Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Protocollo e Diritti Umani: Effetto Vincolante e Gerarchia tra Norme, Appunti di Diritti Umani

Il ruolo e l'effetto vincolante di protocolli internazionali, con particolare riferimento ai diritti umani. Esplora le norme sui processi paralleli, la distinzione tra consuetudine internazionale e consuetudine ordinaria, e la gerarchia tra i diritti umani. Viene anche analizzato il caso awas tingni e la corte interamericana dei diritti umani, nonché la posizione della corte di giustizia europea sulla supremazia del diritto comunitario. Il documento conclude con un esame del protocollo africano del 2008 e la controversia tra la corte africana di giustizia e i diritti umani e dei popoli.

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 16/08/2019

anna-crea
anna-crea 🇮🇹

4

(10)

6 documenti

1 / 73

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Protocollo e Diritti Umani: Effetto Vincolante e Gerarchia tra Norme e più Appunti in PDF di Diritti Umani solo su Docsity! Tutela internazionale dei diri� umani • Fucarelli: la persona umana nel diri�o internazionale • Zagnì: la protezione internazionale dei diri� dell’uomo 04/03/2019 Cosa sono i diri� umani? Si crede che siano universali. In realtà questo conce�o di universalità è molto controverso in quanto per cer� aspe� i diri� umani non sono per niente universali per es. in una sentenza delle Corte europea dei diri� dell’uomo riguardo al caso VO contro Francia. Il caso riguarda uno scambio di persona so�oposta a un intervento chirurgico: la persona si rivolge alla Corte lamentando la violazione dell’art. 2 della Convenzione europea che tutela il diri�o alla vita, in quanto perde il bambino in occasione dell’operazione che in realtà doveva subire la sua omonima. Quindi ci si interroga sull’eventualità che il feto possa essere sogge�o di tale diri�o. La norma u�lizza un termine generico, ovvero “everyone” che non ci perme�e di capire esa�amente se la persona non ancora nata possa essere considerata sogge�o di diri�o nel caso della Convenzione europea. La Corte allora esamina le legislazioni dei Paesi europei riguardo l’aborto: in mancanza di un consenso unanime europeo in materia, applica il cosidde�o “margine di apprezzamento”, cioè gli Sta� in Europa sono liberi di decidere qual è il momento in cui una persona inizia ad essere tale. Nel caso in ques�one non si rivela alcuna violazione del diri�o alla vita in quanto il governo francese era libero di decidere se il feto fosse considerato o meno una persona. Questo margine non è limitato in quanto il punto di inizio è il momento del concepimento e il punto finale quello della nascita: lo Stato può decidere quando una persona inizia ad essere tale in qualsiasi istante di questo intervallo, né prima né dopo. Invece, nell’ambito della Convenzione americana dei diri� umani, l’art. 4 stabilisce che il diri�o alla vita inizia ad essere prote�o nel momento del concepimento. Per cui se la signora VO avesse subito la violazione in un Paese la�no-americana, sarebbe stata riconosciuta. Pensiamo anche alla pena di morte, che tradizionalmente viene considerata un’eccezione alla tutela del diri�o alla vita, ma ora in Europa è vietata: benché l’art. 2 della convenzione europea preveda la pena di morte, questo è stato abolito da due protocolli ovvero il 6 e il 13. In altri Paesi del mondo con�nua ad essere considerata un’eccezione legi�ma alla tutela del diri�o alla vita. Quindi lo stesso diri�o alla vita, il supremo tra i diri� non è universale: ciò che è universale è l’avere �tolo alla tutela in quanto esseri umani. Ma anche in questo caso la situazione è problema�ca (come nel caso VO contro Francia) riguardo al momento dell’inizio della vita, così come il momento della fine della vita. Un altro dei principali diri� umani è il diri�o a non essere so�oposte a torture o tra�amen� inumani e degradan�. Ma cosa sono? Siamo sicuri che in tu�o il mondo una determinata situazione cos�tuisca un tra�amento inumano o degradante? Casi dimostrano come la situazione non sia così facilmente definibile. Quindi bisogna rifle�ere su cosa siano i diri� umani, sul loro ruolo e su come debbano essere a�ua�. Per es. un giornalista può divulgare dei fa� priva� appellandosi alla libertà di espressione nel momento in cui vige anche il diri�o alla privacy? Entro cer� limi� per es. senza u�lizzare un linguaggio offensivo: in quel caso la libertà di espressione si trasforma in violazione. Bisogna anche considerare se vi sia un interesse pubblico, perché la libertà di espressione comprende anche il diri�o di ricevere no�zie. Se non c’è a quel punto subentra la tutela della privacy. Caso Lautsi, riguardava la presenza del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche. Ci sono state ben due sentenze: la Corte europea dei diri� dell’uomo ordinariamente si compone di 7 giudici (Camera ordinaria), ma la Grande Camera si compone di 17 giudici. La camera ordinaria rivela che la presenza del crocifisso cos�tuiva una violazione dell’art.9 della Convenzione europea che sancisce la libertà di religione in combinazione con il Protocollo 1 della stessa convenzione che riguarda il diri�o all’educazione (dei genitori, in quanto essi scelgono il �po di educazione al quale so�oporre il figlio: se si sceglie un’educazione laica, la presenza del crocifisso viola un diri�o). La grande camera invece non rivela alcuna violazione in quanto la pluralità religiosa viene garan�ta in ogni caso e il crocifisso è un simbolo passivo che di per sé non pone in essere un indo�rinamento religioso. È ovvio che in ques� casi entrino in gioco le idee personali, anche tra i giuris� che dovrebbero considerare solo l’aspe�o giuridico (i creden� erano a favore, gli atei no). Quindi molte variabili influenzano l’a�uazione dei diri�, e anche questo pone una ques�one: un’assoluta parità di tra�amento è sempre conforme ai diri� umani? No perché ognuno ha esigenze diverse, quindi la parità di tra�amento formale, ovvero un’assenza di discriminazione in modo formale non si risolve in un’assenza di discriminazione a livello sostanziale: si risolve invece in una discriminazione perché si a�ua lo stesso modello nei confron� di chi ha bisogno di tra�amen� diversi. L’effe�vità dei diri� umani si verifica nel momento in cui sussiste una violazione, perché a una violazione deve seguire un rimedio. La violazione comprende due preoccupazioni: che questa abbia fine e che si riceva un risarcimento ma per i popoli indigeni per es. che non hanno una concezione “occidentale” dei diri�, la prima forma di riparazione è la punizione dei responsabili e se non avviene questo si considera un intervento divino. Ma anche nel caso della corte europea, questa si limita a un risarcimento pecuniario mentre la corte americana u�lizza modalità diverse e il risarcimento pecuniario o non ha valore o risarcisce solo una parte della violenza subita. In conclusione, a cosa servono i diri� umani? A garan�re una vita serena agli esseri umani. Ma la rice�a della felicità non è la stessa per tu� i ci�adini del mondo: ognuno ha esigenze diverse e quindi alla fine non è un male che ques� diri� non siano universali, perché devono essere abbastanza flessibili da ada�arsi alle diverse esigenze delle persone. Se si vuole svolgere una vita materiale e non spirituale, bisogna averne la possibilità quindi l’aspe�o più importante sarà per es. la tutela della proprietà, mentre le popolazioni del mondo che hanno una vita spirituale avranno necessità che venga tutelato quell’aspe�o senza nessuna rilevanza per la proprietà. Il modello dei diri� umani che si è affermato a livello internazionale è quello occidentale radicato su idee individualis�che del diri�o. I diri� vengono invoca� sempre di più nel momento in cui qualcuno si appella a una violazione derivante dall’esercizio di un diri�o da parte di altre persone. Nella concezione occidentale, i diri� appartengono ai singoli individui (diri� individuali) e li difendono dagli abusi di chi vive intorno a loro. Mentre per es. nella carta africana l’aspe�o principale è quello conne�vo (carta dei popoli) perché il centro della vita sociale è la comunità e non l’individuo. Altri Paesi negano l’esistenza di diri� colle�vi per es. il Regno Unito. Quindi ci sono molte fa�specie in cui cer� diri� si scontrano con altri e bisogna prendere una decisione. Per es., in una decisione della Commissione africana e il Comitato dei diri� umani delle Nazioni Unite nel caso Prince contro Sud Africa, riguardo un adepto alla religione rastafariana, che ha come obbligo quello di fumare marijuana. Tra�andosi di una pra�ca religiosa, le norme che tutelano la libertà di religione ne dovrebbero tutelare anche le manifestazioni. Al sogge�o in ques�one viene negato l’accesso al concorso di avvocato per questa sua pra�ca. Non gli viene in�mato di cessare la pra�ca, ma gli viene proibito l’accesso al concorso. La situazione andava ad incidere sui diri� di altre persone: i diri� possono essere in questo caso ogge�o di deroga. Il Comitato e la Commissione non rivelano l’esistenza della violazione in quanto gius�ficata dall’esistenza dei diri� altrui. I diri� pretendono di essere universali, da un lato non lo sono ed è giusta l’elas�cità ma dall’altra in alcuni casi è necessario che lo siano. Il problema è dove si fissa questo limite: è possibile trovare dei criteri specifici che per es. ci consentono di capire se una determinata pra�ca culturale è legi�ma oppure no? (esempio della Kumari) Si valuta caso per caso, ma poi è inevitabile trovare delle decisioni opposte a seconda di chi le prende. E poi, è più importante la felicità individuale o quella colle�va? Le violazioni offendono l’intera comunità e il consenso individuale non è rilevante. Esempio del lancio dei nani come violazione della dignità umana: la controversia venne portata avan� proprio dei nani in quanto cos�tuiva il loro lavoro (a causa di una condizione fisica che non gli perme�eva di svolgere altri compi�), senza il quale a de�a loro veniva meno la propria dignità. Quindi si scontra un’idea di dignità colle�va e una individuale: il Comitato dei diri� umani dà prevalenza all’idea globale di dignità e afferma che il diniego della pra�ca del lancio dei nani non cos�tuisce una violazione, anzi tutela la dignità umana colle�vamente intesa. —>Convenzione delle Nazioni Unite del 79 per l’eliminazione delle discriminazioni contro le donne. Alcuni ar�coli prevedono l’assoluta parità dei coniugi nel matrimonio e l’annullamento delle discriminazioni per quanto riguarda il divorzio. Sorprenderà il fa�o che quasi tu� i Paesi islamici abbiano ra�ficato questa convenzione nonostante una legge islamica (sharia) non preveda l’assoluta parità dei coniugi: questo è stato possibile con l’apposizione di una riserva. La riserva deve essere compa�bile con l’ogge�o e lo scopo del tra�ato e se non lo è i Paesi possono contestarla. Chi ha ragione? Non c’è un organismo competente a prendere una decisione vincolante per gli Sta�. C’è un comitato is�tuito da questa convenzione, ma non può imporre decisioni. La possibilità di contestare una riserva non cos�tuisce una norma consuetudinaria, per cui i Paesi islamici la possono porre, ma la norma ogge�o di disaccordo non si applica nei rappor� con gli Sta� che l’hanno contestata. 6/03/2019 1 stabilita dal tra�ato stesso. L’entrata in vigore solitamente è legata al raggiungimento di un certo numero di ra�fiche stabilito dal tra�ato. Se il tra�ato non entra in vigore, anche gli Sta� che ne hanno acce�ato gli obblighi non sono ancora vincolan�: quindi non può espletare i propri effe� neanche nei confron� degli Sta� che ne hanno acce�ato gli obblighi. Diventa vincolante solo al momento del deposito dell’ul�mo strumento di ra�fica: a quel punto diventa vincolante per tu� gli Sta� nello stesso momento. Normalmente non è previsto un limite temporale entro il quale deve essere raggiunto un certo numero di ra�fiche (ad eccezione dello Statuto della Corte penale internazionale in cui si è posto un limite di tempo). L’ul�ma fase della forma solenne è la registrazione della raccolta dei tra�a� presso le Nazioni Unite (UNTS). Essa (o la mancanza di essa) non ha effe�o sulla validità del tra�ato ma rende possibile la sua invocazione di fronte agli organi delle Nazioni Unite. Per quanto riguarda le riserve, che normalmente vengono fa�e al momento della ra�fica (ma vengono fa�e anche dopo), sono dichiarazioni tramite le quali uno Stato si riserva a non rispe�are una o più norme del tra�ato quindi dichiara di non essere vincolato da una o più norme del tra�ato. Poi vi sono riserve interpreta�ve che vengono fa�e quando lo Stato dichiara di acce�are una norma ma solo conformemente a una determinata interpretazione (le norme giuridiche sono generali e astra�e e devono essere interpretate): se lo Stato vuole evitare determina� effe� derivan� da una specifica interpretazione della norma del tra�ato, lo dichiara con una riserva interpreta�va. Solitamente le riserve interpreta�ve sono generiche e riguardano interpretazioni conformi alla Cos�tuzione, per evitare effe� non compa�bili ai principi cos�tuzionali. Le riserve devono essere compa�bili con l’ogge�o e lo scopo del tra�ato. In materia di riserve vi è stata una rivoluzione perché originariamente doveva essere pa�uita durante i negozia� e solo se prevista dal testo del tra�ato. La corte internazionale di gius�zia successivamente diede un’opinione consul�va, ovvero una decisione non vincolante con cui la corte interpreta il diri�o. Il quesito riguardava se fosse possibile apporre riserve alla Convenzione sul Genocidio del 1948, a cui la corte rispose posi�vamente solo se compa�bili con l’ogge�o e lo scopo del tra�ato. Nella maggior parte dei casi non esiste un organo che decide in merito alla validità delle riserve: se c’è una controversia rela�va alla riserva, vuol dire che la norma ogge�o di disputa non può essere applicata nei rappor� fra quegli Sta�. Perché il diri�o internazionale amme�e la riserva? Per facilitare il più alto numero possibile di ra�fiche. Per es. se non ci fosse stata la possibilità di porre riserve, gli Sta� islamici che non hanno acce�ato alcune norme della Convenzione per l’eliminazione delle discriminazioni contro le donne, non si sarebbero impegna� ad eliminare anche le altre discriminazioni. I tra�a� internazionali sono so�opos� alle stesse regole, fermo restando che le regole riguardan� il tra�ato sono previste dal tra�ato stesso. Ma ci sono degli accordi con una cara�eris�ca par�colare, ovvero i Protocolli. Il Protocollo è un tra�ato internazionale come gli altri, so�oposto alle stesse regole, ma ha la cara�eris�ca di essere connesso a un tra�ato precedente (per es. la convenzione europea dei diri� dell’uomo ha 16 protocolli. La situazione è qui semplificata dal fa�o che gli stessi Sta� hanno ra�ficato gli stessi protocolli). Un protocollo può espletare degli effe� vincolan� soltanto nei confron� degli Sta� che lo ra�ficano, come qualsiasi altro tra�ato internazionale. Quindi a noi non interesse che il protocollo sia collegato a un precedente tra�ato: il rapporto tra convenzione e protocolli viene visto come il rapporto esistente nel diri�o privato tra un contra�o precedente e uno successivo. Può accadere che non tu� gli Sta� che hanno ra�ficato il tra�ato ra�fichino i protocolli: nei rappor� tra tali Sta� valgono soltanto quegli strumen� che sono sta� effe�vamente ra�fica� da entrambe le par�. Anche se un protocollo si ricollega a una convenzione, non significa che il protocollo sia vincolante per tu� gli Sta� che hanno ra�ficato la Convenzione per es. la corte africana is�tuita da un protocollo del 1998 potrà giudicare soltanto quegli Sta� che hanno ra�ficato tale protocollo, che non corrispondono a tu� gli Sta� della convenzione africana. La situazione è stata complicata dalla creazione di una nuova Corte nel 2008 e con la decisione poi di unificarle: gli Sta� che hanno ra�ficato entrambi i protocolli e la Convenzione potrebbero non coincidere. La procedura solenne ci interessa perché quando si vogliono coinvolgere più sta� possibili si ricorre a questo metodo, ma i tra�a� bilaterali possono anche essere s�pula� in forma semplificata che prevede tempi più brevi in quanto lo Stato assume gli obblighi previs� dal tra�ato soltanto con la firma posta dai plenipotenziari (come previsto dall’art. 7 della Convenzione di Vienna). Solitamente sono precedu� dai negozia�, ma anche da semplici scambi di le�ere tra i ministri degli esteri. Ovviamente non tu�e le materie possono essere regolate da tra�a� s�pula� in forma semplificata (vedi art. 80). L’elemento sempre indispensabile è comunque la manifestazione di volontà che può avvenire tramite un procedimento che è esule da quello solenne. Vi sono anche fon� scri�e definite “dichiarazioni” es. dichiarazione universale dei diri� dell’uomo del 1948 che differiscono dai tra�a� in quanto non sono obbligatorie ma contengono raccomandazioni per tu�. Il ruolo della dichiarazione è raccomandare cer� comportamen� agli Sta�, ma se gli Sta� si uniformano agli obblighi della dichiarazione e tengono quei comportamen� in maniera costante nel tempo, le norme della dichiarazione si trasformano in norme del diri�o internazionale consuetudinario. Il diri�o consuetudinario viene considerata la fonte di primo grado del diri�o internazionale in quanto le norme consuetudinarie sono vincolan� per tu� gli Sta� del mondo: sono infa� de�e norme di diri�o internazionale generale. Ma le norme di diri�o internazionale consuetudinario non sono scri�e. Quindi talvolta è molto difficile stabilire se una norma esiste in quanto la sua esistenza si desume in via interpreta�va a�estando l’esistenza della diuturnitas, ovvero una prassi uniforme e con�nua nel tempo (quasi tu� gli Sta� del mondo devono tenere un comportamento di certo �po ripetuto costantemente nel tempo). Ovviamente la diuturnitas non presuppone che non vi siano violazioni delle norme: quello che è importante è che la violazione venga considerata come tale. Se c’è una violazione a una prassi seguita, il fa�o che questa venga riconosciuta come violazione a�esta l’esistenza di una norma consuetudinaria. La prassi però non è necessaria perché mol� comportamen� che ricorrono tra gli Sta� sono di cortesia, quindi non presuppongono l’esistenza di un obbligo giuridico ma a�estano che gli Sta� mantengono tra di loro rappor� amichevoli. È necessaria l’opino iuris: significa che lo Stato si comporta in un certo modo perché è convinto di dover rispe�are un obbligo giuridico. La norma esiste perché gli Sta� ne sono convin�. Quindi bisogna capire cosa pensa lo Stato tramite le manifestazioni dei suoi organi. È molto difficile accertare l’esistenza di una consuetudine ma molto spesso gli sta� tengono dei comportamen� vol� a far capire che la consuetudine esiste o meno o per evitare la formazione di una consuetudine. 7/03/2019 Tu� i comportamen� dello Stato sia a livello interno che a livello diploma�co a�estano (o meno) la presenza di una norma consuetudinaria, ma gli Sta� cercano di essere abbastanza cau� perché più norme consuetudinarie esistono e più limitazioni di sovranità vi sono. Quindi non è semplice capire come si comporta uno Stato. Un esempio sono le sentenze interne, se il giudice afferma che esiste un obbligo internazionale tale per cui lo Stato deve rispe�are una certa decisione e questo si ripete in mol� Paesi vuol dire che esiste una norma consuetudinaria. Le stesse manifestazioni della diuturnitas a�estano l’opinio iuris. In do�rina gli studiosi portano addiri�ura avan� un’obiezione all’esistenza dell’opinio iris: una norma inizia a esistere quando gli Sta� ne sono convin�, ma prima di quel momento la norma non esiste. Quindi l’opinio iuris si basa su un errore: gli Sta� iniziano a pensare che la norma ci sia ma in realtà non c’era. Questo mina le basi della legi�mazione dell’opinio iuris. L’errore sussiste nel passaggio da principio non vincolante a norma giuridica e precisamente appartenente al diri�o consuetudinario. Ciò è stato confutato dicendo che si tra�a di un processo progressivo perché prima un certo comportamento viene percepito come moralmente obbligatorio e poi come giuridicamente obbligatorio (obbligatorietà morale e obbligatorietà giuridica). Nel diri�o internazionale la formazione delle norme è diversa: nel diri�o interno esiste un organismo precos�tuito che crea le norme che vengono poi rispe�ate, ma anche nel diri�o interno esistono le consuetudini (per es. in ambito commerciale) ma sono di applicazione residuale, ovvero si applicano soltanto quando non esistono norme scri�e, nei vuo� lascia� dalle norme giuridiche scri�e. Invece nel diri�o internazionale la norma consuetudinaria è una fonte primaria. Esistono anche delle consuetudini ‘sui generis’ che sono i principi generali di diri�o riconosciu� dalle nazioni civili. In realtà questa fonte del diri�o internazionale esiste perché viene menzionata nello Statuto della corte internazionale di gius�zia. In do�rina si sono chies� che �po di fonte sia e quale valenza abbia. La stessa dicitura di questa fonte, ai tempi dell’is�tuzione delle Nazioni Unite (lo Statuto è integrato nella Carta) è risultata offensiva per alcuni Paesi perché sembrava indicare solo alcuni Paesi del mondo. La tesi più verosimile è che si tra�ano di consuetudini sui generis perché essi originano nel diri�o interno degli Sta�, quindi non nascono come norme di diri�o internazionale ma come norme di diri�o interno ma dato che sono ripetute nelle legislazioni di quasi tu� gli Sta� (quindi condivise da tu�) a quel punto diventano norme di diri�o internazionale (per es. la norma per cui non ci devono essere due processi per lo stesso fa�o oppure “nessuno può essere giudice di se stesso) e si considerano sui generis perché i componen� di queste norme sono le stesse della consuetudine ovvero la diuturnitas (ripetute da tu� gli Sta�) e opino iris (considerate vincolan�) quindi entrano nel diri�o internazionale con le cara�eris�che id una 1 normale consuetudine con la differenza che originano nel diri�o interno a differenza della consuetudine ordinaria che trova la sua fonte nel diri�o internazionale. Poi abbiamo le fon� di terzo grado, quelle derivan� da tra�a� che riguardano le organizzazioni internazionali in quanto is�tuite da tra�a�. Se infa� hanno la competenza a emanare decisioni vincolan� per gli Sta� ques� sono chiama� a rispe�arli in quanto fon� di terzo grado. Le norme di ius cogens sono norme di diri�o internazionale consuetudinario che hanno la cara�eris�ca ulteriore di essere assolutamente inderogabili in qualsiasi circostanza. Di queste norme si discute molto sopra�u�o in materia di diri� umani perché la maggior parte di queste norme riguardano i diri� umani fondamentali (diri�o alla vita, divieto di tortura, divieto di schiavitù). Per es. nel caso della tortura in alcuni casi si dice che sia mo�vata come negli a�acchi terroris�ci quando bisogna carpire informazioni al terrorista per disinnescare un ordigno allo scopo di salvare delle vite. In realtà la tortura non è mai gius�ficata ma vi sono opinioni diverse in varie par� del mondo. Le norme di ius cogente sfuggono anche al principio di flessibilità che cara�erizza la garanzia delle fon� del diri�o internazionale, per cui tramite tra�ato si può derogare a una consuetudine ma non quando questa ha cara�ere di ius cogens. Quindi nei tra�a� gli Sta� possono scrivere tu�o ciò che vogliono ma c’è il limite delle norme di ius cogens. Nella Convenzione di Vienna (di codificazione del diri�o consuetudinario) sul diri�o dei tra�a� ci sono gli ar�. 53 e 64 che stabiliscono la nullità del tra�ato internazionale contrario a una norma di ius cogens. L’art. 53 stabilisce la nullità del tra�ato fin dal principio, perché al momento dell’adozione del tra�ato esiste una norma di ius cogens con cui il tra�ato stesso è incompa�bile, ex tunc perché se si capisce dopo e il tra�ato ha prodo�o degli effe� quesi non sono più validi. L’art. 64 riguarda la “ius cogens super venians”, nel senso che abbiamo una norma di ius cogens che si è formata in un momento successivo all’adozione del tra�ato, quindi in questo caso la nullità inizia quando si forma la norma di ius cogens per cui il tra�ato produce i suoi effe� finché si forma la norma di ius cogens con cui il tra�ato stesso è incompa�bile. Capire se esiste una norma di ius cogens è complicato perché oltre ad a�estare diuturnitas e opino iurius, bisogna a�estare la convinzione di inderogabilità da parte degli Sta�. Nel caso dei diri� umani la situazione è più semplice perché esistono le Cor� ad a�estare la presenza di una norma di ius cogens. Cosa succede quando le norme del diri�o internazionale sono violate? L’en�tà responsabile di una norma internazionale amme�e lo Stato, ma esistono anche altri sogge� di diri�o internazionale per es. le organizzazioni internazionali che hanno la loro personalità giuridica internazionale e quindi possono essere responsabile della violazione di norme e in certe misure anche gli individui per i crimini internazionali. Normalmente per le violazioni ordinarie avremo la responsabilità dello Stato. La materia è interamente regolata dal diri�o consuetudinario: non vi sono tra�a� che stabiliscono le norme di responsabilità degli Sta�, ma solo un proge�o di ar�coli, ed è un proge�o reda�o dalla Commissione del diri�o internazionale, organo sussidiario dell’assemblea generale delle Nazioni Unite che ha il compito di codificare il diri�o consuetudinario nonché contribuire allo sviluppo progressivo del diri�o internazionale. Quindi sostanzialmente la Commissione si occupa degli accordi di codificazione. Ma la commissione, essendo un organismo di esper� non ha la competenza di s�pulare un tra�ato, infa� fa dei proge�. Nella formazione dei tra�a� normalmente si parte da un proge�o fa�o da esper� e negli ambi� degli accordi di codificazione questo lo fa la commissione del diri�o internazionale che lavora per l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Vi sono delle sessioni periodiche per fare ques� proge� che sono compilazione di ar�coli: se sono gradi� dagli Sta� ques� fanno una convenzione. Il proge�o considerato defini�vo viene trasferito all’assemblea generale che apre i negozia�. Altre volte i negozia� non vengono aper� perché gli sta� non sono dispos� ad avere tra�a� di quel �po. Per cui abbiamo questo proge�o che è stato ado�ato dalla commissione defini�vamente nel 2001 e si chiama “ar�coli sulla responsabilità degli Sta� per a� internazionalmente illeci�”. Sono ar�coli assolutamente non vincolan� per gli Sta�, ma vengono presi come strumento di riferimento nella materia della responsabilità degli Sta� in quanto si ri�ene che rifle�ano il diri�o internazionale consuetudinario. La Commissione ci ha messo diversi decenni per approvare ques� ar�coli e nel 2001 sono state approvate perché vengono tagliate le norme più progressiste e gli ar�coli contengono principi tu�o sommato acce�a� perché ormai sono consolidate da parte degli Sta� (e vengono tol� quelli poli�camente inacce�abili da parte degli Sta�). La responsabilità internazionale consta di due elemen�: sogge�vo e ogge�vo. L’elemento sogge�vo presuppone che la violazione possa essere imputata allo Stato quindi lo Stato deve essere considerato responsabile della violazione, mentre l’elemento ogge�vo considera che vi un illecito e non lo sarebbe neppure se quel comportamento fosse tenuto in modo svincolato dall’illecito subito) ma si tra�a di un comportamento inamichevole nei confron� dello Stato per es. far chiudere l’ambasciata e mandare tu� via (e a volte sono più efficaci) che non corrisponde a una violazione ma è un comportamento inamichevole per reagire all’illecito subito. Ci sono anche mezzi meno violen� per reagire, più pacifici, per es. i mezzi diploma�ci per la risoluzione delle controversie che sono di diversi �pi ad es. i negozia�: i rappresentan� degli Sta� si incontrano e discutono su come risolvere la controversia e se gli Sta� sono in buoni rappor� trovano la soluzione. Poi ci sono i “buoni uffici”: lo Stato terzo che cerca di riconciliare i due Paesi. E poi c’è la mediazione che è simile ai buoni uffici ma in veste più ufficiale, per cui qualcuno cerca di far raggiungere un accordo tra gli Sta� in ques�one. In genere le mediazioni vengono condo�e da Sta� super partes.
Altro metodo di risoluzione delle controversie (il più avanzato in assoluto) è il metodo giurisdizionale, cioè si fa ricorso alle cor�: la funzione giurisdizionale a livello internazionale è arbitrale. Ci si basa sull’arbitrato (che esiste anche nel diri�o interno per quanto riguarda le controversie civili, però è un’eccezione a cui si ricorre se i processi civili sono troppo lunghi): si nomina un arbitro, per cui si fa un accordo secondo il quale si a�ribuisce a quest’arbitro la competenza di decidere e se la decisione non va bene comunque si è tenu� a rispe�arla. Nel diri�o internazionale tradizionale quando c’era una controversia e gli Sta� non ricorrevano alla guerra (il divieto dell’uso della forza sussiste solo da dopo la seconda guerra mondiale) si nominava un arbitro che poteva essere un Capo di Stato o qualsiasi altra personalità elevata e ciò era possibile grazie a un accordo chiamato “compromesso arbitrale” per cui si nomina una persona che acquisisce la competenza a decidere come risolvere una controversia. Con il passare del tempo l’arbitrato è divenuto sempre più complesso, infa� si parla di arbitrato “is�tuzionalizzato” perché si sono iniziate a creare cor� come la Corte permanente di arbitrato dell’Aia ed è comunque necessario il compromesso arbitrale ma è un’is�tuzione che ha dei giudici e in caso di controversia ci si rivolge ad essa, che crea una Corte composta da tre giudici che prendono una decisione. Pian piano è invalsa la prassi di ricorrere al tra�ato generale di arbitrato” ovvero tra�a� degli Sta� in cui si stabiliva che se si fosse generata una controversia su qualsiasi materia si ricorreva ad arbitrato. Certe volte il tra�ato prevedeva già l’arbitro, altre volte si prevedeva soltanto un obbligo di ricorrere all’arbitrato, per cui poi occorreva un ulteriore accordo per nominare l’arbitro. È invalsa anche la prassi delle “clausole compromissorie, ovvero clausole incluse in un tra�ato in cui si stabilisce che qualora dovesse insorgere una controversia nell’interpretazione o nell’applicazione del tra�ato si dovrà ricorrere all’arbitrato come nell’art. 9 della convenzione sul genocidio del 48 che stabilisce che se dovesse sorgere una controversia rela�va all’interpretazione della convenzione, questa sarà competenza della corte internazionale di gius�zia, ovvero la corte delle nazioni unite. Questa è un arbitro in quanto competente soltanto nelle controversie in cui gli Sta� hanno acce�ato la competenza della corte stessa e questo può essere fa�o ad hoc (ovvero per la singola controversia) oppure a�raverso una dichiarazione prevista dallo Statuto della Corte: uno Stato acce�a la competenza della corte in tu�e le controversie future con tu� gli altri Sta� che hanno a loro volta acce�ato la competenza della Corte effe�uando una dichiarazione che può poi essere ri�rata. Oggi esistono molte cor� perché vengono is�tuite dai tra�a� internazionali, ma qualunque sia la loro efficacia e competenza tu�o ciò che esiste deriva dai tra�a�: quindi gli Sta� stabiliscono quali sono le competenze della corte, la sua incisività, i casi in cui può esercitare le competenze e a quali condizioni tramite tra�ato, sopra�u�o nell’ambito dei diri� umani in quanto le cor� sono le più avanzate in questo ambito. Un cenno alla materia dell’illecito: esistono delle cause di esclusione dell’illecito ovvero delle situazioni in cui lo Stato può comme�ere un illecito internazionale perché è gius�ficato da un determinato mo�vo. Quelli principali sono lo stato di necessità, la forza maggiore, il distress (la nave che per fuggire alla tempesta si rifugia senza autorizzazione nel porto di un altro Stato), il consenso dello Stato leso e quando si reagisce a un precedente illecito. E in ogni caso, qualunque sia la causa di esclusione dell’illecito sulla quale si basa il comportamento dello Stato, l’illecito non si può mai sostanziare nella violazione dello ius cogens per cui nel caso del consenso dello Stato leso per es. non può autorizzare un altro Stato a bombardarlo perché è una violazione dello ius cogens o a violare i diri� umani fondamentali. Quando uno Stato agisce, lo fa per o�enere una riparazione: normalmente la prima forma di riparazione è porre fine all’illecito e la più diffusa forma di riparazione nei rappor� fra Sta� sono le scuse ufficiali o l’onore alla bandiera che solitamente sono simboliche. A volte ci può essere il risarcimento del danno che viene richiesto nell’ambito delle norme sul tra�amento degli stranieri: quando una norma si concre�zza nella violazione dell’interesse individuale si richiede il 1 risarcimento del danno. Ma normalmente la riparazione si risolve in maniera simbolica. Per quanto riguarda i diri� umani, la ques�one della riparazione è molto complessa. 11/03/2019 I diri� umani servono a garan�re un livello di vita adeguato a tu� gli esseri umani quindi sono tendenzialmente universali in quanto intrinsechi nella categoria di essere umano. È una materia tu�’altro che certa e molto difficile da tradurre in termini concre�. I diri� umani si sono sviluppa� nel secondo dopoguerra ma esistevano già in ambi� come il commercio per es. GATT (1947): accordo generale sulle tariffe doganali e commercio da cui è scaturita l’organizzazione mondiale del commercio. L’art. 20 prevede delle eccezioni in base alle quali gli Sta� possono a�uare delle deroghe alle regole fondamentali del libero commercio a livello internazionale per es. sme�ere di importare un determinato prodo�o qualora questo sia gius�ficato dai mo�vi elenca� dall’ar�colo. Quando esistono dei mo�vi validi gli Sta� possono derogare agli obblighi dei tra�a� tra cui i prodo� o�enu� tramite lo sfru�amento del lavoro dei detenu�. Questo è stato inserito per i bassi cos� dei prodo� a costo zero rispe�o a quelli immessi da Paesi in cui la manodopera doveva essere pagata. U�lizzando il lavoro forzato i prodo� venivano immessi sul mercato a costo zero avvantaggiando alcuni Sta� perché i loro prodo� costavano meno. Quindi a volte l’interesse dei diri� umani non era indo�o da mo�vi nobili riguardan� la dignità. Il fa�o che l’uomo sia degno di tutela in quanto tale emerge nel secondo dopoguerra come conseguenza delle atrocità commesse durante la seconda guerra mondiale. Il primo strumento ado�ato in materia è la dichiarazione universale dei diri� dell’uomo del 1948 (una dichiarazione ha il valore di raccomandazione), ma una dichiarazione analoga chiamata “relazione sui diri� e doveri dell’uomo” fu emanata da parte dell’organizzazione degli Sta� americani. Già mentre veniva ado�ata, questa dichiarazione diede luogo a discussioni interessan� per es. tra gli antropologi che si chiesero se una dichiarazione sui diri� umani potesse essere realmente universale in quanto gli esseri umani appartengono a culture diverse e hanno necessità diverse dunque norme che riescono a combinare queste necessità sono difficilmente configurabili. Infa� la dichiarazione è fru�o di idee neo occidentali dei diri� umani quindi si tra�a di uno strumento che rifle�e una concezione di diri� dei Paesi dominan� in quanto usci� vincitori dalla guerra. Abbiamo una concezione individuale di diri� ma questo catalogo non comprende solo diri� civili e poli�ci ma anche economici e sociali. Il preambolo (che non può determinare degli obblighi) ci dà l’idea precisa di quelli che sono i fini persegui� da questa dichiarazione e cioè il riconoscimento della dignità inerente e dei diri� su base paritaria e inalienabile a favore di tu� i membri della famiglia umana perché il riconoscimento di ques� diri� è il fondamento della libertà, della gius�zia e della pace nel mondo=diri� umani come prerequisito per o�enere la pace. Questa dichiarazione è stata ado�ata dalle Nazioni Unite perché fra i suoi scopi vi è la protezione dei diri� umani. I diri� sono elenca� seguendo una gerarchia: diri�o alla vita, alla sicurezza, divieto di tortura e tra�amen� disumani o degradan�, divieto di discriminazione… 30 ar�coli che cos�tuiscono la base per lo sviluppo dei diri� umani a livello internazionale. La dichiarazione resta una sorta di raccomandazione in quanto le sue norme non sono vincolan�. Naturalmente oggi tu�e queste norme corrispondono a principi di diri�o consuetudinario e alcune a norme di ius cogens, che non possono essere ogge�o di deroga in nessuna circostanza. Sempre nel 48 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ado�a la prima convenzione in materia di diri� umani di cara�ere universale che riguarda la repressione del crimine di genocidio. Il termine “genocidio” è stato coniato un anno prima dell’adozione di questa convenzione. È stato uno studioso polacco chiamato Raphael Lemkin perché quando c’è stato il processo di Norimberga e quindi sono sta� persegui� i gerarchi nazis� per i crimini commessi durante il confli�o, non era incluso il genocidio tra i crimini proprio perché non esisteva. Lemkin conia il termine me�endo insieme un termine greco e uno la�no: Genos e caedere (popolo e uccidere). Quindi il genocidio è l’eliminazione di un popolo (nella Carta che ha fa�o da guida al processo c’era il crimine di sterminio ma non il genocidio). Elemen� per classificare il genocidio nell’art. 2, definito come un insieme di a� commessi con l’intento di distruggere, in tu�o o in parte, un gruppo nazionale (tu� i ci�adini di uno Stato), etnico, razziale o religioso. Gli a� che vengono elenca� sono l'uccisione di membri del gruppo, causare un danno mentale o fisico a membri di un gruppo, infliggere deliberatamente condizioni di vita pensate per distruggere in tu�o o in parte membri del gruppo, misure finalizzate a prevenire le nascite e il trasferimento forzato di bambini da un gruppo all’altro. Affinché si possa parlare di genocidio l’uccisione deve essere fisica: bisogna eliminare i membri del gruppo fisicamente. Ciò significa che non viene incluso il genocidio culturale, de�o anche “etnocidio” che si ha quando si elimina l’iden�tà culturale del gruppo: gli appartenen� del gruppo con�nuano a vivere ma non esiste più il gruppo culturalmente inteso. Non è incluso nella definizione perché durante i negozia� la proposta di includerlo fu avanzata ma venne respinta in quanto avrebbe comportato un’eccessiva intromissione nella sovranità degli Sta�. Altro elemento fondamentale, “a� commessi con l’intento di distruggere”: questa Convenzione, affinché si possa avere genocidio, richiede il “dolus specialis” ovvero il dolo specifico, nel senso che il genocidio può avere luogo soltanto se chi lo perpetra ha posto in essere il suo comportamento con lo specifico intento di distruggere il gruppo. Di conseguenza, se il genocidio viene compiuto ma costruisce un effe�o collaterale di un’azione con scopo diverso, non is avrà l’accusa di genocidio (sterminio si, ma non genocidio): affinché si abbia il genocidio bisogna dimostrare l’esistenza di un dolo specifico. E spesso è difficile sapere cosa passa per la testa di chi comme�e il crimine. Per es. la corte internazionale di gius�zia stabilisce che l’u�lizzo di armi nucleari non dà luogo a genocidio anche se sicuramente qualche gruppo verrà eliminato: l’intento non è infa� quello di eliminare i gruppi ma quello di vincere una guerra. Il dolus specialis rende difficile il riconoscimento del genocidio: vi sono però varie sentenze sopra�u�o da parte dell’ex Jugoslavia per es. la distruzione dei beni culturali (nella guerra con la Bosnia erano state distru�e diverse moschee) che di per sé non è un a�o di genocidio ma quando questa è accompagnata da altri a� ci aiuta a capire che c’è l’intento di comme�ere un genocidio in quanto i beni culturali vengono distru� per minare l’iden�tà di un popolo quindi per indebolirlo. La moschea cos�tuiva un elemento essenziale dell’iden�tà di quelle persone. Focalizzandosi sulle misure volte a prevenire nascite, vengono inclusi gli stupri che nell’ex Jugoslavia e in Ruanda venivano u�lizza� in quanto i bambini na� appartavano all’etnia del padre, quindi serba o croata impedendo che i figli appartenessero all’etnia musulmana per es. Inoltre una donna violentata non veniva considerata dai membri del suo gruppo capace di generare figli: quindi se tu�e le donne venivano violentate non ce ne sarebbe stata più nessuna capace di con�nuare l’etnia dando vita a un genocidio. Oggi il genocidio è considerato una categoria a sé stante di crimini internazionali e si dis�ngue da altri crimini come lo sterminio per l’esistenza di questo dolo specifico. La Convenzione sul genocidio fu ado�ata dopo poco tempo dall’inizio dell’a�vità delle Nazioni Unite perché si sen�va l’esigenza di dare vita a uno strumento che perme�esse di reprimere questo crimine. (A parte questa Convenzione, lo sviluppo dei diri� umani all’interno delle Nazioni Unite ha impiegato un po’ di tempo. Dopo soli due anni dalla dichiarazione universale dei diri� dell’uomo, nel 1950 viene ado�ata dal consiglio d’Europa la convenzione europea dei diri� dell’uomo: la convenzione prende le norme della dichiarazione universale limitatamente ai diri� civili e poli�ci rendendola obbligatori nel con�nente europeo. Esempi simili seguiranno in America La�na con la convenzione americana del 69, poi in Africa con la Carta africana dei diri� umani e dei popoli dell’81 e anche ques� tra�a� is�tuiscono sistemi a grandi linee simili a quello europeo ma meno avanza� in quanto più recen�. C’è anche una carta araba dei diri� umani a�uata prima nel 94 ma non entrata in vigore e poi nel 2004 ed entrata in vigore nel 2008). Universale=tra�a� mul�laterali aper� che aspirano ad avere un consenso universale quindi ad essere ra�fica� da tu� gli Sta� del mondo. Nell’ambito delle nazioni Unite il piano era quello di creare l’Interna�onal Bill of Human Rights che avrebbe dovuto essere composto da tre elemen�: la dichiarazione universale del 48, un tra�ato (quindi uno strumento vincolante) che contenesse più o meno gli stessi diri� previs� dalla dichiarazione, misure per garan�re l’a�uazione quindi qualche meccanismo capace di indurre gli Sta� a rispe�are le norme sui diri� umani. Quindi dopo la dichiarazione si iniziò a lavorare per i passi successivi. In par�colare, per l’adozione del tra�ato. Si tra�a di una prassi seguita molto spesso sia dalle Nazioni Unite che dai suoi is�tu� specializza�: iniziare con una dichiarazione e farla seguire da un tra�ato vincolante. Stava però risultando piu�osto difficile riuscire a trovare un accordo sul contenuto del tra�ato. In periodo di guerra fredda, le due sezioni avevano delle visioni diverse rela�vamente ai diri� umani: per il mondo occidentale erano essenzialmente i diri� civili e poli�ci, cioè quei diri� individuali della persona con cui essa è in grado di difendersi dagli abusi dello Stato. Mentre per la parte comunista i diri� erano economici, sociali, culturali basa� sulla solidarietà. La controversia risiedeva su quale fosse la categoria che meritasse più evidenza. 1 (che cos�tuisce lo scopo principale dell’esistenza dell’OIL). Si tra�a di una convenzione controversa per una serie di mo�vi: in primo luogo essa si rifiuta di riconoscere il principio dell’autodeterminazione dei popoli a favore delle popolazioni indigene perché (paragrafo 3 dell’art. 1) l’u�lizzo del termine “peoples” non sarà inteso come avente implicazione riguardo ai diri� che possono essere a�ribui� a questo termine in base al diri�o internazionale. Ma lo scopo di questa disposizione è essenzialmente di evitare che le popolazioni indigene possano avere pretese secessionis�che. sostanzialmente, il diri�o che viene a�ribuito ai popoli (peoples) in base al diri�o internazionale è il diri�o all’autodeterminazione e tradizionalmente è inteso come un diri�o a o�enere l’indipendenza quindi gli Sta� avevano paura che per il solo fa�o dell’u�lizzo del termine peoples a un certo punto le popolazioni indigene potessero accampare la pretesa (che potrebbe anche essere giusta) di staccarsi dallo Stato e di o�enere un’indipendenza territoriale. Anzitu�o, la prima preoccupazione è non toccare la sovranità degli Sta� ma ci sono anche aspe� posi�vi come il riconoscimento di un diri�o alla terra che viene riconosciuto a favore delle popolazioni indigene tenendo in considerazione il valore culturale che la terra ha per i popoli indigeni. Naturalmente la terminologia u�lizzata è abbastanza flessibile per es. l’art. 14 stabilisce che debbano essere prese delle misure per riconoscere il possesso da parte dei popoli indigeni delle terre occupate tradizionalmente ma queste misure devono essere prese quando sono appropriate e sono gli Sta� a decidere quando lo sono (il contenuto delle norme dei tra�a� internazionali viene accuratamente scelto e l0’u�lizzo di certe formule ha lo scopo di lasciare un margine di manovra a favore degli Sta�). Ciononostante, si tra�a di una convenzione molto avanzata perché fino a quel momento l’unico strumento internazionale esistente di un certo rilievo per la protezione dei popoli indigeni prevedeva l’assorbimento nella società dominante per cui riconoscere il diri�o alla terra e alle risorse naturali di quest’ul�ma (art. 15) cos�tuisce una grossa conquista. In termini pra�ci dobbiamo tenere conto che le maggior par� delle controversie tra gli Sta� e i popoli indigeni riguardano proprio lo sfru�amento delle risorse che si trovano nelle loro terre. Questo perché le terre da loro occupate non sono mai state toccate per cui sono le più ricche di risorse disponibili e naturalmente le popolazioni indigene ritengono che ciò che sta nel so�osuolo abbia un valore spirituale (la terra è la madre, ciò da cui tu�o nasce nella concezione di vita di ques� popoli). Mentre gli Sta� ragionano dal punto di vista dello sfru�amento quindi c’è un grosso confli�o tra le norme tenden� alla tutela del diri�o alla terra e allo stesso tempo l’intenzione degli Sta� di sfru�are queste terre per o�enere ricchezza e quindi si creano mol�ssime situazioni di pericolo per le popolazioni in quesitone. In mol� Paesi c’è un’impressione di tutela dei diri� di queste popolazioni ma poi si verificano circostante inspiegabili e misteriose (per es. in Cile vengono manda� dei ci�adini occidentali a vivere con gli indigeni: la presenza di cer� osservatori tutela queste popolazioni in quanto in questo caso si potrebbe sollevare un caso diploma�co nei confron� del governo al verificarsi di situazioni misteriose). In realtà oggi c’è molta a�enzione per le popolazioni indigene: Paraguay vi era una popolazione che non aveva mai avuto conta� con la società occidentale e il Museo di Scienze Naturali di Londra voleva fare una spedizione per studiarle che non venne permessa perché la loro salute sarebbe stata messa in pericolo da mala�e portate dagli osservatori per i quali loro non avevano an�corpi (es. raffreddori). Fino a vent’anni fa il problema non si sarebbe posto, mentre ora c’è tu�o un movimento internazionale per la tutela di queste popolazioni. La convenzione è il primo risultato tangibile dal punto di vista giuridico dell’a�enzione della comunità internazionale per le popolazioni indigene. Il problema è che questa convenzione non ha avuto un grosso successo perché se andiamo a vedere le ra�fiche vediamo che più che un cara�ere universale la convenzione ha cara�ere regionale perché l’hanno ra�ficata quasi tu� i Paesi dell’America la�na (e la maggior parte di loro non hanno popolazioni indigene sul territorio): quindi è stata fa�a per porre il problema delle popolazioni indigeni nella comunità internazionale. Quindi la convenzione non ha giocato un ruolo importante nella tutela dei popoli indigeni come è accaduto per gli organismi di tutela dei diri� umani. Per es. se andiamo a vedere il pa�o sui diri� civili e poli�ci menziona le minoranze stabilendo che le persone appartenen� a minoranze etniche, religiose o linguis�che (è un diri�o individuale perché la norma menziona “persone appartenen�” e non minoranze in quanto tali) non si vedranno negate il diri�o di godere della loro cultura, di professare e pra�care la loro religione o di u�lizzare il loro linguaggio. I popoli indigeni giuridicamente vengono dis�n� dalle minoranze perché hanno esigenze diverse e infa� hanno diri� diversi, ma con riguardo a questa norma abbiamo un’interpretazione che è stata data dal Comitato sui diri� umani che è l’organismo di controllo is�tuito dal pa�o sui diri� civili e poli�ci. Gli organismi di controllo fanno commen� generali in cui spiegano come interpretare una norma e nel commento generale sul �tolo 27 ci dà un’interpretazione molto ampia del termine minoranza, tale da ricomprendere anche i popoli indigeni. Questo come sempre per dare la maggiore effe�vità possibile alla norma: il pa�o sui diri� civili e poli�ci non tutela dire�amente i popoli indigeni (questo termine non si trova quasi in nessuno strumento internazionale) ma siccome anche i membri dei popoli indigeni sono esseri umani anche i loro diri� devono essere tutela� e quindi il comitato li fa rientrare nel termine “minoranze”. E qui abbiamo un importante esempio di interpretazione evolu�va, il paragrafo 6.2: il comitato conferma che il diri�o previsto dall’art. 27 è di cara�ere individuale perché questo emerge dire�amente dalla formulazione della norma, ma quando dobbiamo dare realizzazione concreta a questo diri�o dobbiamo tenere conto di quelle che sono le condizioni concretamente necessarie affinché un diri�o possa trovare effe�va realizzazione e il comitato ci dice che la realizzazione di ques� diri� di fa�o dipende dall’abilità di una minoranza di mantenere la sua cultura, linguaggio, religione. Da ciò consegue che lo Stato deve prendere delle misure per proteggere l’iden�tà culturale di una minoranza. Abbiamo una sorta di upgrade del diri�o da individuale a colle�vo perché nell’ambito di certe minoranze, affinché quel par�colare diri�o di cara�ere individuale possa essere tutelato, è indispensabile proteggere il gruppo nel suo complesso. Per cui sebbene il pa�o faccia bene a�enzione a a�ribuire diri�o colle�vi ques� esistono grazie all’interpretazione evolu�va fornita dal meccanismo di controllo che è il comitato sui diri� umani. Nel paragrafo 7 c’è un riferimento ai popoli indigeni: con riferimento all’art. 27, il comitato osserva che la cultura manifesta se stessa in molte forme e include un par�colare modo di vita che ha a che fare con l’u�lizzo delle risorse della terra, specialmente nel caso dei popoli indigeni: è chiaro che l’art. 27 riguarda i popoli indigeni e secondariamente abbiamo un diri�o alla terra che implicitamente deriva da un’altra norma quindi abbiamo un diri�o implicito per realizzare in modo adeguato un diri�o esplicitamente previsto dalla norma. Affinché i membri delle popolazioni indigene possano godere della loro cultura, è indispensabile che la popolazione indigena nel suo complesso possa usufruire del diri�o alla terra che può includere le a�vità tradizionali come pesca e caccia e vivere nelle riserve prote�e dalla legge (ovvero porzioni di terreno tradizionalmente occupate dalla popolazione) e il godimento di ques� diri� può richiedere misure giuridiche di cara�ere posi�vo di protezione da parte dello Stato nonché la partecipazione dei membri delle minoranze nelle decisioni che li riguardano (notare quante interpretazioni possano emergere dall’espressione “godere della propria cultura”). Infa� (dal momento che i diri� sono individuali) la maggior parte dei ricorsi individuali presentate in relazione all’art. 27 riguardano pretese sulla terra da parte delle popolazioni indigene e in tu� ques� casi il comitato ha riconosciuto una violazione dell’art. 27. Sebbene ci sia una convenzione internazionale la tutela dei popoli indigeni si è per lo più sviluppata grazie all’azione degli organismi di controllo sui diri� umani (perché la convenzione non garan�sce effe�vità fa�a eccezione per i Paesi dell’America la�na). Possiamo fare rientrare queste azioni in un contesto ampio di giurisprudenza (nonostante i comita� non siano cor�) che riguarda l’interpretazione di norme. Questa interpretazione è stata imitata da altri comita� come quello contro la discriminazione razziale che sancisce che per non essere sogge� a discriminazioni razziali bisogna avere il diri�o alla terra. Caso del governo del Nicaragua che dà alla popolazione la possibilità di sfru�are il legname presente nel territorio della comunità di Awas Tingni (dall’altra parte dell’oceano Atlan�co) che è stato portato davan� alla corte interamericana dei diri� umani che deve verificare se c’è una violazione della convenzione sul cui rispe�o è deputata a vigilare ovvero la convenzione americana dei diri� umani ado�ata nel 1969 e riguarda il con�nente americano dal Messico in giù perché non è stata ra�ficata da Canada e Sta� Uni�. Vi sono una serie di diri� civili e poli�ci ma nulla che riguardi i popoli indigeni o che apparentemente potrebbe far pensare all’esistenza di un diri�o di quel �po. Nel caso in ques�one la corte interamericana prende in considerazione l’art. 21 (diri�o di proprietà): chiunque ha il diri�o al godimento delle proprietà e si tra�a di un diri�o non assoluto (in quanto amme�e deroghe) per cui se c’è un diri�o preminente la proprietà può essere lesa (es. espropriazione). Questa concezione riprende quella occidentale della proprietà privata. La corte dice che tra le popolazioni indigene c’è una tradizione comunitaria riguardante una forma comune di proprietà colle�va della terra, non concentrata sull’individuo ma piu�osto sul gruppo e sulla sua comunità. I gruppi indigeni hanno il diri�o di vivere liberamente nel proprio territorio, riconosciuto e compreso come la base della loro cultura, della loro sopravvivenza economica e della loro iden�tà in quanto la relazione con la terra non è solo una ques�one di possesso e produzione ma anche un elemento materiale e spirituale di cui devono godere al fine di preservare l’eredità culturale e trasme�erla alle generazioni future. L’interpretazione del diri�o di proprietà è 1 estremamente elaborata perché porta al riconoscimento di un diri�o alla terra che non è incluso nell’art. 21, secondariamente si tra�a di un diri�o colle�vo mentre l’art. 21 fa riferimento a un diri�o individuale. In terzo luogo, la corte enfa�zza l’importanza della proprietà intesa in senso lato, della terra tradizionale della popolazione indigena. Quindi se il diri�o alla proprietà può essere ogge�o di deroga in presenza di un interesse, per la popolazione indigena in genere questa deroga non ci può essere a meno che l’interesse pubblico non sia essenziale per l’intera popolazione e questo è determinato dall’elemento spirituale: non è una semplice proprietà ma è fondamentale per la vita stessa del gruppo indigeno. Di conseguenza all’importanza di questo diri�o è superiore al diri�o di proprietà ordinario che si può avere su qualsiasi bene. C’è l’elemento di connessione tra la terra e l’iden�tà culturale anche a beneficio delle popolazioni future. Questo c’è scri�o anche in sentenze successive in cui la Corte spiega il perché di questo approccio estensivo dell’art. 21 facendo rientrare il diri�o alla terra delle popolazioni indigene nel diri�o di proprietà; la corte dice di aver dato questa interpretazione perché altrimen� milioni di persone non avrebbero avuto alcuna protezione perché il diri�o di proprietà per le popolazioni indigene implica questo discorso. Le popolazioni indigene nemmeno conoscono il conce�o di proprietà privata perché tu�o appar�ene alla comunità e se gli individui hanno dei pezzi di terra gli individui sono custodi: ciò è tes�moniato dal fa�o che la terra non può mai uscire dalla comunità (per es. deve essere trasmessa agli uomini perché la donna la porterebbe nell’altra comunità) e deve essere trasmessa a qualcuno appartenente a quel gruppo. Quindi la tutela delle popolazioni indigene si sviluppa sopra�u�o grazie all’a�vità degli organismi di controllo. Anche a livello delle nazioni unite, il comitato sui diri� economici, sociali e culturali ha pubblicato un commento generale sull’art. 15 paragrafo 1 le�era A del pa�o sui diri� economici, sociali e culturali secondo il quale “chiunque ha il diri�o di partecipare alla vita culturale”. Da questa norma il comitato parla di tu�e le implicazioni che vi scaturiscono tra cui il diri�o dei popoli indigeni a mantenere il possesso delle terre tradizionali, quindi questo diri�o è parte del diri�o alla partecipazione nella vita culturale. Anche il comitato sui diri� dell’infanzia ha ado�ato questa prassi dicendo che i bambini hanno il diri�o di mantenere il legame con la propria terra. Ma quando si parla di popolazioni indigene non si considera solo il diri�o alla terra, ma ci sono due conce� basilari: la visione olis�ca della vita, che indica che viene considerato qualsiasi elemento dell’esistenza (animato, inanimato, visibile o invisibile): ogni de�aglio che cara�erizza la vita sulla terra è indispensabile. circolo della vita. Il cerchio viene considerata la figura perfe�a in cui tu� i pun� sono conseguen� l’uno all’altro. Per cui dobbiamo stare a�en� a no dis�nguere i vari diri� tra di loro. Qualsiasi �po di violazione nei confron� dei popoli indigeni non cos�tuisce l’infrazione di un diri�o ma di tu� i diri�. E per usufruire in modo adeguato di un determinato diri�o bisogna essere in grado di godere anche di tu� gli altri. Ques� principi sono espressi in una dichiarazione: la dichiarazione delle Nazioni Unite sui diri� dei popoli indigeni che è stata approvata dall’assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2007. È una dichiarazione di principi come quella del 48 quindi di per sé stessa non vincolante. Ma è molto par�colare per una serie di mo�vi. Prima di tu�o perché alla stesura della dichiarazione non hanno partecipato solo gli Sta� ma anche i rappresentan� di varie popolazioni indigeni di tu�o il mondo: per tale mo�vo sono sta� necessari 22 anni di negozia�, perché le posizioni degli Sta� da un lato e dei rappresentan� dall’altro sembravano apparentemente inconciliabili. C’era la così de�a ba�aglia della “S” perché per gli Sta� questa dichiarazione si sarebbe dovuta chiamare “declara�on of the Rights of indigenous people” perché il termine peoples dell’89 secondo il diri�o internazionale implica un diri�o all’autodeterminazione che viene inteso come un diri�o all’indipendenza degli Stari. Questo è uno dei principali mo�vi che ha creato un empasse ed è stato risolto inserendo un ar�colo alla fine della dichiarazione (art. 46 paragrafo 1) in base al quale nessuna norma della dichiarazione potrà autorizzare qualsiasi �po di azione che potrebbe me�ere in discussione la sovranità territoriale degli Sta�. Questo equivale a dire che il diri�o all’autodeterminazione dei popoli indigeni non può raggiungere il livello di un diri�o alla secessione: cioè il diri�o di sovranità territoriale degli Sta� dovrà essere mantenuta integra. Fermo restando che le popolazioni indigene non hanno bisogno di un’indipendenza poli�ca, dallo Stato in cui si trovano. Infa� si fa riferimento a un’autodeterminazione interna ovvero queste popolazioni devono godere di un grado di autonomia soddisfacente con riguardo alle ques�oni interne alla popolazione e allo stesso tempo hanno il diri�o a partecipare all’a�vità legisla�va rela�va alle ques�oni che la riguardano. deve essere necessaria (la convenzione europea aggiunge “necessaria in una società democra�ca” che non è contenuta nel pa�o sui diri� civili e poli�ci perché in Europa il conce�o di democrazia è condiviso da tu� i Paesi mentre se si considera tu�o il mondo alcuni Paesi non condividono la filosofia alla base della democrazia così come è concepita nel mondo occidentale) a proteggere (e i mo�vi che gius�ficano la restrizione cambiano di diri�o in diri�o perché dipende dalle cara�eris�che del diri�o che si vuole esercitare o limitare) sicurezza pubblica, ordine pubblico, salute, morale pubblica o i diri� e le libertà fondamentali di altre persone. Per es. una determinata manifestazione religiosa può offendere altre religioni e c’è da decidere quale debba avere la prevalenza consentendo l’offesa perme�endo alla persona di con�nuare a manifestare la propria religione oppure impedirle di manifestarla per evitare che un’altra persona possa sen�rsi offesa (i confli� fra diri� sono molto frequen� e quando ci sono bisogna trovare una situazione che contemperi entrambi i diri� oppure è necessario stabilire quale sia prevalente nel caso di specie). Questo �po di situazione non viene applicata solo al diri�o di manifestare la propria religione ma anche le proprie opinioni (comma 3 art. 19) che può essere limitato quando è previsto dalla legge ed è necessario per il rispe�o dei diri� o della reputazione degli altri (la reputazione è uno dei valori che può essere facilmente violato a�raverso l’espressione di un’opinione) oppure per la protezione della sicurezza nazionale, l’ordine pubblico, la salute o la morale pubblica. Un discorso analogo si può fare per il diri�o di proprietà che in tu� gli Sta� può essere espropriata quando esiste una necessità pubblica e questo si rifle�e anche a livello internazionale. Quindi teniamo presente che ci sono dei diri� assolutamente fondamentali che non possono essere mai ogge�o di restrizione o deroghe, quello che possono essere ogge�o di deroghe solo in situazioni di emergenza pubblica oppure quelli che possono essere sempre ogge�o di restrizioni o deroghe a parte che esistono certe condizioni (non tu� i diri� umani hanno la stessa importanza). Gli organismi di controllo assumono orientamen� diversi in base a quanto il diri�o sia importante e se possa essere considerato inderogabile o meno. Nell’ambito delle Nazioni Unite sono sta� ado�a� importan� tra�a� mul�laterali aper� nell’ambito dei diri� umani che riguardano o la tutela contro specifiche violazioni o la protezione di determinate categorie di esseri umani considerate più vulnerabili rispe�o alla media. Seguendo un criterio cronologico: • Convenzione supplementare sulla schiavitù del 1956 (la convenzione principale era stata ado�ata nel 1926 dalla SDN). All’art. 1 con�ene una definizione ancora oggi considerata valida in base al diri�o consuetudinario ed è abbastanza flessibile perché in base ad essa la schiavitù è lo stato o la condizione di una persona sulla quale sono esercitate tu� o alcuni degli a�ribu� del diri�o di proprietà. Abbiamo la schiavitù quando si instaura un rapporto di proprietà di un individuo nei confron� di un altro. Questa definizione è importante perché parla degli a�ribu� del diri�o di proprietà ovvero il diri�o di disposizione e il diri�o di godimento quindi quando una persona li esercita in modo pieno nei confron� di un’altra persona si rientra nell’ambito del conce�o di schiavitù perciò abbiamo una condizione di schiavitù. La definizione è flessibile perché non dobbiamo guardare agli elemen� formali ma alla situazione concreta per cui lo schiavo per es. sarà anche il bambino costre�o a pros�tuirsi. Il problema è che a questa definizione veniva data un’interpretazione da parte degli Sta� che aveva cara�ere restri�vo, ovvero tendevano a parlare di schiavitù soltanto in maniera tradizionale quindi è stato deciso di ado�arla sulla schiavitù, la tra�a degli schiavi e sulle is�tuzioni e pra�che assimilabili alla schiavitù. Gli Sta� faranno in modo di considerare come forma di schiavitù le seguen� is�tuzioni e pra�che a prescindere dal fa�o che esse rientrino o meno nella definizione di schiavitù della convenzione del 26. Ovvero, anche se non si considerano parte della definizione devono essere tra�ate come forme di schiavitù quindi forme di sfru�amento che equivalgano alla stessa senza bisogno di interpretare l’art. 1 del 1926. È una convenzione quindi che è stata fa�a per accrescere l’effe�vità della lo�a alla schiavitù facendone rientrare il più alto numero possibile di fa�specie. Si parla di: Schiavitù da debito, che cos�tuisce una situazione in cui una persona viene fa�a lavorare per saldare il debito. Il problema è che tu�o ciò che guadagnano viene u�lizzato per coprire il debito e il creditore garan�sce ai suoi lavoratori un sostegno -vi�o, alloggio- e il valore di questo sostegno è superiore a. ciò che il lavoratore riesce a ripagare tramite la sua a�vità quindi si accumula un ulteriore debito e si con�nua a lavorare all’infinito per il creditore. È un circolo vizioso in cui il pretesto del debito serve a tenere la persona in condizione di schiavitù e viene considerata una condizione gale perché alla persona non viene data la possibilità di ripagare il debito, anzi deve lavorare a tempo indeterminato senza mai avere la possibilità di liverarsi. 1 Poi abbiamo il servaggio, cioè lo status di servitù in base al quale una persona è costre�a contro la sua volontà a lavorare per un’altra a�raverso determina� servizi. Matrimoni forza�, quando una ragazza è costre�a a sposare qualcuno che in realtà non vorrebbe. Lavoro minorile, in cui un bambino è ceduto a uno sfru�atore allo scopo di u�lizzare il suo lavoro. (sentenza della corte di Assise di Firenze che considera la schiavitù dei bambini “arga�” che vengono costre� a mendicare per la strada, la maggior parte dei quali erano di origine slava -argat: parola macedone che significa al servizio del padrone-). • Nel 1965 abbiamo la convenzione sull’eliminazione di tu�e le forme di discriminazione razziale, importante in quanto lo scopo non è solo quello di comba�ere la discriminazione razziale che è un fenomeno in un certo qual modo insito nella paura dell’altro dell’essere umano. Contempla l’intenzione di is�tuire un comitato, il CERD (comitato sull’eliminazione delle discriminazioni razziali). Così come il comitato dei diri� umani is�tuito dal pa�o sui diri� civili e poli�ci e quello sui diri� economici, sociali e culturali può ricevere delle pe�zioni individuali. E questo è uno dei casi in cui tale competenza non viene a�ribuita da un protocollo bensì da una norma della convenzione stessa che è l’art. 14: “uno Stato parte può in qualsiasi momento (quindi non solo contestualmente alla ra�fica) che riconosce la competenza del comitato di ricevere e considerare comunicazioni provenien� da individui o gruppi di individui che nell’ambito della sua giurisdizione sostengono di essere state vi�me di una violazione da parte dello stato di uno di quei diri� previs� da questa convenzione”, cioè lo Stato può dichiarare che il comitato è competente a ricevere ricorsi individuali contro di lui. Deve tra�arsi di una dichiarazione ad hoc, cioè ulteriore rispe�o alla ra�fica quindi il solo fa�o di ra�ficare alla convenzione non so�opone lo Stato alla competenza del comitato di ricevere ricorsi individuali ma occorre un’altra dichiarazione. Naturalmente tu�o è stru�urato per garan�re la massima effe�vità possibile di ques� strumen�. Anche la possibilità di farlo in qualsiasi momento facilita il proliferarsi di questa dichiarazione. Se il comitato ha competenza a ricevere ricorsi individuali si accresce notevolmente il grado di effe�vità della convenzione. Tra l’altro questa è una delle convenzioni maggiormente ra�ficate con 179 ra�fiche ma non tu� hanno effe�uato la dichiarazione prevista dall’art. 14. Il Comitato è progressista, ovvero dà una dichiarazione assai estensiva delle norme previste dalla commissione per es. il diri�o alla terra delle popolazioni indigene necessario al fine di non porre in essere discriminazioni razziali nei loro confron�. • Convenzione collegata ideologicamente alla discriminazione razziale, per l’eliminazione del crimine di Apartheid del 1973 (che veniva pra�cata sopra�u�o in Sud Africa nei confron� delle persone di colore). Non is�tuisce un comitato ma considera il crimine di Apartheid come un crimine internazionale. Il crimine include non soltanto quello pra�cato in Sud Africa ma qualsiasi poli�ca e prassi simile che è analoga a quella pra�cata in Sud Africa. Si parla di a� inumani e di crimini internazionali. • Convenzione contro la tortura del 1984: “convenzione contro la tortura e altri tra�amen� o punizioni crudeli, inumani o degradan�”. Benché fossero già previs� nei pa� sui diri� civili e poli�ci è stata sen�ta l’esigenza di s�pulare una convenzione ad hoc in quanto si tra�a di una violazione molto diffusa. Quali sono le principali cara�eris�che? C’è una definizione di tortura: “è proibita in tu� i tra�ai sui diri� umani di cara�ere generale ma nessuno di essi dice cosa si intende per tortura. Qui vi è una definizione concisa ma che ha l’aspe�o nega�vo o di limitare gli ambi� di applicazione della convenzione che infa� si applica ai tra�amen� di tortura che sono infli� da organi o agen� dello Stato. Per cui i casi priva� non rientrano nell’ambito di applicazione della convenzione. D’altra parte, presenta degli aspe� posi�vi notevoli per es. l’art. 3 che sancisce il principio del “non refouler”, già sancito dalla convenzione sulla protezione dei rifugia� (Ginevra, 1951 art. 33) che però prevede la possibilità di non applicarlo nei confron� delle persone pericolose. Qui questa accezione non p prevista per cui il divieto di deportazione di una persona presso un paese in cui è possibile che possa essere so�oposto a tortura vale per tu�, anche per quelli che possono cos�tuire un pericolo per la sicurezza pubblica dello Stato in cui si trovano, per cui la convenzione cos�tuisce un passo avan�. Anche questa convenzione cos�tuisce un comitato che è il Comitato contro la tortura (CAT: commi�ee against torture) che accoglie ricorsi individuali se (art. 22) lo stato parte contro cui si intende presentare ricorso abbia fa�o una dichiarazione in qualsiasi momento con la quale acce�a la competenza del comitato a ricevere ricorsi individuali (stesso riscorso della convenzione sulla discriminazione razziale) quindi una dichiarazione ulteriore alla ra�fica in cui si acce�a questa competenza. Anche qui il comitato svolge un’a�vità importante perché consente alle norme della convenzione di coprire un numero di situazioni maggiore rispe�o. A quello che a prima vista deriverebbe da un’interpretazione le�eraria delle norme. Per es. il requisito del coinvolgimento di un organo o un agente dello Stato nell’a�o di tortura viene interpretato dal comitato in maniera estensiva per es. in un Paese instabile o in cui vi è una guerra civile in cui dei gruppi esercitano un controllo poli�co in certe aree del paese (e non sono governa�vi, anzi nella maggior parte dei casi sono contro il governo) vengono considera� alla strenua di gruppi governa�vi e vengono fa� rientrare nella definizione. Ques� comita� garan�scono maggiore effe�vità so�o due profili: perché possono ricevere ricorsi individuali (quindi la vi�ma può rivolgersi al comitato per o�enere per lo meno una decisione anche se non sono vincolan�, ma almeno un organismo internazionale di assoluta importanza dà visibilità alla violazione e gli Sta� si conformano anche se non sono vincolan�) e il secondo elemento è l’interpretazione estensiva che viene fornita da ques� organismi che consente di ampliare l’ambito di applicazione dello strumento di riferimento perme�endo a più persone di usufruire della protezione a�ribuita dallo stesso (es. facendo rientrare il diri�o alla terra nel divieto di discriminazione razziale si amplia. Ci sono convenzioni che riguardano determinate categorie di esseri umani ovvero quella sulle donne e quella sui bambini: 1. Convenzione sull’eliminazione di tu�e le forme di discriminazioni contro le donne, ado�ata nel 1979 e ra�ficata da mol� Sta� che cerca di far riferimento a tu�e le possibili forme di discriminazione contro le donne. È forse uno dei tra�a� più controversi in quanto gli uomini non son dispos� a cedere la loro posizione di supremazia in tu� i contes� sociali. Is�tuisce anch’essa un comitato (CEDAW) che cerca di contemperare le varie visioni, quindi abbastanza prudente nelle sue prese di posizione ma ha anche un approccio marcatamente progressista per es. in una delle sue raccomandazioni generali ha chiesto agli Sta� parte di rimuovere le riserve fa�e sulle norme della convenzione. Anche nei confron� di questo comitato è possibile presentare ricorsi individuali ma si segue lo stesso approccio dei pa� del 66 nel senso che c’è un protocollo opzionale emanato nel 1999 che prevede la possibilità per gli individui di presentare ricorsi dire�amente davan� al comitato e questo sarà possibile solo nei confron� degli Sta� parte della convenzione che abbiano ra�ficato anche il protocollo opzionale. 2. C’è poi la convenzione sui diri� dell’infanzia chiamata “convenzione sui diri� del bambino” ado�ata nel 1989 ed è probabilmente l’accordo internazionale maggiormente ra�ficato in assoluto in quanto abbiamo 196 Sta� parte. L’unico Stato che non ha ra�ficato questa convenzione sono gli USA. La spiegazione è che tra�andosi di una federazione non sono in grado di farlo perché la convenzione sui diri� dell’infanzia cerca di affrontare tu�e le situazioni in cui sussiste la possibilità che i diri� dei bambini siano viola� e le diverse fa�specie in cui si cerca di prendere provvedimen� nei confron� del bambino. L’argomentazione è che alcune delle competenze che dovrebbero essere esercitate sulla base della convenzione, secondo il diri�o cos�tuzionale americano non sono competenze dello Stato centrale ma dei singoli sta� e la suddivisione di competenze a livello cos�tuzionale p molto ne�a per cui il governo centrale non può interferire con i singoli Sta�. Dal punto di vista della responsabilità internazionale la convenzione potrebbe essere violata dai singoli Sta� ma il principale responsabile sarebbe il Governo degli Usa che, a causa della separazione di poteri sancita dalla Cos�tuzione, non avrebbe la possibilità di imporre ai singoli Sta� un comportamento tale da rimuovere la violazione. Ovviamente non basta ra�ficare un tra�ato per far sì che i diri� siano tu� rispe�a�. Addiri�ura cer� giudici distre�uali degli Sta� Uni� sono sta� duri nei confron� del Governo per non aver ra�ficato la convenzione. Altri giudici considerano norme consuetudinarie quelle della convenzione dal momento che l’hanno ra�ficata quasi tu� gli Sta� quindi vincolan� anche per gli USA. C’è una norma che prevale su tu�e le altre e che può portare anche a situazioni di provvedimen� che vanno totalmente contro le norme della convenzione, quando ciò sia gius�ficato per tutelare l’interesse superiore del bambino= considerazione primaria per cui 1 che, ad eccezione degli ultimi due, sono stati ratificati da tutti gli stati membri del Consiglio d’Europa. È questo l’elemento che rende il sistema istituito dalla Convenzione europea il più efficace di tutti a livello internazionale. Non tutti i protocolli avevano lo stesso fine, alcuni sono stati adottati con l’intento di aggiungere dei diritti a quelli previsti, ad esempio il diritto di proprietà previsto dall’art. 1 del protocollo 1, il diritto all’educazione previsto dall’art. 2 del protocollo 1. È importante leggere la Convenzione in modo congiunto con i protocolli, poiché vi sono degli articoli rimasti invariati, ad esempio l’art. 2 della Convenzione Diritto alla vita prevede che: <<1. Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nel caso in cui il reato sia punito dalla legge con tale pena.>> Quando è stata adottata la Convenzione, la pena di morte costituiva un’eccezione lecita del diritto alla vita, è stata abolita in tutte le circostanze tramite i protocolli 6 e 13. Da questo punto di vista è importante anche il protocollo 16, non è entrata in vigore perché mancano le ratifiche della Bosnia Erzegovina e dell’Italia. L’ammissibilità riguarda l’aspetto formale, ad esempio la giurisdizione della Corte, la su competenza a ricevere quel caso. Il merito riguarda la sostanza del caso, l’analisi dei fatti e il conseguente accertamento della violazione. Art. 35 paragrafo 1. <<La Corte non può essere adita se non dopo l’esaurimento delle vie di ricorso interne, come inteso secondo i principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti ed entro un periodo di sei mesi a partire dalla data della decisione interna definitiva>> La regola di previo esaurimento dei ricorsi interni è la principale regola di ammissibilità, il ricorso deve essere presentato entro un periodo di sei mesi dalla data della decisione finale a livello interno. Solo quando si ha una sentenza definitiva sono stati esauriti i ricorsi interni. Il protocollo 16, al momento in cui entrerà in vigore (dopo 6 mesi dalle ratifiche di Bosnia e Italia), apporterà un’innovazione rilevante alla Convenzione riducendo il termine di 6 mesi a 4. In particolare, i protocolli 1, 4, 6, 7, 8, 12 e 13 hanno avuto il merito di aumentare il catalogo dei diritti, gli altri 3, 5, 8, 9, 10, 11 e 14 hanno modificato le regole relative al funzionamento della Corte. Il protocollo 15 riconosce ufficialmente la teoria del margine di apprezzamento, il protocollo 16 attribuisce alla Corte europea dei diritti umani la competenza di emanare opinioni consultive che riguardano l’interpretazione o l’applicazione delle norme della Convenzione o dei protocolli che possono essere richieste dalle Corti supreme degli stati parte della Convenzione, in Italia cassazione. Originariamente c’erano due organi: • La Commissione europea dei diritti dell’uomo • La Corte europea dei diritti dell’uomo, La Commissione sostanzialmente si occupa dell’ammissibilità, se riteneva che il caso fosse ammissibile emetteva un’opinione non vincolante in cui riportava anche i fatti. Se le parti in giudizio avessero desiderato avere una sentenza sarebbe intervenuta la Corte, se la Commissione o lo stato convenuto decidevano di trasferirle il caso. Alternativamente avrebbe potuto essere portato di fronte al Comitato dei ministri. Con il protocollo 11 si è attuata una vera e propria rivoluzione con l’istituzione di una Corte unica e l’eliminazione della Commissione, unico caso al mondo in cui gli individui possono sottoporre il caos direttamente alla Corte. I tempi sono molto lunghi per l’esaurimento dei ricorsi interni, ma il procedimento davanti al sistema della Corte europea è ridotto perché verifica sia l’ammissibilità che il merito. Ulteriori cambiamenti sono stati apportati dal protocollo 14 che ha reso il funzionamento della Corte più spedito rispetto al passato. Dopo l’entrata in vigore del protocollo 11 il numero di ricorsi era molto alto. Il protocollo n. 14 prevede che un caso palesemente inammissibile possa essere respinto direttamente da un giudice, di nazionalità diversa da quello dello stato convenuto (la Corte è composta da un numero di giudici pari al numero degli stati membri). Un caso sul merito può essere deciso da tre giudici specialmente in relazione ai casi per i quali è stata elaborata una giurisprudenza. Prevede che la camera ordinaria sia composta da 7 giudici, e la grande camera sia composta da 17 giudici. La grande camera entra in gioco in primo luogo quando si tratta di casi particolarmente importanti destinati a fare giurisprudenza, in qualche caso può funzionare come organo di appello. Alla fine del 2011 la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva un sospeso di 160 000 casi, alla fine del 2013 i casi si sono ridotti a 99 900, il suo carico di lavoro è diminuito drasticamente e l’ha resa più efficace. (la Corte interamericana ha emanato 374 sentenze da quando è stata istituita). La Corte europea ha competenza contenziosa e può rendere opinioni consultive, i ricorsi per violazione dei diritti umani possono essere presentati sia dagli stati contro altri stati, art. 33, sia individualmente, art. 34, la Corte può ricevere ricorsi da qualsiasi persona, organizzazioni non governative o gruppi di individui, deve trattarsi di colui o coloro che lamentano di essere vittime della presunta violazione. È un’altra differenza che caratterizza il sistema europeo da quello africano in cui non c’è il requisito di essere vittima per massimizzare la possibilità di ricevere ricorsi. Ci sono tre tipi di vittime: • La vittima diretta: colui che lamenta di aver subito delle violazioni. • La vittima indiretta: viene in gioco quando la vittima diretta non è in grado di presentare il ricorso, ad esempio per violazione del diritto alla vita o nel caso della sparizione di una persona. • La vittima potenziale non è stata ancora oggetto di una violazione dei diritti umani, ma potrebbe diventarlo qualora lo stato si comporti in un certo modo. In questo caso si potrebbe ricorrere al fine di prevenire una violazione, il caso classico è quello di non refoulement. Si applica quasi esclusivamente con riguardo all’art.3: proibizione della tortura e di trattamenti e punizioni inumani e degradanti. L’articolo è stato pensato in modo tale da evitare la deportazione di un individuo nei casi in cui ci sia un rischio concreto di essere sottoposto a tortura. Le misure cautelari non sono previste dalla Convenzione, ma dal regolamento della Corte che può ordinare misure provvisorie o cautelari quando ci sia il rischio di un pregiudizio irreversibile della vittima, esempio un caso di deportazione o di espropriazione. Le misure cautelari non incidono sul merito, la Corte deve ancora decidere se c’è una violazione, si congela la situazione in attesa di una decisione sul merito. I ricorsi interstatali presentati fino ad oggi sono solo 9, uno dei casi più famosi è Cipro contro Turchia. Un ricorso sarà portato contro uno o più stati nel caso di una corresponsabilità, qualsiasi stato membro può intervenire in qualsiasi ricorso se ha un interesse perché la Corte con le sue sentenze crea dei precedenti. Lo stato può avere il desiderio di supportare il paese convenuto perché vuole che la Corte giunga ad una determinata soluzione. 21/03/2019 Unione europea: c’è una differenza tra il sistema is�tuito dalla convenzione europea che fa parte del Consiglio d’Europa e l’Unione europea che è un’altra organizzazione internazionale che cos�tuisce il fru�o di una lunga evoluzione: nasce con il tra�ato di Maastricht del 92 ma precedentemente esistevano le comunità europee, in par�colare quella is�tuita a Parigi nel 1951 (comunità europea del carbone e dell’acciaio) e con i tra�a� di Roma del 1957 furono is�tuite la comunità europea dell’energia atomica e la comunità economica europea. Nel 92 queste ul�me comunità erano state accorpate in una sola is�tuendo l’Unione europea. Per un po' di tempo le due en�tà sono andate “a bracce�o” fino al 2009 quando con il tra�ato di Lisbona la comunità europea è sparita e ora abbiamo solo l’unione europea. Che ruolo hanno in tu�o questo i diri� umani? Inizialmente erano esclusi dalle competenze delle comunità europee: nei tra�a� is�tu�vi delle comunità vi erano delle norme che indire�amente facevano riferimento ai diri� umani per es. la parità dei generi o anche la regola per cui a parità di lavoro uomini e donne dovevano avere la stessa en�tà di retribuzione… ma si tra�ava di diri� funzionali al raggiungimento degli scopi delle comunità, che erano esclusivamente commerciali. Anche se la filosofia alla base della loro is�tuzione era finalizzata a conseguire una pace duratura: in altre parole, i Paesi europei promotori dell’inizia�va volevano legare un legame forte con la Germania considerata un Paese pericoloso e quindi creando un interesse comune molto forte si pensava che avrebbe garan�to una prevenzione delle guerre e quindi quale interesse più efficace di quello economico? Quindi sostanzialmente vi erano scopi puramente economici: le comunità europee e oggi l’unione presentano principi fondamentali basa� sulle qua�ro libertà (libera 1 circolazione delle persone fra cui i lavoratori, libera circolazioni delle merci, libera circolazione dei servizi, libera circolazione dei capitali) che ci interessano perché queste possono contrastare con i diri� umani come all’opposto possono andare di pari passo con la loro tutela. Quindi i diri� umani originariamente erano ignora�, ma questo dava vita a un problema: poteva accadere che le norme delle comunità europee, siccome queste si basavano su un principio di supremazia (il diri�o europeo prevale su quello nazionale, per cui c’è un obbligo per gli sta� membri di a�enersi alle norme UE e di ada�are il proprio diri�o alle stesse con una cessione di competenze che possono essere esclusive -quindi soltanto le is�tuzioni dell’unione possono legiferare-, concorren� -linee guida dell’Unione e competenza anche degli Sta� membri-) per cui le regole si impongono agli Sta� membri e potevano contrastare con i diri� umani, sopra�u�o per due Sta� membri originari delle comunità europee che li menzionavano tra i principi fondamentali delle loro cos�tuzioni ovvero Germania e Italia (c’era par�colare a�enzione perché si voleva evitare ciò che era accaduto durante la guerra). Se la corte cos�tuzionale deve acce�are che il diri�o comunitario si imponga sul proprio ordinamento giuridico, andando a me�ere in discussione i principi fondamentali cos�tuzionali basa� sui diri� umani, è difficile che questo accada. D’altra parte, è vero che le comunità europee perseguivano scopi esclusivamente economici ma l’a�uazione concreta di ques� scopi e delle norme comunitarie andava a interferire con i diri� umani. Il problema si presenta per la prima volta nel 1959 presso la corte di gius�zia dell’UE (diversa dalla corte europea dei diri� dell’uomo) con la sentenza Stork in cui la corte rifiuta qualsiasi �po di considerazione per i diri� umani in quanto non facen� parte delle competenze della comunità e quando la corte di gius�zia fa le sue valutazioni �ene esclusivamente conto del diri�o comunitario e non del diri�o cos�tuzionale degli Sta� membri che è al di fuori delle competenze della comunità e quindi non può essere ogge�o di considerazione da parte della corte di gius�zia. Primo tenta�vo quindi respinto dras�camente. Dieci anni dopo, sentenza Stauder che è un caso molto interessante perché c’è una norma di una delle tre comunità che prevedeva la possibilità per le persone diversamente abili di comprare del burro a un prezzo più vantaggioso rispe�o agli altri a condizione che queste persone dessero prova della loro condizione di svantaggio. Quindi, di fa�o questa situazione andava a collidere con il diri�o alla privacy in quanto bisognava dimostrare di avere problemi di certo �po (cosa che poteva non essere gradita). Dunque, questa norma andava a contrastare con i diri� umani. Nell’ambito delle comunità prima e dell’UE poi vengono defini� i diri� fondamentali (non diri� umani): è bene tenere in mente questa cosa perché abbiamo sempre de�o che i diri� fondamentali sono quelli più importan�, in par�colare quelli che non possono essere ogge�o di deroga in situazioni di emergenza pubblica. Quindi abbiamo i diri� umani generalmente intesi e quelli fondamentali che cos�tuiscono il nucleo di quelli assolutamente basilari e indispensabili per gli esseri umani. Ad oggi si parla di diri� umani fondamentali per tu� i diri� umani. In questa sentenza la corte di gius�zia si aprì al discorso in base al quale i diri� fondamentali sono parte del diri�o delle comunità europee, quindi l’approccio di Stork viene rovesciato: i diri� fondamentali devono essere tenu� in considerazione anche dalle is�tuzioni della comunità e si pongono nella gerarchia delle fon� come principi generali del diri�o comunitario quindi in posizione intermedia tra i tra�a� delle tre comunità e la legislazione ordinaria (regolamen�, dire�ve, decisioni). Quindi, se abbiamo una gerarchia delle fon� nell’ambito della quale i diri� umani si trovano in una posizione superiore rispe�o alla legislazione ordinaria, significa che quest’ul�ma deve essere compa�bile con le regole sui diri� fondamentali. Successivamente, il numero dei casi so�oposto alla corte di gius�zia è progressivamente aumentato in quanto diverse volte si lamentava il fa�o che almeno potenzialmente diverse norme comunitarie potessero violare i diri� umani: caso internazionale Handelsgesellscha� (1770), Caso Nold (1974) e caso Ru�li (1975). Piano piano in queste sentenze le corte di gius�zia elabora il suo orientamento riguardo i diri� fondamentali nell’ambito delle comunità europee. Se in Stauder la corte parla di principi generali del diri�o comunitario (posizione intermedia tra tra�a� e legislazione ordinaria) la corte inizia ad aggiungere degli elemen�. Innanzitu�o, come si fa ad individuare in concreto ques� diri�? Si fa riferimento alle cos�tuzioni comuni degli Sta� membri (principalmente tedesca e italiana). Successivamente alle tradizioni cos�tuzionali aggiunge anche i tra�a� sui diri� umani di cui gli Sta� membri della comunità sono par� (ra�fica� dagli Sta� membri delle comunità). Questo riferimento viene ancora di più perfezionato in quanto la corte di gius�zia parla in par�colare del CEDU. Quindi un primo legame tra il diri�o comunitario e il CEDU che diventa un parametro di riferimento per la Corte di Gius�zia per capire quali sono i diri� fondamentali che rientrano tra i L’UE si porrebbe nella stessa posizione di uno Stato e le decisioni della corte di gius�zia potrebbero essere rovesciate dalla corte europea dei diri� dell’uomo. La protezione dei diri� umani in Europa non si arresta al CEDU e alla carta dei diri� fondamentali, ma ci sono anche altri tra�a�. Corte interamericana dei diri� dell’uomo. In realtà in ambito americano il primo strumento per la protezione dei diri� umani risale al 48 ed è una dichiarazione: mentre a livello ONU veniva reda�a la dichiarazione universale dei dir� dell’uomo, fra gli sta� americani si parlava della “dichiarazione americana dei diri� e dei doveri dell’uomo” che fu ado�ata ad aprile (mentre quella dell’ONU a dicembre, per cui quella americana è anteriore) ma essendo una dichiarazione non è vincolante, quindi non crea obblighi giuridici per gli Sta�. Lo strumento di riferimento è quindi la Convenzione americana dei diri� umani, vincolante per gli Sta� parte ed emanata nel 1969. La convenzione is�tuisce un sistema di protezione dei diri� umani che funziona dal Messico in giù perché non è stata ra�ficata da Canada e USA. Il sistema americano è cara�erizzato dalla presenza di due organi: la Commissione interamericana dei diri� umani e la corte interamericana dei diri� umani. È un sistema uguale a quello che esisteva in Europa prima del protocollo 11 dell’UE. Si fonda quindi su commissione e corte. La commissione ha due competenze principali: è un organo autonomo degli Sta� americani ed è anche un organo subordinato alla corte. Come organo autonomo può ricevere ricorsi che riguardano presunte violazioni della dichiarazione americana dei diri� e doveri dell’uomo del 48. Quindi davan� alla commissione sono sta� porta� diversi ricorsi anche contro gli Sta� Uni� (per es. perché venivano considera� i principali responsabili del riscaldamento globale). Essendo però la dichiarazione del 48 non vincolante, a loro volta le decisioni della commissione non sono vincolan�. Sono però vincolan� le sentenze della Corte. In questo caso la commissione diventa il filtro dei ricordi presenta� alla corte (come faceva la commissione europea dei diri� dell’uomo): valuta l’ammissibilità dei ricorsi che vengono presenta� alla Corte e se un ricorso viene considerato legi�mo può essere trasmesso alla Corte la quale eme�e una sentenza sul merito valutando se il ricordo è ammissibile e quindi può essere trasmesso alla corte. Diversamente da quanto accade in Europa, nel sistema interamericano la persona non può presentare un ricorso dire�amente alla Corte ma agisce tramite la commissione. Quando è possibile rivolgersi alla corte per lamentare da parte della persona una violazione dei diri� umani? Deve essere fa�a una dichiarazione di acce�azione della competenza della Corte sulla base dell’Art. 62 della Convenzione: “qualsiasi Stato parte, al momento della ra�fica o successivamente può fare una dichiarazione in cui riconosce la competenza della corte di fare ricorsi contro lo Stato che presenta la dichiarazione”. Come per numerosi tra�a� nell’ambito delle Nazioni Unite in materia di diri� umani. Se si fa questa dichiarazione non è previsto che la dichiarazione possa poi essere ri�rata: ciò che può fare lo Stato è uscire dalla convenzione: in base all’art. 68 della Convenzione stessa essa può essere denunciata dando no�zia con un anno di an�cipo. Quindi la denuncia non può essere efficace con effe� immedia�, perché altrimen� lo Stato potrebbe denunciarla quando sta per essere ogge�o di una sentenza della Corte contro di lui (la rinuncia dei tra�a� è possibile senza condizioni solo quando è prevista dal tra�ato). È interessante notare che questa convenzione in realtà rifle�e in larga parte l’approccio europeo, quindi più che altro si occupa di diri� civili e poli�ci e qui non c’è molto spazio per i diri� economici, sociali e culturali se non per quanto riguarda l’art. 26 e con riguardo a ques� diri� si ado�a lo stesso approccio del pa�o dell’ONU sui diri� economici, sociali e culturali ovvero uno sviluppo progressivo. Non si tra�a di un obbligo vero e proprio quindi questo ar�colo non può essere ogge�o di scru�nio da parte della Corte. Va però de�o che nel 1988 l’organizzazione degli sta� americani ado�a un protocollo addizionale alla convenzione americana sui diri� economici, sociali e culturali: il protocollo di San Salvador dell’88 ra�ficato da 16 Sta� (la convenzione invece da 25) che non corrispondono a tu� quelli della convenzione. La cosa fondamentale è che i diri� da essa previs� non possono essere ogge�o di valutazione da parte della corte interamericana, in altre parole non si possono presentare ricorsi per violazione delle norme del protocollo con due eccezioni (previste dall’art. 19 paragrafo 6): soltanto gli ar�coli 8 e 13 del protocollo possono autorizzare la persona a presentare un ricorso alla corte interamericana. L’art. 8 riguarda il diri�o di formare sindaca� e l’art. 13 il diri�o all’informazione che sono gli unici diri� economici, sociali e 1 culturali la cui violazione può autorizzare la Corte a presentare un ricorso alla corte interamericana dei diri� dell’uomo (quindi riguarda anche l’acce�azione della competenza della corte). Questo a conferma che la protezione dei diri� economici e sociali ha un livello di effe�vità inferiore ai diri� civili e poli�ci come anche per quanto riguarda l’ONU e l’UE. L’unico in cui vi è lo stesso tra�amento in merito dei diri� è quello africano. Chi è che può presentare i ricorsi alla corte interamericana? Art. 44 della convenzione: qualsiasi persona, gruppo di persone o en�tà non governa�va riconosciuta in uno o più sta� membri dell’organizzazione. Non si menziona il fa�o che debba tra�arsi di una vi�ma. I ricorsi saranno presenta� alla commissione e trasmessi alla corte. Le regole di ammissibilità all’art. 46: la prima condizione è quella che vale per tu� gli organi sui diri� umani cioè il previo esaurimento dei ricorsi interni. Il ricorso deve essere presentato entro un periodo di sei mesi dalla data della sentenza defini�va che sancisce l’avvenuto esaurimento dei ricorsi interni. Anche la corte interamericana può prendere delle misure provvisorie in base all’art. 63: in casi di estrema gravità e urgenza e quando è possibile arrecare un danno alle persone, la corte può prendere misure necessarie per impedire danni irreparabili alle persone. Il sistema interamericano è molto ispirato a quello europeo e la corte interamericana nelle sue sentenze fa mol� riferimen� ad altri organi dell’UE e dell’ONU. La corte interamericana è però più aperta a una flessibilità dei diri� sopra�u�o per quanto riguarda i diri� specifici delle persone ed è aperta a prendere esempio da altre cor�. Si tengono più in considerazione gli aspe� culturali e i bisogni effe�vi e concre� delle persone nei vari casi. Le sentenze della corte (art. 63 paragrafo 1) sono defini�ve e lo Stato ha un obbligo di riformarsi e dare totale esecuzione e tali sentenze. Non sempre questo accade, spesso e volen�eri ci vogliono tan� anni e gli Sta� cercano quanto più possibile di ridurre il livello di a�uazione delle sentenze al minimo indispensabile. 25/03/2019 Sistema africano di protezione dei diri� umani So�o vari pun� di vista è uno fra i più a�vi, sopra�u�o per quanto riguarda la produzione norma�va. I tra�a� di riferimento sono molto interessan� in quanto maggiormente influenza� dal sistema culturale nel senso che troviamo una serie di riferimen� a fenomeni propri del con�nente africano, quindi si cerca di affrontare i problemi che esistono nella vita reale: non si limita di prendere dei diri� da tra�a� preesisten� ma si cerca di ada�arli alla realtà africana. Il problema principale è quello dell’effe�vità, nel senso che al momento siamo ancora nella fase in cui abbiamo tu�a una serie di standard per i diri� umani che sono ben scri� e ben stru�ura� e tengono in adeguata considerazione le necessità reali della gente ma per quanto riguarda la risoluzione concreta il con�nente africano è un po’ più indietro ma ciò è gius�ficabile dal fa�o che gli Sta� africani sono diventa� tali molto più tardi rispe�o agli altri: quarant’anni fa si era in fase di decolonizzazione ed era difficile s�pulare tra�a� sui diri� umani. Infa� il tra�ato di riferimento principale risale al 1981 ed è il più recente fra quelli che abbiamo visto (Europea 50, americana 69). In realtà un altro strumento sui diri� umani s�pulato in africa è anteriore rispe�o alla carta africana ed è la Convenzione dell’Organizzazione dell’unità africana e si chiama così in quanto l’Unione Africana del 69 si chiamava Organizzazione dell’unità africana. La Convenzione governa aspe� specifici dei problemi rela�vi ai rifugia� in Africa. Questa non è una convenzione propriamente sui diri� umani: quando fu s�pulata l’intenzione non era quella di proteggere i diri� umani ma aveva lo scopo di affrontare cer� problemi che derivavano dalla prassi del dare asilo la cui tradizione è sempre stata molto forte in Africa. Nei decenni preceden� l’Africa era sconvolta da vari confli� interni e guerre civili che producono rifugia� i quali cercano rifugio nei Paesi limitrofi. Siccome in Africa c’è sempre stata una forte tradizione in materia l’asilo è sempre stato concesso ma il problema che la convenzione voleva affrontare era rela�vo alle a�vità sovversive compite dai rifugia� una volta o�enuto l’asilo: essi si organizzavano in altri Sta� per compiere a�vità contro il governo del proprio Paese. Con questa Convenzione si perseguiva il fine di impedire questa a�vità, tu�avia già la convenzione del 69 so�olinea il fa�o che quando ci sono dei flussi di rifugia� molto intensi e lo Stato che li riceve non ha la possibilità di occuparsi adeguatamente di tu� loro, si parla di una condivisione del carico in uno spirito di solidarietà africana, cioè gli altri Sta� parte si devono offrire per prendersi carico di una parte di ques� rifugia� aiutando lo Stato in cui i rifugia� sono par�colarmente presen� (pensare alle difficoltà dell’Europa in materia). L’idea di solidarietà viene realizzata in principio so�o molteplici aspe� e la ritroviamo nella carta africana dell’81. Già il �tolo ha una par�colarità che la dis�ngue da tu� gli altri strumen� sui diri� umani: oltre ai diri� individuali si fa riferimento ai popoli: infa� si chiama African Chart of human and peoples’ rights in quanto la concezione africana dei diri� non parte dall’individuo ma dal gruppo. Quindi l’idea è che i diri� individuali si realizzano se e nella misura in cui sono realizza� quelli colle�vi. Ovviamente questa dinamica non è perfe�a perché molto spesso confliggono i diri� colle�vi e quelli individuali: è molto più semplice che si verifichino situazioni di disparità di tra�amento di sesso in quanto le principali decisioni all’interno dei gruppi sono presi dagli uomini (si pensi alla ges�one della terra delle popolazioni indigene). Tra l’altro la Carta è stata ra�ficata da 53 Paesi che significa tu� tranne uno, il Sudan del Sud. La carta africana è accompagnata da altri strumen�: Carta africana sui diri� e benessere del bambino (1990) un anno dopo la convenzione sui diri� del fanciullo dell’89. Questa carta si ricollega un po’ a quella dell’ONU ma ci sono delle norme che riguardano i problemi specifici dei bambini africani. Stesso discorso per il protocollo alla carta africana sui diri� umani e dei popoli del 2003 rela�va ai diri� delle donne in Africa. Anche lì ci sono ar�coli molto specifici (es. mu�lazioni genitali e lavoro domes�co) Ci sono strumen� unici al mondo come la carta dei diri� della gioventù (african youth chart del 2006) che è interessante perché cerca di lo�are contro la diaspora, cioè le migrazioni di mol� giovani africani verso altri con�nen� Convenzione del 2009 che riguarda le persone internamente disperse, che sono come i richieden� asilo ma non vanno in un Paese straniero e rimangono entro i confini del proprio Stato (quindi in un’altra parte dello stesso Paese) Carta africana sulla democrazia, le elezioni e la governance del 2011 Ci sono poi dei protocolli che riguardano il funzionamento dei sistemi di controllo. Abbiamo de�o che la prima peculiarità è il riconoscimento dei diri� colle�vi: quando si parla di popoli non si parla solo di popoli nazionali, cioè il complesso dei ci�adini di uno Stato ma anche di gruppi più ristre� all’interno dello Stato come minoranze e popoli indigeni. Un conce�o che sembra scontato ma fino a qualche decennio fa non lo era perché il termine people si riferiva ai popoli nazionali e infa� l’auto determinazione era riconosciuta a un popolo nazionale in caso di occupazione straniera. Ora il diri�o di riferimento si è evoluto e quindi si intende anche una comunità più piccola ed è importante perché ques� diri� vanno riconosciu� alle piccole comunità per es. art. 20, diri�o all’esistenza e all’auto determinazione. Il diri�o all’esistenza sembra un’espressione abbastanza aleatoria ma se uniamo questa norma di fronte all’interpretazione di un organismo di controllo dà luogo a molte implicazioni: significa che tu�o ciò che è indispensabile all’esistenza di un popolo deve essere garan�to. Riprendendo l’esempio elle popolazioni indigene, il fa�o che mantengano la proprietà delle terre è indispensabile per la propria esistenza quindi può essere implicitamente ricavato da questa disposizione. Art. 21, diri�o disporre liberamente delle proprie ricchezze e risorse naturali, art. 22 diri�o allo sviluppo economico, sociale e culturale, art. 23 diri�o alla pace e alla sicurezza a livello nazionale e internazionale (e sono poi collegate al principio della solidarietà e delle relazioni amichevoli), art. 24 diri�o a un ambiente soddisfacente e favorevole allo sviluppo (abbiamo già visto per il sistema americano che i diri� individuali vengono interpreta� come aven� un’interpretazione colle�va come quello di proprietà e della liberta religiosa, preroga�ve che non possono essere adeguatamente esercitate individualmente. Per quanto riguarda il diri�o di proprietà gli organismi di controllo del sistema africano hanno ado�ato la stessa posizione della corte interamericana) La carta africana rifiuta implicitamente le tre generazioni: essa si riferisce a tu�e le categorie di diri� (civili, poli�ci, economici, sociali, culturali e colle�vi) e almeno in linea di principio tu�e le categorie di diri� son o ugualmente rivendicabili davan� agli organismi di controllo. Quindi gli individui possono agire per la tutela non soltanto dei diri� civili e poli�ci ma anche economici e sociali e colle�vi: ed è una situazione peculiare perché abbiamo visto che in Europa ci si limita soltanto ai diri� civili e poli�ci (di cui ha competenze la corte europea dei diri� dell’uomo) e la stessa cosa accade in America nonostante il protocollo dell’88 sui diri� economici e sociali. Per cui è esplicitamente previsto che in caso di violazione le norme non possono essere a�vate di fronte alla corte interamericana fa�a eccezione per i l diri�o sindacale e all’educazione). Questa mancanza di differenziazione è stata più volte ribadita dagli organismi di controllo quindi anche i diri� sociali, economici e culturali sono pienamente azionabili. Nel sistema africano alle tre generazioni si sos�tuisce il principio dei qua�ro stra� di obblighi che ricadono sugli Sta�. Cioè le qua�ro categorie di obblighi che gli sta� hanno in materia di diri� umani: comuni a tu� gli Sta� del mondo, rispe�are, proteggere, realizzare a cui la commissione africana aggiunge “promuovere” (anche se promuovere e realizzare rientrano nello stesso �po di a�vità in quanto 1 Me�e in vita una situazione interessante in quanto ci fa capire come le visioni sui diri� umani non sono così omogenee e non ci sia nulla di così universale come possiamo pensare. Viene ado�ata prima nel 94 ma non è mai entrata in vigore. Viene rivista nel 2004 e finalmente nel 2008 entra in vigore perché raggiunge il numero di ra�fiche richieste. Nel 2008, l’alto commissario dei diri� umani delle nazioni unite per i diri� umani ha rilasciato una dichiarazione ufficiale in cui esprime la sua soddisfazione per l’entrata in vigore della carta araba (dicendo che si tra�a di uno strumento importante per il rafforzamento degli standard sui diri� umani) molto in linea con i pa� del 66 (un misto fra diri� civili e poli�ci ed economici, sociali e culturali) ma ci sono tre aspe� della carta araba che la rendono incompa�bile con gli standard dei diri� umani così come concepi� nell’ambito delle nazioni unite. Standard di tra�amento delle donne e degli stranieri. Le norme previste non tutelano sufficientemente queste categorie. Pena di morte per i minori. In realtà la pena di morte per i minori è proibita dall’art. 7 della carta araba ma lo stesso ar�colo non è incluso tra le norme che non possono essere ogge�o di deroga anche in situazioni di emergenza pubblica (art. 4 della carta araba) il che significa che in situazioni di emergenza pubblica è possibile ado�are la pena di morte per i minori di 18 anni e questa situazione è incompa�bile con gli standard dei diri� umani generalmente acce�a�. Il terzo punto lascia perplessi perché ci si riferisce al sionismo, ovvero il movimento ebraico in base al quale dovrebbe esistere lo stato indipendente di Israele libero da influenze esterne. Un movimento filosofico controverso perché da più par� viene considerato una forma di discriminazione razziale e la carta araba dichiara espressamente che il sionismo è una forma di discriminazione razziale e questo punto non è in linea con gli standard delle Nazioni Unite. Nel 1975 l’assemblea generale delle Nazioni Unite ado�a una risoluzione che è la 3379 nella quale si dichiara espressamente che il sionismo è una forma di discriminazione razziale. Nel 1991 si erano avu� dei negozia� di pace tra Israele e Pales�na a Madrid che dovevano con�nuare nel 92 (finora tu� i negozia� tra Israele e Pales�na non hanno avuto molto successo) e si stavano preparando nell’assemblea generale delle Nazioni unite. Israele prende una posizione dicendo che la condizione affinché partecipasse ai negozia� era quella di annullare la 3379: viene appoggiato dagli USA e l’alterna�va era rinunciare ai negozia� di pace o dire che il sionismo non è una forma di discriminazione razziale per cui con la risoluzione 4686 del 1991 la GA della Nazioni Unite rovescia la posizione presa con la risoluzione precedente stabilendo che il sionismo non è una forma di discriminazione razziale. Cosa c’entra con i diri� umani? Nulla, è soltanto una presa di posizione poli�ca necessaria per portare avan� il processo di pace. Infa�, nel preambolo della carta africana c’è scri�o che il sionismo è discriminazione razziale come nella carta araba solo che quella africana viene ado�ata nell’81 quindi valeva la risoluzione 3379 però non è stata cambiata. Mentre per la carta araba non va bene perché nel momento in cui era stata ado�ata la posizione dell’ONU era cambiata. Questo per dire che riguardo i diri� umani si prefigurano situazioni che non hanno nessuna relazione con esse. Diri�o internazionale umanitario Si occupa dell’”umanizzazione” della guerra ovvero la protezione di beni e persone durante i confli� arma� quindi per evitare quanto più possibile i danni derivan� dal confli�o armato. Ha una propria stru�ura e molte norme sono simili a quelle dei diri� umani ma si acce�ano maggiori eccezioni e deroghe perché ci si trova in una situazione di confli�o armato quindi il diri�o in generale non viene normalmente rispe�ato quindi ci si limita ai valori fondamentali per le norme di protezione che sono indispensabili. È contraddis�nto in modo par�colare dalle qua�ro convenzioni di Ginevra del 49 con due protocolli: uno del 1977 e uno del 2005. In linea di principio in situazione di confli�o armato i diri� umani dovrebbero lasciare spazio al diri�o umanitario quindi non si dovrebbero a�uare i diri� umani ma quello umanitario per cui per es. le deroghe al diri�o alla vita sono molto più ampie in quanto la stessa guerra implica l’uccisione del nemico. Questa posizione secondo la quale in tempi di pace si applicano i diri� umani e in condizioni di guerra quelli umanitari ha iniziato ad essere sfidata dalle cor� dei diri� umani ovvero quella europea quella interamericana e quella africana. Abbiamo almeno un caso per ogni organismo. Si arriva alla conclusione che almeno per i diri� inderogabili (che non possono essere ogge�o di deroga anche in situazioni di emergenza pubblica) si applicano anche in situazioni di confli�o armato per cui si crea una sorta di relazione tra diri� umani e diri�o internazionale umanitario come se quest’ul�mo fosse una lex specialis più specifico per i confli� arma� (e può essere u�lizzato come ausilio interpreta�vo per le norme sui diri� umani). Ciò non implica che le norme sui diri� umani siano disapplicate per es. è stato stabilito che la privazione della vita altrui è possibile solo in relazione al principio della proporzionalità quindi quando è stre�amente necessaria, così come avviene in tempo di pace. Questa è una rivoluzione perché per mol� decenni si è con�nuato a pensare che in tempo di guerra i diri� umani lascino spazio al diri�o internazionale umanitario che è maggiormente permissivo per quanto riguarda certe situazioni. Questa situazione di applicazione dei diri� umani in tempo di guerra è risultata più semplice per la corte africana che per quella interamericana e europea (sopra�u�o per quanto riguarda quella interamericana, ma successivamente ha progressivamente modificato il suo approccio). Mentre la commissione africana, non essendoci nella carta africana una norma che prevede la sospensione dei diri� in situazioni di emergenza pubblica, ha dichiarato che i diri� umani si applicano sempre e quindi gli Sta� devono rispe�are i diri� umani in tempo di guerra. Questo è un punto di evoluzione dei diri� umani molto significa�vo. 27/03/2019 Sentenza della Corte di Gius�zia della Corte europea (diversa dalla corte europea dei diri� dell’uomo in quanto corte generale dell’UE ma che nel corso degli anni ha acquisito competenze anche in materia dei diri� umani) che si è trovata ad affrontare casi riguardan� la protezione di diri� fondamentali che possono andare a confliggere con i principi espressi dalle norme dell’UE che principalmente persegue obbie�vi di cara�ere economico e commerciale. Caso �pico in cui una misura presa a livello di diri�o nazionale contrasta con uno dei principi fondamentali del diri�o dell’UE. Si parla di un gioco (il laser game) che consisteva nell’uccidere delle persone e le autorità tedesche decidono di proibirlo perché considerato contrario alla dignità umana. Questo caso, insieme a quello del lancio dei nani, vede una situazione in cui un’a�vità commerciale viene proibita in quanto viene considerata (nello Stato di riferimento -la Germania-) contrario alla dignità umana. Questo �po di provvedimento preso dalle autorità tedesche comportava una restrizione in par�colare alla libera circolazione dei servizi, una delle qua�ro libertà fondamentali (persone, beni, servizi, capitali). Si tra�a di una restrizione che viene considerata gius�ficata dalla Corte di Gius�zia sulla base dell’esigenza di garan�re la protezione della dignità umana, diri�o fondamentale. Dal momento che i diri� fondamentali rientrano all’epoca tra i principi generali dell’UE, la legislazione comunitaria doveva a�enersi al rispe�o dei diri� fondamentali e una restrizione di questo �po poteva dirsi gius�ficata. LA tutela della dignità umana gius�fica quindi una restrizione al diri�o dell’UE. Ma ai nostri fini il punto è un altro: il conce�o di dignità umana non è ben definito ma abbastanza aleatorio e se pensiamo alla natura del gioco, questo viene normalmente consen�to (mol� giochi da console consistono nell’uccidere persone). Per cui la domanda che dobbiamo farci è se questo �po di situazione possa essere considerata contraria alla dignità umana da un punto di vista universale, cioè se sia indubbiamente e universalmente un’a�vità contraria alla dignità umana. Al paragrafo 37, questo è il punto fondamentale: sostanzialmente la Corte di Gius�zia conclude che non è necessario enucleare un conce�o comune di dignità umana. Questo conce�o può essere riempito in modo parzialmente diverso dai singoli Sta� membri che possono avere idee parzialmente diverse su quella che è la dignità umana e i comportamen� che confliggono con tale concezione. Per cui è acce�abile che un gioco di questo �po venga considerato compa�bile con la dignità umana in determina� paesi e reputato contrario alla dignità umana in altri. È una sentenza importante perché il livello di protezione della dignità umana può essere determinato sulla base degli scopi persegui� dall’autorità nazionale quindi può essere determinato in modo diverso a livello nazionale. Questa presa di posizione cos�tuisce una sfida all’idea dell’universalità dei diri� perché se la ra�o so�ostante ai diri� umani è l’idea di dignità umana, ne consegue l’acce�azione dei criteri diversi per l’interpretazione dei diri� umani. Si tra�a fondamentalmente di un conce�o rela�vo, ad esempio uno dei temi ineren� al conce�o di dignità è quello della moralità: se una determinata situazione viene considerata immorale, coinvolgere una persona in un’a�vità del genere è l’esiguo della sua dignità. Ma come si determina il conce�o di moralità? È possibile averne un’idea universale? Assolutamente no. È ina situazione che determina una diversa percezione dei valori che so�ostanno alla vita sociale delle persone che va ad influenzare non soltanto le regole sociali ma anche l’applicazione e l’interpretazione dei diri� umani. 1 Il caso successivo conferma questa idea della rela�vità, ovvero il fa�o che la dignità umana può essere concepita in modo diverso ed è difficile stabilire quale sia la concezione prevalente quando diverse visioni dell’idea di dignità vanno a confliggere l’una con l’altra. La pra�ca del lancio dei nani viene vietata dal sindaco di un paesino francese: la ques�one viene portata davan� alle cor� francesi e la decisione defini�va è stata quella in base alla quale il sindaco della ci�adina è legi�mato a proibire l’a�vità del lancio dei nani in quanto contraria alla dignità umana. A livello internazionale il caso viene sollevato da chi considereremmo come uni vi�ma, ovvero un nano. Il caso viene presentato alla CE dei diri� dell’uomo in quanto vi era la presenza della commissione che se avesse ritenuto il caso ammissibile, questo sarebbe stato trasferito alla corte per una sentenza sul merito. La commissione rilevò che il caso fosse inammissibile quindi non raggiunse la corte europea dei diri� dell’uomo. Il ricorrente a questo punto so�opone un ricorso al comitato dei diri� umani (organismo di controllo is�tuito dal pa�o sui diri� civili e poli�ci) che può ricevere ricorsi individuali contro quegli Sta� che hanno ra�ficato il protocollo opzionale del 66, tra cui la Francia (quindi il signor Wackenheim è stato in grado di presentare il ricorso). Il nucleo principale è che il conce�o di dignità secondo il comitato non deve essere considerato in maniera astra�a (come nell’interpretazione delle cor� francesi) ma nel rispe�o della persona coinvolta nel fa�o di specie. In altre parole, le argomentazioni del ricorrente riguardavano la propria dignità, data dal lavoro che svolgeva. Senza quel lavoro la sua vita non sarebbe stata conforme agli standard minimi di dignità umana. Il comitato sui diri� umani si è trovato a dover scegliere tra quale �po di interpretazione di dignità umana doveva essere considerata prevalente nel caso di specie. Il comitato procede in modo abbastanza lineare sopra�u�o cercando di verificare se questa persona fosse vi�ma di discriminazione. Non rilevando l’esistenza di alcun �po di discriminazione nei confron� dei ricorren�, ha confermato che le decisioni delle cor� francesi fossero legi�me e che il divieto dell’a�vità del lancio ei nani era gius�ficato da esigenze di tutela della dignità umana che non appar�ene alla singola persona ma alla comunità internazionale globalmente intesa e gli individui non possono acconsen�re alla violazione di tale diri�o anche se a�uata nei suoi confron�. L’acce�azione non fa venire meno l’an�giuridicità della violazione in quanto tale nei confron� dell’intera comunità internazionale. Conce�o di giurisdizione Alla base di qualsiasi �po di applicazione dei diri� umani. Tu� gli strumen� per�nen� contengono norme di questo �po. Basandoci sull’art. 1 della convenzione europea (tra�andosi di casi della corte europea dei diri� dell’uomo) secondo il quale le par� contraen� (quindi gli Sta� parte) assicureranno a chiunque i diri� e le libertà defini� nella sezione 1 di questa convenzione (più tu� i diri� previs� dai protocolli) all’interno della loro giurisdizione. Cosa si intende per giurisdizione dello Stato? Il primo elemento è il territorio. Quindi prima di tu�o lo Stato ha giurisdizione nel proprio territorio. Si parla quindi di giurisdizione di cara�ere territoriale e non conta qualsiasi �po di cara�eris�ca della vi�ma quindi qualsiasi essere umano che sia ci�adino dello Stato o che non lo sia, che si tra�a di ci�adino europeo o di un altro con�nente e anche gli apolidi (senza ci�adinanza) sono assicura�. Quindi lo Stato ha il compito di assicurare a qualsiasi essere umano (senza ulteriori dis�nzioni) i diri� della Convenzione e dei protocolli. Nella giurisdizione rientra il mare territoriale che si estende a dodici miglia marine dalla costa. Lo Stato cos�ero esercita esa�amente lo stesso livello di sovranità che esercita sul territorio anche sul mare territoriale ad eccezione del diri�o di passaggio inoffensivo delle navi straniere e la giurisdizione penale sui fa� puramente interni della nave straniera (che è competenza dello Stato di bandiera della nave se però rimane confinato ad un fa�o puramente interno. Quindi se qualcuno viene ferito e si chiede l’assistenza della guardia cos�era non è più un fa�o puramente intenro). La giurisdizione va a coprire anche la zona con�gua (24 miglia) su cui lo Stato ha un potere esclusivo di vigilanza legisla�va, fiscale e doganale quindi anche lì esercita la sua giurisdizione. Per gli aerei e le navi vige la regola della giurisdizione dello Stato di bandiera. In tu� ques� contes� lo Stato che possiede la giurisdizione ha l’obbligo di garan�re la protezione dei diri� umani. Per quanto riguarda i diri� umani il conce�o di giurisdizione si estende ulteriormente. Caso Soering. Un ci�adino tedesco studia negli Sta� Uni�, si innamora di una ragazza americana con cui instaura una relazione che non era gradita però ai genitori della ragazza che contrastavano la relazione in modo deciso, perciò vengono uccisi. Soering era l’esecutore materiale per cui la ragazza viene (violazione de iure e de facto perché l’Italia aveva totale responsabilità di queste persone e di determinare il proprio des�no). Accordi bilaterali tra Italia e Libia per cui l’Italia avrebbe garan�to aiu� economici alla Libia se avesse bloccato il flusso degli immigra�. Secondo la corte ques� accordi non esulano l’Italia dal rispe�o della Convenzione. 28/03/2019 Diri�o di asilo e rifugia� Presupposto di base: nel diri�o internazionale in linea di principio non esistono obblighi riguardo l’ammissione degli stranieri nel proprio territorio. Lo Stato ha l’obbligo di perme�ere ai propri ci�adini di rientrare ma non per gli stranieri a meno che non ci siano vincoli di cara�ere pa�zio. Il diri�o di asilo cos�tuisce un fenomeno molto an�co e possiamo dire che va di pari passo con la storia dell’uomo perché l’essere umano ha sempre sen�to la necessità di trovare luoghi in cui rifugiarsi da situazioni spiacevoli. All’interno della comunità internazionale tu� avevano bisogno di trovare si� dove rifugiarsi dai soprusi od a quello che definiremmo “persecuzione”. All’interno della storia il diri�o di asilo ha avuto fortuna alterna andato di pari pass con la storia del diri�o: era conosciuto durante la Grecia classica ma le modalità variavano a seconda dei luoghi e delle epoche. In alcune epoche si considerava come fenomeno religioso, in altre epoche veniva concesso sono ad alcune categorie mentre per i. romani non era una pra�ca tollerata perché l’idea del diri�o era troppo forte. L’asilo religioso è diventato molto forte con la caduta dell’Impero Romano e l’aumento del potere della Chiesa ca�olica perché la possibilità di dare asilo aumentava il potere sugli affari temporali in quanto so�raeva le persone alle disponibilità di coloro che detenevano la sovranità territoriale. L’asilo religioso dura per mol� secoli andando poi a scemare. Progressivamente è stato sos�tuito dall’asilo territoriale: con l’affermazione degli Sta� di diri�o secondo il conce�o moderno del termine, il potere temporale della Chiesa è stato progressivamente sos�tuito a quello del sovrano: il sovrano stesso poteva concedere l’asilo. Nei secoli anteceden� al ventesimo l’asilo territoriale ebbe un grande sviluppo per il consolidamento delle monarchie ma d’altra parte c’era scarsa tolleranza per la libertà religiosa: chi pra�cava una religione mal vista dal sovrano di turno poteva o�enere asilo in un Paese diverso. Nel diri�o internazionale non si è mai formata una regola consuetudinaria che vincolasse gli Sta� a concedere asilo. Questo è un punto importante perché le persone non hanno mai avuto un diri�o di o�enere asilo a cui facesse da contraltare un obbligo degli Sta� di concederlo. Il diri�o di asilo è previsto dall’art. 14 della dichiarazione universale dei diri� dell’uomo: “chiunque ha il diri�o di cercare, o�enere e godere dell’asilo in altri Sta� dalle persecuzioni”. Sono esclusi dal beneficio coloro che hanno commesso crimini non poli�ci (si parla di asilo poli�co perché l’asilo veniva comunemente concesso per rea� poli�ci) e anche coloro che avevano commesso a� contrari agli scopi e ai principi ONU. Nonostante la sua formulazione, questa norma non voleva riconoscere un diri�o ad o�enere asilo da parte delle persone e tale circostanza fu resa ben chiara durante i lavori preparatori. Il diri�o dell’individuo è di chiedere asilo e si ferma a questo. Il diri�o e non l’obbligo dello Stato di concedere asilo è una scelta rimessa alla facoltà dello Stato e l’implicazione in base alla quale la concezione dell’asilo non poteva e non doveva essere considerata un a�o non amichevole di uno Stato nei confron� di un altro. Quindi questa libertà degli Sta� era tendenzialmente incondizionata e non poteva essere considerato un a�o inamichevole. Per cui l’art. 14 man�ene la connotazione tradizionale dell’asilo: diri�o della persona di chiederlo, facoltà dello Stato di concederlo e intesa generale da parte degli Sta� che non si tra�a di un comportamento inamichevole. La convenzione africana del 69 è il primo tra�ato che riguarda il diri�o di asilo e non me�e in dubbio il diri�o degli Sta� di concedere asilo ma si propone di porre un freno a certe conseguenze dell’asilo ovvero le a�vità sovversive che potevano essere compiute da coloro che o�enevano il beneficio una volta che si trovavano in uno Stato diverso da quello da cui fuggivano. Naturalmente intervengono obblighi di cara�ere pa�zio per es. l’art. 3 della Convenzione contro la tortura del 94 che prevede l’obbligo di non refoulement ed è implicito anche nell’art. 3 della Convenzione europea. Il tra�ato principale a cui dobbiamo fare riferimento quando si parla del diri�o di asilo è la Convenzione di Ginevra del 1951 sullo Status dei rifugia�. Si è discusso molto in do�rina sulla differenza teorica tra asilo e status di rifugiato ma in realtà possiamo limitarci a notare che oggi i due conce� in sostanza vengono considera� come coinciden� quindi l’asilo nel diri�o internazionale cos�tuisce il beneficio che viene dato in primo luogo a coloro i quali viene 1 riconosciuto lo status di rifugiato e status analoghi (per es. status di protezione sussidiaria dell’UE per persone che non rientrano nel conce�o di rifugiato ma nel proprio paese rischiano la violazione di diri� fondamentali). A seconda dei singoli Sta� ci possono essere definizioni diverse ma in linea generale l’asilo è il beneficio che viene riconosciuto ai rifugia� e coloro che si trovano in condizioni analoghe. Questo negli ul�mi tempi lo ha riconosciuto la Corte cos�tuzionale in quanto l’art. 10.3 riconosce l’asilo a coloro che nel loro Paese non godono delle libertà democra�che previs� dalla cos�tuzione. Avrebbe dovuto essere a�uato con legge ordinaria ma non è stato mai fa�o quindi viene considerato per mol� anni dalla corte come dire�amente applicabile quindi a�ribuire dire�amente il diri�o di asilo senza legge di a�uazione. La formulazione dell’art. 3 è molto ampia perché la nostra cos�tuzione è molto avanzata in relazione alla quan�tà di libertà che vengono riconosciute. Nell’ul�mo decennio la corte ha modificato il suo indirizzo e richiede che il diri�o di asilo cos�tuisce l’insieme di fa�specie determinate dallo status di rifugiato e situazioni analoghe in primis la protezione sussidiaria. Cos’è un rifugiato? All’art. 1 le�era a numero 2 della Convenzione di Ginevra ne dà una definizione: “si considera rifugiato la persona che a causa degli even� verifica�si anteriormente al primo gennaio 1951 e avendo un �more ben fondato di essere perseguitato (da non confondere con perseguito ovvero processato ed eventualmente condannato per aver commesso un reato che non cos�tuisce una violazione dei diri�, mentre una persona che è perseguitata è so�oposta a violazione) per ragioni legate alla razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un gruppo sociale par�colare o opinione poli�ca si trova al di fuori del Paese di nazionalità (più so�o si parla anche degli apolidi, cioè coloro che non hanno nazionalità e si parla del Paese di residenza abituale) e non può o a causa di tale �more non vuole usufruire della protezione del suo Paese di origine”. Subito dopo si parla delle persone che non hanno una nazionalità e si trovano al di fuori del Paese di residenza abituale. Quindi, quali sono gli elemen�? Prima di tu�o possono essere considera� rifugia� soltanto coloro che sono divenu� tali anteriormente al primo gennaio 1951 perché abbiamo già visto che nel secondo dopoguerra c’è un’idea molto posi�va di come si sarebbero sviluppa� i rappor� sociali a livello internazionale, per cui l’idea dell’epoca era che i rifugia� fossero sta� prodo� dalla Seconda guerra mondiale. Ma visto che in quel momento gli Sta� si ritenevano capaci di mantenere la pace da quel momento in poi, erano convin� che il problema non si sarebbe più posto. Quindi la convenzione era stata fa�a per porre rimedio a una situazione che veniva considerata contestuale alla Seconda guerra mondiale. Ma leggendo questa frase, quale sarebbe la conseguenza da un punto di vista giuridico? Che la convenzione ad oggi decade. Nel secondo dopo guerra c’erano circa 20 milioni di rifugia�, oggi ve ne sono mol� di più (e considerando le persone disperse internamente si arriva al doppio). Perché questa convenzione con�nua ad essere a�uale? Nel 1967 a New York viene ado�ato un protocollo che rimuove questa frase, quindi dobbiamo ora leggere la definizione di rifugiato partendo dal �more di essere perseguitato. Va anche de�o che tu� i Paesi che hanno ra�ficato la convenzione hanno anche ra�ficato il protocollo (a parte due o tre che hanno ra�ficato solo l’una o l’altra). Dunque, questa limitazione temporale oggi non vale più. Quali sono le cara�eris�che di un rifugiato? Anzitu�o, lo status di rifugiato non viene a�ribuito dallo Stato, ma viene riconosciuto: il che è diverso perché il riconoscimento non ha efficacia cos�tu�va, nessuno diventa rifugiato perché lo Stato lo riconosce come tale, ma perché risponde a dei criteri ogge�vi. Di conseguenza, se il rifugiato risponde a tali criteri, lo Stato ha l’obbligo di riconoscere lo status di rifugiato. Poi saranno le autorità competen� di ciascuno Stato a decidere se quella persona possa essere considerata o meno rifugiato. Il problema principale in tu�o questo è dare la dimostrazione del �more di persecuzione. Chi la deve dare? La persona che invoca il beneficio, che deve portare delle prove convincen� a�e a dimostrare che esiste un �more ben fondato di persecuzione. Anche questo conce�o è aleatorio perché nella maggior parte dei casi la persecuzione non c’è ancora stata e il rifugiato vuole fuggire a una situazione che potrebbe essere a�uata nei suoi confron� ma che non si può accertare con sé stessa. Quindi nessuno può essere sicuro che la violazione avrà luogo e ci si basa su un bilanciamento di probabilità rimessa alla valutazione dell’operatore giuridico dello Stato che dovrebbe concedere il beneficio. Per questo mo�vo gli Sta� sono abbastanza liberi di muoversi nell’ambito dell’applicazione di questa convenzione. Cos’è la persecuzione? Il rischio di violazione dei diri� umani fondamentali. La convenzione non definisce il conce�o in ques�one, ma possiamo chiedere aiuto all’art. 33 dello stesso tra�ato che con�ene una disposizione importante perché esa�amente enuclea il principio di non refoulement. Si u�lizza sempre il termine in francese in quanto non esiste una traduzione esa�a (anche se potremmo tradurlo con “deportazione”). In base all’art. 33 nessuno potrò essere deportato in qualsiasi modo verso le fron�ere di territori in cui la propria vita o libertà potrebbero essere minacciate sulla base degli stessi mo�vi presi in considerazione per a�estare lo status di rifugiato (razza, religione, nazionalità…) quindi possiamo compiere una comparazione tra il conce�o di persecuzione e la minaccia alla vita o alla libertà di una persona. Da interpretare in modo estensivo, quindi vi rientrano senz’altro la tortura e i tra�amen� analoghi. Questa norma dife�a del fa�o che esista il paragrafo 2 per cui certe categorie di persone sono escluse dal beneficio: in par�colare, si tra�a di persone per le quali esistono mo�vi ragionevoli per considerarle un pericolo per la sicurezza dello Stato in cui si trovano o persone che vengono considerate pericolose a prescindere e che sono state condannate da una sentenza defini�va per un crimine par�colarmente grave. Queste persone sono escluse dal beneficio quindi l’idea che prevaleva nel 1951 era che coloro che non tenevano un comportamento legale non avevano diri�o alla tutela dei propri diri� fondamentali. Chi è che giudica se esistono mo�vi ragionevoli per considerare una persona pericolosa? Lo Stato stesso, quindi anche qui quest’ul�mo gode di una libertà tendenzialmente incondizionata. Nell’ambito delle norme formali è molto importante tenere a mente che non è vietato deportare una persona ovunque, ma solo verso Paesi pericolosi ovvero dove vi sia il rischio che la vita o la libertà vengano minacciate. Per cui se un paese può essere considerato sicuro, la persona può esservi tranquillamente deportata (ovviamente questa situazione si verifica raramente perché ques� Paesi non acce�ano rifugia�) quindi “refoulement” significa respingimento verso un Paese pericoloso. Ul�ma osservazione: tra i mo�vi di persecuzione, sono tu� abbastanza eviden�. Quando si parla di nazionalità è una fa�specie scarsamente rilevante perché è assurdo che uno Stato persegui� i ci�adini per la loro nazionalità, quindi i più ricorren� sono razza, religione, opinione poli�ca e sopra�u�o appartenenza a un par�colare gruppo sociale perché è una sorta di “mo�vo di censura” che perme�e il riconoscimento dello status di rifugiato a persone che altrimen� non rientrerebbero nell’ambito della protezione garan�to dalla convenzione perché non sono perseguitate per uno degli altri qua�ro mo�vi. C’è una giurisprudenza molto interessante per es. coppie cinesi che avevano generato il secondo figlio quando in Cina vigeva l’obbligo id avere un solo figlio perché erano so�oposte a persecuzione da parte del Governo, oppure persone con un orientamento sessuale diverso in Paesi dove questo veniva considerato un reato. Questo è un esempio in cui il conce�o di persecuzione viene a coincidere con quello di prosecuzione: l’essere perseguitato e l’essere perseguito, a questo punto coincidono. Questo avviene quando sono previste sanzioni penali sproporzionate per rea� di lieve en�tà o comportamen� che lo Stato che dà la protezione in realtà non considera an�giuridici. Quindi il diverso orientamento sessuale è un mo�vo per o�enere asilo se la persona scappa da un Paese dove questo è considerato un reato. Caso Casinga L’unico caso che non è di un organismo internazionale in quanto la Convenzione viene applicata da autorità statali. Ricorso di annullamento di una decisione precedente. Il giudice aveva preso un appello una decisione secondo cui viene negata la domanda di asilo alla signora Casinga e viene ordinato che venga cacciata dagli USA. Questa si rivolge al consiglio per l’immigrazione che decide di rivedere la sua tes�monianza giungendo a conclusioni diverse rispe�o al giudice. Qui il mo�vo per cui la signorina faceva una richiesta di protezione internazionale era perché nel suo Paese di origine sarebbe stata so�oposta a mu�lazione genitale. Il consiglio fa il punto su se�e ques�oni: La credibilità della ricorrente. La ragazza ha diciasse�e anni e appar�ene a una tribù del Togo in cui le ragazze sono obbligate ad essere so�oposte a questa pra�ca dai mari� ma lei era sempre stata prote�a dal padre, ma dopo la morte di quest’ul�mo sua zia diventa il capo famiglia e le combina il matrimonio con un uomo molto più grande di lei che la vorrà costringere ad essere so�oposta a mu�lazione genitale femminile prima ancora che il matrimonio venisse consumato. Lei scappa subito dopo il matrimonio e arriva in Ghana, ma essendo il marito un personaggio influente e avendo paura di essere rintracciata va in Germania dove o�ene un rifugio temporaneo ma non chiede il diri�o di asilo. Compra il passaporto della sorella di un uomo nigeriano e arriva negli USA. 1 momento del concepimento individuando con precisione il momento in cui la persona inizia ad essere tale. Per quanto riguarda la pena di morte, la convenzione americana ado�a lo stesso approccio del pa�o sui diri� civili e poli�ci in quanto fa riferimento soltanto agli Sta� che non l’hanno ancora abolita: può essere considerata legi�ma solo se pra�cata da quegli Sta�. Il paragrafo 3 specifica in modo esplicito che non può essere reintrodo�a negli Sta� che l’hanno precedentemente abolita. Come gli altri strumen� che abbiamo visto, anche la convenzione americana inserisce il diri�o alla vita tra quelli assolutamente inderogabili in par�colare art. 27 paragrafo 2: non vi può essere alcuna sospensione del diri�o alla vita neppure in tempo di guerra, pericolo pubblico o alta emergenza che minacci la sicurezza di uno Stato parte. L’ul�mo strumento è la carta africana che prevede il diri�o alla vita all’art. 4 parlando dell’inviolabilità dell’essere umano: qualsiasi essere umano ha il diri�o al rispe�o della sua vita e nessuno può esserne arbitrariamente privato. Non c’è il riferimento alla pena di morte ma troviamo il termine “arbitrariamente” quindi possibilità di eccezioni ancora più aperte rispe�o alle altre. Chi decide quando la privazione della vita è arbitraria? In pra�ca lo decide lo Stato e quindi ha più libertà di movimento. Allo stesso tempo, il fa�o che vi siano organismi di controllo so�opone lo Stato al giudizio di ques� organismi (la Corte ha competenza per gli Sta� che hanno ra�ficato il protocollo). Da una parte lo stato ha più libertà nello stabilire quando la privazione della vita sia arbitraria ma d’altra parte gli organismi di controllo possono contraddire lo Stato per cui può accadere che lo Stato stabilisca che l’uccisione di una persona sia legi�ma mentre l’organismo di controllo può decidere che lo Stato si sbagliava. Nella Carta africana non c’è una norma che prevede possibilità di deroghe in situazioni di emergenza, quindi i diri� umani si applicano sempre. Infa�, la commissione africana ha avuto gioco facile nel sostenere la piena applicabilità dei diri� anche in tempo di guerra. L’unico limite è l’art. 27 paragrafo 2 in base alle quali i diri� e la libertà vengono esercita� tenendo in considerazioni i diri� degli altri, la morale colle�va e l’interesse comune. Vo. v Francia La signora Vo si reca in ospedale per una visita di controllo durante il sesto mese di gravidanza. Allo stesso tempo, un’altra signora (omonima) deve so�opor� a un intervento di estrazione della spirale. C’è uno scambio di persona per cui la signora Vo viene so�oposta all’intervento, viene danneggiato il sacco amnio�co e la gravidanza non può essere portata avan�. La signora si rivolge alla corte europea dei diri� dell’uomo chiedendo se la mancanza nella legislazione francese di una legge volta a sanzionare l’uccisione del feto non sia una violazione dell’ar�colo sul diri�o alla vita. Nell’art. 2 è presente solo il termine “everyone”. Ci si chiede se l’omicidio volontario sia da sanzionare penalmente. Il momento di inizio della vita di una persona dipende dal margine di apprezzamento del singolo Stato. Secondo la Corte il diri�o alla vita deve essere tutelato anche nella sanità pubblica ma nel caso di uccisione involontaria non è necessario una condanna penale, ma delle sanzioni amministra�ve o disciplinari potrebbero essere soddisfacen�. Conclude dicendo che il ricorso amministra�vo sarebbe stato efficace per stabilire l’errore medico e proporre un equo indennizzo. Quindi anche se l’art. 2 poteva considerarsi applicabile al feto non vi è stata una violazione. L’art. 2 non prevede se il feto rientri in “everyone”, non dice nulla sul momento di inizio della vita quindi non è possibile per la Corte riuscire a stabilire questo momento (sarebbe stato più facile per la corte americana in quanto la convenzione americana prevede il momento di inizio del concepimento). La corte verifica il consenso dei Paesi europei o della maggior parte di essi andando a vedere le leggi sull’aborto: in realtà non c’è un consenso europeo perché le leggi sull’aborto sono molto eterogenee. La conclusione è che si rientra nel margine di apprezzamento: è lo Stato che ha la libertà di decidere quando si inizia ad essere persone. Naturalmente la decisione sul margine di apprezzamento non è limitata ma c’è un punto di partenza e uno di arrivo: lo Stato, nell’esercizio del suo margine di apprezzamento deve rimanere in quell’intervallo e la corte ha il compito di vigilare il rispe�o del margine di apprezzamento. Il margine va dal concepimento alla nascita quindi lo Stato può decidere che una persona inizi ad essere tale in qualsiasi momento a par�re dal concepimento fino alla nascita. Questo da una parte dà flessibilità alla convenzione europea perché consente di ada�are le norme alle diverse esigenze degli Sta�, d’altra parte la decisione sul fa�o che vi sia o meno una violazione dei diri� umani viene rimessa nelle mani degli Sta� che cos�tuiscono i principali sogge� che violano i diri� umani. Quindi ai principali violatori dei diri� umani si lascia decidere nel caso di specie se la violazione ha avuto luogo o meno. Isayeva, Yusupova and Bazayeva v. Russia Guerra civile in Cecenia tra i ribelli e le autorità russe nel 1999. In par�colare, si parla di truppe russe contro un convoglio civile da cui ha origine un ricorso presentato da tre ci�adini ceceni. I ricorren� affermano che la federazione russa in seguito al bombardamento aereo di un convoglio civile aveva violato l’art. 2 della convenzione europea. Durante il bombardamento erano sta� uccisi e feri� dei bambini. I ricorren� affermavano anche che l’esercito russo aveva annunciato l’apertura di un corridoio umanitario così da perme�ere l’evacuazione ai civili in un’altra parte della repubblica russa. Le famiglie lasciano le ci�à ma vengono fermate sul confine insieme ad altri rifugia� e gli ufficiali dichiararono che il corridoio sarebbe rimasto chiuso: gli aerei russi bombardano il convoglio provocando mor� e feri�. Il governo russo aveva ritenuto l’a�acco legi�mo sostenendo che gli aerei erano sta� a�acca� da ribelli nascos� nel convoglio civile. La corte riafferma il valore fondamentale dell’art. 2 verificando se le azioni del governo russo fossero state pianificate in modo da provocare il minimo numero di vi�me tra i civili. La corte ha affermato che anche se tra i civili ci fossero sta� livelli la Russia aveva violato l’art. 2 perché sopra�u�o non aveva collaborato con la corte dando prova della sua diligenza dimostrando quindi l’assenza di inves�gazione. Quindi abbiamo una doppia violazione in quanto le indagini interne erano state inefficaci e insufficien�. Viene riconosciuta la violazione dell’art. 2 so�o due profili. Questa sentenza ha il merito di fare chiarezza sull’applicabilità dell’art. 2 in tempo di guerra. La Russia non può invocare l’applicabilità dell’art. 15 che riguarda le situazioni di emergenza perché le situazioni di emergenza devono essere dichiarate dagli Sta�, dunque andava specificato prima. In questo caso avrebbe comunque avuto poca rilevanza perché il diri�o alla vita non può esser ogge�o di deroga in situazioni di emergenza. La cosa importante è che la corte ribadisce che nonostante si fosse in situazioni di confli�o armato, la privazione del diri�o alla vita può essere fa�a solo in situazioni necessarie. In teoria i diri� umani andrebbero disapplica� in favore del diri�o umanitario, mentre questa sentenza ribadisce che i diri� umani si applichino pienamente anche in diri�o di guerra quindi anche durante la fa�specie di confli�o armato una violazione piò essere gius�ficata soltanto qualora sia stata necessaria (come previsto dall’art. 2). Ovviamente in tempo di guerra le situazioni sono più numerose rispe�o ai tempi di pace ma il criterio interpreta�vo è lo stesso: persino nella conduzione di azioni militari, lo Stato deve evitare di privare qualcuno della vita quando questo non sia assolutamente necessario. L’altro aspe�o è quello dell’obbligo procedurale: la Corte in questo caso rileva l’esistenza di una doppia violazione sia per l’uccisione non necessaria delle vi�me e per il fa�o ulteriore di non avere inves�gato. Questo è importante perché l’art. 2 viene violato so�o due profili anche se in termini pra�ci uno dei due sarebbe sufficiente a riconoscere la violazione dello Stato. Velazquez v. Guatemala Caso della corte interamericana che eme�e la sentenza nel 2000 e riguarda la violazione da parte del Guatemala tra cui l’art. 4 (vita), 7 (libertà) e 1 (rispe�o dei diri� generali della convenzione). Innanzitu�o, la ques�one viene so�oposta al giudizio di ammissibilità da parte della Convenzione. Nozione di sparizione forzata tra�ata dalla corte nella sezione decima a�raverso la sua stessa opinione, la convenzione sulle sparizioni forzate interamericana che non viene ra�ficata dal Guatemala ma presa in considerazione per chiarificare l’essenza della sparizione forzata. In più viene considerato il codice civile del Guatemala. Viene definita con l’imprigionamento illecito, l’u�lizzo della tortura fisica e psicologica e la sparizione dell’individuo con presunta morte. L’intervento statale può essere più o meno esplicito di ordine di sparizione forzata, impedimento alla gius�zia o non collaborazione. In generale la sparizione forzata include un’ampia gamma di violazione dei diri� tra cui quello alla vita e quello alla gius�zia. È importante stabilire la veridicità dei fa� in quanto la sparizione forzata occulta la verità. Il caso specifico tra�a la sparizione di Velazquez che militò all’interno di un’associazione filosovie�ca all’interno della guerra civile del Guatemala. Nel 92, Velazquez viene fa�o prigioniero e per i successivi tre mesi viene dislocato in diversi centri di reclutamento illegale ma successivamente non si ebbero più sue no�zie da parte del Governo. Tu�e queste vicende si ricollegano alla policy dello Stato durante la guerra civile che consisteva nel fare prigionieri i ribelli e gius�ziarli. La corte presume quindi la morte di Velazquez e quindi nella sezione tredicesima si discute la violazione del diri�o alla vita. La corte si serve sia 1 della convenzione interamericana dei diri� umani sia il pa�o sui diri� civili e poli�ci dell’ONU che all’art. 6 so�olinea non solo il ruolo dello Stato nel garan�re il diri�o alla vita ma sopra�u�o controllare l’operato dello Stato. Perciò la corte dichiara che lo Stato del Guatemala è colpevole di aver violato l’art. 4 in quanto lo Stato può agire per mantenere l’ordine pubblico ma non venire meno a diri� inderogabili quali quelli menziona� nell’art. 4 della convenzione. Uno dei pun� fondamentali è che ci troviamo in una situazione di confli�o armato e la corte interamericana conferma l’approccio della corte europea sostenendo che i diri� umani siano applicabili in tempo di guerra. È interessante rilevare che la corte interamericana segue una giurisprudenza zoppicante perché nel primo caso di questo genere la corte rileva che la convenzione non è applicabile in tempo di guerra in cui si applica il diri�o umanitario. A par�re da questo caso invece sposa l’approccio della corte europea che sarà successivamente perfezionato in quanto con�nuerà a sostenere l’applicabilità dei diri� umani (in par�colare alla vita) in tempo di guerra sostenendo che si può u�lizzare il diri�o umanitario come diri�o interpreta�vo quindi per capire qual è il contenuto del diri�o alla vita in situazioni di confli�o armato. Le norme del diri�o umanitari sono infa� stru�urate per essere applicate in quel par�colare contesto. Ormai però di è affermata l’idea che i diri� fondamentali incluso quello alla vita si applicano anche in diri�o di guerra contestando una dis�nzione cristallizzata fra diri� umani e umanitari, posizione confermata anche dalla corte africana per la quale è semplice operare questa decisione in quanto priva di norme che derogano ai diri� in situazioni di emergenza. 3/04/2019 Protezione contro la tortura e tra�amen� o punizioni crudeli, inumane o degradan� Divieto di tortura e di tra�amen� analoghi alla tortura. Normalmente nelle norme di riferimento è stru�urato come divieto di tortura e tra�amen� e punizioni crudeli, inumane e degradan�. Questo divieto è contenuto in tu� gli strumen� sui diri� umani ed esiste una Convenzione specifica in materia, quella delle Nazioni Unite del 1984. Conce�o di tortura che viene esplicitato da questa convenzione: l’art. 1 definisce cos’è la tortura ed è l’unico strumento che lo fa perché il problema inerente alle norme contenute negli altri tra�a� sui diri� umani che si occupano di questo problema è cercare di capire se una determinata fa�specie rientri nel termine incluso nella norma. Se prendiamo come esempio la Convenzione europea l’art. 3 è assolutamente minimale, probabilmente la disposizione più corta dell’intera convenzione: “nessuno sarà so�oposto a tortura o a tra�amen� inumani e degradan�”, unica evidenza testuale a disposizione della corte per l’applicazione dell’art. 3. È un’arma a doppio taglio perché da una parte è chiaro che c’è una difficoltà di capire di cosa s�amo parlando quindi di volta in volta l’organo che interpreta la norma deve stabilire se un determinato tra�amento raggiunge il limite minimo per integrare questo �po di fa�specie, d’altra parte una norma così generica perme�e un’interpretatone espansiva ed evolu�va che si ada�a meglio alla comunità europea in un determinato momento storico. Il fa�o che la corte Europa abbia sancito l’applicazione extra territoriale di questa norma è dovuto al cara�ere molto generico della formulazione dell’ar�colo. La convenzione dell’84 fornisce maggiori certezze perché il conce�o di tortura è enucleato dalla norma. È però anche vero che avendo una definizione ben precisa il margine di movimento dell’organismo di controllo è ristre�o perché nel determinare se una situazione concreta rientri in questa definizione è necessario rimanere entro i limi� previs� dalla definizione stessa. “Tortura” allo scopo della convenzione significa qualsiasi �po di a�o a�raverso il quale è intenzionalmente infli�o un dolore o una sofferenza grave sia fisica che mentale su una persona sopra�u�o per lo scopo di o�enere un’informazione o una confessione o per punire la vi�ma per un a�o che la vi�ma stessa o una terza persona ha commesso, è sospe�ata di aver commesso o per in�midire o costringere la vi�ma o una terza persona o per qualsiasi mo�vo basato su qualsiasi genere di discriminazione quando tale dolore o sofferenza sia infli�o da o su is�gazione di o con il consenso o l’acce�azione da parte di un pubblico ufficiale o di un’altra persona che agisce in una funzione ufficiale. Il limite è che questa convenzione copre solo le fa�specie di tortura perpetuate dall’organo dello Stato o con la sua acquiescenza o is�gazione. Di conseguenza un a�o privato non ha nulla a che fare con persone che agiscono ufficialmente per conto dello <stato ed esso non rientra nell’ambito di applicazione della convenzione. L’organismo di controllo is�tuito da questa convenzione, il comitato contro la tortura, cerca di favorire un’interpretazione più estensiva possibile per cui quando vi sono situazioni di instabilità poli�ca per cui determinate fazioni anche se non corrispondono al governo ufficiale hanno controllo di par� di uno Stato, i membri sono considera� sospesi ricorsi simili non ancora comunica� al governo in a�esa di ques� sei mesi durante i quali il governo avrebbe dovuto prendere le misure necessarie. Nel caso in cui il governo non si fosse a�enuto alle misure della corte, i ricorsi in questo caso sarebbero sta� integra� e valuta�. Questo meccanismo serve anche a porre in essere dei rimedi effe�vi alle violazioni perché è molto meglio chiedere allo Stato di predisporre una volta per tu�e delle misure per fare in modo che queste condizioni non abbiano luogo piu�osto che chiedere un risarcimento ma senza modificare le condizioni stru�urali che danno luogo alla violazione. Moiwana v. Suriname Sentenza del 2005 della corte interamericana che è molto par�colare perché ci mostra in modo assai efficace quanto il conce�o di cui s�amo parlando possa assumere significa� diversi a seconda delle persone che sono coinvolte: per questo è importante avere un approccio molto flessibile perché ciò che è importante nei diri� umani è l’effe�vità della protezione oltre ad avere dei diri� proclama� su carta: è fondamentale che i diri� umani siano realizza� effe�vamente nella vita delle persone. Quindi se applichiamo un’interpretazione del conce�o di tortura che si sposa bene con il punto di vista occidentale a persone che concepiscono la vita in modo diverso, questo �po di protezione può essere inefficace o non effe�va. Questo è il caso della comunità indigena Mohiuana: nel 1986 le forze armate dello Stato a�accano il villaggio della popolazione uccidendo oltre 40 persone e radendo al suolo l’intero villaggio così da far parlare di un massacro. Anzitu�o, questo caso è importante perché si tra�a di un esempio di applicazione del conce�o di “violazione con�nuata” perché quando il massacro è stato perpetuato la convenzione americana non era ancora stata ra�ficata dallo Stato in ques�one. DI conseguenza, la corte non ha giurisdizione sugli even� occorsi nel 1986, tu�avia ques� even� hanno dato vita a delle conseguenze che hanno con�nuato a prodursi successivamente all’entrata in vigore della Convenzione nello Stato che quindi può essere considerato responsabile perché al momento dell’entrata in vigore della convenzione non aveva ancora preso i provvedimen� necessari per porre fine alla violazione e garan�re la protezione. Lo Stato non può essere considerato responsabile per l’uccisione dei membri della comunità ma per le conseguenze, le condizioni che con�nuavano a sussistere dopo la ra�fica della convenzione come la mancanza di inves�gazione, la mancanza di punizioni delle persone responsabile, il mancato accesso alla gius�zia delle persone colpite. Ma vi è un mo�vo di violazione che i ricorren� non avevano neppure sollevato, ovvero la violazione dell’art. 5 che riguarda il diri�o a un tra�amento umano che si traduce in un divieto di tortura e tra�amen� o punizioni inumane e degradan�. Nel caso di specie, in cosa consisteva questo tra�amento inumano? Paragrafo 99: la corte illustra dei fa� considera� come dimostra� perché a�esta� da tes�monianze. Se i rituali di sepoltura non sono esegui� sulla base delle tradizioni della comunità, ciò è considerata una profonda trasgressione morale che creerà rabbia non soltanto allo spirito delle persone che sono morte ma può anche offendere altri antena� della comunità. Ciò conduce a una quan�tà di mala�e di cara�ere spirituale che si manifestano in mala�e fisiche effe�ve e possono potenzialmente colpire tu�e le generazioni della comunità. La comunità percepisce che tali mala�e non possono essere curate in modo spontaneo ma devono essere risolte a�raverso metodi culturali e cerimoniali senza i quali le mala�e di cui sopra colpiranno anche le generazioni successive. Quindi è fondamentale per la loro sopravvivenza eseguire i ri� di sepoltura in modo stre�amente conforme alle tradizioni. Potremmo definirle supers�zioni ma nessuno è in grado di dare un giudizio in quanto è semplicemente uno s�le di vita diverso dal nostro: quello che conta è questo punto di vista, che sia vero o falso secondo noi non ha importanza. Si viola l’art. 5 perché è percepita dalle vi�me come violazione e se si vuole garan�re la tutela dei diri� umani bisogna dare rilievo alla percezione di chi è vi�ma o la protezione non sarebbe effe�va=cara�ere rela�vo dei diri� umani. La valutazione dei diri� non può prescindere dalla percezione di chi ha subito la violazione. Questa sentenza è anche interessante per le misure di riparazione che vengono ordinate dalla corte perché la corte europea per es. ordina generalmente un risarcimento monetario. Qui c’è un risarcimento monetario ma anche numerose altre forme di riparazione che sono par�colarmente significa�ve perché vengono ordinate e stru�urate dalla corte sulla base della percezione delle persone interessate (punto D: altre forme di riparazione). Precedentemente la corte ordina il risarcimento per danni materiali e morali, poi si passa ad altre forme definite dalla Corte come “misure di soddisfazione e garanzie di non ripe�zione”. Quali sono? Prendere tu�e le misure necessarie per assicurare una veloce ed effe�va inves�gazione dell’a�acco subito dalla comunità. 1 Generalmente avere una sentenza interna che stabilisca l’effe�va violazione, una volta avuto un risarcimento generalmente non è importante. Per queste popolazioni è importante punire i responsabili e se questo colpevole viene punito si percepisce un’ingius�zia, se non si trovano i colpevoli la comunità può pensare che si sia tra�ata di una punizione giusta proveniente dalla divinità quindi non si percepisce il significato della violazione. Per la corte interamericana per questo mo�vo l’iden�ficazione e la punizione dei colpevoli ci deve essere. Le altre misure sono: possibilità per i sopravvissu� di ritornare nei loro territori, res�tuzione dei res� delle persone uccide (da questo comportamento secondo la corte è derivata una violazione dell’art. 5) e pubblicare delle scuse formali da parte dello stato nei confron� della comunità, ergere un monumento commemora�vo. È un modo per le vi�me di condividere ciò che hanno sofferto e la condivisione lenisce la sofferenza. È un approccio del tu�o diverso da quello normalmente �pico della corte europea e ci fa capire come la percezione dei diri� possa essere diversa a seconda del contesto a cui facciamo riferimento. Caso Soering v. United Kingdom Applicazione extra territoriale della giurisdizione. Il caso riguarda fa� avvenu� nell’85. Il protagonista è un ci�adino tedesco trasferitosi in Virginia, in cui incontra una ragazza con la quale inizia una relazione ma i genitori di lei contrastano la relazione. I due decidono di risolvere la situazione uccidendoli e rifugiandosi nel regno Unito in cui vengono arresta� per frode (in quanto avevano falsificato degli assegni). Gli Sta� Uni� a questo punto richiedono l’estradizione per la ragazza (complice) che viene condannata a 45 anni. Per il ragazzo due Sta� richiedono l’estradizione: sia gli USA che la Germania, ma negli USA esisteva ancora la pena di morte. Il Regno Unito richiede garanzie riguardo la so�oposizione alla pena di morte: gli Sta� uni� danno rassicurazioni e quindi l’Inghilterra decide di estradarlo negli USA. Soering si rivolge alla corte europea che �ene in considerazione non la pena di morte in sé ma “il braccio della morte”, quindi tu�e quelle condizioni che il detenuto subisce quando aspe�a la sentenza nel braccio della morte. Il Regno Unito cerca di difendersi sostenendo che lui non sia stato ancora condannato ma solamente accusato quindi non è de�o che venga condannato e che venga poi punito con la pena di morte. In realtà lui può appellarsi all’instabilità mentale e ritenere che la garanzia degli USA non sia sufficiente. La corte invia un comitato nel carcere in cui dovrebbe essere detenuto prima di essere so�oposto alla pena di morte per un periodo che andava dai sei agli o�o anni. Quindi stress mentale e fisico perché poteva essere so�oposto a tra�amen� inumani. Inoltre, la corte considera l’età e lo stato mentale. La corte infine considera che il Regno Unito poteva decidere di estradarlo ma se l’avessero estradato in Germania avrebbe sia garan�to una punizione ma anche evitato il braccio della morte. Per cui la corte afferma che l’implementazione della decisione di estradarlo negli USA sarebbe stata una violazione dell’art. 3. Secondo la responsabilità statale, questo deve verificare se l’individuo verrà so�oposto a tra�amen� inumani e degradan� nel luogo in cui dovrà essere estradato e assicurarsi che non verrà pun� con la pena di morte. Soering viene estradato ma dopo garanzie da parte del governo americano di non ricorrere alla pena di morte. Lo Stato è responsabile per un nesso di causalità tra il suo comportamento e ciò che avverrebbe con l’estradizione. Quindi lo Stato ha il potere di decidere se la persona dovrà o meno subire il tra�amento contrario all’art. 3 quindi applicazione extra territoriale della fa�specie. C’è anche il conce�o della vi�ma potenziale: la certezza assoluta che tale tra�amento non sarebbe stato infli�o non si poteva avere. Questo vale ancora di più per situazioni di deportazione in Paesi pericolosi cioè il così de�o refoulement. Infa�, dal caso Soering in poi la corte ha ado�ato una giurisprudenza costante (anche se nel caso concreto alcune volte ha ritenuto che il rischio non sussistesse) confermando che quando il rischio c’è la deportazione non deve avere luogo. Deve essere fa�a un’indagine sul rischio ma la certezza non c’è mai, per cui se esiste un pericolo ragionevole che questa persona subisca una violazione non debba avere luogo. 4/04/2019 Nel 1997 D. contro Regno Unito, caso molto delicato perché il signor D., cittadino di uno stato del centro America, era stato arrestato nel Regno Unito per traffico di stupefacenti. Aveva contratto il virus HIV che si era manifestato, era in una situazione di malattia avanzata di AIDS, ma all’epoca non esisteva una cura ed era destinato a morire in breve tempo. È una fattispecie particolare perché il ricorso viene basato non sulla circostanza in base alla quale D. sarebbe stato sottoposto a trattamenti contrari all’art. 3, la situazione contraria all’art.3 sarebbe stata determinata dallo scarso livello di assistenza sanitaria che lo stato di cittadinanza avrebbe potuto garantire. Se gli fosse stato consentito di restare nel Regno Unito sarebbe deceduto in condizioni più dignitose perché avrebbe avuto cure più adeguate. La Corte ha accolto il ricorso, l’estradizione del signor D. nel suo stato di cittadinanza avrebbe determinato una violazione dell’art.3. Forse ha costituto il punto più avanzato nell’interpretazione dell’articolo a cui si è arrivati. Dopo questa sentenza, molte persone hanno iniziato a presentare ricorsi analoghi a quella del signor D. dicendo che se fossero state riportate nel loro paese di origine non avrebbero potuto ricevere un livello di assistenza sanitaria simile allo Stato europeo in cui volevano essere deportate. La corte dopo questa sentenza fa un passo indietro per ragioni pre�amente poli�che perché gli Sta� europei non avrebbero acce�ato questo �po di indirizzo. Naturalmente, se noi sostenessimo che chiunque al mondo non può usufruire dello stesso livello di risorse dei Paesi europei più avanza� sarebbero milioni le persone a cui dovrebbe essere garan�ta accoglienza. La corte, probabilmente consapevole di questa realtà, ha respinto tu� i ricorsi successivi analoghi. La mo�vazione addo�a dalla Corte per gius�ficare tale modifica nel suo approccio risiedeva nel fa�o che il caso di D. fosse assolutamente eccezionale, unico, diverso da tu� gli altri e la decisione era stata presa gius�ficata dall’enorme eccezionalità del caso. Ma se diamo un’occhiata ai ricorsi successivi è difficile rilevare l’esistenza di differenze sostanziali rispe�o al caso di D. A volte questo �po di situazioni influenzano le valutazioni sui diri� umani per quanto non dovrebbero. È una situazione par�colare perché per il resto la corte con�nua a sostenere l’extra territorialità dell’applicabilità dell’art. 3 perfezionando la sua giurisprudenza in materia. Queste sentenze mostrano gli elemen� ulteriori aggiun� dalla corte, a cominciare da una considerazione inerente alla pericolosità della persona che chiedeva di non essere deportata in quanto tale deportazione sarebbe stata contrario all’art.3. Questo lo vediamo nel caso Sadi v. Italia. Saadi v. Italia Sadi viveva a Milano e aveva un permesso di soggiorno della questura di Bologna fino al 2002. Viene arrestato con l’accusa di terrorismo internazionale e viene posto in custodia cautelare. In sede di udienza, l’avvocato difensore chiede che venga assolta dall’accusa di terrorismo internazionale e venga giudicato per gli altri capi di imputazione. La sentenza cambia la qualificazione giuridica del capo di imputazione: doveva essere accusato non di terrorismo ma di associazione a delinquere. Per la condanna di associazione a delinquere, rice�azione e falso gli viene commutata una pena accessoria di circa un anno. Una volta scontata la pena, avrebbe dovuto essere rimpatriato in Libia. Nel fra�empo, il governo italiano chiede a quello Tunisino garanzie sul fa�o che il signor Sadi non avrebbe subito tra�amen� inumani e degradan�. (Se non fosse esis�ta la convenzione europea e l’interpretazione dell’art. 3 il governo italiano non si sarebbe preso questa briga). Il signor Sadi lamenta una violazione dell’art. 3 facendo ricorso individuale davan� alla corte europea dei diri� dell’uomo. Interviene la Gran Bretagna che era stata protagonista di un caso simile (Chamal) esprimendo la volontà di espellere un ci�adino accusato di terrorismo internazionale ma non aveva potuto dare seguito alla sentenza in quanto la corte aveva rilevato un rischio di maltra�amento. La corte ribadisce un divieto assoluto al rimpatrio se la persona rischia maltra�amen�: lo Stato contraente non lo può rimpatriare perché incorrerebbe in una violazione dell’art. 3 della convenzione (uno dei pochi di cara�ere assoluto che non può essere derogato in situazioni di emergenza pubblica: questa inderogabilità vale anche per l’applicazione extra territoriale). La corte ribadisce che indipendente dalla pericolosità del sogge�o e dalle accuse che gli vengono rivolte, se si rivela il rischio che possa essere so�oposto a maltra�amen� non deve procedere all’espulsione. Ri�ene che non si possa bilanciare la pericolosità del sogge�o e il rischio di maltra�amento: non possono essere considerate insieme perché il fa�o che il sogge�o sia pericoloso non riduce il fa�o che possa essere so�oposto a maltra�amen�. La corte u�lizza dei rappor� di Amnesty Interna�onal e Human Rights watch che a�estano situazioni preoccupan� dei detenu� accusa� di terrorismo. Per quanto riguarda la parte rela�va alle assicurazioni diploma�che, queste non erano state date dal governo tunisino in nessuna delle due note verbali rivolte all’Italia. La corte non le ri�ene sufficien� perché il fa�o che un Paese in linea di principio abbia delle leggi interne o dei tra�a� in materia non basta per dare delle garanzie. Afferma che avrebbe dovuto intervenire per indagare. Il caso si conclude riconfermando il divieto assoluto e affermando che se 1 refoulement perché il ricorrente viene rimandato in Grecia quando il tra�amento a cui sarebbe stato so�oposto non poteva essere considerato in linea con gli standard dell’art. 3. Cosa dobbiamo so�olineare? Tornando alla convenzione di Dublino, esiste nell’ambito dell’UE questa regolamentazione rela�vamente alla competenza di valutare le domande di asilo con qua�ro criteri. Quindi se qualcuno richiede asilo in un qualsiasi stato membro (ci�adino di uno stato terzo), questo prima di tu�o verificherà se è competente a valutare la domanda o se la competenza per�ene a un altro Stato. Il divieto di refoulement si stru�ura nel senso del divieto di deportazione di una persona verso un Paese a rischio, significando che se invece viene mandata in un Paese sicuro non esiste nessuna violazione. In questa fa�specie, nel caso M.S.S. il Belgio non si era posto il problema che la Grecia fosse un paese sicuro o meno perché all’epoca esisteva una norma nel diri�o UE che dava luogo a una presunzione giuridica in base alla quale tu� i Paesi membri dovevano essere considera� Paesi sicuri, quindi non c’era bisogno di accertarsi circa le condizioni di un determinato Paese membro in quel momento perché si dava per scontato che tu� i Paesi membri fossero sicuri (per diventare Paesi membri bisogna soddisfare cer� requisi�, tra cui il rispe�o dei diri� umani). Alla corte europea, organizzazione diversa rispe�o all’UE, non importa di questa considerazione giuridica perché in termini fa�uali la Grecia non era un paese sicuro in quanto i richieden� asilo potevano essere so�opos� a tra�amen� contrari all’art. 3 quindi il Belgio viene condannato perché a prescindere dal regolamento di Dublino e la presunzione giuridica, esso avrebbe dovuto accertarsi se nella fa�specie concreta la Grecia fosse realmente un paese sicuro: se avesse compiuto questa operazione, no avrebbe rinviato M.S.S. verso la Grecia perché avrebbe accertato che non fosse un Paese sicuro. Quindi la presunzione di sicurezza di tu� i Paesi UE non corrispondeva, secondo la corte, alla realtà. La corte di gius�zia dell’UE, in una sentenza del 2011, preso a�o della posizione della corte europea dei diri� dell’uomo in M.S.S. h fa�o presente che la presunzione giuridica non vale più e che ogni volga che lo Stato membro applica il regolamento di Dublino deve accertarsi che il paese competente a esaminare la richiesta di asilo in base al regolamento, deve essere effe�vamente un Paese sicuro. Per questo il regolamento viene poi modificato. Il CEDU, come interpretato dalla corte, va a incidere anche sul diri�o dell’UE e le is�tuzioni Ue si sono dovute adeguare per impedire agli sta� membri di violare la convenzione europea. 8/04/2019 Case of Hirsi Jamaa and Others v. Italy L’Italia aveva intercettato delle imbarcazioni provenienti dalla Libia, 300 profughi vennero riportati in Libia senza sapere quale fosse la destinazione effettiva. Violazione dell’art. 3, la Corte valuta che l’Italia avesse esposto a rischio reale i profughi riportandoli in Libia, rimpatrio indiretto perché i profughi consegnati alle autorità libiche, avrebbero potuto essere rimpatriati negli stati d’origine: Eritrea e Somalia. Riconoscimento indiretto della responsabilità in questo caso. Valuta in base all’art.3 e alla giurisprudenza della Corte se esistesse il rischio reale di essere sottoposti a trattamenti inumani e degradanti, valutazione dei rapporti da cui risulta che la condizione dello stato libico è di insicurezza, prove concrete che non potesse essere considerato uno stato sicuro. Un aspetto particolare è il fatto che in Libia non ci sia alcuna differenza tra migrazione regolare e irregolare, non viene riconosciuto lo status di rifugiato. Molto spesso detenzioni arbitrarie, casi di torture, condizioni igieniche e sanitarie al limite. La Corte valuta il rischio reale di essere sottoposti a trattamenti inumani. L’Italia viene considerata responsabile perché non ha raccolto prove sufficienti, non ha avuto rassicurazioni dalla Libia che i rifugiati non sarebbero stati sottoposti a questi trattamenti e non sarebbero stati rimpatriati in Somalia ed Eritrea. La Libia non ha ratificato la Convenzione di Ginevra del 1951 e non ha riconosciuto l’autorità dell’Alto Commissariato per i rifugiati. Violazione dell’art.3, dell’art. 14 diritto di poter usufruire dei ricorsi interni perché l’Italia non ha dato la possibilità di fare la richiesta d’asilo, il requisito del previo esaurimento dei ricorsi interni viene considerato assorbito da questa violazione. In relazione all’art. 3, di volta in volta la Corte aggiunge elementi, in questo caso il non refoulement indiretto, nel caso in cui ci sia il rischio che questa persona da un paese sicuro sia deportata in un paese terzo a rischio. I trattamenti contrari all’art. 3 hanno luogo in Libia ed è plausibile che ci siano in Eritrea e Somalia a loro volta. Prima questa situazione era possibile anche in Europa, si considerava come tale una persecuzione solo qualora fosse emanata da un’autorità dello stato. In particolare, le corti di Francia e Germania respingevano le persone non considerandole rifugiati, se l’Italia avesse deportata una persona in Francia, paese sicuro, ma che avrebbe potuto deportarla in un paese terzo, l’Italia sarebbe stata responsabile della violazione per il divieto di refoulement indiretto. Oggi le norme dell’UE hanno chiarito che la persecuzione è tale anche quando emana da soggetti non statali. Case of Trabelsi v. Belgium Estende l’applicabilità extraterritoriale dell’art. 3 a una fattispecie diversa. L’art. 3, in base alla sua applicazione, prevede che lo stato che ratifica la Convenzione abbia l’obbligo di non esporre una persona al rischio di subire un trattamento inumano, trattamento contrario all’art. 3. Nel caso di specie la Corte si occupa della compatibilità del binomio estradizione ergastolo con l’art. 3 della Convenzione. Un cittadino tunisino avrebbe dovuto essere estradato negli Stati Uniti dove era stato condannato all’ergastolo senza la possibilità di liberazione condizionata o anticipata che è di per sé incompatibile con l’art.3. La Corte europea si era già pronunciata sulla questione per verificare se e in quali circostanze l’ergastolo rappresentasse un trattamento inumano e degradante. In una sentenza, la Grande Camera aveva sostenuto che l’imposizione di una pena perpetua non risultasse incompatibile con l’art.3, ma avrebbe potuto sollevare un problema di incompatibilità qualora la pena fosse irriducibile di diritto e di fatto. Gli ordinamenti nazionali avrebbero dovuto prevedere dei meccanismi di revisione della pena che consentissero una liberazione anticipata. Il ragionamento viene ripreso in due sentenze successive in cui la Corte verifica la proporzionalità della pena e l’incompatibilità della pena con l’art. 3. Le valutazioni espresse dalla Corte nel caso Trabelsi, sono fatte soprattutto alla luce delle sentenze precedenti della grande camera. Il cittadino tunisino viene condannato per terrorismo a dieci anni di reclusione dal tribunale di Bruxelles e dalla corte di appello di Bruxelles e in contumacia dalla corte tunisina. Le autorità americane chiedono l’estradizione sulla base di un accordo sottoscritto nel 1987 con il Belgio. L’estradizione riguarda il fatto di usare di armi di distruzione di massa per uccidere cittadini americani al di fuori degli Stati Uniti. Le autorità belghe accettano l’estradizione a condizione che non sia applicata la pena di morte, che l’ergastolo a vita avesse la possibilità di essere commutato o ridotto e, in caso di estradizione con la Tunisia, gli Usa avrebbero dovuto accordarsi con il Belgio. Nel 2011 Trabelsi presenta ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, nel 2013 viene estradato negli Usa. L’elemento di discrimine è che l’ergastolo possa essere mutato, se esiste la possibilità che la pena sia riconsiderata l’ergastolo non è considerato un trattamento contrario all’art.3; dal momento che l’ordinamento statunitense non prevede nessun meccanismo di revisione della pena Trabelsi sarebbe stato esposto al rischio di subire una violazione dell’art. 3 e di essere sottoposto a un trattamento inumano e degradante. La Corte ha dato vita a uno sviluppo della sua giurisprudenza. Seppure la pena sia erogata rispettando i requisiti dell’equo processo, anche l’ergastolo dà origine a una violazione dell’art. 3 qualora sia irriducibile di fatto e di diritto. Gli elementi che la Corte aggiunge alla sua giurisprudenza sono più numerosi e significativi, tranne in qualche caso in cui si è spinta un po’ troppo avanti come nel caso D. Stati terzi si trovano a dover derogare alle loro norme interne per ottenere l’estradizione, ma non sono sotto l’influenza della Corte europea, questa situazione dal loro punto di vista potrebbe apparire non accettabile. Influenza aspetti della vita giuridica di paesi estranei alla convenzione stessa, si garantisce maggiore effettività ai diritti anche oltre l’ambito di applicazione della convenzione. Protezione contro la schiavitù, la servitù e il lavoro forzato È uno dei divieti più antichi dal punto di vista dei diritti umani, la prima Convenzione è del 1926 adottata sotto l’egida della SDN, è importante perché ci fornisce la definizione di schiavitù considerata ancora oggi valida anche per il diritto internazionale consuetudinario: sulla persona 1 sono esercitati alcuni o tutti i poteri del diritto di proprietà. Dalla definizione classica, la proprietà è il diritto di disporre e godere in modo assoluto di una cosa. Il divieto di schiavitù è espresso nell’art.4 della Dichiarazione universale dei diritti umani che associa alla schiavitù anche la servitù e fa riferimento alla tratta degli schiavi che costituisce la pratica propedeutica alla creazione di una condizione di schiavitù. Il divieto trova il suo posto anche nella Convenzione europea la cui caratteristica è che alla schiavitù e alla servitù viene affiancato anche il lavoro forzato in quanto si tratta di fattispecie molto vicine e difficilmente distinguibili. Ci sono due Convenzioni sul lavoro forzato dell’ILO, la n. 29 del 1930 e la n. 53 del 1957 che richiedono agli stati di prendere le misure necessarie per impedire che il lavoro forzato possa trasformarsi in situazione di schiavitù. In linea di principio come schiavitù intendiamo uno stato di piena proprietà di una persona su un’altra, la vittima viene ridotta a un oggetto. La servitù è una fattispecie molto vicina perché predispone una condizione di assoggettamento totale senza perfezionare la condizione del diritto di proprietà, in genere ci si basa sull’intensità del controllo esercitato dallo sfruttatore nei confronti della vittima. Il lavoro forzato è una situazione di sfruttamento del lavoro contro la volontà della vittima o a condizioni inaccettabili, occorre verificare se esiste un assoggettamento della persona oppure se lo sfruttamento si limita al lavoro. La differenza è molto difficile da individuare. Per quanto riguarda schiavitù, servitù e lavoro forzato può essere importante distinguere tra le diverse fattispecie perché l’art. ha carattere fondamentale solo in parte; il paragrafo 2 dell’art. 15 della Convenzione europea prevede la possibilità di sospendere i diritti umani in situazioni di emergenza pubblica. In situazioni di emergenza pubblica, il lavoro forzato può essere legittimamente utilizzato dallo stato, è una delle modalità utilizzate più frequentemente. C’è quindi l’esigenza pratica di distinguere. Esiste anche la Convenzione supplementare del 1956 la cui ratio è quella di indurre gli stati a considerare certe pratiche come equiparate alla schiavitù a prescindere dall’interpretazione dell’art.1 della convenzione del 1926. Oggi c’è un consenso generalizzato in base al quale lo sfruttamento sessuale dei bambini è considerato schiavitù, anche il codice penale italiano lo prevede. In Italia alcune sentenze hanno paragonato alla schiavitù anche l’accattonaggio. È considerata una delle violazioni più gravi dei diritti umani. Non ci sono molti casi di applicazione dell’art. 4 nell’ambito della convenzione europea. Case of Siliadin v. France Sentenza del 2005, una ragazza era costretta a lavorare come domestica a delle condizioni di lavoro inaccettabili, quando si verifica una situazione di questo genere non è rilevante il fatto che la persona sia pagata o meno, la persistenza di una remunerazione non fa venir meno la presenza di uno sfruttamento. Al paragrafo 112 della sentenza la Corte ribadisce che l’art.4 incorpora uno dei valori fondamentali delle società democratiche sottolineando non consente deroga neppure in situazioni di emergenza pubblica per il divieto di schiavitù e servitù. Nel caso di specie si poneva il problema di qualificare la situazione in cui si trovava la vittima. Dal paragrafo 116 in poi la Corte nota che la situazione della vittima era perlomeno una situazione di lavoro forzato, la Corte fa presente che la condizione di lavoro forzato non si ha solo quando è imposto dalle autorità dello stato, ma può essere determinata anche da uno stato di costrizione imposto da soggetti privati. Al paragrafo 121, una volta accertato il fatto che la vittima si trovava almeno in una situazione di lavoro forzato rimaneva da verificare se la gravità della situazione fosse tale da ricondurre alla schiavitù o alla servitù. Fa riferimento alla definizione della Convenzione del 1926. La Corte enuclea il concetto di servitù: una forma di negazione della liberta particolarmente grave, non l’instaurazione di un diritto di proprietà, la schiavitù è la fattispecie estrema. La Corte conclude che nel caso di specie, considerando che la vittima era una minore, la situazione è qualificata come di servitù. Lo stato francese non aveva garantito una protezione adeguata contro questo sfruttamento, viene condannato per la violazione dell’art.4. Case of Rantsev v. Cyprus and Russia La commissione ordina delle misure per res�tuire i documen� di iden�tà costre� a scappare verso il Senegal e i beni che sono sta� porta� via, assicurare compensazioni sia alle vedove che alle vi�me. Ristabilire i contra� a coloro i quali erano sta� licenzia� ingiustamente, assicurare il rispe�o dell’ordinanza che abolisce la schiavitù e me�ere in a�o misure che possano perme�ere di sradicare pra�che che violano i diri� umani. È un caso in cui pra�camente tu� i diri� umani vengono viola� e il momento maggiore di disillusione è che la decisione della commissione in un caso del genere ha poche speranze di conseguire risulta� effe�vi. Il processo che dovrebbe portare effe�vità al rispe�o dei diri� umani sempre e comunque è ancora all’inizio. Diri�o ad un equo processo Non è previsto che possa essere derogato in situazioni di emergenza pubblica e viene considerato inderogabile quando è collegato alla presunta violazione di diri� che sono a loro volta inderogabili. Art. 6 della convenzione europea: le cara�eris�che fondamentali di questo diri�o sono il fa�o di poter sempre accedere a un tribunale per la tutela dei propri diri�. Il tribunale deve essere is�tuito dalla legge, imparziale e indipendente, che rispe�no il principio della separazione dei poteri (altrimen� non si tra�a di rimedi effe�vi perché se non c’è separazione tra esecu�vo e giudiziario la situazione è problema�ca perché magari ci si rivolge ai giudici per o�enere gius�zia nel caso di una violazione compiuta dall’esecu�vo. Se si porta il ricorso contro un’autorità presunta autrice di una violazione mancano i requisi� dell’indipendenza e dell’imparzialità). In genere le udienze devono essere pubbliche tranne nel caso in cui ci siano esigenze superiori che suggeriscono di mantenere le udienze private (o di non concedere l’accesso alla stampa) per cui devono essere presi dei provvedimen� per es. per la tutela dei minori può essere opportuno non rivelare l’iden�tà di un bambino. Lo stesso discorso vale per la sentenza: le sentenze dovrebbero essere pubbliche così come l’udienza ma anche qui possono esserci deroghe per mo�vi di protezione della privacy, dell’ordine pubblico… Anche se queste regole si applicano più alle udienze che nelle sentenze: se la privacy viene rispe�ata già dalle udienze non ci sono più esigenze di non pubblicizzare la sentenza perché la persona è già stata prote�a. Un altro elemento fondamentale è la presunzione di innocenza: questa deve permanere fino a quando non sia accertata la colpevolezza. Questo è un �po di situazione che anche se viene garan�ta a livello processuale, molto spesso non viene garan�ta nell’ambito della società civile: se viene accusata di un determinato reato è probabile che la sua reputazione venga rovinata anche se dichiarata innocente. Le norme giuridiche possono fare poco da questo punto di vista. Ci sono altri requisi� che in linea di principio dovrebbero essere rispe�a�: l’accusa dovrebbe essere no�ficata in an�cipo così da perme�ere alla persona di potersi adeguatamente difendere, vi è il diri�o dell’imputato di essere informato in una lingua a lui comprensibile il che significa predisporre eventualmente di sistemi di traduzione. Deve essere fornito un tempo adeguato a preparare la difesa, esiste un diri�o alla difesa anche usufruendo di un rappresentante legale, ci deve essere un diri�o ad esaminare le tes�monianze che accusano la persona e ci deve essere un diri�o della persona a non essere costre�a a dichiararsi colpevole. Un aspe�o importante è che i procedimen� giurisdizionali devono durare per un periodo di tempo non troppo lungo: non c’è una durata massima ma un processo deve avere una durata ragionevole e la ragionevolezza si misura in base alle diverse circostanze (per fa� semplici il processo deve durare meno, se si tra�a di fa� complessi è ammessa una durata più estesa). Infine, deve esservi la possibilità di ricorrere in appello. Nel caso Khadi, la corte di gius�zia dell’UE aveva rilevato una violazione del diri�o all’equo processo perché queste garanzie non vengono rispe�ate. Questa sancisce il principio per cui un diri�o fondamentale come quello all’equo processo non può subire nessun �po di deroga gius�ficata da qualsivoglia ragione. Il diri�o all’equo processo è sicuramente considerato fondamentale perché+ è indispensabile per garan�re l’effe�vità dei diri� che rimangono a un livello teorico se non vi è la possibilità di farli valere in giudizio. Esistono situazioni disparate in cui non viene fa�o valere questo diri�o. Caso Airey v. Irlanda La signora Airey contrae un tumore e nel 64 tenta di separarsi dal marito a causa di abusi fisici e psicologici sia nei suoi confron� che nei confron� dei figli (richiesta dunque legi�ma). Tu�avia, non riesce mai ad o�enere un accorso fino al 66, quando tenterà di rivolgersi a un tribunale 1 ecclesias�co senza trovare un aiuto da nessun legale in quanto non era in situazioni economiche abbien�. Cita il Caso Gold in cui vi è la violazione dell’art. 6 sull’equo processo stabilito da un tribunale imparziale che possa eme�ere una sentenza imparziale e giusta. Il governo irlandese si oppone perché in realtà afferma che per quanto la signora Airey non fosse in condizioni di perme�ersi un legale, lo Stato concede la possibilità di esporre autonomamente il proprio caso di fronte a un’altra Corte: la Corte rige�a quest’eventualità in quanto la signora Airey non era nelle condizioni di sostenere il processo da sola e si sarebbe trovata in una posizione non paritaria rispe�o al marito. Inoltre, il processo sarebbe stato lungo. L’ar�colo sull’equo processo non specificava quali mezzi lo Stato dovesse fornire e riguardo i procedimen� civili non era prevista la gratuità. Il Governo perde la causa perché in ogni caso la signora non aveva potuto accedere alla corte. Il diri�o all’equo processo implica necessariamente che i mezzi di ricorso siano effe�vamente usufruibili dalle persone mentre in questo caso esisterebbe un mezzo di ricorso effe�vo ma la ricorrente non ne può usufruire perché non possiede le risorse economiche sufficien� per poter presentare la sua causa davan� all’altra corte. Il diri�o all’equo processo implica il dovere dello Stato di predisporre dei mezzi di ricorso che siano accessibili a tu� indipendentemente dalle loro condizioni economiche e sociali: il fa�o che i mezzi di ricorso non siano stru�ura� in questo modo implica una violazione dell’art. 6. Qui la realizzazione concreta di diri� civili e poli�ci si ricollega a quelli economici e sociali perché viene in rilievo la situazione economica della ricorrente e la corte amme�e che in certe circostanze la realizzazione dei diri� economici e sociali può cos�tuire un presupposto necessario per garan�re l’effe�vità dei diri� civili e poli�ci. Caso Zana v. Turchia La maggior parte dei casi che discu�amo sono accomuna� dalla cara�eris�ca di cos�tuire un esempio per situazioni analoghe: qui abbiamo la presunta violazione dei diri� umani da parte dei Governo turco nei confron� � membri TKK, il par�to indipenden�sta Curdo. In questa par�colare fa�specie, il ricorrente lamenta si auna violazione del diri�o all’equo processo sia una violazione della libertà di espressione. Il successo di ques� reclami non sarà lo stesso. Il Governo turco, per quanto riguarda l’equo processo, viene ritenuto responsabile della violazione dell’art. 6 so�o due profili: il primo consiste nel fa�o che il ricorrente era stato condannato e processato in contumacia, ovvero senza avere la possibilità di essere presen� alle udienze e potersi difendere in maniera adeguata. Il secondo aspe�o è rela�vo all’eccessiva lunghezza del processo (paragrafi 75 e 76). Qui la Corte conferma il fa�o che la ragionevole durata di un processo non può essere so�oposta a delle regole prestabilite per quanto riguarda il tempo: occorre definirlo a seconda di quanto il caso sia complesso, quindi quanto sia complicato accertare le situazioni che so�ntendono alla decisione della corte. In questo caso, il procedimento non presentava aspe� par�colarmente complessi e quindi la corte conclude che la durata era stata eccessiva. Alla luce di tu�e le circostanze del caso, la corte non può considerare la lunghezza del procedimento ragionevole. Ma devono essere valutate tu�e le circostanze del caso. Caso Cocchiarella v. Italia La Corte italiana viene tenuta so�o controllo per l’irragionevole durata dei processi. A causa di questa par�colare violazione, negli anni in cui ci sono sta� casi contro Paesi ex comunis�, l’Italia aveva il più alto numero di condanne presso la corte europea dei diri� dell’uomo. Il caso è rela�vo alla ragionevole durata del processo in violazione dell’art. 6 del CEDU e sancito dall’art. 111 della Cos�tuzione italiana. Nel caso di specie, la madre del ricorrente nel luglio del 94 richiede al tribunale di Benevento un’indennità e una pensione di accompagnamento perché inabile al lavoro. Il richiamo viene rifiutato nel 97 ma nello stesso anno la signora muore. Nel 2000 il figlio presenta domanda per subentrare nel processo come erede sostenendo che la signora fosse stata inabile al lavoro e avesse dovuto ricevere un supporto. Inoltre, non era stato concesso un risarcimento. Nel 2001 il ricorrente si rivolge alla Corte di Appello di Roma. Intanto entra in vigore la legge Pinto del Governo Berlusconi secondo la quale se qualcuno si fosse rivolto alla Corte senza usufruire del rimedio previsto dalla legge Pinto (ricorsi interni) si sarebbe scontrato con un problema di ammissibilità. La Corte combina un risarcimento per il ricorrente di circa 800 euro che però risultava irrisorio. Il ricorrente si rivolge alla Corte europea che combina un risarcimento maggiore (6000 euro) tenendo contro delle spese sostenute tenendo anche in considerazione che il risarcimento previsto dalla Corte di Roma non era stato concesso. La legge Pinto prevedeva che entro sei mesi si dovesse concedere il risarcimento, in caso contrario era possibile rivolgersi alla cassazione: la cassazione ri�ene di non far parte dei rimedi effe�vi interni e nel 2004 sancisce la superiorità della corte europea in quest’ambito. Un’ulteriore obbiezione è rela�va all’art. 34 secondo il quale il ricorrente non dovrebbe essere considerato vi�ma perché c’era stato un risarcimento. Questo era comunque irrisorio e non era stato comunque conseguito per cui si dichiara la violazione dell’art. 6. La Corte deve esaminare un aspe�o delicato: se il rimedio predisposto dalla legge Pinto potesse essere considerato effe�vo o meno. Nel primo caso, le persone hanno l’obbligo di esperirlo o non si rispe�a il previo esaurimento dei ricorsi interni. La corte elabora una serie di considerazioni fra cui il margine di apprezzamento dicendo che quando si tra�a di stabilire l’en�tà del risarcimento, le autorità nazionali sono in una posizione migliore rispe�o alla corte europea perché conoscono meglio la realtà nazionale. La corte riconosce questo margine di apprezzamento: questo però non è illimitato. La corte esercita un’a�vità di vigilanza sulla maniera in cui la Corte applica il margine di apprezzamento: da una parte questo fa sì che l’en�tà del commercio non debba essere iden�ca da quella ordinata dalla corte in casi simili ma non deve essere neanche eccessivamente sproporzionata. Nel nostro caso viene riconosciuto il 14% riaspe�o a quello che la corte riconosce in casi simili quindi c’è stato un abuso del margine di apprezzamento: anche se può esservi una discrasia tra la somma stabilita dalla Corte e quella del giudice interno, questa non può essere eccessiva. Inoltre, la Corte si dimostra insofferente nei confron� dell’Italia (dicendo che aveva dovuto affrontare più di mille casi e che lo Stato italiano non era capace di risolvere problemi stru�urali alla base di questa violazione) che non si adeguava alle regole che si era impegnata a rispe�are, rimuovendo i mo�vi per cui le violazioni erano così ricorren� (oggi abbiamo la sentenza pilota per rimuovere le cause stru�urali di una violazione ripetuta). D’altra parte, la corte europea si felicita del fa�o che finalmente la cassazione abbia stabilito che il risarcimento possa essere determinato in base agli standard previs� dalla corte europea stessa. E uno dei pun� fondamentali è se il rimedio previsto dalla legge Pinto potesse essere considerato effe�vo: le conseguenze sono rilevan� perché se viene considerato effe�vo la presunta vi�ma della violazione prima di rivolgersi alla Corte lo deve esperire o si ha un mancato rispe�o della regola del previo esaurimento e la corte dovrebbe concludere per la non ammissibilità del ricorso. Se il rimedio non viene considerato effe�vo, allora la persona lo può ignorare e andare dire�amente davan� alla corte europea perché manca il requisito fondamentale che il rimedio disponibile possa garan�re alla persona di o�enere gius�zia in modo effe�vo. Qual è il punto cruciale secondo la corte europea? Tu� i casi che la corte europea va a esaminare sono cara�erizza� dal fa�o che la corte di appello riconosce un risarcimento la cui en�tà è irrisoria rispe�o a quanto stabilito in principio dalla corte europea. Il problema era se il ricorrente dovesse rivolgersi alla Cassazione come ricorso interno: la corte conclude che il ricorrente può astenersi dal rivolgersi alla cassazione perché in tu� i casi esamina� dalla corte europea, pur essendo cara�erizza� da un risarcimento inadeguato, la corte di cassazione non ha mai sostenuto che la corte d’appello avesse sbagliato nel determinare l’en�tà del risarcimento e aveva sempre considerato la sentenza della corte d’appello come corre�a. Come si fa a considerare questo ricorso effe�vo se la corte di cassazione non rileva che il risarcimento della corte di appello fosse inadeguato? Significa che i ricorren� non hanno la possibilità concreta di o�enere gius�zia per cui non c’è l’obbligo di rivolgersi alla cassazione ma si può andare dire�amente davan� alla corte europea. 11/04/2019 Diritto al rispetto della vita privata e familiare Nella Convenzione europea è disciplinato all’art. 8, è una di quelle norme che ha una portata non assoluta, non illimitata in quanto può essere oggetto di deroghe anche al di fuori delle situazioni di emergenza quando sono soddisfatte determinate condizioni. È una struttura comune ad altri articoli caratterizzata dalla presenza di due paragrafi: il primo riguarda l’esistenza del diritto, il secondo possibilità di applicare deroghe. Tenendo conto delle caratteristiche specifiche del diritto di cui si sta parlando si possono trovare degli elementi peculiari. Occorre soddisfare tre condizioni affinché ci possa essere una deroga: 1 Per tutelare il patrimonio culturale, gli strumen� più efficaci sono i diri� umani: se la sua distruzione per es. va ad incidere sui nostri diri� fondamentali, questa situazione può essere fa�a valere davan� a una corte. Se uno Stato priva una comunità dei luoghi indispensabili per la professione della religione, siamo di fronte a una violazione dei diri� umani. Quindi la tutela dei diri� umani è u�le perché garan�sce una protezione indire�a a cer� valori che a prima vista non rientrano negli standard dei diri� umani: questo grazie all’esistenza di cor� che interpretano le norme in maniera evolu�va tenendo presente dell’esigenza delle popolazioni in un determinato luogo o momento storico. Caso E.B. v. Francia La signora E.B. aveva una relazione con un’altra donna e fa domanda per un’autorizzazione all’adozione. A seguito di questa sua domanda, sono sussegui� una serie di pareri per indagare sul fa�o che la signora fosse idonea ad ado�are, e tu� ques� pareri negano l’autorizzazione. La signora si reca presso la corte amministra�va, che decide di me�ere da parte le decisioni amministra�ve per un vizio di forma: la maniera nella quale le analisi erano state portate avan� non erano idonee (per es., una psicologa non la aveva neppure incontrata personalmente). Successivamente il Governo francese si appella in secondo grado stabilendo che le decisioni non dovevano essere messe da parte. A questo punto la signora E.B. decide di porre la ques�one di diri�o e non di forma arrivando fino alla Corte europea, dove fa presente che ha sofferto di un tra�amento discriminatorio basato sul suo orientamento sessuale che andava a interferire sulla vita privata: violazione dell’art. 8 in combinato disposto con l’art. 14 che riguarda il divieto di discriminazione. Dall’analisi della corte emerge che le decisioni delle autorità amministra�ve erano state prese sulla base di due mo�vi principali: mancanza di una figura materna, che la corte ri�ene necessaria solo nel caso in cui si tra� di una coppia. In questo caso l’adozione riguarda una singola persona in quanto la partner non era stata coinvolta nella decisione di ado�are. Il secondo mo�vo che aveva portato le autorità statali a non autorizzare l’adozione, era la presenza della partner della signora E.B.: facendo presente che la compagna non era mai stata coinvolta nella decisione, secondo la signora questa non doveva essere presa in considerazione. È nell’interesse del bambino secondo la corte prendere in considerazione che potrebbe avere sicuramente un ruolo nell’educazione del bambino. Però amme�e che la valutazione devono essere valutate insieme, per cui la conferma di una delle due osservazioni avrebbe condizionato la decisione. Ci sono dei riferimen� allo s�le di vita della contraente con riferimen� alla sua omosessualità e questo aveva portato le autorità amministra�ve a non concedere l’autorizzazione. Il diri�o di prendere un bambino in adozione rientra nell’ambito della vita privata e familiare. In questo caso è stre�amente collegata all’art. 14 perché la corte non dice che la scelta dello Stato di consen�re soltanto ad una coppia sposata di ado�are un bambino di per sé cos�tuisca una violazione dei diri� umani: gli Sta� parte possono decidere sia di consen�re l’adozione soltanto a coppie etero sessuali sposate o di allargarla anche ai singoli. Il problema qui sta nella discriminazione perché non viene consen�ta l’adozione alla ricorrente a causa del suo orientamento sessuale quindi c’è una disparità di tra�amento tra quella persona e tu� gli altri singoli che in Francia erano desiderosi di adozione e questa disparità di tra�amento è fondata su un mo�vo discriminatorio. Nell’art. 14 compare un elenco che non è tassa�vo in quanto compare l’espressione “such as”. L’adozione non è stata effe�uata comunque perché la signora raggiunge il limite di età previsto dalla legge. Case of N.Ts. and Others v. Georgia La sorella di N.Ts. inizia una relazione con uomo da cui ha dei figli. Alla morte della donna i figli vanno a vivere con la famiglia della mamma, il padre aveva problemi di droga, disturbi comportamentali e psichiatrici, si riteneva che non fosse idoneo ad assumersi responsabilità genitoriali. Il padre presenta dei referti medici in cui viene certificata la sua guarigione. Presenta un ricorso alla corte di Tiblisi che ritiene che i bambini debbano vivere con il padre e che il rifiuto nei suoi confronti fosse dovuto all’educazione data dalla famiglia della mamma, sarebbe stato necessario per i bambini tornare a vivere con lui. Si fa riferimento in via interpretativa alla Convenzione sui diritti del fanciullo, non era ancora stata adottata. Le autorità nazionali spingono per la riunione dei bambini con il padre, ma i bambini si rifiutano di andare con lui. La Corte europea afferma che c’è un diritto al reciproco godimento della compagnia da parte del padre e dei figli, l’art. 8 dovrebbe autorizzare l’autorità al ricongiungimento, ma non in modo assoluto. Se si attesta che il contatto con il genitore minaccia l’interesse del bambino questo deve essere considerato superiore, inoltre i bambini devono essere coinvolti dal punto di vista decisionale. I servizi sociali avrebbero dovuto fare da intermediari per permettere loro di presentare il loro punto di vista, ma non avevano colto i loro bisogni, non erano stati adeguatamente ascoltati prima di concludere il provvedimento. C’era la possibilità per il fratello più grande di essere sentito direttamente dalle autorità, ma non era stato preso in considerazione. È interesse dei bambini essere riuniti al padre e c’era effettivamente stata un’influenza da parte della famiglia materna che aveva instaurato un sentimento di odio nei confronti del padre, ma dal momento che il trasferimento non era stato preparato in maniera adeguata per evitare che avesse un impatto negativo sulla psicologia dei bambini, c’è una violazione dell’art. 8. Tra le due situazioni si preferisce quella che è suscettibile di creare minori pregiudizi. Case of R.B. v. Hungary È uno degli esempi di massima estensione dell’art. 8. I fatti avvengono in una piccola cittadina ungherese nel marzo del 2011, un partito di estrema destra e gruppi paramilitari avevano organizzato delle manifestazioni con delle marce nel quartiere rom del paesino. Il signor J.F., presidente della minoranza rom locale, e il sindaco della cittadina informano la polizia di essere stati vittime di offese e minacce da parte di quattro uomini armati. Anche la signora R.B., che si trovava in giardino con il figlio, è stata vittima di offese e minacce a sfondo razziale da parte di quattro uomini armati. La polizia accorpa le due denunce, ferma quattro uomini che negano tutto. Il signor J.F., la signora R.B. e il sindaco identificano alcuni degli aggressori, ma la procura è orientata verso la chiusura del caso perché le testimonianze non sono sufficienti. La signora R.B. ritira le proprie accuse per paura di rappresaglie contro di lei, lamenta di fronte alla Corte di essere stata vittime di minacce, le indagini inefficienti e la violazione dell’obbligo positivo che deriva dall’art.8 perché le autorità locali non hanno scoraggiato questi atteggiamenti durante la manifestazione. Il governo contesta tali argomenti. La Corte sostiene che la definizione di vita privata possa abbracciare molteplici aspetti, che riguardano sia l’entità fisica che sociale dell’individuo, fa rientrare all’interno della nozione di vita privata anche l’identità etnica. Quando lo stereotipo negativo nei confronti di un gruppo etnico raggiunge livelli di intensità elevati può provocare delle conseguenze alla vita privata e familiare degli individui che vi appartengono. Gli insulti e le minacce erano a sfondo razziale di elevata intensità perché fatte da uomini armati di fronte a un minore, il trauma a lui provocato aveva avuto delle conseguenze nella vita familiare. In una più ampia interpretazione dell’art.8, il secondo paragrafo deve essere interpretato come obbligo positivo di evitare misure che possano ledere la vita privata e familiare di una persona, le misure di procedura penale non erano conformi all’art.8 perché le autorità affermavano che il caso fosse isolato, in realtà era la conseguenza di un atteggiamento più ampio che si aveva nei confronti delle minoranze rom. 15/04/2019 Libertà di religione Le norme pertinenti parlano di libertà di coscienza, pensiero e religione. È una norma molto controversa non per quanto riguarda la libertà di avere una religione, ma per ciò che concerne la sua manifestazione. La possibilità di adottare delle regole e delle limitazioni è prevista solo per quanto riguarda la manifestazione della religione e non per quanto concerne il fatto di poter scegliere una religione e di poter credere in qualcosa. Il diritto include: avere una religione, sceglierla e professarla, ma anche il diritto a non avere una religione. Nell’ambito delle norme in questione rientra la facoltà di non credere, l’ateismo. C’è il diritto di conversione, di cambiare la propria religione e di professarla da soli o in comunità con gli altri. Diritto a non essere costretti a professare una determinata religione, diritto di educare i propri figli sulla base della propria religione, la norma è connessa con il diritto all’educazione. È incluso 1 anche il diritto di fare proselitismo, di disseminare le proprie idee religiose. C’è il diritto a non subire discriminazioni per motivi di religione e la libertà di pensiero perché la norma non comprende solo la liberta religiosa, può incontrare problematiche per quanto concerne la manifestazione. È prevista la possibilità di applicare limitazioni, la possibilità riguarda la manifestazione, l’atto concreto con il quale si mette in pratica la religione che può contrastare con i diritti e le esigenze degli altri. La limitazione deve essere prevista da una legge preesistente di applicazione generalizzata, deve trattarsi di una limitazione necessaria, si applica il principio di proporzionalità e deve essere necessaria per uno degli interessi previsti dalla norma stessa. Case of Leyla Şahin v. Turkey Caso del 2005, la ricorrente è una giovane ragazza di origine turca e di religione musulmana. Vive insieme alla sua famiglia a Vienna, torna a Instabul. Sostiene il suo dovere a osservare il precetto religioso di indossare il velo, nel febbraio del ’98 il rettore dell’università di Instabul vieta di frequentare l’università e sostenere gli esami a tutti coloro che portavano il velo o la barba incolta. La ricorrente denuncia la violazione dell’art. 9: liberta di religione pensiero e coscienza, le limitazioni possono essere attuate qualora siano necessarie per il mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica. In Turchia a partire degli anni ’90 si è abbandonata la shaaria per diventare uno stato democratico laico e secolarizzato. Al pluralismo fa riferimento la Corte. La Corte è chiamata a decidere se ci sia stata una violazione dell’art.9, se sia legittima e necessaria in una società democratica. Il rettore è un’autorità legittimata a legiferare nella sua sfera di competenza, se il regolamento universitario si configura come legge gli studenti sono tenuti ad osservarlo, quindi non ci sarebbe una violazione dell’art.9. La Corte fa riferimento anche al comma 2 dell’art. che dice che è possibile attuare delle limitazioni. Non esiste alcuna violazione. Se lo stato si configura come laico e secolarizzato, la Corte fa un passo indietro applicando il margine di apprezzamento ritenendo che le autorità turche siano meglio collocate rispetto alla Corte stessa. Accetta la limitazione in quanto giustificata da esigenze di ordine pubblico, all’epoca in Turchia era importante mantenere il principio della secolarizzazione per le tensioni religiose. I Sikh sono obbligati a tenere il Kirpan, il coltello rituale; c’è una sentenza della Corte di cassazione che lo vieta, sentenze di corti canadesi, americane e britanniche hanno raggiunto una soluzione opposta. Caso Singh Bindher v. Canada Membro della comunità Sik che lavorava per le ferrovie canadese. Viene ado�ata una legge secondo la quale chi svolgeva lavori simili al suo, doveva indossare un casco prote�vo. E siccome il turbante è uno dei cinque simboli che gli adep� alla religione Sik deve indossare, questo si era rifiutato di indossare il casco dicendo che per mo�vi religiosi era tenuto a indossare il turbante anche durante lo svolgimento delle a�vità lavora�ve. Quindi la compagnia ferroviaria gli propone di fare un lavoro d’ufficio in modo tale da poter sempre indossare il turbante senza alcun problema. Il ricorrente si rifiuta di cambiare la propria mansione in quanto ri�ene di avere il diri�o di svolgere quella che gli era stata affidata in origine e alla fine viene licenziato. C’è il ricorso al comitato dei diri� umani, che ri�ene che la violazione della libertà religiosa non ci sia stata. Ci sono considerazioni di sicurezza del lavoratore. Abbiamo visto che ci sono dei diri� che non sono disponibili, quindi anche se si è dispos� a perdere la propria vita non si può decidere per sé stessi. D’altra parte, si potrebbe riba�ere che il ricorrente, essendo profondamente credente preferisce garan�rsi la vita dopo la morte e quindi rispe�are le regole della sua religione. E questa potrebbe essere una considerazione legi�ma (me�ersi nei panni delle persone di cui s�amo parlando). Poi c’è l’altro elemento: la responsabilità della compagnia ferroviaria, e si parla anche di responsabilità civile. Magari in caso di incidente fatale, i paren� di questa persona avrebbero richiesto il risarcimento del danno e la compagnia non può gius�ficarsi dicendo che è stata una sua scelta quella di non me�ere il casco (avrebbe dovuto impedirgli di non me�ere). Inoltre, vi era il rischio di me�ere a rischio l’incolumità di coloro che viaggiavano nel treno. In questo caso il fa�o di concludere che la violazione fosse legi�ma è ancora più gius�ficato. Caso Achbita Si può vedere da questa sentenza come un determinato diri�o viene considerato in tu�e le sue accezioni. Inoltre, anche degli elemen� indispensabili per l’esercizio del diri�o in ques�one che occorre proteggere o di fa�o diventa impossibile esercitare concretamente il diri�o (si parla della terra: siccome la religione può essere esercitata soltanto in conta�o con quella terra, è necessario che la comunità vi rimanga). Inoltre, questo è un altro esempio di come si riescano a tutelare i diri� implici� perché la carta africana non prevede il diri�o per le popolazioni indigene di mantenere il possesso delle terre ma si realizza a�raverso un’interpretazione estensiva dei diri� previs�. E questo rende più completa ed effe�va la tutela dei diri� umani. 17/04/2019 Libertà di espressione Convenzione europea art. 10. Si tra�a di un diri�o stru�urato in due paragrafi come la vita privata e familiare e la libertà di religione: un primo paragrafo esprime il diri�o garan�to agli individui e il secondo paragrafo stabilisce le condizioni di restrizione o deroga del diri�o stesso da parte dello Stato. Diri�o di avere opinioni ed esprimerle pubblicamente, ma si tra�a di un diri�o più ampio poiché esso include anche quello di ricevere e disseminare informazioni e idee. Per questo mo�vo si tra�a di una norma par�colarmente rilevante per i giornalis� in quanto la libertà di disseminare informazioni e la libertà del pubblico di riceverle è coperto da questa norma. Si tra�a di una norma controversa perché specialmente quando si tra�a di disseminare informazioni al pubblico l’esercizio di questa libertà può entrare in confli�o con altri diri�o come quello alla privacy. Nella stru�ura della convenzione europea molto spesso si hanno confli� tra l’art. 10 e 8 quando la privacy rientra in ambito familiare. Il diri�o può essere sogge�o a limitazioni e naturalmente, tra�andosi di espressione di idee e opinioni, porta con sé doveri e responsabilità riferite alla protezione della dignità e dell’onore altrui, non disseminare idee e informazioni che siano offensive o elogia�ve di valori non condivisi dalla società. Nella maggior parte dei contes� c’è per es. una proibizione di propaganda alla guerra: questa libertà non è inclusa in questo diri�o come la propaganda a regimi fascis� o nazis� vietata dalla maggior parte delle legislazioni interne che cos�tuisce una deroga legi�ma all’esercizio di questo diri�o (idee che cos�tuiscono un incitamento all’odio razziale e religioso, che portano avan� campagne discriminatorie… tu�e quelle espressioni generalmente ripudiate dalla società). Per quanto riguarda le condizioni di restrizione, il paragrafo due dell’ar�colo ha una stru�ura che comprende doveri e responsabilità ineren� all’esercizio della libertà di espressione e ciò che può essere fa�o è assogge�are l’esercizio di tale libertà a restrizioni o sanzioni previste dalla legge e deve tra�arsi di una legge preesistente alla misura restri�va ordinata dall’autorità e di applicazione generale cioè priva di discriminazioni o disparità di tra�amento. Tali condizioni devono essere necessarie in una società democra�ca nell’interesse di uno dei valori elenca� in seguito (la lista è lunga perché si tra�a di una fa�specie sensibile e intrinsecamente capace di contrastare con altri diri�): interesse della sicurezza nazionale, integrità territoriale o sicurezza pubblica, prevenzione del disordine, protezione della salute o della moralità, protezione dei diri� altrui e prevenzione della disseminazione di informazioni ricevute in via confidenziale e per mantenere l’imparzialità del potere giudiziario. Ques� mo�vi gius�ficano restrizioni all’esercizio della libertà di espressione. Tu�o questo conduce a una giurisprudenza par�colarmente controversa e non dissimile da quella della libertà di religione in quanto ogni situazione specifica è diversa dalle altre e tu�e le volte è necessario analizzare una serie di elemen� per decidere se una restrizione decisa da un’autorità nazionale può essere gius�ficata o meno. I casi analizza� rappresentano solo alcuni dei tan�ssimi esempi per l’applicazione di questa norma. Caso Zana v. Turchia Il signor Zana è un ci�adino turco ex sindaco di una ci�à del sud est della Turchia. Fin dal 1985 ci furono scon� nel sud est tra le forze di sicurezza turche e i PKK cioè il par�to dei lavoratori del Kurdistan, al punto che al momento della discussione di questo caso 10 province su 11 del sud est della Turchia si trovavano in stato di emergenza. Nel 1987 il signor Zana rilascia una dichiarazione di fronte ai giornalis� pubblicata sulle testate nazionali: “supporto il movimento di liberazione nazionale ma sono contro i massacri ma tu� possono comme�ere errori e il pkk ha ucciso donne e bambini per errori”. Il procuratore militare (il signor Zana si trovava in una prigione militare) avvia un procedimento contro Zana accusandolo di supportare a�vità di un gruppo armato che tentava di dividere il territorio turco. In occasione di un’udienza, il signor Zana si rifiuta di esporre la propria difesa in quanto ri�ene che tale tribunale non abbia competenza per giudicarlo. 1 Inoltre, parlerà in più occasioni in lingua kurda e i tribunali arrivano a dire che se si fosse rifiutato di esporre la propria difesa, questo sarebbe stato considerato come una rinuncia al suo diri�o di difendersi. Quindi viene accusato di minacciare la pubblica sicurezza e viene condannato. Si rivolge alla corte europea perché ri�ene di aver subito una violazione del diri�o alla libertà di espressione sancito dall’art. 10. La condanna effe�vamente rappresenta un’ingerenza nella sua libertà che viola l’art. 10 a meno che non si verifichino i casi previs� dall’ar�colo stesso. La corte è chiamata a giudicare se tale ingerenza sia prevista dalla legge. In questo caso la corte fa notare che la condanna del ricorrente era basata su degli ar�coli del codice penale turco per cui l’ingerenza era prevista dalla legge. Riguardo alla necessità della restrizione per una società democra�ca, integrità del territorio ecc. la commissione ri�ene che una frase de�a da una persona con una posizione poli�ca del suo calibro (ex sindaco di una ci�à importante) poteva ragionevolmente portare le autorità locali a considerarla una minaccia alla pubblica sicurezza e quindi le autorità possono agire per prevenire a� criminali e preservare l’integrità del territorio nazionali. Il pkk aveva infa� provocato vi�me all’interno della popolazione civile. Quindi l’affermazione aveva un impa�o tale da gius�ficare le misure ado�ate quindi la corte ri�ene che l’ingerenza sia legi�ma ai sensi dell’art. 10 paragrafo due. La libertà di espressione è un diri�o fondamentale all’interno di una società democra�ca ma può essere sogge�o a restrizioni nel caso in cui si verifica un’impellente necessità sociale e spe�a alla corte a�estare se questa restrizione sia stata a�uata in modo corre�o. La corte si trova a giudicare se si sia trovato un giusto equilibrio tra la libertà dell’individuo e il diri�o di una società democra�ca di difendersi dal pericolo di associazioni terroris�che. Le necessità sociali impellen� riguardano la difesa da a�acchi terroris�ci. Per questo le mo�vazioni delle autorità locali sono per�nen� ed adeguate considerando il margine di apprezzamento. Le a�vità del pkk possono essere considerate a� terroris�ci per alcuni, liberazione del popolo oppresso per altri. Nel diri�o internazionale non esiste una definizione di terrorismo in quanto non vi è concordanza su ciò che sia il terrorismo perché cer� �pi di a�vità vengono vis� in un modo da alcune en�tà e vengono vis� in modo opposto da altre en�tà e in Paesi diversi. Qui si tra�a di stabilire se una restrizione può essere considerata gius�ficata e in questo caso la corte la considera gius�ficata in relazione al pericolo sociale rappresentato dal pkk. Ci si rifugia nel margine di apprezzamento perché una situazione di questo genere può essere vista in modo diverso a seconda del punto di vista che si intende ado�are. L’effe�o di applicazione del margine di apprezzamento è che ci si basi sulla tesi portata avan� dalle autorità statali che magari non è necessariamente quella giusta, in questo caso in considerazione del fa�o che il pkk è un gruppo discriminato dalle autorità statali per mo�vi lega� anche all’appartenenza etnica dei suoi membri. Sono situazioni per cui è difficile applicare criteri ogge�vi e se esistessero la corte non applicherebbe il margine di apprezzamento. Va anche de�o che nel caso di specie siamo di fronte a una situazione in cui una violazione (art. 6) è già stata individuata quindi il ricorrente fa riconoscere il governo turco responsabile di violazione dei diri� umani nei suoi confron�: quando si riesce ad accertare l’esistenza della violazione di un diri�o, per un altro �po di diri�o si procede in modo più semplice. Ma dall’altro lato, in una situazione in cui ci sono implicazioni poli�che notevoli (se i sostenitori del pkk possono porre in essere a�vità di sostegno), è difficile individuare criteri ogge�vi. Naturalmente se il pkk può essere considerato un gruppo terroris�co, è legi�mo vietare espressioni finalizzate alla guerra. Se viene considerato un gruppo di liberazione di un popolo oppresso, si tra�a di una rivendicazione di diri� che il governo non consente di esercitare. Se in un caso del genere lasciamo un margine di apprezzamento allo Stato, bisogna par�re dal presupposto che lo Stato è democra�co e garan�sce un apprezzamento ogge�vo della situazione. DI fa�o ci possono essere dei dubbi riguardo al fa�o che lo Stato ges�sca la situazione super partes in quanto si tra�a di un gruppo comprendente oppositori del governo e oppresso dal governo stesso. Se il principio della separazione dei poteri in tribunale è effe�vo, dovrebbero essere indipenden� dal governo e dare maggiori garanzie di effe�vità. Tammer v. Estonia Ar�colo di giornale che diffonde no�zie sulla moglie di un ex primo ministro, quindi un personaggio pubblico importante. Il giornalista u�lizza dei termini abbastanza offensivi dicendo che fosse una ca�va madre e una ca�va moglie. La corte procede come è di consueto analizzando tu� gli elemen� del paragrafo 2 dell’art. 10 per vedere se sono sta� soddisfa�: se sono sta� soddisfa�, l’interferenza con l’esercizio della libertà è gius�ficato, altrimen� c’è una violazione. Anzitu�o, bisogna vedere se c’è un’interferenza che c’è perché viene perseguito penalmente per aver manifestato una propria opinione tramite un mezzo che serve per esercitare la libertà di espressione: è indubitabile che il perseguimento del ricorrente ha cos�tuito un’interferenza con il suo diri�o alla libertà di espressione. Visto che si rientra nel paragrafo 2, bisogna vedere se i requisi� previs� dal paragrafo sono soddisfa�. La corte a�esta che l’intromissione è prevista dalla legge, in par�colare dall’art. 130 del codice penale. Quindi sebbene l’art. 130 sia scri�o in termini generali, non è una norma eccessivamente vaga e precisa, è comunque una norma di legge e il �po di interferenza a�uata può essere fa�a rientrare nell’ambito dell’art. 130 quindi il primo requisito è soddisfa�o. A questo punto bisogna vedere se l’interferenza è avvenuta per un mo�vo legi�mo, uno di quelli elenca� nel paragrafo 2 art. 10 e se si tra�a di un’interferenza legi�ma in una società democra�ca: bisogna dimostrare se la misura restri�va fosse effe�vamente necessaria in una società democra�ca. Per quanto riguarda l’obbie�vo legi�mo, questo è presente perché il mo�vo per cui è stata rilevata l’interferenza è la difesa della reputazione e dei diri� degli altri, quindi il diri�o alla reputazione della donna che cos�tuisce il sogge�o dell’art. di giornale. A questo punto resta da accertare se si tra� di una misura necessaria in una società democra�ca. La corte esprime prima di tu�o il principio generale, per cui la libertà di espressione cos�tuisce uno dei fondamen� essenziali in una società democra�ca e una delle condizioni di base per il suo progresso e per l’auto realizzazione di qualsiasi individuo. Quindi si tra�a di un diri�o importante per cui la legi�mità di tali restrizioni deve essere valutata in modo restri�vo. Allo stesso tempo la Corte applica il margine di apprezzamento e nel paragrafo 61 sos�ene che la situazione sia stata tra�ata in modo equo dalle autorità nazionali avendo considerazione di tu� gli elemen� del caso. Naturalmente, se la corte non avesse potuto fare leva sul linguaggio offensivo u�lizzato dal giornalista avrebbe tra�o una considerazione opposta. Quindi come fa sempre la Corte soppesa tu� gli elemen� importan� del caso e a�raverso una valutazione compara�va degli stessi conclude che non vi sia alcuna violazione dell’art. 10 perché la reputazione della persona è stata offesa pesantemente. È stato questo l’elemento che ha portato la corte a concludere che le azioni della corte nazionali fossero legi�me in base al paragrafo 2 dell’art. 10. Caso Lingens v. Austria Un giornalista viene perseguito penalmente per aver scri�o degli ar�coli riguardan� un leader poli�co facendo riferimento a un suo passato come sostenitore dell’ideologia nazista. In questo caso, la conclusione è opposta rispe�o a caso precedente. Anche qui si tra�a di vedere se il fa�o di processare questa persona sia gius�ficato sulla base del paragrafo 2 dell’art. 10. Questa interferenza era prevista dalla legge, e oltre ad essere prevista dalla legge aveva uno scopo legi�mo in base all’art. 10 paragrafo 2 perché in questo caso si intendeva proteggere la reputazione degli altri. C’è da verificare se la misura possa essere considerata necessaria in una società democra�ca: la libertà di espressione secondo la corte (principio generale) cos�tuisce uno dei fondamen� essenziali per una società democra�ca. Si aggiunge che la libertà di stampa (che fa parte della libertà di espressione) offre al pubblico uno dei metodi migliori per avere informazioni e per formarsi un’opinione sulle idee e le a�tudini dei leader poli�ci. Il diri�o al diba�to poli�co è al centro del conce�o di società democra�ca. È essenziale per la democrazia. E il conce�o di società democra�ca è focale nell’ambito della convenzione per tu�e le norme per le quali è prevista la possibilità di porre in essere le interferenze. Nel caso del ricorrente, egli è stato perseguito penalmente perché aveva usato determinate espressioni come “immorale”, “senza dignità” ecc. L’ar�colo si occupa di ques�oni poli�che di interesse pubblico in Austria le quali avevano determinato discussioni par�colarmente animate concernen� l’a�tudine degli austriaci e del cancelliere in par�colare (vicinanza tra il socialismo nazionale e il nazismo come veniva inteso in passato): il contenuto e il tono dell’ar�colo complessivamente inteso era abbastanza bilanciato quindi poteva essere considerato corre�o se non fosse stato per l’uso delle espressioni prese in esame che sembrano me�ere a rischio la reputazione dell’uomo poli�co. Ma bisogna allo stesso tempo avere riguardo al contesto in cui gli ar�coli sono sta� scri�. E in questo caso, alla luce della controversia poli�ca, la conclusione della corte è che l’interferenza non era necessaria in una società democra�ca per la protezione della reputazione degli altri quindi c’è una violazione dell’art. 10. Apparentemente non sembrano esserci differenze con il caso precedente in quanto si tra�a di ar�coli riguardan� una personalità pubblica 1