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Riassunto dell'esame di Diritto Agrario, libro consigliato del corso: Germanò, Sintesi del corso di Diritto Pubblico

Appunti sintetici e rielaborati per il corso avente come testo di riferimento il Manuale di Diritto Agrario - Germanò

Tipologia: Sintesi del corso

2010/2011

Caricato il 18/07/2011

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Scarica Riassunto dell'esame di Diritto Agrario, libro consigliato del corso: Germanò e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Pubblico solo su Docsity! III - L'IMPRESA AGRICOLA 1 il titolo II “del lavoro nell'impresa” del libro V del CC Analizzando il CC, l'art 2082 dà la definizione di imprenditore, l'art 2135 si riferisce all'imprenditore agricolo, mentre l'art 2195 si riferisce all'impreditore commerciale. Mentre l'art 2082 dà una vera e propria definizione dell'imprenditore, gli artt 2135 e 2195, elencano una serie di attività svolte. L'art 2135, in particolare elenca 4 attività: la coltivazione del fondo, l'allevamento di animali, la silvicoltura e le attività connesse. Invece, l'art 2195 elenca altri tipi di attività: l'attività industriale, l'attività del negoziante, l'attività di traporto, l'attività bancaria, l'attività assicurativa e le attività ausiliari alle precedenti. Per una corretta interpretazione, si deve tener presente che l'imprenditore sarà agricolo quando svolge le attività elencate nell'art 2135 ma per essere imprenditore deve rispecchiare i requisiti dell'art 2082. → questo stretto collegamento tra le norme (2082 → 2135/2195) trova conferma nel fatto che l'art successivo il 2083, definendo il piccolo imprenditore indica l'agricoltore (coltivatore diretto), l'imprenditore industriale (artigiano), il negoziante (piccolo commerciante), ossia a soggetti che svolgono le attività agricole nel primo caso, e per gli altri due attività commerciali. 2 la categoria unitaria dell'impresa L'art 2135 definisce l'imprenditore agricolo colui che esercita l'attività di impresa agricola. L'art 2082 definisce l'imprenditore, dicendo che, il soggetto è imprenditore • quando esercita un'attività economica organizzata → l'organizzazione è la combinazione dei fattori produttivi del capitale e del lavoro. È sufficiente che ci sia anche un'organizzazione del proprio lavoro e che il capitale (immobile: impianto industriale) sia sufficiente per l'esercizio dell'attività economica. • quando la esercita professionalmente → l'attività dev'essere svolta in modo professionale ossia non occasionale e non saltuaria bensì con continuità. Una continuità che non può esaurirsi in un unico atto economicamente rilevante. • quando la esercita al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi → non vi è attività di impresa se questa non si conclude con l'immissione nel mercato dei beni o servizi prodotti. Dall'immissione della produzione nel mercato, ci si attende un ricavo almeno astrattamente lucrativo puntando almeno ad un pareggio dei costi con i ricavi. 3 il D.lgs n. 228 del 18 maggio 2001 e le ragioni della nuova formulazione dell'art 2135 cc Il ns legislatore, nel 2001 è intervenuto riscrivendo l'art 2135 poiché il precedente articolo aveva alcune lacune che richiedevano molto spesso l'intervento di un giudice per dirimere liti anche sulla interpretazione. C'era quindi bisogno di una interpretazione autentica, che consentisse la diminuzione del contenzioso agricolo per i prossimi anni a venire. Inoltre sono stati emanati 3 D.Lsg di orientamento: • D.Lgs 226/2001 → Pesca • D.Lgs 227/2001 → Foresta • D.Lgs 228/2001 → Agricoltura 4 l'impresa agricola, come definita dal vecchio e dal nuovo art 2135 cc, ed è un'impresa in senso tecnico Come già ribadito, c'è uno stretto collegamento tra l'art 2082 e l'art 2135, infatti si può affermare che l'impresa agricola è un'impresa in senso tecnico perché l'imprenditore agricolo dell'art 2135, non è un semplice produttore bensì produce beni che rivolge al mercato, comportandosi proprio come l'imprenditore dell'art 2082. Questo è sempre accaduto, anche in passato, anche se la cerchia di consumatori era inferiore. Questo concetto dell'impresa in senso tecnico, era previsto anche nel codice civile del 1942 ciò lo si deduce solo osservando la struttura del codice civile: sotto il capo “dell'impresa generale” subordinati erano i capi “dell'impresa agricola” e “delle imprese commerciali”. È nel periodo delle due guerre mondiali che si discute di impresa come categoria unitaria. La dottrina prese coscienza di due fatti: l'importanza dell'impresa quale categoria ordinante l'intera disciplina dell'attività economica e riconobbe la nozione di impresa anche in agricoltura. → oggi è consolidato il fatto che l'operatore agricolo di cui parla il c.c. Nell'art 2135 è un imprenditore, ovvero un soggetto che produce utilità per il mercato. Infatti, è la stessa legge-delega che si riferisce alla promozione dell'agricoltura, incitando il Governo a modificare ed integrare le vecchie disposizioni codicistiche allo scopo di rafforzare la posizione imprenditoriale dell'operatore agricolo. Inoltre, i due D.Lgs 226/2001 (Pesca) e il D.Lgs 227/2001 (Foresta), decreti legislativi di orientamento forestale e di acquacoltura insistono di definire “imprenditore” sia colui che gestisce un'attività produttiva del bosco, sia colui che avolge l'attività di cattura o di raccolta di organismi acquatici in ambienti marini, salmastri e dolci. 5 la vendita dei prodotti agricoli e le contrattazioni dell'agricoltore nelle borse merci Il D.Lgs 228/2001 che si riferisce all'agricoltura, ha portato alla riforma dell'art 2135. Inoltre, l'art 4 del D.Lgs 228/2001 consente agli imprenditori agricoli, singoli od associati, di vendere direttamente al dettaglio i propri prodotti su aree pubbliche o in locali aperti al pubblico dopo averne dato comunicazione al sindaco, senza per questo cadere sotto la disciplina del commercio, poiché si tratta di vendite al minuto. Inoltre, l'imprenditore agricolo può vendere i suoi prodotti e quelli altrui purchè non prevalenti e sempre che il ricavo non superi un determinato ammontare, senza per questo diventare imprenditore commerciale (anche se di fatto svolge l'attività di vendita e di compera previsto dal 2 comma dell'art 2195). Inoltre, è imprenditore agricolo quell'agricoltore che ricorre alle borse merci per contrattare merci e derrate alimentari o che dà in pegno ad i propri prosciutti a denominazione di origine o i propri diritti di impianto, senza di fatto perderne l'utilizzazione. Inoltre, il D.Lgs 228/2001 prevede l'istituzione di “distretti rurali” e “distretti agroalimentari di qualità” caratterizzate da una presenza economica all'interno di attività agricole locali. problemi di interpretazione. Ci si era posti il significato della parola bestiame e si era messo in discussione se occorresse o meno la contemporanea coltivazione del fondo. Nella vecchia concezione di bestiame erano compresi solo bovini, equini, caprini e ovini. Gli altri animali, detti di bassa corte, dovevano essere alimentati solo con prodotti di scarto dell'attivitià di coltivazione o con quando naturalmente trovavano sul terreno. Con la nascita di nuove tecniche di allevamento (in capannoni e batteria) e la frattura tra agricoltura e allevamento, è nata l'esigenza di riflettere sul termine “bestiame”, chiedendosi se si dovessero intendere tutti gli animali allevati per l'agricoltura e l'alimentazione dell'uomo. Da un'analisi delle altre norme facenti parti del ns ordinamento giuridico, è emerso che si poteva considerare agricolo anche l'allevamento di suini, conigli, polli, rane, mitili, crostacei, api, bachi da seta, cani etc → il vecchio art 2135 andava quindi modificato, sostituendo il termine bestiame con quello più ampio di “animali”. → questo è avvenuto attraverso il D.Lgs 228/2001, mentre il D.Lgs 226/2001 assimila agli imprenditori agricoli gli imprenditori ittici, ovvero coloro che catturano o raccolgono organismi acquatici nel mare, nelle lagune, nei fiumi e nei laghi. Sorse però un altro problema, occorreva identificare l'attività di allevamento, ossia la cura della crescita di un animale (escludendo dalle attività necessarie la riproduzione). → affinché l'attività di allevamento venga svolta, non è necessario il collegamento col fondo perchè è la cura del ciclo biologico dell'animale (o un ciclo di esso) che fa diventare un soggetto imprenditore agricolo. Inoltre, sorse una diatriba su quali animali è possibile effettuare l'allevamento e curarne l'intero o parte del ciclo biologico → alcuni sostenevano che tutti gli animali potessero essere allevati, altri invece escludevano alcuni come animali da pelliccia, gatti, virus per medicine, muffe etc → il D.Lgs 228/2001 afferma che sono agricole sì le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico di carattere animale, ma che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine. Ne deriva, quindi, l'esclusione delle attività di allevamento di animali carnivori (gatti, visoni, volpi) nonché di scimmie, coccodrilli, pitoni etc. Invece, possono essere allevate le api e la fauna selvatica nelle zone agro-turistiche-venatorie al fine di offrire ai turisti occasioni e possibilità di caccia. Poiché è consentito anche la cura e lo sviluppo di cicli biologici mediante l'utilizzazione di acque salmastre, marine o dolci, l'attività di allevamento di animali (mitili, ostriche, molluschi, pesci) è detta acquacoltura e il D.Lgs 228/2001 dice che l'acquacoltore è imprenditore agricolo. L'attività di pesca invece, non è attività agricola pleno iure. 11 la cattura di pesci La pesca e la caccia, poiché non costituiscono un'attività di cura e di sviluppo degli esseri animali, non sono mai stati considerati dalla legislazione italiana, come attività agricole. Il problema però è sorto quando il Trattato di Roma ha compreso tra i prodotti agricoli, oltre i prodotti del suolo e dell'allevamento, anche quelli della pesca. Allora, il Parlamento ha dato una delega al Governo affichè questo disciplinasse l'attività di pesca come equiparata all'attività agricola. → il D.Lgs 226/2001 tratta dell'imprenditore ittico e lo equipara all'imprenditore agricolo. A differenza dell'attività di acquacoltura che cura il ciclo biologico dell'animale, la pesca non è altro che la cattura o la raccolta di organismi acquatici in ambienti marini, salmastri o dolci. → la pesca quindi, è attività equiparata, non è attività agricola pleno iure!!! 12 le attività connesse e il criterio della prevalenza Il nuovo art 2135, nell'elenco delle attività agricole cita anche le attività connesse. È compito dell'interprete cogliere le attività agricole per connessione. Molte volte, se queste attività fossero state organizzate in forma autonoma esse rientrerebbero nelle attività di cui all'art 2195, dando vita ad imprese industriali e commerciali. Non possono mai essere connessi quegli atti che costituiscono una fase propria dell'attività principale, senza di fatto essere proiettate verso il mercato (es attività di bonifica effettuata dallo stesso imprenditore). Tra le attività connesse il legislatore espressamente comprende la produzione e la cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali ovvero la trasformazione delle colture vegetali e forestali dedicate all'ottenimento delle biomasse da cui estrarre poi biogas, calore ed elettricità. → è da considerare sempre il criterio della prevalenza perchè l'attività possa essere considerata connessa a quella agricola. Affinchè l'attività sia connessa, questa deve servire allo sviluppo dell'attività agricola principale o nel momento della produzione o nel momento dell'esercizio o nel momento dell'utilizzazione dei prodotti, integrando quindi il reddito dell'attività principale consentendo il raggiungimento del profitto dell'imprenditore con l'esercizio della coltivazione del fondo, della silvicoltura e dell'allevamento. Indispensabili sono due elementi: • elemento soggettivo → lo stesso soggetto deve svolgere sia l'attività principale che quella connessa • elemento oggettivo → l'attività connessa dev'essere inserita all'interno dell'organizzazione creata per lo svolgimento dell'attività principale (c.d. Uniaziendalità= un'unica impresa svolge sia l'attività connessa che quella principale) Inoltre, tra le attività connesse rientrano: • le attività svolte dal medesimo imprenditore dirette a determinati fini; • le attività devono essere dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti; • i prodotti manipolati, conservati, trasformati, commercializzati devono essere ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali; • connesse sono le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata; • fra le attività di fornitura di servizi sono comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge; Il vecchio art. 2135 prevedeva due sottocategorie di attività connesse, quelle atipiche (non menzionate dal 1 comma) e quelle tipiche (nominate nel 2 comma: alienazione e trasformazione) Il nuovo art. 2135 invece, segnala che l'elenco delle attività connesse non è tassativo, bensì possono esserci delle altre, diverse da quelle elencate, che possono essere cmq connesse e costituire le attività connesse atipiche. Quelle tipiche, invece, sono menzionate nel 3 comma dell'art 2135. La manipolazione e la conservazione a cui il nuovo art 2135 si riferisce sono delle attività che devono avere ad oggetto prodotti agricoli altrui che sono stati acquistati per essere manipolati e conservati con i prodotti propri per poi venire immessi insieme sul mercato. La trasformazione invece, si ha quando a seguito della modifica della forma o della consistenza del frutto naturale, si ottiene un altro bene che assume la qualifica di bene strumentale. Es. l'olio rispetto alle olive, vino rispetto all'uva. Quando queste attività vengono svolte da un imprenditore agricolo queste sono riconosciute agricole. Il termine commercializzazione invece, si aggancia a quello di trasformazione e significa che vengono alienati i prodotti agricoli trasformati. Il termine valorizzazione, si collega a quello di trasformazione x il fatto, infatti è con il processo di trasformazione che un bene acquista caratteristiche migliori e quindi viene valorizzato (es. aggiunta di vitamine in un prodotto alimentare oppure operazioni di lavaggio e conservazione del prodotto) Ai fini di queste attività, è sufficiente che i beni dell'imprenditore siano prevalenti su quelli altrui. → criterio della prevalenza Il D.Lgs 226/2001, riconosceva all'imprenditore ittico come attività connesse, quelle di prima lavorazione di prodotti del mare, la conservazione, la trasformazione, la distribuzione e la commercializzazione al dettaglio e all'ingrosso, nonché le attività di promozione e valorizzazione che avessero ad oggetto prevalentemente i prodotti della propria attività. Questa norma creò dei problemi perchè in base al criterio della prevalenza riguardo la pesca marittima, la pesca di alcuni pesci poteva essere considerata attività consueta e la pesca di altri pesci no. Il D.Lgs 226/2001 ha sostituito la precedente definizione quanto le attività connesse, stabilendo che sono attività connesse le attività di pesca purchè non prevalenti rispetto a queste e purchè effettuate dall'imprenditore ittico mediante l'utilizzo di prodotti provenienti in prevalenza dalla propria attività di pesca, ovvero di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'impresa ittica. Non sono connesse solo le attività di pascaturismo e ittioturismo bensì anche la prima lavorazione dei prodotti del mare, la conservazione, la trasformazione, la distribuzione e la commercializzazione, nonché le azioni di promozione e valorizzazione del pescato. → in sostanza, i non prevalenti pesci altrui, per essere attività connesse è sufficiente che siano pescati con le attrezzature proprie. Inoltre, sono equipatai all'imprenditore ittico, i commercianti di pesci e rappresenta attività connessa la commercializzazione del pescato proprio e quello non-prevalente altrui. 13 le attività turistiche Per potersi parlare di attività agrituristiche non solo è necessario l'elemento soggettivo ma altresì quello dello oggettivo (L. 96/2006): • le attività di ricezione e di ospitalità devono essere esercitate dagli imprenditori agricoli attraverso l'utilizzazione della propria azienda • l'ospitalità va data in edifici o parte di essi già esistenti sul fondo, • la consumazione di pasti e bevande deve avvenire sul fondo, • le bevande e i cibi devono essere prodotti, lavorati e trasformati nell'azienda agricola ma possono essere ricavati da materie prime dell'azienda agricola ottenuti da lavorazioni esterne (la L. 730/1985 già lo prevedeva) → criterio prevalenza accolto dall'art 2135 • il numero degli ospiti non deve essere superiore a 10 • parte dei prodotti impiegati nella somministrazione dei pasti e delle bevande deve provenire da artigiani alimentari della zona • Il reddito proveniente dalle attività agrituristiche è considerato reddito agrario La nuova legge sull'agriturismo prevede che al fine di contribuire alla promozione dei prodotti agroalimentari regionali spetti alle Regioni disciplinare il fatto della somministrazione di pasti e bevande → ci sarà una preferenza di prodotti tipici e caratterizzati da segno Dop, Igp, Igt, Doc etc. Per la L. 96/2006, le attività ricreative e culturali possono svolgersi indipendentemente dalle attività di ospitalità o di somministrazione di pasti o bevande, ma in tal caso solo in quanto realizzano obiettivamente la connessione, non soltanto con le altre attività agricole principali ma anche con le altre attività volte alla conoscenza del patrimonio storico-ambientale e culturale . Tra le altre attività connesse rispetto all'imprenditore ittico ci sono: • pescaturismo → consiste nell'andare in barca con i pescatori ed a mangiare il pesce appena pescato • ittioturismo → consiste nel passare le vacanze nelle case dei pescatori, partecipando alla loro vita e al loro mondo socio-culturale 14 le altre prestazioni di servizi Ci si riferisce a tutte quelle attività connesse dirette alla fornitura di servizi. La forma di prestazione di servizi più usata, è l'attività del c.d. Controterzista nei ritagli di tempo della sua attività principale di agricoltore. Sono connesse le attivtà poste in essere dal medesimo imprenditore agricolo e dirette alla fornitura di servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata. Se l'attività fosse stata esercitata in modo autonomo, senza connessione, si sarebbe trattato di un'attività commerciale (es imprese agromeccaniche dei controterzisti). → l'attività agromeccanica, infatti, prevede operazioni colturali, sistemazione e manutenzione di fondi agroprofessionali, a favore di terzi, mediante l'utilizzo di mezzi meccanici. 3 L'equiparato al coltivatore diretto In base all'art 7 della L. 203/1982, sono equiparati: • il laureato e il diplomato in materie agraristiche → requisiti: - fino 55 anni - laurea/diploma in materie agraristiche o veterinaria → deve portare in azienda le conoscenze acquisite mediante il titolo di studio quindi il lavoro tecnico-professionale (non quello direttivo-organizzativo proprio di ogni imprenditore) - si impegni a esercitare in proprio la coltivazione di fondi per almeno 9 anni - è richiesto almeno 1/3 del lavoro esecutivo (manuale/tecnico/professionale) occorrente l'esercizio dell'attività d'impresa • la cooperativa e i gruppi di coltivatori diretti → tutti i componenti devono essere coltivatori diretti 4 Gli equiparati all'imprenditore agricolo • imprenditori ittici → ossia coloro che svolgono un'attività professionale ed organizzata diretta alla cattura o alla raccolta organizzata di organismi acquatici in ambienti marini, salmastri e dolci. N.B.: coloro che allevano pesci (=attività di acqua coltura), sono imprenditori veri e propri (cura del ciclo biologico) • cooperative di imprenditori → quando utilizzano per la coltivazione del fondo, la selvicoltura e l'allevamento di animali prevalentemente prodotti dei soci oppure forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi. • cooperative che forniscono servizi nel settore selvicolturale, ivi comprese le sistemazioni idraulico forestali → es lavori di aratura, potatura, falciatura etc 5 Gli agricoltori “giovani” Sono coloro che godono di una serie di vantaggi fiscali e devono avere i seguenti requisiti: • meno di 40 anni • competenza ed esperienza professionale • titolari o contitolari di aziende agricole nelle zone montane o svantaggiate oppure successori di precedenti titolari che avevo aderito al regime di aiuti al prepensionamento E' prevista anche la possibilità che i giovani agricoltori siano in società e subentrino nella conduzione agricola al familiare, presentando progetti per lo sviluppo e il consolidamento di iniziative nei settori di produzione, commercializzazione e trasformazione di prodotti in agricoltura Tra i vantaggi riconosciuti, oltre a quelli fiscali, ci sono anche vantaggi nell'attribuzione di priorità: come essere preferiti, rispetto agli altri confinanti proprietari coltivatori diretti, nell'esercizio del diritto di prelazione del fondo che il vicino ha messo in vendita. 6 L'impresa familiare coltivatrice In passato, nelle famiglie contadine vigeva la “comunione tacita familiare” ossia una stretta struttura gerarchica fondata da un forte legame famiglia-fondo in cui c'era una comunione di tetto e di mensa. Da ciò ha tratto origine l'”impresa familiare coltivatrice” (art 230bis) ossia dall'esercizio in comune di un'attività economica che si basa su una famiglia più ristretta rispetto al passato limitata ai coniugi, ai parenti entro 3° grado e agli affini entro il 2° grado. Il diritto agli utili è proporzionale al lavoro svolto e le decisioni vengono prese in maniera democratica (vige il principio di maggioranza) ossia attraverso la partecipazione di i tutti i familiari lavoratori. L'art 230 bis – impresa familiare – e l'art 48 della L.203/1982 intitolata – impresa familiare coltivatrice – sono in stretto collegamento → permettono di considerare l'impresa familiare coltivatrice anche con rilevanza esterna. La L. 203/1982, prevede che l'impresa familiare coltivatrice, duri fino a quando ci sia un soggetti membro della famiglia capace di prestare il lavoro nei limiti del terzo delle esigenze del fondo. (→ è sufficiente, ai fini del criterio del terzo, che un solo soggetto svolga un lavoro esecutivo/direttivo) Inoltre, tutti i familiari sono responsabili delle obbligazioni assunte → la Corte di Cassazione ha stabilito che l'art 230 bis ha valenza esterna, mentre l'art 48 della L 203/1982 ha valenza esterna. Quindi se tutti i familiari rispondono delle obbligazioni assunte, ovvero secondo le regole delle società semplice, significa che tutti i familiari avevano agito in comune accordo. Come nelle società semplici, l'amministrazione potrà essere congiuntiva o disgiuntiva. 7 le società: cooperative di lavoro, di consumo e di servizi In passato, i tipi di società non erano tipizzati legalmente come oggi e la dottrina agraristica affermava che c'era un differenza sostanziale tra le società commerciali, con fini di lucro e le società in materie agraristiche che si costituivano per l'esercizio di una det attività con la conseguenza che non era possibile passare da un tipo societario ad un altro poiché sarebbe venuta meno la causa sociale e quindi il contratto di società. Oggi, dal 2004, sono state prese in considerazione le “società agricole”, ossia quelle società che hanno come oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle attività di coltivazione fondo, di selvicoltura, di allevamento di animali e le attività connesse. Inoltre, è stato previsto un obbligo per le società costituitasi prima o dopo, di inserire la qualifica “agricola” qualora l'attività svolta sia quella indicata dall'art 2135 cc. I requisiti affinche una società agricola acquisti la qualifica di IAP o coltivatore diretto sono: • le società agricole di persone sono IAP, se un socio è IAP • le società di capitali sono IAP, se almeno un amministratore è IAP • le cooperative agricole sono IAP, se almeno un amministratore che sia anche socio è IAP • la società di persone è, ai fini della prelazione, coltivatore diretto, se almeno la metà dei soci è in possesso di tale qualifica la società cooperativa → prevede una divisione degli utili che apporta dei vantaggi ai soci. I soci cooperatori ricavano vantaggi proporzionalmente alla loro partecipazione all'attività sociale e non in proporzione al capitale versato. Lo scopo mutuativo della cooperativa dev'essere prevalente affinché essa possa ottenere i benefici fiscali previsti dalla legge. Le cooperative si distinguono in: • cooperativa di lavoro • cooperativa di consumo • cooperativa di servizi Il diritto di ristorno permette che una somma di denaro, al termine dell'esercizio finanziario positivo, venga distribuita tra i soci in Confini orizzontali = sono rappresentati da siepi, fossi, strade, recinti (apposti dal proprietario o ristabiliti giudizialmente quando il confine è incerto). Qualora il proprietario apponga dei confini verticali, quindi chiudendo di fatto il fondo, ne vieta l'accesso anche ai cacciatori. L'individuazione dei confini orizzontali, nel determinare la superficie del fondo, propone il problema del: • latifondo → terreno molto vasto, parzialmente incolto, appartenente ad un unico proprietario L'art 44 Cost, segna il programma della lotta al latifondo insieme alle Leggi sulla Riforma Fondiaria del 1950 (Legge Stralcio, Legge Silla, Legge per la Regione Sicilia) che prevedevano previo pagamento di un'indennità, l'esproprio dei terreni che superavano una certa estensione, con lo scopo di convertire il fondo in precedenza appartenente ad un unico imprenditore, a più imprese di coltivatori diretti, ai quali veniva assegnato il fondo dall'Ente di riforma. • Minifondo → il terreno è caratterizzato da due diverse situazioni: - frammentazione = il fondo è diviso in tante frazioni non contigue, tutte appartenenti allo stesso titolare - polverizzazione = piccole unità fondiarie La lotta al minifondo, invece, prevede due tipi di rimedi: - a carattere preventivo → minima unità colturale (m.u.c.), era vietata a pena annullamento del negozio, il frazionamento dei fondi rustici al di sotto della superficie necessaria per il lavoro di una famiglia agricola. Il fatto che mancasse una autorità amministrativa competente ad indicare le superfici minime, fece sì che tale istituto fosse sostituito con quello del compendio unico. Dei rimedi preventivi, inoltre fanno parte, le varie disposizioni che vietano i frazionamenti inter vivos e mortis causa delle unità ponderali in comprensori di bonifica, in zona di riforma, nelle zone in cui vige il maso chiuso. Inoltre, per la lotta al minifondo, la L 203/1982 prevede che il familiare che ha partecipato con il decuius alla conduzione/coltivazione del fondo, si costituisca un “affitto forzoso” delle quote di spettanza dei coeredi con la possibilità di acquisto coattivo di tali quote. - a carattere successivo → sono la ricomposizione fondiaria o la ricostruzione coattiva delle unità colturali. La ricomposizione fondiaria è il rimedio previsto per il fenomeno della frammentazione e prevede un riassetto delle proprietà frammentate attraverso l'accorpamento delle disperse particelle appartenenti allo stesso proprietario così da formare unità colturali economicamente convenienti. Avviene una sorta di permuta delle unità. La ricomposizione fondiaria è un istituto sorto originariamente riguardo alla bonifica integrale divenuto poi un generale istituto del riordinamento della proprietà rurale. Il riordino fondiario, è il rimedio della polverizzazione, attuato mediante espropriazione, fa sì che le unità fondiarie diventino più ampie, con la conseguente perdita di altre più piccole. 4 il compendio unico L'istituto della m.u.c. Rimase inattuato anche dopo l'entrata in vigore della Costituzione che all'art 44 stabilisce che la legge promuove la ricostruzione delle unità produttive. Tuttavia, la L. 203/1982 non consentiva la conversione del contratto agrario associativo in affitto quando il fondo non costituiva una unità sufficiente (anche in termini di reddito). Successivamente, la “Legge sulla montagna” prevedeva che anche le Regioni, alla luce dell'art 117 Cost riguardo le ampie competenze previste, potessero regolare con proprie leggi l'istruzione e la conservazione delle aziende montane, determinandone in particolare l'estensione della superficie minima indivisibile che aveva indicato col termine “compendio unico”. Questo istituto era nuovo del tutto (in diritto di famiglia c'era il “fondo patrimoniale” (*) - art 167 cc): il legislatore però non ne dava la definizione e non spiegava il rapporto tra compendio unico e m.u.c. (oggi le leggi sulla m.u.c. Sono state abrogate). Invece stabiliva: • obbligo di coltivazione del terreno per 10 anni → destinazione agricola • indivisibilità per 15 anni → sanzione per la violazione dell'indivisibilità: pagamento imposte aumentate dal 50% (N.B. Questa sanzione è prevista dalla legge per il compendio unico; mentre la violazione della codicistica m.u.c. Prevedeva l'annullabilità dell'atto inter vivos e del testamento) Il D.Lgs 99/2004 (che ha introdotto l'art 5bis al D.Lgs 228/2001), intervenne sul compendio unico → la definizione è rimessa alle Regioni, lo Stato ne detta una definizione solo sussidiaria qualora le Regioni non dispongano diversamente. Nella definizione sussidiaria di compendio unico, lo si definisce come l'estensione di terreno necessaria al raggiungimento di un livello minimo di redditività → sorge una distinzione tra fondo rustico e azienda agricola: il fondo rustico è solo un elemento dell'azienda agricola e quindi i due concetti sono differenti, inoltre, il soggetto che costituisce il compendio unico si deve impegnare a coltivarlo x 10 anni, mentre la normativa agraria sull'affitto forzoso prevede che il coerede che continua la gestione unitaria dell'azienda delle quote dei coeredi in qualità di agricoltore e successivamente le acquista, è tenuto a condurle o coltivarle per soli 6 anni. (*)Fondo patrimoniale: ciascuno o ambedue i coniugi, per atto pubblico, destinano beni immobili e/o beni registrati dando luogo ad una sorta di patrimonio separato, il cui impiego è far fronte alle spese della famiglia. I creditori non possono rifarsi sul fondo patrimoniale se i debiti sono stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia. → accostando i concetti di fondo patrimoniale e di compendio unico, si ricava che anche il compendio unico è una sorta di patrimonio separato con regole proprie come l'indivisibilità e la sua destinazione agricola x 10 anni, ma soprattutto consente di ritenere che la disciplina del compendio unico spetta allo Stato a cui spetta in via esclusiva la legislazione di diritto privato. → infatti, per la costituzione del compendio unico è necessario un atto pubblico, redatto da notaio → infatti, l'art 5 bis della L. 228/2001, prevede che: • il vincolo di indivisibilità deve essere indicato a cura dei notai roganti • per l'atto di acquisto sono dovuti solo gli onorari notarili Sono competenze statali: • l'individuazione delle qualifiche soggettive dei costitutori del compendio unico → coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale • determinare le conseguenze che derivano dalla costituzione del compendio unico → indivisibilità e nullità degli atti tra vivi e delle disposizioni testamentarie che abbiano l'effetto di frazionare il compendio → l'impossibilità di frazionare il compendio unico nella successione ereditaria è una violazione alla regola fondamentale dell'eguaglianza dei coeredi: questo si spiega perchè la successione mortis causa è regolata da norme di diritto privato e quindi è di competenza statale → la legge prevede a favore degli esclusi un diritto di conguaglio, che è garantito da ipoteca e che deve essere pagato entro 2 anni con un tasso di interesse inferiore ad un punto rispetto a quello legale. → l'indivisibilità del compendio unico ha il fine di garantire la conservazione dell'integrità fondiaria Particolarità del compendio unico: • il compendio unico è costituito con una dichiarazione del proprietario dei terreni che per sua volontà vengono a far parte del compendio unico (il quale è indivisibile e unico). → l'acquisizione dei terreni a la costituzione del compendio unico devono avvenire nello stesso momento ed essere contenuti nel medesimo atto pubblico, oppure è sufficiente che al momento di acquisto di nuovi terreni si costituisca il compendio unico comprendendo terreni che erano già in proprietà dello stesso soggetto. → quindi, tutti i terreni possono diventare compendio unico → vi sono agevolazioni fiscali • Nonostante sia compito delle Regioni stabilire la quantità di ettari necessari per costituire il compendio unico, il 5° comma dell'art 5 bis dice che non è necessaria una contiguità dei terreni. Quindi saranno le Regioni a stabilire il criterio della vicinanza chilometrica tra i fondi purché la funzionalità dell'impresa agricola rimanga intatta. • Il compendio unico montano, si differenzia perché la durata è limitata a 10 anni anziché 15: è indivisibile x 10 anni, richiede la coltivazione personale del costitutore x 10 anni. È sorto un problema riguardo la differenza delle due leggi, tuttavia è lecito. • La costituzione del compendio unico offre dei vantaggi fiscali (competenza statale) quali l'esenzione delle imposte di registro, ipotecaria, catastale e di bollo e la riduzione di un sesto degli onorari notarili. Solo per il “compendio unico montano” sono previsti interventi creditizi dall'ISMEA. 5 gli altri elementi del fondo rustico: le acque, le addizioni, i miglioramenti, i iura fondi La L. 36/1994, la c.d. “Legge Galli” ha dichiarato pubbliche tutte le acque superficiali e sotterranee affermando la volontà di salvaguardare questa risorsa. Di conseguenza, è venuto meno il diritto che un tempo permetteva di apprendere, a titolo di proprietà le acque sorgenti nel fondo o fluenti sopra/sotto di esso. Il proprietario del fondo, deve quindi chiedere alla p.a. Una concessione di utenza denunciando l'esistenza della falda e la quantità di acqua prelevata. I miglioramenti sono in senso stretto investimenti di capitale che si incorporano nel terreno in modo inscindibile che consentono un aumento durevole della produzione. Sia le addizioni che i miglioramenti, possono essere apportati dal proprietario del fondo, dall'enfiteuta e dal possessore ma non dall'usufruttuario. La legge riconosce all'affittuario lo ius meliorandi. I iura fundi sono quei diritti che si collegano strettamente alla natura rustica del terreno o alla sua posizione topografica rispetto gli altri fondi vicini, e ciò a causa dell'esercizio dell'agricoltura e in vista della loro necessità od utilità ai fini della produzione agraria. (es. servitù coattiva di passaggio; servitù di scarico coattivo; servitù coattiva d'acqua → il proprietario del fondo servente deve consentire il passaggio alle acque e a chiunque anche solo temporaneamente). I iura fundi sono utilità funzionali all'aumento della produttività del fondo agricolo. 6 il bosco Per bosco o foresta si intende un'associazione di alberi formatasi naturalmente o per opera dell'uomo. Giuridicamente è rilevante la distinzione tra bosco ceduo e bosco d'alto fusto in merito all'usufrutto del bosco. Il bosco ha due funzioni: quella di garantire l'equilibrio ecologico e la saldezza del suolo. → per garantire questi aspetti, è sorto il c.d. Vincolo idrogeologico, ossia al fine della tutela ambientale, ogni intervento nelle aree boschive necessita di un'autorizzazione dell'autorità forestale. La “Legge Galasso” aveva incluso i boschi e le foreste tra i beni assoggettati ex lege a vincolo paesaggistico, dando al bosco la natura di un bene immodificabile nella sua destinazione. Questo aspetto è ancora oggi rispettato nel T.U. Sui beni culturali ed ambientali. La legge Galasso, però, non sottoponeva ad autorizzazione il c.d. Taglio colturale, ovverosia la raccolta di legname al termine del ciclo produttivo degli alberi, fine cui tende l'attività silvocolturale. La corte costituzionale si era orientata in questo senso, dicendo che il taglio colturale per essere posto in essere non necessita di autorizzazione. Il D.Lgs. 227/2001 attribuisce alla Regione la facoltà di autorizzare la trasformazione del bosco dietro pagamento di una somma di denaro o mediante il rimboschimento. 7 le terre montane e “svantaggiate” L'art 44 3° comma della Cost afferma che la legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane. Tale concetto è ribadito anche nelle direttive comunitarie. Tra i vantaggi ci sono: • il diritto di opzione coattiva delle quote dei coeredi a favore del c.d. Affittuario forzoso • il diritto di ottenere l'autorizzazione regionale ad impiantare aziende agri-turistico-venatorie in cui allevamento in cattività di fauna selvatica • diritto di ricevere aiuti a favore degli agricoltori che garantiscono l'uso continuato delle superfici agricole favorendo il mantenimento di una comunità rurale attraverso sitemi di produzione eco-compatibili • inoltre esiste l'”albo dei prodotti di montagna” in cui possono essere iscritti i prodotti, che già protetti da Dop e IgP provengono da comuni montani in cui sono state realizzate tutte le fasi di produzione e trasformazione della materia prima Le zone di montagna sono quelle caratterizzate da una notevole limitazione della possibilità di utilizzare delle terre e da un notevole aumento del costo del lavoro dovuti ad altitudine o alla presenza di pendii che rendono impossibile la macchinizzazione delle attività agricole. produttive. 8 le terre d'uso civico e le proprietà collettive L'esistenza di proprietà collettive (specie montane), oppure le zone gravate da usi civici fanno parte della sfera dei diritti reali di godimento perpetuo senza divisione in quote. Si distinguono in: • usi civici in senso stretto = diritto a ritrarre alcune utilità da terre altrui (pascolo, legna, caccia e pesca) • terre civiche = sono le terre da cui si ha diritto di ritrarre tutte le utilità che esse possono dare alla collettività che è costiuita da tutti i cittadini della circoscrizione → le terre civiche sono aperte • terre collettive = sono delle terre da cui possono tratte utilità solo una collettività costituita da soli discendenti dei vecchi originari → le terre collettive sono chiuse Solitamente, questi diritti venivano utilizzati dopo l'anno mille in tre modi differenti: - per apprensione, la collettività spostandosi su un terreno inabitato lo ha occupato e ha cominciato a lavorarci - per concessione del sovrano/signore in comproprietà se la collettività è andata a bonificare o abitare certe zone - per riconoscimento di det utilitas da parte del signore/vassallo alla collettività abitante in quel territorio La legge 1766/1927 mirava a liquidare le 3 situazioni attraverso: • la liberazione degli usi civici in senso stretto, attribuendo ad ogni utente una quota di esso in proprietà • la quotizzazione delle terre civiche se utilizzate per coltura agraria e assegnando l'amministrazione ai Comuni delle altre terre destinate a bosco o pascolo • l'apertura a tutti i residenti delle terre collettive private • la legittimazione di usurpazioni, ossia delle occupazioni abusive ultra-decennali caratterizzate dal compimento di miglioramenti. Per effetto della legge 97/1994, ancora oggi in vigore, le collettività proprietarie di terre civiche e di terre collettive o gli utenti di esse, non sono solo titolari di un diritto di godimento, ma anche veri imprenditori agricoli essendo destinata anche al mercato la produzione di legname, erbe e prodotti del sottobosco. → i terreni forestali, il pascoli di proprietà collettiva diventano così beni aziendali → tuttavia sono assoggettati a una disciplina particolarissima: non sono vincolati a perpetua destinazione agro-silvo-pastorale; sono invece soggetti all'inalienabilità, indivisibilità e inusucapibilità propri dei beni del demanio pubblico. La natura collettiva della proprietà di terre civiche e collettive consente di attribuire a ciascun imprenditore le indennità riconosciute alle zone svantaggiate. 9 il maso chiuso E' un'unità fondiaria indivisibile propria dell'Alto Adige caratterizzata da un fondo dotato di casa colonica e di annessi rustici, costituito da terreni coltivati prati boschi e pascoli e capace di dare lavoro e mantenimento almeno a 4 persone e a non più di 12. La sua costituzione avviene mediante registrazione in un libro fondiario previa autorizzazione della Commissione locale per i masi chiusi. È indivisibile inter vivos e mortis causa. 10 il bestiame l'azienda agraria di allevamento che si occupa del bestiame (mandrie, greggi, branchi – universalità di beni mobili ex art 816 cc) è l'azienda zootecnica. VI – I MODI DI APPRENSIONE DEI BENI FONDAMENTALI Usucapione speciale dei fondi rustici L’Usucapione è il modo di Acquisto di diritti a titolo originario in virtù del possesso protratto, il quale produce l'acquisto della proprietà o di altri diritti reali di godimento a seconda dell'animus del possessore. Il tempo ordinario per l'usucapione è di 20 anni. Qualora oltre al possesso ci siano i seguenti requisiti, l'usucapione abbreviata avverrà in 10 anni: · buona fede · titolo valido ed astrattamente idoneo a trasferire il diritto · trascrizione del titolo L'usucapione speciale invece ha, per oggetto, ex art. 1159 - bis c.c., la proprietà di fondi rustici con annessi fabbricati situati in comuni classificati montani dalla legge, nonché i fondi rustici con annessi fabbricati, situati in comuni non classificati montani dalla legge, aventi un reddito non superiore ai limiti fissati dalla legge speciale. L'usucapione speciale ordinaria si compie con il decorso di quindici anni. L'usucapione speciale abbreviata, che presuppone l'acquisto del possesso in forza di titolo astrattamente idoneo a trasferire il relativo diritto reale debitamente trascritto e la buona fede dell'accipiens, si compie con il decorso di cinque anni. La legge 346/1976 ha introdotto un particolare procedimento per il riconoscimento giudiziario dell'intervenuta usucapione speciale agraria → è il possessore (non colui che dichiara di essere proprietario del bene, come avviene nella usucapione ordinaria) che può instaurare un procedimento di volontaria giurisdizione dinanzi il giudice territoriale competente, il quale potrà instaurare un contenzioso se si opporranno altri interessati. La sentenza/decreto del giudice che riconosce la proprietà del fondo in capo al ricorrente, ne costituisce il titolo per la trascrizione. Tuttavia, coloro che in buona fede avevano trascritto l'atto di acquisto prima della domanda giudiziale, sono domini del bene immediatamente, senza la necessità di durata del possesso ed erga omnes. contratto di compravendita In genere, si segue il modello civilistico dell'art 1470, ma la natura del bene rileva sul punto di vista fiscale in merito alle imposte di registro. E' con l'intervento della PA nella vendita di terre ai contadini o nel concedere mutuo per acquistare le terre, che il contratto civilistico di compravendita si arricchisce di varianti: Dlgs 114/1948 → permette alla PA di vendere i fondi rustici a coltivatori diretti e a cooperative di coltivatori, con agevolazioni fiscali, con concessione di mutui etc. Per fare ciò l'ISMEA utilizza il “patto di riservato dominio” e ponendo un vincolo di indivisibilità per 15 anni (sono nulli i patti contrari). Il vincolo di indivisibilità può essere revocato dall'ISMEA in caso di esproprio per pubblica utilità previo pagamento dell'indennità. assegnazione delle terre nei comprensori di bonifica In seguito alle leggi sulla bonifica (1933) e sulla rifoma fondiaria (1950: L Silla, L Stralcio, L per la Regione Sicilia), il legislatore è intervenuto con lo scopo di destinare i terreni facenti parte nel comprensorio di bonifica, alla formazione della proprietà contadina attraverso dei contratti di compravendita. Era stato posto un vincolo di indivisibilità di 30 anni inter vivos e mortis causa. Il “contratto di assegnazione” (Leggi 230/1950 e 841/1950) era un atto amministrativo che prevedeva che gli Enti di riforma fondiaria ridistribuissero i terreni espropriati attraverso un contratto di compravendita con pagamento rateale del prezzo con patto di riservato dominio per un periodo di 30 anni. C'erano poi 3 anni di prova il cui esito negativo portava alla risoluzione del contratto. In passato, l'assegnatario otteneva immediatamente la titolarità dell'impresa mentre la proprietà della terra veniva acquistata solo con il pagamento dell'ultima rata del prezzo. Oggi invece la proprietà della terra si trasferisce all'atto della stipulazione del contratto di assegnazione secondo le regole della compravendita (contratto consensuale ad effetti reali immediati). prelazione agraria La prelazione Agraria consiste nel diritto ad essere preferito, a parità di condizioni, quando il proprietario del terreno decide di alienarlo e ha già concluso con un terzo un preliminare di vendita. (prelazione legale=prevista dal legislatore) L'alienazione dev'essere volontaria e non danno diritto di prelazione le ipotesi di vendita forzata o di espropriazione per pubblica utilità. Requisiti: • il proprietario del fondo vuole alienare (o concedere in enfiteusi) il fondo • dev'esser stato stipulato un preliminare di vendita, in cui risultano pattuite con il terzo le condizioni a parità delle quali il titolare della prelazione ha diritto di essere preferito Oggetto: deve trattarsi di un fondo rustico (anche bosco, terreno attrezzato a serra etc) Superficie fondo rustico: non è richiesta una superficie minima. La superficie massima si ricava dal fatto che le esigenze lavorative del fondo alienato e degli altri fondi già in proprietà di colui che ha il diritto di prelazione, devono essere inferiori al triplo della forza lavorativa di costui e della sua famiglia (altrimenti non c'è prelazione). 1) prelazione del Coltivatore diretto/affittuario → L’art. 8 legge 590\65 disciplina la prelazione dell’affittuario coltivatore diretto, secondo cui in caso di trasferimento a titolo oneroso (vendita o altro contratto) o di concessione in enfiteusi di fondi, l'affittuario coltivatore diretto, il mezzadro, il colono o il compartecipante hanno diritto di prelazione purché: • coltivi il fondo stesso da almeno due anni, • non abbia venduto, nel biennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore alle vecchie lire mille, (salvo cessione a scopo di ricomposizione fondiaria), • il fondo per il quale intende esercitare la prelazione (in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà od enfiteusi) non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della sua famiglia. Si tratta di una prelazione con effetti reali, dal momento che l’avente diritto alla prelazione può entro un anno dalla trascrizione della vendita, riscattare il fondo dall’acquirente o da ogni su avente causa. (*) Il coltivatore diretto ha 30 gg di tempo, dalla notifica del preliminare di vendita, per esercitare il suo diritto di prelazione. Il diritto di prelazione non spetta quando: 1- l’affittuario ha comunicato che non intende rinnovare l’affitto; 2- quando il rapporto di affitto sia venuto meno per grave inadempimento o recesso del conduttore. Nei seguenti casi di violazione della prelazione agraria, ci saranno delle sanzioni reali: 1 il preliminare non viene notificato al coltivatore diretto → entro 1 anno dalla trascrizione del contratto è possibile esercitare il diritto di retratto 2 le condizioni del preliminare vengono modificate per favorire l'acquisto del terzo (es: riduzione del prezzo di acquisto a scapito del titolare del diritto di prelazione che non aveva esercitato il suo diritto a causa del prezzo troppo elevato) → il contratto è nullo ed entro 1 anno dalla trascrizione del contratto è possibile esercitare il diritto di retratto Il Diritto di Riscatto (Retratto) (*) è un diritto Potestativo Reale, che il titolare del diritto di prelazione può esercitare nei confronti dell'acquirente con l'effetto che la proprietà verrà acquistata dal titolare del diritto di prelazione con effetti ex tunc (retroattivo). Se il terzo aveva a sua volta trasferito la proprietà del bene, l'azione è valida nei confronti dei attuali proprietari. L’Azione di Riscatto è esercitabile entro 1 anno dalla trascrizione dell'atto. Nel caso di vendita di un fondo rustico coltivato da una pluralità di coltivatori diretti, tutti avranno diritto di prelazione. ” si volle togliere l'autonomia contrattuale delle parti per la durata del contratto, garantendo la tutela del concessionario/coltivatore diretto. Ogni anno, il legislatore interveniva prorogando la durata del contratto. Nel 1964, con la “Legge antimezzadria” fu prevista una proroga sine die (senza termine) dei contratti agrari di concessione a coltivatore diretto fino all'intervento organico del legislatore. I proprietari/concedenti, impugnarono la legge alla Corte Costituzionale, la quale però dichiarò la legittimata della legge perché essendoci una proroga “sine die”, la proroga stabiliva comunque un termine seppur futuro e discrezionale. L'intervento organico da parte del legislatore si ebbe solo nel nel 1982, quando il legislatore stabilì una durata minima del contratto di affitto di 15 anni. Tuttavia, già in precedenza, era stata emanata una legge che prevedeva una durata minima del contratto di affitto di 6 anni per il conduttore non-coltivatore diretto (una legge del 1961 portò la durata minima da 6 a 15 anni), mentre per il conduttore coltivatore diretto il termine era “sine die”. Quando nel 1982 fu redatta la riforma, furono vietate la mezzadria e la colonìa parziaria introducendo però due nuovi istituti: - la riconduzione → non transitorio → prevede che a tutti i contratti aventi ad oggetto la concessione di fondo rustico, si applicano le norme sull'affitto. - la conversione → di tipo transitorio → prevede che i contratti associativi stipulati prima del 1982, siano convertibili in affitto solo a richiesta delle parti (entro 4 anni) In questo modo il c.d. Processo di tipizzazione, il legislatore ha voluto eliminare i contratti atipici e i contratti associativi, consentendo solo il contratto di affitto quale unico contratto di concessione di fondo rustico stipulabile. AMMONTARE DEL CANONE All'inizio era stabilito dal concedente ma si creavano delle disparità. La legge del 1962, stabilì un “equo canone”, ossia un modo di calcolo dell'ammontare del canone. L'equo canone fu portato dinanzi alla Corte Costituzionale, la quale dichiarò che il procedimento era legittimo alla luce dei principi costituzionali ma i criteri di quantificazione erano illegittimi. Per un lungo periodo, fino all'intervento del legislatore, più volte i criteri di quantificazione dell'equo canone furono dichiarati illegittimi. La legge 203/1982, introdusse la durata minima legale di 15 anni del contratto di affitto. Nel 1984, la Corte ha ritenuto legittima la quantificazione dell'equo canone in base ai nuovi criteri della L 203/1982. La Corte Costituzionale nel 1984 ha ritenuto legittima la quantificazione dell'equo canone fino all'aggiornamento dell'estmo catastale. Questa legge preannunciava una incostituzionalità futura: con la modifica dell'estmo catastale, i proprietari impugnarono questa sentenza perché la precedente non era stata dichiarata illegittima e non era stata modificata la quantificazione dell'equo canone. La Corte diede loro ragione. Oggi c'è un libero mercato in tema di affitto. ELEMENTI CRITICI DEL CONTRATTO DI AFFITTO 1) MIGLIORAMENTI/ADDIZIONI → Un elemento critico è il potere di iniziativa delle parti in costanza di contratto: quando due parti stipulano un contratto, se una delle due parti modifica il contratto, l'altra parte potrebbe non essere d'accordo. Il legislatore prevede diverse discipline se le modifiche vengono svolte in virtù di un contratto di affitto o di locazione → il contratto di locazione si differenzia da quello di affitto, poiché NON prevede l'obbligo di gestire la cosa. Se il locatario vuole eseguire dei miglioramenti, egli non potrà chiedere l'indennità al termine del contratto di locazione, se questi non erano stati consentiti dal proprietario. - Viceversa, se l'affittuario in accordo con il concedente esegue dei miglioramenti agrari, ci sarà un aumento di valore del fondo. Al termine del contratto, si potrebbe verificare un ingiustificato arricchimento del concedente, quindi egli dovrà pagare un'indennità al concessionario. È inoltre riconosciuto un “diritto di ritenzione”, ossia il concessionario può rimanere sul fondo fino a quando non gli sarà pagata l'indennità. - Se una delle due parti è contraria, l'opera può comunque essere eseguita per interesse pubblico. - Se l'iniziativa è presa dal concedente, egli potrà pretendere un aumento del canone se c'è stata una variazione catastale. Il legislatore favorisce le addizioni e i miglioramenti a condizione che in caso di mancato consenso, colui che prende l'iniziativa ponga in essere una “procedura di legittimazione” per evitare gli effetti sopra indicati. Il limite è mantenere la destinazione agricola del fondo. → colui che prende l'iniziativa deve inviare all'ispettorato un progetto, l'ispettorato poi convocherà le parti e in caso di mancato accordo pronuncerà la sua decisione. Si tratta di un atto amministrativo che può essere impugnato presso il Tar. 2) ACCORDI IN DEROGA → Se saranno emanate ulteriori leggi sull'equo canone, i contratti in corso si troverebbero coinvolti. La dottrina afferma che è meglio affidarsi agli “accordi in deroga”. Essi sono anche uno strumento per risolvere in via preventiva il contenzioso per la differeza di interessi tra concessionario e concedente. La legge 203/1982 riconduce tutti gli accordi che hanno ad oggetto un fondo rustico all'affitto. Tali disposizioni sono inderogabili. Se le parti prevedono una durata legale minore/maggiore di 15 anni, si applicherà la durata legale. → alle clausole pattizie che violano la L.203/1982, verranno sostituite quelle del CC, determinando solo la nullità di tali clausole e non dell'intero atto L'art 58 della L. 203/1982 richiama una deroga all'autonomia contrattuale: art 45 → concede alle parti di essere assistite da delle organizzazioni professionali rilevanti a livello nazionale al fine di stipulare i c.d. Accordi in deroga per la concessione di affitto di fondo rustico. Le organizzazioni cercheranno di ottenere accordi equi sia per il concedente che per il concessionario. La subconcessione effettuata dall'affittuario era da considerarsi ai sensi dell'art 5 della L 203/1982 come un'ipotesi di inadempimento grave. Il legislatore poneva un divieto poiché non voleva favorire le forme di intermediazione. Oggi invece, il contratto di subconcessione è causa di risoluzione del 1° contratto (tra concedente e concessionario) ed il 2° contratto sarà dichiarato nullo (affittuario/terzo). La novità sta nel “diritto di surroga” → il locatore può far valere la causa di risoluzione del contratto entro un termine di decadenza di 4 mesi da quando è venuto a conoscenza della subconcessione. Se il locatore non fa valere la causa di risoluzione del contratto entro il termine di 4 mesi, ci sarà una sostituzione delle parti nel contratto e il subaffitto sarà valido. → di conseguenza, il subaffittuario avrà diritto di restare sul fondo per 3 annate agrarie per la durata del contratto in corso. → fermo restando la nullità del 1° contratto, il subaffittuario subentra nella posizione giuridica dell'affittuario. concessione di terre incolte E' un atto della PA, specie delle Regioni. Se un proprietario non coltiva il suo fondo o non sufficientemente, qualsiasi interessato (cooperative o singoli coltivatori) è legittimato a chiedere l'attribuzione del fondo in affitto alla PA. Fra Concessionario e Proprietario si instaura un rapporto di Affitto Forzoso. Tuttavia, per imperdire questo, il proprietario perchè gli venga riassegnato il fondo, deve presentare alla Regione un piano elaborato e deve impegnarsi a coltivare il fondo stesso. contratto di soccida e affitto di bestiame Il contratto di soccida è un contratto di tipo associativo che riguarda l'azienda zootecnica. Può essere: · soccida semplice (art 2171) → il soccidante (imprenditore, gestisce l'azienda) conferisce il bestiame e il soccidario conferisce il lavoro. La durata può essere stabilita dalle parti, ma se nulla è stato convenuto, ha durata legale di 3 anni. La parte che non vuole rinnovarlo, deve dare disdetta 6 mesi prima dello spirare del termine. · soccida parziaria (art 2182) → il proprietario si associa con l'allevatore per dividere gli utili realizzati dall'attività comune di allevamento. Entrambi conferiscono il bestiame divenendone comproprietari. La gestione dell'impresa spetta al soccidante. · con conferimento di pascoli → vietata ai sensi dell'art 45 della L 203/1982. Il bestiame veniva conferito dal soccidario e il soccidante conferiva il fondo per il pascolo. Influenze della legge speciale 203/1982 nella soccida: art 48 – impresa familiare coltivatrice → fa rientrare le soccide come rapporto agrario. art 49 ultimo comma – successione per causa di morte in agricoltura → in caso di morte del colono, del mezzadro, del soccidario, il contratto si scioglie al termine dell'annata agraria salvo che nella famiglia del soccidario non ci sia qualcuno che svolga la stessa attività come coltivatore diretto o IATP. NUOVE SOCCIDE: contratti che hanno ad oggetto l'allevamento di animali pur non seguendo le norme sulla soccida. Le nuove soccide sono nate con i contratti agro-industriali. Prevedono un contratto di compravendita stipulato tra un imprenditore agricolo e uno commerciale avente ad oggetto un certo numero di prodotti, animali, sementi etc. L'utile NON viene ripartito tra le parti, ma è destinato all'imprenditore commerciale (non a quello agricolo) → si avvicina molto al contratto di appalto Per evitare la disparità di posizioni tra le due parti, questi contratti vengono stipulati da organizzazioni. Contratto di affitto di allevamento di mandria → Anche il bestiame – gregge, mandria, branco - può essere oggetto di affitto seguendo le norme del cc sull'affitto e non quelle delle leggi speciali poiché queste ultime si riferiscono solo al fondo. Contratto di fida → contratto atipico, che ha ad oggetto il conferimento di un pascolo. Ha carattere regionale. Contratto di alpeggio → è il contratto che l'imprenditore di pianura stipula con quello di montagna per l'allevamento di animali ma solo finalizzate al pascolo durante le stagioni estive. contratti per culture stagionali/ concessioni intercalari/ pascipascolo I contratti di coltivazione stagionali hanno un ciclo biologico molto breve. I contratti di concessioni intercalari prevedono due coltivazioni principali interrotte da una coltivazione di durata più breve. Questi sono a tutti gli effetti contratti agrari, esclusi dalla disciplina dell'affitto ex L 203/1982. Il procedimento è questo: tra il contratto di concessione per culture stagionali/concessioni intercalari e il pascipascolo si crea un rapporto tra imprenditori agricoli → in quanto, uno attribuisce all'altro lo sfruttamento del suo fondo, quando è privo di coltura principale (a maggese), permettendo al secondo la possibilità di farvi pascolare il suo bestiame e ricavandone un concime naturale per il fondo stesso. contratto di società Nel contratto di società, i soci sono tenuti a dei conferimenti, tali conferimenti possono essere in proprietà o in godimento. Riguardo i beni conferiti in godimento, anche la terra può essere conferita dando la facoltà temporanea al socio di subcedere il fondo rustico oggetto di un contratto di affitto in favore della società e permettendo all'affittuario di esercitare l'attività agricola assieme ai soci. Contratti di anticresi e comodato (→ no contratti agrari) COMODATO= contratto per il quale il proprietario della terra la consegna ad altri perché se ne serva gratuitamente per un certo tempo e poi la restituisca al termine del rapporto ANTICRESI= contratto con il quale il debitore consegna il fondo rustico di cui ne è proprietario, al suo riconosce la paternità dell'invenzione. L'insieme dei beni immateriali che scaturiscono da brevetti costituiscono il capitale tecnologico dell'azienda. Il fatto che il brevetto sia un bene immateriale, e quindi circola come un bene, si spiega dal fatto che il brevetto può essere ceduto o connesso in godimento a chi, in cambio di un prezzo o di un canone (royalty), provvederà alla riproduzione del frutto dell'idea inventiva, facendo sue le utilità che ne deriveranno. In campo agrario, non sono ammesse le invenzioni di nuove razze animali mentre sono ammesse solo le invenzioni relative ai vegetali, le c.d. Novità vegetali, che nascono per effetto di ibridazione, di incroci e selezione. Tuttavia, oggi (in passato in Italia era consentito chiedere il brevetto) per le Novità vegetali non è possibile richiedere il brevetto europeo, ma è possibile una forma più attenuata di tutela, quella detta della “privativa comunitaria”. La privativa comunitaria pone delle regole: • l'obbligo dell'inventore di sfruttare l'invenzione nel solo territorio comunitario • adattamento della disciplina dell'invenzione industriale, alla peculiarità del nuovo bene vegetale inventato • non sono mai tutelabili le invenzioni di procedimento per l'ottenimento dei vegetali, bensì le invenzioni di un prodotto nuovo che danno una nuova identità → perché ci sia una nuova identità, il gene dev'essere interamente modificato e distinto da altre varietà. Il gene parzialmente modificato non determina una nuova varietà diversa da quella di origine. • alla nuova varietà inventata occorre dare un nome (c.d. Denominazione varietale) che identifica il prodotto e che va tenuta distinta dall'eventuale marchio • la durata della protezione per le nuove varietà vegetali è di 20 anni rinnovabili • per motivi di pubblico interesse o ad usi terapici, il titolare della privativa è tenuto a mettere a disposizione del licenziatario la sua invenzione dietro compenso fissato dalla P.A. 5 le quote di produzione e i diritti di reimpianto Il problema delle eccedenze agricole è divenuto per la comunità europea, uno dei problemi più difficili da gestire per l'aggravio al bilancio comunitario sia per i contrasti con gli altri produttori mondiali. Per porre dei limiti alla produzione, la comunità europea ha introdotto il c.d. “sistema delle quote”. Le quote di produzione sono un intervento comunitario di contingentamento delle produzioni agricole, avente uno scopo unico ma più modalità di realizzo a seconda dei prodotti considerati. Per la prima volta, questo tipo di sistema delle quote è stato realizzato verso la produzione dello zucchero ed oggi interessa anche la produzione lattiero-casearia ed in particolare il latte. Per il settore lattiero caseario, il prelievo supplementare di corresponsabilità consiste nel pagamento di una sorta di misura fiscale a carico di quel produttore di latte che abbia commercializzato un quantitativo di latte superiore alla “quota” che gli è stata riconosciuta. Il sistema di determinazione della quota è nato con il regolamento 856/1984 fissando nell'anno precedente (il 1983) l'anno di riferimento in base alle produzioni annue di latte che ogni Paese europeo aveva avuto in quel periodo. In base alla produzione, ad ogni Stato è stato attribuito un quantitativo globale garantito che, ogni Stato ha a sua volta ripartito tra i vari produttori di latte. L'allevatore, fin dall'entrata in vigore del sistema delle quote poteva rinunciare al suo quantitativo ottenendo dalla Comunità un indennizzo pari al valore della quota → qst fa capire che la quota circola come un bene, più precisamente un bene immateriale perché: • è incorporale • c'è un collegamento diretto tra l'azienda e l'allevatore (non alla terra) Essendo un bene immateriale, fa nascere in capo al soggetto un diritto soggettivo e come ogni altro bene, può essere oggetto di pignoramento. La quota può essere trasferita sia assieme all'azienda sia autonomamente, anche tra aziende ubicate in regioni diverse (ma in quest'ultimo caso entro un limite massimo del 70%). Il mancato utilizzo del 70% della quota latte globale per 12 mesi determina la decadenza della titolarità della quota, salvo per casi di forza maggiore. In base alla fotografia scattata nel 1983, potevano però nascere dei problemi: nel caso in cui nell'anno di riferimento, le aziende zootecniche non erano proprietarie del bene immobile (fondo), con la cessazione dell'affitto, l'affittuario si trattiene la quota restituendo solo il fondo. La Corte di giustizia prevede che colui che detiene la quota sia colui che svolge l'attività d'impresa. Costituisce un bene immateriale anche il c.d. Diritto di reimpianto di vitigni. Il regolamento 8222/87 vieta ogni nuovo impianto di vigne fino ad una determinata data, stabilendo che il diritto di reimpianto può essere esercitato su una superficie dello stesso fondo o di un fondo appartenente ad altri purché destinato alla produzione di vini di qualità prodotti in regioni determinate. La possibilità che il diritto di reimpianto venga trasferito ad altri viticoltori attribuisce a tale diritto un'autonomia giuridica rispetto all'azienda. 6 le situazioni giuridiche soggettive coseguite da specifiche modalità di organizzazione dell'azienda agraria: il rispetto di norme e disciplinari di produzione da parte di agricoltori “affiliati” ad enti o consorzi Esistono una serie di diritto che possono essere acquisiti dall'agricoltore solo dopo che abbia già iniziato a svolgere la sua attività d'impresa: • diritto di utilizzare i segni di indicazioni geografiche protette o denominazioni di origine protette • diritto di servirsi di marchi collettivi • diritto di utilizzare nella commercializzazione dei prodotti, di attestazioni (comunitarie) di specificità e di attestazioni (regionali) di biologicità Per ottenere tali diritti, l'imprenditore deve: • rispettare il disciplinare di produzione • sottoporsi a dei controlli da parte dell'organismo affiliato (consorzi ed organismi) che concede l'uso del nome o l'attestazione di qualità Si può parlare di new properties con riguardo a queste forme di ricchezza immateriale creata previa autorizzazione a favore di certi soggetti, imprenditori. → il bene acquista maggior valore 7 i marchi collettivi: il marchio geografico e i marchi regionali d'origine, i c.d. Marchi di qualità Il marchio collettivo individua i prodotti di più imprenditori che fanno capo ad un ente o consorzio. L'ente o il consorzio sono titolari del bene immateriale marchio collettivo, che lo hanno brevettato e che ne concedono l'uso agli imprenditori associati previo accertamento del loro rispetto di determinate regole che garantiscono la produzione secondo certe modalità. Il marchio collettivo assume una funzione di garanzia di qualità di prodotto poiché l'ente/consorzio controllano che sia rispettato il disciplinare di produzione. → quindi garantisce al consumatore l'origine, la natura, la qualità dei prodotti marcati L'imprenditore che vuole utilizzare un marchio collettivo, prima di richiederlo deve prima organizzare l'azienda. Inoltre, avrà degli obblighi quali il rispetto del disciplinare di produzione ed il sottoporsi a dei controlli. In agricoltura sono molto diffusi i marchi collettivi, specie quelli che si riferiscono ad aree geografiche → è vietato l'uso del marchio geografico individuale. Quando si tratta di un marchio collettivo geografico per prodotti agricoli, il soggetto titolare del marchio, è tenuto a garantire l'origine, la natura o la qualità dei prodotti ovvero che un determinato prodotto in virtù del suolo e del clima di tale località ha specifiche proprietà organolettiche. In passato, il marchio collettivo geografico, poteva nel settore agricolo, individuare anche tutto il paese Italia → oggi invece, esiste il marchio identificativo della produzione agroalimentare nazionale di cui possono far parte solo i prodotti industriali ottenuti con sole materie prime italiane o prodotti realizzati da imprese agricole italiane. → questi marchi però possono creare dei conflitti sul piano europeo, con l'esclusione in tutto o in parte dei prodotti importati → a qst fine è meglio utilizzare i marchi DOP, IGP I marchi collettivi regionali detti marchi di qualità, oltre ad avere la funzione tipica di marchio collettivo garantiscono la qualità legata all'origine del territorio regionale. Esiste un'altra categoria di marchio di qualità, ossia il marchio di garanzia o certificazione cioè un marchio il cui soggetto titolare concede ad imprenditori rispettosi di un disciplinare che se ente pubblico ha approvato secondo la prescritta procedura, se ente privato ha sottoposto all'approvazione della P.A. In tal caso il marchio di qualità assume la veste di un marchio certificativo di qualità. Essi attestano i caratteri qualitativi dei beni ma non la provenienza da imprese determinate → tt gli imprenditori che rispettano il disciplinare possono farvi parte L'art 77 del D.p.r 616 del 24/07/1977, dopo aver delegato alle Regioni a statuto ordinario l'esercizio delle funzioni amministrative di controllo di qualità dei prodotti agricoli e forestali, ribadisce la competenza statale ad adottare i provvedimenti di riconoscimento dei marchi di qualità, competenza che è attribuita anche dall'art 117 Cost. La Suprema Corte ha ribadito che il marchio di qualità implica il riscontro di det standard qualitativi dei prodotti (certificazione di qualità) e ciò al fine di tutelare i consumatori (sicurezza, qualità dei prodotti). La certificazione di qualità richiama alla mente la c.d. “patente di qualità” che è concessa da enti certificatori. Al fine di armonizzare le leggi nazionali, la Comunità emana direttive in cui stabilisce i requisiti essenziali che i prodotti devono avere per circolare liberamente nel mercato unico. 8 le indicazioni geografiche protette e le denominazioni geografiche protette Nei prodotti agricoli, l'appartenenza a una certa indicazione geografica fornisce il prodotto di proprietà organolettiche proprie di quel territorio, di quella terra e di quel clima. Il consumatore si apsetta di riconoscere quel particolare prodotto. In questo quadro assumono rilievo l'indicazione generica di provenienza, l'indicazione geografica protetta (IGP) e la denominazione di origine protetta (DOP). La disciplina DOP e IGP vale anche per gli oli di oliva e per i vini vale la disciplina DOC. Il nome geografico che ogni imprenditore indica nell'etichetta come generico dev'essere indicato con l'obbligo di veridicità. Le DOP e le IGP sono disciplinate dal Reg. 510/2006 con certi scopi: 1) diversificare la produzione agricola (vantaggio per i consumatori); 2) promuovere i prodotti di qualità con certe particolarità nelle zone svantaggiate per aumentare il reddito dei produttori; 3) l'importanza della produzione agricola per i consumatori. IGP / Indicazione Geografica Protetta = è l'indicazione del nome di una regione o di un luogo determinato diretto ad indicare un prodotto agricolo originario di tale aree e di cui UNA qualità determinata, LA reputazione od UN'ALTRA caratteristica POSSA essere attribuita all'origine geografica e la cui produzione/trasformazione/elaborazione avvengano nell'area geografica determinata. → legame meno forte col territorio rispetto le DOP • Il processo produttivo del prodotto agricolo non si svolge tutto all'interno ci una determinata area geografica alla quale, tuttavia, possa farsi risalire la reputazione od una delle qualità o delle caratteristiche del prodotto stesso. DOP / Denominazione Origine Protetta = è il nome di una regione o di un luogo determinato diretto ad indicare un prodotto agricolo originario di tali aree, le cui qualità o i cui caratteri sono dovuti essenzialmente o esclusivamente all'ambiente geografico comprendente fattori naturali e fattori umani, e la cui produzione, trasformazione ed elaborazione avvengano nell'area geografica determinata. • L'intero ciclo produttivo del prodotto (dalla materia prima al prodotto finito) è localizzato in una determinata area, comprensiva di fattori naturali e umani che ne caratterizzano il prodotto Il produttore che vuole avvalersi di questi marchi deve farne domanda (la Commissione valuta la domanda in 12 mesi e se è conforme la pubblica sulla GUCE, dalla pubblicazione decorre un termine di 6 mesi in cui ogni stato membro o ogni stato terzo possono opporsi con dichiarazione motivata), impegnarsi a rispettare il disciplinare di produzione e sottoporsi ai controlli. L'Italia ha individuato come autorità dedita al coordinamento dell'attività di controllo e vigilanza su DOP e IGP, la MiPPAF 3 l'azienda come universitas LA TESI DELL'AZIENDA COME BENE UNICO IMMATERIALE, NON TROVA PIÙ CONSENSO NELLA DOTTRINA ITALIANA. SONO DUE LE TESI CONTRAPPOSTE: • tesi atomistica → non vede l'azienda come un soggetto giuridico unitario bensì una pluralità di beni disarticolati • tesi universitas → sostiene che al genere logico di universitas corrispondono nel concreto le università di beni mobili e dell'azienda con la conseguente affinità tra l'azienda e l'universalità di cose → tesi accettata dal libro: è irrilevante il titolo di appartenenza dei singoli beni perché la forza unificatrice della loro destinazione all'esercizio dell'impresa è tale da travalicare il requisito della loro appartenenza in proprietà della stessa persona 4 l'avviamento L'avviamento è dato dalla capacità produttiva dell'azienda e della sua capacità a produrre utile attraverso ovvero la sua capacità di attirare la clientela, rivolgendosi al mercato. La tesi dominante in dottrina e in giurisprudenza è quella di considerare l'avviamento una qualità dell'azienda e non uno dei suoi beni. L'avviamento dipende da vari fattori: • ubicazione → avviamento di posizione: la posizione dell'azienda agricola corrisponde perfettamente a ciò che per l'azienda commerciale è l'ubicazione, infatti, la fertilità del fondo e l'ubicazione della fabbrica o del negozio rappresentano il valore di posizione dell'immobile in cui i su cui si esercita l'attività • organizzazione → avviamento oggettivo: l'imprenditore in virtù delle sue capacità (avviamento soggettivo) organizza le sue colture in modo tale da poter ottenere le denominazioni d'origine protetta o un altro marchio collettivo geografico. Il successo dell'imprenditore dipenderà anche dalla scelte delle colture adatte, dalla scelta sugli sbocchi sul mercato. • capacità/prestigio imprenditore → avviamento soggettivo Nel caso di perdita dell'avviamento, il ns. ordinamento prevede delle tutele: • se alla fine della locazione, l'imprenditore viene sfrattato, gli è concesso un indennizzo pari a 2 annualità • in caso di esproprio del fondo l'imprenditore agricolo (sia affittuario che proprietario) ha diritto ad una indennità aggiuntiva pari a quella del valore agricolo del terreno • in caso di risoluzione incolpevole del contratto, l'affittuario ha diritto di un equo indennizzo Sia l'indennità aggiuntiva che l'equo indennizzo sono il corrispettivo per la disintegrazione dell'azienda agricola, ossia la perdita di quel particolare modo con cui l'imprenditore aveva organizzato, su quel terreno la sua attività imprenditoriale → se il giudice non riconosceva l'equo indennizzo, secondo la corte la disposizione sarebbe stata incostituzionali poiché violava gli equi rapporti sociali sanciti dall'art 44 Cost 5 la cessione dell'azienda e l'art 2557 cc L'art 2557, impone il divieto di concorrenza in cui il cedente deve astenersi nell'iniziare una nuova impresa per 5 anni (in modo da non sviare la clientela). L'art 2557 5° comma, in merito alle aziende agricole specifica che non esiste un divieto. Tuttavia, questo è imposto se il cedente svolga attività connesse e sia possibile uno sviamento di concorrenza. (eccezione). Tuttavia, le parti possono includere nel contratto un patto di astensione per una durata massima a 5anni purché non impedisca ogni attività professionale all'alienante. Quindi il cedente potrà: • insediarsi in una azienda agricola già esistente • aprire una nuova azienda agricola su un altro fondo rustico astenendosi dalle attività connesse per 5 anni 6 la cessione dell'azienda ed il subentro del concessionario nei contratti Quando il cedente è proprietario del fondo. La cessione dell'azienda implica la cessione di tutti i beni essenziali, come know-how, beni mobili e beni immobili. Il cessionario subentra su tutti i beni corporali e immateriali; sulle posizioni giuridiche attive e passive (contratti, autorizzazioni, concessioni amministrative) tranne per atti che hanno carattere personale. Il subentro per quanto riguarda i contratti prevede la possibilità per l'acquirente di recedere entro 1/3 mesi qualora sussista una giusta causa o per sua volontà contraria nel caso di contratto di lavoro o di contratto agrario associativo. → l'art 2558: se non è pattuito diversamente, l'acquirente subentra nei contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda stessa che non abbiano carattere personale. Il subentro nella posizione attiva e passiva avviene ex lege. Tuttavia, le parti possono pattizziamente escludere dal trasferimento dell'azienda alcuni contratti dell'impresa, ossia quei contratti che l'imprenditore stipula per l'esercizio della sua attività. 7 la cessione dell'azienda costituita su terreno altrui; il problema della cessione dell'affitto La legge 203/1982 omette la cessione dell'affitto, la quale è disciplinata dal CC agli artt 1406-1594 che richiedono solo il consenso del ceduto. L'art. 2558 cod.civ., al fine di rendere più agevole la cessione dell'azienda, introduce dunque una disciplina che si pone come derogatoria rispetto alla normativa ordinaria in tema di cessione del contratto (art. 1406 e ss. cod.civ.). → non è necessario il consenso del ceduto Quindi, il contratto di affitto di fondo rustico: - può prevedere la cessione - non è legalmente disciplinato in modo che ne sia vietata la cessione - non ha natura personale e può concludersi anche quando l'affittuario del fondo che ha instaurato un'azienda agricola, cede l'azienda con la sola possibilità per il locatore del fondo di recedere entro 3 mesi qualora ci sia una giusta causa. Inoltre: - l'art 48 della L 203/1982 prevede la possibilità dell'affittuario, in assenza di famiglia coltivatrice di cedere, senza il consenso del locatore, il proprio diritto ai familiari che lo coadiuvavano e che esercitano l'attività a titolo principale - l'affittuario che ha effettuato dei miglioramenti può cedere il contratto, senza il consenso del locatore, ai familiari anche se non coadiuvanti e non agricoltori a titolo principale - la cooperativa affittuaria può subcedere il terreno ai propri soci coltivatori 8 la successione nel compendio unico e nella azienda familiare coltivatrice In caso di successione inter vivos o mortis causa, il D.lgs 99/2004 tutela l'integrità fondiaria dei terreni costituiti in compendio unico stabilendone il vincolo di indivisibilità per 10 anni. Il compendio unico passerà all'erede che ne chiede l'attribuzione preferenziale. Se nessun erede la richiede, saranno revocati gli aiuti comunitari e nazionali e le quote di produzione assegnate al de cuius. → si vuole sollecitare gli eredi a continuare l'esercizio dell'azienda L'art 230 bis sull'impresa familiare, ha il fine di evitare lo smembramento della stessa. In caso di morte, i diritti che vantava il de cuius trapassano agli eredi (sia membri dell'impresa familiare che non). Qualora gli eredi non intendano continuare l'impresa familiare, ci sarà la divisione ereditaria, ma hanno diritto di prelazione coloro che hanno chiesto l'attribuzione preferenziale e che hanno collaborato nell'azienda. Tuttavia, tra gli eredi si instaurerà un affitto forzoso ex L 203/1982 art 49 (di 15 anni)- del quale è titolare l'erede preferito ex lege poiché quest'ultimo coltivava o conduceva il fondo con il de cuius. Questa legge regola una situazione transitoria che dura fintanto che uno degli eredi non chieda la divisione. Ma al momento della divisione, l'art 230 bis assicura la conservazione dell'unità aziendale riconoscendo il diritto di prelazione agli eredi partecipi i quali dovranno pagare un conguaglio agli altri coeredi non preferiti, il quale sarà stabilito in relazione ai beni di cui era titolare il de cuius. Tra l'erede preferito e il de cuius si era instaurata una impresa familiare coltivatrice/non coltivatrice. Tuttavia, la legge 97/1994 introduce l'istituto dell'acquisto coattivo: alla scadenza del contratto di affitto forzoso, gli affittuari potranno acquistare il fondo. Tuttavia, il coerede escluso può chiedere la divisione anticipatamente dei 15 anni e il prezzo del terreno viene già indicato dalla stessa legge. 9 la successione nell'azienda costituita su terreno altrui: la successione nel contratto di affitto Disciplinata dalla L. 203/1972 art 49, nel caso di morte dell'affittuario (colono/mezzadro/soccidario), il contratto continua qualora tra gli eredi vi sia persona che abbia esercitato e continui ad esercitare attività agricola in qualità di coltivatore diretto (se il de cuius era coltivatore diretto) o imprenditore agricolo professionale (se il de cuius era imprenditore agricolo professionale). - quando l'erede coltivatore diretto faceva già parte dell'impresa familiare coltivatrice, il contratto di affitto continua; - quando non c'è impresa famigliare coltivatrice, e non esisteva un rapporto di lavoro tra erede e affittuario, l'erede deve svolgere l'attività agricola come coltivatore diretto o IAP su un fondo diverso da quello oggetto del contratto di successione - l'erede subentra nel contratto di affitto ma nell'ipotesi di successione a titolo particolare anomala: l'erede idoneo subentra senza necessità di accettazione, salva sua rinuncia. La scelta del successore non è influenzata dalla volontà o dai desideri del locatore tranne nel caso in cui non ci sia alcun erede idoneo → art 1627cc in caso di morte dell'affittuario, tutti gli eredi succedono nel contratto con possibilità di recesso. Anche il locatore potrà recedere entro 3 mesi dalla morte della controparte, mediante disdetta da comunicarsi con un preavviso di 6 mesi rispetto al termine dell'annata agraria in corso. 10 l'affitto di azienda agricola La dottrina è divisa se ritenere possibile pensare ad un affitto di azienda agricola. Tuttavia, tutti i contratti aventi per oggetto la concessione di fondi rustici o tra le cui prestazioni vi sia il conferimento di fondi rustici, vanno ricondotti all'affitto → riconduzione – L 203/1982 L'art 58 – prevede che tutte le norme previste nella presente legge sono inderogabili. Le convenzioni in contrasto con esso sono nulle di pieno diritto e la loro nullità può essere rilevata anche d'ufficio, salvo il disposto degli articoli 45 e 51. L'art 45 – le parti possono essere assistite (c.d. Autonomia negoziale assistita) da associazioni sindacali → accordi in deroga L'art 45 – 2° comma - prevede che sia vietato stipulare contratti di mezzadria, colonia parziaria, di compartecipazione agraria, esclusi quelli stagionali nonché di tutti quei contratti che hanno per oggetto la concessione di un fondo rustico ma non si atteggiano da affitto, dichiarandone l'invalidità perché privi di causa sufficiente per essere ricondotti all'affitto. In ogni caso le organizzazioni professionali agricole possono stipulare accordi collettivi in materia di contratti agrari. Art 27 - ciò che si riconduce di diritto, al contratto di affitto di fondo rustico è il contratto agrario che ha per oggetto la concessione di un fondo rustico o tra le cui prestazioni vi sia il conferimento del fondo. Accolta la tesi dell'affitto di azienda, l'affittuario ha l'obbligo di gestire l'azienda senza modificarne la destinazione e in modo da conservare l'efficienza dell'organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte onde possa restituirla al locatore nello stato medesimo in cui l'ha ricevuta. 11 l'esproprio del fondo rustico e l'indennizzo della perdita dell'azienda E' riconosciuta una indennità al proprietario del fondo espropriato. L'affittuario potrà agire solo nei confronti del proprietario del fondo espropriato per ricevere una “indennità unica”. L'indennità è calcolata in base al valore del fondo, alla perdita dell'attività di coltivazione e ad una indennità aggiuntiva. L'indennità sarà riconosciuta separatamente anche all'affittuario che coltivi il fondo da almeno 1 anno.
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