai presente a Roma e quindi mai censito. L’ultimo censimento prima del 62 a.C. risale al 70 a. C. e Archia era in oriente per la campagna Mitridatica. Dal 73 a.C. al 67 a.C. L. Lucullo è impegnato nelle campagne Mitridatiche e Archia è con lui per celebrare nella sua opera le imprese belliche intraprese dall’esercito romano. L’altro censimento era nell’86 a.C. e anche qui era assente perché in Asia al seguito di Lucullo. L’ultimo censimento preso in considerazione è quello dell’89 a.C. anno in cui Archia avrebbe ricevuto la cittadinanza e che però non venne concluso perché 90-89 a.C. sono gli anni in cui con la Lex Plautia Papiria si estende la cittadinanza, ma Roma non è pronta a livello burocratico a gestire il nuovo censimento e i cittadini sono tanto numerosi che non si riesce a concluderli. Ci vogliono 3 anni per realizzare il primo censimento con grandi numeri e dall’86 in poi esse in vita magno opere expetendum nisi laudem atque honestatem, in ea autem persequenda omnis cruciatus corporis, omnia pericula mortis atque exsili parvi esse ducenda, numquam me pro salute vestra in tot ac tantas dimicationes atque in hos profligatorum hominum cotidianos impetus obiecissem. Sed pleni omnes sunt libri, plenae sapientium voces, plena exemplorum vetustas; quae iacerent in tenebris omnia, nisi litterarum lumen accederet. Quam multas nobis imagines non solum ad intuendum verum etiam ad imitandum fortissimorum virorum expressas scriptores et Graeci et Latini reliquerunt! quas ego mihi semper in administranda re publica proponens animum et mentem meam ipsa cogitatione hominum excellentium conformabam. dalla giovinezza che nella vita nulla si deve ricercare con grande impegno se non la lode e l’onore, e che nel conseguirli ogni tormento del corpo, ogni pericolo di morte o d’esilio deve essere considerato di poco conto, mai mi sarei gettato per la vostra salvezza in tante e tanto grandi lotte, e in questi quotidiani assalti di uomini sperperatori. Ma sono pieni di esempi i libri, piene le voci dei saggi, piena l’antichità; cose che giacerebbero tutte quante nelle tenebre se non vi si accostasse la luce della letteratura. Quante immagini plastiche di uomini fortissimi ci hanno lasciato gli autori greci e latini, non solo perché le ammirassimo, ma anche perché le imitassimo! E io, tenendomele sempre dinnanzi nel governare lo stato, plasmavo l’animo e la mia mente grazie alla riflessione su quegli uomini eccelsi. -Nam nisi…suasissem: Protasi periodo ipot. irrealtà -nihil esse…: sub.infinit.ogg. espressa con una perifrastica passiva per indicare il valore della necessità -in ea…esse ducenda: sub.infinit.ogg. ; infinitive legate da autem -numquam me…obiecissem: apodosi periodo ipot. irrealtà -Sed pleni sunt…: principale; tricolon individuato dalla ripetizione di plenus-a-um e dal sogg. “exemplorum” - pleni... plenae... plena: anafora e poliptoto a dare enfasi alla perorazione - sapientium: indica i filosofi, evitando il grecismo (philosophorum) -quae iacerent in tenebris omnia: apodosi periodo ipot. irrealtà (principale) -nisi…accederet: protasi periodo ipot. irrealtà -Quam…reliquerunt: principale -non solum ad intuendum: sub.finale imp.(ad+gerundivo) -verum…imitandum: sub.finale imp.(ad+gerundivo) -quas ego…proponens: participio congiunto - animum…conformabam: principale La presenza di exili nel testo è particolare perché già sappiamo che i populares avevano accusato Cicerone per aver condannato a morte i congiurati, senza considerare la provocatio ad populum e che questa accusa sfocerà poi nel 58 a.C. con l’esilio di cicerone. Non è da escludere quindi che Cicerone stesso avesse già percepito la minaccia di allontanamento da Roma. Letteratura greca e latina sono messe sullo stesso piano con finalità di difendere meglio e con più forza l’accusato che era sia scrittore che originario della Grecia. 15. Quaeret quispiam: ‘Quid? illi ipsi summi viri quorum virtutes litteris proditae sunt istane doctrina quam tu effers laudibus eruditi fuerunt?’ Difficile est hoc de omnibus confirmare, sed tamen est certum quid respondeam. Ego multos homines excellenti animo ac virtute fuisse sine doctrina, et naturae ipsius habitu prope divino per se ipsos et moderatos et gravis exstitisse fateor; etiam illud adiungo, saepius ad laudem atque virtutem naturam sine doctrina quam sine Qualcuno chiederà: Che cosa? Che quegli stessi sommi uomini, di cui i valori sono testimoniati nella letteratura, non furono forse eruditi in questa dottrina che tu esalti con lodi? Ciò è difficile affermarlo di tutti, ma tuttavia è certo quel che risponderò. Io ammetto che molti uomini siano stati d’animo e di virtù eccellenti senza cultura e che, per una disposizione quasi divina della loro stessa natura, si sono dimostrati di per sé saggi e autorevoli. E aggiungo anche questo, che alla natura valuisse doctrinam. Atque idem ego hoc contendo, cum ad naturam eximiam et inlustrem accesserit ratio quaedam conformatioque doctrinae, tum illud nescio quid praeclarum ac singulare solere exsistere. lode e alla virtù è valsa più spesso la natura senza cultura che la cultura senza natura. E però sostengo anche questo, che quando a una natura eccelsa e straordinaria si sono aggiunti un certo metodo e la formazione data dalla cultura, allora è solito manifestarsi quel non so che di meraviglioso e unico. -Quaeret quispiam: principale -Illi ipsi…fuerunt: sub.interr.dir. -quorum virtutes…proditae sunt: sub.rel. -quam tu effers laudibus: sub.rel. -Difficile est…confirmare: principale+infinito sogg. -sed tamen est certum: coord. alla princ. -quid respondeam: sub.interr.ind. -Ego…fateor: principale; gravis è comunque in acc. anche se la terminazione è -is e non -es -multos homines…fuisse: sub. infinit. -et…extitisse: sub.infinit. -adiungo: principale -saepius…doctrina (valuisse): sub.infinit.epeseg.; caso dell’anafora nulla quindi il verbo è da prendere nella sub. successiva - quam…valuisse doctrinam: sub.compar. -Atque…contendo: principale -cum…accesserit ratio: sub.temp. (cum+cong.), però fare attenzione perché acquisisce un valore anche condizionale; ratio conformatioque creano un omoteleuto -illud nescio…exsistere: sub.infinit. Cicerone sta istituendo una sorta di gerarchia tra natura(qualcosa che non può essere insegnato) e doctrina (tutto il contrario). Cicerone si avvale della così detta anti-metabolè (figura retorica), cioè presenza di un chiasmo a livello sintattico(…sine doctrina, et naturae…/…naturam sine doctrina) e di un parallelismo a livello lessicale (natura-doctrina). Quando natura e doctrina (ingenium e ars) coesistono in un sola persona allora questa è artista eccezionale. 16. Ex hoc esse hunc numero quem patres nostri viderunt, divinum hominem, Africanum, ex hoc C. Laelium, L. Furium, moderatissimos homines et continentissimos, ex hoc fortissimum virum et illis temporibus doctissimum, <M.> Catonem illum senem; qui profecto si nihil ad percipiendam colendamque virtutem litteris adiuvarentur, numquam se ad earum studium contulissent. Quod si non hic tantus fructus ostenderetur, et si ex his studiis delectatio sola peteretur, tamen, ut opinor, hanc animadversionem humanissimam ac liberalissimam iudicaretis. Nam ceterae neque temporum sunt neque aetatum omnium neque locorum; at haec studia adulescentiam agunt, senectutem oblectant, secundas res ornant, adversis perfugium ac solacium praebent, delectant domi, non impediunt foris, pernoctant nobiscum, peregrinantur, rusticantur. Di questa categoria faceva parte questo che i nostri padri hanno conosciuto, uomo divino, l’Africano, e questo Gaio Lelio, Lucio Furio, uomini di grande temperanza e moderazione, di questa quell’uomo fortissimo, e per quei tempi coltissimo, Marco Catone il vecchio; e questi certamente se dalla letteratura non avessero tratto alcun aiuto per la conoscenza e la pratica della virtù, mai si sarebbero dedicati allo studio di questi argomenti. E se non se ne dimostrasse un’utilità così grande, e se da questi studi si ricercasse soltanto un piacere, tuttavia, come credo, giudichereste questa occupazione la più degna dell’uomo e la più nobile. Infatti tutte le altre occupazioni non sono ne per tutti i tempi, ne per tutte le età, ne per tutti i luoghi, ma questi studi spronano l’adolescenza e allietano la vecchiaia, adornano la prosperità, offrono rifugio e conforto nelle avversità, rallegrano in casa, non ostacolano fuori, con noi vegliano la notte, viaggiano, si godono la campagna. -Ex hoc…ex hoc…ex hoc: sub.infinit.; tricolon impiegato per nominare 4 personaggi con l’effeto di creare implicita antitesi tra Catone (conservatore) e Scipione (filellenico); anacoluto o, forse meglio, brachilogia che dipende ancora dal verbum dicendi del capitoletto precedente - quem…viderunt: sub.rel. -qui: nesso relativo con funzione epanalettica, cioè riprende tutti i soggetti nominati nel periodo precedente -si nihil…adiuvarentur: protasi periodo ipot. irr. -ad percipiendam…virtutem: sub.finale.imp. -numquam…contulissent: apodosi periodo ipot.irr. - Quod si: forma cristallizzata di nesso relativo che introduce un nuovo periodo ipotetico mantenendo un legame di tipo prosecutivo rispetto alla frase precedente -si non…ostenderetur: protasi periodo ipot. irr. -et si ex…peteretur: coord. alla protasi(2°protasi) -hanc…iudicaretis: apodosi periodo ipot.irr. -ut opinor: sub. incidentale -Nam…tempotum sunt…: principale -at haec…agunt: principale -senectutem oblectant: coord. -secundas res ornant: coord. - adversis…praebent: coord. -delectant domi: coord. -non impediunt foris: coord. -pernoctant nobiscum: coord. -peregrinantur: coord. -rusticantur: coord. ; probabilmente il verbo è una neoformazione ciceroniana Cicerone ricorre ad una enumeratio di uomini illustri vissuti nell’età delle conquiste, generazione che l’autore spesso idealizza. Molte di queste figure sono protagoniste di dialoghi ciceroniani, ad esempio nel de republica. Vuole sottolineare che diverse prospettive e diversi personaggi non implicano una differenza a livello di formazione. Tanto Catone, quanto Scipione erano persone con caratura straordinaria, effetto di compresenza di ingenium e ars. Catone è descritto come VIR (evidenzia la particolarità di Catone rispetto agli altri che sono chiamati homines) fortissimum ac doctissimum, quindi notiamo come incarna in sé le qualità di ars e ingenium. Cicerone afferma che gli studi letterari sono l’unica occupazione adatta a tutti i tempi, circostanze e luoghi. Per esprimere questa affermazione utilizza figure retoriche particolari partendo da un tricolon (temporum, aetatis, locorum). Il primo elemento è dato dall’antitesi tra adolescenza e vecchiaia, mentre il secondo antonimo è tra circostanze felici e avverse, infine l’ultima tratta la dimensione domestica e pubblica. 17. Quod si ipsi haec neque attingere neque sensu nostro gustare possemus, tamen ea mirari deberemus, etiam cum in aliis videremus. Quis nostrum tam animo agresti ac duro fuit ut Rosci morte nuper non commoveretur? Qui cum esset senex mortuus, tamen propter excellentem artem ac venustatem videbatur omnino mori non debuisse. Ergo ille corporis motu tantum amorem sibi conciliarat a nobis omnibus; nos animorum incredibilis motus celeritatemque ingeniorum neglegemus? E se noi stessi non potessimo accostarci a queste cose e apprezzarle col nostro gusto, tuttavia dovremmo ammirarle anche qualora le vedessimo negli altri. Chi fra noi fu d’animo così rozzo e insensibile da non commuoversi, poco fa, per la morte di Roscio? E questi, benché sia morto da vecchio, per la sua arte straordinaria e per la sia grazia sembrava proprio che non sarebbe mai dovuto morire. Lui dunque, col movimento del corpo, si era procurato un affetto così grande da parte di noi tutti; e noi trascureremo i movimenti straordinari degli animi e l’agilità degli ingegni? -Quod si…neque attingere…possemus: protasi periodo ipot.irr. (val. condiz./concess.) -tamen ea mirari deberemus: apodosi periodo ipot.irr. -etiam cum…videremus: sub.temp. (cong. con attrazione mod.); oppure cum cin val.concess. -Quis…fuit: sub.interr.dir.; tam annuncia l’interrogativa -ut Rosci…non commoveretur: sub.consec. -Qui cum esset senex mortuus: sub.concess.(cum+cong.)+nesso rel. -tamen…videbatur: principale -omnino mori non debuisse: cittadino romano. Nuovo ragionamento a fortiori. Di archia si sottolinea il carattere della poesia che è civile. A cosa serve? Serve a ribadire con forza la necessità di difendere una figura che sta servendo il popolo romano, perché la poesia civile ha anche implicazione in ambito propagandistico dell’aristocrazia romana. Porta l’esempio del poemetto che Archia scrisse a servizio di Mario (forse neanche completata) per dimostrare concretamente la posizione precedentemente proposta. 20. Neque enim quisquam est tam aversus a Musis qui non mandari versibus aeternum suorum laborum praeconium facile patiatur. Themistoclem illum, summum Athenis virum, dixisse aiunt, cum ex eo quaereretur quod acroama aut cuius vocem libentissime audiret: “eius a quo sua virtus optime praedicaretur”. Itaque ille Marius item eximie L. Plotium dilexit, cuius ingenio putabat ea quae gesserat posse celebrari. Infatti nessuno è cosi ostile alle muse da non sopportare facilmente che l’eterno ricordo delle proprie imprese si affidi ai versi. Raccontano che il famoso Temistocle, grande uomo ateniese, avesse risposto quando gli fu chiesto quale canto o la voce di chi avrebbe ascoltato più volentieri, rispose: “la voce di colui dal quale la sua virtù verrebbe celebrata meglio”. Mario apprezzò particolarmente Lucio Plozio, dal cui talento pensava potessero essere celebrate le imprese che aveva compiuto. -Neque enim…a Musis: principale; quisquam pronome indefinito con maggior valore; aversus a Musis è calco semantico dal greco -qui non…facile patiatur: sub.rel.improp. con val. consec. - mandari…praeconium: sub.infinit.ogg. -aiunt: principale -Themistoclem illum…dixisse: sub. infinit.ogg. -cum ex eo quaereretur: sub.temp. (cum+cong.) -quod acroama…audiret: sub.interr.ind. con una coord., verbo espresso con anafora nulla -a quo…praedicaretur: sub.rel. con v. al cong. per attrazione mod. perché si sta riportando ciò che dice Temistocle (cong.caratterizzante); oratio obliqua; acroama è un grecismo che punta tutto al ragionamento generale di equalità tra cultura greca e romana -ille Marius…dilexit: principale; item è avv. di modo formato dal pronome idem-eadem-idem -cuius ingenio putabat: sub.rel. -ea…posse celebrari: sub.infinit.ogg. -quae gesserat: sub.rel. Cicerone nutre ammirazione per Mario dovuta alla contiguità sul piano biografico (origini e carriera politica), però c’è netta separazione tra i due per motivi politici e caratteriali (Mario è uomo d’azione). Mario rifiuta cultura e letteratura, perciò Cicerone sottolinea la capacità di Archia nel far breccia tra gli interessi di Mario. Nel primo periodo del capitolo seguente Cicerone spiega il perché di questa disponibilità di Mario, infatti egli era consapevole dell’utilità propagandistica/celebrativa della poesia. Da un exemplum romano passa ad un exemplum greco, Temistocle. Lucio Plozio era un retore ed il riferimento è significativo perché sottolinea nuovamente l’utilità della poesia nel pensiero civile anche per Mario. 21. Mithridaticum vero bellum magnum atque difficile et in multa varietate terra marique versatum totum ab hoc expressum est; qui libri non modo L. Lucullum, fortissimum et clarissimum virum, verum etiam populi Romani nomen inlustrant. Populus enim Romanus aperuit Lucullo imperante Pontum et regiis quondam opibus et ipsa naturae regione La guerra Mitridatica , grande e difficile, condotta per terra e per mare con grande varietà di eventi, fu interamente raccontata da costui; e quei libri danno onore non solo a Lucio Lucullo, uomo straordinariamente forte e grande, ma celebrano anche il nome del popolo romano. Infatti il popolo romano sotto il comando di Lucullo, aprì il Ponto allora vallatum, populi Romani exercitus eodem duce non maxima manu innumerabilis Armeniorum copias fudit, populi Romani laus est urbem amicissimam Cyzicenorum eiusdem consilio ex omni impetu regio atque totius belli ore ac faucibus ereptam esse atque servatam. Nostra semper feretur et praedicabitur L. Lucullo dimicante, cum interfectis ducibus depressa hostium classis est, incredibilis apud Tenedum pugna illa navalis, nostra sunt tropaea, nostra monumenta, nostri triumphi. Quae quorum ingeniis efferuntur, ab eis populi Romani fama celebratur. protetto sia dalle ricchezze del re, sia dalla stessa conformazione del territorio; l’esercito del popolo romano insieme allo stesso generale, sconfisse con una schiera non grandissima le innumerabili truppe degli Armeni; è motivo di lode del popolo romano che la fedelissima città di Cizico, grazie alla strategia dello stesso (Lucullo), sia stata salvata e strappata da ogni assalto del re e dal morso e dalle fauci dell’intera guerra. Sarà sempre ricordata e celebrata come nostra quella straordinaria battaglia navale combattuta davanti a Tenedo -vi combatteva Lucio Lucullo- quando, uccisi i generali, fu distrutta la flotta dei nemici, nostri sono i trofei, nostri i monumenti, nostri i trionfi. E la fama del popolo romano è celebrata da coloro i cui ingegni esaltano queste imprese. -Mithridaticum vero…expressum est: principale; tricolon crescente (magnum atque difficile/ in multa varietate terra marique versatum) -qui libri…inlustrant: principale+nesso relativo - Populus…aperuit…Pontum…: principale -Lucullo imperante: abl.ass. -populi romani…fudit: coord. -eodem duce: abl.ass. (associativo) -populi romani laus est: coord. -urbem…servata: sub.infinit. epes. anticipata dalla coord. precedente -nostra semper feretur…pugna: principale -et praedicabitur: coord. -L. Lucullo dimicante: abl.ass. da poter trattare come un inciso o una temporale -cum…classis est: sub.temp. -interfectis ducibus: abl.ass. -nostra sunt tropaea…: coord.; tropaea sono colonne dove il nemico si è voltato per darsi alla fuga; monumenta sono segni celebrativi per eternare il ricordo dell’impresa: triumphi prassi romana per cui il generale vittorioso di ritorno a roma riceveva l’acclamazione del popolo passando per le vie della città - Quae quorum…efferuntur: sub.rel. -ab eis populis…celebratur: principale Archia aveva composto forse un poema epico-storico dedicato alla guerra mitridatica, in particolar modo il periodo in cui le operazioni erano guidate da Lucullo (73-67 a.C.). Nel 67 a.C. si verifica un ammutinamento delle truppe per il protrarsi della guerra, quindi Lucullo viene richiamato a Roma e le operazioni militari vengono affidate a Pompeo Magno che in 4 anni porta la vittoria definitiva. La struttura bipartita della guerra aveva provocato attriti tra Lucullo (optimates) e Pompeo (cavalieri e populares nel tentativo di attrarre Pompeo tra le loro schiere). Il richiamo in patria di Lucullo fu sostenuto da Cicerone nell’orazione Pro lege Manilia. Quell’orazione portò scompiglio nei rapporti con gli optimates perché Cicerone preferiva Pompeo a Lucullo. Il fatto che ora protegge Archia, protetto di Lucullo, vuol dire che poi i rapporti tra Cicerone e optimates si sono rinsaldati. Cicerone sta dicendo che la poesia celebrativa serve ad esaltare il singolo generale, però lui vuole disinnescare questa idea evidenziano come l’esaltazione di uno è quella di tutti. Archia infatti non aveva esaltato solo Lucullo, ma tutto il popolo romano. A lucullo non venne concesso di celebrare il triofo nel 67 a.C. con la scusa dell’ammutinamento e riesce a celebrarlo solo nel 63 a.C., quando Pompeo Magno torna vittorioso e quando è console Cicerone. Probabilmente Cicerone riesce così a riacquisire la fiducia perduta degli optimates per lo smacco dell’orazione del 67 a.C. Il riferimento al trionfo è altresì importante perché è molto probabile che il poema di Archia ricordato qui sia stato recitato in toto o in parte nel corso del trionfo (prassi abbastanza diffusa). Quindi si vuole nuovamente sottolineare lo stretto legame tra atto pubblico e poesia celebrativa. 22. Carus fuit Africano superiori noster Ennius, itaque etiam in sepulcro Scipionum putatur is esse constitutus ex marmore. At eis laudibus certe non solum ipse qui laudatur sed etiam populi Romani nomen ornatur. In caelum huius proavus Cato tollitur; magnus honos populi Romani rebus adiungitur. Omnes denique illi Maximi, Marcelli, Fulvii non sine communi omnium nostrum laude decorantur. Ergo illum qui haec fecerat, Rudinum hominem, maiores nostri in civitatem receperunt; nos hunc Heracliensem multis civitatibus expetitum, in hac autem legibus constitutum de nostra civitate eiciamus? Fu caro all’africano maggiore il nostro Ennio, e perciò si crede che una sua immagine marmorea sia stata collocata anche nel sepolcro degli Scipioni. Ma da quelle lodi certamente non è onorato solo colui che viene elogiato, ma anche il nome del popolo romano. È portato in cielo Catone, suo antenato; si aggiunge un grande onore alle gesta del popolo romano. Infine tutti i Massimi, i Marcelli, i Fulvi vengono celebrati non senza il comune elogio di tutti noi. Pertanto colui che aveva fatto ciò, un uomo di Rudiae, i nostri antenati lo accolsero tra i cittadini; e noi dovremmo espellere dalla nostra città questo Eracleese, reclamato da molte città e in questa insediato in virtù della legge? -Carus fuit…Ennius: principale; Ennius annotato come noster che ne denota la fama nazionale - itaque putatur: coord. -is esse constitutes…: sub.sost.sogg. (nominativo+infinito) -At eis…non solum…sed etiam…ornatur: principale -qui laudatur: sub.rel. -In caelo…Cato tollitur: principale; probabile riferimento alla presenza in aula di Catone Uticense dato che era tribuno della plebe quell’anno, ma sicuro riferimento a Catone il censore -magnus honos…adiungitur: principale - Omnes…decorantur: principale -Ergo…receperunt: principale -qui haec fecerat: sub.rel. - multis civitatibus expetitum: parentetica che recupera il concetto che Archia avrebbe potuto ottenere diverse altre cittadinaze, ma crea anche un legame con Omero (anche lui conteso per essere cittadino di varie città) -nos…eiciamus?: principale con cong. dubitat. Torna a riprendere l’exemplum di Ennio. Continua l’esaltazione del singolo che diventa esaltazione del popolo (vedi omoteleuto laudatur-ornatur o tollitur-adiungitur). Le figure delle famiglie nominate a cui probabilmente Cicerone sta alludendo sono: Claudio Marcello (conquistatore di Siracusa), Quinto Fabio Massimo il Cunctator (protagonista della 2°guerra punica) e Quinto Fulvio Nobiliore (protettore di Ennio a Roma e vincitore della lega etolica, colui che ha sconfitto e conquistato la grecia). Certo che queste 3 figure sono state celebrate da Ennio nei sui Annales, quindi c’è anche riferimento testuale all’opera magna di Ennio. Il 15esimo libro degli annales è completamente dedicato a Fulvio Nobiliore. Ennio è cittadino di Rudio e non ha la cittadinanza romana. 23. Nam si quis minorem gloriae fructum putat ex Graecis versibus percipi quam ex Latinis, vehementer errat, propterea quod Graeca leguntur in omnibus fere gentibus, Latina suis finibus exiguis sane continentur. Qua re, si res eae quas gessimus orbis terrae regionibus definiuntur, cupere debemus, quo + minus + Infatti, se qualcuno pensa che dai versi greci si colga un minor frutto di gloria rispetto ai versi latini, sbaglia gravemente per il fatto che le opere greche si leggono quasi fra tutti i popoli, quelle latine sono completamente limitate ai propri angusti confini. Pertanto, se le imprese che abbiamo compiuto sono delimitate dai praemio dignam, huius ingenium et virtutem in scribendo et copiam non expetisset? poi non scrivesse più nulla. E un uomo così, che stimò la premura di un poetastro degna comunque di un premio, non avrebbe apprezzato il talento, le qualità e l’abbondanza nello scrivere di Archia? -Credo: principale -si civis…non esset: protasi periodo ipot. irr.; funzionale a ribadire il carattere fittizio dell’ipotesi proposta -non potuit perficere: apodosi periodo ipot.irr. +infinito; troviamo l’ind.perf. perché si tratta di un verbo modale -ut ab aliquo…donaretur: sub.sost. volitiva perché lo stesso preverbio ce lo suggerisce -cum…donaret: sub.avv. (cum+cong.) -Sulla…repudiasset: principale (cong.irr.) -quem nos…iubere: principale+sub.infinit.ogg.; quem nesso relativo che si riferisce a Silla -cum ei…subiecisset: sub.temp. (cum+cong.) -quod…fecisset: sub.caus.sogg -statim ex eis…tribui…: sub.infinit.ogg. -quas tum vendebat: sub.rel. -ne quid postea scriberet: sub. mista tra condizionale e consecutiva restrittiva perché abbiamo struttura della consecutiva, ma con un condiz. volitivo -Qui sedulitatem…duxerit…dignam: sub.rel.; duxerit è cong. caratterizzante -huius ingenium…non expetisset: apodosi periodo ipot.irr. con cong.irr.; huius è nuovamente pronome dimostrativo deittico che richiama Archia presente nella stanza; da non expetisset dipende un tricolon (ingenium, virtutem, copiam) Cicerone ricorre all’ironia e si nota sin da subito con l’utilizzo di “credo”. Archia aveva una rapidità e copiosità di produzione scritta che viene messa a confronto con le scarse capacità del malus poeta dell’exemplum. Contrapposizione tra le diverse qualità e quantità del poetastro e Archia. 26. Quid? a Q. Metello Pio, familiarissimo suo, qui civitate multos donavit, neque per se neque per Lucullos impetravisset? Qui praesertim usque eo de suis rebus scribi cuperet ut etiam Cordubae natis poetis pingue quiddam sonantibus atque peregrinum tamen auris suas dederet. Neque enim est hoc dissimulandum quod obscurari non potest, sed prae nobis ferendum: trahimur omnes studio laudis, et optimus quisque maxime gloria ducitur. Ipsi illi philosophi etiam in eis libellis quos de contemnenda gloria scribunt nomen suum inscribunt; in eo ipso in quo praedicationem nobilitatemque despiciunt praedicari de se ac <se> nominari volunt. Come? Da Quinto Metello Pio, suo grandissimo amico, che insignì molti della cittadinanza non l’avrebbe ottenuta ne per il suo prestigio o a quello dei Luculli? Soprattutto visto che costui desiderava che si scrivesse delle sue imprese al punto di prestare ascolto anche ai poeti nati a Cordoba, la cui parlata aveva un non so che di ampolloso ed esotico. Infatti ciò che non può essere nascosto non bisogna dissimularlo, ma bisogna rendelo evidente: tutti siamo trascinati dal desiderio di lode, e più uno è grande, più è guidato dalla gloria. I filosofi stessi mettono il proprio nome anche in quelle opere che compongono sullo spregio della gloria; e proprio là dove disprezzano l’elogio e la fama vogliono essere celebrati e ricordati. -A Q. Metello pio ... impetravisset: principale -qui civitate multos donavit: sub.rel. -qui praesertim usque eo ... scribi cuperet: sub.rel.improp. con val.caus. -ut etiam ... auris suas dederet: sub.consec.; auris è ACC.PLUR. -Neque enim est hoc dissimulandum: principale -quod obscurari non potest: sub.rel.+infinito -sed prae nobis ferendum [est]: coord. -trahimur omnes studio laudis: principale; frase con valore gnomico riconoscibile per l’utilizzo di espressioni volutamente generiche e generalizzanti -et optimus ... gloria ducitur: coord. - philosophi...inscribunt: principale -quos de contemnenda gloria scribunt: sub.rel. -in eo ipso…volunt: principale -praedicari de se ac se nominari: 2 sub.infinit.ogg. dipendenti da v. servile “volo” -in quo…despiciunt: sub.rel. Cicerone sottolinea il rapporto di grande amicizia tra Archia e Metello, colui che aveva concesso legalmete la cittadinanza al poeta. 27. Decimus quidem Brutus, summus vir et imperator, Acci, amicissimi sui, carminibus templorum ac monumentorum aditus exornavit suorum. Iam vero ille qui cum Aetolis Ennio comite bellavit Fulvius non dubitavit Martis manubias Musis consecrare. Qua re, in qua urbe imperatores prope armati poetarum nomen et Musarum delubra coluerunt, in ea non debent togati iudices a Musarum honore et a poetarum salute abhorrere. Decimo Bruto, uomo e comandante grandissimo, adornò gli ingressi dei templi e dei monumenti da lui commissionati con carmi di Accio, suo grandissimo amico. E addirittura il grande Fulvio che, avendo Ennio al seguito, combattè contro gli Etoli, non esitò a consacrare alle Muse il bottino di Marte. Pertanto, in questa città dove generali quasi ancora in armi hanno venerato il nome dei poeti e i santuari delle Muse, i giudici in toga non devono essere ostili all’onore delle Muse e alla salvezza dei poeti. -Decimus quidem Brutus ... exornavit: principale -qui cum Aetolis ... bellavit: sub.rel.; Ennio comite è ABL.ASS. -ille ... Fulvius non dubitavit ... consecrare: principale; Martis manubias Musis consecrare forse è un riferimento ad un verso di Ennio nell’Ambracia -in ea non debent…abhorrere: principale -in qua urbe imperatores ... coluerunt: sub.rel. prolettica + spostamento dell’antecedente nella prolettica L’edilizia pubblica è un vettore fondamentale per la propaganda politica ed è già ben evidente in età repubblicana, infatti fa riferimento a Decimo Bruto (console nel 138 a.C.) e a Fulvio Nobiliore. Accio, poeta sostenuto da Bruto, che aveva dedicato a bruto una praetexta, il “Brutus”. L’opera raccontava della storia/leggenda di Roma sul rovesciamento di potere di Tarquinio il superbo da parte di un antenato di Decimo Bruto. Ancora una volta si sottolinea lo stretto legame tra generale e poeta. 28. Atque ut id libentius faciatis, iam me vobis, iudices, indicabo et de meo quodam amore gloriae nimis acri fortasse, verum tamen honesto vobis confitebor. Nam quas res nos in consulatu nostro vobiscum simul pro salute huius urbis aeque imperi et pro vita civium proque universa re publica gessimus, attigit hic versibus atque inchoavit. Quibus auditis, quod mihi magna res et iucunda visa est, hunc ad perficiendum adornavi. Nullam enim virtus aliam mercedem laborum periculorumque desiderat praeter hanc laudis et gloriae; qua quidem detracta, iudices, quid est quod in hoc tam exiguo vitae curriculo et tam brevi tantis nos in laboribus exerceamus? E affinché lo facciate più volentieri ora, giudici, mi denuncerò a voi e vi confesserò quel mio amore per la gloria, forse troppo ardente ma di certo onorevole. Infatti le imprese che io, assieme a voi, nel mio consolato, ho compiuto per la salvezza di questa città e del potere e per l vita dei cittadini, costui le ha esposte in versi, e ha già cominciato. E dopo aver ascoltato questi versi, poiché questa impresa mi sembrava importante e gradita, mi sono sforzato affinché lo portasse a termine. La virtù infatti non desidera altra ricompenza per le fatiche e i pericoli se non questa ricompenza di fama e di gloria; e tolta questa, giudici, per quale scoppo ci dovremmo cimentare in fatiche così grandi durante questa corsa della vita, così breve, così rapida? -ut id libentius faciatis: sub.fin. -iam…indicabo: principale; verbo al futuro per indicare una volontà -et de meo…vobis confitebor: coord. -attigit hic versibus atque inchoavit: principale+coord.; atque corregge/specifica, infatti Cicerone sta affermando che Archia ha scritto un’opera sul suo consolato, ma poi si corregge dicendo che a quell’altezza cronologica ancora non era stata scritta. Cicerone sta dicendo esplicitamente che Archia sta pensando ad un’opera celebrativa, quindi quasi lo costringe in pubblico -quas res nos…gessimus: sub.rel. con prolessi + attrazione dell’antecedente -quibus auditis: ABL.ASS. -quod mihi…visa est: sub.caus. -adornavi hunc: principale -ad perficiendum: sub.fin. -Nullam enim…desiderat…: principale -qua quidem detracta: ABL.ASS. +nesso rel. -quid est: sub.interr.dir. -quod…exerceamus: sub.sost.epes. Cicerone si avvia verso la peroratio, quindi la parte conclusiva dell’orazione. In maniera speculare all’apertura dell’orazione torna a parlare di se stesso in 1° persona, torna a mettere davanti a tutto il proprio exemplum e il peso della propria auctoritas. Cicerone utilizza verbi propri del lessico giuridico adatti alla confessione di un reato. C’è una certa ironia nell’utilizzo di questi termini, ma c’è anche la consapevolezza che una parte della società romana guarda ancora alla cultura con sospetto. Cicerone sa che confessare una propria passione deve essere in qualche modo giustificato. Sappiamo da una lettera di Cicerone del luglio del 61 a.C. diretta ad Attico che Archia alla fine non ha scritto il poema che gli aveva promesso. Capiamo quindi che Archia, pur di farsi difendere da Cicerone, aveva promesso un’opera elogiativa che mai compirà. Da alcune lettere tra il 62 e il 60 sappiamo che Cicerone era disperatamente alla ricerca di qualcuno che potesse scrivere un’opera sul suo consolato, non tanto per sete di gloria, ma perché era consapevole dei rischi che stava correndo sul piano politico. Dopo il suo consolato viene attaccato dai polulares per aver condannato a morte i congiurati, quindi capisce di aver bisogno di giustificare il proprio operato, quasi idealizzarlo. Un po’ lo fa da se scrivendo le 4 Catilinariae e lo fa cercando di trovare storiografi/poeti che potessero creare un’opera celebrativa/apologetica del suo consolato. OBIETTIVO ULTIMO: giustificare il suo operato. Tutti rifiutano (Archia compreso) e così nel 60 a.C. è costretto a far da se scrivendo il De consulatu suo, cioè un poema autocelebrativo che di fatto fu facile bersaglio dei suoi oppositori. C’è un tricolon che ruota attorno alle imprese consolari ed è composto da: - pro salute huius urbis aeque imperi - pro vita civium - proque universa re publica cicerone, in sintesi, prova a portare a Roma il modello platonico del filosofo al potere, tendando di ritagliarselo addosso. 29. Certe, si nihil animus praesentiret in posterum, et si, quibus regionibus vitae spatium circumscriptum est, isdem omnis cogitationes terminaret suas, nec tantis se laboribus frangeret neque tot curis vigiliisque angeretur nec totiens de ipsa vita dimicaret. Nunc insidet quaedam in optimo quoque Certamente, se l’animo non si prefigurasse nulla per il futuro e se delimitasse tutti i suoi pensieri in quei confini in cui è delimitato lo spazio della vita non si logorerebbe in così grandi fatiche, ne si angustierebbe in cosi tante preoccupazini e veglie, ne cos’ spesso rischierebbe la propria vita. Ora, invece, in