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Marino e Adone. Appunti e riassunto, Appunti di Letteratura Italiana

VITA 1 - Il personaggio Giovan Battista Marino rappresenta la svolta che si realizzò nella letteratura italiana tra la fine del Cinquecento e i primi decenni del Seicento,

Tipologia: Appunti

2015/2016

Caricato il 29/12/2016

Gen875
Gen875 🇮🇹

4.1

(11)

4 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Marino e Adone. Appunti e riassunto e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! MARINO E L’ADONE VITA 1 - Il personaggio Giovan Battista Marino rappresenta la svolta che si realizzò nella letteratura italiana tra la fine del Cinquecento e i primi decenni del Seicento, nel passaggio dall'arte tardo-rinascimentale o manieristica a quella barocca. Per la sua tensione al nuovo e al "meraviglioso" egli fu spesso identificato come il poeta di un'età e di una moda. La sua stessa vita - trascorsa alle corti dei potenti, come si conveniva a un artista di estrazione sociale non nobile e non ricca - esprime già questi caratteri di forte novità: rispetto al tranquillo adattamento alla corte di un rinascimentale come l'Ariosto, o alle nevrosi di un uomo della Controriforma come il Tasso, quella di Marino rappresenta una terza via spavaldamente tesa a un rapporto paritetico fra l'artista e il potere, in una sorta di do ut des dove l'encomio dei grandi è ricompensato con benefici economici e con l'esaltazione del proprio genio. Un simile progetto comportò rischi e sconfitte, e un'esistenza spesso vissuta all'insegna dell'avventura, come fu in effetti quella del Marino fin dalla giovinezza. 2 - A Napoli Nato a Napoli il 14 ottobre 1569 da una famiglia di media borghesia, il suo primo conflitto lo ebbe in casa, col padre, giureconsulto che non tollerava che il figlio trascurasse gli studi legali a favore della passione poetica. Giovan Battista se ne andò allora a stare da solo guadagnandosi da vivere come tipografo e revisore di stampe, e cominciando a scrivere e a far circolare le sue prime poesie prevalentemente radicate nella migliore tradizione lirica cinquecentesca, dal Tansillo, al Della Casa, al grande Tasso. Anni duri, registrati con orgoglio nelle sue opere e 5 in molte Lettere, strumento di autopromozione di un mito. Gli furono vicini personaggi facoltosi della cultura napoletana: Giambattista Manso, amico e biografo del Tasso, Ascanio Pignatelli (duca di Bisacci, che lo introdusse nell’Accademia degli Svegliati) e Matteo di Capua, principe di Conca e grande ammiraglio, proprietario di una ricca biblioteca e di una straordinaria galleria di quadri. Qui si raffina il gusto artistico del Marino, che proprio accanto al principe intellettuale comincia a progettare, sulle orme del Tasso, una Gerusalemme distrutta e abbozza il suo "poema grande", l'Adone. I brillanti esordi letterari sono però oscurati da ben due carcerazioni: una prima volta, nel 1598, non si sa se per un’accusa di sodomia o per aver sedotto una fanciulla poi morta di parto; una seconda volta, nel 1600, per aver falsificato gli atti del processo di un amico accusato di omicidio. 3 - A Roma Fuggito a Roma con l'aiuto del Manso, Marino è accolto nell'entourage di papa Clemente VIII da Melchiorre Crescenzi, che, oltre a presentarlo a Battista Guarini, allora in auge per il suo melodramma Il Pastor fido, lo introduce nel vivaio di moderne esperienze poetiche, musicali, pittoriche della cultura romana. È qui che Marino consolida la sua idea di un'arte polivalente, di una poësis ut musica (e ut pictura) ed è qui che si decide a pubblicare la sua prima edizione di versi, che curerà personalmente a Venezia. Il viaggio nella capitale della stampa si trasforma così in un'impresa promozionale, con incontri importanti in varie città; e il rientro a Roma nel 1602 con la prima parte delle Rime sarà coronato dal prestigioso incarico di segretario del cardinal Pietro Aldobrandini, nipote di Clemente VIII. Gloria effimera, perché, con la morte del papa e con l’elezione, dopo Leone XI, di Paolo V, Marino nel 1605 dovrà seguire l'Aldobrandini nella sua nuova diocesi, a Ravenna. 6 regina, dedicato alla moglie del Maresciallo, dedicatario a sua volta degli Epitalami del 1616), rischia ben presto di trasformarsi in tragedia allorché nel 1617 sale al trono Luigi XIII e fa uccidere il Concini e la moglie, dopo aver confinato la madre a Blois. Marino, che ha già celebrato il re nell'epitalamio per le nozze con Anna d'Austria La Francia consolata, gli dedica ora La Sferza, un'invettiva contro quattro capi ugonotti rei di aver tentato di inquinare la "buona religione" del sovrano. Poi, di nuovo in auge e "ricco come un asino" (Marino, Lettere, num. 216, 396), ben attento a non farsi coinvolgere negli scontri tra il re e la madre, licenzia La Galeria (Venezia, 1619 e Parigi, 1620), porta a dodici gli idilli della Sampogna e la dà alle stampe (Parigi, 1620), quindi, dal 1621 al 1622, si dedica tutto al suo capolavoro, di cui cura meticolosamente la prima edizione parigina. 7 - Il ritorno in patria "Stracco delle corti", colmo di gloria e di scudi, ma soprattutto con le valigie piene delle copie fresche di stampa del suo Adone, nell'aprile del 1623 il più famoso poeta barocco fa ritorno in Italia, a Roma, dove s'aspetta il trionfo. Ancora una volta però la sorte è con lui sfolgorante ed effimera: ai pochi mesi di gloria che lo vedono celebrato e conteso da potenti, intellettuali, artisti, pittori, segue in agosto la svolta di papa Barberini: Urbano VIII, austero classicista, non è certo incline alla poesia frivola e sensuale di Marino. Il quale riprende la strada del poema sacro La strage degli innocenti, ma poi fiuta il vento (il suo Adone è sempre più sotto il tiro della censura, e nel 1625 finirà all'Indice) e decide di rifugiarsi nella città natale. A Napoli lo ospitano i Teatini e poi il vecchio protettore Giambattista Manso che lo fa celebrare nella grande Accademia degli Oziosi, mentre sono ancora bloccate alla dogana le balle del suo ricco patrimonio pittorico e librario (dodicimila volumi). Tra applausi e nuove amarezze (persino i vecchi sostenitori Preti e Bruni 9 sembrano tradirlo opponendosi alle lodi che Agazio di Somma fa dell'Adone, superiore alla Gerusalemme Liberata), verso la fine del 1624 Marino comincia a soffrire di strane febbri, mal curate coi rimedi del tempo. Nella primavera del 1625 il male si aggrava e il 24 marzo arriva la morte, che Giovan Francesco Loredano descrive come l’estremo spettacolo offerto da questo "cigno divino": ricevuto il viatico, si spense serenamente mentre "ragionava della divina pietà e misericordia con istupore e compassione degli assistenti" (Loredano, Vita del Cavalier Marino, XIX). ADONE 8 - La grandiosa macchina del "poema eroico di pace" Il 24 aprile 1623 esce a Parigi, presso Oliviero di Varano (Varennes), L'Adone, poema del Cavalier Marino, alla Maestà Cristianissima di Ludovico Decimo Terzo. Stampato con pregiata carta bianca nell'elegantissimo formato del 4° grande, il poema conclude un travaglio costante nelle varie tappe della vita di Marino: gli annunci dati a Napoli, Roma, Ravenna, Torino e Parigi, testimoniano una continua evoluzione del progetto sino ai definitivi venti canti in ottave (da un minimo di 149 del canto IX a un massimo di 515 nel canto XX) per un totale di 5.123 ottave, ossia 40.984 versi, circa tre volte la Divina Commedia. L'idea di un "poema grande" è già in questa "dismisura", ma il sogno di Marino è quello di sfidare la tradizione del poema eroico portata a perfezione dal Tasso con la Gerusalemme liberata, scardinandone dall'interno forme e contenuti, secondo una struttura aperta e capace di inglobare i vari generi letterari sperimentati nel passato e, soprattutto, secondo il concetto dell'unità di gusto e non d'argomento: seguendo la formula degli idilli della Sampogna, una trama molto esile - gli amori di Venere e 10 Adone - diventa il pretesto per infinite divagazioni. Il nuovo genere viene definito "poema eroico di pace", contro il "poema eroico di guerra" precedente, nella Lettre ou discours de M. Chapelain che Marino vuole come introduzione e che, dopo aver celebrato la novità dell'Adone, ne ostenta la regolarità aristotelica, la scelta perfetta del soggetto, la credibilità legata all'ideale di pace che Adone reca con sé, come nel poema antico Enea significava pietas e Achille collera. La geniale trovata del "poema eroico di pace" autorizza Marino a realizzare al meglio la sua inclinazione a trasformare la poesia epica, pure tentata nella Gerusalemme distrutta e nella Strage de gl'innocenti, in quella poesia del disimpegno e del divertimento, dei sensi e del piacere, che abbiamo riscontrato nei migliori Epitalami ed idilli. Mentre il "poema eroico di guerra" del Tasso era pressato dall'urgenza pedagogico-divulgativa (gli eroi cristiani, per la loro missione in Terra Santa, dovevano rinunciare a sentimenti e passioni), Marino propone qui un poema dove l'amore di una dea per un mortale è il motore della grandiosa macchina del mondo. E una grandiosa macchina è l'Adone, meccanismo perfetto per assimilare una congerie di motivi letterari tradizionali e no, nel peculiare gusto barocco di rappresentare il tutto con un immenso processo metamorfico, come hanno ben dimostrato le analisi di Giovanni Pozzi (fondamentale la sua edizione del 1976) e di uno dei più acuti esegeti moderni dell'Adone, Paolo Cherchi (Cherchi 1996). 9 - La trama infinita L'Adone ha inizio con un antefatto nel canto I (La Fortuna), dove si narra di Amore fanciullo che vuole vendicarsi per esser stato fustigato dalla madre Venere: Apollo gli consiglia di farla innamorare del bellissimo cacciatore Adone; Vulcano foggia una freccia infallibile; 11 vendetta: il dio, con l’aiuto di Diana, prepara l’agguato. Adone è aggredito da un cinghiale, ma la freccia che gli scaglia è stata preparata da Cupido e fa innamorare la bestia che, per baciare la coscia di Adone, lo ferisce a morte. Avvertita in sogno, Venere giunge con le ninfe a raccogliere l’ultimo respiro dell’amato e a intonare il lamento nei boschi. La sepoltura occupa il canto XIX, dopo che gli dei hanno cercato di consolare Venere coi miti tragici di Giacinto, Pampino, Aci, Galatea e Polifemo, Calamo e Carpo, Leandro, Achille. I solenni giochi, diversamente dalla tradizione epica, qui chiudono l’opera (canto XX, Gli spettacoli). Cielo e terra vi partecipano: l’anonimo popolo nelle gare dell’arco, della lotta e della scherma; ninfe e poeti nei vari balli; la più eletta nobiltà nella giostra, mentre a singolar tenzone si sfidano le due grandi monarchie europee, la Spagna (Austria) e la Francia (Fiammadoro). Il trionfo della Francia e di Luigi XIII è il trionfo del "poema della pace", che si chiude con l’immagine delle colombe che nidificano nelle armi: "riposan l’armi orrende, i ferri crudi / pendon dimessi e le battaglie han fine. / Son fatti i cavi scudi e i voti usberghi / nidi di cigni e di colombe alberghi" (XX, 514). 10 - Il bizzarro dominio d'amore L'intricatissima trama dell'Adone mostra in più punti il rovesciamento della tradizione epica e le tensioni verso un genere nuovo che recuperi e contamini i singoli generi letterari in quel genere "misto" tipico del gusto barocco. Al centro di questa operazione c'è la peculiare utilizzazione del tema d'amore. L'Adone è aperto e concluso da una celebrazione di Venere ed è messo in moto da una "leggiadra vendetta" di Cupido ("Amor fu solo autor di sì gran moto", I, 59). Amore è forza vitale e dominante, che tutto abbraccia e muove, secondo una prospettiva assoluta e onnicomprensiva che il linguaggio barocco ben esprime. Al culmine dell'argutissima fioritura di ossimori di un passo del canto VI (siamo nel giardino dei sensi che 14 introduce agli amori di Venere e Adone), Marino arriva a definire così l'amore (ottava 174): Volontaria follia, piacevol male, stanco riposo, utilità nocente, desperato sperar, morir vitale, temerario timor, riso dolente, un vetro duro, un adamante frale, un'arsura gelata, un gelo ardente, di discordie concordi abisso eterno, paradiso infernal, celeste inferno. Sotto un tale bizzarro dominio nessun protagonista è attivo, e meno di tutti Adone, antieroe - o "aeroe" secondo Pozzi - rispetto ai guerrieri dell'epica classica. Tutto il poema, il cui primo canto s'intitola appunto La Fortuna, è baroccamente governato dalle bizzarrie del caso, dai capricci degli dei, dalle frecce di Cupido, dalla vanità delle passioni, dalle frivolezze che rendono grandi le cose piccole, piccole le grandi: la rosa che punge il piede di Venere e che determina il fatale capriccio di Adone, è celebrata come "sole in terra", mentre il sole diventa "rosa in cielo" (III, 159). L'amore è anche fonte di ambigue suggestioni spirituali miste all'eros (si veda la favola di Amore e Psiche), ma è soprattutto gioia del proibito e tutta la fase centrale del poema - canti VI, VII, VIII - è vissuta nel Giardino del Piacere. Nel canto che finalmente realizza il congiungimento amoroso, l'VIII, esplode la vena più forte della poesia erotica, quella già sperimentata negli Epitalami. Anche qui, però, come accade spesso in Marino, è la cornice del "ritardato piacer" a coinvolgere il lettore: gli indugi dei due sposi al bagno e soprattutto la voyeuristica visione della lascivia di un satiro con una ninfa, che eccita e disinibisce Adone (ottave 58-69), risultano molto più efficaci delle infinite ottave che 15 raccontano al rallentatore l'unione dei due e che si perdono in ricercati preamboli ("Godianci, amianci. Amor d'amor mercede, / degno cambio d'amor è sol amore", ottava 116) o nella solita arguta poesia dei baci: "Bacia e dopo 'l baciar mira e rimira / le baciate bellezze or questi, or quella. / Ribacia, e poi sospira e risospira / le gustate dolcezze" (ottava 124). 11 - Oltre l'eros: letteratura, scienza, mito, encomio Centrale e centrifugo com'è, il tema erotico procede accentuando la sua disponibilità evasiva, sicché, dopo i trastulli, la ripresa del viaggio conduce i due amanti all'Isola della Poesia, ossia in una dimensione prettamente letteraria ed attualizzante: accanto ai poeti del canone (Petrarca, Dante e Boccaccio; Sannazaro e Tansillo; Bembo e Casa; Ariosto, Tasso, Guarini), Marino non dimentica i nemici (Tommaso Stigliani e Margherita Sarrocchi), mentre le insegne scolpite nella fontana d'Apollo celebrano i mecenati italiani, dai Savoia, ai Gonzaga, ai Della Rovere, ai Colonna, agli Orsini, ai Doria, ai Medici. Un richiamo all'attualità e alla scienza è anche all'interno delle "meraviglie" celesti: il telescopio e il microscopio di Galileo, le scoperte di Colombo (ma la propensione "scientifica" di Marino era già presente nella descrizione anatomica dei sensi). Dal canto XII, con la separazione di Venere e Adone, scatta la dimensione romanzesca, tra magìe, fughe, prigioni, briganti, travestimenti e agnizioni, con una straordinaria commistione di modelli, antichi (il romanzo alessandrino) e moderni (l'Alcina del Furioso e l'Armida della Liberata si fondono nella barocca maga Falsirena), e con la fioritura di filoni secondari (Filaura e Filora, Dorisbe e Sidonio). Il tutto in un continuo pullulare di mitologia, e insorgere di motivi encomiastici e storico- attuali (Luigi XIII è Marte nel canto introduttivo e Fiammadoro nella solenne conclusione, dove peraltro ricorre una rassegna di famiglie notabili e un puntuale quadro della situazione politica d'Europa e d'Italia). 16