Scarica diritto della previdenza sociale e più Sintesi del corso in PDF di Diritto della Previdenza Sociale solo su Docsity! CAPITOLO II IL SISTEMA PREVIDENZIALE ITALIANO: ORIGINE E SVILUPPI BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: G. FUSINATO, Gli infortuni sul lavoro e il diritto civile, in Scritti giuridici, II, Torino, 1921; L. CONTI, L’assistenza e la previdenza sociale. Sto- ria e problemi, Milano, 1958; C. CURCIO, Idee e discussioni intorno alla previdenza nel Risorgimento e dopo, in AA.VV., Per una storia della previdenza sociale in Ita- lia, Roma, 1962; M. PERSIANI, Sicurezza sociale, in Noviss. Dig. it., XVII, Torino, 1970; S. HERNANDEZ, Lezioni di storia della previdenza sociale, Padova, 1972; G.G. BALANDI, Un caso di archeologia giuridica: ciò che resta oggi del rischio professiona- le, in Riv. giur. lav., 1976, III, 98; A. CHERUBINI, Storia della previdenza sociale, Ro- ma, 1977; M. PERSIANI, Recenti sviluppi del sistema previdenziale in Italia, in Dir. lav. rel. ind., 1979, 111; G.G. BALANDI, Corporativismo e legislazione previdenziale negli anni 30, in Riv. giur. lav., 1981, III, 33; M. CINELLI, Sicurezza sociale e assi- stenzialismo nella prospettiva di crisi dello Stato sociale, in Città e Regione, 1982, n. 5, 113; F. VITOLO, Principi regolatori dell’assicurazione per l’invalidità la vecchiaia e i superstiti (1898-1947), Milano, 1983; L. GAETA, La politica sociale del fascismo nella pubblicistica corporativa, in Pol. dir., 1985, 523; G. PERA, Sui progetti di rifor- ma del sistema previdenziale, in Foro it., 1985, V, 52; P. SANDULLI, L’assicurazione infortuni sul lavoro in un ventennio di evoluzione legislativa del sistema previden- ziale, in Riv. inf. mal. prof., 1985, I, 17; P. SANDULLI, L’azione comunitaria contro la povertà, in Riv. giur. lav., 1985, III, 291; J. ALBER, Dalla carità allo stato sociale, Bologna, 1986; G.G. BALANDI, Attualità e prospettive delle assicurazioni sociali, in Dir. lav. rel. ind., 1986, 523; A. CHERUBINI-A. COLUCCIA, La previdenza sociale nel- l’epoca giolittiana, Roma, 1986; L. GAETA, Infortuni sul lavoro e responsabilità ci- vile. Alle origini del diritto del lavoro, Napoli, 1986; E. GUSTAPANE, Le origini del sistema previdenziale: la Cassa nazionale di previdenza per l’invalidità e la vecchiaia degli operai, in Novantanni di previdenza in Italia, Roma, 1986; V. SIMI, Il plurali- smo previdenziale secondo Costituzione, Milano, 1986; M. PERSIANI, Sicurezza so- ciale, in Noviss. Dig. it., Appendice, VII, Torino, 1987; P. SANDULLI, Crisi ed evo- luzione del sistema previdenziale italiano, in Dir. lav., 1988, I, 216; G. FARGION, Stato e previdenza in Italia: linee evolutive dell’intervento pubblico in prospettiva comparata, in AA.VV., Scienza dell’amministrazione e politiche pubbliche, a cura di C. Freddi, Roma, 1989; L. CASTELVETRI, Il diritto del lavoro delle origini, Milano, 1990; M. CINELLI, Mercato unico europeo e sicurezza sociale, in Riv. it. dir. lav., 1990, I, 62; P. SANDULLI, Riforma pensionistica e previdenza integrativa, in Dir. lav. rel. ind., 1991, 256; M. CINELLI, Sicurezza sociale, in Enc. dir., XXIV, Milano, 1992; L. GAETA, L’influenza tedesca sulla formazione del sistema previdenziale italiano, in Dir. lav. rel. ind., 1992, 1; A. ANDREONI, Part time, flessibilità e barriere previ- denziali, in Riv. giur. lav., 1993, I, 405; S. PICCININNO, La armonizzazione sul piano comunitario dei sistemi di sicurezza sociale, in Dir. lav., 1993, I, 129; M. CINELLI, Li- neamenti generali della riforma previdenziale, in Dir. lav. rel. ind., 1994; L. NO- GLER, Quale sicurezza sociale nell’Unione europea?, in Riv. giur. lav., 1994, I, 4; G.G. BALANDI, Principi e scelte normative della riforma previdenziale, in Lav. dir., 1996, 101; G.G. BALANDI, Sicurezza sociale, in Digesto, sez. comm., XII, Torino, 1996; L. GAETA-A. VISCOMI, L’Italia e lo Stato sociale, in appendice a G.A. RITTER, Storia dello Stato sociale, Bari, 1996; M. PERSIANI, Razionalizzazione o riforma del sistema previdenziale pensionistico, in Arg. dir. lav., 1996, 53; B. VENEZIANI, La cri- si del welfare state e i mutamenti del diritto del lavoro in Italia, in Riv. giur. lav., 1996, I, 69; R. PESSI, La riforma delle pensioni e la previdenza complementare, Pa- dova, 1997; T. TREU, Lineamenti per una riforma dello Stato sociale, in Riv. giur. lav., 1997, I, 3; C.A. NICOLINI, Le politiche previdenziali della XIII legislatura, in Riv. dir. sic. soc., 2001, 151; A. POGGI, La previdenza complementare integrativa nel nuovo titolo V della Costituzione tra politiche locali e cittadinanza sociale, in Riv. dir. sic. soc., 2002, 309; M. LAMBERTI, Il terzo settore nella riforma del welfare, ivi, 2003, 43; M. CINELLI, Sussidiarietà e modello di sicurezza sociale, ivi, 2004, 447; T. TREU, Le politiche del welfare: le innovazioni necessarie, in Prev. e ass. pubbl. e priv., 2004, 1; M. CINELLI-S. GIUBBONI, Il diritto della sicurezza sociale in trasfor- mazione, Torino, 2005; L. GAETA, Sussidiarietà e sicurezza sociale. Una prospettiva storica dell’approccio «a più livelli», in Riv. dir. sic. soc., 2005, 1; R. PESSI, Lezioni di diritto della sicurezza sociale, II, Profili storici, Padova, 2005; G. GUIGLIA, Il diritto all’assistenza sociale nella prospettiva multilivello, Padova, 2005; M. CINELLI, Ri- strutturare il welfare, in Tutela, 2006, 9; S. GIUBBONI e G. ORLANDINI, La libera cir- colazione dei lavoratori nell’Unione europea, Bologna, 2007; AA.VV., Lavoro, com- petitività, welfare. Commentario della legge 24 dicembre 2007, n. 247 e riforme cor- relate, a cura di M. Cinelli e G. Ferraro, Torino, 2008; AA.VV., Lavoro, competiti- vità, welfare. Dal d.l. n. 112 del 2008 alla riforma del lavoro pubblico, a cura di M. Cinelli e G. Ferraro, Torino, 2009; G. CANAVESI, Livelli essenziali delle prestazioni e servizi per l’impiego, in Tutela, 2009, 49; M. CINELLI, Competitività, flessibilità delle tutele, diritti fondamentali, in Riv. it. dir. lav., 2009, I, 299; A. SGROI, Flessi- bilità del mercato del lavoro e sistema previdenziale, in Dir. rel. ind., 2009, 881. 1. La questione sociale e la nascita della legislazione sociale La nascita e lo sviluppo del complesso di istituti e situazioni giu- ridiche protette, che va comunemente sotto il nome di previdenza so- ciale, sono strettamente legati alla vicenda che ha visto la trasforma- zione in senso sociale dell’organizzazione costituzionale dello Stato moderno di matrice liberale (cioè l’affermarsi dello Stato sociale). I fattori che hanno dato alimento a tale importante trasformazio- ne sono plurimi e, talvolta, confliggenti, ma tutti collegati alla cosid- detta questione sociale. Con tale espressione si allude ai fenomeni sociali, economici ed etici, conseguenti alle profonde trasformazioni determinate dalla ri- 26 Capitolo secondo § 1 La questione sociale vece, l’assunzione di iniziative di intervento pubblico immediatamen- te dirette alla soddisfazione di quei diritti. All’interno di queste hanno finito con il prevalere – sia sull’esigenza di tutela dell’ordine pubblico che sul principio di parità formale – finalità di redistribuzione della ric- chezza, in una prospettiva tendente al principio di parità sostanziale. Una terza (seppure marginale) componente è, infine, rappresen- tata dal filone parallelo della legislazione di assistenza sociale (erede delle iniziative benefiche e caritatevoli della società ottocentesca), che, anche quando si rivolgeva ai lavoratori in maniera specifica (cioè non alla stregua di qualsiasi altro cittadino), interveniva in via suc- cessiva e a fini di mero soccorso o riparazione: senza interferire, quindi, sulla relazione tra le parti del rapporto o, in generale, sulle condizioni di lavoro. 2. L’introduzione delle assicurazioni sociali: nell’esperienza tedesca ... Per far fronte in concreto ai gravi rischi sociali prodotti dall’indu- strializzazione (essenzialmente, gli infortuni sul lavoro e le conse- guenze sulla salute dei lavoratori delle lavorazioni nocive e dei ritmi intensi e prolungati del lavoro, propri dell’epoca) fu individuato lo strumento dell’assicurazione sociale. Favorirono tale scelta, in primo luogo, fattori di ordine tecnico- economico. Tra questi, influì, innanzitutto, il perfezionamento raggiunto, con l’introduzione del calcolo attuariale, dagli studi statistici dell’epoca (specie in Inghilterra): divenne, infatti, possibile calcolare, con suffi- ciente approssimazione e su precise basi tecniche, rischi e premi, sensibilmente riducendo, così, l’alea strutturalmente insita nel con- tratto di assicurazione. Se quanto sopra rendeva più agevole e meno rischiosa la gestione dello strumento assicurativo da parte dei pubblici poteri, la parteci- pazione al finanziamento (mediante il versamento dei premi o con- tributi) degli stessi soggetti interessati alla tutela rendeva tale gestio- ne pubblica economicamente ancora più conveniente. Inoltre, mantenendo per tal via la tutela sociale sostanzialmente all’interno delle regole proprie del commercio, si impediva che quel- la tutela potesse rappresentare una fonte di turbativa della disciplina economica. 29Origine e sviluppi del sistema previdenziale italiano§ 2 Le ragioni dello strumento assicurativo 30 Capitolo secondo § 3 Il modello bismarkiano Iniziativa privata e sussidiarietà dell’intervento pubblico Primario rilievo, tuttavia, a favore dell’adozione di tale scelta han- no avuto ragioni di ordine politico-ideologico. La convinzione che assicurazioni a fini di tutela sociale avrebbero potuto essere gestite, con vantaggio, direttamente dallo Stato si fece spazio innanzitutto in Germania sul finire del 1800. Fautori di tale intervento furono studiosi aderenti alla cosiddetta «scuola storica dell’economia politica». In quanto sollecitavano il su- peramento del dogma liberista e l’adozione di iniziative dello Stato, dirette alla disciplina eteronoma del rapporto di lavoro e alla istitu- zione e gestione di assicurazioni a favore dei lavoratori, i sostenitori della suddetta scuola di pensiero economico vennero denominati «socialisti di Stato» (o anche «socialisti della cattedra», in considera- zione del fatto che molti di essi erano professori delle facoltà giuridi- che ed economiche delle università tedesche). La prima forma di assicurazione sociale (la prima in assoluto) fu concretamente introdotta durante il regno di Guglielmo I, nel 1883; e il cancelliere Bismarck, che fu il vero artefice dell’importan- te innovazione, nell’illustrare gli scopi ed i caratteri della riforma (gestione pubblica, attribuzione dell’obbligo assicurativo e contri- butivo in capo ai datori di lavoro), ebbe a sottolineare esplicita- mente le finalità di conservazione dell’ordine sociale costituito, ad essa sottese. Tuttavia, nonostante tale carattere dello strumento prescelto, soli- dale con le esigenze di un regime autoritario e conservatore (e, dun- que, nonostante le conseguenti, originarie diffidenze del movimento operaio di ispirazione socialista), la legislazione sociale (ed in parti- colare quella che si è, appunto, espressa con l’introduzione delle as- sicurazioni sociali) a poco a poco ha finito con il dare voce e sostan- za al movimento dei lavoratori ed (ulteriore) impulso al processo di profonda trasformazione dello Stato liberale. 3. ... e nell’esperienza italiana; in particolare, l’elaborazione del concetto di rischio professionale Nell’esperienza italiana, l’adesione alle posizioni della dottrina tedesca assunse caratteristiche differenti, perché da noi l’interven- to dello Stato venne, sì, riconosciuto necessario, ma solo quando si fosse manifestata l’inefficacia delle iniziative di responsabilizzazio- 2 V., par. 6, nonché cap. V, par. 7. ne individuale e dei corpi intermedi: in una prospettiva, cioè, di sussidiarietà rispetto a quelle dell’intervento pubblico stesso 2. A determinare tale differenziazione contribuì sicuramente l’esi- stenza in Italia di una preesistente esperienza di autoprotezione, qua- le quella rappresentata, da un lato, dalle società di mutuo soccorso, e, dall’altro, dalle casse di risparmio. Le prime (diffusesi soprattutto intorno alla metà del 1800, e disci- plinate poi con legge n. 3818 del 1886) erano associazioni volontarie di lavoratori, che, adottando lo schema assicurativo, ma con l’esclu- sione dell’intermediazione dell’assicuratore, provvedevano a ripartire all’interno della collettività degli associati i rischi comuni (malattia, infortunio, inabilità, ma anche disoccupazione, morte, incremento del carico familiare, ecc.): in una logica, dunque, di solidarietà redistribu- tiva di mero stampo economico, e limitata al gruppo o alla categoria. Detta funzione mutualistica aveva trovato, poi, il suo comple- mento nell’azione di promozione e protezione del risparmio dei la- voratori ad opera delle casse di risparmio. Tuttavia, l’esperienza delle società mutue sarebbe entrata ben presto in crisi. Innanzitutto, per le loro stesse caratteristiche intrin- seche, quelle associazioni potevano essere costituite soltanto dalle categorie più abbienti, e, quindi, coinvolgere un numero ristretto di soggetti; tale inevitabile limitazione dei soggetti potenzialmente inte- ressati impediva, a sua volta, la costituzione di risorse finanziarie adeguate; ingenuità ed approssimazione nel metodo attuariale, da un lato, e, dall’altro, l’invecchiamento degli associati (con la conseguen- te convenienza dei giovani a crearsi proprie strutture associative, an- ziché entrare in quelle già costituite, e pregiudicate), hanno fatto il resto, accelerando il processo disgregatore di quell’esperienza. D’altra parte, forte era l’interesse (per le ragioni già dette, ma an- che per esigenze di controllo del fenomeno mutualistico in sé) a «sta- talizzare» il settore. Per ragioni di maggior urgenza politico-sociale, il primo concreto intervento statale fu quello rappresentato dalla legge 17 marzo 1898, n. 80, che rese obbligatoria per i datori di lavoro del settore indu- striale l’assicurazione contro gli infortuni. Tale legge, dunque, ufficialmente segna l’introduzione delle assi- 31Origine e sviluppi del sistema previdenziale italiano§ 3 Società di mutuo soccorso e casse di risparmio Rischio professionale e assicurazione obbligatoria 3. 5 Così, all’interno dell’assicurazione per l’invalidità e la vecchiaia l’elemento qualifi- cante è risultato essere lo svolgimento di attività manuale e materiale dell’«operaio» (co- me veniva nominato ed identificato allora il lavoratore meritevole di protezione: legge n. 350 del 1898), e, poi, il fatto di attendere «a lavori prevalentemente manuali per conto terzi o anche per conto proprio» (r.d. n. 376 del 1907), così come, per quanto riguarda l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, l’occasione della sua estensione al settore agricolo (d.l. n. 1405 del 1917) è stata anche l’occasione per riferire la relativa tutela a tut- ti coloro che svolgevano la medesima attività materiale: «proprietari, mezzadri, affittuari, loro mogli e figli, anche naturali, che prestano opera manuale nelle rispettive aziende». 6 La «mutualità scolastica» è strumento previdenziale riservato agli scolari, ideato dall’ordinamento liberale con la legge n. 521 del 1910 e il r.d.l. n. 1088 del 1913, poi rie- laborato in periodo corporativo con r.d.lgs. n. 3126 del 1923 e con la legge n. 17 del 1929, soppresso non molti anni dopo, ma la cui eco si è fatta sentire a distanza di tempo, dan- do vita ad un ricco contenzioso: cfr. Cass. 10 aprile 1978, n. 167, in Giust. civ., 1978, I, 1005; 4 maggio 1978, n. 2111, in Prev. soc., 1978, 525. bene sottolinearlo – al lavoro subordinato, ma, anzi, con l’attenzione rivolta alle caratteristiche materiali delle varie attività, più che alla qualificazione giuridico-formale del rapporto di lavoro, del quale quelle attività costituivano l’oggetto 5; ma anche curando la promozio- ne della cultura e della pratica della previdenza fin dall’epoca scolasti- ca, come l’esperienza della mutualità scolastica sta a testimoniare 6. Ed, invero, subito dopo la costituzione dell’assicurazione obbli- gatoria contro gli infortuni sul lavoro, con legge n. 350 del 1898 è sta- ta istituita la Cassa nazionale di previdenza per la vecchiaia e l’invali- dità degli operai (poi denominata Cassa nazionale delle assicurazioni sociali: l’antecedente storico dell’attuale INPS), destinata a gestire, peraltro, per il momento, soltanto un’assicurazione facoltativa. Ma successivamente, sotto le pressioni a favore di un incremento della legislazione sociale, concentricamente provenienti da varie di- rezioni (dalla sinistra, specie dei socialisti riformisti; dai cattolici, fau- tori della sociologia cristiana; dalla destra «illuminata»), vennero: riorganizzate, in chiave migliorativa, la legislazione antinfortunistica (1904) e quella relativa alla tutela per l’invalidità e la vecchiaia degli operai (1907); istituita (1910) la Cassa nazionale di maternità per la tutela delle donne in occasione del parto o dell’aborto; estesa all’a- gricoltura (1917) l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro; istituita l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione (1919); ampliata e resa obbligatoria (1919) l’assicurazione per l’in- validità e la vecchiaia. Principi di particolare rilievo, che si sono affermati per la prima volta in questo periodo, sono: l’assicurazione automatica per il fatto 34 Capitolo secondo § 4 stesso di lavorare (introdotta nel 1917 in materia di tutela antinfor- tunistica per i lavoratori addetti ad aziende agricole o forestali); l’estensione dell’assicurazione al lavoratore in quanto tale, cioè an- che se non subordinato (sebbene, per il momento, riferita soltanto al lavoro agricolo, e, ancora, esclusivamente alla tutela antinfortunisti- ca); il concorso dello Stato (un accenno di intervento della solidarietà generale) nel finanziamento dell’assicurazione (previsto, per la prima volta, nel 1919, limitatamente, peraltro, all’assicurazione per l’invali- dità e la vecchiaia: art. 8, d.lgt. n. 603 del 1919), per il resto fondato sull’equivalenza attuariale tra contributi e prestazioni. L’ordinamento corporativo fascista mantenne e sviluppò – sia pur imprimendo, in alcuni casi, una sua propria fisionomia – quanto ere- ditato dall’ordinamento liberale. Accanto all’originaria concezione del rischio professionale – cui, però, in virtù della estensione nel 1935 a tutta la materia antinfortu- nistica del principio di automaticità delle prestazioni e di costituzione del rapporto assicurativo (poi progressivamente esteso anche alle altre assicurazioni e recepito nel 1942, come norma generale, dall’art. 2116 c.c.), accede, a partire da tale periodo, una prevalente con- notazione di ordine pubblicistico – venne teorizzata la concezione della solidarietà corporativa tra appartenenti al medesimo gruppo o categoria, e tra datore e prestatore di lavoro. Tale concetto si prestava a giustificare sia l’estensione della tutela previdenziale anche ad eventi non (necessariamente) dipendenti dal- lo svolgimento dell’attività lavorativa – quali l’invalidità e la malattia, o, comunque, non incerti, come la vecchiaia e la morte – sia mecca- nismi redistributivi di ricchezza, interni al gruppo 7, ma, nel contem- po, a mantenere sostanzialmente indenne la finanza pubblica da one- ri economici aggiuntivi. Si devono alla legislazione del ventennio fascista l’istituzione del- l’assicurazione obbligatoria contro la tubercolosi (1927) e quella contro le malattie per la gente di mare (1929), l’estensione dell’assi- curazione contro gli infortuni anche alle malattie professionali (1929); la creazione (1933) dell’INFPS (Istituto nazionale fascista della previdenza sociale); il riordinamento nel 1935 sia della legisla- zione antinfortunistica che di quella in materia di assicurazione per 7 Cfr. ad esempio, art. 63, r.d.l. n. 1827 del 1935; art. 12, r.d.l. n. 636 del 1939. 35Origine e sviluppi del sistema previdenziale italiano§ 4 L’età corporativa 8 Cfr. cap. VI, par. 8. 36 Capitolo secondo § 5 Il ruolo del Codice civile l’invalidità e la vecchiaia e di assicurazione contro la disoccupazione; l’istituzione dell’assicurazione contro le malattie comuni (1943). Né vanno dimenticate le fondamentali disposizioni in materia, det- tate dal Codice civile: la ripartizione tra datore e prestatore di lavoro dell’obbligo contributivo (art. 2115), il principio di automaticità del- le prestazioni (art. 2116), il vincolo di destinazione dei fondi speciali per la previdenza e l’assistenza dei lavoratori (artt. 2117 e 2123). La tutela assicurativa venne, poi, espressamente estesa a categorie di lavoratori non subordinati, tra i quali i soci delle cooperative e i so- ci prestatori d’opera delle società anche di fatto (r.d. n. 1422 del 1924). La realizzazione della tutela previdenziale, tuttavia, restò essen- zialmente un compito degli stessi interessati, come ricordava la stes- sa Carta del lavoro (1927): «La previdenza è un’alta manifestazione del principio di collaborazione. Il datore e il prestatore d’opera de- vono concorrere proporzionalmente agli oneri di essa. Lo Stato, me- diante gli organi corporativi e le associazioni professionali, procurerà di coordinare e di unificare, quanto è più possibile, il sistema e gli istituti di previdenza». In altri termini, l’obiettivo finale continuò ad essere, prevalente- mente, quello del mantenimento dell’ordine pubblico. D’altra parte, lo spiccato interessamento dello Stato verso l’orga- nizzazione previdenziale (che si manifestò anche con l’accentramen- to delle funzioni presso pochi enti rigidamente regolamentati) fu so- stanzialmente giustificato dalla ingente quantità di risorse finanzia- rie, che, per effetto del sistema di gestione fondato sulla capitalizza- zione 8, vennero accumulate dagli enti previdenziali: risorse che, in- fatti, furono ampiamente utilizzate dal regime anche per fini diversi da quelli propri degli istituti di previdenza (opere pubbliche, bonifi- che agrarie, iniziative di credito fondiario, attività belliche, ecc.). 5. Il periodo repubblicano; il principio di solidarietà e l’idea della si- curezza sociale nella Costituzione Caduto l’ordinamento fascista, l’ordinamento repubblicano ha ac- colto gli obiettivi della sicurezza sociale, già enunciati, in particolare,