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Virgilio - Libro IV Eneide, Appunti di Letteratura latina

Riassunto libro IV dell'Eneide di Virgilio

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 10/11/2022

Maria_Francesca_Pedata
Maria_Francesca_Pedata 🇮🇹

4.3

(61)

72 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Virgilio - Libro IV Eneide e più Appunti in PDF di Letteratura latina solo su Docsity! VIRGILIO, ENEIDE IV 54-89 Didone è perdutamente innamorata di Enea e ha confessato alla sorella Anna i propri sentimenti. Persuasa da questa a non opporre resistenza al suo amore, consulta gli dèi alla ricerca di presagi favorevoli e manifesta con irrequietezza crescente i sintomi della passione, trascurando i propri compiti da regina. Le parole che descrivono lo stato d’animo di Didone appartengono all’area di significato del fuoco, del follia, della ferita, dell’afflizione. Come una cerva che fugge inutilmente con la freccia conficcata nel fianco, Didone soccombe all’amore. 296-361 Sollecitato dalle «voci dall’alto», Enea deve abbandonare Cartagine. Il dubbio non riguarda la scelta, che è irrevocabile, ma il modo in cui informare la regina. Egli dà ordine di preparare le navi e si riserva di attendere il momento opportuno per affrontare un colloquio. Didone si accorge però dei preparativi e si scatena in un solitario furore, aggirandosi come una baccante per le vie di Cartagine. Dopo questa prima abdicazione della propria dignità regale, molto più facile le riesce l’altra: interpellare Enea, accusarlo e supplicarlo, tentare argomenti di ogni genere, da quelli emotivi a quelli razionali. La risposta di Enea arriva da troppo lontano perché Didone possa intenderla: la sua grandezza è altrove, nella coscienza amara di vivere una vita non sua, lungo percorsi che egli non ha scelto. Il discorso di Didone è preceduto da un intervento del narratore che, violando l’impersonalità dell’épos, esprime il suo punto di vista, proiettando sui fatti il punto di vista della donna fuori di sé e in preda al delirio come una baccante. Didone si rivolge a Enea pronunciando un discorso che vede l’alternanza dei toni dell’invettiva e della supplica. Tra l’uno e l’altro discorso è inserita una “didascalia” drammatica, che definisce l’atteggiamento dell’uomo durante tutta la perorazione di Didone: Enea è solo e vive la solitudine del capo tante volte sperimentata nel corso del poema, una situazione di conflitto tra il ruolo e il personaggio. Mentre il discorso di Didone è caratterizzato da una sequenza di interrogative, che indicano la concitazione della donna, quello di Enea è lucido, ha una studiata costruzione retorica e punta alla persuasione razionale e non emotiva. Il colloquio si configura come scontro fra due sistemi di valori: da una parte ci sono il rispetto di una volontà superiore, il bene comune, l’autocontrollo, in una parola la pietas, dall’altra c’è la dimensione privata ed egoistica degli affetti, cioè l’amor. L’eroica vittoria di Enea sui sentimenti rappresenta il vittorioso imporsi della ragione sul disordine distruttivo delle passioni e, se trasferita su un piano storico-politico, simboleggia la fine del disordine delle guerre civili grazie all’ordine imposto dal regime augusteo. 584-629 esiste nell’Eneide un personaggio che non sa nulla di Annibale, non ne conosce i tempi e la sorte, ma che a lui si protende con tutta l’appassionata speranza di chi sta per morire invendicato e soltanto da un ignoto futuro può sperare un risarcimento: questo personaggio è Didone, tradita dall’auctor della stirpe romana. Il poeta inserisce la vicenda erotica nella storia sacra di Roma, la innalza a àition delle guerre puniche. Didone sarà “perdente” anche in questo suo ultimo auspicio: sorgerà il vendicatore, ma non potrà consumare la vendetta. 651-671 Didone racconta alla sorella Anna di una misteriosa maga, venuta dai limiti estremi del mondo, capace di liberare i cuori dall’angoscia e di abolire i ricordi. Questa maga – narra falsamente Didone – le avrebbe imposto di innalzare un grande rogo e di bruciarvi sopra, per cancellarne ogni memoria, «le armi che l’empio/lasciò appese sul talamo, e tutte le spoglie, e il letto/nuziale, nel quale mi sono perduta». La regina, dopo aver consacrato Enea e la sua stirpe all’ultor che dovrà sorgere dalle sue ceneri, ormai pronta a morire si rivolgerà alla nutrice Barce pregandola di chiamare Anna per predisporre un rito di magia. Ma la finalità di quel rogo è di ricevere le spoglie della morta Didone.