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Adone - Testo - Marino, Dispense di Letteratura Italiana

testo dell

Tipologia: Dispense

2011/2012

Caricato il 17/11/2012

anna-mary-1
anna-mary-1 🇮🇹

4.2

(5)

4 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Adone - Testo - Marino e più Dispense in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! L’Adone di Giovanbattista Marino Letteratura italiana Einaudi Edizione di riferimento: Adone, a cura di Giovanni Pozzi, Adelphi, Milano 1988 Letteratura italiana Einaudi Canto Primo LA FORTUNA ALLEGORIA Nella sferza di rose e di spine con cui Venere batte il figlio si figura la qualità degli amorosi piaceri, non gia- mai discompagnati da’ dolori. In Amore che commove prima Apollo, poi Vulcano e finalmente Nettuno, si di- ‘mostra quanto questa fiera passione sia potente per tut- to, eziandio negli animi de’ grandi. In Adone che con la scorta della Fortuna dal paese d’Arabia sua patria passa all'isola di Cipro, si significa la gioventù che sotto il fa- vore della prosperità corre volentieri agli amori. Sotto la persona di Clizio s'intende il signor Giovan Vincenzo Imperiali, gentiluomo genovese di belle lettere, che que- sto nome si ha appropriato nelle sue poesie. Nelle lodi della vita pastorale si adombra il poema dello Stato ru- stico, dal medesimo leggiadramente composto. Letteratura italiana Einaudi Giovanbattista Marino - Adone ARGOMENTO Passa in picciol legnetto a Cipro Adone dale spiagge d'Arabia, ov'egli nacque. Amor gli turba intorno i venti e l’acque, Clizio pastor l'accoglie in sua magione. 1 Io chiamo te, per cui si volge e move la più benigna e mansueta sfera, santa madre d'Amor, figlia di Giove, bella dea d’Amatunta e di Citera; te, la cui stella, ond’ogni grazia piove, dela notte e del giorno è messaggiera; te, lo cui raggio lucido e fecondo serena il cielo ed innamora il mondo; 2 tu dar puoi sola altrui godere in terra di pacifico stato ozio sereno. Per te Giano placato il tempio serra, addolcito il Furor tien l’ire a freno; poiché lo dio del’ armi e dela guerra spesso suol prigionier languirti in seno econ armi di gioia e di diletto guerreggia in pace ed è steccato il letto. 3 Dettami tu del giovinetto amato le venture e le glorie alte e superbe; qual teco in prima visse, indi qual fato l’estinse e tinse del suo sangue l’erbe. E tu minsegna del tuo cor piagato a dir le pene dolcemente acerbe ele dolci querele e 1 dolce pianto; e tu de’ cigni tuoi m'impetra il canto. Letteratura italiana Einaudi Giovanbattista Marino - Adone 4 Ma mentr'io tento pur, diva cortese, d'ordir testura ingiuriosa agli anni, prendendo a dir del foco che t’accese i pria sì grati e poi sì gravi affanni, Amor, con grazie almen pari al'offese lievi mi presti a sì gran volo i vanni e con la face sua, s'io ne son degno, dia quant’arsura al cor, luce al‘ingegno. 5 E te, ch’Adone istesso, 0 gran Luigi, di beltà vinci e di splendore abbagli e, seguendo ancor tenero i vestigi del morto genitor, quasi l’agguagli, per cui suda Vulcano, a cui Parigi convien che palme colga e statue intagli, prego intanto m'ascolti e sostien ch'io intrecci il giglio tuo col lauro mio. 6 Se movo ad agguagliar l'alto concetto la penna, che per sé tanto non sale, facciol per ottener dal gran suggetto col favor che mi regge ed aure ed ale. Privo di queste, il debile intelletto, clYal ciel degli onor tuoi volar non vale, teme al’ardor di sì lucente sfera stemprar l'audace e temeraria cera. 7 Ma quando quell’ardir chor gli anni avanza, sciogliendo al vento la paterna insegna per domar la superbia e la possanza del tiranno crudel che ‘n Asia regna, vinta col suo valor l'altrui speranza fia che ‘nsu ‘1 fiore a maturar si vegna, ——_—_—_—___ Letteratura italiana Einaudi 3 Giovanbattista Marino - Adone 15 Che tu fra gli egri e languidi mortali, di cui s‘odono ognor gridi e lamenti, semini colaggiù martiri e mali, convien, malgrado mio, ch'io mi contentia; ma soffrirò che ‘n ciel vibri i tuoi strali, non perdonando ale beate genti? che sostengan per te strazi sì rei, serpentello orgoglioso, anco gli dei? 16 Che più? fin dele stelle il sommo duce questo malnato di sforzar si vanta, e spesso a stato tale anco il riduce chor in mandra or in nido, or mugghia or canta. Un pestifero mostro, orbo di luce, avrà dunque fra noi baldanza tanta? un, che la lingua ancor tinta ha di latte, cotanto ardisce? — E ciò dicendo il batte. 17 Con flagello di rose insieme attorte ch'avea groppi di spine, ella il percosse e de’ bei membri, onde si dolse forte, fe’ le vivaci porpore più rosse. Tremaro i poli e la stellata corte a quel fiero vagir tutta si mosse; mossesi il ciel, che più d’Amor infante teme il furor che di Tifeo gigante. 18 Dela reggia materna il figlio uscito, con quello sdegno allor se n'allontana con cui soffiar per l’arenoso lito calcata suol la vipera africana o l'orso cavernier, quando ferito si scaglia fuor dela sassosa tana Letteratura italiana Einaudi Giovanbattista Marino - Adone e va fremendo per gli orror più cupi dele valli lucane e dele rupi. 19 Sferzato e pien di dispettosa doglia, fuggì piangendo ala vicina sfera, là dove cinto di purpurea spoglia, gran monarca de’ tempi, il Sole impera e ‘nsu l’entrar dela dorata soglia, stella nunzia del giorno e condottiera, Lucifero incontrò, che ‘n oriente apria con chiave d’or l’uscio lucente. 20 E ‘1 Crepuscolo seco, a poco a poco uscito per la lucida contrada sovra un corsier di tenebroso foco, spumante il fren d’ambrosia e di rugiada, di fresco giglio e di vivace croco forier del bel mattin spargea la strada e con sferza di rose e di viole affrettava il camino innanzi al Sole. 21 La bella luce, che ‘n su l'aurea porta aspettava del Sol la prima uscita, era di Citerea ministra e scorta, d’amoroso splendor tutta crinita. Per varcar l’ombre innanzi tempo sorta già la biga rotante avea spedita e’ venir dela dea stava attendendo, quando il fier pargoletto entrò piangendo. 22 Pianse al pianger d'Amor la mattutina del re de’ lumi ambasciadrice stella Letteratura italiana Einaudi 7 Giovanbattista Marino - Adone e di pioggia argentata e cristallina rigò la faccia rugiadosa e bella, onde di vive perle accolte in brina potè l’urna colmar l'Alba novella, l’Alba che l’asciugò col vel veri l’umido raggio al lagrimoso ciglio. 23 Ricoverato al ricco albergo Amore, trovò che, posto a’ corridori il morso, già s'era accinto il principe del’ore con la verga gemmata al novo corso ei focosi destrier, sbuffando ardore, l’altere iube si scotean su ‘1 dorso e, sdegnosi d’indugio, il pavimento ferian co’ calci e co' nitriti il vento. 24 Sta quivi l’Anno sovra l'ali accorto, che sempre il fin col suo principio annoda en forma d'angue innanellato e torto morde l'estremo ala volubil coda €, qual Anteo caduto e poi risorto, cerca nova materia ond’egli roda; V'ha la serie de’ Mesi e i Dì lucenti, e ibrevi, i fervidi e gli algenti. 25 L'aurea corona, onde scintilla il giorno, del Tempo gli ponean le quattro figlie. Due schiere avea d'alate ancelle intorno, dodici brune e dodici vermiglie. Mentre accoppiavan queste al carro adorno gli aurati gioghi e le rosate briglie, gli occhi di foco il Sol rivolse e ’l pianto vide d'Amor, che gli languiva a canto. Letteratura italiana Einaudi Giovanbattista Marino - Adone intagliati vedrai per man di Giove i vaticini del’età future: havvi quante il destino al mondo piove da’ canali del ciel sorti e venture, che de’ pianeti al numero costrutte sono in sette metalli incise tutte. 34 Quivi ciò che seguir deggia di questo legger potrai, quasi in vergate carte: prole tal nascerà del bell'innesto, che non ti pentirai d'avervi parte. In lei, pur come gemme in bel contesto, saran tutte del ciel le grazie sparte; e questa, 0 per tai nozze apien beato, al tiranno del mar promette il fato. 35 Se ciò farai, non pur n'andrà in oblio la memoria tra noi de’ gran contrasti, ma tal premio n'avrai d’un dono mio, che ‘n mercé di tant’opra io vo’ che basti; lira nel mio Parnaso aurea serb'io, ch'ha d'or le corde e di rubino i tasti; fu d'Armonia tua suora ed io di lei con questa celebrai gli alti imenei. 36 Questa fia tua. Così qualor ti stai di cure e d'armi alleggerito e scarco musico com'arcier, trattar potrai il plettro a par di me non men che l'arco; ché l'armonia non sol ristora assai qualunque sia più faticoso incarco, ma molto può co’ numeri sonori ad eccitare ed incitar gli amori. — Letteratura italiana Einaudi 11 Giovanbattista Marino - Adone 37 Fur queste efficacissime parole folli, ch'al folle cor soffiaro orgoglio, ond'irritato abbandonò del Sole senza far motto il lampeggiante soglio €, ruinando dal'eterea mole inver le piagge del materno scoglio, corse col tratto dele penne ardenti, più che vento leggier, le vie de' venti. 38 Come prodigiosa acuta stella, armata il volto di scintille e lampi, fende del’aria, orribil sì ma bella passaggiera lucente, i larghi campi; mira il nocchier da questa riva e quella con qual purpureo piè la nebbia stampi e con qual penna d’or scriva e disegni le morti ai regi e le cadute ai regni: 39 così mentrech'Amor dal ciel disceso scorrendo va la region più bassa, conla face impugnata e l'arco teso gran traccia di splendor dietro si lassa; d'un solco ardente e d’auree fiamme acceso riga intorno le nubi ovunque passa e trae per lunga linea in ogni loco striscia di luce, impression di foco. 40 Su ‘1 mar si cala, e sicomfira il punge, sestesso aventa impetuoso a piombo; circonda i lidi quasi mergo e lunge fa del‘ali stridenti udire il rombo; né grifagno falcon quando raggiunge Letteratura italiana Einaudi 12 Giovanbattista Marino - Adone col fiero artiglio il semplice colombo fassi lieto così, com'ei diventa quando il leggiadro Adon gli si presenta. 41 Era Adon nel’età che la facella sente d'Amor più vigorosa e viva ed avea dispostezza ala novella acerbità degli anni intempestiva, né su le rose dela guancia bella alcun gemoglio ancor d’oro fioriva o, se pur vi spuntava ombra di pelo, era qual fiore in prato o stella in cielo. 42 In bionde anella di fin or lucente tutto si torce e si rincrespa il crine; del’ampia fronte in maestà ridente sotto gli sorge il candido confine; un dolce minio, un dolce foco ardente, sparso tra vivo latte e vive brine, gli tinge il viso in quel rossor che suole prender la rosa infra l'aurora e 1 sole. 43 Ma chi ritrar del'un e l’altro ciglio può le due stelle lucide serene? chi dele dolci labra il bel vermiglio, che di vivi tesor son ricche e piene? o qual candor d'avorio o qual di giglio la gola pareggiar, ch'erge e sostiene, quasi colonna adamantina, accolto un ciel di meraviglie in quel bel volto? 44 Qualor feroce e faretrato arciero di quadrella pungenti armato e carco, Letteratura italiana Einaudi 13 Giovanbattista Marino - Adone cortese stella al nascer tuo promise; prendi la treccia d’or che ‘n man ti porgo, né temer di venime ovo ti scorgo. 52 Benché vulgare opinione antica mi stimi un idol falso, un'ombra vana e cieca e stolta e di virtù nemica nv'appelli, instabil sempre e sempre insana e tiranna impotente altri mi dica vinta talor dala prudenza umana, pur son fata e son diva e son reina, m'ubbidisce natura, il ciel minchina. 53 Chiunque Amore 0 Marte a seguir prende convien che ‘1 nome mio celebri e chiami; chi solca l’acqua e chi la terra fende 0 ‘alcun v'ha ch'onore e gloria brami, porge preghi al mio nume e voti appende ed io dispenso altrui scettri e reami; toglier posso e donar tutto ad un cenno e quanto è sotto il sol reggo a mio senno. 54 Me dunque adora e ‘nsu l'eccelsa cima dela mia rota ascenderai di corto; per me nel trono, onde ti trasse in prima l’empio inganno materno, or sarai scorto; solché poi dove il fato or ti sublima sappi nel conservarti essere accorto, ché spesso suol con preveder periglio romper fortuna rea cauto consiglio. — 55 Tace ciò detto ed egli, vago allora di costeggiar quel dilettoso loco, Letteratura italiana Einaudi 16 Giovanbattista Marino - Adone entra nel legno e del'angusta prora i duo remi a trattar prende per gioco. Ed ecco al sospirar d’agevol ora ‘allontana l'arena a poco a poco, siché mentrei dal mar si volge ad essa par che navighi ancor la terra istessa. 56 Scorrendo va piacevolmente il lido mentr'è placido e piano il molle argento e da principio, del suo patrio nido rade la riva a passo tardo e lento, indi al’instabil fè del flutto infido sestesso crede e si commette al vento lunge di là dova morir va l'onda e con roco latrar morde la sponda. 57 Trasparean sì le belle spiagge ondose, che si potean del'umide spelonche nele profonde viscere arenose ad una ad una annoverar le conche. Zefiri destri al volo, Aure vezzose l’ali scotean: ma tosto lor fur tronche, il mar cangiossi, il ciel ruppe la fede: oh malcauto colui ch'ai venti crede. 58 O stolto quanto industre, 0 troppo audace fabro primier del temerario legno, ch'osasti la tranquilla antica pace romper del crudo e procelloso regno; più ch'aspro scoglio e più che mar vorace rigido avesti il cor, fiero l'ingegno, quando sprezzando l'impeto marino gisti a sfidar la morte in fragil pino. Letteratura italiana Einaudi 17 Giovanbattista Marino - Adone 59 Per far una leggiadra sua vendetta Amor fu solo autor di sì gran moto; Amor fu ch'a pugnar con tanta fretta trasse turbini e nembi, africo e noto. Ma dela stanca e misera barchetta fu sempr'egli il poppiero, egli il piloto; fece vela del vel, vento con l'ali, e fur l'arco timon, remi gli strali. 60 Dala madre fuggendo iva il figliuolo quasi bandito e contumace intorno, perché, comf'io dicea, vinto dal duolo, di fanciullesca stizza arse e di scorno. Né perché poscia il richiamasse, il volo fermar volse giamai né far ritorno e ‘n tal dispetto, in tant’orgoglio salse che di vezzo o pregar nulla gli calse. 6 Per gli spazi sen gia del’aria molle scioccheggiando con l’Aure Amor volante e dettava talor rabbioso e folle tragiche rime a più d'un mesto amante; talor lungo un ruscello 0 sovra un colle piegava l’ali e raccogliea le piante €, dovunque ne giva, il superbetto rubava un core 0 trapassava un petto. 62 — Non è questo lo stral possente e fiero cal rettor dele stelle il fianco offese? per cui più volte dal celeste impero l'aureo scettro deposto in terra scese? quel ch'al quinto del ciel nume guerriero spezzò, passò l’adamantino arnese? Letteratura italiana Einaudi 18 Giovanbattista Marino - Adone 70 Le trombe va con cui volando suona la Fama e gli altrui fatti or biasma or loda; V'ha i ceppi, tra’ cui ferri Eolo imprigiona i venti insani e le tempeste inchioda; v'ha le catene, onde talor Bellona il Furor lega e la Discordia annoda; e va le chiavi, ond’a dar pace 0 guerra Giano il gran tempio suo serra e disserra. 71 Presso al focon di mille ordigni onusto travaglia il nero fabro entro la grotta. Più d'un callo ha la man forte e robusto, ale fatiche essercitata e dotta; ruginosa la fronte, il volto adusto, crespa la pelle ed abbronzata e cotta, sparso il grembial di mill'avanzi e mille di limature e ceneri e faville. 72 Quand'egli scorge il nudo pargoletto, la forbice e ‘1 martel lascia e sospende e curvo e chino entro il lanoso petto con un riso villan da terra il prende. Tra le ruvide braccia avinto e stretto l’ispido labro per baciarlo stende e la sudicia barba ed incomposta al molle viso e dilicato accosta. 73 Ma mentre ch'egli l’accarezza e stringe, raccolto in braccio, con paterno zelo, Amor, perché baciando il punge e tinge, la faccia arretra dal'irsuto pelo e, con quel sozzo lin che sen gli cinge, Letteratura italiana Einaudi 21 Giovanbattista Marino - Adone per non macchiarsi di carbone il velo, alaspra guancia d'una in altra ruga del’immondo sudor le stille asciuga. 74 - Padre, dala tua man (poscia gli dice) voglio or or sovrafina una saetta, che fia de' torti tuoi vendicatrice: lascia la cura a me dela vendetta. Il come appalesar né vo' né lice, basti sol tanto, spacciati, ch'ho fretta; non porta indugio il caso, altro or non puoi da me saper, l’intenderai ben poi. 75 Il quadrel ch'io ti cheggio esser conviene di perfetto artificio e ben condotto, cv'esserne fin nele più interne vene deve un petto divin forato e rotto. S'usò mai sforzo ad impiegarsi bene il tuo braccio, il tuo senno esperto e dotto, fa, prego, in cosa ov'hai tanto interesse, del gran saper le meraviglie espresse. 76 Starò qui teco a ministrarti intento sotto la rocca del camin che fuma; accioché ‘1 foco non rimanga spento, mantice ti farò del’aurea piuma e egli averrà pur che manchi il vento al folle che l’accende e che l’alluma, prometto accumular tra questi ardori in un soffio i sospir di mille cori. — 77 Non pon Vulcano in quell’affar dimora, ma sceglie la miglior fra cento zolle, Letteratura italiana Einaudi 22 Giovanbattista Marino - Adone e pria che ‘nsu l'incudine sonora ei la castighi, al focolar la bolle; e non la batte e non la tratta ancora finché ben non rosseggia e non vien molle; divenuta poi tenera e vermiglia, con la morsa tenace ei la ripiglia. 78 Amor presente ed assistente al’opra come l'abbia a temprar, come l'aguzzi gli mostra, accioché poi quando l'adopra non si rompa o si pieghi o si rintuzzi e di sua propria man vi sparge sopra del'umor d’un’ampolla alquanti spruzzi, piena di stille di dogliosi pianti di sfortunati e desperati amanti. 79 Mentr'è caldo il metallo, i tre fratelli ch'un sol occhio hanno in fronte e son giganti, con vicende di tuoni i gran martelli movono a grandinar botte pesanti e/1 dotto mastro al martellar di quelli, che fan tremar le volte arse e fumanti, per dar effetto a quel ch'ha nel disegno, pon gli stromenti in opera e l'ingegno. 80 Tosto che ‘1 ferro è raffreddato, in prima sbozza il suo lavorìo rozzo ed informe, poi, sotto più sottil minuta lima, con industria maggior gli dà le forme; l’arrota intorno e lo forbisce in cima, applicando al pensier studio conforme; col foco alfin l'indora e col mordente e fa l'acciaio e l’or terso e lucente. Letteratura italiana Einaudi 23 Giovanbattista Marino - Adone Abitator dele più basse arene quivi ha Nettun la cristallina reggia, che dal’umor, di cui le sponde ha piene, battuta sempre e flagellata ondeggia. Rende dagli antri cavi eco profonda rauco muggito alo sferzar del'onda. 89 Al'arrivo d'Amor da’ cupi fonti sgorga e crespo di spuma il mar s'imbianca, quinci e quindi gli estremi in duo gran monti sospende e in mezzo si divide e manca, e, scoverti del fondo asciutti i ponti, del gran palagio i cardini spalanca. Passa ei nel regno ove la madre nacque, patria de’ pesci e region del'acque. 90 Passa e sen va tra l'una e l’altra roccia quasi per stretta e discoscesa valle. L'onda nol bagna e il mar, nonché gli noccia, ritira indietro il piè, volge le spalle. Filano acuto gelo a goccia a goccia ambe le rupi del profondo calle, e tra questo e quell’argine pendente apena ei scorger può l'aria lucente. 91 Né già mentre varcava i calli ondosi la faretra o la face in ozio tenne, ma con acuti stimoli amorosi faville e piaghe a seminar vi venne; e là dove, del'acqua augei squamosi, spiegano i pesci l'argentate penne, tra gl’infiniti esserciti guizzanti sparse mill’esche di sospiri e pianti. Letteratura italiana Einaudi 26 Giovanbattista Marino - Adone 9 Strana di quella casa è la struttura, strano il lavoro e strano è l’ornamento; ha di ruvide pomici le mura e di tenere spugne il pavimento; di lubrico zaffiro è la scultura, dela scala maggior l'uscio è d’argento, variato di pietre e di cocchiglie azzurre e verdi e candide e vermiglie. 93 Nel’antro istesso è la magion di Teti e gran famiglia di Nereidi ha seco, che ‘n vari uffici ed essercizi lieti occupate si stan nel cavo speco. Queste con passi incogniti e secreti e per sentier caliginoso e cieco van, del’arida terra irrigatrici, a nutrir piante e fiori, erbe e radici. 9% Intorno e dentro al’umida spelonca chi danzando di lor le piante vibra, chi sceglie 0 gemma in sabbia o perla in conca, chi fila l'oro e chi l’affina e cribra; qual de’ germi purpurei i rami tronca, qual degli ostri sanguigni i pesi libra e sotto il piè d'Amor v'ha molte ninfe che van di musco ad infiorar le linfe. 95 Belle son tutte sì, ma differenti, altra ceruleo ed altra ha verde il crine, altra l’accoglie, altra lo scioglie ai venti, altra intrecciando il va d’alghe marine; e di manti diafani e lucenti Letteratura italiana Einaudi 27 Giovanbattista Marino - Adone velan le membra pure e cristalline; simili al viso ed agili e leggiadre mostran che figlie son d'un stesso padre. %6 Pasce Proteo pastor mandra di foche, orche, pistri, balene ed altri mostri, dele cui voci mormoranti e roche fremon pertutto i cavernosi chiostri; ele guarda e le conta e non son poche, e scagliose han le terga e curvi i rostri; glauchi ha gli occhi lo dio, cilestro il volto, e di teneri giunchi il crine involto. 97 Giunto ala vasta e spaziosa corte stupisce Amor da tuttiquanti i lati, poiché per cento vie, per cento porte cento vi scorge entrar fiumi onorati, che quindi poi con piante oblique e torte tornan per invisibili meati fuor del gran sen, che gli concepe e serra, con chiare vene ad innaffiar la terra. 8 Vede l'Eufrate divisor del mondo, che i bei cristalli suoi rompendo piange. Vede l’original fonte profondo del Nil che ‘1 mar con sette bocche frange e vede in letto rilucente e biondo del più fino metal corcarsi il Gange, il Gange onde trae l’or, di cui si suole vestir quand'esce insu ‘1 mattino il sole. 99 Vede pallido il Tago insu la riva non men ricchi sputar vomiti d'oro Letteratura italiana Einaudi 28 Giovanbattista Marino - Adone per render l’opra agevole e spedita di cortese favor ti cheggio aita. 107 Tu vedi là, dove di Siria siede la spiaggia estrema che col mar confina, vago fanciul del mio bel regno erede col remo essercitar l'onda marina. Questo, che di bellezza ogni altro eccede, ala mia bella madre il ciel destina, onde frutto uscir dee di beltà tanta che fia simile intutto ala sua pianta. 108 Se deriva da te lorigin mia, Sa chi mi generò desti la cuna, se ’l tuo desir, quando d'amor languìa, ottenne unqua da me dolcezza alcuna, accioch'io possa per più facil via condurlo a posseder tanta fortuna, mercé di quanto feci o a far mi resta siami nel regno tuo breve tempesta. 109 Di questa immensa tua liquida sfera turbar la bella e placida quiete piacciati tanto sol, ch'innanzi sera, venga Adone a cader nela mia rete; e fia tutto a suo pro, perché non pera sì ricca merce in malsecuro abete, il cui navigio con incerta legge più ‘1 timor che ‘1 timon governa e regge. 110 Sai che quando Ciprigna in novi amori occupata non è, conha per uso, Letteratura italiana Einaudi 31 Giovanbattista Marino - Adone usurpando a Minerva i suoi lavori non sa senon trattar la spola 0 ‘1 fuso, onde inutil letargo opprime i cori, torpe spento il mio foco, il dardo ottuso, manca il seme ala vita ed infecondo arrischio va di spopolarsi il mondo. 11 Oltre queste cagion, per cui devrei impetrar qualch'effetto ale mie voci, dee l’util proprio almeno a’ preghi miei far più le voglie tue pronte e veloci: da questi felicissimi imenei corteggiata da mille e mille proci, Beroe uscirà, che più d'ogni altra bella fia dele Grazie l’ultima sorella. 112 Costei, sicome mi mostraro in cielo l’adamantine tavole immortali, dove nel cerchio del signor di Delo Giove scolpì gli oracoli fatali, concede al re del liquefatto gelo l'alto tenor di quegli eterni annali, perché venga a scaldar col dolce lume del freddo letto tuo l'umide piume. 113 Ma quando ancor da quel ch'ivi scolpio chi move il tutto, il fato altro volgesse, seben di Tebe il giovinetto dio fia tuo rival nele bellezze istesse, a dispetto del ciel tel promett'io, scritte in diamante sien le mie promesse. To, che Giove o destin punto non curo, per l’acque sacre e per mestesso il giuro. - ———————_ Letteratura italiana Einaudi 32 Giovanbattista Marino - Adone na Così parlava e ‘1 re del’onde intanto a lui si volse con tranquilla faccia: - O domatore indomito di quanto il ciel circonda e l'oceano abbraccia, a chi può dar altrui letizia e pianto ragion è ben ch'apieno or si compiaccia: spendi comunque vuoi quanto poss'io, pende dal cenno tuo l’arbitrio mio. 115 E qual’onda fia mai, ch'a tuo talento qui non si renda 0 torbida 0 tranquilla, s'ardon nel molle e mobile elemento per Cimotoe Triton, Glauco per Scilla? Come fia tardo ad ubbidirti il vento se ’l re de’ venti ancor per te sfavilla e ricettan l’ardor ne’ freddi cori Borea d’Orizia e Zefiro di Clori? 116 Tu virtù somma de’ superni giri, dispensier dele gioie e de’ piaceri, imperador de” nobili desiri, illustrator de' torbidi pensieri, dolce requie de’ pianti e de’ sospiri, dolce union de’ cori e de’ voleri, da cui natura trae gli ordini suoi, dio dele meraviglie e che non puoi? 117 Sicome tanti qui fiumi che vedi, del mio reame tributari sono, così, signor che l'anime possiedi, tributario son io del tuo gran trono. Onde a quant'oggi brami e quanto chiedi rr (\(|IÙ;€itl;°*°*°Q0NQVI‘ratura italiana Einaudi 33 Giovanbattista Marino - Adone 125 Ma mentre privo di terreno aiuto l’agitato battel vacilla ed erra, ambo i fianchi sdruscito e combattuto da quell’ondosa e tempestosa guerra, quando il fanciul più si tenea perduto, ecco rapidamente approda in terra e, tra’ giunchi palustri insu l'arena vomitato dal'acque, il corso affrena. 126 Oltre l’Egeo, là donde spunta in prima il pianeta maggior che ‘1 dì rimena, sotto benigno e temperato clima stende le falde un'isoletta amena. Quindi il superbo Tauro erge la cima, quinci il famoso Nil fende l'arena; ha Rodo incontro e di Soria vicini e di Cilicia i fertili confini. 127 Questa è la terra ch'ala dea, che nacque dal’onde con miracolo novello, tanto fu cara un tempo e tanto piacque, che, disprezzato il suo divino ostello, qui sovente godea fra l'ombre e l'acque con invidia del’altro un ciel più bello e v'ebbe eretto, al'immortale esempio dela sua diva imago, altare e tempio. 128 Scende quivi il garzon salvo al'asciutto, ma pur dubbioso e di suo stato incerto, chrancor gli par del’orgoglioso flutto veder l'abisso orribilmente aperto. Volgesi intorno e scorge esser pertutto, circondato dal mar, bosco e deserto, Letteratura italiana Einaudi 36 Giovanbattista Marino - Adone ma quella solitudine che vede, gioconda è sì, chaltro piacer non chiede. 129 Quivi si spiega in un sereno eterno l’aria in ogni stagion tepida e pura, cui nel più fosco e più cruccioso verno pioggia non turba mai, né turbo oscura, ma, prendendo dipar l'ingiurie a scherno del gelo estremo e del’estrema arsura, lieto vi ride né mai varia stile un sempreverde e giovinetto aprile. 130 I discordi animali in pace accoppia Amor, né l'un dal‘altro offeso geme; va con l'aquila il cigno in una coppia, va col falcon la tortorella insieme, né dela volpe insidiosa e doppia il semplicetto pollo inganno teme; fede al’amica agnella il lupo osserva, e secura col veltro erra la cerva. 131 Da' molli campi, i cui bennati fiori nutre di puro umor vena vivace, dolce confusion di mille odori sparge e ‘nvola volando aura predace: aura, che non pur là con lievi errori suol tra' rami scherzar spirto fugace, ma per gran tratto d'acque anco da lunge peregrinando i naviganti aggiunge. 132 Va oltre Adone e Filomena e Progne garrir ode pertutto ovunque vanne Letteratura italiana Einaudi 37 Giovanbattista Marino - Adone e di stridule pive e rauche brogne sonar foreste e risonar capanne di villane sordine e di sampogne, di boscherecci zuffoli e di canne e, con alterno suon, da tutti i lati doppiar muggiti e replicar balati. 133 Solitario garzon posarsi stanco vede al'ombra d’un lauro in rozza pietra; ha l'arco a' piedi e gli attraversa il fianco d'un bel cuoio linceo strania faretra; veste pur di cerviero a negro e bianco macchiata spoglia e tiene in man la cetra; dolce con questa al mugolar de’ tori accorda il suon de’ suoi selvaggi amori. 134 Di dorato coturno ha il piè vestito, eburneo corno a verde fascia appende; ride il labro vivace e colorito, sereno lampo il placid’occhio accende; ha fiorita la guancia, il crin fiorito e fiorita è l'età che bello il rende; tutto in somma di fiori è sparso e pieno, fior la man, fior la chioma e fiori il seno. 135 Formidabil mastin dal destro lato in un groppo giacer presso gli scorse, che con rabbioso ed orrido latrato quando il vide apparir contro gli corse. Ma posto il plettro insu l’erboso prato il cortese villan subito sorse, e l’indomito can, perché ristesse, fugò col grido e col baston corresse. Letteratura italiana Einaudi 38 Giovanbattista Marino - Adone dove, in segno d’onor, del popol greco pendono affissi in lunga serie i voti. Offrono al nume faretrato e cieco vittime elette i supplici devoti e gli spargono ognor, tra roghi e lumi, di ghirlande e d’incensi odori e fumi. 144 Qui per elezzion, non per ventura, già di Liguria ad abitar venn'io; pasco per l’odorifera verdura i bianchi armenti, e Clizio è il nome mio; del suo bel parco la custodia in cura diemmi la madre del’alato dio, dov'entrar, fuorch'a Venere, non lice, ed ala dea selvaggia e cacciatrice. 145 Trovato ho in queste selve ai flutti amari d'ogni umano travaglio il vero porto; qui dale guerre de’ civili affari, quasi in securo asilo, il ciel m'ha scorto; serici drappi non mi fur sì cari come l’arnese ruvido ch'io porto ed amo meglio le spelonche e i prati, che le logge marmoree e i palchi aurati. 146 Oh quanto qui più volentieri ascolto i sussurri del’acque e dele fronde, che quei del foro strepitoso e stolto che il fremito vulgar rauco confonde! Unerba, un pomo e di fortuna un volto quanto più di quiete in sé nasconde di quel ch'avaro principe dispensa sudato pane in malcondita mensa. Letteratura italiana Einaudi 41 Giovanbattista Marino - Adone 147 Questa felice e semplicetta gente che qui meco si spazia e si trastulla, gode quel ben che tenero e nascente ebbe a goder sì poco il mondo in culla: lecita libertà, vita innocente, appo ‘1 cui basso stato il regio è nulla, ché sprezzare i tesor né curar l'oro, questo è secolo d'or, questo è tesoro. 148 Non cibo o pasto prezioso e lauto il mio povero desco orna e compone; or damma errante, or cavriuolo incauto l’empie, or frutto maturo in sua stagione; detto talora a suon d'avena o flauto ai discepoli boschi umil canzone; serva no, ma compagna amo la greggia; questa mandra malculta è la mia reggia. 149 Lunge da’ fasti ambiziosi e vani mè scettro il mio baston, porpora il vello, ambrosia il latte, a cui le proprie mani scusano coppa e nettare il ruscello; son ministri i bifolci, amici i cani, sergente il toro e cortigian l'agnello, musici gli augelletti e l’aure e l’onde, piume l’erbette e padiglion le fronde. 150 Cede a quest'ombre ogni più chiara luce, ai lor silenzi i più canori accenti; ostro qui non fiammeggia, or non riluce, di cui sangue e pallor son gli ornamenti; se non bastano i fior che ‘1 suol produce, Letteratura italiana Einaudi 42 Giovanbattista Marino - Adone di più bell’ostro e più bell’or lucenti, con sereno splendor spiegar vi suole pompe d'ostro l'aurora e d’oro il sole. 151 Altro mormorator non è che s'oda qui mormorar che ‘1 mormorio del rivo; adulator non mi lusinga 0 loda fuorché lo specchio suo limpido e vivo; livida invidia, chaltrui strugga e roda, loco non v'ha, poich'ogni cor n'è schivo, senon sol quanto in questi rami e ‘n quelli gareggiano tra lor gli emuli augelli. 152 Hanno colà tra mille insidie in corte Tradimento e Calunnia albergo e sede, dal cui morso crudel trafitta a morte è l'Innocenza e lacera la Fede; qui non regna Perfidia e, se per sorte, picciol’ape talor ti punge e fiede, fiede senza veleno e le ferite con usure di mel son risarcite. 153 Non sugge qui crudo tiranno il sangue, ma discreto bifolco il latte coglie; non mano avara al poverello essangue la pelle scarna o le sostanze toglie; solo al’agnel, che non però ne langue, havvi chi tonde le lanose spoglie; punge stimulo acuto il fianco a’ buoi, non desire immodesto il petto a noi. 154 Non si tratta fra noi del fiero Marte sanguinoso e mortal ferro pungente, Letteratura italiana Einaudi 43 Giovanbattista Marino - Adone concesse Apollo ala sampogna mia, de' cui versi lodati in Elicona il ligustico mar tutto risona. — 162 Del maestro d'amor gli amori ascolta stupido Adone ed a' bei detti intento. Colui, poich'affrenò la lingua sciolta, fè da' rozzi valletti in un momento recar copia di cibi, a cui la molta fame accrebbe sapore e condimento; mel di diletto e nettare d'amore soave al gusto e velenoso al core; 163 né mai di loto abominabil frutto di secreta possanza ebbe cotanto, né fu giamai con tal virtù costrutto di bevanda circea magico incanto, che non perdesse e non cedesse intutto al pasto del pastor la forza e ‘1 vanto: licore insidioso, esca fallace, dolce velen ch'uccide e non dispiace. 164 Nel giardin del Piacer le poma colse Clizio amoroso e quindi il vino espresse, ond’ebro in seno il giovinetto accolse fiamme sottili, indi s'accese in esse. Non però le conobbe e non si dolse, ché, finch'uopo non fu, giacquer soppresse, qual serpe ascosa in agghiacciata falda, che non prende vigor se non si scalda. 165 Sente un novo desir ch'al cor gli scende e serpendo gli va per entro il petto; Letteratura italiana Einaudi 46 Giovanbattista Marino - Adone ‘ama né sa d’amar, né ben intende quel suo dolce d'amor non noto affetto; ben crede e vuole amar, ma non comprende qual esser deggia poi l'amato oggetto e pria si sente incenerito il core che s'accorga il suo male essere amore. 166 Amor ch'alzò la vela e mosse i remi quando pria tragittollo al bel paese, va sotto l’ali fomentando i semi dela fiamma ch'ancor non è palese. Fa su la mensa intanto addur gli estremi dela vivanda il contadin cortese; Adon solve il digiuno e i vasi liba, e quei segue il parlar mentr'ei si ciba 167 - Signor, tu vedi il sol chlaventa i rai di mezzo l'arco, onde saetta il giorno; però qui riposar meco potrai tanto che ‘1 novo dì faccia ritorno. Ben da sincero cor, prometto, avrai in albergo villan lieto soggiorno; avrai con parca mensa e rozzo letto accoglienze cortesi e puro affetto. 168 Tosto che sussurrar tra ‘1 mirto e ‘1 faggio io sentirò l’auretta mattutina, teco risorgerò per far passaggio ala casa d'Amor ch'è qui vicina. Tu poi quindi prendendo altro viaggio, potrai forse saldar l'alta ruina, conosciuto che sii l’unico e vero successor dela reggia e del’impero. - Letteratura italiana Einaudi 47 Giovanbattista Marino - Adone 169 Benché non tema il folgorar del sole, tra fatiche e disagi Adon nutrito, di quell’oste gentil non però vole sprezzar l'offerta 0 ricusar l'invito. Risposto al grato dir grate parole, quivi di dimorar prende partito e ringrazia il destin che, lasso e rotto, a sì cara magion l'abbia condotto. 170 Sceso intanto nel mar Febo a corcarsi lasciò le piagge scolorite e meste e, pascendo i destrier fumanti ed arsi nel presepe del ciel biada celeste, di sudore e di foco umidi e sparsi nel vicino Ocean lavar le teste; el'unee l’altro sol stanco si giacque, Adon tra' fiori, Apollo in grembo al’acque. Letteratura italiana Einaudi 48 Giovanbattista Marino - Adone Quante il perfido ahi! quante e ‘n quanti modi n'ordisce astute insidie, occulte frodi. 4 Per l’arringo mortal, nova Atalanta, l’anima peregrina e semplicetta corre veloce, e con spedita pianta del gran viaggio al termine s'affretta. Ma spesso il corso suo stornar si vanta il senso adulator, cha sé l’alletta con l’oggetto piacevole e giocondo di questo pomo d'or, che nome ha mondo. 5 Curi lo scampo suo, fugga e disprezzi le dolci offerte, i dilettosi inganni, né perché la lusinghi e l’accarezzi, disperda in fiore il verdeggiar degli anni. Mille ognor le propon con finti vezzi per desviarla da’ lodati affanni gioie amorose, amabili diporti, che poi fruttano altrui ruine e morti. 6 Da sì fatte dolcezze ella invaghita di farsi esca al focile e segno al’arco, nela cruda magion passa tradita di mille pene a sostener l'incarco; gabbia senz'uscio e carcer senza uscita, mar senza riva e selva senza varco, labirinto ingannevole d'errore, tal è il palagio, ovha ricetto Amore. 7 Già l'augel mattutin battendo intorno l’ali, a bandir la luce ecco s'appresta, Letteratura italiana Einaudi 51 Giovanbattista Marino - Adone e’1 capo el piè superbamente adorno d'aurato sprone e di purpurea cresta, dela villa oriuol, tromba del giorno, con garriti iterati il mondo desta, e sollecito assai più che non suole, già licenzia le stelle e chiama il sole, 8 quando di là, dove posò pur dianzi dal suo sonno riscosso Adon risorge, che veder vuol, pria che ‘1 calor s'avanzi, se /l ciel di caccia occasion gli porge. Clizio pastor con la sua greggia innanzi al vicin bosco l’accompagna e scorge, là dove a suon di rustica sambuca convien su ’1 mezzo di chtei la riduca. 9 Disegna Adon, se pur tra via s'abbatte in damma, in daino o in altra fera alcuna, errando ancor per quell’ombrose fratte torcer del’arco la cornuta luna. Quest’armi avea, come non so, ritratte in salvo dal furor dela fortuna né so qual tolto avrìa, fra le tempeste più tosto abbandonar la vita 0 queste. 10 Così, mentre vagante e peregrino scorre l'antico suo paterno regno, del crudo arcier, del perfido destino affretta l’opra, agevola il disegno. Ma stimando fatale il suo camino, poiché campò gran rischio in picciol legno, spera, quando alcun di quivi soggiorni, che lo scettro perduto in man gli torni. Letteratura italiana Einaudi 52 Giovanbattista Marino - Adone ll Veggendo come per sì strania via dala terra odorifera Sabea mirabilmente al'isola natia pietà d'amico ciel scorto l'avea, e che del loco, ond’ebbe origin pria, il legittimo stato in lui cadea, nel favor di fortuna ancor confida, che de’ suoi casi a' bei progressi arida. 12 Apunto il sol su la cornice allora dela finestra d'or levava il ciglio, forse per risguardar s'avesse ancora nulla eseguito Amor del suo consiglio, quando di lei, che ‘1 terzo giro onora, dolente pur del fuggitivo figlio, vie più da lui, che dal pastor guidato, giunse presso al'ostello aventurato. 13 Anchorché chiusa sia, com'ognor suole, l’entrata principal dela magione, tanta è però di sì superba mole la luce esterior, ch'abbaglia Adone. La reggia famosissima del sole de' suoi chiari splendori al paragone fora vile ed oscura, e ‘1 giovinetto d'infinito stupor ne colma il petto. 14 Sorge il palagio, ovha la dea soggiorno, tutto d’un muro adamantino e forte. I gran chiostri, i gran palchi invidia e scorno fanno ale logge del’empirea corte. Ha quattro fronti e quattro fianchi intorno, Letteratura italiana Einaudi 53 Giovanbattista Marino - Adone 22 Quel di mezzo è d'argento, e mille in esso illustri forme industre mano incise, e di lor col rilievo e col commesso gli atti e i volti distinse in varie guise. Vero il finto dirà, vero ed espresso, uom, che v'abbia le luci intente e fise. L'opra, ch'opra è del’arte e quasi spira, convopra di sua man, Natura ammira. 23 In una parte del superbo e bello uscio, ch'al vivo ogni figura esprime, scolpì Vulcan col suo divin scarpello l’alma inventrice dele biade prime. Fumar Etna si vede e Mongibello fiamme eruttar dale nevose cime. Ben sepp‘egli imitar del patrio loco con rubini e carbonchi il fumo e ‘1 foco. 24 Vedesi là per la campagna aprica, tutta vestita di novella messe, biondeggiar d’oro ed ondeggiar la spica, sparsa pur or dale sue mani istesse. - Scoglio gentil (par che tacendo dica sì ben le voci ha nel silenzio espresse) siami fido custode il tuo terreno del caro pegno ch'io ti lascio in seno. - 25 Ecco ne vien con le compagne elette la vergin fuor dela materna soglia, e per ordir monili e ghirlandette de’ suoi fregi più vaghi il prato spoglia. Già par chei fior tra le ridenti erbette apra con gli occhi e con le man raccoglia. ———_—_—_—__ Letteratura italiana Einaudi 56 Giovanbattista Marino - Adone Ritrar non sapria meglio Apelle o Zeusi la bella figlia dela dea d'Eleusi. 26 Ed ecco aperte le sulfuree grotte, mentre chela compon gigli e viole, dal fondo fuor dela tartarea notte il rettor dele furie uscire al sole. Fuggon le ninfe e con querele rotte la rapita Proserpina si dole. Spuman tepido sangue e sbuffan neri aliti di caligine i destrieri. 27 Ecco Cerere in Flegra afflitta riede, ecco gemino pin succide e svelle e, per cercarla, fattone due tede, le leva in alto ad uso di facelle. Simile al vero il gran carro si vede ricco di gemme sfavillanti e belle. Van con lucido tratto il ciel fendenti l'ali verdi battendo i duo serpenti. 28 Dal'altro lato mirasi scolpito il giovinetto dio che ‘1 Gange adora, ‘come immaturo ancor, non partorito Giove dal sen materno il tragge fora, come gli è madre il padre, indi nutrito dale ninfe di Nisa i boschi onora. Stranio parto e mirabile, che fue una volta concetto e nacque due. 29 In un carro di palmiti sedere vedilo altrove, e gir sublime e lieve. Letteratura italiana Einaudi 57 Giovanbattista Marino - Adone Tirano il carro rapide e leggiere quattro d’Ircania generose allieve. Leccano intinto il fren l’orride fere del buon licor che fa gioir chi ’l beve. Egli tra i plausi dela vaga plebe passa fastoso e trionfante a Tebe. 30 Il non mai sobrio e vecchiarel Sileno sovra pigro asinel vien sonnacchioso, tinto tutto di mosto il viso e ‘1 seno, verdeggiante le chiome e pampinoso. Giù già vacilla e per cader vien meno, reggon satiri e fauni il corpo annoso. Gravi porta le ciglia e le palpebre di vino e di stupor tumide ed ebre. 31 V’ulgo dal destro lato e dal sinistro di fanciulli e di ninfe si confonde. e par ch'a suon di crotalo e di sistro vibrin tirsi e corimbi e frasche e fronde. Inghirlandan di Bacco ogni ministro verdi viticci, uve vermiglie e bionde; e son le viti di smeraldo fino, l’uve son di giacinto e di rubino. 32 Quinci e quindi dintorno ondeggia e bolle la turba dele vergini baccanti, e corre e salta infuriato e folle lo strepitoso stuol de’ coribanti. Par già tutto tremar facciano il colle buccine e corni e cembali sonanti. Pien di tant'arte è quel lavor sublime, che nel muto metallo il suono esprime. Letteratura italiana Einaudi 58 Giovanbattista Marino - Adone per cui con tanto sangue il ferro Acheo fè il ratto del’adultera sollenne. Questo, poiché di lei restò trofeo, la dea qui di sua mano a piantar venne e, piantato che fu, volse dotarlo dela proprietà di cui ti parlo. - 41 - Deh (gli soggiunse Adon) se non ti pesa, narra l’origin prima e ‘n qual maniera nacque fra le tre dee l'alta contesa, conlella andò di sì bel pomo altera; dale ninfe sabee n'ho parte intesa, ma bramo udir di ciò l'istoria intera. Così men malagevole ne fia l’aspro rigor dela malvagia via. — 42 — Poich'ebbe Amor con tanti lacci e tanti, (il pastor cominciò) tese le reti, ch’alfin pur strinse dopo lunghi pianti in nodo marital Peleo con Teti, le nozze illustri di sì degni amanti vennero ad onorar festosi e lieti quanti son numi in ciel, quanti ne serra il gran cerchio del mare e dela terra. 43 Fudi Tessaglia aventuroso il monte, dove si celebrar questi imenei. Di mirti e lauri gli fiorì la fronte, del trionfo d'amor fregi e trofei; e le stelle gli fur propizie e pronte, e le genti mortali e gli alti dei, se non spargea dissension crudele tra le dolci vivande amaro fiele. Letteratura italiana Einaudi 61 Giovanbattista Marino - Adone 44 Senza invidia non è gioia sincera, né molto dura alcun felice stato. Quel gran piacer dala Discordia fiera, madre d'ire e di liti, ecco è turbato; chesclusa fuor dela divina schiera e dal convito splendido e beato, gli alti diletti e l'allegrezze immense venne a contaminar di quelle mense. 45 Al'arti sue ricorre e, col consiglio di quella rabbia che la punge e rode, corre al giardin d’Esperia e dà di piglio ale piante che ‘1 drago ebber custode. Quindi un pomo rapisce aureo e vermiglio, de’ cui rai senz'offesa il guardo gode. Di minio e d'oro un fulgido baleno vibra e gemme per semi accoglie in seno 46 Nela scorza lucente e colorita, il cui folgore lieto i lumi abbaglia, la diva, di disdegno inviperita, cui nulla Furia in fellonia s‘agguaglia, di propria man, come il furor l'irrita, parole poi sediziose intaglia. Dice il motto da lei scolpito in quella: «Diasi questo bel dono ala più bella». 47 Torna ove la richiama ala vendetta del’alta ingiuria la memoria dura e, d’astio accesa e di veleno infetta, nel velo ascosa d'una nube oscura, conla sinistra man sul desco getta del’esca d'or la perfida scrittura. ——_—__ Letteratura italiana Einaudi 62 Giovanbattista Marino - Adone Questo magico don fra tante feste gettò nel mezzo l'assemblea celeste. 48 Lasciaro i cibi e da’ fumanti vasi le destre sollevar tutti coloro e, di stupore attoniti rimasi, presero a contemplar quel sì bell’oro. Donde si vegna non san dir, ma quasi un presente del fato ei sembra loro; e dì di sé gli alletta al bel possesso, che par ch'Amor si sia nascosto in esso. 49 Ma sovra quanti il videro e ‘1 bramaro le tre cupide dee n’ebber diletto e, stimulate da desire avaro che di quel sesso è natural difetto, la sollecita man steser di paro ala rapina del leggiadro oggetto e con gara tra lor non ben concorde sene mostraro a meraviglia ingorde. 50 Quando lo dio, che del signor d'Anfriso guardò gli armenti e che conduce il giorno, meglio in esso drizzando il guardo fiso vide le lettre ch’avea scritte intorno; e lampeggiando in un gentil sorriso, di purpuree scintille il volto adorno, fè, dele note peregrine e nove sculte su la corteccia, accorger Giove. 51 Letta l’inscrizzion di quella scorza, le troppo avide dee cessaro alquanto Letteratura italiana Einaudi 63 Giovanbattista Marino - Adone vuolsi senz'alcun vel mostrar aperto, perché le differenze, onde garrite, distinguer sappia e terminar la lite. 59 Io renunzio al'arbitrio; esser tra voi arbitro idoneo inquanto a me non posso, ché sad una aderisco, io non vo’ poi l'odio del’altre due tirarmi addosso. Amo dipar ciascuna, i casi suoi pari zelo a curar sempre m'ha mosso. Potess'io trionfanti e vincitrici vedir così dipar tutte felici. 60 Pastor vive tra’ boschi in Frigia nato, ma sol nel nome e nel’ufficio è tale, ché, s‘ancor non tenesse invido fato chiuso tra rozze spoglie il gran natale, al mondo tutto il suo sublime stato conto fora e ‘1 legnaggio alto e reale. Di Priamo è figlio, imperador troiano, di Ganimede mio maggior germano. 6 Paride ha nome, e non è forse indegno degli tra voi la question decida, poich'ha l'integrità pari al’ingegno da poter acquetar tanta disfida. Sconosciuto si sta nel patrio regno dove il Gargaro altier S’estolle in Ida. Itene dunque là, colui che porta l'ambasciate del ciel vi sarà scorta». 62 Così diss'egli e con applauso i detti raccolti fur del gran rettor superno, ——_—_m_ Letteratura italiana Einaudi 66 Giovanbattista Marino - Adone e scritti per man d’Atropo fur letti nel bel diamante del destino eterno; e le dive a quel dir sedar gli affetti, pur di vento pascendo il fasto interno. Giù s'apprestano a prova al gran viaggio, e ciascuna s‘adorna a suo vantaggio. 63 L'altera dea, che del gran rege è moglie, del’usato s'ammanta abito regio. Di doppie fila d'or son quelle spoglie tramate tutte, e d’oro han doppio fregio; sparse di soli e folgorando toglie ogni sole al sol vero il lume el pregio. Di stellante diadema il capo cinge, e lo scettro gemmato in man si stringe. 64 Quella ch'Atene adora, ha di bei stami di schietto argento e semplice la vesta, riccamata di tronchi e di fogliami di verde olivo e di sua man contesta. Tien d'una treccia degl'istessi rami il limpid’elmo incoronato in testa. Sostien l'asta la destra e ‘1 braccio manco di scudo adamantin ricopre il fianco. 65 L'altra, ch'ha ne’ begli occhi il foco e ’l telo, d'artificio fabril pompa non volse, ma d'un serico apena azzurro velo la nudità de’ bianchi membri involse; color del mare, anzi color del cielo, quello la generò, questo l’accolse; leggier leggiero e chiaramente oscuro che facea trasparer l’avorio puro. ————__——_—_ Letteratura italiana Einaudi 67 Giovanbattista Marino - Adone 66 Prende Mercurio il pomo, agili e presti ponsi ale tempie i vanni ed a' talloni, e la verga fatal, battendo questi, si reca in man chattorti ha duo, dragoni. Per ben seguirlo, l’emule celesti lascian colombe e nottule e pavoni, ed è lor carro un nuvoletto aurato lievemente da zefiro portato. 67 Dipinge un bel seren l’aria ridente di vermiglie fiammelle e d’aurei lampi, e qual sol, che calando in occidente di rosati splendori intorno avampi, segnando il tratto del sentier lucente indora e inostra i suoi cerulei campi, mentre condotta dala saggia guida la superbia del ciel discende in Ida. 68 Stassene in Ida ale fresch'ombre estive Paride assiso a pasturar le gregge, là dove intorno in mille scorze vive il bel nome d’Enon scritto si legge. Misera Enon, se dele belle dive giudice eletto ci la più bella elegge, di te che fia, ch'hai da restar senz'alma? Ahi che perdita tua fia l'altrui palma! 69 Voglion costor la tua delizia cara, lassa, rapirti, e ‘1 tuo tesor di braccio. Vanne dunque infelice, e pria ch'avara fortuna un tanto ardor converta in ghiaccio, quanto gioir sapesti, or tanto impara a dolerti di lui che scioglie il laccio; Letteratura italiana Einaudi 68 Giovanbattista Marino - Adone 77 «La conoscenza ch'ho del'esser mio, 0 dele stelle ambasciador felice, queste gran novità, che qui vegg' io, al mio basso pensier creder disdice; gloria, di cui godere ad alcun dio maggior forse lassù gloria non lice, che dal ciel venga a povero pastore tanto bene insperato e tanto onore. 78 Ma ch'abbia a proferir lingua mortale decreto in quel ch'ognintelletto eccede, quanto alo stato mio sì diseguale più mi rivolgo ei tanto meno il crede. Nulla degnar mi può di grado tale, senon l'alto favor che mel concede. Pur, se ragion di merito mi manca, grazia celeste ogni viltà rinfranca. 79 Può ben d’umane cose ingegno umano talor deliberar senza periglio. Trattar cause divine ardisce invano senz'aiuto divin saggio consiglio. Come dunque poss'io rozzo è villano nonché le labbra aprir, volgere il ciglio, dove l'istessa ancor somma scienza non seppe in ciel pronunziar sentenza? 80 Conv'esser può che l’esquisita e piena perfezzion dela beltà conosca uom, choltre la caligine terrena tra queste verdi tenebre s'imbosca, dov'altro mai di sua luce serena non n'è dato mirar ch'un'ombra fosca? Letteratura italiana Einaudi 71 Giovanbattista Marino - Adone Certo inabil mi sento e mi confesso di tali estremi a misurar l'eccesso. 81 S'avessi a giudicar fra toro e toro, o decretar fra l'una e l’altra agnella, discerner saprei ben forse di loro qual si fusse il migliore e la più bella. Ma così belle son tutte costoro, che distinguer non so questa da quella. Tutte egualmente ammiro e tutte sono degne di laude eguale e d’egual dono. 82 Dogliomi, che tre pomi aver vorrei qual'è quest’un ch'a litigar l'ha mosse, callor giusto il giudizio io crederei, quando commun la lor vittoria fosse. Aggiungo poi che degli eterni dei paventar deggio pur l'ire e le posse, poiché di questa schiera aventurosa due son figlie di Giove e l’altra è sposa. 83 Ma daché tali son gli ordini suoi forza immortale il mio difetto scusi, purché dele due vinte alcuna poi non sia ch'irata il troppo ardire accusi. Intanto, o belle dee, se pura voi piace che ‘1 peso imposto io non ricusi, quel chiaro sol che tanta gloria adduce ritenga il morso ala sfrenata luce». 84 Qui Cillenio s'apparta, ed ei restando chiama tutti a consiglio i suoi pensieri, —————————_ Letteratura italiana Einaudi 72 Giovanbattista Marino - Adone e gli spirti al gran caso assottigliando comincia ad aguzzar gli occhi severi. Già s'apparecchia ala bell’opra, quando con atti gravi e portamenti alteri di real maestà gli s'avicina e gli prende a parlar la dea Lucina: 85 «Poich'al giudicio uman si sottomette dala giustizia tua fatta secura la ragion, che le prime e più perfette meraviglie del ciel vince ed oscura, dela beltà, ch'eletta è fra l'elette, dei conoscer, pastor, la dismisura; ma conosciuta poi, riconosciuta convien che sia con la mercé devuta. 86 E S'egli è ver che l’eccellenza prima possa sol limitar la tua speranza di mai meglio veder, vista la cima e 1 colmo di quel bel ch’ogni altro avanza, accioché l’occhio tuo, ch‘or si sublima sovra l’umana e naturale usanza, non curi Citerea più né Minerva, in me rimira e mie fattezze osserva. 87 Tu discerni colei, se me discerni, cui cede ogni altro nume i primi onori, imperadrice degli eroi superni, consorte al gran motor re de’ motori. Vedi il più degno infra i suggetti eterni, chel cielo ammiri o che la terra adori; innanzi ai raggi dela cui beltade lo stupor di stupor stupido cade. Letteratura italiana Einaudi 73 Giovanbattista Marino - Adone lusinghe false ed apparenze altere, i risi ei vezzi e le superbie e i fasti? Cose tu vedi essenziali e vere, vedi Minerva e tanto sol ti basti, senza cui nulla val regno 0 ricchezza, fuor del cui bel difforme è la bellezza. 96 Virtù son io, di cui non altro mai vide uom mortal ch'una figura, un'orma. A te però con disvelati rai ne rappresento la corporea forma; da cui, se saggio sei, prender potrai dela vera beltà la vera norma e conoscer quaggiù fuor d'ogni nebbia quelche seguir, quelch'adorar si debbia. 97 Forse mentre tu miri ed io ragiono, per troppo meritar mi stimi indegna, e la vergogna di sì picciol dono ti fa parer che poco a me convegna. Ma io mi scorderò di quelche sono, solché la palma di tua mano ottegna. Purch'ella oggi da te mi sia concessa, per amor tuo sconoscerò mestessa.» 98 Dala virtù di quel parlar ferito Paride parer cangia e pensier muta e, dal presente oggetto instupidito, la memoria del‘altro ha già perduta: «Diva (risponde) il merito infinito di cotanta beltà non più veduta dona al mio cieco ingegno occhi abastanza da poter ammirar vostra sembianza. Letteratura italiana Einaudi 76 Giovanbattista Marino - Adone 99 Io ben conosco che quel ch’oggi appare in quest’ombroso e solitario chiostro è puro specchio e lucido esemplare dela divinità ch'a me s'è mostro. Ma se vittime e voti, incensi ed are consacra il mondo al simulacro vostro, qual sacrificio or vofferisco e porgo io, che vivo e non finto il ver ne scorgo? 100 Il presentarvi ciò che vi conviene è dever necessario e giusta cosa e l’istessa ragion che Vappartiene, vi fa senza il mio dir vittoriosa. La speranza del ben potete bene concepire omai lieta e baldanzosa. Intanto in aspettandone l’effetto purghi la grazia vostra il mio difetto». 101 Queste offerte cortesi assai possenti furo nel cor dela più saggia dea. E qual più certo omai di tali accenti pegno, i suoi dubbi assecurar potea? Da parole sì dolci e sì eloquenti, con cui quasi il trofeo le promettea, presa rimase, e fu delusa anch'essa la sapienza e l’eloquenza istessa. 102 Ma la madre d'Amor, nel cui bel viso ogni delizia lor le Grazie han posta, quel ciglio ch'apre in terra il paradiso, verso il garzon volgendo a lui s'accosta e la serenità del dolce riso Letteratura italiana Einaudi 77 Giovanbattista Marino - Adone d'una gioconda affabiltà composta, la favella de' cori incantatrice lusinghevole scioglie e così dice: 103 «Paride, io mi son tal che nel’acquisto del desiato e combattuto pomo senza temer d’alcun successo tristo rifiutar non saprei giudice Momo; te quanto meno, in cui sovente ho visto accortezza e bontà più che ‘n altr'uomo; quanto più volentier senza spavento al foro tuo di soggiacer consento? 104 In terra 0 in ciel tra più tenaci affetti qual cosa più sensibile d'amore? qual possanza o virtù, ch'abbia ne’ petti più dele forze sue forza e valore? Or che pensi? che fai? che dunque aspetti? dove, dove è il tuo ardir? dove il tuo core? Dimmi come avrai core e come ardire da poterti difendere o fuggire? 105 Se ’l pomo per cui noi stiam qui pugnando, come senso non ha, potesse averlo, tu lo vedresti a me correr volando, né fora in tua balia di ritenerlo. Poich'e' venir non pote, io tel dimando, sicome degna sol di possederlo. Qualunque don la mia beltà riceve è tributo d’onor che le si deve. 106 La vista, il veggio ben, del mio bel volto tha dolcemente l'anima rapita. Letteratura italiana Einaudi 78 Giovanbattista Marino - Adone Ala neve colà la fiamma cede, qui la grana col latte inun si vede. na D'un nobil quadro di diamante altera la fronte e chiara alpar del ciel lampeggia. Quivi Amor si trastulla e quindi impera quasi in sublime e spaziosa reggia. Gli albori ‘alba, i raggi ogni altra sfera da lei sol prende e ‘n lei sol si vagheggia, il cui cristallo limpido riluce d'una serena e temperata luce. 115 Le luci vaghe a meraviglia e belle senz'alcun paragone uniche e sole, scorno insieme e splendor fanno ale stelle, in lor si specchia, anzi s'abbaglia il sole. Dal'interne radici i cori svelle qualor volger tranquillo il ciglio suole. Nel tremulo seren che ‘n lor scintilla, umido di lascivia il guardo brilla. 116 Per dritta riga da' begli occhi scende il filo d'un canal fatto a misura, da' cui fior chi s‘appressi, invola e prende più che non porge, aura odorata e pura. Sotto, ove l’uscio si disserra e fende del'erario d'amore e di natura, apre un corallo in due parti diviso angusto varco ale parole, al riso. 117 Né di sì fresche rose in ciel sereno ambiziosa Aurora il crin s‘asperse, Letteratura italiana Einaudi 81 Giovanbattista Marino - Adone né di sì fini smalti il grembo pieno Iride procellosa al sole offerse, né di sì vive perle ornato il seno rugiadosa cocchiglia al'alba aperse, che la bocca pareggi, ov'ha ridente di ricchezze e d’odori un oriente. 118 Seminate in più sferze e sparse in fiocchi sen van le fila innanellate e bionde de’ capei d’or, cha bello studio sciocchi lasciva trascuragine confonde. Or su gli omeri vaghi or fra’ begli occhi divisati e dispersi errano in onde; e crescon grazia ale bellezze illustri arti neglette e sprezzature industri. 119 Dele ninfe del ciel gli occhi e le guance considerate, e le proposte udite, mentr'ancor vacillante in dubbia lance del concorso divin pende la lite, più non vuole il pastor favole 0 ciance, più non cura mirar membra vestite, ma più dentro a spiar di lor beltade la curiosità gli persuade. 120 «Poiché delpari in quest’ agon si giostra, più oltre (dice) essaminar bisogna, né diffinir la controversia vostra si può, se ’1 vel non s'apre ala vergogna; perché tal nel difuor bella si mostra, che senza favellar dice menzogna. Pompa di spoglie altrui sovente inganna e d'un bel corpo i mancamenti appanna. Letteratura italiana Einaudi 82 Giovanbattista Marino - Adone 121 Ciascuna dunque si discinga e spogli de’ ricchi drappi ogni ornamento, ogni arte, perché la vanità di tali invogli nele bellezze sue non abbia parte.» Giunon s'oppore, e con superbi orgogli ciò far ricusa e traggesi in disparte. Minerva ad atto tal non ben si piega, tien gli occhi bassi e per modestia il nega. 122 Ma la prole del mar, che ne' cortesi gesti ha grazia ed ardir quanto aver pote, «esser vogl'io la prima a scior gli arnesi, (prorompe) ed a scoprir le parti ignote, onde chiaro si veggia e si palesi che non solo ho begli occhi e belle gote, ma ch'è conforme ancora e corrisponde al bello esterior quelche s'asconde.» 123 «Orsù (Palla soggiunse) ecco mi svesto, ma pria che scinte abbiam le gonne e i manti, fa tu, pastor, ch'ella deponga il cesto, se non vuoi pur che per magia Y’incanti.» Replicò l’altra: «Io non ripugno a questo, ma tu che di beltà vincer ti vanti, perché non lasci il tuo guerriero elmetto e lo spaventi con feroce aspetto? 124 Forse che ‘nte si noti e si riprenda degli occhi glauchi il torvo lume hai scorno?» Impon Paride allor, che si contenda senza celata e senza cinto intorno. Restò l'aspetto lor, tolta ogni benda, Letteratura italiana Einaudi 83 Giovanbattista Marino - Adone 132 Paride istesso in quelle gioie estreme non vive no, senon per gli occhi soli. Tanto eccesso di luce il miser teme non la vista e la vita inun gl’involi. Sguardo non ha per tanti raggi insieme, né cor bastante a sostener tre soli. Triplicato balen gli occhi gli serra, un sole in cielo e tre ne vede in terra. 133 «O dei (dicea) che meraviglie veggio? chi del’ottimo a trar m'insegna il meglio? Son prodigi del ciel? sogno o vaneggio? qual di lor lascio o qual fra l'altre sceglio? Deh poiché ‘nvan, per far ciò che far deggio, i sensi affino e l'intelletto sveglio, in tanto dubbio alcun de' raggi vostri, o bellezze divine, il ver mi mostri. 134 Perché non son colui che d’occhi pieno la giovenca di Giove in guardia tenne? Avessi in fronte, avessi intorno almeno quante luci la Fama ha nele penne. Fossi la notte o fossi il ciel sereno, poiché dal ciel tanta bellezza venne, per poter rimirar cose sì belle con tante viste quante son le stelle. 135 Qual di santa onestà pudico lume in quella nobil vergine sfavilla? quanto di venerando ha l’altro nume? qual d’augusto decoro aria tranquilla? Ma qual vago fanciul batte le piume intorno a questa e che dolcezza stilla? Letteratura italiana Einaudi 86 Giovanbattista Marino - Adone Par che ritenga in sé dolce attrattivo non so che di ridente e di festivo. 136 Ciò però non mi basta, ancor sospeso un ambiguo pensier m'aggira e move. Mentr'or a questa, or son a quella inteso, bramo il sommo trovar, né so ben dove. S'io non vo' di sciocchezza esser ripreso, conviemmene veder più chiare prove. Fia d'uopo investigar meglio ciascuna, e mirarle in disparte ad una ad una.» 137 Fa, così detto, allontanar le due, e soletta ritien seco Giunone, laqual promette lui, che se le sue bellezze ale bell'emule antepone, principe alcun giamai non fia né fue più di scettri possente e di corone; e ch'ogni gente al giogo suo ridutta, il farà possessor del'Asia tutta. 138 Spedito di costei, Pallade appella, che ‘n aspetto ne vien bravo e virile, e patteggiando gli promette anch/ella gloria cui non fia mai gloria simile; € che se lei dichiarerà più bella, farallo invitto in ogni assalto ostile, chiaro nel’armi e sovra ogni guerriero inclito di trofei, di palme altero. 139 «No no, cosa in me mai forza non ebbe da poter la ragion metter di sotto. Letteratura italiana Einaudi 87 Giovanbattista Marino - Adone Tribunal mercenario il mio sarebbe s'oggi a venderla qui fossi condotto. Giudice giusto parteggiar non debbe, né per prezzo 0 per premio esser corrotto. Perdon di vero dono il nome entrambi, s'avien che con l'un don l'altro si cambi.» 140 Così risponde, e nel medesmo loco accenna a Citerea che vegna in campo. Ella comparve e di soave foco nel teatro frondoso aperse un lampo. Da quell’oggetto incontra cui val poco a qual più freddo cor difesa 0 scampo, non sa con pena di diletto mista l’ingordo spettator sveller la vista. 141 La qualità di quelle membra intatte quai descriver saprian pittori industri? Rendono oscuro e l’alabastro e ‘1 latte, vincono i gigli, eccedono i ligustri. Piume di cigno e nevi non disfatte son foschi essempi ai paragoni illustri. Vedesi lampeggiar nel bel sembiante candor d'avorio e luce di diamante. 142 «Eccomi (disse) omai fa che cominci a specolar con diligenza il tutto, e dimmi se trovar gli occhi de' linci sapriano in beltà tanta un neo di brutto. Ma mentre ogni mia parte e quindi e quinci rimiri pur per divenirne instrutto, vo” che gli occhi e gli orecchi in me rivolti, le fattezze mirando, i detti ascolti. Letteratura italiana Einaudi 88 Giovanbattista Marino - Adone che Teseo il gran campion s'armò per lei e lascionne di sangue il campo tinto. Chiedeano i felicissimi imenei d'Argo i principi aprova e di Corinto, ma Menelao fra gli altri il più gradito parve d'Elena sol degno marito. 151 Pur se ti cal di conquistarla e vuoi con un pomo mercar tanto diletto, la ricompensa de’ servigi tuoi fia di donna sì bella il grembo e ‘1 letto. AI primo incontro sol degli occhi suoi farti di lei signore io ti prometto. Farò, ch'abbandonato il lido greco, dovunque più vorrai, ne venga teco. 152 Là di Lacedemonia al’alta reggia tu ten’andrai per via spedita e corta. Ingegnati sol tu chella ti veggia, lascia cura del resto ala tua scorta. Intutto ciò ch'un tanto affar richeggia, Amor fido ministro, io duce accorta, co’ suoi compagni e con le serve mie la verremo a dispor per mille vie.» 153 Qui tacque, e fiamma de” begli occhi uscio atta a mollir del Caucaso l’asprezza, ond' egli ogni altro bel posto in oblio a quell'incomparabile bellezza, sforzato dal poter di quel gran dio ch’ogni cor vince, ogni riparo spezza, baciato il pomo e ‘n lei le luci affisse, reverente gliel porse e così disse: Letteratura italiana Einaudi 91 Giovanbattista Marino - Adone 154 «O bella oltre le belle, 0 sovra quante ha belle il ciel, bellissima Ciprigna; foco gentil d'ogni felice amante, madre d'ogni piacer, stella benigna; sola ben degna a cui s’inchini avante l’Invidia istessa perfida e maligna; se null’ altra beltà la vostra agguaglia, ragion è ben che sua ragion prevaglia. 155 Sebene a sì gran luce umil farfalla, il più di voi mi taccio e ‘l men n° accenno, audace il dico e so che ‘n me non falla dal sentier dritto traviato il senno. Perdonimi Giunon, scusimi Palla gareggiar vosco disputar non denno. Giudico che voi sola al mondo siate l'idea nonché la dea dela beltate. 156 Basta ben ch’ala gloria a voi concessa fu lor dato poggiar pur col pensiero; né fu lor poco onor che fusse messa la certezza in bilancio, in dubbio il vero. Or di mia bocca la Giustizia istessa publica il suo parer chiaro e sincero. L'obligo suo, per la mia mano offerto, questo pomo presenta al vostro merto». 157 Atteggiata di gioia, ebra di fasto Venere il prende, indi volgendo i lumi, «cedetemi l’onor del gran contrasto, (disse ridente ai duo scornati numi) confessa pur Giunon ch'io ti sovrasto, e ch'a torto pugnar meco presumi. Letteratura italiana Einaudi 92 Giovanbattista Marino - Adone Né spiaccia a te, Bellona, a vincer usa, di chiamarti da me vinta e confusa. 158 Pensò l'una di voi di superarmi per esser forse in ciel somma reina. E credea l’altra con sue lucid'armi di spaventar la mia beltà divina. Ma poco vi giovò, per quanto parmi, opporsi al ver ch'al paragon s‘affina. E sì possenti dee vie più m'aggrada senza scettro aver vinte e senza spada. 159 Venite Grazie mie, venite Amori, vigorose mie forze, invitte squadre. Incoronate de’ più verdi allori la vostra omai vittoriosa madre. Ite cantando in versi alti e sonori, e rispondano al suon l’aure leggiadre. Viva amor, viva amor, che ‘n cielo e ‘n terra dela pace trionfa e dela guerra» 160 Mentre intento il pastore ascolta e mira la bella, a cui ’l bel pregio è tocco in sorte, le due sprezzate dee ver lui con ira volgon le luci dispettose e torte. Orgoglio ogni lor atto e sdegno spira, quasi ruina minacciante e morte. Giunon però dissimular non pote la rabbia sì, che non la sfoghi in note: 161 «Misero, e come del suo proprio velo il cieco arcier (dicea) gli occhi 'involse, Letteratura italiana Einaudi 93