Scarica UNIMI CTF- CHIMICA ANALITICA(sbobine totalmente sostitutive) prof. P.Mussini e più Sbobinature in PDF di Chimica analitica solo su Docsity! CHIMICA ANALITICA Prima parte: I CONCETTI PROPEDEUTICI La chimica analitica è la parte della chimica che sviluppa e applica tecniche, declinate in metodi/procedure/protocolli, con la relativa strumentazione, per la separazione, identificazione, caratterizzazione e quantificazione dei componenti della materia. Per fare questo non utilizza solo la chimica ma sfrutta una “tavolozza” sempre più ampia di scienze e tecnologie e, a sua volta, ha una vasta gamma di “clienti”. • Metodi gravimetrici: basati sulla determinazione della massa; • Metodi volumetrici: basati sulla determinazione di volume • Metodi elettroanalitici: basati sulla determinazione di grandezze elettriche (resistenza,conduttanza, potenziale,corrente,carica) • Metodi spettroscopici: basati sulla misura di assorbimento ed emissione di radiazioni elettromagnetiche (UV. Visibibe, NIR, IR,radiofrequenze…) • Metodi cromatografici: per la separazione dei componenti di un campione sfruttandone la diversa affinità per una fase stazionaria e una fase mobile • Metodi termici: basati sul monitoraggio di variazioni di massa o del calore emesso/assorbito da un campione al variare della temperatura • Molti altri ancora (es. spettometrie di massa, analisi elementare, ecc…) Termini importanti: -Tecnica -->insieme di principi teorici ed accorgimenti sperimentali che permettono di utilizzare un principuo fondamentale per ottenere informazioni sulla natura di un campione. -Metodo (analitico) -->applicazione di una tecnica ad un problema specifico, ce ne sono di standard (ASTM, NIST, IUPAC,NBS,UNICHIM,…) -Procedura -->insieme di istruzioni di base necessarie per mettere in pratica il metodo. -Protocollo -->sequenza molto dettagliata di istruzioni da seguire rigidamente perché il risultato dell’analisi possa essere accettato. -Media -->x ̅=(∑_(i=1)^n▒x_i )/n -Mediana -->disponendo i dati in ordine crescente, quello centrale (se dispari) o la media dei 2 centrali (se pari). -Moda -->il numero che compare nel set con maggiore frequenza -Esattezza (già accuratezza): descrive la vicinanza delle misure al valore vero, viene descritta dall’errore assoluto o relativo ed è influenzata dagli errori sistematici. -Precisione: descrive quanto ripetizioni di misure fatte nello stesso modo sullo stesso campione cadono vicine, viene descritta dalla deviazione rispetto alla media e dalle grandezze da essa derivate ed è influenzata dagli errori casuali. -Accuratezza: esattezza+precisione -Range dinamico: l’intervallo di concentrazione c dell’analita in cui varia con c la grandezza osservata y, quindi si può osservare la grandezza osservata y per determinare c. -Range dinamico lineare: l’intervallo di c in cui la grandezza osservata y varia linearmente con c. -Sensibilità: quanto varia la grandezza osservata y in funzione della concentrazione dell’analita c. -Limite di rilevabilità: la minima concentrazione dell’analita alla quale la sua presenza è affidabilmente rilevabile rispetto alla matrice. -Limite di quantificazione: la minima concentrazione dell’analita alla quale è quantificabile in modo affidabile. -Selettività: capacità di un metodo di determinare un analita selettivamente rispetto ad altri potenziali interferenti -Robustezza: capacità di un metodo di risentire in modo trascurabile le variazioni delle condizioni di misura. -Recupero: frazione di un’aggiunta nota di analita rilevata dal metodo in esame. -Riferibilità/tracciabilità: proprietà di un campione la cui misura è stata assegnata con riferimento ultimo ad uno standard primario. Se la reazione è endotermica la costante aumenta al crescere di T Se la reazione è esotermica, la costante diminuisce al crescere di T La K di una reazione inversa è il reciproco della K della reazione diretta (dG° è l’opposto) La K di una somma di reazioni è il prodotto delle k corrispondenti (dG° è la somma) La K di una reazione moltiplicata per n volte è =K^n (dG° è n volte quello della reazione) Elettrochimica L’elettrochimica studia i collegamenti tra le reazioni chimiche ed elettricità, in 2 modi tra loro simmetrici: • • ottenere energia elettrica da una reazione chimica (tramite la conversione del lavoro chimico in lavoro elettrico) mediante il sistema della pila • • Ottenere una reazione chimica mediante energia elettrica (tramite la conversione del lavoro elettrico in lavoro chimico) mediante il sistema elettrolizzatore IL SISTEMA PILA Una pila è un sistema capace di convertire energia chimica in energia elettrica. Come è possibile? Realizzando una catena galvanica, ovvero un’alternanza di conduttori di I specie e di II specie, si ottiene la possibilità di dividere quella che in chimica sarebbe un ossidoriduzione in fase omogenea in 2 semireazioni localizzate alle interfasi elettrodo/soluzione, nelle quali compaiono esplicitamente elettroni come reagenti (polo positivo —>riduzione) o come prodotti (polo negativo —>ossdazione). Collegando esternamente i 2 poli (ossia chiudendo il circuito) questi elettroni vengono rilasciati da un elettrodo e ripresi dall’altro: si genera corrente elettrica. Quindi, il trasformarsi dei reagenti nei prodotti, purché si localizzino ossidazione e riduzione in 2 aree distinte, si risolve nella produzione di corrente elettrica. La relazione fondamentale: l’equazione di Nerst ΔG (J/mol) = −n (mol elettroni /mol) F (C/mol elettroni) E (V) F=costante di Fraday=96485 C/mol elettroni E=differenza di potenziale tra i 2 poli della pila, misurata in condizioni reversibili, a circuito aperto (non circola corrente). In queste condizioni la differenza di potenziale è massima. Questo comportamento è del tutto coerente con la termodinamica chimica in generale quando è il sistema a compiere lavoro; es. il lavoro compiuto dal sistema gas perfetto nell’espansione a temperature costanti. Tale lavoro è massimo in condizioni reversibili mentre cala al crescere dell’irreversibilità del processo. Analogamente, in termodinamica elettrochimica, se è il sistema (pila) a compiere lavoro (elettrico) sull’ambiente, tale lavoro è massimo in condizioni reversibili. Corrispondenze tra grandezza chimica e grandezza elettrica: • • La differenza di potenziale è proporzionale all’energia della reazione • • la corrente è proporzionale alla velocità di reazione • • La densità di corrente è proporzionale alla velocità specifica della reazione IL SISTEMA ELETTROLIZZATORE Un elettrolizzatore è un sistema capace di convertire energia elettrica in energia chimica Come è possibile? Nel caso dell’elettrolizzatore, sistema elettrochimica sul quale viene compiuto lavoro elettrico dall’ambiente provocando un ossidoriduzione chimica non spontanea, sempre suddivisa in 2 semireazioni localizzate alle intervasi elettrodo/soluzione. Questa volta viene nominato l’anodo, la sede di ossidazione e catodo la sede di riduzione. Anche in questo caso si utilizza la legge di nerst che collega il ΔG di reazione con la E, differenza di potenziale a circuito aperto. Tanto più è alta la corrente maggiori sono gli effetti dissipativi, però in questo caso, tali effetti fanno crescere la differenza di potenziale e quindi l’energia da fornire per far avvenire il processo. Questo comportamento è del tutto coerente con la termodinamica chimica in generale quando è l’ambiente a compiere lavoro; es. il lavoro compiuto dall’ambiente sul sistema gas perfetto nella compressione a temperature costanti. Tale lavoro è minimo in condizioni reversibili mentre cala al crescere dell’irreversibilità del processo. Analogamente, in termodinamica elettrochimica, se è l’ambiente a compiere lavoro (elettrico) sul sistema (elettrolizzatore), tale lavoro è minimo in condizioni reversibili. Determinazione di grandezze termodinamiche da misure di E pila L’elettrochimica costituisce uno dei mezzi più affidabili e precisi per la determinazione sperimentale di grandezze termodinamiche. Infatti l’equazione di Nerst può essere sfruttata non solo per calcolare la E di un generatore conoscendo ΔG della reazione di pila, ma anche per determinare il ΔG di una reazione misurando la Erev di una pila ove si realizza tale reazione. Pila fondamentale ad idrogeno e cloruro d’argento − 𝑃𝑡|𝐻2(𝑝𝐻2 )𝐻𝐶𝑙(𝑎𝐻𝐶𝑙)||𝐴𝑔𝐶𝑙|𝐴𝑔|𝑝𝑡 + polo− → ossidazione: → 𝐻+(𝑎𝐻+) + 𝑒− polo+ → riduzione: 𝐴𝑔𝐶𝑙 + 𝑒− → 𝐴𝑔 + 𝐶𝑙− 𝐴𝑔𝐶𝑙 + 1 2⁄ 𝐻2(𝑝𝐻2 ) → 𝐴𝑔 + 𝐻𝐶𝑙(𝑎𝐻𝐶𝑙) ∆𝐺 = ∆𝐺° − 𝑅𝑇 2 𝑙𝑛(𝑝𝐻2 ) + 𝑅𝑇 1 ln (𝑎𝐻𝐶𝑙) 𝐸 = 𝐸° + 0,0592 2 𝑙𝑜𝑔(𝑝𝐻2 ) − 0,0592 1 log (𝑎𝐻𝐶𝑙) Come combinare semicelle per formare delle pile Per poter assegnare ai singoli elettrodi valori di potenziale, si è stabilito internazionalmente: 1. 1. Di paragonare gli elettrodi tra loro considerando le corrispondenti semireazioni di elettrodo scritte nel senso della riduzione; 2. 2. di porre uguale a 0 V il potenziale standard di riduzione dell’elettrodo ad idrogeno e di dare i potenziali degli altri semielementi rispetto a tale riferimento (potranno essere sia negativi che positivi). in questo modo si ottiene una scala di potenziali standard di semielementi in cui, tra 2 elettrodi, quello che sta più in alto è quello la cui semieazione tende a decorrere nel senso della riduzione. Dunque accoppiandoli a formare una pila: • • quello con il potenziale più alto fungerà da polo positivo (scritto convenzionalmente a destra); • • Quello con il potenziale più basso fungerà da polo negativo (scritto convenzionalmente a sinistra); • • La f.e.m standard della pila (determinabile termodinamicamente) sarà E° destra-E° sinistra >0 Tra gli elettrodi reversibili alle attività di specie ioniche è d’uso distinguere tra: -elettrodi di prima specie: formati da un metallo in equilibrio con il suo ione in soluzione 𝑀𝑒|𝑀𝑒𝑛+ (𝑎𝑀𝑒𝑛+ ) 𝑀𝑒𝑛+ + 𝑛𝑒− → 𝑀𝑒 𝐸 = 𝐸°𝑀𝑒𝑛+ 𝑀𝑒 + 0.0592 𝑛 log (𝑎𝑀𝑒𝑛+ ) Esempio: 𝐴𝑔|𝐴𝑔+ 𝐴𝑔+ + 𝑒− → 𝐴𝑔 𝐸 = 𝐸°𝐴𝑔+/𝐴𝑔 + 0.0592 1 log (𝑎𝐴𝑔+ ) coinvolgimento di altre specie (come, molto spesso, H+ , OH- , H2O) che non cambiano numero di ossidazione, ma le cui attività devono essere considerate nell’equilibrio. Anche nel caso in cui le due semireazioni siano contestuali e non localizzate in aree distinte come nelle catene galvaniche che abbiamo appena discusso: • • la ossidoriduzione si può scrivere come somma delle due semireazioni relative alle coppie redox, una nel senso della ossidazione e una nel senso della riduzione (Anzi, un modo classico per scrivere una ossidoriduzione bilanciata correttamente è proprio a partire dalle semireazioni); • • per individuare il verso spontaneo della ossidoriduzione, cioé quale coppia proceda nel senso della riduzione e quale nel senso della ossidazione si confrontano i potenziali delle due coppie coinvolte (in particolare, protagonista della riduzione sarà la coppia col potenziale più alto, secondo convenzione di Stoccolma); • • per valutare quanto la ossidoriduzione sia quantitativa, cioè quanto l’equilibrio sia spostato a favore dei prodotti si può ottenere la costante di equilibrio dalla relazione che abbiamo già ottenuta discutendo la ossidoriduzione nella pila logK =E°/(k/n) dove K è la costante di equilibrio della reazione di ossidoriduzione scritta con n elettroni e correttamente bilanciata e E° è la differenza dei potenziali standard della coppia sede della riduzione e della coppia sede della ossidazione. Terza parte: EQUILIBRI e TITOLAZIONI TITOLAZIONI Una titolazione è una tecnica di analisi chimica quantitativa in cui si determina la quantità di un titolando in base alla sua reazione quantitativa, veloce e con stechiometria nota, con un titolante che viene erogato con aggiunte successive, comunemente effettuate per volume (titolazione volumetrica), di una soluzione a concentrazione nota (come uno standard). Il calcolo della quantità del titolando richiede inoltre di stabilire quale volume di titolante corrisponda al punto di equivalenza (cioè quando si sia aggiunto esattamente il titolante richiesto dalla stechiometria di reazione per reagire con tutto il titolando) tramite una variazione, legata a tale condizione, di un parametro sperimentalmente osservabile (punto finale, che deve essere il più possibile prossimo al punto di equivalenza teorico). Talvolta può essere a titolo noto il titolando e incognito il titolante. Se la reazione è lenta oppure il titolante è poco stabile, si può aggiungere o generare in situ una quantità nota di titolante (in abbondanza rispetto al titolando), determinandone poi l’eccesso non reagito per retrotitolazione. A secondo della reazione su cui sono basate possiamo avere • • Titolazioni acido/base • • Titolazioni redox • • Titolazioni per precipitazione • • Titolazioni per complessazione solitamente in acqua, ma anche in altri solventi. I punti finali possono corrispondere • • ad un cambiamento di colore di una sostanza aggiunta come indicatore • • ad un punto notevole di un grafico di titolazione rilevato con metodo strumentale, molto spesso elettroanalitico (flesso verticale in titolazioni potenziometriche, intersezione di due rette in titolazioni conduttimetriche e amperometriche...). Questo approccio è preferibile perché si controlla il decorso dell’intera titolazione e si possono ottenere informazioni aggiuntive (per esempio costanti di dissociazione nelle titolazioni di acidi e basi deboli) EQUILIBRI DI DISSOCIAZIONE DI SALI POCO SOLUBILI E TITOLAZIONI PER PRECIPITAZIONE Per un sala poco solubile la costante di equilibrio termodinamico per la dissoluzione con dissociazione in ioni del sale è molto piccola, quindi all’equilibrio solo una molto piccola quantità di ioni si trova in soluzione. Approssimando di poter trascurar i coefficienti di attività otteniamo un prodotto di solubilità in termini di concentrazioni molari: L’approssimazione è ragionevole se la forza ionica è molto bassa, solo nel caso in cui abbiamo solo gli ioni che provengono dalla dissociazione del sale poco solubile. Contemporaneamente con il principio di le Chatelier, la solubilità di un sale può: • • aumentare per aggiunta di un elettrolita inerte, perchè aumenta la forza ionica e calano i coefficienti di attività ionici; • • Aumentare per aggiunta di un agente complessante di uno degli ioni coinvolti, per esempio AgCl (solito) si sciogli per aggiunta in soluzione di NH3 che sottrae lo ione Ag* all’equilibrio di dissociazione di AgCl per formare il complesso Ag(NH3)2* • • Calare per aggiunta di un sale solubile che contiene uno degli ioni coinvolti, per esempio nel caso di AgCl se aggiungiamo KCl o AgNO3 • • titolazione di un anione per precipitazione del corrispondente sale poco solubile di Ag tramite misura di E di pila con un filo di argento come elettrodo sensore e un elettrodo di riferimento. • • titolazione di 2 anioni compresenti per precipitazione successiva dei corrispondenti sali poco solubili di argento mediante la misura di E di pila con un fio di argento come elettrodo sensore e un elettrodo di riferimento. esempio: I e Cl • titolazione di un volume di acido debole ad una determinata concentrazione iniziale con un volume crescente di base forte a una certa concentrazione • titolazione di un volume di base debole ad una determinata concentrazione iniziale con un volume crescente di acido forte a una certa concentrazione Eseguire titolazioni acido-base con indicatore che cambia colore in prossimità del p.e Coppie acido/base debole coniugata in cui le 2 specie abbiano colore diverso possono essere sfruttate per individuare senza strumentazione il p.e. delle titolazioni a condizione che il pKa dell’indicatore cada in prossimità del p.e. della reazione, cioè in corrispondenza del flesso della curva di titolazione. Tra gli indicatori più comuni abbiamo: • • fenoftaleina: forma acida incolore e forma basica fucsia, viraggio tra pH 8-9.9 • • verde di bromocresolo: forma acida giallo oro e forma basica blu cobalto, viraggio verde smeraldo tra pH 3,8-5.4 • • Metilarancio: forma acida rossa e forma basica gialla, viraggio pesca/albicocca tra pH 2.9-4 EQUILIBRI E TITOLAZIONI BASATE SULLA FORMAZIONE I COMPLESSI Un complesso è formato da una specie neutra o carica (centro) che coordina intorno a sé altre specie neutre o cariche (leganti) mediante legami di coordinazione («dativi») basati su interazioni tra acidi e basi di Lewis. • Il centro di un complesso è spesso un metallo, neutro o in forma di ione che funge da acido di Lewis; • I leganti sono di solito specie che fungono da base di Lewis possedendo uno o più atomi (come O, N, S, alogeni...) in grado di donare doppietti elettronici, anche se per esempio possono essere coinvolti nella coordinazione anche sistemi coniugati; • Un legante che ha 1,2,3,4,5,6... funzioni disponibili per legami di coordinazione si dice mono-, bi-, tri-,tetra-,penta-, esa-dentato; • Un legante che forma più legami coordinativi si dice anche chelante: una immagine che ben rende l’idea del legante che «ghermisce» il metallo centrale formando come una scatola intorno ad esso grazie a n «denti», cioè con n legami di coordinazione con una certa geometria; per esempio, l’EDTA, il caso più popolare, è un chelante esadentato che coordina molti ioni metallici con geometria ottaedrica (l’ottaedro ha 6 vertici). Ci sono anche leganti polidentati ciclici, come gli «eteri corona». Ovviamente per la chelazione é importante non solo il numero di «denti», ma anche la loro posizione reciproca, visto che si devono disporre con una certa geometria intorno alla specie centrale. Un chelante n-dentato ben progettato può coordinare molto più fortemente (ovvero formare complessi molto più stabili) di n leganti monodentati; • Il numero di legami di coordinazione instaurati tra centro e leganti è detto numero di coordinazione; a seconda di questo il complesso può assumere varie geometrie (per esempio lineare [n=2], trigonale [n=3], tetraedrica [n=4], planare quadrata [n = 4] , ottaedrica [n = 6]...) • Si possono avere anche complessi con più centri metallici, pontati da leganti polidentati. • Spesso i complessi sono vivacemente colorati ad esempio il pigmento blu di Prussia. Tra i complessi ci sono anche molti catalizzatori di interesse industriale, tra cui i catalizzatori Zigler-Natta per la polimerizzazione isotattica del propilene. Per la formazione di un complesso con n leganti dello stesso tipo si può considerare una catena di equilibri con Kf ossia costanti di formazione o stabilità del complesso. Il caso del chelante EDTA: coordinazione con 6 legami ma con stechiometria 1:1 EDTA= etildiammino tetracetico • • titolazione di ioni metallici con EDTA a pH tamponato ad un valore che renda la reazione di complessazione quantitativa. queste titolazioni possono avvenire con l’indicatore o monitorate strumentalmente. Esempio titolare ioni Ca2+ e Mg2+ a pH tamponato =9/10 si utilizza un indicatore nero eriocromo T che cambia colore in prossimità del punto di equivalenza oppure si possono usare elettrodi ionoselettivi a membrana il cui potenziale segue lineramente il logaritmo dell’attività=concentrazione dello ione metallico. Quarta parte: ELEMENTI DI ELETTROANALISI CONDUTTANZA Resistenza, conduttanza, resistività, conduttività Legge di Ohm R e G dipendono sia dalle caratteristiche intrinseche del conduttore espresse da p e k, sia dalle sue dimensioni. In particolare - R diminuisce con la sezione e aumenta con la lunghezza del conduttore; - G aumenta con la sezione e diminuisce con la lunghezza del conduttore. La conduttimetria è una tecnica analitica che fornisce informazioni su soluzioni elettrolitiche in base alla misura della loro conduttanza, ossia della loro capacità di condurre corrente elettrica. Nelle soluzioni elettrolitiche i portatori di carica sono gli ioni (soluzioni=conduttori di II specie) mentre negli elettrodi i portatori di carica sono gli elettroni (elettrodi=conduttori di I specie). Quindi, la conduttimetria fornisce informazioni sull’insieme delle specie ioniche presenti in soluzione, in proporzione alla loro concentrazione, carica e mobilità. Non è, dunque, una tecnica specifica per un dato analita. Meccanismo di trasporto in soluzione Il traporto di una specie in soluzione avviene attraverso 3 meccanismi: • • diffusione: un gradiente di potenziale chimico, cioè di concentrazione; • • convezione: temperatura, agitazione,… • • migrazione elettrica: un gradiente di potenziale elettrico. Conduttività dal punto di vista macroscopico/sperimentale Dal punto di vista sperimentale un conduttimetro misura la resistenza R di una soluzione elettrolitica, il cui inverso è la conduttanza G; essa dipende non solo dalle caratteristiche della soluzione ma anche da quelle della cella di conduttività usata per effettuare la misura, rappresentate dalla costante di cella. Conoscendo il valore della costante di cela, si passa al parametro di conduttività o conduttanza/specifica k, che rappresenra le proprietà di trasporto globali di una soluzione elettrolitica. 𝑅 = 1 𝐺 = 1 𝐾 𝐿 𝑆 • • standardizzazione primaria: un metodo rigoroso ma antiquato è quello di utilizzare come riferimento primario il mercurio, metallo di cui è nota la conduttività con precisione. Strategia: con Hg determino la costante di una cella con un’altra costante di cella, data la conduttività elevata del mercurio, circa 100000 volte maggior di quella di KCl 1M usato come standard di laboratorio. 1 𝐺1 ⁄ = 1 𝑘𝐻𝑔 ⁄ 𝐿 𝑆1 ⁄ successivamente nella medesima cella si determini la conduttività di una soluzione concentrata di H2SO4 1 𝐺2 ⁄ = 1 𝑘𝐻2𝑆𝑂4 ⁄ 𝐿 𝑆1 ⁄ con questa soluzione intermedia si effettua la taratura di una seconda cella costante L/S più bassa 1 𝐺3 ⁄ = 1 𝑘𝐻2𝑆𝑂4 ⁄ 𝐿 𝑆2 ⁄ con la quale si determina infine la conduttività delle soluzioni di KCl standard di laboratorio. 1 𝐺3 ⁄ = 1 𝑘𝐾𝐶𝑙 ⁄ 𝐿 𝑆2 ⁄ • • taratura del conduttimetro nella routine di laboratorio: si richiede di determinare la costante di cella ad ogni sessione di misura mediante la misura della conduttanza a temperatura costante di uno standard operativo adatto alla cella da usarsi e di conduttività nota con precisione. Il controllo della temperatura nelle misure di conduttività è estremamente importante perché la conduttività varia sensibilmente con la temperatura. Molti conduttimetri sono in grado di effettuare direttamente questa correzione purché si forniscano loro le seguenti informazioni: -temperatura di riferimento, -temperatura attuale -valore del coefficiente di temperatura, con l’assunzione che l’intervallo tra le 2 temperature precedenti sia sufficientemente piccolo da poter stimare lineare l’incremento della conduttività con la temperatura. Importanti termosonde sono: • • TERMOCOPPIE: giunzioni di 2 fili di diversi metalli, alla quale si ha un potenziale cha varia linearmente con la temperatura, I conduttimeti hanno generalmente un ingresso per una termocoppia per rilevare direttamente la temperatura. • • TERMORESISTENZE: si basano sulla misura della resistenza della sonda di cui è nota con grande precisione la dipendenza dalla temperatura. • • PIROMETRI OTTICI: servono per misure di temperature senza contatto. Applicazioni della conduttimetria: 1)ANALISI DELLE ACQUE DETERMINAZIONE DELLA DUREZZA DELLE ACQUE La durezza è uno dei parametri fondamentali di un’acqua naturale. Essa è associata alla presenza di cationi polivalenti in grado di causare la precipitazione di composti insolubili come i saponi alcalini (detergenti). Si tratta prevalentemente di ioni Ca2+ e Mg2+, benché contribuiscono anche gli altri cationi del secondo gruppo Ba2+ Sr2+ ed altri. Si misura in gradi francesi definiti come tutti gli ioni di durezza espressi come mg CaCO3 per 100cm3 di prelievo. • • durezza totale: permanente+temporanea= cationi metalli alcalino terrosi presenti in combinazione con anioni sia di acidi forti (Cl-,SO4^2-) sia di acidi deboli (HCO3-) • • Durezza temporanea: porzione che scompare se si fa bollire l’acqua. Corrisponde ai cationi metalli alcalino terrosi in combinazione con bicarbonati: • • Durezza permanente: porzione che rimane anche se si fa bollire l’acqua. Corrisponde ai cationi metallo alcalino terrosi in combinazione con anioni di acidi forti. La durezza delle acque si può stimare com buona approssimazione mediante una misura conduttimetrica, ed è molto utile come prova preliminare per calibrare opportunamente le analisi specifiche successive. VALUTAZIONE SEMIQUANTITATIVA DEL RESIDUO FISSO O SOLIDI TOTALI DISCIOLTI Le acque minerali vengono, anche, classificate in base al loro residuo fisso (espresso in ppm) che si ottiene pesando, in un crogiolo tarato, quello che resta di un campione d’acqua pesato, filtrato e scaldato ad una certa temperatura fino a peso costante. Quello che compare solitamente nelle etichette delle acque è il residuo fisso a 180°C. Anche il residuo fisso, come la durezza delle acque, presenta un andamento lineare con la conduttività, che può essere sfruttato per prevederne il valore della misura. La conduttività serve, anche, a CONTROLLARE ACQUE IPERPURE, per esempio acque per i circuiti stampanti, preparazioni farmaceutiche o in uscita su impianti di deionizzazione. La conduttività, ma anche il pH, è ubiquitaria nei CONTROLLI AUTOMATICI DEI FLUSSI DI PROCESSO perché tecnica robusta, poco costosa, con minimi vincoli costruttivi ed estremamente sensibile a anomalie improvvise. 2)CAMPO ALIMENTARE La conduttività della carne e del pesce cambiano sia con il tempo, sia con processi di congelamento e cottura. Quindi, la misura di questa proprietà può essere usata per ottenere informazioni sulla storia (conservazione, trattamenti termici,…) di campioni di carne e di pesce. La conduttività del latte varia regolarmente con il grado di scrematura; inoltre, le sue alterazioni possono essere associate ad uno stato patologico della bovina. 3)TITOLAZIONI CONDUTTIMETRICHE ACIDO/BASE Nelle titolazioni basate su reazioni che implichino cambiamenti di conduttività si può monitorare questa grandezza per seguire il decorso della reazione e soprattutto individuare il punto finale. Si può eseguire una titolazione conduttimetrica seguendo della soluzione la conduttività o anche solo la conduttanza, ad essa proporzionale, il che permette di omettere la taratura. La temperatura deve essere pressochè costante. E’preferibile che il volume della soluzione non cambi troppo durante la titolazione (partendo con un volume grande e/o utilizzando un titolante concentrato). A differenza delle curve di titolazione potenziometriche: • • i punti di equivalenza non corrispondono a flessi, ma ad angoli d’intersezione tra tratti rettilinei. L’accuratezza del metodo è tanto maggiore quanto più acuto è l’angolo d’intersezione, e quanto maggiore è la correlazione lineare dei punti sperimentali; • • non hanno particolare senso accurate misure vicino al punto di equivalenza, anzi spesso nei pressi del punto di equivalenza il grafico di titolazione risulta arrotondato e quindi il punto di equivalenza si valuta estrapolando i tratti rettilinei e valutandone il punto d’intersezione. I vantaggi delle titolazioni conduttimetriche rispetto a quelle con indicatore e potenziometriche sono: • • Il metodo è accurato tanto in soluzioni diluite che concentrate • • Il metodo funziona bene in casi altrimenti critici come titolazioni di acidi deboli con basi deboli e anche con titolazioni di acidi debolissimicome fenoli, acido borico... Rispetto a quelle colorimetriche: • • Il metodo funziona anche con soluzioni torbide misura (il corrispondente potenziale interliquido è piccolo perché minimizzato dal ponte salino.) 𝐸 = 𝑈 + 𝑘 𝑧𝑖 log 𝑎𝑖 = 𝑈 − 𝑘 𝑧𝑖 p 𝑎𝑖 La costante U dipende da diverse attività ioniche singole e contiene: • • la differenza dei potenziali degli elettrodi di riferimento interno ed esterno= la differenza dei relativi potenziali standard, se sono diversi, e i termini logaritmici delle attività fisse dei relativi ioni ad attività fissa • • Il termine logaritmico nell’attività fissa interna all’ISE dello ione che viene sentito. Parametri per la definizione delle prestazioni di un elettrodo ionoselettivo • • grado di idealità=pendenza reale/pendenza teorica alla T operativa x100%; è legato all’idealità della membrana e a quanto tenda ad 1 il numero dello ione sentito dalla membrana • • limite di rilevabilità: il limite inferiore è dovuto all’interferenza di altre specie all’interno del campione (rumore di fondo) che a calare dell’attività dello ione primario comincia a diventare non più trascurabile ed a prevalere. Definizione: l’attività di ione primario alla quale viene sentito dall’elettrodo uguale al rumore di fondo. Questi 2 parametri si ottengono facendo, con soluzioni standard ad attività iniziali note, un grafico di taratura E/log(attività). • • costanti di selettività: nella realtà una membrana è parzialmente selettiva ance ad altri ioni oltre che al primario, questo è determinato dal fatto che il numero di trasporto del primario non è perfettamente unitario. Si usano le costanti di selettività per esprimere la capacità selettiva di una membrana. Un elettrodo è tanto più selettivo quanto più piccole sono le costanti di selettività che pesano la risposta degli ioni econdari, quindi la risposta agli ioni secondari sarà trascurabile rispetto a quella dello ione primario. • • tempo di risposta= al tempo necessario affinché il potenziale elettrodico raggiunga il valore che disti dal valore stabile finale entro una certa percentuale del suo valore. Esempio di ISE: ELETTRODO A VETRO PER pH Membrana: SiO2 drogata con ossidi di metalli alcalini, lavora in forma gel-like con un meccanismo complesso che coinvolge uno scambio tra gli ioni alcalini della membrana e i protoni. Una buona membrana di vetro deve avere: -elevata resistenza chimica e fisica nelle condizioni operative; -buona processabilità e saldabilità al vetro comune del corpo dell’elettrodo; -risposta al pH nel più largo intervallo possibile Spesso il vetro speciale sensibile al pH è colorato rispetto al vetro comune che costituisce il corpo dell’elettrodo. Alcuni modelli possono includere una termocoppia per il monitoraggio della temperatura. - Errore acido (pH<5) risulta in letture di pH più alti di quelli veri - Errore alcalino (pH13-14) legato alla sensibilità del vetro ai cationi di metalli alcalini/alcalino terrosi, risulta in letture di pH più bassi di quelli veri. Forme della parte di vetro sensibile al pH: • Forma a sfera è quella che offre la massima superficie di contatto con la soluzione e la più bassa resistenza. È fragile e usata soprattutto in laboratorio. • Forma a cono o cilindro sono più robuste e di media resistenza. • Forma a cupola è ancora più robusta ma ha alta resistenza. • Forma piatta è adatta per monitoraggi in continuo e per soluzioni con sostanze molto aggressive; la sua geometria riduce la formazione di depositi che possano sporcare l’elettrodo e quindi il bisogno di manutenzione. Ha alta resistenza. • Forma a lancia è adatta per campioni semisolidi o terreni. Standard primari per la pH-metria Sono considerati in acqua standard pH-metrici primari i seguenti 7 tamponi): -tartrato acido di potassio saturo (pH 3.557) -potassio diidrogeno citrato 0.05 m (pH 3.776) -o-ftalato acido di potassio 0.05 m (pH 4.005) -fosfato disodico 0.025 m + fosfato monopotassico 0.025 m (pH 6.865) -fosfato disodico 0.03043 m + fosfato monopotassico 0.008695 m (pH 7.413) -borace 0.01 m (pH 9.180) -bicarbonato sodico 0.025 m + carbonato sodico 0.025 m (pH 10.012) Tuttavia, visto che ogni tampone implica un diverso potenziale interliquido residuo e diversi coefficienti di attività singoli da approssimare, questo sistema multiplo pone il problema della verifica della "internal consistency" ossia se la misura di E sui sette tamponi nella pila operativa sia effettivamente coerente con la dipendenza prevista dalla teoria. Naturalmente questo può essere verificato solo se si dispone di un ponte salino molto efficiente, in grado di minimizzare tutti gli interliquidi coinvolti nella serie di misure. Cosa succede per i solventi diversi dall’acqua Tra i problemi più importanti che l’elettrochimica dei solventi non acquosi e misti deve affrontare vi é quello della elettroanalisi potenziometrica diretta, e in particolare della pH-metria. Il problema viene spesso affrontato in modo scorretto, così che le misure risultano prive di senso. L’approccio corretto richiede che sia soddisfatto un insieme di condizioni: •Conoscere l'ampiezza della scala pH-metrica nel solvente di interesse (coincide con pKap, dove Kap è la costante di autoprotolisi del solvente); •Individuare dove sia rispetto a quello acquoso l'estremo acido della scala pH- metrica nel solvente studiato, valutando l’"effetto primario del solvente sullo ione H+ ", proporzionale alla energia libera di trasferimento dello ione H+ dall'acqua al solvente considerato; •Individuare in quel solvente un ponte salino efficiente; •Caratterizzare operativamente un elettrodo di riferimento che lo contenga; •Collocare sulla scala di cui sopra un sistema di standard primari pHPS determinati ad uno ad uno con la complessa procedura standard basata sulla "pila di Harned" a idrogeno, ed eventualmente standard secondari. Questo ingente lavoro é stato finora affrontato concentrandosi soprattutto su solventi misti acquo organici a percentuale medio bassa di cosolvente organico, mentre la disponibilità di dati affidabili é molto scarsa per quanto riguarda le percentuali molto elevate di cosolvente, o i solventi organici puri. ELETTRODI A MEMBRANA CRISTALLINA ISE per F- Basato su LaF3 drogato con Eu2+ per renderlo conduttivo. Molto selettivo rispetto ad altri anioni, ma: • richiede di evitare pH significativamente acidi per evitare H+ + F- → HF