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WEB E SOCIAL MEDIA I MODULO, Appunti di Comunicazione Audiovisiva

Appunti di Web e Social Media, del primo modulo con la prof. Vittadini

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 27/10/2018

silvia_alberti1
silvia_alberti1 🇮🇹

4.4

(64)

28 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica WEB E SOCIAL MEDIA I MODULO e più Appunti in PDF di Comunicazione Audiovisiva solo su Docsity! 1 WEB E SOCIAL MEDIA LEZIONE 17/10/2017 Prof. Vittadini Nicoletta. Modulo 8cfu Il primo appello di ogni sessione si può fare scritto, altrimenti orale. Si può fare il parziale. Iniziamo il discorso prendendo ad esempio un operatore che opera la scena a livello mondiale ovvero Facebook. Vi sono però al mondo delle zone franche che, per vari motivi, non sono state colonizzate dal social network tra cui uno delle più importanti è la Cina. Principalmente i motivi per i quali in Cina non c'è Facebook è che anzitutto è censurato ma, in secondo luogo, non rispecchia la tradizione e il modo di concepire l'interfacciarsi l'un l'altro degli orientali. La zona Cinese viene definita Q-ZONE, che è dominata quindi da un portale chiamato QQ che è in realtà una sorta di chat, e la SINA WEIBO, più simile a FB. Tutta l'area della Russia, in cui troveremo V-KONTAKTE e i paesi dell'ex blocco Sovietico, non è stata colonizzata pienamente dal social. Un'altra area è poi il Giappone, in cui Twitter fa da padrone dato il suo scambio di interfaccia molto più sociale e meno basato sull'io rispetto ad altri social network. Vi sono poi paesi in cui l'uso di internet in generale è impossibilitato come Africa o Iran in cui gioca molto a sfavore l'ostilità politico-istituzionale. A parte queste aree il fenomeno di Facebook è senza dubbio una rivoluzione mondiale che negli ultimi anni ha travolto 1.2 miliardi di persone, una cifra da capogiro, ma l'analisi più interessante è capire come funzionano questi social network, perché vengono definiti tali, qual'è la logica che sta dietro all'utilizzo di essi, se abbiano apportato o meno benefici, in che modo influenzano la vita quotidiana, in che modo le generazione future ne prenderanno parte e tramite che processi e meccanismi fanno parte. Partendo dal principio bisogna dire che, in un mare magnum quale internet, si tratta di un'ecosistema complesso ma ben definito dettato da leggi, regole e codici. Stratificando il web possiamo suddividerlo in 4 aree ovvero: 1) MEDIA BROADCAST 2)WEB 1.0 3)WEB 2.0 4)WEB 3.0 Questo sistema stratificato vede il conglomerarsi di ogni strato, vi sono degli strati più vecchi che inevitabilmente si fondono con quelli più nuovi dove i social media prendono parte. Oggi convivono nei media digitali quattro strati; dal principio abbiamo i giornali, le televisioni, la radio, le news in genere, che consideriamo emittenti broadcast. Ci spostiamo al web 1.0 che ha avuto il suo massimo splendore dal 1994 al 2004 ( per alcuni 2006), e in teoria è quella sfera che dovrebbe racchiudere tutto ciò che concerne il web in generale. Nel 1993 ci viene consentito di parlare di WEB (in teoria già dall' 89), ma internet, come sappiamo, esiste già dal 1960 ed è un'infrastruttura utile allo scambio di informazioni riservate e segrete; il suo utilizzo è quindi prettamente legato agli enti governativi, alle agenzie di intelligence, ai centri di ricerca ai ministeri alle ambasciate e in genere agli organi governativi (o privati) i quali necessitavano un fitto interscambio di informazioni in tempo breve. Nel giro di pochi anni il suo uso diventa anche di tipo militare e, a livello scientifico, si infittisce. Queste grandi e costose infrastrutture si convincono in definitiva che l'utilizzo di internet sia un metodo assai efficace. Dal '93, Tim Berners Lee, l'inventore della chiave WWW, in quel periodo lavorava al Cern di Ginevra e analizza che lo scambio di dati tra il centro e gli altri centri sparsi sul territorio è 2 complicatissimo, un metodo obsoleto, fitto di codici e logaritmi che potrebbe essere equiparato alla creazione di un sistema operativo ogni qual volta lo scambio di materiale era necessario. La sua idea è quella di creare una chiave unica, a livello mondiale, indistintamente dal campo di ricerca, che racchiuda qualsiasi informazione, dato sito o altro che sia, sotto un'unica "cappella" ovvero il World Wide Web. L'invenzione suscita scalpore e si rivela essere una delle più brillanti e lungimiranti della storia della tecnologia, permettendo di decimare le tempistiche di scambi. Fino a quell'anno le pagine web non esistono, esistono delle lunghe linee di file che ci permettono di arrivare al nostro obbiettivo finale in tempi molto lunghi. T.B.Lee inventa quindi la pagina web e il sito. Tra l'89 e il '93, nascono altre due cose fondamentali ovvero: 1) IL BROWSER: (Safari, Firefox, Chrome, Explorer), che sono software che si pongono come interfaccia tra l'utente e l'uso della rete. Fino al '93 i browser esistono ma ci portano ad un sito ed essi avevano lunghi elenchi di siti attraverso i quali selezionando una delle voci aprivo una categoria (come andare in un supermercato di sola carne in cui trovo molteplici scelte a mia disposizione ma pur sempre solo e unicamente di carne). Da quando sono nati i browser, il pensiero iniziale era quello di creare delle "pagine gialle" della rete, con l'elenco alfabetico dei siti. Ovviamente essendo contemporaneo alla diffusione del telefono, l'idea era quella di copiare il sistema operativo del suddetto, l'obbiettivo quindi fallirà in breve periodo. Abbandonando il sistema telefonico, nascono i motori di ricerca, dei software quindi che con una, massimo due parole chiave (unite da congiunzione) ci rimandano a milioni di siti web differenti. Dopo la creazione di WWW, browser e dei motori di ricerca, per la prima volta compare il suffisso ".com"; non appartengono alle istituzioni formative ma hanno l'obbiettivo "commercial" creato da privati (associazioni, aziende etc) e non più di enti pubblici. Questo può essere definito per la prima volta, mondo mediatico. 2) IL WEB 2.0: Vede il suo splendore dal 2004 (o 2006 per alcuni, poiché il 2004 è una data convenzionale dettata dal fatto che è stato creato Facebook in quell'anno ma in realtà fino al 2006 si trattava di un portale di interfaccia utilizzato ed indirizzato esclusivamente agli studenti di Harvard, dal 2006 poi inizierà ad uscire dall'università e vedrà il suo boom) al 2010. Ma di cosa si tratta il web 2.0? Di tutta la parte social del web, è il mondo delle piattaforme che interconnettono le persone, è lo sviluppo più significativo del web, può essere chiamato quindi "Social World". Dal 2010 si sviluppa invece il WEB 3.0, con tante caratteristiche e definizioni che gravitano attorno ad una definizione fondamentale: LA MOBILITÀ; si tratta infatti di un interfaccia con il territorio, costruisce attraverso la centralità dei dispositivi una relazione tra spazio e web. Fornisce quindi differenti contenuti rispetto al web che sia 1.0 o 2.0 poiché non è più soltanto un mondo mediatico e sociale ma un realtà aumentata (la augmented reality). Quali sono però oggi gli aspetti fondamentali del WEB 1.0 determinanti nel configurare internet? WEB 1.0 è tutta la rete dei siti web e la sua modalità di connessione è uno a molti. Ne consegue perciò che: A) I motori di ricerca diventano i nuovi gatekeeper (soggetti che selezionano i contenuti a cui abbiamo accesso, in genere un esempio di gk sono le testate giornalistiche). B) Polverizzano i contenuti dei grandi content provider (prodotti culturali che viaggiano da soli). C) Avviano il processo di personalizzazione. Accanto al sito web, il grande protagonista è poi senza dubbio il MOTORE DI RICERCA , il quale si porta dietro una serie di conseguenze rispetto all'evoluzione. Nella comunicazione in rete i motori di ricerca oggi detengono e decidono quali sono i prossimi siti che un utente andrà a visitare. 5 Esempio: Pan di stelle→ hanno un sito con contenuti vari riguardo al prodotto come i premi, contenuti di approfondimento sul cacao, come contenuti informativi che si possono commentare in cui si può passare del tempo) → In un’ottica 2.0 questi contenuti rischiano di essere statici e lontani dalle attività di conversazione, serve invece che porzioni di questi contenuti siano all’interno del sito, in modo che possano essere utilizzate dagli utenti per diventare parte di quei contenuti. → Questi contenuti possono essere utilizzati per scopi ludici, come attività di formazione dei bambini. → Questo esempio serve per capre che si passa da un’idea di contenuto in rete messo lì così a un’altra idea in cui i contenuti vengono anche condivisi da più persone → Si passa da un’ottica di CONTENT MANAGEMENT a un’ottica di CONTENT CURATION → l’Azienda può decidere il “tone of voice”! Del proprio sito e quali contenuti possono esserci, quindi si ha il controllo della propria comunicazione sul web. → Il sito che abbiamo visto è un sito che l’azienda controlla nei contenuti degli utenti, quindi in un’ottica 2,0 chi produce un sito web e ha iL controllo. → Parte di questi contenuti vengono usati dagli utenti nelle loro conversazioni. → Se i contenuti entrano nel flusso di conversazione l’azienda non ha più il controllo, ma l’atteggiamento comune da parte delle aziende che hanno un CONTENT MANAGEMENT FERREO tendono ad impedire che vengano utilizzati i loro prodotti in alcuni contenuti. → La tentazione delle aziende di solito è sempre quella di cancellare. La logica è quella di solito della “CONTENT CURATION”, cioè seguire i contenuti e curarsene, senza pretendere di controllarli e provare ad intervenire con dei correttivi. È inutile rimuovere le immagini della Nutella in cui si discute dell’olio di palma, ma si può invece controbattere spiegare le ragioni a favore dell’olio di palma. Questo è un passaggio che è avvenuto dal web 1.0 al web 2.0 → È necessario che la logica passi dall’aver cura dei contenuti e a mettersi in gioco all’interno delle conversazioni. WEB 3.0 → È ancora qualcosa di non ben definito come il web 2.0. È un concetto ancora un po’ confuso. Prima linea evolutiva: WEB SEMANTICO → Evoluzione ultima dei motori di ricerca → a partire da un certo punto in poi i motori di ricerca sono stati in grado di riconoscere in modo efficace delle domande. (Esempio: Dove posso andare in vacanza in Gran Bretagna?) → pian piano si sono migliorate le capacità di cercare le occorrenze combinate combinate ad ogni SINGOLO termine). → L’organizzazione dei contenuti su cui google fa la ricerca, tutto viene inserito su un database che permette al motore di ricerca di lavorare in modo più approfondito e accurato. → Dietro ogni sito c’è un linguaggio simile all’HTML on realtà sono una serie di indicatori che dicono al computer come deve poi visualizzarlo → c’è una parte all’inizio in cui viene descritto il contenuto del sito. → Si recuperano quelle parti che hanno un certo simbolo che si chiama “title” → Man mano che il lavoro dei siti diventi più raffinato, questi diventano sempre più ampi in modo che sia sempre più precisa la classificazione della pagina. → Capacità dello stesso motore di ricerca di riconoscere il linguaggio naturale e il modo sempre più raffinato in cui fanno parlare di web semantico come caratteristica del web 2.0. → capacità che abbiamo di riconoscere il significato. 6 Seconda linea evolutiva: BIG DATA → Sono un’enorme quantità di informazioni che vengono quotidianamente prodotte dalla rete. Ogni volta che si clicca su un sito si produce un’informazione → ogni volta che mettiamo like su Facebook produciamo un’informazione. La rete è diventata un luogo in cui qualsiasi cosa facciamo produce un’informazione lì disponibile (digital footprints) → sono frammenti d’informazione che produciamo e lasciamo in rete. Questa grande mole di dati è rappresentata dai BIG DATA. → Tutti i dati insieme non si riescono a gestire perché sono troppi. Inoltre sono velocissimi. → Il volume produce in un secondo una mole di dati. I BIG DATA hanno 3 caratteristiche peculiari: 1) VOLUME: Ingenti quantitativi di data set non gestibili con i database tradizionali. 2) VELOCITY: I dati che affluiscono necessitano di essere processati a ritmi sostenuti o in tempo reale. 3) VARIETY: Dati di diversa natura e non strutturali come testi, audio, video e flussi di clic. I BIG DATA consentono di tracciare la nostra vita a 360 gradi. → Non si è ancora i grado di rielaborare i dati per intero GEOSPATIAL WEB → È un web in cui il rapporto tra lo spazio fisico e la rete cambia. C’erano dei contenuti online. Il WEB 3.0 rimette in gioco la relazione con lo spazio fisico, perché l’uso dei dispositivi mobili sono sempre più in grado di localizzarci nello spazio. → Dalla mappa si possono avere delle informazioni sullo spazio che si occupa nel territorio. → Si mescola la rappresentazione fisica di un territorio con le segnalazioni del territorio e dei contributi che le persone danno attraverso la rete. → Il territorio che riusciamo a mappare è quello abitato, con dentro delle persone che comunicano delle cose. → E poi c’è un’evoluzione della nostra percezione dello spazio che ci circonda che è uno spazio arricchito. Il fenomeno che è più presente oggi è quello di una realtà aumentata che si riesce a sperimentare, vedere, leggere, arricchito di informazioni che provengono dalla rete. → Ciò dà una serie di informazioni in più. → Esempio: Visita ad un monumento artistico → app che dà informazioni su quel documento → tutto questo passa attraverso il web che sommando tutte le app che utilizzano la geolocalizzazione costruisce attorno una realtà aumentata. → il mio rapporto con la rete passa sempre più spesso attraverso il posto in cui mi trovo. → Lo sviluppo del WEB 2.0 va di pari passo con lo sviluppo dei dispositivi mobili che hanno la caratteristica di funzionare attraverso le app. → Il funzionamento attraverso le app cambia le modalità di accesso attraverso il web. Per accedere a tutta una serie di servizi non utilizziamo il motore di ricerca. → C’è una preselezione di un numero variamente alto di punti di accesso alla rete che per noi sono punti privilegiati. → In alcuni casi è stata usata l’espressione “walled garden” → è una specie di giardino che disegna i miei punti di accesso privilegiati rispetto alla rete. Però ci si chiude anche su questi punti di accesso. → Questo spazio privilegiato confina le cose che si fanno soprattutto su internet. 7 APP NAVIGATION → Navigazione attraverso le app. → Le app assomigliano più a tanti “Canali privilegiati” di accesso spesso tematici che sono il contrario del navigare. → È l’opposto dell’esplorare, la navigazione è focalizzata su singoli punti, → rendono la navigazione più brandizzata → ci si affeziona ai brand (esempio: l’app Meteo.it). → ci si lega di più ad un brand. → Le app sono molto più geolocalizzate dei siti. → Con il WEB 3.0 le cose cambiano un po’ anche dal punto di vista di come si accede alla rete. →La stessa operazione che si decide di compiere attraverso internet si compie su più brand. (Esempio: nel corso della giornata ci si può informare su voli online su ben 3 dispositivi diversi, perché oggi la nostra connessione ad internet si può utilizzare a seconda del dispositivo presente.) → Noi attraversiamo dispositivi mobili e fissi secondo le esigenze del momento, qualcosa sganciato da “device” e sempre disponibile. → Nell’evoluzione dei social network che va dal 1997 ad oggi ci sono stati grandi cambiamenti, anche nella loro definizione. → all’inizio erano solo piccoli fenomeni e quindi non si sentiva l’esigenza di una loro definizione, nel 2008 due studiose americane elaborano una prima definizione di cosa sono i social network. → nello sforzo di trovare gli aspetti comuni nel 2008 Boyd e Ellison sono dei servizi basati sul web che permettono alle persone di: → Costruire un profilo pubblico o semi-pubblico all’interno di un determinato social network. → Creare una rete di contatti → Consultare una lista di connessioni attraverso gli amici e gli“amici degli amici”. Quello che Boyd ed Ellison definiscono nel 2008 è un’idea basata sul fatto che i social media creino una rete di contatti. → Dal 2009, soprattutto negli anni successivi comincia ad affiancarsi un’altra definizione accomunata dalla centralità dei contenuti generati dagli utenti. → Da un certo punto in poi i social media cambiano nel tempo, è la premessa dello sviluppo che hanno i social media dal 2009 in poi. Nella storia dei social media possiamo individuare tre fasi: 1) Fase Aurorale (prima di Facebook che fino al 2006 è quasi inesistente) (1997-2003): nascono i primi modelli di social network. 2) Fase di espansione (2003-2009): Si moltiplicano a dismisura i social network. 3) Fase di consolidamento (2009-oggi): in cui si consolidano alcuni operatori centrali e si consolidano alcuni modelli di social network. → La cosa interessante è che pian piano si sviluppano e si consolidano diversi modelli di social network. FASE AURORALE → Prima di Facebook nascono ben 7 social network, fino al 2003 in fase sperimentale, poi diventano delle realtà significative. Il primo nasce nel 1997 e si chiama Six degrees, nato sulla base che si possa formare una piattaforma se le persone si mettono in contatto con tutti quelli che conoscono anche per scopi professionali e così facendo possono saldare quei sei gradi si separazione che ci separano dagli altri. L’obiettivo di 6 degrees è quello di mettere in connessione tra loro delle persone. → È un social network ad iscrizione e ad invito, e il modello è quello del VBS (vallety board system) → reti 10 Insieme a questi due social networks nel 2003 nasce Second Life. - Second Life non è un vero e proprio social network, ma esiste ancora oggi. Tecnicamente si chiama ambiente virtuale multi utente, è di fatto una piattaforma di realtà virtuale: si entra come all’interno di un social network però invece che trovare un profilo, una pagina utente si trova uno spazio tridimensionale (tipo video game) dove io posso costruire un mio Avatar e all’interno della quale io posso comunicare con altre persone e svolgendo una serie di attività di vario tipo (ludiche, culturali, professionali dove sic cominciano a creare delle monete virtuale). Non è un gioco, non c’è un obbiettivo da raggiungere. Esso nasce perché nel 2003 non c’è ancora Facebook, per cui si fanno diversi tentativi e uno di questo punta verso la tridimensionalità, una socialità virtuale perché negli anni ’90 c’erano stati tanti studi su queste attività. Second Life cresce vertiginosamente tra 2006 e 2007 perché nei primi anni sta tra i 500.000 utenti e in questi anni arrivano fino a 4 milioni. Tutto questo muove anche una dimensione economica dove si cominciano a vendere dei territori su cui costruire uno spazio che ospita conferenze per fare business ecc. Tra il 2006 e il 2007 arrivano altre piattaforme più facili che consentono di fare le stesse cose in modo più semplice, per cui Second Life diventa faticosa (ho bisogno i tempo, di PC che si connettono velocemente, devo curare il mio Avatar…) e quindi essa declina come popolarità. MySpace è un punto di discontinuità, è il primo social network generalista e che porta a compimento questo primo anno della fase di espansione. Nel 2004 nascono altre 3 piattaforme: 1. Facebook, nasce ad Harvard, è statico (assomiglia a Friendster e Linked In), all’inizio è un annuario di Harvard tecnologico, c’è un elenco di caratteristiche e interessi degli studenti di Harvard e la possibilità di mettersi in contatto tramite email con chi sembra rispondere di più ai nostri interessi. Questa prima versione in realtà non è niente di quello che poi diventerà, anzi assomiglia ad un social network di nicchia (nessuno al di fuori di Harvard vi si può iscrivere). Dal 2006 in poi capitalizzerà tutte le invenzioni dei social networks. 2. Digg: è una primissima versione degli aggregatori, gli utenti che si iscrivono condividono delle news, è uno strumento che uso per informarmi con un criterio diverso da quello che mi propongono i media (l’ordine è quello definito dalla community), dentro Digg se c’è qualcuno che mi segnala notizie che mi interessano io posso seguirlo (è un po’ un pre-genitore di Twitter anche se sono diversi). Digg porta dentro il mondo dei social network il fatto che io posso costruire un ordine di priorità delle notizie che si basa sulla valutazione degli utenti per cui è la piattaforma da cui le altre riprenderanno questa logica. 3. Flickr: è un social network destinato agi amanti della fotografia (target ben preciso), le persone possono condividere foto, costruire un proprio blog fotografico, mettere dei tag (i futuri hashtag). É importante perché porta avanti l’idea di un social network dinamico per condividere dei contenuti che ho prodotto (UGC che sono le foto) e la dimensione sociale ruota attorno ai contenuti condivisi (i social network statici hanno al loro centro il profilo e la socialità, mentre Digg e Flickr mette al centro i contenuti che si condividono). É il primo con cui si pone il problema della privacy e che il singolo contenuto può avere delle sue opzioni di privacy (non solo il profilo) poi valorizza molto quei criteri di gradimento che gli altri utenti hanno rispetto ad ogni singola foto (che poi saranno i like, i cuori, ecc). Allora nasce anche la valutazione da parte degli altri utenti. Un’altra cosa che introduce Flickr è l’inter-operabilità, ovvero le foto possono anche essere utilizzate in un blog, in un’altra piattaforma per cui non è una piattaforma chiusa, per cui “condividere i contenuti” comincia ad avere un senso e si può anche cominciare a parlare di social media e non solo social network. Intanto Facebook nel 2005 comincia a prepararsi ad uscire da Harvard, si limita a registrare il suo dominio e comincia a provarlo in altre università poi lo hanno dato da provare a Apple e a Microsoft di utilizzare in queste aziende come un annuario dei dipendenti. Le grandi imprese cominciano ad interessarsi ai social network, per cui cominciano a comprarli. Nel 2005 nascono: 11 - Youtube: nasce come fratello di Flickr, la gente però non fa solo foto ma anche video, in realtà la prima idea degli inventori di YouTube è quella di costruire una piattaforma su cui la gente possa condividere i filmati amatoriali max di 10 minuti per conservarli. Questa cosa dello streaming è la botta di genio di YouTube, ovvero quella di avere messo dentro la piattaforma un pezzo di software che permetta di vedere i video senza doverli scaricare. All’inizio punta sul fatto che le persone costruiscano un loro profilo personale su cui inserire i propri contenuti. Questa piattaforma comincia ad avere successo perché i video si possono vedere subito, si possono commentare, condividere anche via email e segnalare i video migliori. Con il tempo comincia anche ad ave re video professionali. Nel 2006 viene comprata da Google. - Reddit: è nella stessa linea di sviluppo di Digg, è un altro spazio concentrato sulle notizie che le persone condividono, organizzate per aree tematiche che votano facendole salire o scendere nella classifica di quelle più popolari. Reddit è la prima piattaforma in cui nasce l’embrione di quello che sarà l’hashtag perché le aree tematiche possono essere individuate tramite i sub- reddit (temi) dove vanno a finire tutte le notizie che riguardano quel sotto tema. Inoltre nasce l’idea di post che fino ad adesso non esiste, quindi sono i primi che consentono alle persone a cui costruire un piccolo prodotto editoriale che serve al social network. É il primissimo che introduce i social buttons, ovvero l’icona che mi dice “condividi su Facebook” un articolo per esempio. SECONDA FASE DI ESPANSIONE Tra il 2006 e il 2008 c’è la SECONDA FASE DI ESPANSIONE che non vede sparire le piattaforme che già ci sono, ma vede nascere delle nuove piattaforme ed evolversi le piattaforme esistenti. Spesso ci sono acquisizioni di grandi aziende delle piattaforme. Il 2006 è l’anno in cui Facebook entra in campo, si decide che esso sarà una piattaforma aperta a tutti, è anche l’anno in cui MySpace entra in crisi e Google compra YouTube per cui YouTube comincia ad essere già a diventare un canale streaming in cui ci sono video amatoriali e professionali (PGC professional generation content), cominciano a mettere dei vincoli al copyright dei video. I primi banner cioè testi, immagini pubblicitarie che sono su YouTube vengono introdotti in questi anni. Nel 2008 sempre YouTube comincia a vendere delle specie di keyword (cercare attraverso YouTube), per cui si moltiplicano tutte le partnership con le emittenti televisive dal 2008 in poi. Nel 2007 nasce Tumblr: piattaforma di social blog che comincia a fare evolvere il concetto di post in forma multimediale, lo posso costruire combinando immagine, testo, video, posso anche condividere i post personalizzandoli. Nasce con lui la forma della bacheca. Insieme a lui nasce anche Friendfeed, è il primo aggregatore di social network (adesso non esiste più) dove uno può vedere su un’unica piattaforma tutti i social che ha, su un’unica pagina io posso vedere tutti i social. Nel 2006 nasce Twitter, l’idea da cui nasce è molto diversa da quello che sarà perché anche i giovani inventori fanno a fatica a immaginare il futuro, nel 2006 gli SMS costano, già si può usare internet da mobile e allora perché non provare a usare internet per inviare degli SMS (ecco perché si possono usare solo 140 caratteri)? Ecco che nasce Twitter, una piattaforma che consente di mandare degli SMS via internet e l’idea è di poterli mandare a un gruppo di persone. Twitter è la prima piattaforma che nasce per essere usata in mobilità, ci sono già dei telefoni attraverso cui si può usare internet (non ci sono i tablet!) e all’inizio i messaggi di Twitter si possono leggere come SMS, in più da subito abbastanza velocemente consente di rispondere, condividere, commentare i Tweet degli altri e consente di mettere dentro ai messaggi i link. Così a Twitter manca una cosa che tutti gli altri avevano, cioè non chiede di creare un profilo. Pian piano poi aprirà la possibilità di aggiungere al proprio nick una foto, una frase. Questa è un’innovazione non da poco perché è il primo che nasce non più concertato sul profilo (è quasi involontario perché all’inizio non voleva essere un social network), ma evolvendo diventa un social network. Comincia ad importare delle innovazioni che erano state introdotte da altri social network. I Tweet man mano diventano il centro, diventa possibile seguire persone che twittano delle cose interessanti, nel 2007 vengono introdotti gli hashtag e si generano le conservazioni tematiche. 12 Twitter ha due caratteristiche che lo rendono diverso: 1) Nasce per essere usato in mobilità ma chi può usare internet in mobilità è un target specifico di persone (non i giovani, non le persone che si occupano di tecnologie, ma professionisti e adulti), non arriva subito al target degli adolescenti e dei giovani perché non hanno un cellulare connesso ad internet. 2) Molto velocemente su Twitter troviamo non soltanto persone comuni ma anche giornalisti, testate giornalistiche, professionisti per cui si colloca in una fascia di influencer. Certi usi dei social arrivano abbastanza velocemente su Twitter (già nel 2007 in America si svolge un festival musicale caratterizzato da una grande attenzione per l’innovazione tecnologica, questo festival si chiama South by Southwest Festival ad Austin in Texas e per la prima volta si ritrovano tanti utenti che utilizzano Twitter e per la prima volta viene utilizzato per raccontarsi reciprocamente su quello che sta succedendo nelle varie parti del festival e commentano in tempo reale - si chiama Life Tweet). Questa stessa modalità viene utilizzata come strumento di aggiornamento sulle breaking news (la prima era del 2008 ed è un attacco terroristico a Mumbai), poi anche per seguire eventi che hanno bisogno di aggiornamenti in tempo reale come le elezioni presidenziali (le prime sono state nel 2007 in Kenya e poi quelle americane del 2008). Il Life Tweet diventa una forma di comunicazione che si consolida come copertura di eventi di cronaca in tempo reale. Verrà utilizzato anche dalle aziende per comunicare con i propri clienti. Proprio nel 2009 vengono introdotti i trending topics e il motore di ricerca per cercare i Tweet. Diventa una fonte di aggiornamento sulle notizie. Nel 2006 Facebook diventa accessibile a tutti, si definiscono quali sono i destinatari di Facebook, le caratteristiche della piattaforma e il suo assetto economico. Esce dalla nicchia in cui era nato, però la prima tipologia di utenza che lo popola è un po’ una nicchia (utenza omogenea di giovani con un buon livello di formazione) quindi si apre questa forma inizialmente statica ad un fascia di utenti molto più ampia e uno dei problemi che si verifica è la privacy e il controllo della circolazione dei contenuti. In questi anni cambia anche l’interfaccia nel senso che aprendosi al di fuori della nicchia in cui era nato ha dovuto cambiare il profilo statico, per cui nel 2006 introduce la bacheca (che prende dai social network esistenti) e permette di pubblicare dei piccoli post. Progressivamente introduce la possibilità di condividere questi post, aumenta la lunghezza dei post, introduce la scritta “Che cosa stai pensando?” nel 2009 e tra il 2009 e il 2010 permette di inserire delle foto. Nel 2007 aveva già deciso il suo modello economico: apre la possibilità di fare pubblicità, le aziende possono aprire una loro pagina ed è possibile comprare spazi pubblicitari. In realtà tra il 2007 e il 2009 Facebook tenta una mossa più ardita: non solo le aziende possono aprire delle loro pagine ma cerca di fare degli accordi con aziende che hanno dei siti web con cui, attraverso una piattaforma che si chiama Beakon, gli utenti di Fb che vanno a vedere i siti di un’azienda compaiano poi su Fb facendo pubblicità. Il problema è che non si preoccupano di avvertire gli utenti per cui gli utenti di Fb si trovano dei post che loro non hanno pubblicato, non sanno da chi sono stati pubblicati ma che raccontano i fatti loro. Questa esperienza di Beakon dura due anni e poi viene chiusa e viene riconosciuto che questo tipo di attività viola la privacy. Applica però questa idea in due modi: 1) Mettendosi in contatto con soggetti esterni che possono contattare gli utenti per offrigli i loro prodotti. 2) I like sono messi visibili come attività promozionale. Primo caso sono i giochi o applicazioni su Fb, lo stesso per i like che mettiamo alle pagine. Fondano l’azienda, ne vendono un pezzetto a Microsoft e insieme a questa strategia commerciale cominciano la politica di inquisizioni (social più piccolo interessante che viene comprato da Fb come FriendFeed). LEZIONE 7/11/2017 15 Interoperabilità: ad esempio si posta una foto su Instagram e Facebook contemporaneamente. Modello simile a quello di Twitter: profilo personale, relazioni asimmetriche (like e commenti). 2011: introduzione Hashtag 2012: acquistata fa Facebook 2013: introduzione tag alle immagini e condivisione video La visualizzazione avviene in ordine cronologico delle immagini pubblicate dagli utenti che si sceglie di seguire + opzione ricerca immagini per hashtag. C’è la possibilità di manipolazione delle immagini attraverso l’introduzione dei filtri per cui si posiziona come una piattaforma dei “fotografi del quotidiano”. Il modello economico: pubblicità e contenuti sponsorizzati, stesso contenuto di quello di Facebook da cui è stata acquisita. 3. FACEBOOK: 2010-2016 Tra questi anni esso si muove e si evolve in tante direzioni fino ad assumere la sua attuale fisionomia. Principali aree in cui si evolve: - Arricchisce le informazioni del profilo in senso multimediale e narrativo. - Introduce strumenti di gestione della privacy. - Potenzia la sua competitività rispetto agli altri social network. - Si configura come piattaforma editoriale - più stretta relazione con la narrazione di eventi. - Perfeziona il suo modello economico. - Ridisegnato per dare maggiore centralità alle immagini e dinamicità alle interazioni tra utenti. Nel 2011: diario (timeline cioè la possibilità di vedere l’evoluzione del profilo di una persona come se fosse un racconto biografico) Nel 2012: immagine di copertina, il like come commento veloce > interazione più dinamica (like, commenti, condivisione) = contribuisce al funzionamento dell’algoritmo (funziona tenendo conto della frequenza con cui una persona o una pagina pubblica degli aggiornamenti, l’affinità tra utenti ovvero quanto si visualizza il profilo di altri utenti e quanto interagisca con un utente, il peso del contenuto ovvero la quantità di like, commenti); possibilità di aggiungere eventi del passato. Doppia dimensione di diario/narrazione e connettività/ interazione. In questa direzione va anche l’introduzione delle reactions (non solo più i like ma la possibilità di indicare una propria reazione come negatività, tristezza, positività ecc). Nel 2010-2011: emerge il tema della privacy perché l’utenza sta aumentando e la dimensione del social network è una dimensione generalista (non ho solo gli amici tra i miei contatti ma anche persone con cui lavoro, adulti, giovani). IL TEMA DELLA PRIVACY A questo proposito nasce Google +, si pone già ai suoi esordi come risposta al problema della privacy perché la gestione di essa avviene a priori, cioè la rete di contatti in Google + sono suddivise in cerchie (famiglia, amici, cerchia professionale) e quando pubblico un contenuto posso decidere in quale cerchia pubblicarlo. Insieme ad esso nasce la videochiamata di gruppo (hangout). Nel 2011: arricchimento modalità di comunicazione interpersonale, incremento potenzialità chat con videochiamate e chiamate vocali (Skype). Lancio della sua applicazione di instant messaging Facebook Messenger. Nel 2012: acquisizione di Instagram Nel 2014 acquisizione WhatsApp Nel 2015: videochiamata su Facebook Messenger e fine partnership con Skype 16 Facebook si evolve anche come piattaforma editoriale: narrazione di storie che riguardano il mondo in cui viviamo, viene introdotto Facebook Live che permette di trasmettere in diretta quello che sta succedendo intorno a noi, introduzione di Instant Articles senza dover uscire dalla piattaforma. Ulteriori informazioni: legame sempre più stretto tra l’suo dei social media e la vita pubblica degli utenti. - Funzione reporting diffuso (Facebook e Twitter durante eventi di importanza globale) - Safety check (geolocalizzazione) - Supporto alle cause (immagini da sovrapporre al profilo) L’ancoraggio alla realtà offline e la narrazione di eventi attraverso i social stanno diventando la cifra narrativa e comunicativa della piattaforma. Il modello economico di Facebook: fa parte di una strategia di posizionamento del mercato con l’acquisizione di numerose start-up e piattaforme, si basa sulla comunicazione pubblicitaria (Facebook Ads). Si hanno anche le Sponsored Stories (visibilità like a nuove pagine) e Promoted Post (contenuti più visibili ad alcuni contatti della pagina e promozione ad amici di amici). La ricchezza e precisione delle informazioni che Facebook riesce a raccogliere sui suoi utenti costruiscono il vero vantaggio economico della piattaforma. 4. CONSOLIDAMENTO E CO-EVOLUZIONE Interdipendenza e interoperabilità - co-evoluzione: le piattaforme collaborano e competono, evolvono in relazione all’evoluzione dell’intero sistema. Linee evolutive: - Legame tra social media e narrazione dell’attualità - Geolocalizzazione - Professionalizzazione dell’uso dei social media TWITTER 2010-2016 - 2009: condividi e scopri costa sta succedendo adesso, in qualsiasi posto del mondo. - 2010: il mezzo migliore per scoprire cosa c’è di nuovo nel proprio mondo (c’è una maggiore attenzione ai PROPRI interessi). - 2011: segui i tuoi interessi… aggiornamenti in tempo reale dai tuoi amici, esperti di settore, personaggi famosi e quello che sta succedendo nel mondo (ulteriore passo avanti, inizia ad essere importante la figura dell’influencer). - 2016: cosa c’è di nuovo in questo momento… trova persone, confronto, ispirazione riguardo le cose che ami (l’elemento che rimane centrale è cosa sta succedendo nel mondo e diventano importanti le relazioni con le altre persone). Duplice livello: comunicazione globale e personalizzazione + autorevolezza e comunicazione Bottom Up (il tweet di qualsiasi persona con un hashtag). In questo periodo emergono gli influencer, il 10% degli utenti è responsabile del 90% dei tweet. A partire dal 2012 Twitter non è più considerato un social network ma una rete informativa, vi è una diffusione in tempo reale dello spoglio elettorale, un supporto all’informazione politica (Twitter Political Index in cui in tempo reale viene fornito l’andamento di uno spoglio delle elezioni, qual è il “sentiment” nei confronti di un candidato). Linee volutine che riguardano la narrazione dell’attualità: nascono 2 social network e che inseriscono nel discorso della narrazione dell’attualità - Vine (2013) É un’app-mobile che permette la condivisone di filmati di 6 secondi 17 - Periscope (2015) Introduce la diretta ovvero il live streaming FLICKR - linee evolutive Incoraggia la condivisione di foto fatte in qualità di testimoni di eventi particolari. All’inizio c’era : “Racconta una storia con le tue foto” e poi “Guarda cosa sta succedendo nel mondo” YOUTUBE - linee evolutive Trasmissione di eventi in streaming, il primo live streaming: match di Cricket del principale campionato indiano (2010). Narrazione di eventi storici, politici, cronaca : presidenziali campagna elettorale americana (2012) Abbiamo visto: Social media e narrazione attualità Geolocalizzazione Ora vediamo: Professionalizzazione uso social media cioè lo sviluppo di modelli business che integrano la pubblicità sui social media con la presenza di pagine e profili gestiti con obbiettivi professionali. Il social network da un po’ di anni non è semplicemente il posto in cui trovo i miei amici, ma sono presenti anche attività commerciali, pubblicità. LEZIONE 14/11/2017 SOCIAL MEDIA: STRATEGIE, SHARING, MEME Sono state create delle mappe che cercano di mettere a fuoco alcuni elementi caratterizzanti che permettono di orientarsi. - Area del publishing - Area dello sharing - Area del messaging - Area del discussing - Area del collaborating (finalizzate a fare qualcosa in comune) - Area del networking Le grandi aree in cui possiamo ri-articolare il panorama dei social media attuali sono queste. Siccome il primo social network in quasi tutti i paesi è Facebook, il secondo qual è? Questo ci dimostra che c’è una differenza tra i paesi, infatti in una serie di paesi non c’è un secondo (sono i paesi bianchi), altri in cui invece si usa più di un social network e c’è una predominanza di Instagram (paesi marroni). É interessante perché accanto a Facebook è l’immagine che sta diventando dominante nelle piattaforme e la seconda cosa è che dal punto di vista economico c’è un unico monopolio perché Instagram appartiene a Facebook. Vi sono altri paesi in cui il secondo social è Twitter, mentre nell’area russa è Odnoklassniki e in Norvegia c’è Reddit. Questo vuol dire che l’enclave culturale russa vive in una bolla autonoma. In Giappone si ha Twitter come primo social e Facebook come secondo. Nel momento in cui le principali piattaforme devono entrare a far parte di una strategia di comunicazione come posso sfruttare la grande rete di informazione? Come declino le differenze in termini di strategie comunicative? Per farlo utilizzeremo le metafore. METAFORE Possiamo pensare a Facebook come a un club, cioè le caratteristiche che è arrivato a sviluppare in termini di centralità del profilo, di importanza della bacheca, tipo di relazioni ecc si avvicina molto al modello del club anglosassone (luoghi in cui si passa il tempo, dove si è iscritti, si è parte di una 20 ironico (sia su un personaggio sia su un brand) lasciando intendere qualcosa di non verificato (come la Nestlè), oppure in altri casi fanno parte di un trattamento satirico dei temi che lascia traccia nella memoria delle persone e che magari propone delle interpretazioni non confermate degli eventi o di alcuni personaggi e sono notizie parziali che in alcuni casi non sono confermate. Queste notizie partono magari da media tradizionali (come la TV) e poi trovano nella rete un luogo privilegiato di circolazione e di diffusione perché trovano spazio all’interno dei percorsi di sharing (vengono condivise e diventano virali), allora è importante capire come funzionano i meccanismi di condivisione. SOCIAL SHARING Il signor John, un prof universitario che si occupa di sharing e social media, nel 2013 ha detto che l dobbiamo pensare allo sharing come un’attività fondamentale del WEB 2.0 e anche dei social media. Di questo stesso parere è anche Papacharissi (autrice greca) che dice che se non ci fosse lo sharing (flusso di informazioni che viaggia tra i vari nodi della rete e dei social network) la rete sarebbe statica e asociale. Quello che lei ci dice è: guardate che la socialità all’interno dei social network è definita molto da questi processi di condivisione, e lei dice anche che questo sharing e ricondivisione di contenuti all’interno dei social sono anche il fondamento di molti processi sociali come la costruzione delle opinioni, la rappresentazione della realtà. Anche il contributo che l’essere sui social dà al mio modo di guardare alla realtà è costruito molto sul cosa mi arriva, sul che cosa io condivido con gli altri e con cosa gli altri condividono con me. Il modo di guardare la realtà e costruire le opinioni passa molto attraverso il processo di sharing. Se non ci sembrasse sufficiente quello che dicono John e Papacharissi c’è anche un altro autore che è Jenkins, il quale, insieme a due suoi colleghi Ford e Green, ha scritto un libro “Spreadable media- if it doesn’t spread is dead” che dice che la capacità dei contenuti di circolare all’interno dei social è cruciale. Se qualcosa non entra nei circuiti di sharing è morto, se qualcosa non è in grado di intercettare questi flussi di sharing è come se non esistesse. Nel momento in cui io devo scegliere un contenuto è meglio che io tenga conto che sia un contenuto che rispecchi una delle caratteristiche che può farlo entrare nei circuiti di sharing. Con “Spread ability” si intende che i contenuti che sono all’interno della rete sono condivisibili. Loro dicono che è una questione a due facce: da un lato racconta del fatto che noi siamo diventati grandi distributori di contenuti (condividere anche in modo strategico) e dall’altro il fatto che i contenuti una volta condivisi cambiano di senso soprattutto se io aggiungo un commento a quel contenuto, ma non necessariamente in modo così divergente. In ogni caso i contenuti acquistano un surplus di senso, contenuto, significato (per esempio i video che la Perugina mette online durante San Valentino sono pensati per poter essere condivisi come augurio). Con questa idea della condivisione Jenkins vuole dire che lo sharing da un lato è fondamentale e dall’altro produce senso ed è su questo senso che bisogna esercitare una cura. Se non ci bastasse neanche Jenkins c’è Josè Van Dijck (pronunciato “Daik”) che è una donna, lei rincara la dose su quanto è fondamentale l’attività di sharing nei social perché secondo lei all’interno dei social la condivisione è proposta come un valore sociale. Intanto la propongono come un valore sociale le piattaforme, nel modo in cui sollecitano la condivisione proprio come sono costruite le interfacce dei social (come i bottoni, i cosiddetti “sharing buttons” di condivisione che mi offrono l’opportunità di condividere i contenuti di quel sito attraverso i miei profili, come le icone di Facebook sul sito di qualche azienda). Lei dice che ci sono all’interno del modo in cui i social sono costruiti e come noi li usiamo delle logiche che hanno anche un effetto sociale. La condivisione è connotata positivamente nell’ambito di queste logiche come la popolarità: una delle logiche su cui si reggono i social media è la popolarità, ovvero essa è premiante all’interno dei social, vuol dire che la quantità di like, di sharing è premiante e quindi c’è una pressione non soltanto alla condivisione ma anche alla ricerca della popolarità che è premiata tramite la visibilità. Al momento anche la velocità conta, nel senso che un post di Facebook se nei primi due minuti non prende neanche un like i nostri amici non lo vedono più e il post scivola. Lo sharing è oggetto di una costante pressione nei confronti degli utenti, è premiata dagli algoritmi. Tutta questa attività di sharing ha anche l’effetto di reggere la socialità all’interno dei social e di creare dei legami. In realtà sempre quando condividiamo creiamo un legame sociale. 21 Wittel che ha studiato il rapporto tra il legame sociale e la condizione dice che non sempre se noi condividiamo qualcosa creiamo un legame sociale, a volte facciamo solo un atto di distribuzione. Sicuramente è una forma di distribuzione molto più ampia di quello che facevamo prima, ma resta sempre una distribuzione. Questa condivisione funziona come creazione di legami sociali quando io condivido, qualcuno commenta e condivide ulteriormente. Lui dice che l’attività di condizione è uno strumento di intensificazione sociale: cioè quando io condivido qualcosa e qualcuno lo ricondivide si crea un legame con questa persona, però Wittel (e la signora Kennedy) dice che questa attivazione di un legame finisce per intensificare le relazioni (io tendo ad avere relazioni più frequenti con queste persone) e quindi costruire una rete più stretta con queste persone (anche grazie all’algoritmo che non solo mi fa vedere i contenuti più popolari ma quelli delle persone con cui io interagisco più spesso). Sia perché l’algoritmo favorisce questa cosa sia perché è una dinamica sociale questo sharing fa sì che io interagisca più spesso con queste persone. Questo effetto si chiama Filter Bubble. IL CASO DI AUSTIN, TEXAS Questa storia comincia un anno fa, il 9/11/2016 in piena campagna elettorale USA. In questo clima ad Austin un pomeriggio un utente di Twitter, Tuker, tornando a casa dal lavoro vede una grande quantità di pullman e si domanda cosa ci facciano lì. Gli viene in mente che proprio quel giorno lì c’è un manifestazione anti-Trump. In quel periodo uno dei temi che Trump rilanciava sui social era che i democratici portavano apposta della gente a fare i sostenitori della Clinton per far sembrare che loro fossero di più. Tuker twitta delle foto dei pullman sostenendo che fossero dei sostenitori anti-Trump, e mette 3 hashtag. Lui è convinto di parlare solo ai suoi 40 seguaci, ma in realtà produce una fake news (perché è qualcosa di non confermato). Nei 3 hashtag c’era anche #trump2016 e quindi esce dalla sua cerchia di amici ed entra nel circuito di chi sta cercando notizie su questo hashtag. Il 10/11 su Reddit questo Tweet diventa una breaking news. Tra i sostenitori di Trump su Reddit ci sono delle persone che partecipano anche ad un forum politico che si chiama “free republic”, per cui il tweet di Tuker finisce su questo forum. Tuker è diventato una specie di giornalista di inchieste involontariamente. Inoltre succede che in questo forum ci sono anche diversi personaggi politici sempre repubblicani che condividono il link del forum su Facebook a cui si aggiunge anche la credibilità dell’uomo politico che ha condiviso questa notizia. Da Facebook questo post viene condiviso più di 5000 volte e altre persone prendono il link originale e lo condividono sulle loro pagine. Questo genera altre 300.000 condivisioni e quindi si crea una realtà che non c’era. Da questo 10/11 si muovono almeno 3 flussi di comunicazione: 1. Uno è DIRETTO: la manager della compagnia di autobus inizia a ricevere mail e telefonate in cui le vengono chieste spiegazioni, ma questo rimane nelle caselle di posta della manager. 2. Un reporter della FOX TV chiede un’intervista alla manager per un servizio televisivo. 3. I social media: la diffusione dell’informazione sta crescendo attraverso nuove pagine Facebook (Right Wing News) e blog (Gateway Pundit che ha una credibilità nel dibattito politico). Il manager dice che non ha noleggiato questi autobus per il partito democratico, intanto il Tweet viene ancora condiviso e l’articolo pubblicato su Gateway Pundit viene condiviso 44.000 volte. Tutta questa storia ci sta facendo vedere come questa attività di sharing ha costruito una piccola realtà in un giorno. L’11/11 questi 3 flussi stanno andando ciascuno per la sua strada e non si incontrano più, i media seguono l’andamento di questa notizia perché la manager dice che gli autobus sono stati noleggiati per una società di software (Tableau Software) e quindi su Google non veniva fuori questa convention come primo risultato per cui Tuker non lo aveva visto. Allora i media vanno dalla manager dei software che conferma che ha noleggiato gli autobus per i suoi dipendenti e allora alcune emittenti locali diffondo questa intervista, nei siti web però non arriva allo stesso target a cui è arrivato il Tweet di Tuker, anche perché quello di circolazione dei Tweet non è più un circuito e non lo si intercetta più perché sta muovendosi attraverso tante fonti che non sono più possibili trovare. 22 Tuker allora scrive sul suo blog che il suo Tweet non è vero e addirittura mette sul suo Tweet la scritta “FALSE” ma ormai è ininfluente perché il suo Tweet viaggia da solo e non è più in grado di andare a intercettare i canali attraverso cui il Tweet è entrato in circolazione. Anche un sito di bufale online pubblica un articolo dicendo che il Tweet è falso, ma questo sito avrà poi circa 5000 condivisioni che però non andranno ad intercettare quelli che hanno visto questa notizia. Tuker per cui si arrende e dice che starà attento a quello che dirà; lui comunque era inconsapevole che mettendo un hashtag questo sarebbe uscito dalla rete dei suoi 40 amici. In 2 giorni nonostante i tentativi di smentire la notizia, essa è diventata un fatto. Questa storia è interessante perché: 1. Si è creata una realtà. 2. Vi è un intreccio di flussi di comunicazione. Quello che vediamo nel Tweet di Tuker è che ci sono stati 2 meccanismi: 1. Da un lato vi sono alcuni punti di attivazione della diffusione del tweet che erano legati, quello che rende complicato la diffusione include le attività di utenti che non sono interessati a questo, quindi c’è una parte di circolazione che da un lato non è più rintracciabile. 2) Dall’altro lato moltiplica la condivisione del Tweet. Questo fenomeno è chiamata “CASCATA”, la cosa nuova tipica dei social è che le cascate di diffusione dei contenuti vengono introdotte in una particolare rete da diverse fonti non connesse fra loro. Questa ridistribuzione fa sì che a me il Tweet arrivi potenzialmente da fonti che non sono connesse tra di loro. La stessa fonte A può essere vista da 10 fonti diverse, io che sono a valle vedo 10 volte ripetuta la stessa cosa ma non so se vengono dalla stessa fonte oppure no. Le 10 fonti diverse vengono chiamate “brevi catene di condivisione”. Questo succede perché in alcuni casi io accredito la fonte quindi trovo il post del politico e lo condivido, ma se tutti facessero così sarebbe più facile vedere da dove viene il post, il problema è che in molti casi la fonte non viene accreditata. I fenomeni a cascata sono tipici della comunicazione all’interno dei social e quindi molto difficili da riprodurre. OMOFILIA DELLE RETI A questa difficoltà di entrare all’interno dei circuiti di diffusione contribuisce anche un’altra caratteristica che riguarda la credibilità: OMOFILIA DELLE RETI, cioè le persone che riconoscono di avere dei tratti in comune tendono ad associarsi. Questo funziona anche nei social network che spesso sono delle reti basate sui tratti di omofilia. Quanto più due o più persone si riconoscono simili tanto più incrementano la loro rete di interazione. L’effetto finale è che io percepisco sempre di più di essere simile a questa persona e sempre più il mio mondo in rete si compone di persone simili. Tutto questo c’entra con la storia di Tuker perché quelli che hanno condiviso il tweet hanno una rete omofila dal punto di vista politico. Allora come fanno a vedere il Tweet di smentita di Tuker che non viene messo in circolazione all’interno di queste reti? Queste reti influiscono sul tipo di contenuti a cui noi abbiamo accesso. Boyd, una studiosa, dice che: “ in un mondo connesso quello che fluisce attraverso le reti fluisce attraverso confini tra similarità. La capacità di connetterci con altri simili a noi consente di far circolare i contenuti attraverso spazi e tempi in un modo radicalmente nuovo, ma c’è anche l’altro lato della medaglia. In un mondo di media connessi, è facile non avere accesso a punti di vista di persone che la pensano in modo diverso da noi.” Quali sono le conseguenze che ha l’omofilia delle reti? 1. Il coinvolgimento di un singolo rispetto a uno specifico contenuto è correlato con il numero di amici (definiti omofili) che hanno condiviso o apprezzato il medesimo contenuto. Ad esempio i contenuti condivisi sono spesso ripresi da un amico che condivide le medesime posizioni culturali o politiche. 25 - SHARING: tolto il primo caso di Oreo il lavoro della creatività è importante ma è anche importante individuare dove può esserci la capacità di intercettare lo sharing. 3. SEPARAZIONE TRA BRAD PITT E ANGELINA JOLIE Un altro caso reattivo è la separazione tra Brad Pitt e Angelina Jolie nel 2016 dove la compagnia aerea norvegese Norwegian sponsorizza dei voli per Los Angeles dicendo “Brad is single” (la prima affissione per le vie delle città è nell’Aprile 2016), sfruttando questa occasione su due piani: la comunicazione e l’offerta commerciale. Qualche mese dopo questa campagna esce sui quotidiani sia norvegesi che inglesi. Da qui passa sui social network (lo sharing parte dal basso ovvero utenti che l’hanno vista sui giornali cominciano a legarlo sia all’hashtag della compagnia aerea #norwegian sia #brangelina). Passa per mano degli utenti della rete dalle testate giornalistiche all’online. In realtà questo rilancio sull’online non va male perché questa pubblicità arriva ad avere più di 300 milioni di persone che vedono questo tipo di immagini e 53,2 milioni di persone raggiunte sui social media. Succede una cosa mai successa prima: altre compagnie aree rispondono alla campagna della Norwegian. Alitalia risponde direttamente su Fb nella convinzione che la campagna norvegese sia stata vista (Ragazzi tutti a Los Angeles! Le ragazze le porta Norwegian). La campagna ha generato un hashtag su di sé (Brad è single) e altri si agganciano. Si costruisce un dialogo tra brand su questo tema che è diventato ormai un tema di condivisione all’interno della rete anche se c’è una differenza tra questi 2 brand: Norwegian promuoveva un volo a basso costo per Los Angeles, mentre quella che propone Alitalia è solo una campagna di comunicazione perché non fa sconti. Risponde anche la campagna area Neos dicendo “Ma se Brad fosse scappato alle Maldive?”, proponendo i voli per le Maldive ad un costo interessante perché è una compagnia low cost. Ci sono 3 cose: - Real time communication. - Dialogo tra più brand perché la campagna stessa di “Brad is single” è diventata oggetto di discorso in rete. - Trampolino di visibilità per un terzo soggetto che è la Neos. Anche qui siamo davanti a: - REATTIVITÀ. - PIANIFICAZIONE: si innesta uno spazio di pianificazione perché sia Alitalia che Neos hanno il tempo di pianificare la loro risposta all’interno di questa conversazione. - DIALOGO. 4. MONDIALI 2018 ITALIA-SVEZIA Un altro caso è quello riguardanti i mondiali 2018 con l’hashtag Italia- Svezia: Ikea approfittando della vittoria della Svezia lancia sul suo Twitter l’hashtag Italia-Svezia con l’immagine di una panchina scrivendo “Per farci perdonare la panchina a Gian Piero la diamo noi” e poi aggiungeranno “Ridateci le matite”. La cosa interessante è che questa comunicazione di Ikea genera emulazione: un utente di Twitter posta l’immagine delle matite dicendo “Prima o poi dovevamo pagarle”. C’è un hashtag, ci sono conversazioni, entra un brand sul tema di conversazione che sta diventando più costante (il tema dell’allenatore), il brand entra con la creatività e gli utenti la replicano. La seconda cosa che succede è la creazione di un dialogo tra brand: mentre l’allenatore dell’Italia viene esonerato Poltrone Sofà entra in dialogo dicendo “Caro Gian Piero, perché accontentarti di una panchina svedese quando puoi avere un bel divano italiano?”. In tutti questi casi siamo davanti a delle breaking news nel senso di una notizia mondiale nuova. La real time communication/marketing è davanti ad una realtà pianificata a breve termine, ma anche la dimensione di un attività pianificata e pro-attiva nel senso che il brand non reagisce a qualcosa che avviene ma partecipa a delle conversazioni che già si sa che avverranno. 5. FESTA DEI NONNI 2017 26 Un altro caso è quello della festa dei nonni 2017 (inizio ottobre): anche questa è una real time communication ma è evidente che c’è molto più tempo per lanciare degli interessi. Uno di questi è un video che ha fatto Carrefour in occasione della festa dei nonni, Carrefour ha deciso di essere presente all’interno dell’hashtag festa dei nonni 2017 con un taglio ironico. Gli stereotipi delle nonne sul cibo hanno creato nuove campagne: come Peroni che ha creato l’all you can eat delle nonne o anche Wülber. Anche la leva affettiva è stata utilizzata: Cameo ha usato le reactions di Fb in positivo per coinvolgere le persone nel raccontare qualcosa, le ha usate per mostrare dei suoi prodotti. Anche Vodafone ha usato l’hashtag dicendo quale parola distingue di più i tuoi nonni. Alcuni Brand hanno provato a generare un engagement ancora più alto chiedendo di inviare delle ricette che fanno i nonni ecc ma hanno funzionato meno perché l’investimento è molto più ampio e richiede molto più tempo anche da parte degli utenti. L’ultima strategia è stata quelle di Giovanni Rana che ha usato proprio il suo nonno. In un modo più particolare ha agito Save the Children perché invece che legarsi solo all’hashtag festa dei nonni con l’augurio ha messo in scena una nonna che sta allattando il nipotino perché la mamma non poteva farlo. Quando c’è più possibilità di pianificazione c’è più tempo per poter agire. LEZIONE 5/12/2017 Esiste una differenza fondamentale tra la modalità reattiva in cui l’evento accade in modo imprevisto e l’azienda si inserisce all’interno del flusso di comunicazione reagendo velocemente e tra modalità di tipo pianificato (come l’esempio della festa dei nonni). Per le pubblicità di Natale per le campagne di real time communication: pubblicità di Pandora, Cartier e Ceres. 6. SAN VALENTINO 2016 Un’altra occasione che viene sfruttata dalle aziende in cui si inseriscono nel flusso di comunicazione è la festa di San Valentino 2016 su cui voleva intervenire Dixan. Dixan lo fa in modo pro-attivo perché in realtà il suo prodotto non c’entrava, ha scelto una strategia pianificata creando una propria conversazione perché è difficile che il detersivo sia citato: Dixan ha deciso di costruire una partnership (co-branding) con alcuni marchi che potessero essere dei marchi, dei brand rispetto a cui le persone avevano una particolare affezione e che potessero essere un traino per Dixan (tipo Dixan e Coca-cola, Dixan e Buitoni). Dato che i cibi possono fare delle macchie allora un brand fa le macchie e l’altro le pulisce, allora nasce un hashtag che deve legarsi a San Valentino il quale è #tiamomacchia (cose che io amo come la Coca Cola e che macchiano). Nasce questa campagna che ha avuto un buon successo, quello che è interessante non è soltanto la partnership con gli altri brand ma che dentro a questi testi ci sono molte strategie alle quali abbiamo accennato come una scelta attenta degli hashtag per essere facilmente rintracciabile e che aggancia al discorso di San Valentino, inoltre Dixan riesce ad agganciare anche i fan dei brand come Coca-cola, Buitoni, Nutella. C’è un uso attento degli strumenti di comunicazione e c’è una combinazione tra i testi e immagini che hanno le caratteristiche per poter essere uno di quegli oggetti di sharing perché sono divertenti, perché riguardano dei brand che uno condivide anche con altri. 7. CERES Una persona che è già un fan di Ceres scrive un Tweet nel momento in cui si trova su un treno senza aria condizionata d’estate, per cui un po’ risentito scrive indirizzandolo alla Frecce (i treni): “In mancanza di aria condizionata mandatemi una Ceres per rinfrescarsi almeno”. Il social media manager di Ceres è attivo e intercetta questo Tweet e risponde: “Ok, questa è certamente una situazione di emergenza”. Allora quando la persona arriva alla stazione ha trovato due persone di Ceres che lo avevano aspettato con la birra fresca e quindi questa persona tweetta dicendo che succede davvero che Ceres arrivi alla stazione con la birra e a sua volta Ceres pubblica la foto della persona che ha tweettato con chi gli ha portato la birra. Ceres ha fatto un ottimo investimento perché a distanza di un anno si parla ancora del tipo di comunicazione di questo brand. 27 RISCHIO EPIC-FAIL Ovviamente non è tutto così facile perché la real time communication porta anche dei rischi: intervenire all’interno delle conversazioni delle persone è rischioso perché c’è il rischio degli Epic Fail (errore comunicativo che inclina il rapporto del brand con le persone che lo seguono) e riuscire ad inserirsi all’interno delle conversazioni è un momento delicato. Ad esempio Groupitalia nel 2015 in occasione del terremoto ha tweettato: “paura del #terremoto? Molliamo tutto e scappiamo a #SantoDomingo. Ovviamente questo tweet non è stato accolto con entusiasmo. I problemi sono 2: problemi di tono (evidentemente il manager non ha monitorato qual era il tono della conversazione in quel momento che era un tono preoccupato e questo intervento ironico non era compatibile con il tono della conversazione) e problema di contenuto/proposta commerciale (Groupitalia vende servizi turistici). Un altro esempio legato all’epic-fail è quello legato ad un altro terremoto in cui un ristorante che era in una zona terremotata, decidendo di tenere aperto il 31 ottobre a cena, scrive: Dolcetto o terremoto? Nello scorso luglio ci sono stati degli incendi in Italia e anche qui si è creata una situazione che rasenta l’epic-fail: (bisogna tenere in considerazione che l’azienda funeraria Taffo ha una strategia di comunicazione molto aggressiva) scrivono su Fb in occasione di questi incendi “Se ti piace bruciare, vieni qui che ti cremiamo noi”. Nonostante questo, ha avuto un discreto grado di successo, quello che cambia rispetto agli altri 2 esempi precedenti è che Taffo ha questa strategia aggressiva di comunicazione. Nell’ambito di una comunicazione di un soggetto che comunica sempre così a quel punto risulta meno un epic- fail perché chiunque vada a vedere cosa fanno questi sui social sanno che è sempre così. A che cosa serve la real time communciation per le aziende? 1. Serve a dimostrare di essere presenti sui social media (“essere always on”): sono lì dove ci sono i loro fan esattamente quando ci sono i loro fan. 2. Umanizzazione: un brand che entra all’interno delle comunicazioni delle persone (se ci entra bene) ottiene un effetto di umanizzazione del brand che non è soltanto qualcuno che è lì per vendere un prodotto ma riesce a conversare con le persone sui temi che a loro interessano. 3. Sharing: il fatto che i contenuti vengano visti anche da persone che non sono già fan di quel brand e vengono condivisi. SOCIAL MEDIA: UNA PIATTAFORMA EDITORIALE La comunicazione all’interno dei social però non può farsi soltanto di real time communication, i social media sono ormai delle vere e proprie piattaforme editoriali (in cui vengono pubblicati i contenuti). Se è vero che i social sono delle piattaforme editoriali non vi si può entrare senza un piano editoriale (la comunicazione deve avere qualcosa che tiene insieme il momento promozionale e quello di real time communication). Questo cambiamento investe tutti i soggetti che decidono di comunicare con i social (aziende, istituzioni ecc) e che devono essere in grado di conversare in continuazione con il proprio pubblico. Quello che viene detto è che è meglio non esserci che esserci senza un piano editoriale. Il piano editoriale è un vero e proprio palinsesto che chi decide di usare questi strumenti con una chiave professionale deve costruire. Il palinsesto prevede su che piattaforme agire (indicate con colori diversi) e un’articolazione nella settimana e nella giornata di contenuti diversi. Un altro modo di guardare al piano editoriale è vedere quali obbiettivi ha, il pubblico a cui si rivolge, i canali attraverso i quali diffondere il proprio messaggio, il messaggio (ovvero il contenuto del post) e il timing (cioè quando sarà veicolato il messaggio). CASE HISTORY E ANALYTICS 30 cascata. Successivamente ad un altro commento il social media manager risponde nuovamente ma sbagliando perché dice sostanzialmente “tutti voi che siete il mio pubblico state sbagliando a giudicare”. Questa è una mossa poco opportuna ma il manager non se ne rende conto. Gli effetti di questa risposta sono: - rilancio sui blog (effetto negativo sulla reputazione del brand). - ripresa su Twitter. - post di scuse… sul blog aziendale (scelta di dare una risposta sul proprio canale ufficiale, ma è un errore perché quelli che sono sul canale di Facebook non necessariamente sono anche sul canale ufficiale). - rilascio dei dati sulla crisi da parte dell’azienda (l’azienda cambia punto di vista, pubblica questi dati cosicché il suo brand entri di nuovo in circolazione nei discorsi che le persone fanno sui social ma come brand consapevole di aver fatto un errore e di essere stato in grado di capire come rimediare). Questo caso ci insegna che la gestione della crisi non può essere affidata al buon umore e alle capacità del momento di chi è davanti al monitor (così vengono create delle policies per la gestione delle crisi). EPIC FAIL “STORICO”- GROUPALIA In occasione del terremoto dell’Emilia del 2010 aveva scritto su Twitter “Terremoto? Molliamo tutto e scappiamo a Santodomingo?”, il tweet è rimasto 16 minuti online e 16 minuti sono sufficienti per generare dei commenti sul brand non positivi (tipo tremendi, vergogna ecc…). Dopo 16 minuti arrivano le scuse sul canale giusto perché arrivano su Twitter con l’hashtag #terremoto, però esse non sembrano sufficienti e Groupalia vuole rimediare per cui pubblica un altro tweet e dove diceva di devolvere dei soldi per ogni prodotto di Groupalia acquistato in quel giorno. Lo snodo dell’errore non è stato colto, non era compatibile nessuna proposta commerciale sul tono del terremoto. Quello tra i brand e le persone che parlano sui social non è un dialogo alla pari. Sempre lo stesso giorno, ma nel pomeriggio, si ritiene di fare un comunicato ufficiale su Facebook (non più su Twitter ma è uno sbaglio perché l’hashtag e la discussione sono ancora su Twitter) da parte del country manager Andrea Gualtieri vi è, però, un errore che tuttora viene commesso nel momento in cui, dovendo gestire una crisi, bisogna scusarsi: l’errore è che “si è trattato di un gesto superficiale ecc…” perché sembra che loro abbiano messo in mano lo strumento di twitter ad una persona incompetente. É un errore comunicativo. Si tratta di un errore non rimediabile? No, forse si poteva recuperare un po’ di credibilità. EPIC FAIL STORICO- TEZENIS Su Facebook arriva ad un milione di fan ed è un momento di grande soddisfazione, anche qui c’è una questione di comprensione del senso della community, vogliono fare un regalo alla milionesima fan. Questo genera una discussione perché c’è chi dice: io sono fan da due anni e a me nessun regalo, altri dicono di togliere il like così arrivano a sotto un milione e così non si festeggia più. Tezenis reagisce di impulso dicendo che era un gesto simbolico, che volevano ringraziare la milionesima fan per ringraziare tutti e che per Tezenis sono tutti importanti ma in realtà non risponde a quelle che sono state le critiche, tanto è vero che sono 2 i filoni che si sviluppano: quelli che vanno a cercare come si sono comportati altri brand e gli altri che dicono che Tezenis non è capace di gestire i social media. La risposta di Tezenis è stata una risposta senza strategia. KIKO Negli stessi giorni anche Kiko arriva ad un milione di fan e non perde l’occasione per fare quello che Tezenis non aveva saputo fare ovvero uno smalto in omaggio a tutta la community per festeggiare. Il costo è elevatissimo ma calcolato perché il lavoro per avere quello smalto è significativo: devo scaricare il coupon, ritirare il regalo entro un certa data, andare in un certo negozio. Ovviamente non tutti sono andati a ritirare lo smalto per cui Kiko non ne ha regalati un milione. Quello che non ha colto Tezenis è il senso della community. 31 EPIC FAIL STORICO- ENEL La strategia che pensa l’azienda pubblicitaria per Enel è legata ad un prodotto difficile da vendere, Enel lancia una campagna di avvicinamento del brand al pubblico, si chiama #guerrieri, ci sono una serie di affissioni che vanno dalla cartellonistica, alle affissioni in metro, ad un mini sito costruito ad hoc che viene costruito per questa campagna e l’idea è che a partire da questo hashtag Enel raccolga una serie di storie di vita, di persone comuni che hanno affrontato delle difficoltà e che le hanno superate, che queste storie vadano ad alimentare il sito web, che queste storie vadano anche sui social e che a partire da queste storie venga costruita una trasmissione televisiva in cui si raccontano queste storie di vita. É potenzialmente un bel progetto, si vuole chiamare le persone a collaborare alla costruzione della reputazione online del brand ma si vuole anche coinvolgere le persone in uno storytelling. Parte lo spot, l’hashtag, i twitter adv (sponsorizzati), c’è un contest per incentivare la partecipazione, si crea il mini sito per raccogliere la storie, tutto l’esecutivo della comunicazione di Enel va in giro per raccontare questo progetto per cui c’è un’adesione di tutta l’azienda a questa campagna. Sembra quasi perfetto, ma non funziona perché la gente scrive commenti negativi sull’uso del carbone. Dato che le storie potevano essere raccontate anche con le immagini circolano dei memes, c’è chi prende in giro la campagna di per sé. Alla fine questa campagna fallisce ma quelli di Enel non buttano via tutto: il mini sito chiude, non si investe più sui media e si trasforma questa campagna in una campagna tradizionale (spot, affissioni) ma senza più la parte di coinvolgimento attivo. Il brand diventa sempre più marginale, si raccolgono storie tramite la redazione perché il brand non è più qualcosa costruito dal basso. Qual è il problema? Questa architettura non ha funzionato perché una campagna in cui si pensa di coinvolgere le persone non può essere costruita senza ascoltare che cosa le persone stanno dicendo in quei mesi in rete su Enel (in rete si era sviluppato nei mesi precedenti un dibattito sul fatto che Enel usasse come fonte di energia carbone e per cui per produrre energia inquinava). Questo Enel lo sapeva, ma in quel momento non aveva considerato il fatto che ci fossero dei flussi di comunicazione riguardo questo uso e produzione dell’energia. Alcuni autori che si occupano di fare analisi di campagne sui social media, commentando questa campagna, dicono che quando si entra all’interno dei social si entra in una conversazione e non bisogna fare finta di non sapere quello che tutti sanno, inoltre ci sono dei settori in cui ci sono utenti con molteplici sensibilità e non tutti quelli che incontro in rete devono essere necessariamente d’accordo con me. Bisogna avere anche un lieto fine tra le mani, il territorio narrativo deve essere condiviso e il patto con il lettore dichiarato subito. Se si fanno lavorare delle persone queste persone devono sapere che lo stanno facendo per qualcosa e non solo per far sì che il brand ne tragga vantaggio. UNA QUESTIONE DI PATTO COMUNICATIVO Negli ultimi 2 anni ci sono stati alcuni casi che sono diventati casi di studio e alcuni temi che sono diventati temi da tenere sotto occhio, sotto osservazione. Una questione è che accanto alle aziende e alle situazioni si è diffusa l’abitudine di creare delle pagine da parte dei singoli che sono molto spesso personaggi dello spettacolo. Una di queste personalità è Gianni Morandi che con un linguaggio molto semplice dà dei flash sulla sua vita quotidiana, il patto comunicativo che c’è tra il personaggio e il suo pubblico è diverso perché uno non pensa che tra lui e i suoi fan ci sia un social media manager. Un giorno viene postata una foto dicendo “metti questa foto tra le 13 e le 14” per cui si comincia a sospettare che lui abbia un social media manager (cosa che non sarebbe strana per un’azienda). Questa rottura del patto comunicativo provoca un epic fail. Anche a Paola Perego succede questa cosa della foto con la scritta ambigua, ma rispetto a Gianni Morandi genera meno dibattito. Ancora una volta chi gestisce il profilo deve immaginare come gestire la sua audience, il patto comunicativo nel caso della comunicazione in rete di personaggi noti (personal branding) implica chiarezza. Se si lascia intendere che siano loro i responsabili dell’account, l’audience non accetta di scoprire che c’è un team dietro la loro presenza social. UNA QUESTIONE DI DIALOGO I Treni Italo fanno sconti per coloro che si recano alle manifestazioni che ci sono a Roma (tendenzialmente di qualsiasi tipo), a partire da questi sconti si sono generati una serie di hashtag 32 (tipo: #boicottaItalo ecc). A questo punto si apre una crisi per Italo, allora Italo cerca di rispondere su Twitter in tono garbato e fin qui tutto bene, solo che sul profilo Facebook di Italo arrivano tutti i commenti negativi per questo tipo di conversazione e chi gestisce il profilo Facebook di Italo (che molto probabilmente non è lo stesso di Twitter) risponde in modo del tutto diverso con un tono troppo confidenziale ed è una risposta sbagliata anche in termini di relazioni con il pubblico e di contenuto. Spostare il tutto sul tono emotivo non è il tono di un’azienda. Poco dopo arriva su Facebook una risposta più adeguata. Ma cosa succede? Il primo post (quello confidenziale) genera molti commenti negativi e in termini di viralità circola più di qualsiasi altra cosa fino ad arrivare anche sui blog. Allora ancora una volta ci sono sempre gli stessi errori nella gestione della crisi: - Mancanza di strategia per affrontare l’emergenza. - Mancanza di sinergie nella comunicazione di backoffice (non sono state usate le precedenti convenzioni per rispondere). - Assenza di ascolto della rete. - Tone of voice errato (“io ho ragione”). UNA QUESTIONE DI CONTENT CURATION Il brand Total Beauty americano segue la notte degli Oscar e cita un’attrice postando una foto confondendola con un’altra. Da questo vengono prodotti una serie di memes e anche la vera attrice della foto commenta. Total Beauty dichiara di avere sbagliato su Twitter, però dato che si sta creando l’hahtag #ThatsNotOphra decide di usare questo hashtag per donare 10 dollari ad un’opera di carità. Anche i social media manager di Madonna pubblicano una foto su Twitter pensando che quella nella foto fosse lei e invece era Paola Barale che stava imitando Madonna. Un altro problema è un problema di audience ovvero che cosa succede quando il contenuto arriva all’audience sbagliata come nel caso del video che ha cominciato a circolare riguardo i dipendenti di Banca Intesa: succede che Intesa San Paolo lancia un contest interno all’azienda e dice di fare un video per raccontare il bello della propria filiale. Questo video però viene fatto girare e una persona decide di metterlo su Facebook e da lì si genera un problema a cascata perché diventa un video quasi virale, un video che le persone non sanno che era stato pensato per una circolazione interna e cominciano a pensare che sia brutto. Si genera un effetto dannoso per chi riceve i commenti e il video diventa un danno anche di reputazione per la banca (perché da un lato non si capisce perché il video circoli e dall’altro c’è un problema per chi è ripreso in questo video). Al di à dei commenti e dei problemi personali c’è stato un problema per la banca e un movimento di questi dialoghi tra brand perché Intesa San Paolo non ha comunicato niente riguardo questo fatto e non è stata una gran scelta perché l’azienda ha avuto anche delle critiche per come si è comportata con i suoi dipendenti. Questo è stato un epic fail della banca che non ha saputo gestire la comunicazione e un’occasione ghiotta per gli altri brand come Ceres che ha messo una foto su Facebook dicendo: “A cantare al bar siamo bravi tutti. Provate voi a farlo in banca” ed è arrivato a più di 2000 condivisioni. La circolazione fuori contesto è uno dei temi cruciali. C’è la pressione a produrre sempre più contenuti e sempre più velocemente: il caso del post del PD di Renzi cancellato e ripreso dalla Lega da Salvini che lo fa diventare un epic-fail. Una delle ragioni per cui si creano delle crisi comunicative è questa urgenza di avere contenuti da produrre che a volte hanno un effetto boomerang.