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Significato simbolico dello specchio, Dispense di Italiano

Significato simbolico dello specchio

Tipologia: Dispense

2018/2019
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Caricato il 28/01/2019

Neik1598
Neik1598 🇮🇹

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Scarica Significato simbolico dello specchio e più Dispense in PDF di Italiano solo su Docsity! CONTESTO STORICO • Guerra dei 30 anni: prima guerra che coinvolge quasi tutto il mondo. • Conseguenze per l’Italia: si va a formare un organizzazione feudale del territorio e si nota un arretramento, in particolare al sud. • Epoca della piena applicazione della Controriforma: la Chiesa si va a fossilizzare sui propri dogmi. • “Barocco” deriva dal portoghese “baroco” e dallo spagnolo “barrueco” con il significato di perla irregolare; poi la connotazione di oggetto irregolare si perde entrando a far parte nel gergo degli orologiai. LO SPECCHIO NELLA LETTERATURA BAROCCA Nel barocco, a causa del contesto storico pieno di guerre e conflitti, la società è confusa, non ha idea di cosa vuole, comincia ad avere timore del futuro. Questo fa nascere l’idea di infinito, la voglia di sdoppiarsi e di riuscire a controllare il mondo, se non dalla nostra prospettiva, da quella che ci rimanda l’immagine di ciò che vorremmo essere. In parole povere: uno specchio. 
 Uno dei primi autori ad introdurlo è stato Tommaso Stigliani, classico autore barocco, con una poesia intitolata Scherzo d’immagini. Mentre ch’assisa Nice 
 del mare alla pendice 
 stava a specchiarsi in un piombato vetro, 
 io, ch’essendole dietro, 
 affisati i miei sguardi a l’acqua avea, 
 l’ombra sua vi vedea 
 con la sinistra man di specchio ingombra: 
 e ne lo specchio ancor l’ombra de l’ombra. 
 La poesia comincia descrivendo una donna sulla riva del mare che si specchia nell’acqua; per poi continuare con l’immagine del poeta che guarda la donna solo attraverso il riflesso nell’acqua, attraverso una prospettiva che non è quella della realtà. La poesia ha anche un fondo macabro: ciò che l’uomo vede riflesso non è la donna viva, ma l’ombra di un’ombra: ancora meno di un cadavere. 
 Stigliani è particolarmente affezionato all’idea dello specchio come rappresentazione dell’infinito e lo riprende in più poesie, come in Bacio dato astutamente. L’acqua è sempre l’elemento che rimanda allo specchio: Vedi tu Nice alla chet’acqua in fondo 
 quelle due vaghe immagini d’amanti tanto 
 a noi somiglianti? Ma questa volta all’immagine riflessa si fa compiere un’azione assolutamente materiale… che sì ch’io fò baciarle senza punto toccarle? 
 Ed io baciando lei, baciar le due 
 figure iv’entro fei. Quest’immagine non deve venire interpretata come un mero tentativo di sedurre una possibile amante, quanto invece come una rappresentazione dell’idea stessa di amore che, facendo paura, viene sdoppiata e proiettata su un famigerato specchio d’acqua dove rimarrà perfetta ed intatta, sicura nella sua campana di cristallo. 
 Cristallo che non è destinato a rompersi, e che dà l’immagine di amore perfetto, quando invece nella realtà non solo non lo è, ma probabilmente non esiste neppure. 
 Questa proiezione non ha una dotazione negativa, nel senso che veramente si vuole credere in un’idea perfetta di amore, ma purtroppo si riesce ad ottenere solo in uno specchio. 
 La perfezione non apparterrà mai all’essere umano che, però, continuerà a desiderare lo “specchio”, quasi volesse una doppia vita, e poco male se quella riflessa non gli appartiene. 
 La fantasia (la scrittura) la farà vivere. Un sonetto di Louis D’Espinay, conte di Estelan, morto nel 1644, suggerisce con forza il fascino dello specchio nella società barocca Specchio,pittore e ritratto,tu doni,ricevi, 
 e ovunque con te la mia immagine porti, 
 Puoi tu esprimere,se non il linguaggio, 
 e per essere vivo non ti serve che la voce, Tu solo puoi mostrarmi,quando in te mi vedo, 
 sul viso dipinte tutte le mie passioni, 
 Di un ugual passo segui il mio umore e la mia età, 
 e nei loro cambiamenti mai ti inganni, Le mani di un artigiano,alla fatica ostinate, 
 Da un penoso lavoro fanno,in molti anni, 
 un ritratto che somiglia ad un istante, Ma tu,pittore brillante,da un'arte inimitabile, 
 tu crei senza fatica un'opera incostante, Che sempre assomiglia e non è mai simile. LO SPECCHIO TRA PETRARCHISMO E BAROCCO Per parte mia, mi propongo di riprendere questa ricerca, nell'ambito della poesia lirica del primo Seicento, fissando, secondo una prospettiva che reputo necessaria, alcuni punti di riferimento nella tradizione petrarchista e in quella rinascimentale, al fine di cogliere, allo stesso tempo, la prima formulazione moderna di questo tema, il suo persistere in un arco di tempo che abbraccia il XVI e il XVII secolo e, soprattutto, il suo progressivo trasformarsi. Cominceremo il nostro studio ricordando alcune composizioni dedicate allo specchio dai poeti petrarchisti e da quelli rinascimentali, e, per ciò fare, non è inopportuno risalire allo stesso Petarca i cui sonetti XLV e XLVI de “In vita di Madonna Laura”, possono essere considerati, sia per la scelta del tema, sia per il linguaggio poetico e le immagini adottate, la fonte remota, ma non mai dimenticata, di molte altre poesie dei secoli posteriori. I due sonetti sembrano incentrati su di uno stesso motivo che si può così riassumere: • Il poeta lamenta che Laura, ammirandosi nello specchio diventi sempre più orgogliosa e insensibile al suo amore, al punto da dimenticare del tutto l'innamorato per trovare nella contemplazione di se stessa ogni piacere. • Lo specchio è, dunque, per il poeta un rivale pericoloso; rende la donna più sicura della sua bellezza, e perciò più superba e distante; ne attira gli sguardi e l'affascina con la sua stessa immagine al punto che essa neppure più volge i suoi occhi verso l'infelice amante. • ! ! Solo mezzo che resta al poeta per vincere il fascino che lo specchio esercita sulla donna amata è di denunciare il carattere ambiguo e ingannatore dell'immagine riflessa. È quanto esprime il verso «Con le non sue bellezze v'innamora”, e che mi pare si possa cogliere, anche, nella terzina finale del sonetto XLVI, là dove il poeta dice degli specchi: “Questi fur fabbricati sopra l'acque D'abisso e tinti nell'eterno oblio...”. Non pare che questo carattere d'illusorietà, questa natura ingannatrice che il Petrarca attribuisce allo specchio (si noti quale condensazione di significati si abbia nelle acque d'abisso) abbia colpito l'attenzione dei poeti che l'hanno seguito; questi, infatti, sembrano piuttosto cantare lo s'pecchio come testimone fedele della bellezza della donna, strumento che ne conferma il dominio sull'innamorato poeta. Ancora il potere che lo specchio conferisce a coloro che vi si contemplano sottolinea in modo ingegnoso il Sannazaro quando ricorda come facendo convergere i raggi del sole su di una superficie specchiante, se ne traggano mille scintille e più abbacinanti riflessi. E se si pensa che il paragone tra la donna e il sole è uno dei più diffusi e banali nella lirica amorosa del Cinquecento, si comprenderà facilmente a quali conclusioni concettose può condurre questa immagine del sole che si riflette in uno specchio e quali pointes preziose sapranno trarre dal contrasto feu-glace, qui suggerito, i poeti più mediocri. L’insegnamento del Petrarca e del Sannazaro, non sembra essere andato perduto nel Tasso, ché anzi questo è proprio il tipo d’interpretazione del tema dello specchio che conosce la maggiore e più duratura diffusione presso i poeti del Rinascimento. La donna stessa è concepita come specchio dell’universo, microcosmo privilegiato nel quale le bellezze del mondo creato si riassumono mirabilmente. Specchiandosi la donna diventa consapevole della sua bellezza, ma, allo stesso tempo, conosce la Bellezza ideale e il poeta vede in lei l’immagine concreta della divinità.
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