Scarica Web e Social Media, 2° modulo e più Appunti in PDF di Storia Dei Media solo su Docsity! Web e Social Media Modulo 2 Digital Advertising Il digital advertising è quel segmento della comunicazione attraverso i media digitali. Tra il 2008 e il 2014 c’è una tendenza alla continua crescita, anche se la pubblicità attraverso la televisione mantiene ancora il primato. In questo settore alcuni strumenti sono consolidati: ● Search advertising → attività promozionale che usa i motori di ricerca 1 ● Social media advertising ● Video advertising → tutto ciò che riguarda quei piccoli segmenti pubblicitari, ad esempio prima dei video di Youtube ● Display advertising → forma più classica di pubblicità e promozione attraverso la rete Altri strumenti sono invece in espansione e corrispondono, al momento, al native advertising che è l’evoluzione delle forme di pubblicità display, il content marketing, il programmatic buying che costituisce un nuovo modo di costruire relazioni tra chi vende e chi compra spazi pubblicitari. Search Advertising Le dinamiche del search advertising sono tutte quelle forme di pubblicità che sfruttano le caratteristiche dei motori di ricerca. Tutto ciò nasce prima della nascita di Google, nel 1995. Nel 1995 nasce BackRub ad opera di Page e Brin che si ponevano già il problema delle ranking dei risultati, cioè di come vengono fatti vedere questi risultati. I motori di ricerca che nascevano insieme a BackRub sceglievano ognuno la propria strada, ad esempio la divisione del web in aree tematiche. BackRub lavorava sull’idea di cercare trasversalmente su tutti i siti, ma restituire i risultati sulla base di un indice di popolarità. Questi risultati si chiamano SERP. I risultati che la SERP propone si dividono in pay (sono in cima perché qualcuno ha pagato per averli in cima) e organici (sono in cima perché sono popolari, ben scritti, per merito proprio, senza che ci sia dietro un pagamento). Page e Brin, già prima che esistesse Google, avevano definito uno dei requisiti per un buon risultato organico dei vari siti, cioè avere tanti link. Avrebbero lavorato sul fatto di mettere in sequenza nei risultati del loro motore di ricerca sulla base della qualità della loro performance e di altri elementi successivi. Nel 1997 BackRub diventa Google e nel 2000 comincia ad attivare un primo pilastro del suo 2 ● pertinenza della parola-chiave rispetto agli annunci del gruppo di appartenenza e alla query di ricerca Google offre uno strumento di supporto per la scelta delle parole-chiave. A. Impostazione del “tipo di corrispondenza”: consente di visualizzare i volumi di ricerca relativi alla combinazione selezionata B. Volume di Ricerca Mensile Globale: quante ricerche, relative a una determinata combinazione di parole-chiave, vengono effettuate in media al mese dagli utenti di Google C. Concorrenza tra inserzionisti: fornisce un’idea del grado di concorrenza associato alla combinazione selezionata D. Costo per Click Medio Stimato: fornisce un preventivo del costo medio di ogni click effettuato per la relativa combinazione di parole-chiave E. Posizione Annuncio Stimata: indica l’intervallo di posizioni in cui l’annuncio verrà verosimilmente pubblicato quando un utente esegue una ricerca con la combinazione di parole-chiave a essa associata Le metriche su cui si basa il calcolo dei costi e il pagamento delle pubblicità sono: 1. CPM: costo per migliaia di viste Ogni 1000 visualizzazioni c’era un costo. 2. CTR: click through rate Misura il numero di volte che un annuncio viene cliccato in rapporto alla % di viste 3. CPC: cost per click Quantifica i costi sulla base del numero di volte in cui l’annuncio viene cliccato 4. CPA: cost per action Quantifica i costi sulla base di specifiche azioni compiute dagli utenti (si paga solo se qualcuno va sul sito e compra o si iscrive alla newsletter o paga, ecc...) Per ogni campagna di comunicazione di AdWords che viene promossa, Google fornisce in tempo reale il numero di click, il costo per click massimo, il CTR, ecc… 5 Case Study: Snickers Snickers ha creato una campagna a pagamento a partire da 25000 errori di battitura. Insieme a Google AdWords ha individuato gli errori di battitura più frequenti. L’annuncio di testo che ha creato per la sua campagna è stato “you are not you when you are hungry” (per giustificare ironicamente gli errori che spesso si compiono). L’uso creativo è stato particolarmente originale e interessante perché gioca su tutte le tipicità di comunicazione di AdWords cambiandogli però il senso. Non c’è relazione tra la parola chiave e il prodotto snickers ma c’è una coerenza interna tra l’annuncio e l’idea che l’inserzionista ha avuto di comprare gli errori di stampa (es. buisness), infatti il testo dell’annuncio contiene errori di stampa! Per ogni errore di stampa Snickers ha creato un annuncio con l’errore di stampa seguito da un punto di domanda e dal testo che rimanda poi ad un mini sito creato appositamente. Case Study: Kleenex Kleenex usa un modo creativo per localizzare la visualizzazione degli annunci. Ha partecipato a un’asta di parole-chiave sapendo già di perderla, cercando le parole influenza e mal di testa. Vi partecipa per poter vedere in quali aree geografiche venivano cercate influenza e mal di testa, nel mese di ottobre. Hanno comprato quindi le parole-chiave e targettizzato la visualizzazione degli annunci dove in quel momento c’era un’epidemia di influenza. Così facendo chi cercava i due termini implicitamente cercava i rimedi per l’influenza e si trovava l’annuncio dei fazzoletti di carta. 6 Display Advertising È display advertising quello che attraverso gli adwords si fa sui siti partner di Google, ne fa parte anche la parte di annunci pubblicitari che si trovano sulle piattaforme social. Fanno parte del display advertising anche gli sfondi che sono “dietro” la pagina web che stiamo visitando. Il primo banner apparso sul web, su una testata specialistica, è del 1994. Tale testata ha pensato di vendere uno spazio rettangolare (banner) alla compagnia telefonica AT&T. 7 Banner blindness “Gli utenti non guardano mai a qualcosa che assomigli a un annuncio pubblicitario” Nel 2007 Nielsen ha effettuato uno studio con tecniche di eye tracking. È stato scoperto che gli elementi distintivi di un advertising, non appena individuati, portavano gli utenti a spostare lo sguardo. Quando si riconosce qualcosa che assomiglia a un annuncio pubblicitario spostiamo il nostro orizzonte visivo. Per ovviare al problema della banner blindness, si lavora molto sul rendere i banner sempre più targettizzati in base a come l’utente naviga, cosa visita o cosa ha visitato in passato. Un altro aspetto è quello dell’entertainment, cioè la pubblicità display cerca di avere una componente di intrattenimento autonomo che faccia muovere l’attenzione verso quell’annuncio, non in quanto tale ma per quello che offre. Formati della display advertising IAB (Interactive Advertising Bureau) identifica la principale associazione di categoria che rappresenta oltre 600 aziende di comunicazione e pubblicità in USA e Unione Europea. Per rendere più vistosa la display advertising sono stati inseriti i popup, cioè annunci che si aprono contestualmente all’apertura/chiusura della pagina e che sono più piccoli della pagina stessa. Oggi ci sono anche i pop under da cui è nato lo sfondo della pagina che resta sempre attivo (page skin): mentre si carica la pagina, compare come sfondo della stessa una 10 comunicazione pubblicitaria che resta attiva per tutto il tempo di navigazione. Anche le page skin hanno cominciato a rendersi più interessanti possibili in termini di intrattenimento. I rich media sono un insieme di creatività e formati pubblicitari che grazie alle diverse tecnologie che adottano sono in grado di fornire all’utente un’esperienza più ricca. Interstitial è una pagina web dai contenuti pubblicitari che si inserisce nel normale flusso del contenuto fra l’utente e il sito durante la transizione da una pagina web all’altra. Copre, in parte o in tutto, la finestra principale del browser per pochi secondi, anche se spesso bisogna intervenire per interrompere/chiudere. L’interscroller è una pubblicità che cattura l’attenzione e che si può facilmente saltare continuando con lo scrolling. Crea connessione tra la pubblicità e il contenuto della pagina. Caso 1 - Burberry Il video era un’animazione basata su immagini significative delle città-simbolo dei diversi Paesi coinvolti. Idea: costruzione di un video non invasivo, ma che avesse come valore aggiuntivo sia l’impatto emotivo sia che avesse l’elemento di localizzazione sulla base della provenienza degli utenti. Formato: homepage takeover. Device: pensato per pc e per tablet; erano stati scelti 5 mercati di riferimento per cui la pubblicità era stata targettizzata. Obiettivo: aumentare la brand awareness promuovendo la campagna estiva “With Love” a un’audience selezionata, inoltre usare una compagna “rich media”. 11 La campagna ha funzionato perché è localizzata, quindi non è un video freddo, asettico, ma si aggancia a un territorio, a una cultura, a una città-simbolo; contemporaneamente fa un doppio lavoro, un lavoro di promozione e un lavoro di conoscenza della campagna. Quest’idea di localizzazione del video ha prodotto un CTR molto alto (130% più alto della media) e un engagement rate molto alto. L’engagement rate esiste solo per i formati rich media e indica quando un utente può interagire con l’adv senza lasciare la pagina (es. visionare il video). Si misura come % di interazioni in rapporto alle impression dell’adv. Caso 2 - Cathay Pacific Cathay Pacific è una compagnia aerea che lavora soprattutto con i Paesi orientali, in particolare con la Cina. A un certo punto ha la necessità di attrarre attenzioni nelle destinazioni che offre, quindi costruisce un formato rich media per cui una volta incontrati i banner in movimento attrattivi, è possibile cliccare su tali banner ritrovando uno spazio pieno di contenuti. Si arriva a un mini-sito che racconta i lati meno noti della Cina. Idea: usare i formati rich media in modo creativo e fornire una visione alternativa della Cina che contenesse una rappresentazione del Paese più ricca e accurata. Obiettivi: aumento della brand awareness e incoraggiare gli utenti a considerare la compagnia come vettore. Formato: mini-sito creato ad hoc e promosso attraverso due banner. Il mini-sito si attiva con un click o sostando sul banner per 3 secondi. Caso 3 - Pandora Costruito come rich media: cliccando sul banner si aprono altri banner successivi che sono i seguenti 12 Il retargeting è lo strumento per riuscire ad arrivare a quella conversione (acquisto) che la prima volta che le persone sono andate sul sito non hanno fatto. È rivolto a chi già ha mostrato un interesse preciso e specifico. È una forma di pubblicità online, che si rivolge agli utenti sulla base delle loro precedenti azioni su Internet (comportamento – behavioural targeting). In questo caso specifico dei meccanismi di retargeting, si vuole raggiungere un tipo particolare di persone che hanno avuto un certo comportamento. Serve a raggiungere gli utenti che sono arrivati quasi a finalizzare l’acquisto ma poi si sono fermati. Molti utenti che visitano il sito lo abbandonano prima di concludere l’azione che l’azienda sperava facessero, cioè l’acquisto. Questi acquirenti mancati continuano a navigare su Internet e consultano altri tipi di siti. Attraverso il retargeting, su questi altri siti su cui questi specifici utenti navigano, si ritroveranno il banner dello specifico servizio a cui erano interessati (non un banner normale di Pandora, ma proprio quello specifico charm che erano andati a vedere). Non sempre ciò accade, ma l’obiettivo ideale è che l’utente clicchi sul banner e torni sul sito per finalizzare la sua azione. Per ritrovare lo specifico utente e inviare proprio a lui il banner, si usano i cookies. Insieme alla campagna di retargeting, viene inserito sulla parte del sito web che interessa un pixel, un pezzettino di codice. Ogni volta che un visitatore accede al sito, il pixel rilascia al browser dell’utente un cookie anonimo che si aggancia al browser e al dispositivo usato per navigare. In questo modo è possibile seguire l’utente nella sua navigazione online e così i banner personalizzati possono essere inviati anche su altri siti, prima non previsti, sui quali l’utente sta navigando (ovviamente non su tutti i siti visitati, non vengono mandati banner personalizzati a tappeto, ma un tot di volte al giorno). È importante che il pixel sia nelle pagine specifiche così che possa rimandare esattamente alla pagina o all’articolo/servizio visualizzato, non al sito in generale. Quando i cookies sono mandati anche da soggetti terzi, viene specificato nell’avviso che compare, perché si tratta di aziende pubblicitarie che li raccolgono e li vendono a chi vuole costruire campagne pubblicitarie. Se si accettano i cookies di soggetti terzi, non si sa esattamente dove i nostri dati di navigazione vadano a finire, ma allo stesso tempo non si fa nulla per impedirlo né per questo si smette di navigare, perché sarebbe una navigazione 15 molto ristretta. Anche quando si fa un test su Facebook si regala a un soggetto terzo tutti i nostri dati sul social: post pubblici, lista amici, talvolta anche indirizzo email. Sulla base dei dati che essi raccolgono su di noi, se hanno la nostra email inviano tutta una serie di mail pubblicitarie, frutto del mail marketing. Non c’è da parte nostra un’attenzione così minuziosa a evitare di regalare i nostri dati, soprattutto mentre navighiamo sui social, e questo ovviamente non aiuta a diminuire l’uso dei cookies. Gli annunci di retargeting sono molto personalizzati, anche nei tempi. Ad esempio, con un volo aereo o charm di Pandora, serve che i banner arrivino velocemente, infatti i tempi sono quasi sempre molto brevi. Il difetto è la ripetitività, perché dopo un po’ all’utente non c’è più molto altro che si possa raccontare per promuovere un prodotto e quindi i banner diventano sempre uguali e ripetitivi. Caso 4.1 - 3M L’azienda di post-it 3M ha cercato di ovviare al problema della ripetitività degli annunci sostituendo ai tradizionali banner di retargeting l’applicazione che visualizza due o tre post-it, in cui ciascun utente può scrivere ciò che si deve ricordare accedendo all’applicazione stessa. Facendo così autorizza a rimandare il banner agli altri siti su cui l’utente naviga, con i suoi post-it personalizzati. È un uso creativo e originale di questo percorso di retargeting. Let’s sum up! Un cliente prospect potrebbe essere interessato all’acquisto. Va su un sito e viene agganciato dai pixel e dai cookie, non conclude l’acquisto e se ne va. Viene raggiunto dagli annunci e dai banner su altri siti, con la speranza che torni sul sito di partenza. Oltre alla ripetitività, un altro limite dei banner tradizionali è che si agganciano al dispositivo specifico con il quale si è visualizzato un determinato sito, non si possono spostare i banner dal dispositivo fisso al mobile per esempio. Se ho usato il pc, mi troverò i banner di retargeting solo sul pc, non anche sul telefono. L’obiettivo è che il retargeting diventi cross-device: cookies non più legati ad un unico dispositivo, ma cercare di raggiungere l’utente nei loro diversi “micro momenti” sui vari device che utilizza, tramite l’account (Google). Cross device retargeting è stato presentato da Google l’anno scorso: i cookies si possono 16 agganciare non al dispositivo e al browser, ma all’account di Google. Il pixel riconosce l’account Google da cui si sta navigando, così che il cookie resti agganciato all’account su qualunque device. Ovviamente bisogna sempre accedere con l’account Google, altrimenti non si viene riconosciuti. In questo modo il retargeting riesce ad essere trasversale alle varie piattaforme. Lo sviluppo più recente è la possibilità di fare il retargeting anche attraverso Facebook dove il meccanismo è un po’ più complesso. Il banner si aggancia all’account Google, che è lo stesso che si usa per accedere a Facebook e per questo raggiunge l’utente anche lì. Facebook però non vuole essere dipendente da Google, quindi decide di agire diversamente. Fino all’inizio di quest’anno, tutte queste campagne di retargeting non arrivavano su Fb, perchè questo social non aveva dato il permesso di installare cookies sugli account degli utenti a partire da campagne fatte su di esso. Ciò invece da inizio 2017 si può fare. Un banner efficace Non c’è una regola per realizzare un banner efficace, dipende da molti fattori come il tipo di prodotto e di campagna. Ci sono però alcune linee guida che è utile seguire: ● Rilevanza contestuale: funzionano i banner che c’entrano con i siti su cui li si va a pianificare. Funzionano se c’è connessione tra modalità di costruzione del banner e posto (scelto dall’inserzionista) in cui esso andrà ● Esibizione dell’expertise del brand: molti banner cercano di essere vivaci e dinamici, ma quello che si chiede è che dica qualcosa, che abbia un minimo di contenuto informativo. È importante che abbia un contenuto che muova l’utente all’azione. Ciò che funziona in una pubblicità sulla carta stampata, spesso non ha lo stesso effetto sul web ● Capitalizzare l’affidabilità del sito, perché è quello il luogo dove il brand parla alle persone. Bisogna invogliare gli utenti a cliccare sul banner, così che poi sbarchino sul sito e possano essere loro fornite informazioni affidabili 17 del National Geographic). Questo mix di dati offre la descrizione della total digital audience, dati di navigazione e di profili socio demografici degli utenti che hanno navigato sui vari device, indicano orari e caratteristiche specifiche dei vari utenti (posizione, età ecc). Le metriche di valutazione sono gli utenti unici, reach, pagine viste e tempo speso online. Gli utenti unici sono i singoli utenti che in quel giorno/mese di riferimento hanno navigato in almeno una pagina web di un determinato sito. Possono anche essere persone che usano pochissimo la rete. La popolazione è la percentuale di utenti unici che sulla rete in quel determinato periodo ha visto almeno una pagina, in relazione alla popolazione italiana. Il report include tutti gli editori che hanno dei contenuti online, il brand (es. Virgin Radio o Radio 105 che rientrano tutte nel gruppo Finenco). Di questi non dicono più gli utenti unici, ma i browser unici, ad esempio il determinato pc, mentre l’utente unico fa parte del panel che tramite il software mi dice che è lui in particolare, quindi si riesce anche a mettere insieme i dati socio demografici. I dati di browser unici sono misure quantitative, dicono quanti browser si sono connessi ad una determinata pagina. Conta anche se ci sono pochi browser ma tante visite browser tornano sul sito spesso e quindi si capisce che si è affezionati. Viene detto anche il tempo medio. Audiweb racconta anche quanti sono gli utenti che ogni trimestre accedono a Internet, da dove accedono ecc. Si tratta di dati di scenario. Per reach si intende il numero di individui/account unici che hanno avuto la possibilità di vedere un certo oggetto, quanti browser hanno avuto la possibilità di vedere il banner. Non conta se sono tornati più volte, come non conta se per caso dietro quel browser c’è la stessa persona. Active reach identifica il numero delle persone che, dopo aver visualizzato il banner, vi hanno interagito cliccandoci sopra e quindi proseguendo nell’integrazione con l’annuncio. 20 Social Media Advertising Facebook Nel 2007, per la prima volta, si ha all’interno di Facebook la possibilità di aprire delle pagine fan. Il loro meccanismo si differenzia da quello dei profili: un soggetto apre una pagina, condivide dei contenuti e chi è interessato può comunicarlo con un “mi piace”, diventando fan, senza che ci sia alcuna accettazione da parte della pagina stessa. Le pagine fan vengono sfruttate dalle aziende per comunicare. Esse aprono quello che assomiglia a un canale in cui si propongono e si offrono come distributori di contenuti legati al proprio brand/azienda. Aziende, associazioni, compagnie si ritrovano a ricoprire il ruolo di media company. Questi soggetti escono dalla logica della comunicazione pubblicitaria classica (costruzione campagna di promozione) e passano a riempire la pagina di contenuti che non sono solo legati ai propri prodotti. Gli strumenti che le aziende hanno per promuovere se stesse e i propri contenuti sono: 21 1. Annunci: annunci di advertisement con le caratteristiche tipiche delle Adv; sono quelli che si trovano nella colonna destra della home di Facebook (guardando da pc). Con l’annuncio ci si rivolge a tutti gli utenti di Facebook, tra questi si possono scegliere dei target. Servono per la promozione di prodotti, di siti, di pagine da cui si vuole che gli utenti arrivino ai prodotti/sito. Nella promozione delle pagine o dei siti la differenza sta nel dove si fa “atterrare” gli utenti (landing page). 2. Sponsored stories: si trovano nel flusso della bacheca; molto spesso, l’oggetto della sponsorizzazione non è direttamente il prodotto, ma la pagina. Arrivano, nella maggior parte dei casi, ai fan, agli amici dei fan di una pagina perché l’azienda ha investito denaro sulla sponsorizzazione. L’obiettivo è accrescere la “fan base”. Se qualcuno della mia rete ha messo il like sulla loro pagina, a me compare quella sponsored story. Le aziende sfruttano le nostre reti sociali più che il profilo. Le sponsored stories che vediamo sono influenzate dall’algoritmo di Facebook per cui vengono rese visibili sponsored stories dei contatti con cui interagisco più spesso. Il primo obiettivo delle sponsored stories è la promozione dei like e anche il “check in” cioè eventuali commenti e coinvolgimento (engagement). 3. Promoted posts: si tratta dei post consigliati; l’oggetto della promozione non è il prodotto, né la pagina, ma un particolare post della pagina Facebook dell’azienda/società/istituzione. Si tratta di un meccanismo che promuove un post tra le persone a cui piace quella pagina (fan della pagina). Non tutti i miei post sono visibili alle persone che hanno messo “mi piace” alla mia pagina. Il budget che si può investire serve a riportare all’attenzione delle persone, che hanno messo mi piace ma si sono poi allontanate, che noi ci siamo. Il promoted post apre anche la possibilità di rivolgersi a target più ampi. L’obiettivo primario è aumentare la visibilità della pagina. È possibile sapere perché si visualizzano le sponsored stories e i promoted posts. Annunci su Facebook: formati Anche gli annunci su Facebook hanno dei formati ben precisi: ➢ Statico: nome azienda, testo, immagine, informazioni sulla pagina 22 Domanda latente e consapevole La domanda latente è l’interesse verso un prodotto, ma che non si è ancora messo a fuoco. La domanda consapevole è l’insorgere di un bisogno verso un prodotto/servizio e si divide in ● specifica: quando si cerca direttamente il prodotto o il tipo di prodotto offerto ● generica: l’utente cerca genericamente dei prodotti Il search advertising intercetta una domanda specifica e quindi possiamo essere trovati da esso. Se non si ha una domanda consapevole, non possiamo essere trovati dal search advertising. Facebook advertising è in grado invece di profilare per interessi e di intercettare la domanda latente. Il ConnectionFunnel è uno strumento che permette di individuare quali strategie appropriate di web marketing (e non solo) utilizzare durante tutto il ciclo di vita del cliente, dal momento in cui esprime un bisogno generico o interesse verso un argomento, e quindi diventa un potenziale cliente, via via fino a quando questo bisogno diventa espresso e si instaura una relazione che porta prima all’azione (es. l’azione di acquisto) e poi alla fidelizzazione. 1. Intercettazione domanda latente (Facebook Ads, banner) 2. Intercettazione domanda consapevole generica (Google Ads) 3. Connessione - con potenziali clienti - (Facebook Ads - pagina) 4. Gestione delle connessioni (Facebook Ads - pagina) 5. Intercettazione domanda consapevole specifica (Google Ads) 25 6. Conversione (Sito) 7. Fidelizzazione La differenza tra il banner e Facebook Ads è il modo in cui si profilano gli utenti. Il banner arriva a un certo target che potrebbe essere interessato a un prodotto/servizio, Facebook Ads invece arriva a un target che è interessato al prodotto/servizio. Domanda consapevole Interessi vicini al prodotto Parole chiave Correlazione con descrittori delle pagine o parole scritte nei post Profilazione per luogo e dati anagrafici Profilazione per luogo, dati anagrafici e sociale Buona reportistica Scarsa reportistica Behavioural Targeting Si tratta del tipo di profilazione a cui è destinata la comunicazione. Tiene conto anche dei comportamenti. Anche su Facebook gli annunci sono comunque parte di un sistema d’asta. Google e Facebook non hanno il filtro in ingresso perché Google costruisce un sistema di advertising aperto a tutti. L’assenza di filtro all’ingresso prevede però una successiva selezione. Facebook per selezionare la qualità degli annunci sulle sue pagine costruisce un sistema ad asta. Vengono valutati differenti criteri: ➢ economico (offerta massima) ➢ performatività dell’annuncio (CTR: click in rapporto alle visualizzazioni) La profilazione è parte della qualità dell’annuncio, perché quanto più è efficace la profilazione tanto più il CTR è alto. 26 La profilazione può essere per: ● residenza (dichiarata/definita sulla base dell’indirizzo IP) ● dati demografici (età, genere, titolo di studio) ● avvenimenti importanti (compleanni) ● interessi e categorie (individuati attraverso le parole chiave utilizzate su Google, le pagine a cui le persone hanno messo il “mi piace”, attraverso i descrittori, dalle categorie delle pagine a cui si è messo il like) ● comportamenti ○ attività digitali (foto, consumi online, amministratori di pagine, early o late adopter selezionato rispetto al tipo di device/sistema operativo utilizzato) ○ utenti di dispositivo mobile (smartphone, tablet o per marca o modello) ○ viaggi (check-in online, statu e aggiornamenti, app di organizzazione di viaggi) ● connessioni (fan di una pagina, ad es. pagina di Pechino) ● forma del file di dati ● pubblico simile a quello del sito (sulla base di interessi simili o dati demografici simili a partire da una base dati) Facebook mette a disposizione di ogni persona che ha aperto una pagina degli strumenti per avere un’analisi del target che non necessariamente corrisponde a quello tipico di Facebook ma dà un’indicazione di chi sono le persone che già seguono quella pagina. In termini di ottimizzazione della qualità della profilazione, man mano che si seleziona il target a cui ci si vuole rivolgere, Facebook indica quanto stiamo lavorando su un target ampio o specifico. 27 I repost delle foto dei clienti sono presenti solo nella pagina centrale e nella pagina del posto in cui vivono le persone che hanno ripostato le immagini. Nel mese di marzo sono 5 da Polignano. Sulle pagine locali spesso gli orari cambiano, quindi dalla pagina centrale vengono ricondivisi i contenuti su altre pagine, con uno slittamento avanti nell’orario. Caso Fanpage Testata giornalistica nativa digitale, registrata al tribunale, con un direttore responsabile. Fondata nel 2010, ha un editore che è Ciaopeople, una società che opera nella comunicazione digitale, un editore nativo digitale, una grande agenzia di comunicazione. È particolare in quanto non ha una versione cartacea e perchè è stata fondata da un’agenzia di comunicazione (elemento originale della nascita di questa testata). È stata costruita per essere sia digitale sia social, per avere come uno dei suoi canali privilegiati i social network. Fanpage ha un sito web come piattaforma su cui vengono pubblicati gli articoli. Il modo in cui arriva ai suoi lettori non è il sito web, ma una pagina Facebook centrale e 18 pagine Facebook tematiche (Milano, Roma, cucina, motori, viaggi, tecnologia…) pensate come il canale attraverso cui le informazioni sarebbero arrivate ai lettori. Ha inoltre una piattaforma per video in HD chiamata Youmedia e Twitter. La gestione spetta a 100 collaboratori e a 20 social media manager (gestiscono la pubblicazione delle notizie su Facebook, le relazioni con la community rispondendo ai commenti e raccolgono le segnalazioni di notizie che arrivano dai lettori attraverso Facebook). La struttura è quindi diversa da quella delle altre testate. Solo nella pagina di Facebook sono raccolte più di 6 milioni di persone. I lettori del sito web arrivano per la quasi totalità dai social, gli altri da Google News. In realtà, tutto questo meccanismo fa sì che le notizie fornite da Fanpage siano sensibili agli utenti, in primo luogo perché sono anche basate sulle segnalazioni dei fan, ma in secondo luogo perché sono promosse e distribuite tenendo conto di logiche simili a quelle dell’advertising, cioè la notizia è costruita tenendo conto dei gusti del suo target. Gli argomenti che vengono privilegiati da Fanpage tengono conto di gusti e interessi che i lettori esprimono attraverso le ricerche, per esempio su Google. Fanpage per esempio usa le possibilità di targetizzazione offerte da Facebook: la notizia viene trattata come un post 30 sponsorizzato, viene fatta arrivata ai fan e la si fa andare verso coloro che hanno interessi vicini a quelli trattati nella notizia. La sua strategia consiste nella combinazione della copertura organica e a pagamento dei post e l’acquisizione dei fan. Fanpage adotta anche la strategia aggressiva del click baiting. Nel 2014 Fanpage introduce il native advertising, cioè articoli sponsorizzati dai brand. Le prime testate internazionali a sperimentarlo sono state The Guardian e The New York Times. In una partnership tra Fanpage ed MSC Crociere, nella parte tematica relativa ai viaggi, sono stati prodotti articoli su alcune tipologie di viaggio, come ad esempio viaggi per vedere i delfini nel Mediterraneo. Fanpage decide di scrivere articoli di questo tipo perché tra le tante mete di viaggio è interessante raccontare anche quelli che abbiano scopi più naturalistici e poi perché nella partnership MSC stava lanciando questo particolare tipo di crociera che non era finalizzata esclusivamente alla visita urbana. Gli articoli sono integrati in un’architettura del sito che è completamente dedicata a un unico soggetto ed è esplicito e di conseguenza trasparente. La distribuzione avviene in modo puntuale e targettizzato, sfruttando il bacino di Fanpage. Successivamente, in occasione del lancio della Ford EcoSport, c’è stata la partnership Ford-Tech Fanpage. 31 Native Advertising Fa riferimento ad annunci a pagamento coerenti con il contenuto della pagina, con il design e il comportamento della piattaforma in cui sono ospitati, in modo che l’utente li percepisca semplicemente come parte di essa. Le quattro caratteristiche che guidano la costruzione di questi contenuti native sono: ➢ Value → il native advertising è pensato come uno strumento che fornisce del valore all’utente ➢ Trasparenza → deve essere chiaro che quella determinata parte è una parte di pubblicità ➢ Rilevanza → quello che si racconta attraverso gli annunci deve essere rilevante rispetto all’articolo presentato ➢ Integrazione→ il native advertising deve essere presentato in un modo che assomigli alle caratteristiche della pagina, non deve essere intrusivo Gli obiettivi sono: ● superare la “banner blindness” ● creare una relazione di engagement con gli utenti ● instaurare relazioni e conversazioni continue con gli utenti a differenza delle campagne tradizionali di interruzione Le campagne possono essere promosse sia dalle aziende che dai fornitori di servizi. I tipi di native advertising 1. Contenuto brandizzato che parla del brand 2. Contenuto brandizzato che parla di temi legati al brand: permette ai brand di presidiare temi legati al suo business e al tempo stesso dare al lettore un contenuto rilevante 32 ● Data management platform→ piattaforma tecnologica che consente agli advertis, alle agenzie e ai publisher di controllare, gestire, integrare dati proprietari (1st data) con dati non proprietari (2nd e 3rd data), permettendo decisioni di media buying e campaign planning attraverso targeting comportamentale e modelli di comportamento predittivo. ○ Acquisizione dati anche offline ○ Selezione e segmentazione dei dati ○ Utilizzo dei dati per descrivere i singoli utenti Il RTB consente di intercettare e mostrare in tempo reale annunci pubblicitari a un target mirato, selezionato in base a esigenze, comportamenti e abitudini che mostra in rete. I dati - 1st party data: raccolti dai proprietari di siti web sui comportamenti dei visitatori; può includere dati CRM, social e lead - 2nd party data: sono dati 1st party acquistati direttamente da un venditore/editore/proprietario di sito web - 3rd party data: dati aggregati da altre piattaforme e siti web (ad esempio attraverso cookies e pixel) Sistemi di targetizzazione cross platform ● Cookie based targeting è il sistema più diffuso e meno accurato. I cookie utilizzati son spesso di terze parti e hanno dei rischi. ● Person based targeting è il sistema che consente una più accurata misurazione dell’esposizione al messaggio 35 pubblicitario. Utilizza i dati socio-demografici che gli user lasciano quando si registrano a un servizio web e ricavati dai dati statistici collezionati da fonti pubbliche. Il dato così ricavato è usato per effettuare pianificazioni di più formati pubblicitari su diverse piattaforme. ● Inference based targeting è un sistema di pianificazione che consente di effettuare analisi statistiche predittive sul comportamento di fruizione degli utenti utilizzando più fonti di dati. Si applica anche a: ○ similar audience: utenti simili per caratteristiche ai propri utenti ○ affinity target: campagne pubblicitarie basate su dati di terzi Gli utenti Segment value: il valore di una specifica audience raggruppata. Un approccio deduttivo basato su stime e sul contesto. Individual value: il valore di un singolo utente in uno specifico spazio-tempo. Un approccio induttivo basato sui comportamenti. Criticità ● Problema dei prezzi: il sistema ad asta abbassa i prezzi ● Problema di disintermediazione: dalla vendita diretta a un meccanismo automatizzato e meno personalizzabile ● Problema di perdita della forza del brand degli editori: in funzione delle nuove logiche di pianificazione a target Criticità Trasparente per il publisher Non trasparente per il publisher AdExchange DSP, Trading Desk, Agenzie, Advertiser ● Scarsa trasparenza per i compratori di spazi sulla destinazione degli annunci ● Impossibilità di scegliere o definire alcune destinazioni per campagne con target di nicchia 36 ● Necessità di integrare dati nella definizione del target Programmatic Buying ● All’interno degli AdExchange si aprono spazi di negoziazione privata ○ Si definiscono “bacini” di publisher e advertiser garantiti ○ Si definiscono forme di negoziazione del prezzo non ad asta ○ Si realizza un maggiore controllo sui due fronti: publisher e advertiser ○ Si integrano in modo più significativo i 1st data (quelli che vengono direttamente dalle aziende o dagli stessi publisher che li mettono a disposizione) Due mercati negli RTB Negli RTB si hanno due mercati: 1. Open market a. Grandi bacini di imprese b. Mercato ad asta c. Floor price dinamici d. Domina l’acquisto “a performance” 2. Private marketplace a. Bacini selezionati b. Garanzia di esposizione c. Rete card concordati d. Domina l’acquisto a target e a CPV, CPM Nuove prospettive di gestione del contenuto Accanto alle dimensioni tecniche dell’adv digitale, la gestione del contenuto su diverse piattaforme è diventata cruciale. Aziende, associazioni e istituzioni (ma anche agenzie, centri media e studi di PR) stanno diventando produttori di contenuti distribuiti direttamente ai propri utenti/clienti attraverso i canali digitali. Se vogliono restare attivi nell’ambito della comunicazione digitale devono interagire direttamente con i loro fruitori, con chi, dunque, compra i loro 37 (Momondo). È rilevante perché intercetta l’interesse delle persone, è di valore (la qualità è molto buona) e non è push (anzi, è pull). L’utente non è costretto a vederlo. Accanto alle strategie di content ne esistono altre ancor più strutturate, che vanno sotto il nome di Branded Content. Sono casi in cui l’azienda si fa anche editore di un contenuto editoriale particolare (es. magazine online editi da aziende). Es 1. Fine Dining Lovers è un magazine in formato blog, così definito dall’azienda/editore: “Il magazine di S.Pellegrino & Acqua Panna dedicato al fine dining che esplora la cultura del gusto e il piacere della convivialità. Che siate esperti gourmand o foodie curiosi, siete arrivati nel posto giusto!” Contiene: ● News, interviste agli chef, video, foto e ricette ● Ci sono tre riquadri di “native advertising”. Il resto non è pubblicitario. Fornisce contenuti che possono liberamente interessare i fruitori (non legati ai prodotti San Pellegrino). Il contenuto è utile, non autoreferenziale, specifico (ogni brand deve individuare un territorio di marca che non sia di nicchia ma neanche troppo generico), privo di linguaggio specialistico e continuo (deve pensare strategicamente a fornire contenuti regolarmente). Es 2: Red Bull Media House. Definita “multifactor online media company”. Il magazine è multimediale. Ha poche informazioni sull’azienda (se non come sponsorizzazioni), nessuna informazione sul prodotto, e forniscono contenuti “giornalistici” che sono puramente pull (in questo caso legati a sport o attività “estreme”). Es 3: American Express ha costruito un proprio magazine. Qui, il ragionamento cambia: American Express non può fornire contenuti che riguardino cucina o intrattenimento. Il contenuto “chiave” è il lavoro. Il magazine dà una serie di consigli per il lavoro e contemporaneamente una serie di linee guida inserendo temi che possano essere legate alle carte di credito (es. come ampliare il tuo business?). 40 Il branded entertainment consiste in aziende che si fanno promotrici e sponsor, che stabiliscono un legame molto stretto con alcuni prodotti audiovisivi. Un esempio è la collaborazione tra Ferrero col prodotto Kinder Cereali e il canale televisivo La5: il risultato è stato il format “Mamme allo specchio”, andato in onda a fine 2016. Ferrero ha costruito un background utile alla realizzazione del programma, ovvero una ricerca affidata a Ipsos, un noto istituto di ricerca, su un campione di mamme, con oggetto l’individuazione dei loro desideri, espressi e inespressi, sulla vita quotidiana familiare. L’indagine di Ferrero non è stata sui suoi clienti, ma ha contribuito alla ricerca di questi dati, a partire dai quali si è costruito il programma individuando 4 mamme che hanno accettato di partecipare a questo docu-reality in cui raccontano i loro desideri relativi alla vita familiare e le loro esperienze di vita quotidiana. Esse rappresentano alcune tipologie di mamme che sono emerse dalla ricerca. Le mamme vengono seguite nella loro vita quotidiana e poi rivedono degli estratti e si confrontano. Il prodotto Kinder non si vede per ora, può essere presente nel product placement, nella ripresa della vita quotidiana delle mamme in qualche modo il prodotto Kinder compariva, e ovviamente nelle pubblicità mandate in onda durante il programma era presente lo spot dei prodotti. Il prodotto è legato a questo programma anche perché si richiamano altri pezzi di questa campagna fatta da Kinder Cereali, che si sviluppa su tre anni. Altre due campagne hanno preceduto questa, una sulle promesse dei bambini alle loro mamme, e un’altra in cui si raccoglievano sui social degli esempi in cui per 20 giorni un membro della famiglia aveva mantenuto la promessa di fare qualcosa richiesto dalle mamme. Tutta la campagna è ospitata in un mini sito costruito ad hoc per Kinder Cereali. Questa campagna di tre anni parte già nel 2014, nasce come la creazione di una serie di video che abbiano la capacità di diventare virali, ma anche come primo step che condurrà alla ricerca di due anni dopo. Il 2015 fa da ponte con la possibilità di raccontare il passo 41 dopo la promessa, ovvero il fatto di averla mantenuta, e nel 2016 arriviamo poi alla ricerca e ai suoi risultati. Ferrero sta seguendo questa strada anche per altri prodotti, come Kinder Bueno, anche se in modo meno strutturato. L’idea è stata quella di costruire una partnership con i The Jackal (https://www.youtube.com/watch?v=FliRwzDhLgw), che hanno prodotto in quanto coppia comica una serie di video in modalità ironica. Il taglio e il tipo di comunicazione è comico perché i due personaggi comici si associano al prodotto e fanno da filo conduttore. Queste strategie di content cominciano a essere diffuse direttamente attraverso il canale YouTube che ha fatto nascere altri soggetti che lavorano e vivono costruendo strategie di contenuto, che sono gli Youtuber professionisti. Anche se non si è un’azienda, si può essere un soggetto che produce reddito, anche se non è facile. Il modello economico su cui si reggono gli youtuber professionisti è la commercializzazione dei contenuti. Si possono seguire due strade: ● la più classica, ovvero quella dell’advertising: una volta che un canale supera un certo numero di iscritti o visualizzazioni, esso può diventare partner di YouTube ed essere inserito all’interno dei canali attraverso cui viene distribuito l’advertising. Dietro agli youtuber c’è un’idea di contenuto e di modalità di realizzazione dei video; ● la seconda è quella più usata in Italia, c’è un indotto di product placement molto forte, es. fashion blogger che pubblicizzano i prodotti. YouTube ha cercato di fare un passo in più, non ancora però disponibile e consolidato in Italia, che è YouTube Red: possibilità di iscrizione a pagamento ai canali o acquisto a pagamento di alcuni contenuti. YouTube si propone come un broadcaster di prodotti professionali, che però non vanno in onda su altri canali, e propone l’iscrizione a pagamento a canali o l’acquisizione a pagamento di un singolo contenuto. 42