Scarica Van Gogh: Una Vita Fulgida di Studi e Creazione e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Elementi di storia dell'arte ed espressioni grafiche solo su Docsity! VAN GOGH Zundert, 30 marzo 1853 – Auvers-sur-Oise, 29 luglio 1890 Figlio di un pastore protestante, Vincent van Gogh compie studi irregolari e si impiega come commesso nella casa d’arte Goupil a l’Aja, poi nelle filiali di Londra e Parigi. Decide poi di intraprendere la carriera di predicatore e di missionario, incontrando però ostilità e rifiuti. Nel 1879 inizia a disegnare, e dall’anno seguente questa attività assume un ruolo importante. Ridisegna le opere di altri pittori, inoltre esegue studi di figure, soprattutto contadini, dopo aver preso lezioni a Bruxelles e a L’Aja. Solo a partire dal 1881 decide di dedicarsi alla pittura, ed in meno di dieci anni di intenso lavoro produce un numero molto rilevante di opere, che operarono una profonda rivoluzione nella cultura artistica europea. La sua formazione si deve principalmente all'esempio del realismo paesaggistico unito al messaggio etico e sociale di Millet. Nel settembre del 1883 va a vivere nel nord dei Paesi Bassi, nella Drenthe, regione ricca di torbiere, spostandosi spesso e ritraendo gli operai e i contadini mentre sono intenti nel duro lavoro. Nel dicembre si trasferisce quindi a Nuenen, nel Brabante, dove realizza quasi duecento quadri e numerosissimi acquerelli e disegni. Protagonisti di queste sue opere sono i tessitori al lavoro, il villaggio di Nuenen e, ovviamente, i contadini, ai quali van Gogh dedica I mangiatori di patate, il capolavoro del suo periodo olandese, per il quale realizza studi dettagliati e che porterà a termine nel 1885. Le stampe giapponesi ebbero un’influenza profonda sull'artista che recepì con entusiasmo e con una passione che traspaiono anche da diverse lettere che scambiò con i suoi cari e con i suoi amici. In breve tempo, Van Gogh riuscì a crearsi una collezione personale di stampe giapponesi (le japonaiserie, come le chiamava lui), favorito dal fatto che queste opere fossero in commercio a prezzi decisamente modici. Nel 1887, Van Gogh realizzò, a partire dal Ponte di Hiroshige, un dipinto che conserva il senso del dinamismo di Hiroshighe, reinterpretandolo però secondo la propria sensibilità: per esempio sulla superficie del fiume ci sono rapidi tratti di pennello, tipici dello stile di Van Gogh, che permettono di accostare varie tonalità di blu e di verde al fine di suggerire il movimento dell’acqua. I mangiatori di patate 1885, olio su tela. Amsterdam, Van Gogh Museum Questo dipinto è considerato dagli storici il primo importante dipinto dell’artista caratterizzato da uno stile espressionista. Una modesta famiglia di contadini è riunita intorno al tavolo di sera. Una debole luce proviene dalla lanterna appesa al soffitto, illuminando i loro volti e il cibo sul tavolo di legno. Le loro fisionomie sono rocciose e quasi deformi. Anche le mani sono nodose. Le nocche descrivono il peso delle loro fatiche. Infine, un’espressione stanca e priva di speranza è dipinta sui loro volti. L’artista chiarì il significato dell’opera in una lettera al fratello Theo. Sua intenzione era quella di mettere in evidenza il duro lavoro dei contadini. La terra che faticosamente coltivavano produceva i poveri frutti, le patate con i quali si cibavano ogni giorno. Van Gogh dipinse I mangiatori di patate nel suo periodo di predicazione. Seguendo le orme del padre, un pastore protestante, Van Gogh si avvicinò così ai poveri ritraendo la loro vita quotidiana. L’artista progettò a lungo il dipinto. Infatti, le teste dei contadini sono ritratte in altre opere del periodo. Le figure appaiano deformi e grossolane. I volti hanno una fisionomia quasi grottesca e le mani sono nodose e sgraziate. Le superfici sono dipinte con pennellate amalgamate molto diverse da quelle che l’artista utilizzerà qualche anno dopo. Sull’opera domina un tono bruno scuro, terroso. I colori sono tendenti al grigio e al nero. Solo i volti e le mani dei contadini sono ravvivate da un leggero tono di ocra. Ritratto di Pere Tanguy 1888, Parigi, Museo Rodin Père Tanguy è raffigurato al centro del ritratto. Il commerciante di colori è seduto di fronte ad una parete tappezzata di stampe giapponesi. Sulla testa porta un semplice cappello, tipico delle campagne francesi. Il suo aspetto è molto anziano e pacato. Inoltre, il suo viso è segnato dal tempo e dalle dure esperienze passate. Nonostante questo, la sua espressione è serena e autorevole. La posa assunta dal protagonista lo fa sembrare un vecchio saggio orientale. Vincent van Gogh aveva molto stima di Père Tanguy. Infatti, manifestò l’intenzione di diventare come il suo amico in vecchiaia. Probabilmente, l’artista realizzò il ritratto mettendo un po’ di se stesso nella fisionomia dell’anziano amico. Il dipinto è caratterizzato da pennellate materiche che seguono i volumi delle forme. Ritratto di Agostina Segatori 1887, Amsterdam, Van Gogh Museum Nell’inverno del 1886 avviene l'incontro con Paul Gauguin, pittore che era appena giunto a Parigi dalla città bretone di Pont-Aven. Nello stesso periodo frequenta il Café du Tambourin sul boulevard de Clichy, intrecciando una relazione sentimentale con la proprietaria, Agostina Segatori, da lui immortalata in un celebre ritratto. Sempre nello stesso anno il pittore organizza una mostra con l'intento di riunire tutti i suoi amici-artisti: all'esposizione parteciparono Bernard, Gauguin e Louis Anquetin. La camera di Arles 1889, Parigi, Museo d’Orsay La stanza è arredata come un ambiente semplice nel quale sono presenti pochi mobili e oggetti, definiti da linee di contorno scure. I colori sono molto brillanti e puri. Il colore viene utilizzato in modo emotivo. Come nei suoi paesaggi, Vincent van Gogh, anche nella sua stanza utilizza il colore in modo psicologico. Anche la matericità del colore ha una componente importante. La pasta spremuta direttamente sulla tela modellata con le dita o con il pennello trasmette una maggiore forza emotiva. Spicca il rosso della coperta che crea un contrasto di complementari con la seduta verde, brillante, delle due sedie. Le pareti e alcuni oggetti sono di un blu intenso, come anche le porte, complementare al giallo arancio degli arredi. La prospettiva utilizzata da Van Gogh per la sua camera è centrale ma un po’ ondeggiante. Inoltre, il nostro punto di vista si trova circa a metà della finestra dipinta. La posizione della sedia e del letto sembra essere rialzata come su di un palcoscenico inclinato. Questo effetto crea quindi una proiezione dello spettatore verso il centro del dipinto. I punti di vista sono diversi e non coincidenti con le fughe delle diagonali che convergono verso propri centri. Probabilmente fu una scelta dello stesso artista. Infatti le sedie sono viste dall’alto mentre il tavolino e il letto hanno una prospettiva diversa. Questa rappresentazione dello spazio non è geometricamente regolare. Però lo spazio deformato crea una complicità emotiva con lo spettatore. che lo avrebbe realizzato come preannuncio del suo suicidio o come ideale lettera di addio. Studi recenti e molto approfonditi delle ultime lettere di Vincent a Theo, propongono tuttavia una datazione compresa tra il 7 e il 10 luglio, due settimane prima della morte. La tela non è, quindi, il “biglietto del suicida”. È comunque la più efficace rappresentazione del dramma interiore che lacerava il pittore in quei giorni, quando più che mai si sentiva solo e sfinito. Van Gogh la dipinse riversandovi tutta la disperazione, la rabbia e il rancore che lo tormentavano. Un campo di grano giallissimo, tagliato da tre viottoli che vanno in direzioni diverse, appare scosso dal vento, come un mare agitato; uno stormo di corvi neri, resi con semplici linee nere zigzaganti, si leva in un basso volo scomposto, come di avvoltoi che planano verso un cadavere. Una tempesta, quasi presaga di lutto, incombe su questo paesaggio, anticipata da nubi nere e minacciose. Tutta la scena, realizzata con un autentico furore creativo, è composta da pennellate rabbiose, che seguono le direzioni dei piani prospettici o si accavallano. Vincent aveva scritto al fratello Theo. Per Van Gogh, la rappresentazione del mondo fu sempre e solo un pretesto per parlare della sua personale visione del mondo, della vita e dell’amore. In ogni sua opera, e soprattutto nei paesaggi, egli affidò al colore il valore di una metafora. Elaborò una tecnica essenziale al raggiungimento del suo scopo. Le pennellate di Van Gogh sono dense, larghe, corpose, perfettamente identificabili. Sembrano avere valore in sé. È quasi possibile riconoscervi la gestualità con cui Van Gogh le stese sulla superficie del quadro. Sappiamo bene che Vincent, in un totale coinvolgimento emotivo, spesso rifiutava il filtro del pennello: spremeva direttamente il colore sulla tela, usava le dita. Ed è tutto questo a fare della sua pittura un’arte non d’impressione ma d’espressione. Campo di grano con volo di corvi non può essere considerato come un semplice paesaggio. Questo dipinto è la consapevole trasposizione simbolica di uno stato d’animo e di una situazione esistenziale. È una metafora dell’anima. Il grano, nelle varie opere di Van Gogh, ha sempre rappresentato la vita: e non sfugge che, in Campo di grano con volo di corvi, i tre sentieri vuoti, che vanno verso l’ignoto, non portano da nessuna parte, sembrano invece ferire quella distesa dorata, squarciarla come a forbiciate violente. Il cielo, che sarebbe per sé stesso di un blu rassicurante, passa a tonalità cromatiche sempre più scure a causa della tempesta che incombe. I Girasoli Prima a Parigi, poi ad Arles, van Gogh si appassiona al tema dei girasoli, riproducendoli in numerose tele. I fiori dell'artista sono caratterizzati da colori accesi, pennellate direzionali e gestuali, cariche di energia. I 15 girasoli, protagonisti del dipinto conservato alla National Gallery di Londra, vengono riprodotti dall’artista in diverse fasi del loro ciclo di vita, dal germoglio giovane fino alla maturità e all'eventuale decadimento e morte. Il bocciolo nell'angolo in basso a sinistra deve ancora raggiungere il pieno fiore, sette fiori sono in piena fioritura e gli altri sette hanno perso i loro petali e si stanno trasformando in seme.Per dipingere i suoi fiori preferiti il pittore utilizzò tre tonalità di giallo e il verde veronese, dimostrando come fosse possibile creare un'immagine con numerose variazioni di un singolo colore, senza alcuna perdita di forza espressiva. Notte stellata 1889. New York, MoMA Un paesaggio di campagna nella notte. Le finestre sono illuminate dalle luci domestiche mentre la falce di luna illumina un cielo nel quale si agitano turbini inquietanti, il cielo è costellato di stelle. Al centro, in basso, si trova una chiesetta con un alto campanile. Intorno ad essa vi sono delle semplici case di campagna. Un grande cipresso interrompe il paesaggio a sinistra. Oltre il villaggio, a destra, si nota, invece, un fitto bosco che sembra abbattersi sul villaggio come un maremoto. Infine, all’orizzonte colline e montagne lontane, sembrano onde gigantesche in corsa verso le case. Van Gogh ha utilizzato brevi pennellate modellanti di colore materico. La direzione dei segni colorati segue, infatti, la forma delle figure. Nei tetti le linee sono oblique, i cespugli e gli alberi lontani sono rappresentati con pennellate curve. Le montagne, invece, sono modellate con linee ondulate. Il grande cipresso, invece, sembra una grande fiammata scura. Il cielo è animato da vortici di nubi e vento che creano aloni luminosi intorno alle luci delle stelle e della luna. La pittura, con l’approssimarsi della crisi finale, diventa progressivamente più tormentata. Le opere dipinte in periodi meno sofferenti sono notevolmente più solari e descrittive. Una vasta gamma di blu e azzurri riempie tutta la superficie dipinta. La luce notturna è rappresentata dal blu oltremare, mentre la vegetazione diventa quasi nera. Nel cielo la luna e le stelle spiccano grazie al contrasto di complementari, infatti, il giallo-arancio è complementare al blu. Tutta la superficie del dipinto è invasa dalla materia pittorica blu che crea un’atmosfera in bilico tra sogno e solitaria freddezza. Il colore, in assenza del disegno, crea direttamente le forme. Il ritmo espressivo e concitato delle pennellate tende al superamento della visione naturalistica della realtà. La struttura compositiva del quadro può risultare tradizionale ma il linguaggio pittorico è assolutamente innovativo, poiché l’artista ha saputo fondere mirabilmente una propria visione interiore con la sua percezione del mondo esterno. Notte stellata è infatti l’espressione di una tremenda tensione, esistenziale e religiosa insieme. Fu lo stesso artista a spiegare che di notte, insonne, se ne stava a contemplare le stelle spinto da un “terribile bisogno” di Dio. Alzando gli occhi a quel cielo stellato, dalla finestra a sbarre della sua cella d’ospedale, Van Gogh aspirò dunque all’infinito, cercò una strada tutta interiore per la libertà.