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Esame finale tfa sostegno, Dispense di Metodi di Insegnamento

Tesina finale sull autismo,metodi di Insegnamento e APPROCCI

Tipologia: Dispense

2023/2024

In vendita dal 04/05/2024

Antonella.Vespoli
Antonella.Vespoli 🇮🇹

2 documenti

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Scarica Esame finale tfa sostegno e più Dispense in PDF di Metodi di Insegnamento solo su Docsity! 1 CORSO DI FORMAZIONE PER IL CONSEGUIMENTO DELLA SPECIALIZZAZIONE PER LE ATTIVITA' DI SOSTEGNO DIDATTICO AGLI ALUNNI CON DISABILITA' NELLA SCUOLA VIII CICLO Esame finale ⮚ Elaborato finale di approfondimento teorico a scelta del candidato volto a dimostrare la completa padronanza dell’argomento scelto e gli aspetti applicativi in ambito scolastico - art.9, c. 3 lett. a, del D.M. 30 settembre 2011 Cognome e nome: Vespoli Antonella Scuola: ☐ Infanzia ☐ Primaria ☐ Sec. I grado Sec. II grado Il Direttore del Corso Prof.ssa Barbara De Angelis Il Coordinatore didattico Prof. Giovanni Arduini a.a. 2022/2023 2 Disturbi dell'Apprendimento e dello Spettro Autistico: Approcci Terapeutici e Personalizzazione Educativa Introduzione ......................................................................................... 4 1. Disturbi dell’apprendimento ......................................................... 5 1.1 I bisogni educativi speciali (BES) ............................................................................. 5 1.2 Disabilità accertata da legge 104/1992 .................................................................... 6 1.3 DSA: definizioni e requisiti principali ...................................................................... 7 1.4 Fattori neurobiologici ............................................................................................... 9 1.5 Dati epidemiologici ................................................................................................... 9 1.6 Difficoltà di apprendimento legate a condizioni di tipo socioeconomico ............... 10 2. Disturbi dello spettro Autistico ................................................... 11 2.1 L’autismo con il DSM-V ......................................................................................... 12 2.2 Eziologia dell’autismo ............................................................................................ 14 2.3 Studio genetico ........................................................................................................ 15 2.4 Fattori ambientali ................................................................................................... 16 2.5 Fisiopatologia dell’encefalo nello sviluppo autistico ............................................. 17 2.6 Epidemiologia ......................................................................................................... 18 3. APPROCCI TERAPEUTICI ...................................................... 18 3.1 Approccio comunicativo ......................................................................................... 18 3.2 Approccio prelinguistico ......................................................................................... 19 3.3 Approccio Linguistico ............................................................................................. 20 3.4 Certificazione ufficiale ............................................................................................ 21 3.5 Diagnosi Funzionale ............................................................................................... 21 3.6 Profilo Dinamico Funzionale.................................................................................. 22 3.7 Piano educativo personalizzato .............................................................................. 22 4. Il ruolo della scuola ...................................................................... 23 4.2 Disposizione degli spazi .......................................................................................... 24 5 l’offerta formativa, sviluppando approcci e strategie di insegnamento per agire sulle esigenze degli alunni. Nonostante gli adempimenti legislativi, nel concreto il concetto di inclusione è ancora in divenire nelle realtà scolastiche italiane, è tuttavia aumentato l’impegno e la sensibilità di insegnanti, famiglie e delle figure sanitarie eventualmente coinvolte. 1. Disturbi dell’apprendimento I disturbi dell'apprendimento sono condizioni neurologiche che influenzano la capacità di un individuo di acquisire e utilizzare abilità specifiche come la lettura, la scrittura o il calcolo. Questi disturbi possono manifestarsi in varie forme, tra cui la dislessia (difficoltà nella lettura), la discalculia (difficoltà nel calcolo matematico) e la disortografia (difficoltà nell'ortografia). Gli individui con disturbi dell'apprendimento possono avere abilità cognitive normali o superiori alla media in altre aree, ma incontrano sfide specifiche nell'ambito dell'apprendimento accademico. È importante riconoscere e fornire supporto adeguato a coloro che affrontano tali disturbi, utilizzando strategie di insegnamento differenziate e interventi personalizzati per ottimizzare il loro successo educativo. 1.1 I bisogni educativi speciali (BES) I BES (Bisogni Educativi Speciali), sono una categoria più ampia che include una varietà di condizioni che influenzano l'apprendimento, come disturbi fisici o cognitivi, disabilità sensoriali o condizioni socio-emotive. I BES possono 6 richiedere supporti e interventi diversificati, che possono includere adattamenti curriculari, ausili tecnologici, o programmi educativi personalizzati, al fine di promuovere l'inclusione e il successo degli studenti nell'ambiente scolastico. Inoltre, vengono didatticamente distinti in tre classi principali: - disabilità certificata dalla legge 104/1992 - disturbi specifici dell’apprendimento - difficoltà di apprendimento causate da circostanze di sfavore e disagio sociale 1.2 Disabilità accertata da legge 104/1992 La disabilità accertata da legge 104 prevede l’obbligo dello stato di dover predisporre adeguate misure per l’integrazione dell’individuo nella società, ancor di più nella realtà scolastica. Il Miur è obbligato a mettere in atto tutte le misure necessarie per favorire l’integrazione dell’alunno, tra cui l’insegnante di sostegno, il finanziamento di progetti ad hoc per l’alunno, la formazione anche dei docenti curriculari e degli organi consultivi preposti all’integrazione dello studente con disabilità. Proprio per favorire il concetto di integrazione l’alunno partecipa alle attività insieme alla sua classe. Gli adempimenti necessari per l’educazione scolastica dell’alunno ricadono su tutto il consiglio docenti di cui fa parte l'insegnante di sostegno. Quest’ultimo sulla base del Piano Educativo Personalizzato (PEI) ed essendo, secondo la normativa 517/77, un’insegnante specialista, coadiuva con tutto il corpo docenti affinché lo studente raggiunga gli obiettivi prefissati. 7 1.3 DSA: definizioni e requisiti principali L’acronimo DSA identifica i disturbi evolutivi specifici dell’apprendimento, i quali costituiscono un insieme di problematicità che nascono nell’età evolutiva e coinvolgono diversi rami di apprendimento come la lettura, la scrittura e la capacità di calcolo. Vengono detti specifici poiché coinvolgono un solo ramo dell’apprendimento lasciando invariato il quoziente intellettivo dello studente. Fondamentale è dirimere il disturbo dal ritardo, difatti il disturbo è un processo accertato clinicamente, mentre il ritardo è semplicemente una prestazione inferiore rispetto a quella attesa. Nel 2007 le maggiori associazioni coinvolte nello studio dei disturbi dell’apprendimento hanno stilato un elaborato contenente raccomandazioni per la pratica clinica in grado di guidare i professionisti coinvolti verso una corretta diagnosi. Uno dei criteri più rilevanti che emerge da questo documento, è la differenza tra il ramo in cui vi è il deficit (non inferiore a - 2ds dei valori attesi per età e classe) e l’intelligenza del ragazzo in linea con la norma o comunque non inferiore a 85. Sul piano diagnostico la standardizzazione dei test è fondamentale per evitare che altre condizioni patologiche (neurologiche o fisiche) o svantaggi legati a situazioni socio- economiche- culturali, interferiscono con la diagnosi di DSA. Secondo una delle ultime classificazioni DSM V (American Psychiatric Association, 2013), gli individui affetti da DSA presentano difficoltà nel capire e nel padroneggiare il codice scritto in adeguate condizioni di apprendimento, in assenza di disturbi neuromotori e/o psicopatologici e soprattutto con un valore di QI in media con quelli attesi per età. 10 Il disturbo più rappresentato tra i DSA è quello della lettura (circa 80%) seguito da scrittura (8 -15 %) e calcolo (6%). Inoltre, sembra che le lingue in cui la scrittura non ha corrispondenza netta con il fonema, incidano negativamente sui disturbi dell’apprendimento. Analizzando strettamente le statistiche secondo i dati certificati dal MIUR, gli alunni con DSA nel 2010/2011 si aggiravano sullo 0.9% per passare già nel 2011/2012, dopo la legge 170/2010, all’1.2%. Gli effetti della legge 170 e della sensibilizzazione della società verso questo argomento, è ancora più evidente se analizziamo i dati pubblicati dal MIUR del 2020/2021 in cui la percentuale degli studenti totali affetti da DSA superava il 5 %. L’aumento percentile negli anni è verosimilmente legato alla sensibilizzazione e alla corretta diagnosi del disturbo, piuttosto che ad un reale aumento degli studenti affetti da DSA. 1.6 Difficoltà di apprendimento legate a condizioni di tipo socioeconomico Le difficoltà di apprendimento legate a condizioni socioeconomiche possono derivare da diversi fattori. Ad esempio, un ambiente familiare con risorse limitate può influenzare negativamente l'accesso a opportunità educative, come materiali didattici, tutoraggio aggiuntivo o esperienze extra-scolastiche. Inoltre, situazioni di disagio sociale o instabilità familiare possono causare stress emotivo che interferisce con il processo di apprendimento degli studenti. Le disparità socioeconomiche possono anche influenzare la qualità dell'istruzione ricevuta, con scuole in comunità svantaggiate che possono avere risorse limitate e un insegnamento di qualità inferiore. Affrontare queste sfide richiede un approccio integrato che coinvolga interventi educativi mirati, supporto sociale e risorse 11 aggiuntive per garantire che tutti gli studenti abbiano pari opportunità di successo accademico. 2. Disturbi dello spettro Autistico Anche se la nostra tesi è incentrata sul comportamento e sulle strategie per favorire l’integrazione dello studente, è opportuno che un docente specialista in sostegno conosca le basi della diagnosi del Disturbo Autistico. La definizione del ministero della Salute definisce i disturbi dello spettro autistico:” un insieme eterogeneo di disturbi del neurosviluppo caratterizzati da deficit persistente nella comunicazione sociale e nell’interazione sociale in molteplici contesti e da pattern di comportamenti, interessi o attività ristretti, ripetitivi.” La diagnosi solitamente si attiene ai testi maggiormente condivisi dalla comunità scientifica ovvero il Manuale di Diagnostica Internazionale (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) e la classificazione internazionale ICD (International Classification of Diseases). Il DSM è redatto dall’associazione degli psichiatri statunitensi ed attualmente il manuale continuamente rinnovato dalle principali novità scientifiche, è giunto alla quinta edizione. La classificazione ICD è invece pubblicata dall’OMS dove all’interno dell’edizione ICD 10 è descritto l’Autismo come “Sindromi da alterazione globale dello sviluppo patologico”. 12 2.1 L’autismo con il DSM-V I Disturbi dello Spettro Autistico (ASD autism Spectrum Disorderes) includono ora, tutte le sottocategorie dei Disturbi Persuasivi dello Sviluppo. L’ultima edizione aggiunge differenti livelli di gravità nelle varee aree dei disturbi e nuove categorie differenziali: o Mutismo selettivo: disturbo limitato in alcune situazioni e che coinvolge quasi solo la comunicazione. o Sindrome di Landau-Kleffner: categoria di epilessia contraddistinta da afasia non congenita. o X fragile e sclerosi multipla o Ipoacusia: i disturbi dell’udito possono sfociare in modalità comunicative differenti che possono rendere complessa la corretta diagnosi di autismo. o Disturbi specifici del linguaggio: tendenze all’isolamento con una scarsa ricezione determinano dubbi diagnostici iniziali. o Disabilità intellettiva senza autismo: nel deficit intellettivo privo di autismo permane la socialità e lo scambio relazionale. o Disordine da movenze standardizzate o Disturbi da deficit di attenzione / iperattività o Disturbo Ossessivo Compulsivo: in assenza di Autismo i DOC presentano abilità sociali conservate. o Schizofrenia 15 Nell’autismo invece la diagnosi non è correlata ad un’indagine specifica medica ma è un quadro multifattoriale, che oltre a porre difficoltà nella diagnosi stressa, genera una sensazione di incertezza e angoscia nei genitori del bambino. La prevenzione nell’autismo non è attuabile, esistono però alcuni elementi predisponenti. Avere fratello o sorella affetta da Autismo. Genitori molto anziani. Avere una patologia genetica primaria (sindrome di Down). Sottopeso neonatale. Le ipotesi sull’eziologia dell’Autismo sono molteplici ma la più accreditata è l’ipotesi genetica. 2.3 Studio genetico Uno degli studi più famosi anche se del 1977, condotto da S. Folstein e M. Rutter, analizza 21 coppie di gemelli omozigoti ed eterozigoti in cui in almeno uno dei due, è fatta diagnosi di autismo. Il gemello monozigote possiede il patrimonio genetico di un unico ovulo, mentre i gemelli eterozigoti che invece hanno due ovuli diversi, condividono metà del patrimonio genetico. Nei gemelli omozigoti fu dimostrata una incidenza patologica di 4 su 11, mentre nessuna fu associata ai gemelli eterozigoti. Con l’allargarsi dello spettro dei disturbi autistici specialmente quelli di lieve entità, possiamo dire che la concordanza negli omozigoti raggiunge il 90 %. È fuori da ogni ragionevole dubbio che quindi la componente genetica sia dirimente nella trasmissione e nell’evoluzione dei disturbi autistici. 16 2.4 Fattori ambientali I fattori ambientali che condizionano il normale sviluppo dell’individuo e che possono determinare una problematica cerebrale precoce debbono essere considerati possibili cause del processo morboso. Anomalie nelle gravidanze, conseguenze di infezioni batteriche e virali possono essere considerati fattori predisponenti o addirittura scatenanti per la patologia. Altri virus coinvolti nelle patologie legate all’autismo sono l’herpes e il citomegalovirus. Genitrici che hanno contratto la rosolia, hanno partorito neonati affetti da disturbo sensoriale, ed in alcuni di questi vi era anche il disturbo autistico. L’associazione dell’autismo ad un processo morboso non può essere correlata con tanta facilità, ma è necessario capire il preciso funzionamento con il quale venga determinato un danno cerebrale selettivo. Anche la fenilchetonuria può determinare l’insorgere dell’autismo; difatti in tale patologia l’assunzione di alimenti contenenti fenilalanina produce un danno encefalico lieve, tali soggetti devono evitare dalla dieta alimenti contenenti fenilalanina. In generale possiamo dire che qualsivoglia sia la causa primaria, il danno encefalico è in posizione predominante nei fattori ambientali associati all’autismo. Erroneamente il vaccino trivalente fu accusato, sulla base dello studio di Andrew Wakefield pubblicato sulla importante rivista Lancet, di poter influire positivamente sulla comparsa dei disturbi Autistici. L’autismo solitamente si manifesta in modo più chiaro nel secondo anno di vita periodo che coincide con la vaccinazione trivalente, tale conformità nella finestra temporale destò ancora più 17 preoccupazione. Lancet ritirò l’articolo, e gli autori vennero accusati di aver pubblicato dati non corretti. Nel 2012 Wakefield è stato espulso dall’ordine dei Medici. 2.5 Fisiopatologia dell’encefalo nello sviluppo autistico Grazie alle nuove tecnologie come la tomografia a emissione di positroni e la risonanza magnetica, è stato possibile uno studio in vivo dell’encefalo affetto da autismo che è presumibilmente determinato da anormalità dello sviluppo encefalico. Nel 1998 A. Bailey, P. Luthert, A. Dean et al., hanno dimostrato un aumento delle dimensioni del 30% dell’encefalo autistico, fenomeno non evidente al momento della nascita, ma solo nei periodi successivi. Esistono nel percorso della vita delle fasi dette di sfoltimento, in cui alcuni neuroni vengono eliminati per riorganizzare meglio le sinapsi. Una fase evidente avviene circa a 18 mesi, periodo che segna l’inizio della seconda infanzia. Tale evoluzione non avviene o avviene tardivamente nell’Autismo. È verosimile che un eccesso neuronale vada ad inficiare il funzionamento cognitivo del soggetto. L’encefalo di un bambino autistico nell’area della corteccia prefrontale presenta un addensamento di neuroni maggiore del 67%. Dagli esami autoptici è emerso un dato importante relativo al peso, il quale risulta nettamente maggiore nei ragazzi affetti da Disturbi Autistici. Gli studi confermano che il fenomeno di 20 nell’apprendere le basi del linguaggio dei segni, utilizzato dalle persone con problemi di udito. Nei bambini, anche la pittura è utilizzata come importante mezzo di comunicazione con cui il fanciullo manifesta i suoi desideri (ad esempio la voglia di giocare). Uno dei sistemi maggiormente apprezzati è il PECS (Picture Exchange Communication System); si tratta di un modo di dipingere semplice che permette all’individuo con importanti deficit del linguaggio di poter comunicare in modo genuino e diretto. Inoltre, è stata evidenziata un’importante miglioria del comportamento negli ASD che beneficiano dell’utilizzo del PECS. 3.3 Approccio Linguistico Parte dei soggetti autistici possiede una capacità nella comunicazione più avanzata, ed è in grado di articolare meglio il linguaggio. Per convenzione gli individui vengono collocati in una delle due categorie: • livello base: caratterizzato da un linguaggio scarno ripetitivo, spesso le forme non verbali di comunicazione accompagnano necessariamente il soggetto. • Livello linguistico più avanzato: nonostante permangono dei deficit nell’utilizzo del linguaggio, i soggetti riescono ad articolare frasi anche abbastanza costruite e di utilizzare frasi a scopo narrativo. Dopo aver fatto questa categorizzazione possiamo distinguere i tipi di interventi idonei in base al livello linguistico dell’individuo. Per i soggetti livello base è dirimente che le parole siano associate a degli scopi comunicativi. Spesso è necessario aumentare gli scopi comunicativi che negli autistici sono molto limitati. Fondamentale è migliorare anche le strategie di comunicazione non verbale, potenziare l’abilità del soggetto nell’attrarre a sé 21 l’attenzione e non per ultimo porre la persona affetta da ASD in un contesto “colto” dove sia più facile apprendere passivamente e routinariamente vocaboli e comportamenti idonei. Nei soggetti invece con una migliore capacità verbale, la proprietà di linguaggio del paziente riesce a riferirsi con cognizione ad eventi passati e futuri. Gli interventi ausiliari sono focalizzati sull’assimilare delle convenzioni verbali, sul correggere i disturbi di interazione e sugli eventi che bloccano la socializzazione. Non per ultima bisogna ricordare che spesso il soggetto autistico vira un discorso improvvisamente, senza rispettare le convenzioni sociali, un valido ausilio correttivo sono le videoregistrazioni per migliorare tale atteggiamento. 3.4 Certificazione ufficiale La certificazione ufficiale consta principalmente di documentazioni che vanno a connotare le tre fasi necessarie per attribuire il termine “certificato” ad uno studente: Diagnosi Funzionale, Profilo Dinamico Funzionale e Piano educativo individualizzato (PEI). 3.5 Diagnosi Funzionale La diagnosi funzionale differisce principalmente da quella clinica poiché la prima non solo tiene conto dei vari gradi di handicap, ma tiene conto dei principali aspetti potenziabili che possono essere monitorati. I domini monitorati sono quelli delle sfere del: ramo cognitivo, ramo sentimentale, ramo del linguaggio, ramo dei sensi, ramo della motricità, ramo psiconeuronale ed infine l’indipendenza personale e sociale. La stesura di una diagnosi funzionale si avvale dell’ausilio di una equipe 22 professionale composta da vari professionisti, come il neuropsichiatra infantile ed il terapista della riabilitazione. La famiglia è parte attiva della collegiale insieme all’insegnante di sostegno ed è difatti, la famiglia a ricevere la documentazione che verrà consegnata alla scuola frequentata dallo studente. 3.6 Profilo Dinamico Funzionale Il profilo dinamico funzionale è un provvedimento collegiale (legge 104/92, art 12 comma 5 e D.P.R. 24/02/1994), che sussegue la diagnosi funzionale e viene redatto dal primo anno di scuola sino alle superiori. Il suo aggiornamento è compilato sia per una fase breve (tre mesi), sia per una fase lunga (due anni). È un documento che indica i progressi attesi negli archi temporali sopra citati. Il PDF si colloca a metà strada tra la diagnosi funzionale ed il PEI. Difatti questi, deve essere un mezzo per carpire le caratteristiche vincenti di un alunno finalizzate alla redazione di un piano didattico individualizzato. Vanno promosse le capacità dell’alunno assieme agli stimoli a lui più congeniali, a prescindere dai deficit legati ai disturbi. Una delle problematiche principali è il dialogo tra i professionisti della salute con gli insegnanti, spesso ognuno di loro cerca delle risposte nella sua forma mentis e in un mondo lavorativo completamente differente. 3.7 Piano educativo personalizzato Il PEI potremmo definirlo come lo strumento pratico che grazie alle nozioni apprese dal Profilo dinamico funzionale e dalla diagnosi funzionale, fornisce la 25 supporti visivi e no, gli studenti nell’apprendimento tramite l’ausilio di metodiche alternative. Anche immagini stereotipate come l’immagine di una palestra che anticipa il luogo presente nella stanza di un corridoio, delle fasce colorate che indicano dei percorsi, possono essere dei validi aiuti per i ragazzi con problemi autistici. Difatti gli stimoli visivi spesso fanno parte dei domini attivi e ben funzionanti del bambino autistico. 4.3 Organizzazione temporale Scandire i tempi della scuola può sembrare semplice, ma per un ragazzo autistico tale divisione non è così scontata. Esistono vari stratagemmi a seconda della risposta del bambino; si parte dal suono della campanella, ad orologi personalizzati, addirittura in qualche scuola si è riusciti a creare un ambiente in cui il bambino può riporre testi e compiti nei vari scaffali, a seconda che questi siano stati completati o meno. La presenza di segnali cronologici chiari e prevedibili dal bambino limita l’intervento dell’insegnante, semplificando l’inclusione dello studente, il quale è in grado autonomamente di prevedere le fasi della routine giornaliera. Nelle scuole italiane esistono ancora delle forti limitazioni strutturali ed è spesso impraticabile riuscire a concepire degli spazi come, ad esempio, l’agorà: questa è un ambiente ben distinto dall’aula, dove gli studenti interagiscono, leggono e socializzano in una vera e propria aria in cui regna un clima disteso. La pianificazione delle attività settimanali è ben esposta e il bambino autistico impara a riconoscere autonomamente le tempistiche, senza essere continuamente seguito dall’insegnante di sostegno. 26 4.4 Progettazione individualizzata Come obbligato dal PEI ogni individuo affetto da autismo ha il diritto di ricevere una programmazione individuale che, tenendo conto delle abilità del bambino, faciliti il raggiungimento di obiettivi personalizzati, i quali differiscono dagli obiettivi di classe. La programmazione individualizzata tenta di non discostarsi troppo da quella curriculare. L’avvicinamento degli obiettivi non deve essere sempre unidirezionale, in cui il programma speciale si avvicina a quello didattico standard, ma sarebbe opportuno che anche all’interno della lezione comune ci siano degli spazi ritagliati appositamente per il bambino autistico, con modalità però fluide e non esclusive. 4.5 Socializzazione con gli altri studenti Questo rappresenta uno dei problemi cruciali legati all’autismo. Il percorso deve essere necessariamente personalizzato in base al grado di socialità e di disturbo dello studente. In linea teorica, il soggetto autistico riesce a contenere il suo disagio con gruppi piccoli. È necessario creare un clima sereno e favorevole, in cui emergano rapporti di affettività e di aiuto sia da parte dei compagni che dal corpo docenti. Il gruppo classe deve essere composto da elementi positivi sempre pronti ad aiutarsi a vicenda, e il compagno autistico deve essere visto come fonte di approfondimento e di ricerca nei confronti della diversità. La scuola dovrebbe riuscire a creare una predisposizione per far sì che l’alunno autistico venga invitato anche al di fuori della scuola. Anche alcuni eventi semplici come festeggiare un 27 compagno o un evento vincente, può suscitare emozioni fortemente positive nel bambino autistico. 4.6 Il ruolo degli insegnanti Un importante progresso che viene messo in risalto dalle opinioni degli insegnanti, è il miglioramento continuo di cui beneficiano non solo i docenti di sostegno, ma anche quelli curriculari. La formazione continua che avviene anche al di fuori dei contesti scolastici, prepara gli insegnati a preferire approcci moderni, ma soprattutto su misura dello studente. L'insegnante di sostegno è finalmente visto come un insegnante specialista, che ha il ruolo di migliorare, tramite esperienze e studi maturati, l’inserimento e l’inclusione del bambino con disturbi del comportamento. La sensibilità verso l’argomento aumenta di anno in anno e l’insegnante di sostegno è uno dei fulcri, congiuntamente alla famiglia e al gruppo classe, che può donare speranza e sostegno al bambino “speciale”. Tuttavia, in alcuni contesti, gli insegnati curriculari demandano eccessivamente al docente di sostegno le mancanze e le problematiche strutturali/organizzative, le quali minano al corretto inserimento dell’alunno affetto da disturbi. Si tende quasi a privatizzare le problematiche legate al bambino disabile come se la gestione delle criticità, dovesse ricadere esclusivamente sull’insegnante di sostegno. È invece dirimente far sì che gli insegnanti curriculari e dirigenti, favoriscano l’insegnante di sostegno per creare delle condizioni idonee al nuovo approccio inclusivo, anche nel caso in cui sia necessario un adeguamento strutturale e organizzativo degli spazi. La collaborazione tra i docenti curriculari è necessaria per facilitare anche la coesione 30 sarebbe un grave errore affidarsi in senso stretto a delle catalogazioni. Con l’esperienza e un atteggiamento empatico è possibile far sentire l’alunno autistico accettato dalla comunità scolastica, incoraggiandolo ad avere una libera iniziativa ed una libera espressività. Conclusioni I ragazzi affetti da disturbo autistico o comunque che necessitano di Bisogni Educativi Speciali (BES), non sempre riescono a condurre una vita soddisfacente. I loro problemi coinvolgono profondamente anche le loro famiglie, le quali necessitano di ausilio sia dal punto di vista medico sanitario, che dal punto di vista scolastico. Nello specifico, possiamo affermare che errate condotte e strategie sul piano scolastico, potrebbero avere ripercussioni anche sul piano extrascolastico di questi studenti. È quindi necessario che i progetti offerti dalla scuola siano finalizzati anche ad un inserimento sociale, quasi come se fosse un vero e proprio progetto di vita. I progetti inclusivi purtroppo richiedono grande dispendio energetico non solo da parte del personale educativo, ma anche dalle famiglie, dalle associazioni, dai sanitari, ecc. L’insegnante di sostegno deve essere uno dei fulcri per consentire di agire al meglio sullo studente tramite tecniche di mediazione e facilitazione. Spesso l’insegnante di sostegno con l’aiuto dei genitori riesce ad interpretare i comportamenti strani dello studente, che ad un occhio inesperto potrebbero apparire privi di senso. 31 Dirimente per la corretta e completa attuazione dei piani di inclusione è quello della cittadinanza attiva; con questa nuova dicitura si intende la partecipazione responsabile ed attiva di tutta la comunità. È necessario anche con delle campagne mediatiche, sensibilizzare tutta la società al cambiamento, ad imparare sin da piccoli che la diversità non è un male da curare, e che spesso nasconde punti di forza unici. Con siffatto elaborato si è cercato di fornire una panoramica sui disturbi dell’apprendimento, specie quelli legati all’autismo, soffermandosi sull’importanza dei piani di inclusione e di come sia necessario che tutti i professionisti coinvolti e anche la società stessa, si prodighino per fornire a questi studenti la maggior qualità di vita possibile. “Per avere successo nella scienza e nell'arte, un pizzico di autismo è essenziale”. (Hans Asperger) Bibliografia American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). American Psychiatric Association. Associazione Italiana Dislessia. (2007). Linee guida per la diagnosi dei disturbi specifici dell'apprendimento. AID. 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