Scarica Web e social media secondo modulo e più Appunti in PDF di Sociologia Della Comunicazione solo su Docsity! Lezione 1: Search Advertising Il Search Advertising fa parte della prima delle tre aree tematiche che affronteremo nel corso di questo semestre, ossia il Digital Advertising, che affronta le basi delle forme di advertising attraverso motori di ricerca (di cui fa parte il SA) e i social media. Search Advertising: pubblicità che viene svolta e che viene realizzata all’interno dei motori di ricerca. Fa parte di quella tipologia di media (i cosiddetti paid media) che oggi sono a disposizioni delle aziende, delle imprese e delle istituzioni, ovvero tutti quei canali che dietro il pagamento da parte di impresa, associazione o istituzione, consentono di promuovere un contenuto che la riguarda. Per paid search si intende tute quelle forme di pubblicità a pagamento attraverso i motori di ricerca che si rivolgono direttamente al consumatore finale. Questa forma di paid media rientra nell’ambito di tutto quel settore di attività che viene definito Search Engine Marketing (SEM), ossia il marketing attraverso i motori di ricerca. Il marketing attraverso il motore di ricerca ha la sua radice storica alla nascita dei motori di ricerca. I motori di ricerca sono nati a metà degli anni ’90. 1995: il primo motore fu fondato da Larry Page e Sergej Brin, si chiamava BackRub, e si basava su un sistema di ricerca dei contenuti sul web (prima formulazione di quello che sarà Google) che valutava i link relativi ad un sito come voti positivi e di conseguenza ne stabiliva il ranking. BackRub svolgeva già un lavoro tipico di quello dei motori di ricerca: trovava nella rete tutti i siti pubblicati nella rete, ma poi dovendogli dare un ordine gerarchico (quello che si chiama ranking) definiva che bisognava collocare nelle prime posizioni i siti che avevano raccolto più link che rimandavano alle loro pagine. 1997: nascita di Google. 2000: nasce Google AdWords, il primo strumento di advertising completamente self-service, in grado quindi di vendere spazi pubblicitari; consente alle aziende proprietarie di siti internet, di pubblicare una campagna di annunci promozionali a pagamento associati a gruppi di parole chiave selezionate dall’investitore. È uno strumento che mette in contatto direttamente l’azienda proprietaria di un sito internet con il motore di ricerca, senza la mediazione di un’agenzia o di un professionista. É quindi il primo strumento di pubblicità creato da Google e messo a disposizione delle aziende. 2003: AdSense Google acquista l’azienda Applied Alliance con il relativo metodo di online advertising. AdSense è un sistema che permette di collegare l’ advertising ai contenuti di pagine di terzi, come siti web e blog. Fa una campagna di AdWords: oltre a farsi pubblicità sul motore di ricerca, farsi pubblicità su una serie di siti web, blog e altre pagine che sono collegate a Google in quanto sue partner. AdSense permette agli editori di visualizzare sul proprio sito inserzioni attinenti al contenuto pubblicato, ricavandone delle revenues (ottenere un guadagno). Nel 2003 si organizza quindi già la base della pubblicità attraverso i motori di ricerca. È possibile promuovere il proprio sito web all’interno dei motori di ricerca attraverso il sistema di Google AdWords ed esiste una rete di partnership tra Google e altri siti web, pagine, blog su cui si possono pubblicare delle inserzioni pubblicitarie. Poiché tutto questo funzioni è necessario che l’efficacia di tutte queste campagne sia misurata, si possa vedere un incremento di visualizzazioni, quanti click sono stati effettuati, quanto la pubblicità realizzata attraverso AdSense ha effettivamente raggiunto il pubblico. Perché tutti questi strumenti di digital advertising siano interessanti per le aziende, devono poter essere misurati del loro impatto. 2005: Google sviluppa Google Analytics, cioè mette a disposizione delle aziende che fanno pubblicità attraverso motori di ricerca dei programmi che permettono di avere informazioni dettagliate del traffico del proprio sito, cioè su quante persone passando dal motore di ricerca e/o qualche annuncio sponsorizzato, sono arrivate a visualizzare il sito dell’azienda. Siccome un elemento cruciale della pubblicità attraverso le piattaforme digitali è la capacità di raggiungere in modo mirato il proprio pubblico, Google sempre nel 2005 sviluppa Site Targeting, che permette agli inserzionisti in accordo con AdWords, di affinare la targetizzazione della pubblicità sul web. Nel 2005 quindi la struttura di marketing attraverso a Google è definitivamente è pronta. Strumenti che aziende e agenzie specializzate possono utilizzare per fare SEM Gli strumenti principali sono due, che corrispondono a quelle due prime basi del modello di pubblicità che Google ha organizzato e definito all’inizio degli anni 2000: 1. Keyword Advertising: strumento che corrisponde ad AdWords. 2. Annunci contestualizzati sul modello AdSense: sono quella parte di annunci sul modello comprato da Google che permette di pubblicare annunci pubblicitari su dei siti partner. Si tratta di annunci pubblicitari che vengono presentati solo a color che, attraverso le query inserite sui motori di ricerca e/o i siti (partner di ricerca) che stanno visitando, hanno mostrato in quel determinato momento, interessa verso quel prodotto o servizio: raggiunge gli utenti nel 1 momento in cui stanno cercando informazioni e consente di raggiungere target segmentati per interessi specifici. Non vengono presentati a una massa indistinta di pubblico, ma in modo virato solo ad alcune persone; queste persone non vengono selezionate sulla base delle loro caratteristiche di età, genere, provenienza ma sulla base degli interessi, non interessi generici, ma specifici che queste persone hanno espresso digitando alcune parole chiave sui motori di ricerca o navigando su alcuni siti partner di Google. Indipendentemente da quelle che sono le caratteristiche socio-demografiche del pubblico, gli annunci realizzati nel settore del Search Engine Marketing vengono visualizzati solo da persone che hanno già identificato un interesse specifico verso una tipologia precisa di prodotti o verso un prodotto. Ha quindi il vantaggio di raggiungere gli utenti proprio nel momento in cui stanno cercando informazioni, e di consentire di raggiungere dei target segmentati per interessi specifici. Il SEM ci parte verso una comunicazione d’impresa e attività di pubblicità che mira a un pubblico segmentato, in un momento specifico della sua navigazione. Keyword Advertising: è segnalato come “Annuncio”, con il link al sito dell’azienda, con una descrizione di qual è il sito e di quali sono i servizi piuttosto che i prodotti offerti, con un testo dell’annuncio un po’ più lungo che descrive meglio cosa si può trovare all’interno di questo sito. GoogleAds permette di realizzare degli annunci di questo tipo relativi al prodotto o al servizio offerto da un’azienda. La guida di GoogleAds ha tre obiettivi che Google permette alle aziende di raggiungere attraverso questi tipi di annunci: 1. ricevere più chiamate 2. incrementare l’offerta del proprio servizio e il numero di visite al proprio negozio 3. indirizzare gli utenti verso il proprio sito web, soprattutto se il sito web è uno strumento di e- commerce. Viene quindi utilizzato per attirare il traffico qualificato verso un sito e che hanno un ROI molto concreto, cioè un ritorno sugli investimenti molto concreto. Annuncio sarà strutturato a seconda dell’obiettivo che si vorrà raggiungere, e quindi porre attenzione al numero di telefono, alla mappa, al rimando del sito web. Per portare il cliente sul sito, sul punto vendita o portarlo a telefonare, la campagna di Keyword Advertising si basa sull’individuazione da parte dell’azienda di chiavi di ricerca idonee, cioè l’azienda prima di tutto deve individuare una serie di parole chiave che possono essere utili per portare le persone sul proprio sito, punto vendita o portarle a chiamare per fissare degli appuntamenti o usufruire dei servizi. L’azienda deve individuare quali possono essere le parole che abitualmente le persone digitano quando sono interessate al servizio o al prodotto simile a quello che l’azienda offre. Ci sono alcuni tools che l’azienda utilizza per individuare queste parole chiave, e sono: - Google Trends - AdWords Google Trends: serve per capire il grado di intensità di una determinata parola, in che periodo la parola è stata più ricercata, in quali regioni la parola viene cercata di più, gli argomenti correlati alla ricerca di quella parola, quali ricerche sono associate a queste parole chiave (es. oltre a smartphone che è la parola chiave, quale altre parole ricercano?). Accanto si può trovare anche lo strumento che offre la guida di Google AdWords per scoprire le parole chiave che si possono associare al tipo di prodotto o servizio che offro. Questo strumento di pianificazione delle parole chiave offre anche una serie di associazioni che si basano sull’analisi delle ricerche che le persone fanno attraverso Google. AdWords, in più rispetto a Trends, consente di capire più o meno quali offerte sono state fatte per quelle parole chiave. Ciò consente di descrivere un altro passaggio di pubblicità attraverso i motori di ricerca. Una volta determinate le parole chiavi più frequenti, l’azienda chiaramente dovrà fare un’offerta, cioè deve acquistare una porzione di queste parole chiave per poter vedere il suo annuncio pubblicato tra i primi risultati di ricerca per le persone che utilizzano quelle determinate parole chiavi (solitamente 1, 2 euro). Sulla base dell’offerta, Google pubblicherà l’annuncio di queste offerte su una scala gerarchica e poi a rotazione in modo che nell’arco della giornata tutte le aziende che hanno fatto un’offerta vedano pubblicato il loro contenuto. Il compito Keyword Advertising è di portare il cliente sul sito o nel punto vendita, in seguito a una ricerca su Google. Si basa sull’individuazione da parte dell’azienda di chiavi di ricerca idonee che porta alla creazione di aggregati di parole chiave (che diventeranno poi gruppi di annunci) dividendoli per concetti. Esempio di aggregato di parole chiave: abiti da sposa, vestiti da sposa, abiti da sposo, vestiti da sposo-> a questo aggregato corrisponderà un annuncio con un testo adeguato al contesto di ricerca di vestiti da sposa/o. Per assonanza o lavorando sui sinonimi è possibile costruire altri aggregati di parole chiave: giacche da sposo, scarpe da sposa, camicia da matrimonio, abito da cerimonia-> riguardano chi si accinge a sposarsi, ma anche gli invitati, quindi gli annunci saranno diversi 2 alla pagina internet del ministero quando la ricerca verte su temi legati al coronavirus. Twitter ha espresso l’intenzione di bloccare qualsiasi suggerimento automatico che potrebbe indirizzare verso contenuti ritenuti poco attendibili. Quindi orientare verso una fonte autorevole rispetto ai contenuti diffusi, in questo caso il Ministero e intervenire sui meccanismi automatici e algoritmi che suggeriscono possibili siti o profili da visitare sulla base di una ricerca fatta all’interno della piattaforma in modo che questi suggerimenti portino presso delle fonti affidabili. Sono due interventi molto significativi. Es: se io cerco coronavirus su Twitter, mi manda direttamente al sito del Ministero della Salute, bloccando ogni informazione sulla piattaforma che contiene la parola ‘coronavirus’. Facebook: la posizione di FB il 12 febbraio 2020 è un po’ diversa. Non accetta direttamente un accordo con il Ministero. FB si è mossa internamente per rivedere i contenuti sulla propria piattaforma grazie a una squadra di fact-checker. “Inizieremo a cancellare post con contenuti pericolosi, cercando di indirizzare i lettori ai siti con le notizie corrette. Le nuove misure verranno anche applicate agli hashtag che promuovono fake news tramite foto su Instagram” ha spiegato Kang-Xing Jin, capo della divisione sanità del social. È importante che chi usa FB non causi danno al pubblico. Per Jin le decisioni sui post da rimuovere si baseranno sui consigli delle principali organizzazioni sanitarie globali e locali. 11 marzo 2020: la posizione è totalmente cambiata, anche FB si è accordato col Ministero della Salute, e ogni volta che si digita coronavirus sulla pagina di ricerca di FB, manda direttamente al sito del Ministero. Stessa cosa per quanto riguarda Instagram: se si cerca coronavirus, si viene mandati ad altri profili, come il World Health Organization, Unicef, etc. È interessante vedere come piattaforme che non appartengano al mondo FB o Twitter, ossia piattaforme come TikTok, si sia mossa esattamente nella stessa direzione. 12 febbraio 2020: ogni volta che si ricercava coronavirus appariva un messaggio che suggeriva ai creators di contenuti per TikTok di tenere presente che dovevano verificare i contenuti che stavano condividendo con riferimento al tema del coronavirus e venivano sollecitati a non diffondere le news. 11 marzo 2020: anche TikTok ha cambiato il proprio approccio. Oltre alle sollecitazioni rivolte ai creators, c’è un rimando ad alcune informazioni utili riguardo al coronavirus, quindi a contenuti ospitati all’interno di TikTok che guidano verso una conoscenza affidabile sul tema del coronavirus. Nello scrolling di TikTok, cercando coronavirus, la piattaforma rimanda a fonti ed organizzazioni che possono essere affidabili e comunicano sul tema. Tutte le piattaforme intervengono dunque sull’algoritmo che determina la visualizzazione dei risultati in risposta alla parola ‘coronavirus’ utilizzata nella ricerca, in modo che i primi che compaiono siano fonti internazionalmente riconoscete come affidabili. Anche Pinterest è intervenuta nello stesso modo: a febbraio ha sollecitato i propri creators di scegliere contenuti che fossero affidabili, la stessa posizione di TikTok, una sollecitazione a non condividere fake news; a marzo Pinterest è intervenuta, limitando i risultati di ricerca ai Pin provenienti da organizzazioni sanitarie riconosciute a livello internazionale. Quindi in un modo ancora più deciso, se digito ‘coronavirus’ mi usciranno solo le campagne realizzate da organizzazioni mondiali/nazionali. Le piattaforme social quindi si sono comportate non solo come piattaforme tecnologiche che abilitano la produzione e la condivisione di contenuti, ma anche piattaforme i cui algoritmi regolano la visualizzazione dei contenuti e la loro natura. Da questo cambiamento non si potrà facilmente tornare indietro. Si tratta di un cambiamento strutturale che investe la natura della piattaforma social e il loro rapporto con il contenuto, congiungendo quello che di fatto è il ruolo che questi mezzi hanno nella società e quello che i loro proprietari immaginano e attribuiscono loro come significato. Lezione 2b: Le forme del Facebook advertising Siamo nella prima area tematica del corso, ossia il digital advertising, in particolare il digital advertising attraverso i social media. Si tratta sempre di paid media, ossia tutte quelle forme in cui, dietro il pagamento da parte di impresa, associazione o istituzione, consentono di promuovere un contenuto che la riguarda. Si parlerà sempre di forme pay di advertising, quindi di annunci che si rivolgono al pubblico nel suo complesso che usa piattaforme social. Il tema di oggi sono quindi le forme di comunicazione pay attraverso Facebook, oppure le forme di FB advertising. Il contesto Fan page: pagine aziendali che FB mette a disposizione per chi vuole utilizzare la piattaforma non soltanto come strumento di comunicazione personale ma come strumento di business. Le pagine fan nascono molto velocemente dopo l’apertura di FB alla grande massa di utenti (2006); nel 2007 apre la possibilità di costruire delle pagine che non siano pagine personali di individui ma delle pagine aziendali. La differenza fondamentale è che queste pagine non implicano la reciprocità nel 5 modo di fare amicizia o di mettersi in contatto con gli altri utenti; chiunque può seguire le pagine dove un’azienda condivide i propri contenuti relativi al proprio prodotto, relativi alla propria attività, valori, brand identity che non necessariamente prevedono che l’azienda diventi amica dei fan, ma prevede che i fan possano seguire la pagina dell’azienda. Es: Nespresso. La pagina fan non sostituisce il sito web, ma si aggiunge alla comunicazione che un’azienda fa attraverso il sito web; è un ponte che viene costruito dall’azienda tra i suoi potenziali/attuali clienti e il sito web. Nel tempo si sono consolidate le funzioni della pagina fan di un’azienda, ossia: • convogliare traffico qualificato verso un sito web: utilizzare la pagina fan per far si che gli utenti di quella pagina possano cliccare un link all’interno della pagina stessa o dei singoli post e accedere a sua volta al sito web. I vantaggi: gli utenti che della pagina FB accedono al sito del brand sono già interessati al brand; se ne possono conoscere le caratteristiche socio- demografiche, gli interessi. Sono utenti definiti di qualità. • stabilire una connessione costante nel tempo: non è semplice per un brand poter interagire quotidianamente con i suoi clienti o i potenziali clienti. La pagina fan è un mediatore della relazione con il brand (e il suo sito). Consente di stabilire una relazione a lungo termine con le persone potenzialmente interessante al sito e chiede ai fan un’azione a basso investimento come il like, e offre in cambio una proposta ad alto valore come il piano editoriale.Piano editoriale: insieme di contenuti che vengono pubblicati all’interno di una pagina fan o di una pagina aziendale all’interno di FB. • favorisce un word-of-mouth automatico (la pagina FB può innescare cicli di passaparola) che si innesca a partire dalla visibilità da parte di amici dei like sulla pagina e attraverso la condivisione di contenuti pubblicati dal brand. La pagina fan ha a disposizione per operare all’interno di FB i seguenti strumenti: - strumenti pay: annunci, sponsored stories, promoted posts; - strumenti owned: contenuti non sponsorizzati pubblicati sulla pagina fan senza un investimento economico; - strumenti earned: word-of-mouth e sharing Forme di comunicazione pay attraverso Facebook La prima tipologia è quella delle inserzioni: corrispondono a veri e propri annunci pubblicitari che compaiono con la scritta ‘sponsorizzato’ e che promuovono un’azienda, un’attività, un’offerta di servizi. Queste inserzioni sono create da un’azienda che deve avere una pagina fan dentro FB e sono rivolta a un pubblico individuato a partire da una profilazione e quindi da alcune caratteristiche che vengono indicate come tipiche dei soggetti che devono visualizzare questa inserzione. Se cerco ‘perché visualizzo questa inserzione?’ Potrebbe uscirmi perché ho un’età pari o superiore ai vent’anni e vivo in Italia (es. bravo club) oppure se ho già usufruito dello stesso servizio (es. QCTerme) oppure ancora se si desidera raggiungere persone simili ai propri clienti (es. car2go)-> età, luogo, dati demografici (alcuni esempi di linee guida). Le inserzioni si rivolgono quindi a qualsiasi utenti di FB che corrispondono a dei criteri di profanazione. Oggetto: promozione di siti, prodotti. Obiettivo delle inserzioni: - aumentare le vendite del sito - far scaricare un’app - raggiungere maggiore notorietà per il brand - generare un flusso di informazione sui clienti La seconda tipologia sono inserzioni caratterizzate dall’essere focalizzate sul mi piace: sono tutte quelle inserzioni che ci presentano una pagina aziendale all’interno di FB e ce la segnalano in quanto delle persone che appartengono alla nostra rete sociale hanno già messo like a quella pagina. Sono inserzioni che si focalizzano sul raccontare che altre persone che appartengono alla mia cerchia hanno già messo like. Non c’è esclusivamente la presentazione di un prodotto o di un servizio ma c’è la presentazione della pagina fan (es. piace a Camilla Cova-> pagina FB di Zanichelli). Serve a promuovere in primo luogo la pagina e solo in seconda battuta il prodotto o servizio che l’azienda realizza. Queste inserzioni sono rivolte ad amici dei fan. Obiettivo: promuovere la pagina presentandola a persone interessate ai contenuti o ad aziende simili. La terza tipologia è quella dei post in evidenza: una volta che esiste una pagina fan dell’azienda è possibile scegliere alcuni post di particolare rilievo e interesse e sponsorizzarli in modo che siano visibili a un numero di persone più ampie rispetto ai fan della pagina. In questo caso non si crea un annuncio che sponsorizza un prodotto, non si crea un annuncio che sponsorizza una pagina, ma si crea un post che è semplicemente un post della pagina, lo si sponsorizza e si fa in modo che possa raggiungere non solo i fan della pagina, ma anche persone che hanno delle 6 caratteristiche socio-demografiche particolari e che hanno alcuni interessi in comune. Sono rivolti a fan della pagina, a pubblici simili, a pubblici profilati. Obiettivo: - ottenere già reazioni, condivisioni e commenti; - raggiungere nuove persone potenzialmente interessate alla pagina. Lezione 2c: La profilazione degli utenti di Facebook Siamo sempre nell’area tematica di Digital Advertising sui motori di ricerca e social media, e ci stiamo occupando di paid media, strumenti che aziende hanno disposizione a pagamento per comunicare le attività del proprio brand ad un pubblico di utenti. Profilazione degli utenti: tutti quegli strumenti che FB mette a disposizione delle aziende per poter mirare, localizzare, dirigere ai soggetti, che possono essere interessati a prodotti o servizi offerti, la comunicazione di chi ha una pagina fan su FB e produce beni materiali o servizi. Le inserzioni su FB sono parte di un sistema d’asta-> ogni volta che c’è un’opportunità per mostrare un’inserzione a qualcuno, si verifica un’asta per determinare quale inserzione mostrare a tale persona. Ciò significa che ogni volta che una persona che appartiene a uno specifico target (es. donna di 30 anni che risiede a Milano e ha interesse per sport e montagna) si apre la possibilità per tutte le aziende che hanno determinato una profilazione delle proprie inserzioni come rivolta a questo tipo di target, la possibilità di veder realizzata la loro inserzione. Quindi sulla base di una serie di criteri viene selezionato quale annuncio verrà mostrato a questa persona. L’azienda che con la sua inserzione risulta vincitrice dell’asta è quella che ha realizzato il valore totale più alto su questi tre indicatori: • Offerta: cioè l’offerta imposta da un’inserzionista per tale inserzione, è un criterio che si basa sulla quantità di denaro che ogni azienda ha investito nella campagna; • Tassi di azione stimati: una stima della possibilità che una persona interagisca o effettui conversioni da una particolare inserzione, quindi quanto è probabile che quella persona, di cui abbiamo descritto sommariamente le caratteristiche, interagisca o effettui conversioni (cioè compra qualcosa, si iscrive a newsletter) da una particolare inserzione? Vengono valutati anche sulla base di quanto nel passato le inserzioni di quell’azienda sono riuscite a raggiungere quel target. • Qualità dell’inserzione: insieme di feedback delle persone che visualizzano o nascondono l’inserzione e valutazione degli attributi di bassa qualità nell’inserzione, cioè un’insieme di indicatori che la piattaforma ritiene caratterizzino degli inserzioni di bassa qualità (es. troppo testo nell’immagine, omissione di informazioni, linguaggio sensazionalistico ed engagement bait). I tassi di azione stimati e la qualità dell’inserzione misurano la pertinenza dell’inserzione rispetto al pubblico individuato: la profilazione è parte della qualità dell’annuncio, perché quanto più accuratamente viene profilato l’utente, tanto più sarà probabile che questo interagisca, tanto più gli annunci risulteranno pertinenti e tanto più ci sarà possibilità che l’inserzione venga visualizzata. Realizzare una buona profilazione del proprio target nel momento in cui si costruisce una campagna di advertising attraverso FB è un elemento cruciale perché nel sistema ad asta che FB propone e a cui FB sottopone a tutte le inserzioni, la pertinenza è un momento importante. I criteri di profilazione degli utenti Si distinguono diversi criteri: • Socio-demografici: quelli che ci descrivono sulla base delle nostre caratteristiche di età, residenza, capitale culturale (ciclo di studi), capitale economica (occupazione e reddito), ma non tutti possono essere utilizzati all’interno della piattaforma FB poiché si possono utilizzare solamente i dati di cui FB è in possesso, e sono quelli che gli stessi utenti di FB hanno utilizzato per costruire il loro profilo, per descrivere se stessi. Normalmente sono a disposizione dati demografici, relativi all’età, al genere (escludono chi non li ha specificati), città di residenza (dichiarata o definita sulla base dell’indirizzo IP) e avvenimenti importanti (es. compleanno). È importante ricordare che la profilazione degli utenti FB viene effettuata soltanto sui dati che vengono messi a disposizione nel momento in cui viene compilato il profilo. Es: annuncio per sole donne-> solo chi ha dichiarato di essere donna potrà vedere l’annuncio. • Interessi: sono espressi su FB attraverso i descrittori delle pagine cui si è messo like (parole chiave tratte da questi descrittori). Es. se io ho messo like a una pagine che tratta di sport e montagna, tutti i descrittori che utilizzati per descrivere di cosa parla quella pagina (dall’azienda, all’istituzione, all’associazione) rappresenteranno gli interessi che vengono associati alla persone che ha messo like a quella pagina. Si tratta di categorie delle pagine like (es. cibo e bevande). Tuttavia non tutte le parole chiave che descrivono una pagina rappresentano in effetti 7 Attraverso una SMCS, un’azienda che si rivolge direttamente al consumatore finale, quindi produce prodotti che vengono venduti agli utilizzatori finali (Business To Consumer B2C), possono essere diversi. Obiettivi: • customer retention/loyalty: mantenere una relazione stretta con i propri clienti, aumentare la fedeltà dei clienti verso il brand perché trovano questi contenuti di qualità che consentono un coinvolgimento. • engagement: rendere gli utenti partecipi della cultura del brand, dei valori, delle attività comunicative del brand; • brand awareness: continuare a far conoscere ed espandere la visibilità del brand. La SMCS ha obiettivi molto concreti rispetto all’attività dell’azienda, non è un’aggiunta agli obiettivi di marketing ma è parte di una strategia di marketing che si rivolge ai clienti, ne vuole aumentare la fedeltà e la costanza di relazione col brand, li vuole coinvolgere e vuole ampliare la conoscenza del brand. Per fare tutto ciò, l’azienda deve operare come una media company. EC=MC “every company is a media company”: ogni azienda all’interno del contesto comunicativo contemporaneo è chiamata ad operare come una media company. Media company: un soggetto che idea, produce e distribuisce contenuti realizzati con competenze professionali, ma pronti e distribuiti online. Si tratta anche di un’innovazione organizzativa che investe le aziende e il loro rapporto con le agenzie perché ci sono delle tipologie di contenuti nuovi da produrre che non sono legati all’advertising ma proprio a questo bisogno di interagire con i propri clienti, reali o potenziali, attraverso uno scambio di informazioni e un dialogo basato su temi di interesse comune. Questa trasformazione implica che l’azienda deve immaginare di rivolgersi non solo a un target di utenti da convincere all’acquisto, ma anche a un pubblico di un’offerta culturale che è necessario attrarre e fidelizzare. Per rivolgersi a tale pubblico è necessario che l’azienda individui a quale bisogno vuole rispondere con i suo contenuti, che può essere: • informazione • educazione • intrattenimento • sevizio • partecipazione La costruzione della SMCS chiaramente non è necessario che si focalizzi su uno solo di questi bisogni; è necessario che l’azienda comprenda il suo target e il suo pubblico a quali bisogni può essere interessato e che componga una SMCS in cui alcuni contenuti forniscano informazioni (es. sul settore del food, abbigliamento, viaggio), dei tutorial per l’uso dei prodotti o servizi, di intrattenimento (es. condivisione di video che raccontano esperienze avvincenti), offerte di servizi e offerte di partecipazione (es. raccontare le proprie esperienze). La strategia non deve basarsi su uno solo di questi bisogni, ma tutti. Strumenti per il raggiungimento di tali obiettivi La SMCS deve porsi degli obiettivi, e l’azienda adotta particolari strumenti per soddisfare i propri obiettivi. • Awareness: per raggiungere e aumentare l’awareness di un brand o di un prodotto, la strategia è quella di fare in modo che gli utenti intercettino dei contenuti in grado di soddisfare le motivazioni che li spingono a utilizzare la rete, e cioè l’azienda deve fornire dei contenuti che rispondano ai vari bisogni. L’azienda così può cominciare a costruire consapevolezza del proprio brand come un brand affidabile e interessante. • Consideration: rendere il pubblico contento dei contenuti proposti tanto da rendersi disponibile ad essere ricontattato per averne di nuovi ed essere nutrito con contenuti di valore. Il pubblico deve essere soddisfatto di questi contenuti tanto da essere disponibile a rendersi riconoscente attraverso un like/follow. • Conversion: sollecitazione, nell’ambito della comunicazione, all’attivazione di comportamenti d’acquisto. Una volta stabilita la relazione tra brand e utenti allora possono esser inseriti dei contenuti finalizzati a presentare il prodotto e che sollecitano un comportamento d’acquisto, ma solo dopo che è stata costruita la brand awareness e solo dopo che si è instaurato un rapporto di consideration per cui gli utenti si sono resi disponibili a mantenere aperto questo contatto e scambio di contenuti di qualità con il brand. • Loyalty: offerta di contenuti personalizzati per chi ha già compiuto un acquisto fornendo risposte ai bisogni specifici (assistenza, tutorial), ma che sono anche semplicemente dei contenuti rivolti specificamente a chi è già cliente del prodotto. • Advocacy: produzione di contenuti mirati ai clienti più fedeli più presenti; coinvolgimento nelle attività dell’azienda, valorizzazione dei clienti fan. 10 Esempio: Storytel-> è uno dei produttori e distributori di libri oggi più attivi in Italia; ha un profilo Instagram e FB e svolge un’attività molto ricca su entrambi i profili. Awareness di Storytel: impegno costante perché è un brand giovane, che lavora in un settore di nicchia che si sta oggi espandendo e non ancora del tutto consolidato. Per aumentare l’awareness del brand l’azienda ha deciso di lanciare un prodotto che si chiama “storie della quarantena”, disponibile sulla piattaforma Storytel e su una serie di altre piattaforme free e che viene comunicato all’intento dei profili social. In questo modo anche chi non ha idea dell’esistenza di Storytel può incontrare all’interno della navigazione sui social, la presentazione di questo brand ma attraverso l’offerta di un prodotto che è in sintonia con lo stato d’animo che tutti stiamo vivendo, ossia la percezione di essere coinvolti in una fase di quarantena e il bisogno di condividere storie della stessa esperienza. Storytel ha inoltre costruito dei post su FB che raccontano qual è il progetto di comunicazione e di produzione a cui risponde questa “storie della quarantena”, invitando inoltre a leggere un articolo uscito su Post che parlava di loro. Consideration: Storytel su FB si rivolge a chi è già fan della pagina. Si rivolge ai propri followers con un consiglio rivolto specificamente a loro; si tratta di intercettare il bisogno di intrattenimento che caratterizza le persone di questo periodo e per la serata del 12 marzo, Storytel propone una specifica lettura. Mentre prima invitava alla lettura di un articolo del Post e che quindi una testata giornalistica letta anche da persone che non sono fan del profilo, in questo casi post è rivolto esclusivamente a chi è già fan del profilo. In un altro esempio Storytel ha pubblicato un post dicendo che David Foster Wallace è uno degli autori americani più amati dagli utenti di Storytel-> è una risposta al bisogno di avere nuovi testi da leggere di questo autore che Storytel sa benissimo essere proprio dei suoi lettori proprio perché a ogni nuova uscita dei volumi di questo autore ha un grande riscontro. Quindi conoscendo le preferenze del proprio pubblico, Storytel risponde a un bisogno che è tipico di chi conosce la piattaforma e di chi lo segue su FB. Convention: serie di contenuti pay rivolti a sollecitare nuovi utenti ad abbonarsi a Storytel perché non si acquistano i singoli libri ma si fa un abbonamento a Storytel. Loyalty: Storytel soprattuto su Instagram e le sue stories molto spesso propone dei contenuti che sono rivolti esplicitamente agli utenti che sono già fedeli della piattaforma, e una di queste forme per esempio è quella di Quiz. Storytel Quiz non si rivolge a utenti occasionali dei libri, ma bensì a una persona che legge molto, segue spesso le storie della piattaforma e che quindi si lascia coinvolgere in questa dinamica. È sicuramente anche una forma di promozione. Advocacy: sempre sulle Instagram stories molto speso vengono pubblicate delle brevi recensioni fatte da utenti fedeli e assidui delle piattaforme Storytel e anche utenti assidui del profilo Instagram, perché questi utenti scrivono le recensioni taggando Storytel e vengono poi ripubblicati all’interno delle stories Instagram della piattaforma, gratificandoli come utenti fan e coinvolgendoli nella produzione dei contenuti della stessa piattaforma. Approfondimenti e ulteriori contenuti: capitolo 2 Social Media Marketing. Lezione 3b: Content Strategy - destinatari e organizzazione Siamo nell’area tematica di Digital Communication, in particolare la content strategy per la promozione delle attività culturali e commerciali, che fanno parte sempre dei owned media. Ma a chi ci si rivolge? Qual è l’audience? Il modello personas A partire dagli anni ’90, per individuare a chi ci si rivolge con un prodotto o con una strategia di produzione, si è cominciato a utilizzare un modello definito personas. Si tratta di un modello che serve a definire e descrivere i soggetti che possono essere destinatari di un prodotto o dell’attività di comunicazione. La Social Media Content Strategy (SMCM) deve contenere temi che interessano a loro (loro: la parte dei social media users che possono interessarsi al prodotto/ servizio offerto). Quindi la SMCM deve rivolgersi a coloro che possono essere interessati al prodotto o servizio offerto dall’azienda, ma intercettandoli a partire dai loro gusti, interessi e temi che li appassionano. Per descrivere questi loro viene usato il modello personas, per cercare quindi di dare una caratterizzazione e una fisionomia a questi soggetti potenzialmente interessati ai prodotti e servizi e che costituiscono il pubblico della produzione culturale che un’azienda affida alla distribuzione dei canali social. Il modello personas affida questa descrizione alla ideazione di personaggi finzionali le cui caratteristiche descrivono specifiche tipologie di consumatori e utenti, effettivi e potenziali, di prodotti/servizi. Significa che il modello personas non si tradurrà in una serie di dati o caratteristiche espresse attraverso un modello astratto ma cercherà di dare forma a tutti i dati e informazioni che un’azienda possiede sui clienti/potenziali clienti, nell’ambito di personaggi che possono rappresentare nella realtà le diverse tipologie di soggetti interessati a prodotti/servizi. Si inventano cioè dei personaggi che hanno delle 11 caratteristiche di potenziali utenti. Sono quindi dei tipi ideali di consumatori. Queste personas si realizzano costruendo dei profili concreti e dettagliati di ciascun segmento di pubblico di interesse per l’azienda. Ogni azienda non si rivolge a un’unica persona, per questo si trova sempre il plurale nella definizione del modello. Anche la SMCM (contenuti prodotti per poi essere distribuiti sui canali social) non si possono rivolgere a un’unica tipologia di cliente, ma devono essere in grado di parlare a tutte le tipologie di clienti ideali che un’azienda ha. Queste personas vengono costruite su una base di informazioni (non in astratto o intuito), ma processi di costruzione molto concreti e basati su informazioni che un’azienda ha sui propri clienti: • dati raccolti in rete: informazioni che utenti lasciano sul sito, navigando all’interno della rete, usando piattaforme social (es. profili social dei fan di una pagina di un’azienda, caratteristiche socio-demografiche, chi mette like, etc). • interviste: svolte in ambito delle ricerche di marketing di cui sono sempre molto ricche. • richieste arrivate al servizio clienti: ad esempio chi ha comprato un prodotto cosa chiede, chi chiede informazioni prima di comprare un prodotto su che cosa si informa, etc. Tutte queste fonti forniscono delle informazioni importanti sulle caratteristiche degli utenti di un prodotto o servizio, e anche caratteristiche su quelle che possono essere i destinatari di una comunicazione social. Esempio: profilo di una buyer persona (nome: Giulia) quindi un potenziale acquirente di un prodotto. I settori nei quali vengono suddivise le informazioni che si hanno su un potenziale cliente (di cui si ha nome e talvolta fotografia) sono diversi: - background (lavoro, titolo di studio, vita privata) - caratteristiche socio-demografiche (sesso, donna, residenza, etc). - elementi identificativi (stile di vita, profili social, hobby) - citazione (frasi pronunciate dal soggetto che diventano particolarmente significative per descrivere questa persona). - obiettivi che si pone il soggetto - sfide a cui sta cercando di dare risposta - proposta di valore che si può fare a questo soggetto - messaggio di marketing (presentazione breve) che potrebbe funzionare con questa persona. La buyer persona serve anche per immaginare quali contenuti è possibile veicolare, che possono interessare a una persona come lei. Il valore aggiunto del modello personas Il valore aggiunto è proprio il fatto che si tratta di persone verosimili, quindi più facili da immaginare come interlocutori e si tratta di modelli facilmente condivisibili anche tra più soggetti. È più facile immaginare di rivolgersi a delle persone verosimili (es. Giulia o Veronica dell’esempio prima) e capire quali sono le differenze necessarie nel parlare con loro che non invece basarsi soltanto su un database. Il modello della SMCM non è soltanto un modello che implica il fatto che l’azienda faccia media company, ma è anche un modello che si rivolge a dei destinatari specifici che sempre più spesso vengono individuati attraverso questo modello descrittivo che è quello della personas. Ma la SMCM quanto viene effettivamente utilizzata all’interno delle aziende italiane? Vengono riportate sotto qualche informazione che emergono nella ricerca annuale dell’osservatorio sul social media marketing dell’università IULM fa ai socialmediability delle aziende italiane in collaborazione con l’agenzia BlogMeter, la quale rileva dati sull’uso della rete da parte anche delle aziende. • la strategia di gestione della pagina FB: quasi la metà utilizza un approccio strategico, coordinato e continuativo di comunicazione. Il 45,3% delle aziende italiane che utilizzano una pagina FB hanno implementato una SMCM. 22,8%: strategia comunicative coerente al brand, ma una tantum (ossia vengono implementate delle SMCM ogni volta che bisogna lanciare un prodotto o comunicare qualcosa di significativo relativo al brand e quindi sono strategie occasionali, non accompagnate da una strategia di lungo termine in relazione col cliente). Nel 16,6% dei casi invece si ha un’assenza di strategia comunicativa, ma si adotta un re-sharing di eventi/notizie di altri ambienti aziendali (es. quelli proposti da uffici stampa). 15,3%: solo iniziative spot, dedicate a comunicare promozione o eventi). Il comportamento ideale delle aziende è quello con la percentuale maggiore (45,3%). • storytelling (narrazioni principali su FB): chi sono gli attori, qual è l’azione, lo scopo, che strumento viene utilizzato e la scena. Obiettivo: analizzare lo storytelling generato da ogni brand sui propri canali social. Il modello utilizzato è quello della struttura pentadica della storia, 12 • acquisire clienti: l’obiettivo è quello di spingere le persone ad acquisire dei beni o servizi. Il focus dovrà essere sul prodotto, affrontando tematiche relative al prodotto e non solamente promuovendo il prodotto. • creare engagement: coinvolgere in modo più intenso e significativo la propria fan base nella comunicazione attorno al brand. Il focus in questo caso è il pubblico, il target della comunicazione perché l’obiettivo è quello di renderli partecipi nella comunicazione del brand, di renderli quindi parte della strategia di comunicazione. 3. Contenuti: anche i contenuti si possono dividere in: • identità: quali sono i punti di forza, i valori, le unicità. • relazione: quali sono i temi di discussione che si possono affrontare col proprio target • linguaggi: qual è il linguaggio che l’azienda vuole tenere o tiene abitualmente nella comunicazione con il proprio pubblico. L’ironia per esempio è compresa o no? Quindi i tipi di post, i tipi di storie, anche in termini di linguaggio devono essere omogenei alla strategia comunicativa dell’impresa nel suo complesso. 4. Fonti: set di domande che comprende: • l’impresa e l’agenzia a cui eventualmente si appoggia sono in grado di produrre tutti i contenuti? Es. una blog serie con una puntata alla settimana è nell capacità di produzione dell’impresa e dell’agenzia a cui si appoggia? Non è sempre possibile tutte le tipologie di contenuti per ragioni di risorse umane, di budget, di competenze. • fanno content curation? Cioè di cercare online, dei contenuti, delle notizie, delle informazioni, dei suggerimenti relativi all’ambito di cui si occupa l’impresa e condividerli, aggiungendo contenuti al piano editoriali senza caricare l’impresa e l’agenzia di ulteriori costi e risorse produttive. • coinvolgono i loro utenti? cioè quello che gli utenti condividono taggando il brand o possono far diventare virale in modo autonomo, che può essere vitale per l’impresa. Quindi a quali fonti voglio attingere? Le tipologie di contenuti Una prima tipologia di contenuti interessante e molto presente all’interno dei piani editoriali sono quelli relativi all’educazione e alla formazione: non si tratta di contenuti di tipo scolastico, ma di contenuti che insegnano qualcosa all’utente relativo al mondo a cui appartiene il brand, e i prodotti che il brand commercializza. Contenuti che raccontano come si fanno delle cose, es. ricette per il mondo del cibo. Tra i vari contenuti troviamo: - tutorial - Q&A: sessioni di domande e risposte - suggerimenti, informazioni pratiche (tips&tricks) - best practices/casi interessanti: es. la migliore torta fatta con i pan di stelle - guide - elenchi di risorse utili - definizioni/dizionari - how to su temi di lifestyle - dati e risultati di ricerche - scenari e trend Esempi: tutorial su come sporcare meno le lavastoviglie (mondo del food) e un tutorial su come disinfettare al meglio lo smartphone (mondo degli interessi degli utenti). La seconda tipologia di contenuti è legata all’informazione, ossia condividono informazioni riguardo a qualcosa. Tra questi distinguiamo: - news: in un lavoro di content curation per esempio - eventi/manifestazioni: quando possibile invitare anche a participare a tali eventi - contenuti narrativi sulla storia dell’azienda, i valori, la mission, l’identità - anteprime - esperienze dei dipendenti e clienti Esempi della cucina italiana: evento realizzato online-> appuntamento al pomeriggio con una serie si chef; e una serie di interviste che la direttrice di ‘cucina italiana’ fa con una serie di personaggi, chef, ed esperti legati al mondo della cucina. Tutti contenuti a carattere informativo. La terza tipologia è quella legata all’entertainment, ovvero racconti divertenti, news particolari, che possono riguardare: - storie su temi caldi del settore - notizie originali - citazioni, massime proverbi - aggregazione di contenuti divertenti 15 - advergames Si comunica con un tono ironico o comunque ha una finalità di intrattenimento. Esempio: condivisione di una notizia originale e curiosa da parte di ‘cucina italiana’ che si pone il seguente quesito: i cani possono mangiare la pasta o no? Altro esempio: ‘Pescaria’ un ristorante che ha un tono molto scherzoso, per comunicare la consegna a domicilio attraverso glovo dei propri piatti ha usato un meme personalizzato. In entrambi i casi quindi vengono fornite informazioni ma con un tono molto diverso, più scherzoso. L’ultima tipologia è l’engagement, ossia il coinvolgimento del pubblico. Troviamo: - richieste dirette (sondaggi, domande) - contest, concorsi e crowdsourcing - dibattiti Anche in questo caso le leve dell’engagement e il tono devono essere coerenti con le strategie comunicative dell’azienda. Esempio: ‘pescaria’, scrive un post dove dice: ‘quando nevica in Puglia c’è solo una cosa da fare: friggere! Voi cosa avete fritto oggi?’ quindi una call to action molto divertente che porta le persone a commentare sulla loro pagina; mentre un altro esempio è un post sempre di Pescaria dove chiede agli utenti qual è il primo posto dove andranno a fine quarantena. Approfondimento: capitolo 2 Social Media Marketing. Lezione 4b: Piano Editoriale - Case History Case History Pescaria: brand che ha sviluppato una strategia di comunicazione basata esclusivamente sulle piattaforme di social media. Si tratta di un locale di ristorazione nato a Polignano a Mare, oggi presente anche a Milano e altre città italiane. Storia del brand e concept Il concept del brand nasce nel 2015. Il core product è rappresentato da piatti a base di pesce, ispirati alla tradizione eno-gastronomica pugliese e magistralmente rielaborati in chiave moderna e raffinata dal pluripremiato chef Lucio Mele. È quindi un concept di ristorazione fondato su una radice eno-gastronomica ma anche di reinterpretazione da parte di un giovane chef. Questa è l’idea di partenza di questa attività. Tuttavia, quello che lo caratterizza di più sono i personaggi che hanno concretizzato quest’idea in un’iniziativa di business. I soggetti Nel 2015 i tre soggetti che i mettono in rete per sviluppare quest’iniziativa di business sono: • Bartolo L’Abbate che rappresenta la Pescheria Lo Scoglio, pioniera nel reinventare una pescheria a misura di ristorante. È il fornitore della materia prima. • Lucio Mele, Michelin BIB gourmand a 32 anni e con un percorso stellare tra le cucine di Iaccarino e Sadler. È colui che reinterpreta la tradizione culinaria pugliese in chiave innovativa. • Domingo Iudice, cofondatore di Brainpull, agenzia di Marketing diventata leader in Puglia nel suo settore in meno di 5 anni di attività. È il comunicatore. La rete tra questi tre soggetti è quella che costituisce la specificità di questo brand. La strategia Tra febbraio e aprile 2015 si comincia a costruire la comincia a costruire la comunicazione attraverso piattaforme social prima ancora del lancio del business a Polignano (pre-lancio). Ciò avviene prima di tutto attraverso un’attività di ascolto della rete. Si tratta della ricerca di quali sono i trend più importanti nella comunicazione legati all’attività che si vuole esercitare, in questo caso i trend che emergono sono food e food photography. A partire dall’individuazione di questi trend viene costruito un piano editoriale in cui si cerca di creare una conversazione puramente divulgativa su un argomento diffuso, ossia il consumo di pesce crudo e la cultura del prodotto ittico. All’interno del segmento legato al food hanno quindi individuato una tematica che fosse ancora più vicina alla propria attività. All’interno dei profili social dei tre personaggi precedenti si incomincia ad alimentare una conversazione attorno a queste tematiche (produzione e condivisione contenuti su questi temi). Si inizia dunque a raccontare qual è il concept dell’attività che si vuole aprire e si comincia prima ancora che esistano i prodotti a diffondere delle immagini in anteprima dei prodotti (colorazione marcata degli ingredienti, fotografie in primo piano dei sandwich e diffusione di prodotti in mano a un potenziale cliente). Parte poi un’altra sezione della comunicazione pre-lancio del business (nel frattempo Pescaria ha aperto un proprio profilo social) dove si applicano dei criteri di: - profilazione geografica (10 km dal punto vendita) 16 - profilazione per target affini a quelli di coloro che avevano partecipato alle conversazioni e alle sollecitazioni fornite dai tre protagonisti nella presentazione del concept. Il fine è quello di incrementare il numero di like e anche un engagement sui singoli post. 26 maggio 2015: apertura di Pescaria a Polignano a Mare. Questo strategia di pre-lancio effettivamente genera grande interesse attorno al locale che viene riempito molto velocemente nei primi giorni di apertura. Anche il nome Pescaria viene definito attraverso a un contest lanciato sul profilo di Iudice in cui si chiede di ideare un nome per questo locale, e tra i tanti nomi proposti dal pubblico viene scelto Pescaria. Anche il nome viene scelto attraverso le piattaforme social e in collaborazione col pubblico. Si identificano così ancora in modo più chiaro quali sono le caratteristiche di questo concept: • rivisitare lo street food basato sul prodotto ittico; • pesce/qualità della materia prima • panini ideati da uno chef • campagna di comunicazione social. 2016: Il locale apre a Milano. Anche in questo caso viene utilizzata una strategia di pre-lancio. Profila la promozione su pubblici simili a quelli he hanno già aderito l’iniziativa Polignano a Mare, questa tipologia di pubblico viene identificata come quella ideal del locale e della sua comunicazione social, quindi i post relativi all’apertura a Milano vengono promossi su pubblici sosia che risiedono a Milano. A questo punto esiste un profilo social consolidato così come una fan base sulla base della quale si può immaginare un pubblico simile: è una strategia che caratterizza questa modalità di comunicazione attraverso le piattaforme social. Dicembre 2016: il video Overture Pescaria vince il premio Sky come miglior video promozionale, quindi i video che vengono prodotti per le piattaforme social raggiungono una qualità e presentazione tale da fargli vincere anche dei premi. Piano editoriale odierno di Pescaria Lavoriamo sul profilo instagram, dove Pescaria ha 175 mila follower. Ha un solo profilo ufficiale, ha un target e un pubblico decisamente interessante. Analisi del mese di Gennaio (per contenere le tempistiche della lezione, altrimenti sarebbe meglio un trimestre): in questa tabella ci sono gli screenshot del profilo di Pescaria di tutto il mese. Non tutti i giorni sono presenti dei post, anzi in particolare modo dopo la conclusione delle feste natalizie (dopo l’Epifania) non ci sono più post perché evidentemente è una strategia di comunicazione che tiene a focalizzassi soprattuto sui giorni della settimana perché evidentemente il suo target ha più frequenza e partecipazione durante la settimana. Prima osservazione: nonostante l’assenza della domenica, Pescaria presenta una frequenza di pubblicazione del 85,1%, percentuale molto alta in un mese. Seconda osservazione è quella relativa ai formati: esiste un formato che caratterizza la comunicazione di Pescaria, che è il formato immagine, i quale ha un’iconografia molto specifica e ricorrente, ossia una fotografia molto ravvicinata del prodotti e degli ingredienti, una insistenza sulla colorazione dei singoli ingredienti e l’iconografia tipica è quello del prodotto tenuto in mano di un potenziale consumatore o da chi lo offre al cliente. Quindi emergono le mani, il prodotto, i colori, la fotografia ravvicinata. iconografia molto chiara, ricorrente e marcata. Immagine fotografica come elemento centrale. È normale che poi ci siano anche altre immagini che spezzino questo elemento ricorrente. Ci sono anche video nei due giovedì centrale del mese, e ci sono 4 giorni in cui sono presenti delle ricondivisioni di contenuti prodotti da altri utenti (repost), sono sempre immagini ma con formato differente. Formati: 59,2% foto; 14,8% repost; 7,4% video; 7,4% collages. Terza osservazione: riguarda i temi, poiché il piano editoriale è dato dalla calendarizzazione, dalla frequenza di pubblicazioni, dal formato con cui viene presentato il contenuto e dai temi affrontati. Questo è un piano editoriale focalizzato sul prodotto (59,2%), a seguire il consumo, ossia i repost degli utenti, dove il brand affida ai clienti il racconto dell’attività di consumo (11,1%), la real time communication, cioè post che sono agganciati a temi di discussione, dibattito, contest, catene (11,1%) e la preparazione del prodotto attraverso i video (3,7%). È un brand che non ha abbandonato l’ascolto della rete. Quarta osservazione: ovviamente le immagini sono accompagnate da un testo di riferimento, questo perché la presentazione del prodotto non è fine a se stesso ma è agganciato alle esperienze quotidiane degli utenti. La comunicazione è focalizzata sul racconto del prodotto ma questo prodotto si aggancia ad alcune tematiche specifiche (es. food photography, a sensi di colpa per aver ecceduto nel cibo per via delle vacanze, al fatto che il 6 gennaio sia l’ultimo giorno di festa, ai temi della real time communication, al blue monday, al tentativo di mettersi a dieta, iniziative di beneficienza ecc). Ciò significa che nell’immaginare e proporre agli utenti questi post il brand pratica un costante ascolto della rete anche per quanto riguarda le tematiche attorno a cui vi 17 - Profilo FB: informale e legato al mondo sportivo; focus sul personaggio sportivo, e quindi sulla partecipazione alle gare, alle sue performance e carriera, più focalizzato su una dimensione specifica. - Profilo Twitter: formale e soprattuto ai rapporti con il mondo dell’informazione e dei media. Lezione 5b: Personal Branding - MABI (Model of Athlete Brand Image) Athlete Branding Un atleta è un personaggio che certamente ha una visibilità pubblica e quindi può essere oggetto di un’operazione di branding che riguarda la sua figura fisica. Athlete branding vuol dire quindi immaginare l’atleta come un brand per promuovere lui ed eventualmente il suo team. La declinazione della persona, dell’atleta all’interno di un processo di athlete branding implica raccontare diversi aspetti della sua vita e della sua personalità: la carriera, il team, le cause, l’intrattenimento, e gli viluppi futuri della sua vita. Comprendere l’opportunità: capire se il processo di branding è utile all’atleta e in che termini/in che misura tutto questo può servire alla comunicazione dell’atleta. È molto importante per gli atleti che praticano sport non considerati quotidianamente (scherma, MMA, ecc) dai media, trarre vantaggio dall’uso dei social media e dalla creazioni di contenuti online per creare attenzione, promozione, incremento della conoscenza dello sport e per costruire il loro personal brand (NB: il processo di athlete branding vale anche per grandi atleti sportivi come Cristiano Ronaldo). Quindi queste sono le opportunità che si possono cogliere attraverso la costruzione di una pagina dedicata a uno specifico atleta che lo racconta come un brand. Comunicare l’Athletic Start Power: cominciare a interrogarsi rispetto al singolo atleta, in cosa consiste la sua unicità ma anche il suo potenziale come singolo brand o star. Caratteristiche che rendono un atleta ‘star worthy’: • esperienza come atleta • affidabilità professionale: quindi l’affidabilità nella costanza dei risultati ma anche nella costanza degli allenamenti. • personalità apprezzabile/positiva: quelli che poi diventano oggetti di racconto. • attrattività sociale: oggetto d desiderio di emulazione (es. impegno ad attività sociali o personali di successo) • stile caratteristico: unicità e specificità nel modo in cui l’atleta svolge la sua performance. Secondo passo: identificare e comunicare il potenziale dell’atleta come star, studiando le performance, le attività di comunicazione, e le caratteristiche della personalità dell’atleta. Immaginare i destinatari: il percorso di costruzione dell’athlete branding non si rivolge a un’unica tipologia destinatario, ma se ne distinguono 4. Il personal branding serve nelle relazioni con almeno quattro soggetti: • fan: mantenere e consolidare la relazione, ma anche veicolare le forme di una corretta tifoseria. • sponsor: comunicare la performance, ma anche la propria identità come sportivo. Il singolo atleta deve anche costruire delle relazioni con dei potenziali sponsor. Capacità di presentarsi come un soggetto interessante anche in termine di compatibilità di valori tra quello che l’atleta racconta di sé sui social e i valori delle aziende. • tecnici: comunicare qual è lo specifico modo di affrontare lo sport di un atleta, poiché i tecnici decidono chi inserire all’interno del proprio team. Quindi la relazione tra tecnici e atleti passa anche attraverso un percorso di racconto da sé (meno evidente nel calcio, di più nella corsa per esempio). • giovani atleti: comunicare perché è bello praticare uno specifico sport, i suoi valori, le storie di vita degli atleti. Target di possibili nuovi allievi o coloro che saranno gli immediati successori all’interno di un team. Target a cui l’atleta si rivolge anche indirettamente. Applicare un modello: gli studiosi hanno messo a punto dei modelli che tendono ad essere delle rappresentazioni onnicomprensive dei contenuti utili da inserire all’interno della comunicazione social di un atleta. In particolare modo si considera il MABI (Model of Athlete Brand Image), uno dei più completi nel descrivere tutte le tematiche possibili che possono essere declinati nella comunicazione all’interno del profilo social di un atleta. In sintesi questo modello fa riferimento a tre grandi aree di comunicazione attorno cui si può costruire l’athlete branding: • performance: è l’attributo tipico del ‘prodotto atleta’, ossia di un soggetto che compie performance sportive e accede a delle competizioni e riporta dei successi, quindi il ruolo principale dell’atleta è di produrre performance e successi atletici. Il racconto della performance deve comprendere almeno 4 sotto tematiche: - esperienza come atleta: aver acquisito successi ma anche disporre di abilità particolari. 20 - stile di gara: ogni atleta ha delle sue specifiche caratteristiche nel modo di realizzare le proprie performance in gara, ha una propria personalità e una specifica filosofia di gara. - spirito sportivo: ossia il comportamento virtuoso sul campo, il rispetto delle regole, la sua integrità personale come sportivo. - competitività: il comportamento verso gli avversari, in alcuni casi anche collaborativo.
Es: come la Pellegrini racconta la sua performance-> spiega che a un certo punto è arrivata a vincere 5 medaglie, dopo 15 anni di carriera, racconta la vittoria in una staffetta come un traguardo plurimo (racconta la storia di sé); usa una foto di gara in bianco e nero per raccontare com’è il vissuto di un atleta durante una performance, momento di unicità che li differenzia rispetto all’altra. Terza foto: foto di una competizione dove un’atleta cade e si fa male, un’altra atleta si ferma e la va ad aiutare. • atleticità: ossia il racconto degli allenamenti, la dimensione di fisicità di un’atleta. È un attributo indipendente dal ‘prodotto atleta’, è tutto quello che non riguarda la performance (allenamento, dimensione del fitness, etc). Attrattività dell’aspetto come parte del modello delle celebrities. Elementi di questo punto: - atleticità: capacità e caratteristiche fisiche che consentono un’espressività fisica differente dai non atleti, non alla portata di chi non è un atleta. - unicità: lo stile personale dell’atleta (movimenti caratteristici) stile di abbigliamento sportivo e altri aspetti che ne definiscono l’unicità - fitness: la cura dedicata alla salute del proprio corpo, allo sviluppo di concentrazione e controllo; all’alimentazione anche come messaggio di chi segue l’atleta.
Es: sempre la Pellegrini-> prima foto racconta il suo allenamento, e i gesti atletici che la distinguono da qualsiasi altro sportivo; seconda foto è legata alla dimensione del fitness, foto della Pellegrini in un centro di allenamento ma viene ritratta mentre beve un prodotto salutare con frutta che contengono vitamine (mantenimento della propria fisicità); la terza foto racconta l’unicità dei gesti atletici che caratterizzano la Pellegrini, racconta una serie di tipicità che si distinguono dalla performance. • lifestyle: ossia tutti gli aspetti che possono rientrare nella descrizione dello stile di vita degli atleti, mantenendo vivo gli aspetti di desiderabilità sociale, e qualità positive legate alla sua personalità. È un attributo indipendente del prodotto atleta, e racconta un sistema di valori che definisce l’unicità dell’atleta. È il racconto della quotidianità dell’atleta sotto forma di storytelling. - racconto della propria storia: il racconto della propria vita al di fuori dello sport: passioni, interessi, lavoro. - modelli di comportamento: valori e comportamenti legati ad essi, in che modo si traducono in impegno sociale ed affidabilità. - attività relazionali: in che modo l’atleta interagisce coi fans e con i giovani atleti.
Es: Pellegrini-> primo post dove racconta di una sensibilità rispetto agli incendi avvenuti in Australia e i koala andati a fuoco; secondo post dove racconta un tour che ha fatto per promuovere la disciplina del nuoto anche nei confronti di giovani che si affacciano al nuoto agonistico e possono essere motivati nel perseguire la propria carriera; terzo post racconta gli interessi e passioni della Pellegrini, ossia la sua passione per gli animali e una sua dimensione affettiva; quarta foto racconta un altro lavoro della Pellegrini ossia Italia’s Got Talent. In sintesi, per athlete branding si intende quindi il processo di costruzione del racconto di un atleta attraverso i propri profili social mettendo a fuoco tutte le dimensioni che potenzialmente lo rendono una star, che sulla base del modello condiviso comprende il racconto della performance, dell’atleticità e del lifestyle. Lezione 6a: Personal Branding - analisi di caso Sport non caratterizzato da un’ampia attenzione mediale, sport di cui i parla soprattutto durante le olimpiadi, ossia la canoa. Immagine: i 10 atleti che hanno conquistato medaglie nel circuito mondiale/ol impico e hanno una presenza su Instagram certificata. È una ricerca originale svolta all’interno dell’UCSC. La presenza complessiva di questi 10 importanti atleti corrisponde a 21 801 post; una frequenza media di 32, 65% (=molti atleti pubblicano molto poco, mentre sono presenti atleti che pubblicano con una media di un post al giorno); media di follower: 21 mila persone. Rispetto ai temi appena visti, tra tutti gli atleti considerati nel mondo della canoa troviamo un equilibrio tra le tre parti che compongono la declinazione tematiche dello storytelling dell’atleta: 34% dei post sono dedicati alla performance; 29% atleticità, e 37% al lifestyle, quindi con un equilibrio quasi perfetto della narrazione. Come si declinano queste tre tematiche: • il racconto della performance positiva è molto presente, ma non occupa la prima posizione. Segue un modello narrativo ricorrente e include anche il ricordo delle vittorie passate. Il raconto delle proprie performance sportive comprende (dove è possible) anche premi vinti non in gara o il successo mediale. Il racconto dell’attività sportiva è affidato alla narrazione degli allenamenti che costituiscono il vero centro narrativo dei profili. • il secondo nucleo è quello legato all’atleticità, rappresentata soprattuto attraverso video e immagini degli allenamenti (preparazione alla performance). L’unicità del gesto atletico si accompagna alla rappresentazione dell’unicità dei luoghi in cui questi si svolgono. La messa a tema dello spirito sportivo speso trova spazio proprio nel racconto degli allenamenti e prevale la narrazione della determinazione, capacità di sopportare la fatica e volontà di non arrendersi anche davanti alle sconfitte. Es: due atleti che raccontano gli allenamenti e la preparazione o il momento post gara raccontando la difficoltà di affrontare ad esempio una sconfitta e la fatica che segue a un allenamento. • il terzo elemento è il lifestyle, che rappresenta una componente di rilievo nel branding degli atleti: questo include l’impegno sociale che si declina della partecipazione a infestazioni benefiche o al sostegno di cause tra le quali dominano, ad esempio le mobilitazioni contro la violenza sulle donne e la promozione della ricerca sul cancro. Include il rapporto con i fan e con i giovani atleti. Ospita le comunicazioni promozionali legate spesso a prodotti integrativi dell’alimentazione. In parte minore include la narrazione della propria vita familiare e della propria identità nazionale. EsempiO di impegni sociali: la prevenzione e l’assistenza alle donne maltrattate. Atleta del mondo della canoa scelto con più followers (quasi 50 mila), e con una frequenza di pubblicazione di post maggiore è Fernando Pimenta, canonista portoghese il quale ha vinto un numero significativo di premi. Analisi della distribuzione complessiva dei post nei primi tre trimestre del 2019 (da gennaio a settembre 2019): il rapporto tra le tre componenti è diverso: solo 23% di spazio dedicato alla performance; 30% dedicato all’atleticità e il 46% al lifestyle. Performance: il 42% dei post inerenti all’area della performance parla appunto di performance, quindi di gare, delle vittorie e sconfitte, di chi ha aiutato e sostenuto, dei viaggi; 15%: spazio dedicati ai ricordi; 12% dedicato a premi vinti indipendente legati alla performance (es. come miglior sportivo); 11% dedicato alla performance per come viene richiesto a questo atleta di raccontarlo nei media; 20% dedicato allo spirito sportivo, in particolare al racconto di com’è il rapporto con gli avversarsi, l’allenatore e qual è il modo di prepararsi mentalmente alla gara. Quindi il racconto della performance è in sé molto articolato. Modello di racconto di una gara: partenza-> allenamento pre-gara-> performance-> risultato-> trofeo-> ringraziamento. Struttura narrativa che questo atleta ha costruito. Aiuta la comprensione, la lettura del profilo Instagram dell’atleta. Atleticità: è un racconto anch’esso caratterizzato da tutta una serie di sotto argomenti: il cuore è rappresentato dalla dimensione dell’atleticità (54%); il 19% è legato al racconto dei luoghi dove si svolgono gli allenamenti (specificità di questo sport); 2% post sulle terapie; 1% post su sponsor; 24% dedicato sempre allo spirito sportivo nel momento di allenamento e preparazione alla gara. Alcuni esempi: sponsorship-> fase di defaticamento con prodotto che si può utilizzare in quei momenti; seconda foto dove si evidenzia l’unicità del luogo; terzo post foto insieme ad altri atleti che gareggeranno tra loro durante un allenamento insieme (senso di rispetto e collaborazione). Lifestyle: 59% dei post riguarda la storia personale; il 6% l’impegno con i giovani atleti; 7% l’impegno sociale; 19% gli sponsor (ambito di integratori alimentari e alimentazione); 6% fans e 3% fitness. Es: rapporto coi fan in un post dove l’atleta racconta una sessione di autografi; l’impegno a un evento dove vengono affrontati temi legati alla salute; ulteriore post dove si racconta una sua passione, ossia una passione per il calcio. Storia personale: anch’essa ha delle sotto declinazioni. È costituita per il 29% da affetti e famiglia; 17% vita quotidiana; 17% viaggi e patria; 34% passioni; 4% eventi. Obiettivo: il modello della MABI è un modello che viene utilizzato non solo per analizzare i profili degli atleti ma anche per costruire il brand dell’atleta perché questa distribuzione di percentuali non è casuale. Costruzione di narrazione quanto più possibile a 360° dell’atleta. 22 La fisionomia in Italia degli influencer • la prima caratteristica è quella di avere una fascia d’età molto giovane, anche perché gli stessi influencer sono spesso ventenni. Infatti la maggioranza degli intervistati dichiara di essere under 20. È anche vero che sono presenti delle persone che appartengono a generazioni più anziane, caratterizzate dalle essere state tra le prime a utilizzare queste piattaforme digitali, e che quindi hanno cominciato come blogger, e poi sono passati a utenti social media. Quasi il 60% degli influencer italiani è under 30. il 38,3% è under 20; il 21,7% ha tra i venti e i trent’anni. Utilizzo primario di piattaforme quantomai vicine al pubblico giovane come Instagram e Youtube. Tra i 30 e 40 si ha un segmento altrettanto pesante come quello dei 20-30enni (23,3%), e un 16,7% sopra i 40 anni-> quelli che hanno iniziato a usare i social media con blog o sono stati pionieri della piattaforma Instagram. • i principali settori all’interno della quale si inseriscono gli influencer sono quelli del fashion, lifestyle, travel, sport, arte e cultura, salute. • il principale canale utilizzato dai creator (influencer) in Italia è instagram (53,2%), poi c’è FB (18,5%), nonostante non sia ideale poiché la reciprocità delle relazioni tipica di FB obbliga chi vuole aprire un’attività di influencer su FB ad aprire una pagina e quindi a rinunciare a una parte importante della reciprocità di FB. Seguono poi i blog (9,2%), soprattutto quelli legati al food e al travel; Twitter (7,9%); Youtube (5,1%); LinkedIn (4,2%); Snapchat (1,9%). Si conferma quindi Instagram per quanto concerne il fenomeno degli influencer. Retribuzione degli influencer Un mercato ancora da farsi, anche per quattro riguarda il modello di retribuzione. La piattaforma dell’influencer marketing è sempre più pay. Prioritario è il pagamento a contenuto prodotto, cioè per ogni post che parla del brand riceve una specifica retribuzione (51,6%) senza calcolare la performance. Il 28,3% concerne il pagamento al contenuto più variabile, ossia il post viene comunque retribuito, ma si aggiunge una parte variabile al compenso a seconda della performance generata. Il 14,1% delle retribuzioni riguarda una forma di pagamento a performance (interazioni ricevute, visite al sito, ecc), e quindi gli influencer vengono pagati se raggiungono una determinata performance. I follower Una prima classificazione degli influencer è stata fatta sulla base della quantità di follower-> non è l’elemento centrale nel percorso di scelta di influencer ma è un elemento importante per distinguere le varie tipologie di influencers. Esistono tre tipologie di social media influencer: • Micro-influencer: > 1,000 followers. Es. Gloria Strabla (mamma giovane), Bertra official (influencer che adotta uno stile ironico nel raccontare le esperienze della vita quotidiana), Simone Mondino (traveller). Sono molto simili ai follower a cui si rivolgono e contemporaneamente hanno la capacità di raccontare la loro vita quotidiana. • Macro-influencer: > 100,000 followers. Es: A gipsy in the kitchen, Deborah Fulli make up. Il mondo dei macro-influencer è quello più settoriale, è quello che riesce ad essere più influente su un tema o su un aspetto specifico. • Celebrities: > 1,000,000 followers. Es: Chiara Ferragni, Gianluigi Buffon, Francesco Nappo (fotografo). Da queste tre principali tipologie se ne sono sviluppate poi 5 molto più dettagliate: - mega influencers > 1 milione: incrementano la visibilità e la riconoscibilità del brand. Meno utili per creare un legame stretto con il target. - macro influencers > 500k: campagne su larga scala, supporto ai brand ma non hanno molta esperienza nella comunicazione social per raggiungere target più minuti e specifici. - meso influencers 50k - 500k: campagne mirate; incremento dell’awareness e creazione di interazione. - micro influencers 5k - 50k: campagne che si giovano di una relazione stretta con i follower, di contenuti di sicuro interesse con grande capacità di engagement e di suscitare fiducia. Meno visibilità del brand - nano influencer > 1000: campagne di engagement. Si sta raffinando sempre di più la relazione tra brand e influencer. La scelta di influencer dipende molto dagli obiettivi che si pone un’azienda. I brand dunque non sempre scelgono i macro influencer. I brand scelgono micro influencer nel momento in cui hanno obiettivi di engagement e mirano alla qualità dei contenuti anche se i dati di performance degli influencer non sono utilizzati principalmente come criterio di scelta. Categorie di influencer 25 Classificazione internazionale degli influencer: identifica 5 tipologie di influencer con le loro specifiche caratteristiche. • Advocate: tipo di influencer earned, spesso non retribuiti, che parlano del brand e della loro esperienza di consumo anche se non c’è un riconoscimento formale o un’affiliazione col brand. Parlando della loro esperienza col brand esprimono una valutazione positiva e una recommendation, una call to action all’acquisto e un invito all’uso. Si basa su un coinvolgimento emozionale verso il brand che si vuole comunicare. Può essere occasionale o ripetuta nel tempo. È una promozione dell’acquisto di prodotti. Una ricerca della Nortwestern University ha individuato la percentuale di volume di vendita di prodotto che può essere mossa da un advocacy, ossia del 53%. Es: Alessandra Ventura per ApmMonaco (brand di gioielli). No retribuzione. • Ambassador: tipo di figura paid. Sono riconosciuti formalmente come rappresentanti di un brand e possono parlare a suo nome, ne fanno un racconto costante. Sono un’estensione del brand anche se possono anche non lavorare direttamente per il brand. Hanno caratteristiche sintoniche con il brand. Sono chiamati a rappresentare il brand per tutta la durata dell’accordo. Possono anche essere ambassador di più prodotti/brand o attività anche no-profit. L’ambassador comunica la passione per il brand e rende più ampia e forte l’adesione al brand. Es. Ramona Amedeo per FitVia. • Citizen: influencer earned perché raramente c’è un rapporto di partnership e retribuzione col brand. Sono influencer che condividono informazioni con una rete di persone con cui sono in contatto. Non necessariamente fanno promozione, non sono legati a un brand. Condividono informazioni e opinioni. Scrivono recensioni per il pubblico ma in genere non lo fanno con un fine commerciale o per influenzare i propri lettori. Scrivono e condividono lungo il percorso della propria vita quotidiana. Somigliano agli opinion leader di cui i social network hanno ampliato la portata. Non sono in grado di influenzare in modo significativo le vendite, ma la reputazione del brand. Es: mamme blogger sono solite a fare recensioni di determinati brand (es. tessuto di abiti, alimentazione bambini. • Professional & Occupational: paid. Gli influencer professionali sono persone che dedicano parte della loro attività all’influenzare le persone. Possono anche essere policy makers o bloggers. Il loro ruolo è quello di acquisire informazioni e condividerle con il proprio pubblico con l’obiettivo di influenzare l’opinione. Parte della loro attività professionale è dedicata all’influenza. Discorsi pubblici, incontri professionali o eventi. Sono intercettati dalle PR dei brand perché hanno sia l’autorità che la reach per essere influenti. Sono particolarmente competente in uno specifico settore. Es: mondo del travel, Human Safari aka Nicolò Balini. • Celebrity: paid. Individui il cui nome ha raggiunto un alto livello di notorietà e genera fascinazione in buona parte del pubblico. Sono pagate per far leva sul proprio status di celebrities per influenzare il pubblico. Possono agire per un brand ma anche per una causa. Il loro discorso mette al centro il coinvolgimento emotivo. Sono sotto contratto in forma esclusiva o meno. Possono anche agire come advocates. Hanno una reach più alta degli altri influencers e il loro impatto è più facile da misurare. Es. Valentino Rossi. Lezione 8a: Influencer: elementi per l’analisi Elementi caratteristici della comunicazione di un influencer, al fine di identificare e descrivere gli influencer: • Specifici aspetti socio-demografici: in particolare modo gli influencer possono essere suddivisi per fascia d’età e quindi per descrivere le caratteristiche del singolo influencer, un primo elemento di cui bisogna tenere conto è la sua profilazione socio-demografica. Si tratta di usare questa profilazione per descrivere le caratteristiche di un influencer che si rivolgerà a un pubblico che anche se non è della stessa età, avrà delle affinità sotto questo aspetto. Si intende età, collocazione geografica, etc. • Canali su cui gli influencer sono principalmente attivi: in questo momento Instagram è il canale su cui gli influencer tendono ad essere più attivi. Tuttavia gli influencer possono essere attivi anche su più canali in contemporanea. Sono descrizioni di carattere generale. Contenuti Anche per quanto riguarda gli influencer, ci sono contenuti che vengono privilegiati e c’è una segmentazione di formati che vanno tenuti presente. Per quanto riguarda il lavoro degli influencer che si svolge principalmente su Instagram, si tiene conto di diverse tipologie di contenuti. - Segmentazione di formati che gli influencer utilizzano: tiene conto della presenza di immagini, della presenza di video, dell’uso di stories ed eventualmente anche dell’uso di blog. Il 66% degli influencer usa molto spesso le immagini; il 7% usa molto spesso i video; il 35% usa molto 26 spesso le stories mentre il 17% usa blog condivisi poi anche sulla piattaforma Instagram. Si evince che il video è ancora un formato residuale. Questi dunque sono i principali formati utilizzati. - Topic: focalizzazione su temi specifici dell’attività degli influencer. Sono segmentabili dunque anche per settore su cui comunicano, settore su cui hanno una competenza specifica e su cui raccontano la loro vita quotidiana e/o esperienze e fanno anche comunicazione su brand. Nell’area dell’entertainment si propone come esempio i TitToker. Sono i settori su cui gli influencer si focalizzano maggiormenteQueste percentuali non riguardano l’importanza dei settori. Queste percentuali sono relative al tasso di trasparenza del rapporto tra influencer e brand nei diversi settori. L’attività degli influencer nel momento in cui promuove il brand deve prevedere un hashtag con cui fa notare pubblicamente che si sta trattando di una promozione pubblicitaria (solitamente si usa #adv #advertising #advertisement, etc). Attraverso l’hashtag si comunica l’idea che vi è una partecipazione con l’azienda. - Fiducia: gli influencer devono anche costruire una relazione specifica di fiducia con i propri interlocutori. Legame forte con l’autenticità, poiché un influencer per esercitare la sua influenza deve costruire una relazione di fiducia con i suoi interlocutori, altrimenti resta semplicemente un testimonial che fa pubblicità a un prodotto, ma con una garanzia di efficacia della sua comunicazione molto meno ampia. Poiché questo funzioni, gli influencer devono essere in grado di attuare all’interno dei propri profili delle strategie che li rendano autentici e che li consentano di costruire una relazione di fiducia con i propri interlocutori. Le strategia individuate sono: • rappresentazione di una connessione con l’audience: raccontarsi come influencer ma anche come parte di un’audience, di raccontare qualche elemento comune che connetta l’influencer con la propria audience. Es. l’estetista cinica, che ha adottato un linguaggio, un modo di raccontare, che è molto più vicino a quello delle sue potenziali clienti e/o followers grazie alla sua chiave ironica. • messa in scena della trasparenza nei giudizi: un utilizzo della esplicitazione dei propri criteri di giudizio anche nei post non necessariamente sponsorizzati e che faccia percepire l’influencer come un influencer affidabile. Anche indipendentemente dalle attività sponsorizzate, gli influencer possono raccontare i criteri che utilizzano per giudicare una certa tipologia di prodotti (es. food), che si pensa possano essere gli stessi criteri adottati per la scelta nello sponsorizzare un determinato prodotto/servizio. • interpolazione diretta dell’audience: costruire dei testi, che accompagnano l’immagine, che si rivolge direttamente all’audience, quindi quando influencer danno del tu alla propria audience, ci si rivolge in modo personale, in modo da costruire una dimensione di intimità e di relazione diretta molto importante nella costruzione dell’autenticità e della fiducia. • disvelamento del backstage della vita quotidiana: accanto alla comunicazione più formale, più curata alla qualità dell’immagine, alla qualità dei testi, raccontare una serie di backstage non solo della vita quotidiana ma anche della creazione del post, e del proprio lavoro è un elemento che sempre costruisce un senso di autenticità e fiducia. • racconto emozionale: dare spazio al racconto delle emozioni che accompagnano le esperienze descritte all’interno dell’attività di influencer (es. travel influencer: emozioni positive o negative che hanno accompagnato un viaggio). Collaborazioni Parte fondante della figura dell’influencer sono le collaborazioni con i brand. Si possono individuare diverse tipologie di collaborazione che gli influencer citano come più importanti. Il lavoro di content creazione ambassador sono un po’ meno frequenti, quindi si tratta perlopiù di collaborazioni brevi e finalizzate a campagne di breve termine, quelle che caratterizzano in questo momento gli influencer italiani. 27 cosa si può dire di Giuli Gartner, che realizza delle immagini molto meno eccezionali rispetto ai travel influencer più importanti.Analizzando la figura del travel influencer è importante fare una distinzione tra post branded e non branded. Post non branded: si presta attenzione verso: • caratteristiche socio-demografiche dell’influencer; • piattaforme utilizzate; • formati (immagini, video, stories, blog); • topic e sub-topic; • autenticità e fiducia Post branded: si andrà ad osservare: • tipologia di post (test di prodotto, eventi, creation, concorsi, esperienza, ambassador) • percentuale di post branded • lunghezza delle collaborazioni • percentuale di trasparenza • oggetto delle immagini dei post branded (interno/esterno; persona/non persona) • collocazione della mention del prodotto. Caso di studio: @takemyhearteverywhere profilo instagram di una coppia di influencer che hanno un’attività anche imprenditoriale: vendono filtri per realizzare foto simili a quelli che pubblicano sul loro profilo. Caratteristiche non branded: • caratteristiche socio-demografiche dell’influencer: due ragazzi di 22 anni attualmente residenti a Milano, con una passione per il viaggio e per il racconto di viaggio e man mano hanno sviluppato un business che si basa sulla vendita di filtri che loro utilizzano e creano per realizzare queste immagini. Lavorano dal 2015, prima come un travel blog e poi con il profilo Instagram. Storia giovane ma già molto strutturata. • piattaforme utilizzate: Instagram, seguito poi da FB, Pinterest, sito web e blog. • formati (immagini, video, stories, blog): piano editoriale del mese di Gennaio 2020. Non c’è una frequenza di pubblicazione quotidiana perché in un racconto di viaggio non c’è pubblicazione quotidiana. Si evince subito la loro cifra stilistica, ripetuta e mantenuta costantemente in ogni foto. 100% immagini. Uso delle stories non particolarmente frequenti. • topic e sub-topic: non c’è una frequenza elevata di post branded (solo 2), il resto sono non branded. 53% di post dedicati alla rappresentazione di paesaggi intesto come landscape (attenzione non si focalizza su uno specifico edificio); 21% dei casi l’attenzione si focalizza su uno specifico edificio che ha un valore storico e identificativo del luogo (ponte dei sospiri a Venezia); 16% esperienza di viaggio (colazione, snack, pranzo in hotel o nel luogo in cui ci si trova); 11% esperienza del viaggiatore. Post non branded sono accompagnati da testi, che esplicitano come va letto l’immagine. • autenticità e fiducia: autenticità di essere vicini e affidabili verso il pubblico a cui si riferisce. Le 4 strategie sono: interpellazione diretta rivolta ai follower in cui viene chiesto di rispondere e commentare; capacità di entrare in connessione con i propri followers, in questo caso portando vicino il pubblico a immaginare un’esperienza molto suggestiva; dimensione emozionale, legati a il modo in cui si decide di costruire il racconto che anche in questo caso genera sintonia e autenticità; infine c’è la dimensione di backstage, frammenti di racconto che rinviano il fatto che dietro a queste immagini molto suggestive c’è comunque un vissuto di vacanze effettivamente realizzate. Post branded: • tipologia di post (test di prodotto, eventi, creation, concorsi, esperienza, ambassador): primo post è post sponsorizzato perché c’è il riferimento dell’albergo ed è un unicum di post dedicato a questo luogo. Il secondo è un rapporto di sponsorship in cui i due autori di questo profilo sono degli ambassador perché quello che viene sponsorizzato sono i TMHEpresets che sono i filtri che loro vendono per realizzare questo tipo di immagini e di foto. • percentuale di post branded: 10,5% • lunghezza delle collaborazioni: ambassador. • percentuale di trasparenza: no riferimento specifico all’adv. • oggetto delle immagini dei post branded (interno/esterno; persona/non persona): esterni che in un caso racconta una esperienza di viaggio e nell’altro caso racconta il prodotto (i loro filtri). • collocazione della mention del prodotto: per quanto riguarda il post dove si sponsorizza il loro prodotto la mention arriva alla fine, mentre per il secondo post la promozione viene inserita nel flusso del discorso (mezzo). 30 Lezione 9a: Metodologie di analisi degli users Definisce gli strumenti attraverso cui viene analizzato il contesto e la performance di chi professionalmente utilizza i social media come strumento di comunicazione nell’ambito della comunicazione delle imprese, dello sport, degli influencer. Area di metodologie di analisi degli users. Terza area tematica, ossia metodologie di analisi e valutazione, in particolare web analytics e sentiment analysis. Ultimo versante di questo processo. Misurazione Perché bisogna misurare i risultati di una campagna di comunicazione realizzata attraverso i social media? Perché in tutti i casi affrontati fino ad ora ma anche da parte di organizzazioni no profit, è necessario comprendere se si sono raggiunti gli obiettivi e per riuscire a comprenderlo è necessario misurare come ha funzionato la campagna. Questo ‘come ha funzionato una campagna’, nell’ambito di un’organizzazione profit deve comprendere anche una valutazione di che tipo di ritorno economico questa campagna ha generato. Per una campagna di comunicazione realizzare attraverso i social media deve generare un ROI (Return On Investment), misurazione usata dalle imprese per comprendere se un investimento in termini di comunicazione ha poi avuto un impatto, e quindi c’è stato un beneficio di ritorno all’azienda grazie a questa campagna. ROI significa dunque misurare in che termini l’investimento economico legato alla campagna di comunicazione ha generato un ritorno economico positivo per l’azienda che ha investito. Es. nella pubblicazione di un libro. Il ROI in questo caso si misura con: vendite del libro x prezzo del libro x diritti d’autore) - costo della campagna / costo della campagna. Al posto delle vendite si possono misurare anche: • l’incremento di traffico al sito; • fan e followers che si sono generati rispetto a una pagina piuttosto che a un profilo Instagram; • sentiment e awareness; Valutazione economica più complessa. Obiettivo: quantificare i risultati raggiunti attraverso una campagna di comunicazione. Tra i costi ci possono essere: • costi dello staff che gestisce i social media; • costi delle campagne pay (es. se compro degli annunci, se faccio promozione dei post o della pagina stessa); • costo dei contenuti creati da content creators, come fotografi, videomaker, etc. Figura professionale emergente. Per spiegare come funziona la misurazione del ROI è stata costruita una piramide, che veicola un concetto ben preciso: tutti i social media offrono delle metriche di misurazione (delle relazioni, delle conversazioni, delle interazioni)-> queste metriche sono uno strumento, ma non sono l’obiettivo perché vengono utilizzati per misurare se gli obiettivi prefissati sono stati raggiunti, quindi per misurar il ROI di una campagna di comunicazione, le metriche offerte dai social media devono essere utilizzati in rapporto agli obiettivi e alle metriche di business che ci si è posti. Obiettivi di business: es. l’impresa con una campagna di comunicazione, attraverso i social media, può porre come obiettivo quello di generare ricavi con la vendita di libri ma può proporre anche di migliorare la customer experience, ossia l’esperienza che i miei clienti hanno con il prodotto che io offro, e la relazione tra brand e prodotto. In questo caso entrano in gioco le cosiddette metriche di business, ossia numero di vendite, ma anche incremento della positività dell’esperienza. A questo punto entrano in gioco le metriche dei social media, e la domanda: quali metriche dei social media mi servono per capire se questo incremento della customer experience/generazione di ricavi è stato raggiunto oppure no? Nel caso della generazione di ricavi andrò a vedere quanti libri ho venduto; se devo migliorare la qualità della customer experience avrò bisogno di diverse metriche dei social media, come ad esempio una sentiment analysis, ma anche analisi delle interazioni. Ascolto della rete Strumento di analytics ma che viene applicato prima dello sviluppo di una campagna. Elemento di contesto per capire come sviluppare una campagna. Perché ascoltare gli utenti? Per 31 comprendere quella che viene definita “onda anomala” (Groundswell), ovvero quello spontaneo movimento di persone che utilizzano gli strumenti della rete per entrare in contatto, farsi carico della propria esperienza e ottenere quello di cui hanno bisogno (cap. 4 Di Fraia). Tutti questi movimenti hanno generato i cosiddetti Zero Moment of Truth. I moment of truth riguarda quei momenti in cui un cliente entra in contatto con il prodotto e si vede se il suo acquisto è stato di soddisfazione, o se una volta entrato in contatto col prodotto, lo acquista oppure no. A partire da uno stimolo, cioè una campagna di comunicazione, si arriva al first moment of truth, ossia il momento in cui una persona va e compra o non compra un prodotto e poi al second moment of truth, che corrisponde al momento in cui lo usa ed è più o meno soddisfatto di quello che il prodotto gli ha offerto, quindi l’esperienza col prodotto. Tutta questa onda anomala introduce gli Zero Moment of Truth, cioè il momento di incontro col prodotto che avviene dopo la grande campagna di comunicazione che me lo fa conoscere e prima del momento dell’acquisto, ossia tutte quelle conversazioni che precedono l’acquisto, che nella maggior parte dei casi avvengono sulle piattaforme digitali e soprattutto sulle piattaforme social. È il primo momento in cui le persone verificano se quel prodotto le interessa veramente oppure no; è il momento più importante e che si può ascoltare. Dove avviene questo incontro che precede l’acquisto e che è determinante rispetto all’acquistare o no di un prodotto (Zero Moment of Truth)? - siti di recensioni o siti di e-commerce (Amazon) - piattaforme di price comparison, ad esempio quelle legate ai viaggio (Trivago, che compara i costi di diverse destinazioni) - siti aziendali - post su FB o altri social media L’ascolto della rete per un’azienda è estremamente importante. Queste attività rivolte ai social media si chiamano social media monitoring, ossia l’ascolto del passaparola che ha luogo su spazi di user generate (dove persone parlano e scrivono dei loro contenuti) come blog, forum, micro blogging (Twitter), sharing, social e siti di recensioni. Social media monitoring significa comprendere e misurare quando e come gli utenti parliamo di un tema, personaggio, azienda, istruzione, etc. L’ascolto della rete comprende una serie di passaggi: • Listen: fase di acquisizione dei contenuti dai social media. Piattaforme che permettono di scaricare contenuti che riguardano un singolo prodotto, brand, azienda sui social media. • Classify: classificazione e filtraggio dei contenuti rilevanti. Organizzazione di contenuti simili relativi al prodotto che mi interessa. • Analysis: analisi e reportistica, ossia analizzare e comprendere i contenuti, come aspetti positivi, sentiment, ecc. • Manage and engage: gestione e risposta agli utenti/clienti. Es. paragone di tre grandi brand, che sono Dior, Armani e Dolce e Gabbana. Sentiment analysis Descrive qual è l’atteggiamento nei confronti di un brand o di un prodotto che le persone che ne parlano esprimono (positivo, neutro, negativo). Si tratta di un’analisi qualitativa delle conversazioni in rete che mira a comprendere la propensione degli utenti nei confronti di un particolare brand, prodotto, tema, servizio. Permette di ricavare un giudizio indicando il sentiment verso il brand positivo, negativo, o neutro, sulla base delle parole che vengono utilizzati, dagli aggettivi, etc. Serve per analizzare la reputazione online, comprendere la percezione online di un brand/ prodotto/personaggio, e misurare il ritorno delle attività di social media marketing. Serve per capire se dopo aver fatto un’operazione mirata a migliorare ala qualità dell’esperienza con il mio prodotto degli utenti ho raggiunto effettivamente un maggior numero di commenti con un sentiment positivo rispetto a quelli con un sentiment negativo. È una tecnica che si utilizza anche in situazioni di crisi, ad esempio quando c’è stato l’episodio del naufragio della Costa Concordia è stata fatta una sentiment analysis. Esempio di analisi fatta sui testi, si individuano delle porzioni di testo dell’indicatore testuale, si identificano le parole che esprimono l’opinione e poi vengono utilizzate per classificare il documento. Quindi si utilizzano dei lessici del sentiment, delle regole sintattiche e semantiche, molte di queste analisi vengono automatizzate ma richiedono sempre delle supervisioni. 32