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Adolescenza in Samoa, Dispense di Antropologia

Sintesi dettagliata del libro "L'adolescenza in Samoa"

Tipologia: Dispense

2021/2022

In vendita dal 19/12/2022

klea-maro
klea-maro 🇮🇹

4.5

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Scarica Adolescenza in Samoa e più Dispense in PDF di Antropologia solo su Docsity! Riassunto: L’adolescenza in Samoa di Margaret Mead (1928, 2007) I. Introduzione A partire dagli anni ‘20, gli adolescenti, specialmente nella civiltà americana, si ritrovano in una condizione di grande disagio, con difficoltà di adattamento. Si comincia così a descrivere l’adolescenza come un periodo in cui si rafforza la ribellione contro l’autorità e durante il quale difficoltà e conflitti sono assolutamente inevitabili. Gli studiosi di psicologia infantile, che basavano sull’esperienza le loro conclusioni, non potevano sottoscrivere queste teorie perché dicevano di non avere dati a sufficienza. Intanto si faceva strada un altro modo di studiare lo sviluppo umano, quello dell’antropologo, di colui che studia l’uomo nei più diversi contesti sociali. L’antropologo, meditando sul vasto materiale raccolto sugli usi dei popoli primitivi, cominciò a rendersi conto dell’enorme importanza che nella vita dell’individuo riveste l’ambiente sociale in cui esso è nato e cresciuto. Ad uno ad uno, molti tratti del comportamento risultarono come prodotti di una civiltà - presenti negli abitanti di un paese, assenti in quelli di un altro, e questo indipendentemente dalla razza. Per verificare questa tesi, si è deciso così di studiare popoli molto semplici, popoli cosiddetti primitivi, la cui società non abbia mai raggiunto la complessità della nostra, guidati dalla convinzione che l’analisi di una civilizzazione più semplice è di più facile attuazione. Nelle civilizzazioni complesse infatti occorrono anni di lavoro prima che lo studioso possa cominciare a capire da quali forze sono animate. Per tutti questi motivi l’antropologa Margaret Mead decise, nel 1926, di andare ad investigare in Samoa, un’isola dei mari del Sud, abitata da una popolazione bruna polinesiana. Ella concentrò le sue ricerche sulle bambine e sulle adolescenti samoane (50 ragazzine di tre villaggi vicini), passando lì ben nove mesi. Attraverso la loro descrizione l’antropologa cerca di rispondere a due domande: - Le contrarietà che turbano i nostri adolescenti sono dovute all’adolescenza per se stessa o alla civilizzazione? In diverse condizioni, l’adolescenza presenta un quadro diverso?. II. Un giorno in Samoa La vita comincia all’alba. Bambini vivaci sgusciano fuori dai lenzuoli e vanno insonnoliti alla spiaggia per rinfrescarsi il viso in mare. I ragazzi, impazienti di andare a pescare di buon’ora, cominciano a raccogliere i loro arnesi e vanno a svegliare i compagni più pigri. Attraverso il villaggio echeggia il ritmico suono di un tamburo che chiama i giovani a raccolta. Questi arrivano da ogni parte e, muniti di attrezzi, si accingono ad andare alla piantagione, situata nella parte interna dell’isola. Le ragazze più grandi invece vanno a pescare sugli scogli o si mettono a tessere delle nuove stuoie per le finestre. I giovani si danno da fare nel caldo del mezzogiorno per preparare alla svelta il pasto ai più anziani, mentre sia le donne che gli uomini adulti passano la giornata lavorando al meglio per la comunità. Dopo aver affrontato la calura del giorno, quando finalmente il sole si corica, i lumi vengono accesi e ogni famiglia si riunisce per il pasto serale. Il giorno è destinato alle discussioni dei vecchi e al lavoro dei giovani, ma la notte è riservata a cose più leggere, come danze e canti, fino a mezzanotte, quando il sonno discende anche sul villaggio. III. L’educazione del bambino samoano A Samoa i compleanni hanno poca importanza. Ma se nasce un bambino di alto rango sociale si dà una gran festa e non si bada a spese. Il primo bambino deve sempre nascere nel villaggio della madre. Per vari mesi prima della nascita i parenti del padre hanno portato in dono alla gestante generi alimentari, mentre la madre e le sorelle di lei hanno preparato le vesti e il corredo del nascituro. Al momento della nascita la nonna o la zia paterna devono essere presenti per occuparsi del neonato, mentre la levatrice e le parenti della giovane madre provvedono a lei. La levatrice taglia il cordone e tutti aspettano che il cordone cada, cosa che dà il via al banchetto. Se è una bimba il cordone viene seppellito sotto un gelso, come auspicio che diventi una brava massaia. Se è un maschio viene gettato in mare, nel caso in cui se ne voglia fare un bravo pescatore, oppure viene piantato sotto una pianta di taro, nel caso in cui se ne voglia fare un buon contadino. Giorno e mese della nascita vengono dimenticati. I primi passi e le prime parole sono considerati senza commenti esagerati e non danno luogo ad alcuna cerimonia. Il bambino ha ormai perduto ogni importanza ufficiale e la ritroverà solo dopo la pubertà. In molti villaggi della Samoa infatti la ragazza resta esclusa da qualsiasi cerimoniale fino al matrimonio. I ragazzi maggiori possono però comandare sui minori, pertanto l’età relativa è molto importante, ma l’età assoluta (di ogni ragazzo) può anche essere dimenticata. I piccoli sono sempre allattati al seno almeno fino a 2/3 anni e fin dalla prima settimana si dà loro anche altro cibo: papaya, latte di cocco, succo di canna da zucchero. Essi dormono con la madre finché prendono il latte e una volta svezzati sono affidati alle cure di qualche bambina della famiglia. La bambinaia principale di solito è una bambina di 6 o 7 anni. Dalla nascita ai 4 o 5 anni l’educazione di un bambino è straordinariamente semplice. Il piccolo deve essere piegato agli usi e alle esigenze della casa, per cui deve imparare a star seduto, o ad andare a carponi, quando è in casa, a non star mai in piedi se non è assolutamente necessario e ad evitare tutta una serie di regole che vengono inculcate nella sua mente con qualche scappellotto e molte grida esasperate. All’età di 6 o 7 anni una bambina ha ormai in mente tutte le cose che devono essere evitate e un bimbo più piccolo può essere affidato alle sue cure. Essa ha ormai acquistato un certo numero di piccole abilità che però rimangono secondarie di fronte al compito principale, che è quello di badare ai bambini. Anche i maschietti devono avere cura dei piccoli, ma in genere verso gli 8 o 9 anni ne sono dispensati. Gli angoli del loro carattere, che non sono stati smussati mentre erano responsabili dei bambini, spariranno presto al contatto con i ragazzi più grandi, giacché saranno ammessi a interessanti attività solo se il loro comportamento sarà cauto e servizievole. Le bambine invece, col pesante fardello dei bimbi gruppo. Questa severa distanza deve essere tenuta con tutti gli individui del sesso opposto che siano entro 5 anni di età inferiori o superiori, o con i quali esista un rapporto di parentela per sangue o matrimonio. Questo tabù tra fratello e sorella comincia a operare quando il minore dei due bambini “si vergogna” di esser toccato dal maggiore e continua sino alla vecchiaia, quando la coppia, ormai decrepita e sdentata, può di nuovo sedersi sulla medesima stuoia senza provare vergogna. Tei, la parola che indica il parente più giovane, pone l’accento sull’altro rapporto maggiormente ricco di carica emotiva. Il primo entusiasmo materno di un adolescente non è infatti mai dedicato ai propri figli, ma a qualche parente più giovane. Il parente più giovane, a sua volta, riversa il suo entusiasmo su di uno più giovane ancora, senza manifestare eccessivo affetto per chi l’ha amorosamente allevato. La parola aiga è usata genericamente per ogni parentela, sia di sangue che per matrimonio o per adozione. Un parente è considerato come qualcuno dal quale possiamo pretendere molto e verso il quale abbiamo degli obblighi infiniti. A un parente si può chiedere cibo, vestiario, alloggio e assistenza in una lite. Chi si rifiuta di aderire a queste richieste viene bollato come avaro, o accusato di mancare di benevolenza umana, la virtù più stimata nella Samoa. Si tiene però conto del valore dei beni dati e se ne domanda il corrispondente alla prima occasione. L’obbligo di dare assistenza in genere, o di rendere servizi specifici, dovuti per tradizione, come in occasione di un matrimonio o di una nascita, segue però la linea della parentela e non quella della coabitazione. Il matai di una casa è esonerato, in teoria, dalle piccole incombenze domestiche, ma è raro che lo sia veramente, a meno che non si tratti di un capo di rango elevato. Tuttavia gli è sempre riservata la parte direttiva nei lavori più importanti. La cucina della famiglia è disimpegnata tanto dagli uomini quanto dalle donne, ma il grosso del lavoro ricade sui ragazzi e sugli uomini giovani. Il pesante lavoro agricolo normale ricade invece sulle donne. Alle ragazze più grandi e alle donne è affidata pure la pesca sugli scogli di polipi, ricci di mare, meduse, granchi e altra roba minuta. Le ragazze più giovani vanno a prendere l’acqua, preparano i lumi o spazzano la casa e la mettono in ordine. I compiti sono graduati con un giusto riconoscimento di ciò che si addice alle varie età. Il rango nel villaggio è in stretta relazione con quello all’interno della famiglia, ma il rango nel villaggio ha poca influenza sui bambini. Il rango che però non viene dalla nascita, ma dal titolo, è molto importante in Samoa. L’importanza di un villaggio dipende dal rango del suo gran capo; il prestigio di una famiglia dipende dal titolo del suo matai. I titoli sono di 2 gradi: capi e capi oratori; ogni titolo porta con sé molti altri doveri e prerogative, oltre alla direzione di una famiglia. E per la gente della Samoa il rango è un’inesauribile fonte d’interesse. Hanno inventato un elaborato linguaggio di cortesia che deve essere usato con le persone di rango e una complicata etichetta circonda ogni rango nella società. Ciò che tocca però così da vicino i loro maggiori non può non riflettersi anche sulla vita di alcuni bambini, e specialmente sui rapporti fra i bambini stessi, nelle famiglie che possiedono titoli, ai quali alcuni di essi dovranno un giorno pervenire. V. La bambina nel gruppo delle coetanee Finché un bambino non ha almeno 6 o 7 anni frequenta molto poco i suoi coetanei. Fratelli, sorelle e cuginetti, che vivono nella stessa casa, naturalmente giocano e scherzano insieme, ma fuori di casa ogni bambino sta vicino alla sua giovane guardiana e viene in contatto con altri bimbi soltanto se le piccole bambinaie sono amiche fra loro. Verso i 7 anni, però, i bambini cominciano a formare gruppi più numerosi, una specie di associazione volontaria che poi non esisterà più in altri periodi della loro vita, gruppi, cioè, reclutati al tempo stesso dalla parentela e dal vicinato. Questi gruppi sono rigorosamente divisi secondo i sessi e una delle loro caratteristiche principali è l’antagonismo fra ragazzini e ragazzine. Queste stanno appunto cominciando a “vergognarsi” in presenza dei fratelli maggiori e devono anche cominciare ad osservare la norma che vieta a una ragazza di unirsi a gruppi di ragazzi. Questi gruppi di coetanei si limitano, in genere, ai bambini che vivono in 8 o 10 case contigue. Sono associazioni casuali molto fluide, dove i legami di parentela si intrecciano a queste formazioni di vicinato, così che un bambino può essere in buoni rapporti con membri di due o tre gruppi diversi. Nessuna profonda amicizia viene stabilita però nel corso di questa età. La struttura di parentela e di vicinato del gruppo fa passare in seconda linea le personalità che lo compongono. Lo sviluppo di un gruppo che giocava sempre insieme e manteneva un’ostilità abbastanza costante verso gli estranei, sembrava infatti essere in funzione della residenza più che della personalità di qualche bambina che avesse speciali attitudini a guidare le altre. A 16 e 17 anni la parentela e i comuni interessi di sesso sono il fattore decisivo nelle amicizie. Le ragazze seguono anche passivamente le amicizie più forti che nascono fra ragazzi. Sebbene però le ragazze non si confidino che con una o due giovani parenti, la loro posizione riguardo al sesso è intuita dalle altre donne del villaggio e su questa base si formano e si modificano le amicizie a seconda che si tratti della timida adolescente che diffida di tutte le ragazze più grandi, o della fanciulla la cui prima o seconda avventura amorosa sembra ancora molto importante, o delle ragazze che cominciano a concentrare tutta la loro attenzione su di un solo giovane e, possibilmente, sul matrimonio. Infine la madre non sposata sceglie le sue amiche fra quelle che si trovano nel suo stesso caso, o fra le donne in situazione coniugale ambigua, giovani mogli abbandonate o screditate. Questi sono i raggruppamenti usuali, le amicizie fra ragazze più giovani e meno giovani sono molto rare dopo la pubertà. Le uniche amicizie che differiscono da quelle formate in seguito alla residenza comune o all’appartenenza allo stesso gruppo familiare sono i rapporti tradizionali fra le mogli dei capi e le mogli dei capi oratori. Ma queste amicizie, le uniche destinate a durare per tutta la vita, possono essere capite soltanto in rapporto alle amicizie fra ragazzi e uomini. I ragazzini seguono la stessa via delle fanciulle in quanto si riuniscono in gruppi basati sul doppio legame della vicinanza e della parentela, ma l’ascendente dell’età è fra loro sentito molto maggiormente perché i ragazzi più grandi non devono più tornare in seno alle loro famiglie, come le giovanette. I ragazzi di 15 o 16 anni fanno lega insieme con la stessa libertà di quelli di 12. Il confine fra ragazzi grandi e piccoli è perciò assai mutevole e quelli che si trovano in una posizione intermedia ora dettano legge ai più piccoli, ora camminano ossequiosamente sulle orme dei più grandi. Vi sono, tra ragazzi, due rapporti tradizionali, che portano lo stesso nome e forse un tempo formavano una cosa sola. Questo è il soa, cioè colui che è stato circonciso insieme all’altro, e l’ambasciatore nelle questioni d’amore. I ragazzi vengono infatti circoncisi a coppie, essi stessi si occupano dei preparativi e della scelta di un uomo più anziano conosciuto per la sua abilità. Un ragazzo sceglie un amico che in genere è anche parente, per esser suo compagno in questa esperienza, che poi unisce i due ancora più strettamente. Quando un ragazzo ha passato la pubertà da due o tre anni, la scelta di un amico è influenzata dalla convenzione che obbliga un giovane a non dichiarare direttamente il suon amore e a non fare mai di persona proposte di matrimonio. Per conseguenza il giovane ha bisogno di un amico della sua età, del quale possa fidarsi che illustri le sue lodi e sostenga la sua causa col necessario fervore e con discrezione. Per questo ufficio ci si serve di un parente o di diversi parenti, se il caso è disperato. Il giovane è guidato, nella sua scelta, dal bisogno di un ambasciatore che sia non solo devoto e fidato, ma anche insinuante e convincente come mediatore. Questa relazione di soa è spesso, ma non necessariamente reciproca. L’esperto in amore finisce con il tempo, per rinunziare all’aiuto di un intermediario desiderando di godere in pieno le dolcezze e tutti gli stadi del corteggiamento. Al tempo stesso i suoi servigi sono richiesti da molti altri, se è lecito sperare che egli agirà onorevolmente verso il suo mandante. Ma non è solo per fare all’amore che i ragazzi devono cooperare, ma anche nei lavori più pratici richiesti dal villaggio. VI. La ragazza nella comunità La comunità non prende in considerazione né i ragazzi né le ragazze, finché questi non hanno raggiunto i 15 o i 16 anni. Bambini al di sotto di questa età non hanno alcuna posizione sociale, non hanno un’attività di gruppo riconosciuta, non hanno parte nella vita sociale, se non quando sono reclutati per i balli non ufficiali. Ma un anno o due dopo la pubertà, sia i ragazzi che le ragazze sono raggruppati approssimativamente nello stesso modo degli adulti, ricevono un nome per le loro organizzazioni e sono investiti di definiti obblighi e privilegi nella vita della comunità. L’organizzazione dei giovani, l’Aumaga, quella delle ragazze e delle mogli di uomini non titolari e delle vedove, l’Aualuma, e quella delle mogli degli uomini titolari, riflettono tutte l’organo politico centrale del villaggio, il Fono, cioè l’organizzazione dei matai, uomini che hanno il titolo di capi o capi oratori. Il Fono è sempre percepito come una casa rotonda, nella quale ogni titolo ha la sua speciale posizione, deve essere interpellato con date frasi del cerimoniale e deve avere un posto fisso nell’ordine di precedenza, quando viene servito il kava. Ad alcuni di questi titoli sono annessi anche privilegi speciali. Quando si tratta di amici intimi, il soa può essere lo stesso per molte vicende amorose, altrimenti può avere una funzione temporanea, limitata ad un dato episodio. Se la sua mediazione porta ad un matrimonio, il soa riceve un bellissimo dono dallo sposo per i sevizi che gli ha reso. La scelta di un soa presenta molte difficoltà perché se fosse troppo inesperto rischierebbe di rovinare tutto, al contrario un ragazzo bello ed esperto potrebbe essere preferito dalla ragazza rispetto al suo mandante. Questa difficoltà viene superata, qualche volta, scegliendo due o tre soa destinati a spiarsi l’uno con l’altro. Fra i soa possibili, due sono quelli da preferire: un fratello o una ragazza. Un fratello è leale per definizione, mentre una ragazza è molto più efficace. Il suo compito è però sempre lo stesso, ovvero tessere le lodi del suo amico, controbattere i timori e le obbiezioni della ragazza e finalmente combinare un appuntamento. Il meototolo è l’unica attività sessuale che presenta un quadro decisamente anormale. Dopo il primo contatto con la civiltà dei bianchi, si sono verificati di tanto in tanto in Samoa ratti in forma di assalto violento. Questa forma, però, si accorda molto meno col carattere samoano del meototolo, per mezzo del quale un uomo si appropria subdolamente dei favori destinati a un altro. La necessità di guardarsi dall’essere scoperti, rende impossibile ogni conversazione e l’intruso conta sul fatto che la ragazza aspetti realmente un amante, oppure crede di poter sperare che essa accetterà indiscriminatamente il primo venuto. Se la ragazza s’insospettisce e non vuole saperne, si mette a gridare e tutta la casa dà la caccia al colpevole. Due motivi vengono forniti per quest’attività poco simpatica: collera, per essere stato preso in giro da una ragazza (se ad esempio si danno appuntamento e lui la aspetta tutta la notte ma lei alla fine non si presenta), e insuccesso in amore (quando un giovano non riesce a conquistare una bella ragazza). Ma una volta scoperti essi non troveranno più una ragazza che voglia aver a che fare con loro. Devono aspettare l’età matura, quando con una posizione e un titolo da offrire, potranno scegliere fra una donna sfiorita di facili costumi e la figlia giovane riluttante di genitori egoisti e ambiziosi. Tra questi intrighi, strettamente segreti, e una decisa offerta di matrimonio, vi è una forma intermedia di corteggiamento per la quale il giovane si reca a visitare la ragazza. In questo caso il ragazzo si presenta col soa al suo fianco e con una serie di doni: se questi saranno accettati vuol dire che la famiglia della ragazza gli permette di farle la corte ed egli allora potrà restare anche a cena. In questo modo si svolgono le vicende amorose della gioventù media dello stesso villaggio e dei villaggi vicini. Da queste libere e disinvolte sperimentazioni viene esclusa però la taupo. La verginità è infatti per lei un requisito legale. Al suo matrimonio, davanti a tutta la gente, in una casa splendidamente illuminata il capo oratore dello sposo porterà la prova della sua verginità. Se risultava che la taupo non fosse vergine, le donne del parentado si gettavano su di lei e la battevano con pietre sfigurandola e, talvolta ferendola mortalmente, per vendicare la vergogna inflitta alla casa. La posizione dei samoani di fronte alla verginità è però assai strana. La verginità rende infatti una ragazza decisamente più attraente; godere i favori di una vergine è considerato impresa più gloriosa della conquista di un cuore già esperto, e un dongiovanni degno di tal nome rivolge appunto sulle vergini la sua maggiore attenzione. Lo sposo, la sposa e i relativi parenti, tutti crescono di prestigio se essa risulta vergine. Non è quindi un caso che le fanciulle della nobiltà (le taupo) siano strettamente sorvegliate: per loro, niente segreti compagni notturni né incontri furtivi durante il giorno perché ci sarà sempre qualche vecchia donna della famiglia incaricata di stare continuamente vicino alla ragazza e farle da guardiana. Ella non ha voce in merito al matrimonio perché sarà deciso e combinato dai suoi stessi parenti (i capi e i capi oratori si accordano tra di loro). La sorveglianza esercitata sulle ragazze di una famiglia di media condizione è invece raramente così severa. Quando però una famiglia si oppone a un matrimonio che una giovane coppia ha fermamente deciso viene adottata, come mezzo pratico, la fuga. I due si rifugiano presso i parenti che non sono ostili, ma se la famiglia non cede e non consente a legalizzare il matrimonio con uno scambio ufficiale di proprietà, la coppia non può fare nulla per stabilire la propria posizione, restando così marchiata per sempre. Nelle relazioni prematrimoniali i giovani si attengono strettamente invece a un corteggiamento convenzionale. E’ una dichiarazione di parole, più che di fatti. Un giovane è solito dichiarare che morirà se una data ragazza gli rifiuta i suoi favori, ma i samoani ridono delle storie d’amore romantiche, si burlano della fedeltà a una moglie o a un’amante troppo a lungo lontana e credono fermamente che un nuovo amore guarirà da quello vecchio. Pertanto l’amore romantico come si riscontra nella nostra civiltà, strettamente unito all’idea di monogamia, di esclusivismo e di fedeltà assoluta, non esiste in Samoa. Il matrimonio, d’altra parte, è considerato come una combinazione economico-sociale, in cui la relativa ricchezza, il rango e l’abilità del marito e della moglie vanno debitamente calcolate. La felicità coniugale poggia infatti più sull’infatuazione passeggera o sull’affetto: l’adattabilità e la convenienza diventano i fattori decisivi. L’adulterio non significa necessariamente la rottura del matrimonio e la sua importanza varia a seconda del rango relativo del colpevole e dell’offeso, o della gelosia personale, che è suscitata solo raramente. Se, d’altra parte, una moglie ne ha proprio abbastanza del marito, o viceversa, il divorzio è una cosa molto semplice e senza formalità: il coniuge che non è in casa propria torna presso la sua famiglia e la relazione “cessa di esistere”. La donna ha dei diritti sulla terra della sua famiglia, e ciò la rende indipendente quanto suo marito; così non esistono matrimoni di una certa durata se uno dei coniugi è veramente infelice. VIII. La funzione della danza La danza è la sola attività alla quale partecipano ambedue i sessi e quasi tutte le età, perciò offre un’occasione unica per una analisi dell’educazione. Nella danza vi sono dei virtuosi, ma non dei veri maestri. E’ un’attività altamente individuale, che si svolge in una cornice sociale. Questa cornice varia da un modesto ballo, cui assistono da 10 a 20 persone, ai grandi festeggiamenti di un malaga (viaggio in comitiva), o di un matrimonio. Secondo la grandezza e l’importanza della festa, cambia anche l’etichetta dei preparativi. In genere, anche un piccolo ballo prende occasione dalla presenza di due o tre giovani stranieri provenienti da un altro villaggio; e il trattenimento ha luogo dividendo i partecipanti in due gruppi: gli ospiti e i visitatori, che a turno provvedono alla musica e alle danze. A questi piccoli balli alla buona imparano a ballare i bambini: sono generalmente loro che aprono le danze (possibilmente bambini di 7 o 8 anni). I giovani che siedono in gruppo al centro della casa, provvedono alla musica; uno di essi si alza in piedi e dirige il canto con l’accompagnamento di uno strumento a corda. Il capo dà l’intonazione e tutta la compagnia si unisce al canto, oppure batte le mani, o batte con le nocche sul pavimento. Le canzoni che vengono cantate sono poche; la gioventù di un villaggio conosce infatti di rado la musica di più di una dozzina di canzoni. Il contenuto delle canzoni prende facilmente un carattere estremamente personale con molti tratti satirici, dei quali i vari individui e i loro villaggi fanno le spese. I bambini piccoli vengono fatti esibire così in pubblico dopo un minimo di istruzione preliminare. Ogni progresso è salutato con grandi applausi. Il bambino che si è distinto all’ultima riunione, viene però chiamato per primo, giacché il pubblico si preoccupa del proprio divertimento e non di fare esercitare ugualmente tutti i bambini. Perciò alcuni di essi sopravanzano rapidamente gli altri non solo per essere maggiormente dotati, ma per aver suscitato maggior interesse. Mentre i bimbi danzano, i ragazzi e le ragazze più grandi abbelliscono le loro vesti con fiori, collane di conchiglie, braccialetti e cerchi alle caviglie fatti di foglie. La forma della danza in sé stessa è spiccatamente individualistica. Vi sono 25 o 30 figure, due o tre specie di passaggi e almeno tre forme distinte: la danza della taupo, la danza dei giovani e la danza dei buffoni. Queste tre forme sono relative alla specie della danza e non alla condizione di chi la esegue. La danza della taupo è grave, distante, bellissima. La ragazza deve mantenere un’espressione fissa, sognante, distaccata, piena di nobiltà. L’unica alternativa permessa a questa espressione è una serie di smorfie di natura più insolente che comica. Anche il manaia, è obbligato a comportarsi nello stesso modo decoroso e ispirato a dignità. La maggior parte delle ragazzine e alcuni ragazzini compongono le loro danze secondo questa convenzione. Il ballo dei ragazzi è molto più allegro di quello delle ragazze; vi è una libertà di movimento assai maggiore e molta forza di espressione. La danza dei buffoni è propria di coloro che danzano al lato della taupo o del manaia e li onorano burlandosi di loro. La sua vera ragione d’essere è infatti il contrasto: il buffone, con la sua comicità, è un contrapposto alla danza solenne della taupo. Il ballo di questi buffoni è caratterizzato da mosse comiche, da giochi grossolani dall’esagerazione delle figure più comuni, da un gran rumore fatto battendosi con la palma distesa sulla bocca aperta e un gran saltare in giro e pestare sul pavimento. La bambina che impara a ballare, può scegliere fra queste tre forme, può disporre di 25 o 30 figure per combinare le tre danze e, ciò che è più importante, può osservare i singoli ballerini per copiarne la danza. In queste occasioni semi-ufficiali la danza agisce realmente come fattore educativo. L’influenza della danza sull’educazione e sociabilità dei bambini samoani è duplice. In primo luogo serve a controbilanciare lo stato di sottomissione rigorosa in cui sono tenuti generalmente i bambini. I bambini formano effettivamente il centro del gruppo, invece di occasione di cerimonia; non sapevano nulla dell’organizzazione sociale del villaggio, sapevano solo quali, degli adulti, erano capi di famiglia e quali, sia uomini che donne, erano sposati. Usavano i termini di parentela vagamente e senza capirli bene. Nel loro modo di parlare, la loro immaturità era posta in evidenza soprattutto dalla mancanza di familiarità col linguaggio di cortesia e da una gran confusione nell’uso del plurale e dei pronomi. Non erano nemmeno padrone del processo mediante il quale si arricchisce il vocabolario con libere aggiunte di prefissi e suffissi. Tutte queste bambine avevano visto come si nasce e come si muore; avevano visto molti morti (il cui corpo veniva sezionato spesso in pubblico per cercare la causa della morte), avevano assistito ad aborti (non c’era l’abitudine di mandar via i bambini della famiglia in queste circostanze). Infatti circa la metà della bambine avevano visto un feto sviluppato parzialmente venir tagliato fuori dal cadavere di una donna già stesa nella tomba, che altrimenti avrebbe potuto rinascere come spirito vendicatore. Questi episodi avevano provocato in loro ricordi indimenticabili anche se sembra non abbiano cattivi effetti sulla formazione emotiva dei bambini. E’ possibile che ciò sia giustificato dal fatto che gli adulti mostrano di considerare questi avvenimenti come orribili, ma perfettamente naturali e non eccezionali, e come parte legittima dell’esperienza del bambino. Pertanto i bambini s’interessano intensamente della vita e della morte molto più degli adulti. Anche in materia di sesso i piccoli samoani di 10 anni sono già abbastanza edotti, sebbene assistano solo di nascosto ad attività sessuali, dato che ogni espressione di affetto è rigorosamente proibita in pubblico. Non a caso frugare fra i palmeti del villaggio in cerca di amanti è una delle forme riconosciute di divertimento per le bimbe di 10 anni. I bambini samoani conoscono pienamente il corpo umano e le sue funzioni grazie alla consuetudine che i bambini hanno di andare nudi e gli adulti poco vestiti; grazie all’abitudine dei bagni di mare, alla spiaggia che serve da gabinetto e alla mancanza di riservatezza nella vita sessuale. Conoscono perfettamente anche la natura del sesso. La masturbazione è un’abitudine quasi universale e comincia all’età di 6 o 7 anni. Fra ragazzi e ragazze più grandi, eventuali pratiche omosessuali valgono pure talvolta a sostituirla. I ragazzi si masturbano in gruppi, ma per le ragazzine è una pratica più individuale e segreta. Questa abitudine sembra non esser mai frutto di una scoperta personale e ogni bambino l’impara sempre da un altro. Ma parlare in pubblico del sesso e della evacuazione è considerato dagli adulti di cattivo gusto, sconveniente ma comunque non da condannare. Questa precoce iniziazione dei bambini non porta però a esperienze eterosessuali nella pre- adolescenza e solo molto limitatamente ad attività omosessuali che sono considerate nell’opinione degli indigeni come imitazioni e sostituti delle pratiche eterosessuali. La mancanza di esperienze sessuali precoci probabilmente è meno dovuta però alla proibizione dei genitori che al forte e radicato antagonismo fra giovinetti e giovanette, e al tabù contro ogni amichevole rapporto fra loro. Per quanto riguarda il periodo critico delle mestruazioni, non vi era nessun senso di vergogna circa la pubertà, né alcun bisogno di segretezza. Al contrario, i rapporti omosessualivenivano visti come una forma di perversione e non accettati dal momento che nelle relazioni samoane ciò che conta non è l’amore né una forte fissazione per un individuo, ma i bambini e la funzione del matrimonio nella struttura sociale ed economica del villaggio. I samoani fanno sopportare all’uomo tutto il peso del successo amatorio e pensano che alle donne occorra più tempo per essere iniziate e perché maturi in loro il sentimento del sesso. Un uomo che non riesce a soddisfare una donna è considerato goffo e maldestro, degno delle beffe e del disprezzo di tutto il villaggio. Le donne, dal canto loro, sentono che i loro amanti usano una tecnica ben definita che esse considerano con una specie di fatalismo, come se tutti gli uomini si servissero di arti quasi magiche del tutto irresistibili. Ma la scienza amatoria viene trasmessa da un uomo all’altro e viene considerata più analiticamente e più coscientemente che dalle donne. I genitori non osano oltrepassare i limiti di una comune conversazione (naturalmente molto più vasti che nella nostra società) discutendo di sesso coi loro figli, perciò la vera istruzione passa dall’uomo di 25 anni al ragazzo di 18, più spesso che dal padre al figlio. Le ragazze invece imparano dai ragazzi e si confidano molto poco l’una con l’altra. Ad eccezione di pochi casi, l’adolescenza non rappresentava quindi un periodo di crisi o di tensione, ma era invece lo sviluppo regolare di un ordine d’interessi e di attività che andava lentamente maturando. Le menti delle ragazze non erano tormentate da conflitti o perplessità, non erano turbate da problemi filosofici, né dominate da remote ambizioni. Vivere da ragazze, con molti amanti, il più lungamente possibile e poi sposarsi nel proprio villaggio, vicino ai propri parenti ed avere molti figli, queste erano le ambizioni comuni, dalle quali erano appagate. XI. La ragazza in conflitto La ragazza fra i 14 e i 20 anni sta al centro della pressione domestica e può sfogare la sua irritazione contro i grandi riversandola su coloro che sono soggetti alla sua autorità. La possibilità di un’evasione sembra moderare la sua caparbietà e rende anche gli adulti più indulgenti verso di lei. Questo, naturalmente, si applica solo alle relazioni fra una ragazza e i suoi maggiori. Spesso i conflitti di carattere tra i giovani della stessa età nella stessa famiglia non sono altrettanto moderati, ma anche in questo caso l’eliminazione di una delle parti, quella che ha minor diritto di restare in casa, è la soluzione. Il fatto che la banda dei coetanei si sciolga prima dell’adolescenza e non si ricostruisca che in modo del tutto formale, in aggiunta alla decisa preferenza data alla solidarietà familiare più che a quella di gruppo, spiega perché siano così rari i conflitti entro la banda stessa. La bambina che evita le compagne della sua età ha infatti più tempo disponibile per il lavoro di casa e non viene mai tormentata chiedendole perché non corre a giocare con le altre bambine. D’altro canto, la tolleranza con la quale i bambini accettano i difetti fisici o le leggere anomalie di temperamento, fa sì che nessun bambino debba soffrire per un ingiusto ostracismo. L’unico vero esiliato è il bambino che abita in una località sfavorevole del villaggio. Se il gruppo dei ragazzi durasse al di là degli 8 o 10 anni, questi esiliati soffrirebbero certamente; oppure, divenuti più audaci, si allontanerebbero. L’assenza di un rapporto ufficialmente stabilito con la comunità è forse, in questo caso, la principale causa della mancanza di conflitto. La comunità non richiede nulla dalle giovinette, se non i servizi prescritti dal cerimoniale in occasione dei convegni fra le donne più anziane. Se mancassero a questi doveri, ciò riguarderebbe, prima di tutto, le loro famiglie, che ne soffrirebbero del loro prestigio. La possibilità di libere esperienze, la completa familiarità con il sesso e la mancanza di passioni molto violente, fanno sì che le sue esperienze sessuali hanno in sé minori possibilità di conflitto che in una società dalle leggi più rigide e più convenzionali (infatti solo molto raramente ci sono casi di folle gelosia). Nella vita religiosa delle ragazze, l’influenza dei missionari era decisiva. I missionari esigono la castità per chi vuol far parte della chiesa e sconsigliano di entrare nella chiesa prima del matrimonio, salvo nel caso di giovani delle scuole-convitto missionarie, che possono essere costantemente sorvegliati. Pertanto una ragazza che indulgesse in esperienze sessuali sarebbe espulsa dalla scuola del pastore locale. Avrebbero dovuto esserci molte ragioni di conflitto fra genitori che volevano mandare le loro figlie nella casa del pastore e le figlie che non volevano andarci o viceversa. Tale conflitto era molto ridotto dal fatto che la residenza in casa del pastore cambiava molto poco la condizione della ragazza nella propria casa. Se, d’altra parte, i genitori volevano che le loro figlie restassero presso il pastore ed esse non lo desideravano, il rimedio era semplice: non avevano che da contravvenire alle regole stabilite e sarebbero state espulse; se non osavano ritornare dai genitori, vi erano sempre altri parenti che le avrebbero accolte. Frequentare il principale convitto per ragazze era però una prospettiva molto lusinghiera; l’attrattiva di vivere in un folto gruppo di giovanette, dove la vita era più facile e più piacevole che a casa, era in genere sufficiente incentivo alla buona condotta, o per lo meno a un certa discrezione. Il gran numero di pastori indigeni con la loro speciale interpretazione dell’insegnamento cristiano, ha però reso impossibile che si instaurasse il rigore del protestantesimo occidentale, associato necessariamente alle nozioni dei reati sessuali e alla coscienza individuale del peccato. Così, mentre la religione, in sé stessa, offriva scarso motivo di conflitto, le istituzioni promosse dalla religione potevano agire come stimoli verso nuovi indirizzi e, se sufficientemente rafforzate da altre condizioni, potevano produrre un tipo di ragazza che si allontanava marcatamente dal tipo delle sue compagne. Se la maggioranza delle ragazze samoane non risente di queste influenze e continua tranquillamente a vivere nel modo tradizionale, ciò attesta semplicemente la forza di resistenza della civiltà indigena che, nel suo stato attuale di leggera europeizzazione, offre in abbondanza soluzioni facili per ogni conflitto; e dimostra altresì che le adolescenti samoane non creano spontaneamente i loro conflitti, ma hanno bisogno di un forte stimolo per produrli. Oltre alla deviazione verso l’alto, dove le ragazze desiderano una libertà di scelta maggiore di quella generalmente permessa (per scegliere anche con maggiore consapevolezza il proprio destino), esiste però anche un altro tipo di deviazione, quella verso il basso, in altre parole, della delinquente. Questo termine indica la persona che si adatta male alle esigenze XIII. I nostri problemi educativi alla luce dei contrasti samoani Dopo l’analisi della vita in Samoa, si è potuto concludere che la ragazza nel suo sviluppo è un fattore costante sia in America che in Samoa, ma le civiltà di questi due paesi sono diverse. Ma possiamo pensare all’adolescenza come ad un’epoca nella vita di ogni bambina che porti con sé fatalmente, sintomi di conflitto e di tensione, come fatalmente produce cambiamenti nel corpo della bambina stessa? Seguendo le ragazze samoane in ogni aspetto della loro vita, abbiamo cercato di rispondere a questa domanda ed abbiamo concluso che la nostra risposta deve essere negativa. La giovane samoana differisce da sua sorella che non ha ancora raggiunto la pubertà sotto un solo aspetto importante, cioè per i cambiamenti avvenuti nel corpo della fanciulla di età maggiore di lei. Non vi erano altre differenze notevoli che distinguessero il gruppo che stava attraversando la soglia dell’adolescenza dal gruppo che vi si sarebbe trovato dopo due anni e da quello che l’aveva passata due anni prima. Ma se può dirsi provato che l’adolescenza non è necessariamente un periodo particolarmente difficile della vita di una ragazza (ed è provato dal momento che troviamo una società in cui si verifica questo fatto) allora, a cosa è dovuta l’inquietudine e tutta la tensione delle adolescenti americane? Intanto si può dire semplicemente che vi deve essere, nelle due civiltà, qualcosa che giustifica tale differenza. Essendo l’ambiente sociale molto diverso, sarà là che dovremo cercare una spiegazione. Cosa vi è nella Samoa che manca in America, e viceversa, cosa c’è in America che manca nella Samoa e che può essere la causa della differenza? Alla base di queste differenze stanno due elementi importanti, dovuti l’uno a caratteristiche samoane, l’altro alle caratteristiche di una società primitiva. L’elemento samoano che rende il periodo dello sviluppo così semplice e facile è un modo di concepire la vita piuttosto leggero e superficiale comune a tutta la società di quelle isole. Oltretutto, a partire dai primi mesi di vita, i samoani imparano a non attaccarsi mai ad una sola persona, a non riporre le proprie speranze in amici e parenti. In questo atteggiamento casuale verso la vita, in questo desiderio di evitare i conflitti e le situazioni drammatiche, la Samoa contrasta non solo con l’America, ma anche con la maggior parte delle civiltà primitive. Vi è poi un aspetto in cui la differenza tra le civiltà primitive isolate, e la nostra, è enorme: tale differenza riguarda il numero delle vie che si aprono davanti ad ogni individuo. I nostri bambini, crescendo, si trovano di fronte a un’infinità di casi in cui possono scegliere varie soluzioni e i loro giovani occhi ne sono abbagliati (questo succede ad esempio nella scelta della religione). Una tale situazione è inconcepibile in una società primitiva non sottoposta a influenza straniera (dove vi è solo una religione ammessa). Allo stesso modo i nostri ragazzi si trovano di fronte a una mezza dozzina di concetti di moralità uno diverso dall’altro. Vi è una doppia morale sessuale per gli uomini e per le donne; una morale unica per gli uomini e per le donne. Matrimonio in prova, unione libera, matrimonio per contratto; tutte queste possibili soluzioni di un problema sociale critico vengono ostentate davanti ai giovanetti, mentre le condizioni reali degli ambienti in cui vivono, libri, cinema e giornali fanno loro conoscere una quantità di violazioni di ogni codice. La bambina samoana non si trova davanti a un simile dilemma. Il sesso è una cosa naturale e piacevole; la libertà con cui può abbandonarvisi è limitata da una sola condizione: la posizione sociale. I nostri giovani si trovano in presenza di vari gruppi, che credono cose diverse e sostengono pratiche differenti; può sempre capitare che qualche fido amico o parente appartenga all’uno o all’altro gruppo. I problemi della ragazza samoana sono del tutto diversi: suo padre è un membro della chiesa e suo zio lo è pure. E il suo gran dilemma è se abitare con suo padre o con suo zio, un problema franco e sincero che non comporta perplessità etiche né questioni di logica impersonale. E non si farà della sua scelta una questione personale come potrebbe accadere in America. I samoani terranno per certo che, se ella sceglie una residenza piuttosto che l’altra, avrà le sue ottime ragioni. Non deve mai, con la sua scelta, ripudiare in modo assoluto gli ideali del suo gruppo sociale (come deve fare, nella nostra società, la figlia di genitori puritani che si lasci accarezzare liberamente). Nel confronto che stiamo facendo vi è un terza considerazione: l’assenza di nevrosi tra i samoani e i molti casi di nevrosi in mezzo a noi. Occorre esaminare quali sono i fattori nella prima educazione dei bambini samoani, che li hanno preparati a uno sviluppo normale e non nevropatico. Gli studiosi del comportamento e gli psicoanalisti danno un enorme importanza all’influenza esercitata dall’ambiente durante i primi anni di vita; a loro avviso, i bambini che hanno avuto un inizio difficile spesso ne risentono più tardi quando devono fare una scelta importante. E sappiamo che più è grave la scelta, più grave sarà il conflitto; più l’individuo è angosciato da ciò che si richiede da lui, più facilmente ne risulteranno delle nevrosi. Questa osservazione ci porta a due considerazioni. L’assenza, nella Samoa, di situazioni difficili, di scelte contrastanti, di situazioni nelle quali la paura, il dolore o l’ansietà si fanno sentire acutamente come la lama di un coltello, spiega il gran parte l’assenza di un cattivo adattamento psicologico. Così individui affetti da una leggera instabilità nervosa possono cavarsela più facilmente nella Samoa che in America e in Europa. Inoltre le differenze individuali e la variabilità sono molto inferiori in Samoa. All’estremo delle nostre fasce di deviazione ci sono inevitabilmente temperamenti deboli e non resistenti. E come la nostra società mostra maggiore sviluppo della personalità, essa mostra anche un maggior numero di individui che hanno ceduto di fronte alle complesse richieste della vita moderna. Tuttavia è possibile che nell’ambiente che circonda il piccolo samoano vi siano fattori particolarmente favorevoli allo stabilirsi dell’equilibrio nervoso. Come ci si può aspettare che un bambino della nostra società, nato in migliori condizioni ambientali, abbia maggiori possibilità in ogni circostanza della vita, così si può anche supporre che il bambino samoano cresca in una forma di civiltà in cui non solo è trattato con maggior dolcezza, ma è anche meglio armato contro le difficoltà che dovrà incontrare. Questa supposizione è confermata dal fatto che i piccoli samoani passano senza soffrirne attraverso esperienze che spesso hanno gravi effetti sullo sviluppo dell’individuo nella nostra civiltà. Tenendo presente questa ipotesi, vale la pena di considerare più particolarmente in quale delle sue parti l’ambiente sociale del bambino è più marcatamente diverso dal nostro e vedremo così che questa diversità più evidente si riferisce principalmente alla situazione familiare, cioè all’ambiente immediato che agisce sin dall’inizio e con grande intensità sulla coscienza del bambino. L’organizzazione di una famiglia samoana elimina immediatamente molte di quelle particolari situazioni che si ritiene producano tendenze emotive indesiderabili. Il caso del figlio minore, maggiore o unico, si può dire che non esista, dato il gran numero di bambini che si trovano in ogni casa, tutti trattati allo stesso modo. Pochi bambini sono oppressi da responsabilità, o resi prepotenti e arroganti come capita spesso ai figli maggiori. E pochi sono anche quelli isolati, condannati alla compagnia degli adulti, privati del benefico effetto del contatto con altri bimbi, che li renderebbe socievoli, come spesso avviene ai figli unici. Nessun bambino è coccolato e viziato tanto da farsi un’idea irrimediabilmente falsa dei propri meriti come il figlio minore. Ma lo stretto rapporto fra genitore e figlio, che spesso ha un’influenza così decisiva nella nostra civiltà, non esiste in Samoa. Infatti l’immagine della madre affettuosa e del padre ammirevole è un insieme complesso formato da varie zie, cugine, sorelle maggiori e nonne, dal capo, dal padre, da zii, fratelli e cugini. Invece di imparare per prima cosa che vi è una buona mamma, la cui speciale principale cura è per il suo benessere, ed un padre, alla cui autorità bisogna sottomettersi, il piccolo samoano impara così che il mondo è composto di una gerarchia di adulti maschi e femmine, su ognuno dei quali si può contare e a ognuno dei quali si deve obbedienza. Nella famiglia americana, invece, la bambina, crescendo, impara a dipendere da pochi individui, impara ad attendersi i beni della vita da alcune date personalità; essa cresce giocando con i ragazzi come con le bambine, imparando a conoscere bene fratelli, cugini e compagni di scuola (cosa che in Samoa non è assolutamente possibile). Da adulta avrà così la possibilità di scegliere chi sposare, mentre la ragazza samoana non gusta mai le gioie dell’amore romantico che noi conosciamo, o le sue conseguenze. Nella nostra civiltà però i sentimenti che legano i figli ai genitori dalla nascita alla morte rende i figli eternamente dipendenti dai genitori, incapaci di adattamenti nuovi e scelte necessarie. Il quadro samoano ci mostra infatti che non è necessario incanalare così in profondità l’affetto di un bambino per i suoi genitori, rischiando di dominare la sua vita. Si può quindi pensare che, data la nostra civiltà così ricca di scelte, sarebbe forse bene ridurre, sia pure di poco, la forte influenza che i genitori esercitano sulla vita dei figli ed eliminare così uno dei più potenti fattori accidentali nelle scelte di ogni vita individuale. Il terzo elemento del sistema samoano, insieme alla mancanza di relazioni personali e alla mancanza di affetti accentrati, è il caso dell’amicizia. Qui più che mai gli individui sono distribuiti in categorie e la relazione è in base alla categoria (es. “parente”, oppure “moglie del capo oratorio di mio marito”, oppure “figlio, o figlia, del capo oratore di mio padre”, etc.). Considerazioni di simpatia, di affinità mentale, tutto deve cedere in favore delle associazioni regolamentari. Naturalmente, questo punto di vista, per noi sarebbe da rifiutare completamente. Tirando le somme di questo particolare argomento, potremo dire che la differenza più notevole, tra la società samoana e la nostra, risiede nella mancanza di discriminazione nei sentimenti e specialmente in quelli sessuali fra i samoani. Questa genericità degli affetti deve essere attribuita alla vasta, eterogenea comunità familiare, alla separazione dei sessi Se gli adolescenti devono affrontare difficoltà e sofferenze a causa delle condizioni dell’ambiente sociale, affrettiamoci dunque a modificare questo ambiente in maniera tale da ridurre la tensione, ed eliminare le difficoltà e le angosce dell’adattamento. Ma disgraziatamente le condizioni che affliggono i nostri adolescenti sono la vera essenza della nostra società e non si prestano ad una diretta manipolazione da parte nostra. Le principali cause delle difficoltà dei nostri adolescenti sono la presenza di principi in conflitto e la convinzione che ogni individuo dovrebbe fare la propria scelta, unita alla sensazione che questa scelta è una cosa molto importante. Dati questi atteggiamenti della nostra civiltà, l’adolescenza è destinata senz’altro ad essere piena di conflitti e di difficoltà. La tensione è pertanto nella nostra civiltà, non nei cambiamenti fisici attraverso ai quali passano i nostri ragazzi, ma non per questo è meno reale e meno inevitabile, nell’America del ventesimo secolo. Ai giovani d’oggi infatti, fin dai 18 anni d’età, quando hanno finito gli studi e devono decidere che lavoro intraprendere, si presentano infinite possibilità fra cui districarsi. In realtà, il mito delle “infinite possibilità” viene meno se si è cresciuti in determinati ambienti, o se si proviene da una certa famiglia, anche se i ragazzi sembrano ignorare questi dati di fatto. Tuttavia, le condizioni economiche obbligano i nostri giovani ad andare a lavorare e tutto cospira a rendere la scelta difficile, sia nel senso che si tratta di abbandonare un’esistenza spensierata per una vita meno libera e poco gradevole, sia nel senso di un’amara ribellione per essere costretti a fare una scelta che contrasta con quanto si ripete di continuo sulle infinite possibilità offerte a tutti gli Americani. Prendere un impegno introduce anche altri fattori di difficoltà nella situazione domestica della ragazza adolescente. Finora dipendeva dai genitori e questo si manifestava nei limiti e nei freni che essi mettevano a ogni sua spontanea attività in qualunque campo, dallo spendere denari al modo di vestirsi e di comportarsi. E l’importanza di essere in grado di soddisfare tutti i desideri di una figlia, per quanto riguarda i vestiti e i divertimenti, fa sì che il denaro sia il mezzo migliore per esercitare l’autorità paterna. I genitori finiscono così per contare su questo genere di controllo. Le figlie finiscono invece per considerare qualunque critica del loro comportamento, sia morale che religioso o sociale, il codice etico e le più semplici misure suntuarie, tutto in funzione di una minaccia economica. Quando però si troverà un lavoro, per la prima volta nella vita avrà una rendita proprio sua, da usare liberamente, senza freni di morale o di belle maniere. Quanto ai genitori, il loro strumento principale di disciplina è andato in pezzi in un sol colpo. In una comunità primitiva e omogenea, le misure disciplinari dei genitori sono rivolte a ottenere dai figli piccole concessioni, a correggere leggere deviazioni nell’ambito di un unico tipo di comportamento, invece nella nostra società la disciplina domestica serve a stabilire dati principi in opposizione a principi diversi. Abbiamo dunque il quadro dei genitori, privati ormai della loro autorità economica, che cercano di obbligare una figlia ancora convivente sotto il loro stesso tetto, ad accettare dei principi contro i quali si ribella. In questo tentativo si trovano spesso impotenti ed ecco che la loro autorità crolla improvvisamente proprio nel punto in cui la ragazza, dovendo prendere altre decisioni importanti, avrebbe bisogno che l’ambiente domestico la sostenesse. E’ circa in questo periodo che il sesso comincia a far parte della vita della ragazza e anche in questo caso le alternative che le si offrono sono in contrasto fra loro. Se sceglie i principi più liberi della sua generazione, si troverà in conflitto con i genitori e, ciò che forse è più importante, con gli ideali che i genitori le hanno instillato. E se la ragazza sceglie invece l’altra via e decide di rimanere fedele alle tradizioni della generazione precedente, guadagnerà, è vero, la simpatia e l’appoggio dei suoi genitori, ma a detrimento dell’amicizia coi suoi coetanei. Comunque faccia, la scelta sarà sempre accompagnata da angoscia mentale. Al problema della condotta attuale vengono ad aggiungersi tutte le perplessità derivanti dai vari concetti circa il matrimonio: si deve, cioè, rimettere il matrimonio a quando il matrimonio guadagnerà abbastanza, o sposarsi subito e contribuire alle spese di casa, con un giovane marito che deve ancora farsi strada? (il controllo delle nascite apre ad esempio la possibilità di avere matrimoni senza figli o relazioni sessuali senza matrimoni). Ammesso che la società presenti troppi problemi agli adolescenti, richieda troppe decisioni importanti in un breve spazio di tempo come possiamo rimediare? Bisognerebbe secondo l’opinione di molti allontanare il periodo della scelta. Ma è altrettanto ingiusto che la civiltà si intrometta per ritardare eccessivamente le decisioni (la perdita della fede religiosa è uno strappo più crudele a 30 anni che a 15, semplicemente per il numero degli anni che è durata in noi tale convinzione). Dobbiamo invece rivolgere tutti i nostri sforzi a preparare i ragazzi per le scelte che dovranno affrontare. L’educazione in casa, anche più che nella scuola, invece di essere la difesa di un sistema, il tentativo disperato di formare una particolare mentalità che resista a tutte le influenze dal di fuori, deve appunto essere una preparazione proprio per quelle influenze. Ai bambini infatti si deve insegnare a saper pensare e non a ciò che devono pensare. Devono sapere che molte vie sono aperte davanti a loro, nessuna reputata migliore dell’altra, e che soltanto su di loro ricade la responsabilità della scelta. Così, senza l’ostacolo di pregiudizi, senza essere stati turbati dall’obbligo di abbracciare troppo preso dati principi, arriveranno con occhio sereno a decidere del loro avvenire.