Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Lo Studio di Erving Goffman sullo Stigma: Identità e Interazioni Sociali, Appunti di Istituzioni Di Sociologia

Una introduzione allo studio di Erving Goffman sullo stigma, con un focus sulla sua motivazione, l'organizzazione del libro e i concetti dell'identità sociale e personale. Goffman esplora come lo stigma influenza le interazioni sociali e come le persone vengono categorizzate e percepite in diverse situazioni.

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 30/09/2022

Anastasialandi
Anastasialandi 🇮🇹

4.5

(2)

6 documenti

1 / 12

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Lo Studio di Erving Goffman sullo Stigma: Identità e Interazioni Sociali e più Appunti in PDF di Istituzioni Di Sociologia solo su Docsity! Libro Stigma Goffman pubblica Stigma nel 1963. Stigma è uno studio sugli aspetti internazionali dello stigma. I motivi per la quale Goffman si interessa alla questione dello stigma sono 3: 1. Il primo libro di Goffman è stato “la presentazione quotidiana del sè” del 1959 dove lui tu dia gli aspetti di fondo dell’interazione, utilizzando molto il concetto di situazione. Studia le condizioni strutturali e sistematiche delle interazioni, dove il sè viene presentato e accolto. Se l’interazione funziona non significa che ci sia accoglienza perchè tutto questo è basato su aspetti legati all’identità. Il primo motivo è quindi (lo dice in maniera implicita) che in questo libro si è studiato le caratteristiche e condizioni strutturali nelle quali si sviluppa le interazioni nelle quali il sé viene accolto. 2. Cosa accade quando lo stigma non viene accolto e le interazioni hanno difficoltà ad essere ancorate alle situazioni? Quando la presentazione del sè e i suoi aspetti materiali come il setting e la sua organizzazione, cosa succede? L’interazione è interrotta? La risposta è che l’interazione c’è. Tutto questo lo vediamo nella seconda opera di Goffman: “Asylum”. Questa è una raccolta di saggi in cui si studia la trasformazione delle interazioni in casi estremi, come nelle istituzioni totali dove gli individui sono rinchiusi e la possibilità di relazione è deprivata dalle risorse come il nome, l’abbigliamento, la possibilità di accessori e poter mostrare qualcosa di sé sul proprio abbigliamento. I luoghi che operano le deprivazioni in quegli anni (fine anni 50 e inizio 60 negli stati uniti) sono ospedali psichiatrici laddove hanno una gestione oppressiva che toglie all’individui l’abbigliamento e a quei tempi il nome, individuando solo come il nome in quanto più semplice per fare riferimento. Anche il carcere, in cui le persone vengono organizzate e gestite con dei vestiti che erano decisi e prestabiliti (camici da ospedale). Rendono tutti uguali. L’identità è deprivata perché nessuno sceglie cosa indossare e cosa fare. In relazione a questo, Goffman studia l’interazione in modo tale che ci possa essere un’interazione tra paziente e personale (qualcuno con una identità ecc...). Quindi l’interazione disancorata non è che la difficoltà nel presentare il sè. 3. Lo stigma non è una distruzione che accade solamente in spazi chiusi come le istituzioni totali dove l’unica possibilità è essere bravi pazienti o bravi prigionieri. In questo senso, lo stigma è uno studio interazionale fuori dalle mura, cioè studia come viene gestita la presentazione del sè in situazioni difficili e dove può essere presente l’attributo screditate dello stigma nelle situazioni. L’attributo può diventare la base dell’interazione. In sintesi, Stigma è una strada tra la negazione di Asylum (interazioni prive di ancoramento nello spazio...) e quella logica internazionale del primo libro. Quindi lo Stigma è lo studio di tipi di interazioni che lo stigma rende possibile, e l’attributo screditante diventa qualcosa per stare insieme (la base). Lo Stigma si interessa sul modo in cui l’identità si forma. Organizzazione del libro Stigma Goffman descrive quattro concetti dell’identità: 1. Il primo capitolo: tratta dei presupposti sociali dello stigma e degli aspetti legati all’identità sociale. In questo capitolo si elabora l’idea che la persona viene identificata con gli stessi tratti della categoria di cui fa parte; viene attribuita come qualcosa di collettivo (ecco perchè sociale). 2. Identità personale: il modo si pensare non è il modo di pensare di Simmel per quanto riguarda la Tipizzazione e Individualità. L’identità personale non è quella che sta dentro l’individuo, ma il punto di vista della classificazione che gli altri fanno per l’individuo. Per quanto riguarda il sociale, l’individuo piò essere individuato come simile, ma dal punto di vista personale gli individui vengono categorizzati dagli altri in base a delle caratteristiche che li differenziano (ad esempio l’essere biondo o avere un tono di voce particolare). Ad esempio se ho un tratto che mi differenzia (genetico o biografico), mi interessa l’operazione di individuazione (cosa sanno gli altri di me e le informazioni che sono presenti nella mente dell’altro sulla mia vita). L’importante non è la mia biografia, ma come queste informazioni sulla mia vita vengono utilizzate dagli altri. Quindi studiamo cosa fa l’altro dell’attributo stigmatizzante. 3. Identità dell’ego: Erickson (ragazzo cieco si sente normale tra gli altri ragazzi ciechi perchè le richieste...). Goffman afferma che il problema dello stigma non è l’attributo che genera scredito, ma la relazione (l’atteggiamento che gli altri hanno per lo stigma). Ad esempio: se io ho una laurea, questa può essere una cosa screditante se tutti quelli che ho attorno non ce l’hanno. Ovviamente se una persona ha fatto atti criminali, le persone per questo attributo screditante non si fidano. Noi studiamo un processo sociale e il suo sviluppo. 4. Nel quarto capitolo, Goffman affronta la distinzione tra stigmatizzato e il normale. Questa distinzione viene fatta in base alle caratteristiche screditanti. Quindi l’elaborazione dei significati ha a che fare con questi processi. Ci sono alcuni stigmi diffusi e altri circoscritti. Quindi in sintesi, se non comprendiamo gli stigmi ci può essere una definizione di normale. La conclusione è che noi generiamo il ruolo di stigmatizzato/normale nell’interazione. Lo stigmatizzato e il normale sono frutto della medesima cosa, sono due ruoli che non hanno un’origine, ma che avvengono tramite le relazioni. Quindi essere stigmatizzato non lo vediamo nell’attributo, ma nella situazione di attività che ci permette di vederlo. La situazione, quindi, è molto importante e fondamentale. DIFFERENZE sono screditato in base alla situazione, non all’attributo. noi sentiamo di sentirsi screditati e comportarci di conseguenza (questa reazione ha a che fare con l’attributo). Quindi lo stigma entra in gioco quando tra queste due identità (gli attributi possono essere positivi in una situazione e nell’altra negativa)nasce uno scarto. Quindi, l’essere stigmatizzato non ha a che fare con lo status (posizione sociale), ma ha che fare con l’interazione. Essere stigmatizzata significa che c’è una riduzione delle aspettative socialmente attribuite alla categoria sociale cui viene assegnato. Lo stigma non ti toglie dalla posizione sociale, ma ti rende un membro abbassato della categoria (un politico indagato per mafia). Goffman descrive due prospettive, ossia due attributi: -non visibile: screditante (è legato alla gestione delle informazioni) -visibile:screditato L’individuo fa esperienze con entrambi. Con Goffman parliamo di 3 tipi di stigma: 1: aspetto fisico 2: aspetti del carattere (il giudizio che gli altri hanno) come la mancanza di volontà, passioni sfrenate e innaturali e credenze malefiche. 3: stigmi che derivano dall’appartenenza ad un collettivo come la razza, la religione e la nazione. Lo stigmatizzato è quella persona che è diversa, con una stima categoria le sciupata in quanto non è desiderabile rispetto a quello che ci si aspetta. Quindi è importante capire cosa. Durevole e cosa naturale. Si è normali quando non si è stigmatizzati. Il normale è quella persona che nelle interazioni non ha quell’attributo screditante. Dal punto di vista dell’identità sociale effettiva il normale è che non si discosta dalle aspettative che ci sono in quel tipo di situazione. In conclusione l’identità in stigma non è qualcosa di permanente, ma bensì una performance, un flusso di azione che si svolge in co-presenza fisica. Presupposti degli atteggiamenti dei normali verso uno stigmatizzato -Lo stigmatizzato è quella persona che ha un attributo screditante, che agli occhi della persona normale è visto come un ostacolo insuperabile. Goffman afferma che il normale ha una visione duplice dello stigmatizzato: la prima visione riguarda il normale che considera lo stigmatizzato minore (lui è rom, allora è inaffidabile) e lo vede un ostacolo insuperabile; la seconda visione riguarda il normale che crede che lo stigmatizzato non possa mai diventare normale perchè dal partire con un attributo screditante (esempio la perdita di un arto) arrivano ad avere una capacità superiore alla media (perde un arto, ma riesce ad essere la campionessa parolimpica di scherma, Bebe Vio). Un altro esempio: Pistorius è privo di una gamba e faceva il corridore con una protesi. Venne ammesso alle olimpiadi, ma i normali non erano d’accordo in quanto lui con la protesi avrebbe avuto solamente un aiuto. Lui partecipò comunque alle olimpiadi e arrivò ultimo, questo confermò il fatto che non si tratta di un problema interazionale (se si parla di stigmatizzato o normale), ma anche organizzativa. -Si espande l’idea tra i normali che lo stigma possa colpire molti ambiti di vita. Ad esempio, una ragazza cieca può essere limitata nelle sue capacità relazionali. Quindi l’essere cieco non è un ostacolo solamente per la vista, ma anche per il resto dell’esistenza. Goffman pensa che i normali sanno che la persona che ha lo stigma non sia del tutto umana. -Motivazione ideologica: se la persona è stigmatizzata vuol dire che questi problemi se li è creati (motivazioni etiche, morali e fisiche). Questo atteggiamento è un ribaltamento del pensiero, ad esempio: non sono io razzista, ma te che sei nero. Questo è l’atteggiamento che un normale può avere nei confronti del diverso, tutto questo per non essere giudicato. Il punto di vista dello stigmatizzato: 1. Se vengo attribuito a quella categoria, vuol dire che dovrò avere quelle caratteristiche: se sono mussulmano, allora forse sono un terrorista. Non viene considerata l’individualità. 2. La persona stigmatizzata pensa di avere la stessa socializzazione e società degli altri (normali). Lo stigmatizzato tende a vedere la società e non chi lo stigmatizza. Lo stigmatizzato si sente uguali a tutti perchè ha gli stessi status (anche se abbiamo detto che si basa sulle interazioni) come l’essere giovane, adulto, studente, lavoratore, uomo, donna ecc... 3. Lo stigmatizzato anche se dichiara di sentirsi uguale agli altri, non accetta di avere rapporti su un piano di parità. 4. Lo stigmatizzato conosce gli atteggiamenti, gli orientamenti dei normali nei suoi confronti. 5. La dinamica della co-presenza porta a pensare che tutto sia modificabile ed è influenzato dalle tensioni che emergono nella presentazione del suo self nell’interazione sociale. Lo stigmatizzato sente questa frattura. 6. Lo stigmatizzato, a volte, si trova in difficoltà nell’accettazione della situazione in cui si trova. Ad esempio: lo stigmatizzato si rende conto che le persone non lo accettano, mentre lui si aspettava l’accettazione; così lo stigmatizzato si sente come se i suoi attributi influiscono nella situazione. Lo stigmatizzato sa che ci sono degli attributi che non sfuggono agli occhi della gente, ma che non vengono ricevuti. Contatti misti Quando si parla di contatti misti si fa riferimento ai contatti tra stigmatizzati e normali. La dinamica fra i due ruoli fa sì che spunti una sorta di tensione come può essere l’imbarazzo. Quando i normali e gli stigmatizzati si trovano faccia a faccia (ad affrontare il processo di co- presenza), devono affrontare cause e effetti dello stigma. Lo stigmatizzato di fronte a tutto ciò si può sentire insicuro, imbarazzato e a disagio in quanto viene posto al centro dell’attenzione. Lo stigmatizzato, a questo proposito, non sa bene come affrontare il proprio sè e si sentirà intimidito e a disagio nel dover affrontare contatti misti. -Associazionismo: sono pratiche dell’associazionismo e sono alla base dell’associazione. Questa può essere una risposta per tutti quelli che hanno un attributo screditante. Quando lo stigma diventa una forma di associazione (chi ha il medesimo attributo screditante). 2 CAPITOLO Goffman pensa che lo stigma sia una questione di relazioni (interazioni). Quindi non fa parte della vita personale della persona, ma delle interazioni. Ad esempio: quando vediamo un nostro amico da lontano, per capire chi effettivamente è mi baso su vari elementi che costituiscono quella determinata persona (il modo di camminare ecc...). L’interazione di tipo screditabile fa sì che lo stigmatizzato si trovi nella situazione in cui può gestire l’informazione (può dire o non dire qualcosa). Goffman dice che l’informazione su qualcuno viene utilizzata nelle interazioni della vita sociale. Lo screditabile: è una condizione determinata dalla situazione (non generale e permanente). Lo screditabile si impegna a confermare col proprio atteggiamento che lui non ha un attributo screditante, permette che accada quella attribuzione della stima categoriale sulla base come questo si presenta (in base alla posizione sociale). Ad esempio: io mi presento come studentessa e non si conosce l’attributo screditante, si crea una relazione dove la presentazione del sè mira a confermare agli altri che effettivamente è quella persona di quella determinata posizione sociale. -La persona fa modo che gli altri accettino quel sè. C’è una parte della dinamica interazionale che serve per portare avanti la coerenza della sua presentazione del sè. “Io sono una studentessa, ma agli altri non dico che ho il bimbo in galera...continuo a dire a tutti che fa l’ingegnere” -Se le due persone iniziano a frequentarsi, allora diventa importante il dire che il babbo è in galera. Questo perchè la rivelazione più in là va e più potrebbe essere un attributo negativo. L’informazione sociale Un’informazione può essere trasmessa attraverso una forma corporea per essere percepita dall’altro. Ci sono dei segni che veicolano dei significati. Quando questi segni sono accoppiati a dei significati, allora si parla di simboli (la fede, simbolo della fede matrimoniale). Si parla di simboli di prestigio, di stigma e disidentificatori. -Simboli di prestigio: la volontà di comunicare attraverso l’appartenenza a gruppi esclusivi o di una posizione di classe. -Simboli disidentificatori: oggetti o atteggiamenti che creano discrepanza con attributi stigmatizzati di un individuo. (Ad esempio barboni che stanno sulle metropolitane con il giornale per smentire il fatto che non è un viaggiatore, ma solamente una persona che vive lì). Alcuni segni (non simboli) possono essere più evidenti. Alcuni segni possono essere utilizzati per significati durevoli o temporanei. GOFFMAN L’aspetto della biografia è importante per un’altra questione: la connessione biografica non deve essere vissuta come indispensabile. Lo stigmatizzato si può trovare nella condizione di chi ha vissuto una parte della sua vita che lo ha portato ad essere stigmatizzato (una persona ha perso un arto)...in questo caso le persone potranno preferire di avere delle condizioni di vita che non sono connesse tra di loro (non far sapere cosa ero prima); o l’esigenza di voler avere una unità (esempio: ho fatto lo spionaggio in Africa, poi l’insegnante, poi l’imprenditore ecc..ma voglio tenere unito tutto ciò). In sintesi: la connettività informativa può essere una cosa che lo stigmatizzato vuole evitare. Goffman introduce il concetto di Altro biografico: come l’Altro del ruolo (individui che occupano i ruoli supplementari rispetto al titolare del ruolo, quelli che hanno aspettative ecc..). Quindi il concetto di Altro biografico vuol significare che se io conosco alcuni elementi biografici di altre persone, allora io mi aspetto che i suoi atteggiamenti per presentare il suo sè, siano coerenti con i suoi elementi biografici. Il problema dell’individuo nel gestire la sua identità personale riguarda il fatto che lo stigmatizzato vorrebbe non ci fossero connessioni informative. Non posso nascondere un mio atteggiamento se altre persone hanno visto che invece c’è stato. • Quando noi performiamo la nostra identità necessitiamo di distinguere le persone che abbiamo davanti a noi come chi sa qualcosa su di me o chi niente. Ad esempio: delle persone famose si sa molti fatti autobiografici, ma loro non conoscono noi. L’Altro biografico è un estraneo: quindi lo screditabile può essere incerto se l’altro biografico sa qualcosa o meno. Goffman riflette sul fatto che l’anonimato ha che fare con l’identità personale, ma dal punto di vista dell’identità sociale non esiste. Ad esempio: possono non aver nessun tipo di informazioni su una determinata persona, ma la sua identità sociale (categorizzazione sociale) noi la facciamo e ce l’abbiamo. Riconoscimento -cognitivo: l’atto con il quale si colloca un individuo come detentore di una identità personale o sociale. Ad esempio: quella persona è un cliente, può entrare (perchè so che quello è un cliente abituale o cognitivamente lo conosco). Un altro esempio: in un controllo antitaccheggio, il guardiano deve, in base ad un livello sociale, capire se quella persona ha rubato o meno. -sociale: è una cosa che si fa reciprocamente. Ad esempio: quando saluto qualcuno. C’è una messa in atto di un ruolo che si basa su una reciprocità. Concetto di passing: (farsi passare per una persona che non ha quell’attributo) è una particolare situazione interazionale che si basa sulla questione di essere o non essere a conoscenza di informazione da parte degli altri biografici. Goffman dice che il fatto di essere o non essere a conoscenza delle informazioni, crea le possibilità di simulare una persona con un determinato attributo (anche se non lo ha). Goffman pensa che lo stigmatizzato non fa finta di non avere quell’attributo screditante, ma le persone non se ne rendono conto. Quindi il passing è inconsapevole. Lo stigmatizzato prova la sensazione di essere come tutte le persone, ma con il suo problema. Ma non è che tutta la sua identità deve essere definita dal suo problema. CAPITOLO 3 Nei due capitoli precedenti si è vista la questione relativa all’identità sociale e personale (due modi per individuare una persona e ha a che fare con ciò che gli altri fanno con l’identità di quella persona). La terza identità è l’identità dell’Ego: ci serve per esaminare cosa l’individuo prova in relazione allo stigma e alla relazione. Goffman mette in evidenza che questa terza identità deve essere avvertita dall’individuo (riflessiva). Goffman crede che sia necessario prestare attenzione ai consigli che gli altri danno allo stigmatizzato. C’è in gioco l’Ambivalenza rispetto alla propria identità e riguarda tutti coloro che rispetto alla propria identità fanno riferimento (per qualsiasi motivo) a modelli di identità. Ad esempio: io voglio essere in quella maniera perchè sono affascinata da quegli attori. Qualsiasi incongruenza (sono troppo grasso, sono basso ecc...) genera un sentimento che ti porta a domandarti se davvero sono io o meno. Quindi nei confronti della società, lo stigmatizzato oscilla tra il sentirsi normale e meritevole di essere trattato come tutti, ma sa anche che le persone lo vedono diverso. La domanda di fondo è: Chi sono io? Goffman dice che ci sono dei consigli che hanno caratteristiche comuni come rimanere fedele alla tua identità. Ad esempio: io storiò io recito di essere storpio per discriminare il normale. Il problema di chi sono io, si scontra con queste pretese dagli altri. Goffman fa 2 esempi di consigli: consigli dal gruppo dei suoi (che hanno il solito stigma) e il consiglio dal gruppo dei normali. CAPITOLO 4