Scarica Libro Primo dell'Eneide e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Analisi Letteraria solo su Docsity! Eneide: Libro I L'Eneide 1 inizia con il proemio in cui si parla dell'ira di Giunone, fattore scatenante che mette in moto la vicenda come successe con Poseidone in Odissea 5. Si parla dell'ira di Giunone con la sua causa e le sue conseguenze: tira in ballo questioni antiche contro Giove. Ci sono molti motivi odissiaci nel libro: la tempesta, il naufragio, Eolo (che si incontra in Odissea 10), l'approdo in Libia (come in Odissea 5 con l'approdo dai Feaci), la preghiera di Venere a Giove (come la preghiera di Atena a Zeus in Odissea 1), l'esplorazione di Enea e l'incontro con Venere-cacciatrice (come Odisseo con Nausicaa in Odissea 6), l'accoglienza di Didone (Odissea 6 Nausicaa, Calipso e Circe), il banchetto presso Didone (il banchetto con i Feaci). Dal verso 34: Appena fuori dalla vista della sicula terra, verso il largo davano con aire le vele” e sferzavano col bronzo le spume salate, quando Giunone, che serbava eterna nell'intimo suo la piaga, cosi tra sé: «Che io sconfitta debba desistere dalle mie azioni, e non possa distogliere dall'Italia questo sovrano di Teucri Ah si, che me ne vietano i fati. E Pallade non poté la flotta degli Argivi ridurre in cenere ed essi stessi inabissare in mare a causa della colpevole passione del solo Aiace d'Oileo? Dardeggiò lei di sua mano dalle nubi il travolgente fuoco di Giove e infranse le navi e mise sossopra coi venti la distesa dell'acqua, e quello che esalava una vampa dal petto trapassato, afferro con un turbine e infisse sulla cresta d'una scogliera; e io, che incedo regina degli dei, e di Giove sono e sorella e coniuge, da tanti anni vado facendo la guerra a un popolo solo. E chi adora, dopo di questo, il potere divino di Giunone, o supplice le apporrà sugli altari offerte devote?" Tali pensieri agitando la dea nel proprio cuore ardente nella patria delle tempeste, luoghi gravidi di venti impazziti in Eolia giunse. Qui il re Eolo in un antro sterminatole bufere ribelli e le strepitanti tempeste con la sua autorità governa e incarcera trattenute in catene. Quelle riluttanti, con grande fragore della montagna, fremono addosso ai recinti; siede Eolo su una rocca elevata, lo scettro in pugno, e ne ammorza gli sbuffi e ne tempera l'ira. Se non lo facesse, mari e terre e immensità di cielo porterebbero vorticose con sé e trascinerebbero in aria: ma il padre onnipotente le ripose in cupe spelonche questo temendo, e un carico per giunta di alte montagne vi sovrappose, e gli diede un re, che con preciso accordo sapesse ai comandi tirare o lasciare lente le briglie. Con lui allora Giunone supplichevole si valse di questi argomenti «Eolo (a te infatti il padre degli dèi e signore degli uomini assegnò di calmare i flutti e di sollevarli col vento), una razza che mi è nemica naviga la pianura tirrena, trasportando Ilio" in Italia e i suoi Penati" sconfitti: aizza la violenza dei venti e sommergi e affonda le poppe, oppure disperdili in parti diverse e spargine i corpi per mare. Io ho due volte sette ninfe" dalla leggiadra persona, delle quali per la sua figura la più bella, Deiopea, a te unirò in stabile connubio e assegnerò in possesso, perché con te il volgere eterno degli anni per tali tuoi meriti trascorra e ti faccia padre di bella figliolanza>>. Ed Eolo a sua volta: «Tuo compito, regina, valutare quel che desideri; a me è d'obbligo prendere atto degli ordini. Tu a me quest'apparenza di regno, tu la signoria da Giove mi accrediti, tu mi concedi d'accomodarmi al banchetto degli dei e fai di me il dominatore di nembi e di tempeste>>. Come ebbe detto ciò, rovesciata la punta alla cava montagna dette un urto su un fianco: e i venti come un drappello serrato, per il passo concesso precipitano e spazzano con turbini Il primo personaggio mitologico che ritroviamo dopo il proemio e la coda è il dio Eolo, che dà il via al vero e proprio incipit della storia. La sua iconografia musiva e di altre forme d'arte è solitamente nella visione di lui che soffia, in quanto egli è il dio del vento. Un secondo personaggio mitologico che incontriamo è Nettuno, solitamente con attributo del tridente, che serve al riconoscimento del dio. Il suo "mezzo di trasporto" è un carro trainato da Ippocampi (cavalli con la coda di pesce). Eolo e Nettuno sono due personaggi che si scontrano, ma il loro fare abbinato avrà delle conseguenze con Enea. Mare e venti sono forze cosmiche che da un lato ostacoleranno e da un lato salveranno Enea e i suoi compagni. Ci sono due visioni interpretative di Virgilio: in parte sembra che la profezia di Giove sia solo un modo per consolare Venere, ma ad una lettura più profonda sembra ci sia una visione pessimistica della critica. Dopo il proemio e la coda, incontriamo i personaggi principali, in particolare i suoi compagni, mentre l'apparizione vera e propria è ritardata (Odisseo appare solo al libro V, ad esempio). Sia Odisseo che Enea appariranno in un momento difficile per loro. Gli eroi stanno partendo dalla Sicilia (Trapani--> Lazio); non siamo nella prima tappa del racconto in quanto sono già da tempo in viaggio; ma la tappa è importante perché Enea ha appena perso il padre. Piaga eterna: Giunone è stata ferita dai troiani e per questo maledice tutta la stirpe; ma nonostante sia stata sconfitta non vuole desistere, anche se il fato glielo vieta; si lamenta però che altri dei del Fato hanno potuto vendicarsi a piacimento (es portato da lei: quando la flotta greca stava per raggiungere un promontorio, Atena si vendica di Aiace perché aveva stuprato una sacerdotessa troiana vicino alla sua statua) Che io sconfitta debba desistere dalle mie azioni: Mene incepto desistere victam è un gioco di parole; me pronome, ne particella implicita, incepto parola a sé; operando leggendola in modo fonico alla romana suonerebbe menincepto, che riporta a menin (l'ira dell'inizio) Giunone non si vendicherà direttamente dei troiani ma lo farà interposta: va infatti in Eolia, la terra dei Venti, --> collegamento ideale tra l'ira della dea e la tempesta imminente suscitata dai venti di Eolo; c'è un collegamento diretto tra le emozioni della dea e il tempo atmosferico; la scena è costruita attraverso immagini. Virgilio recupera il macrotema della tempesta (il topos della tempesta, che ha caratteristiche più o meno fisse--> naufragi di Odisseo, ciclo epico minore, Nostoi di tutti gli eroi). Eneide 1 ha una forte dipendenza in Odissea 5. Odissea 10 si apre con l'incontro con Eolo--> Eolo è signore dei Venti ma questi non sono rinchiusi in una prigione come in Eneide 1; Eolo li dona a Odisseo e i suoi compagni li liberano per gelosia e quando tornano nell'isola Eolo li scaccia in malo modo; Eneide 1 ha un Eolo e dei Venti molto diversi--> i venti sono utilizzati da un nemico di Enea, appunto Giunone; amenos Giunone corrompe il signore dei venti promettendogli una ninfa che lo renderà padre di una bella stirpe. La scena della tempesta trascende il momento topico dell'epica e gli elementi creano una tensione interna: tra la pietas, l'ordine di Enea e il furor, gli elementi di caos degli ostacoli di Enea (=Giunone, Turno, Didone… ) folle; Nettuno placa le folle e forse lui rappresenta, allude alla figura storica di Augusto. Ma c'è anche un'allusione violenta di Nettuno, che però rinuncia alla violenza: ciò succede subito prima dell'intervento, alludendo alla necessità della forza quando la parola non basta. Il termine furor appare in riferimento alla folla come caos e disordine: c'è quindi un'accezione negativa. Vir= grave, pieno di pietas, contrapposto al furor della folla Disfatti gli Eneadi si affannano a manovrare con la loro rotta sulle coste più prossime, e deviano verso le spiagge di Libia. C'è un luogo," l'interno d'un seno profondo: un'isola lo fa porto con la diga dei suoi fianchi, sui quali dal largo si frange ogni maroso e si frantuma in più minute ondulazioni .Di qui e di lì pareti scoscese, e due scogli gemelli svettano verso il cielo e sotto il loro strapiombo sicura si allarga una calma d'acque; poi uno scenario di tremule selve al di sopra, e v'incombe un bosco oscuro dalle ombre segrete; di fronte, sull'altro lato, un antro sotto una frangia di rocce, acqua dolce dentro e sedili di viva pietra, dimora di ninfe. Qui non ormeggio alcuno trattiene le navi spossate, non le imbriglia il morso adunco dell'ancora Ivi penetra Enea, recuperate dal novero della flotta sette navi: e con avido desiderio di terra sbarcati prendono possesso i Troiani dell'auspicata riva e distendono sulla battigia i corpi macerati dal sale. E dapprima Acate fece sprizzare dal selce una scintilla. e apprese il fuoco a un po' di foglie e lo nutri torno con seccume, e in quest'esca lasciò sprigionare la fiamma. Poi Cerere" guasta dalle onde e cereali strumenti approntano, indeboliti dalla prova, e le messi racimolate s'accingono a seccare al calore e a macinare su pietre. Enea scala intanto uno scoglio e cerca di allargare lo sguardo su tutto l'orizzonte marino, se qualcuno, un Anteo, avvisti sbalestrato dal vento, e delle frigie biremi, o un Capis o erette sulla poppa le armi di un Caico. Nave in cospetto nessuna; tre cervi" sul litorale scorge vagare: li seguono, alle loro spalle, branchi interi e una lunga sfilata al pascolo per le valli. Si apposta qui, e con le mani l'arco e le veloci saette afferrò, armamento che gli reggeva il fedele Acate, e dapprima i capi abbatte, che alte puntavano le teste con arboree corna, quindi scompiglia il grosso e tutta la turba, cacciandola con dardi tra le frondose boscaglie: né se ne astenne prima che, vincitore, sette grossi corpi stendesse al suolo e pareggiasse il loro numero alle navi. Di li raggiunge il porto e li spartisce tra tutti i compagni. Poi il vino, di che gli orci aveva caricato l'ottimo Aceste sul lido trinacrio," e aveva donato, l'eroe, alla loro partenza, "divide, e parlando conforta la tristezza dei loro cuori: «O compagni (ché noi da tempo non siamo inesperti di guai), o voi che ne patiste di più gravi, un dio darà fine anche a questi. Voi avvicinaste la rabbiosa Scilla" e l'echeggiare profondo dei suoi anfratti, voi sperimentaste ancora i macigni dei Ciclopi: fate appello al coraggio e congedate il tristo sconforto; forse anche questo un giorno non sarà che dolce ricordo Attraverso varie avventure, messi a repentaglio da tanti casi, è verso il Lazio che ci muoviamo, dove ci prospetta il destino una sede serena: laggiù al regno di Troia è concesso risorgere. Tenete duro e serbatevi per più favorevoli eventi>>. Queste cose espone col labbro e da gravi pene gravato simula speranza sul volto, in fondo al cuore caccia l'angoscia.. Quelli si rivolgono alla preda, che diverrà loro vivanda: strappano dalle costole le schiene e mettono a nudo i visceri; parte le trinciano in pezzi e palpitanti le infilano in spiedi, altri piazzano vasi di bronzo sulla proda e controllano la fiamma Allora col cibo reintegrano le forze e sdraiati per l'erba s'empiono di vecchio Bacco" e di grassa selvaggina. Poi che fu tolta la fame e vennero rimosse le mense, in lunghi conversari rimpiangono i compagni perduti dubbiosi tra la speranza e il timore, o che li ritengano vivere o vittime del peggio e ormai fatti insensibili alle invocazioni. Specialmente il giusto Enea ora del fiero Oronte lamenta tra sé la sorte, ora d'Amico, e il crudele destino di Lico, e il forte Gias, e il forte Cloanto Il ritorno della calma rende possibile l'approdo in un luogo sicuro: Enea era partito con 20 nave e 13 risultano perdute. La nave di Oronte è precipitata e sarà perduta. Gli altri però, a sorpresa si salvano. Arrivano nella Libia. Topotesia= descrizione del luogo; finalmente tranquillo e sicuro, ideale corrispondenza tra il luogo e l'accoglienza di Didone. --> situazione recuperata dall'epica omerica e riadattata; come quando Odisseo approda nell'isola dei Feaci Antro delle Ninfe circondato da acque con telai in pietra delle ninfe e altri loro oggetti accessori. Odisseo sarà riportato in patria dai Feaci stessi che lo ricondurranno con le loro navi nell'isola di Itaca, dove arriva addormentato --> l'antro delle ninfe viene ripreso da Virgilio, crea una pausa dall'eccessivo dinamismo narrativo della tempesta Nel luogo posto dopo le disavventure l'eroe cerca il cibo (momento topico) e caccia (momento topico); la caccia al cervo avviene anche nel libro X nell'episodio di Circe. Enea abbatte 7 cervi (numero di navi superstiti) e dopo un banchetto improvvisato si rivolge ai suoi compagni: il poeta fa emergere le preoccupazioni umane dell'eroe; è promotore si speranza, ma in realtà è finta. Parla delle loro avventure assieme (che non abbiamo ancora visto perché avverranno nei libri 2 e 3). E già si era alla fine, quando Giove dalla sommità dell'etra giù guardando al mare alato di vele e alle distese di terra e alle costiere e ai popoli sparsi, così dal vertice del cielo s'arresto, e fissò le pupille sui regni di Libia. E a lui, che nel petto considerava le cure del buon governo, un poco triste e soffusa di lagrime gli occhi luminosi rivolge Venere la parola: «O tu che le vicende di uomini reggi con eterno potere e ammonisci col fulmine, che cosa il mio Enea, che cosa poterono i Troiani commettere in spregio a te, che a loro provati da tanti triboli per causa dell'Italia si chiude ogni angolo del globo? Che con certezza di qui un giorno, col volgere degli anni, i capi romani, di qui proverrebbero dal risuscitato sangue di Teucro." a prendere possesso del mare, possesso d'ogni terra, tu l'hai promesso: quale parere, o genitore, ti ha cambiato? Con questo, sì, mi consolavo del tramonto di Troia e delle tristi sue macerie, compensando con un destino il destino contrario; ma ora la medesima sfortuna perseguita uomini già incalzati Da tante sventure. Che fine assegni, o gran re, al loro penare? Fu in grado Antenore," sfuggito alla stretta achiva, di risalire nei golfi d'Illiria," e al sicuro fin nell'interno del regno dei Liburni" e valicare le fonti del Timavo, di dove per nove bocche tra lo scrosciare lungo del monte una marea prorompe e ne copre i campi il risonare dell'onda. Pur qui collocò colui la città di Padova, e insediamenti di Teucri, e diede loro dignità di popolo e ripose le armi troiane, adesso sta nella quiete d'una placida pace: noi, tua progenie," cui il tuo cenno consente la rocca celeste, perdute (orrore!) le navi per il rancore d'una sola persona, siamo traditi e più che mai remoti dalle italiche spiagge. Cosi riconosci chi è devoto? Cosi ci avvii a regnare?» .A lei sorridendo il creatore degli uomini e degli dèi con quel volto con cui fa sereni il cielo e le tempeste, sfiorò le labbra della figlia, quindi in tal modo risponde: «Risparmiati i timori, Citerea: ti resta inalterato il destino dei tuoi; tu vedrai la città e le mura di Lavinio di cui sono garante, e farai ascendere alle costellazioni del cielo" il virtuoso Enea; né alcun parere mi ha cambiato. Costui (lo rivelerò, perché questo è il pensiero che t'angustia, e spiegandone tratti più lunghi ti evocherò gli arcani del fato) una gran guerra avrà a farti in Italia, e popolazioni belli Cose rintuzzerà e sarà alle genti di civiltà fondatore e di mura, finché la terza estate l'avrà visto regnare sul Lazio e tre stagioni d'inverno saranno passate sottomessi i Rutuli. "Ma il piccolo Ascanio. cui ora si aggiunge l'altro nome di Iulo (ed era Ilo, finché l'ilia potenza si fondò su un regno). Venere va da Giove, suo padre, perché si preoccupa per il figlio Enea: la conversazione avviene in cielo, lontano dal mondo terrestre; lei lo apostrofa dicendo che si è dimenticato di lui. I patti erano chiari: Enea e la sua stirpe avrebbe dato vita ai romani che poi avrebbero preso possesso della terra, ma che fine ha fatto questa promessa? La componente epica ed il tratto storico si uniscono e sono simili. Essa era fonte di consolazione per Venere, ma ora sembra non esserci mai fine e si chiede perché devono continuare a penare. Perché fu in grado Antenore di arrivare in Illiria e fondare Padova e Enea non può? È bastato il solo intervento di Giunone (--> non la nomina ma si sa chi è) per tradire chi gli è devoto E poi gli fa delle richieste; Ciò avviene anche nell'Odissea quando Atena chiede a Zeus se si è dimenticato di Odisseo e perché lo ha preso in odia, portandolo poi a mandare Ermes in aiuto. Un altro esempio è Teti, che chiede a Zeus di intercedere per il figlio Achille, il quale le aveva fatto una supplica a lei che mentre lui non era in campo che i Greci subissero molte perdite --> similitudini Teti e Venere: Madri Parlano con Giove Achille chiede a Teti di parlare a Giove di un intervento perché soffre molto a causa di Agamennone. Trascorsi 10gg in cui Zeus sta banchettando presso gli Etiopi, Teti gli fa una visita in modo furtivo, ad insaputa degli altri dei tra cui soprattutto Era, e gli chiede di dare vittorie a Troia. Era però se n'è accorta e ha il sospetto dell'oggetto del loro conversare (è sorella e sposa di Zeus, non priva di pre- conoscenza approfondita degli eventi). Zeus parla di come non è sempre colpa degli dei per le disgrazie degli uomini, ma Atena parla di Odisseo e del fatto che sembra che Zeus se ne sia dimenticato e lo lasci da Calipso.--> anche Atena come Teti e Venere, ma non madre, solo dea protettrice. Zeus gli consentirà il ritorno--> nostos (=ritorno in patria) Venere= incongruenze profezia, Enea predestinato ma ostacolato Vedono un luogo con segnacolo (testa di cavallo)dissotterrato dove si fonda un tempio in onore di Giunone. --> presenza inquietante, simbolo di bellicosità e potenza dei cavalli; soprattutto collegamento Giunone; Enea si tranquillizza perché vede sui dipinti del tempio le avventure dei troiani durante la guerra di Troia Attrito cognitivo dell'eroe--> nel tempio della dea pro-achei ci sono le avventure dei troiani; Enea è molto sentimentale Ekphrasys--> descrizione; in questo caso descrizione di un'opera d'arte senza che noi la vediamo; focalizzazione interna con l'eroe che in prima persona la racconta Tutte parti presenti anche nell'intero arco temporale della guerra di Troia fino ai nostoi (ritorno eroi achei). Episodi--> Achille uccide Pentesilea, regina amazzoni; leggenda extra-omerica del ciclo-minore; non tutte le parti derivano dalle parti omeriche ma alcune testimonianze ci permettono di ricostruire delle parti dei principali poemi Didone arriva al tempio scortata da un gran numero di giovani --> similitudine: come Diana spiccava tra le sue compagne rendendo fiera Latona, qui Didone emerge tra il suo seguito Libro VI Odissea--> Nausicaa gioca a palla con le compagne e con le voci sveglia l'eroe assopito presso i cespugli; viene applicata la stessa similitudine (paragonata ad Artemide che è più bella e alta delle compagne) NB: tratti dello stile e del codice epico appaiono sia nell'epica omerica che nell'epica virgiliana, come ad esempio nella similitudine Didone è una presenza narrativamente importante nei libri 1, 2 e 3, ma non diventerà principale fino al libro 4. Le vicende di Enea sono raccontate infatti ad un personaggio interlocutore: la stessa Didone. La incontrerà poi nel libro 6 nell'oltretomba. Sarà un incontro mancato: la regina si chiuderà infatti in un muto silenzio. Introduzione della protagonista femminile (estese implicazioni con il suo personaggio fino al libro 6) È presentata come esempio di buon governo, amministratrice di giustizia e di vari altri aspetti della vita pubblica, è punto di riferimento dell'autorità pubblica Contrapposizione con Enea: grande instabilità e precarietà sul momento; ma mentre l'esito di Didone è tragico (=apporto extra-generico dalla tragedia greca soprattutto nel libro 4) e scivolerà molto velocemente, Enea avrà un epilogo vittorioso --> elementi extra-generici: Didone= prototipo del protagonista tragico; ha tratti in comune con eroi uomini ed eroine donne; come Aiace: solitudine, incapacità di piegarsi al compromesso; come eroine sofoclee: personaggi duri; è un personaggio epico + tragico La dissoluzione della nebbia non arriva subito, non svela subito Enea ed Acate, ma prima dell'incontro c'è un intermezzo scenico ornamentale e con funzione di allacciarsi con l'omen della dea Venere, in quanto vede i rappresentanti delle 12 navi creduti perduti al cospetto di Didone. Prende parola il più autorevole, Ilioneo, che chiede che la loro flotta non sia bruciata (quando un naufrago arrivava presso una terra non si sapeva se l'accoglienza sarebbe state benevola perché le popolazioni temevano ostilità; Ilioneo riferisce che c'è una terra (esperia) abitata da popoli guerrieri (enotri) ma chiamata Italia dal capo Italo Tibicina--> v534; questa era la rotta: (non prosegue, puntello che Virgilio non riuscì a completare) Ilioneo protesta davanti a Didone per l'accoglienza non piacevole ottenuta dai sopravvissuti: versi in contrapposizione con ciò che aveva detto Giove (che i punici non sarebbero stati ostili) Ilioneo parla del suo capo di cui non sa più nulla in presenza di Enea: parla con sincero apprezzamento del capo tracciando il ritratto eroico del leader: Pietas--> animo generoso Iustitia--> senso della giustizia Virtus--> grandezza nelle gesta di guerra, valore in combattimento Sono la summa della qualità eroica che sono entro Enea Ora giunti qui, chiede quindi di mettere in secco le navi e se il re sarà ancora vivo di poter ricongiungersi con lui così potranno ripartire senza recare danno; se la salvezza di Enea è preclusa (si riferisce a lui con effetto ironico perché sta ascoltando) per il mare e non c'è nemmeno Iulo, non rimarranno da lei ma torneranno in Sicilia in una residenza già pronta dei regni di Aceste (=troiano fuggito prima di Enea e stabilitosi lì; sono partiti da quelle terre all'inizio del libro 1). Operazione eterodiretta--> non dipende da Didone l'accoglienza che lei riserva ad Enea e ai suoi e non dipende da Enea l'abbandono forzato della regina; sono gli dei che controllano; non possono separarsi dall'apparato divino in azione Ironia tragica--> il lettore che conosce la situazione vede la debolezza della regina perché sa le vicende che si creeranno, la maledizione di Didone e la sua morte e l'inimicizia tra romani e cartaginesi (la speranza, l'augurio è inutile) Dopo la conversazione Enea ed Acate (=vedi tutto è sicuro, recuperati la flotta e i compagni uno solo ne manca che noi stesso vedemmo sommerso in mezzo ai flutti) si sentono sicuri e la nuvola di nebbia di squarcia all'improvviso (longa manus degli dei) ed appare Enea allo splendore della luce grazie anche ad un abbellimento artificiale prodotto dagli dei sul personaggio umano che diventa ancora più bello e prestante di come già si presentasse. --> quando Odisseo riceve gli oggetti per il lavaggio e Nausicaa gli porge i vestiti, Atena lo rende ancora più bello (libro 6) Colori pregiati vengono diffusi attorno ad Enea per attirare l'attenzione di colei che lo guarda, la regina Didone--> corrispettivo di Nausicaa Enea dice che lei è l'unica a mostrare benevolenza anche se non potranno contraccambiare nell'immediato, ma gli dei le offriranno degna ricompensa (ironia tragica) Fanno poi domande di rito tradizionali (chi sono i genitori, quali secoli ti feconderanno?) Didone si rivolge ad Enea Differenze con Odisseo e Nausicaa--> Enea e Didone sanno chi sono a vicenda perché si sono rivelati; Nausicaa non sa chi sia (come non lo sanno i suoi genitori) fino alla fine del libro 8 Didone fin dal primo discorso che rivolge ad Enea c'è la sua curiosità nei confronti delle avventure dell'eroe: è solo un primo cenno, ma alla fine dello stesso libro, durante la scena conviviale del banchetto per Enea lei gli chiederà di nuovo di raccontarle cosa lo ha portato a sbarcare nelle sue coste e per soddisfare la curiosità narrativa dell'autrice lo farà anche se non vuole. Didone ricorda un fatto accaduto nel passato quando suo padre Belo a Sidone e lei avevano visto Teucro, fratellastro di Aiace Telamonio e figlio di Telamone, che era stato cacciato dal padre perché non aveva salvato Aiace e così lui aveva raggiunto Sidone e aveva parlato loro della guerra di Troia, della sua caduta e di quello che è successo (ecco come lei aveva conosciuto i particolari e nomi)--> aveva già sentito il nome di Enea Motivo del me quoque--> "anche io"; Didone ha già conosciuto la sventura, non è ignara alla sofferenza, quindi quando può aiuta gli infelici Contrapposizione piano divino <=> piano umano Ancora una volta Venere progetta nuovi piani perché non si fida della profezia di Zeus --> modello di Apollonio: l'innamoramento tra Medea e Giasone è voluto da Afrodite, Era e Atena; anche qui l'innamoramento di Enea e Didone avviene per Venere. Il personaggio femminile è già ben disposta nei confronti dell'eroe (anche qui per intervento di Mercurio) ma qui si trasmuta in innamorata Il suo piano è che il dio dell'amore Cupido, che interviene tra Medea e Giasone, con i suoi attributi accende d'amore il bersaglio delle sue armi e prenderà le sembianze di Ascanio per infiammare fino alla follia furor d'amore Didone -->figure del furor= Giunone-odio troiani, Eolo e venti-destabilizzano il cosmo, Didone- personificazione del furor --> figure della pietas= Nettuno-placa i venti, Enea-campione della pietas che supera tutti gli ostacoli del furor Didone esaspera totalmente il sentimento e vittima del furor quando non potrà più controllarsi si ucciderà: metafora del fuoco e della fiamma= Didone brucerà d'amore per Enea e l'unico modo per spegnersi sarà la spada (morte simile a quella di Aiace). Dardi tifei= saetta di Zeus Cupido è una piccola divinità ma è temuta da dei e uomini e così Venere chiede aiuto a lui--> Venere insinua un dubbio che Didone agisca in malafede perché a Cartagine si venera Giunone; Enea ha sottovalutato il fatto che si trovasse nel tempio dell'arcinemica ma Venere ci vede cattive intenzioni nel fare lusinghiero di Didone e teme che dietro di sia Giunone (Iunonia Hospitia). A monte dell'innamoramento di Didone per Enea c'è l'azione della dea--> solo al libro 4 si capiranno i danni fatti alla regina Virgilio dà spazio a personaggi come Didone che fanno vedere la debolezza dell'eroe: lui si dimostra scorretto con dei personaggi troncando in modo brutale la loro fine --> parentesi delle altre versioni di Didone Dido= in punico significa virago, donna con caratteristiche maschili (nomen omen= donna regina, donna che amministra la città, donna ecista). La sua storia ricorda quella della figura di Elisa, regina punica, ed infatti la sua storia segue questa e ogni tanto viene anche chiamata in questo modo. Ma prevale il nome Didone e ha una nuova storia: l'amore di Enea. Nella realtà è vero che scappò dalla terra originale e creò un nuovo regno, ma il suo suicidio sarebbe dovuto al fatto che avrebbe dovuto sposare un re africano. Inoltre sarebbe stata la sorella di Didone (Anna) ad innamorarsi di Enea. Anna e il possibile matrimonio di Didone appaiono, ma non hanno seguito narrativo Venere mette in guardia Cupido del fatto che Ascanio sta arrivando a portare doni a Didone, ma lei lo trasporterà dopo averlo addormentato nelle sue isole sacre in modo che rimanga all'oscuro di tutto (lo porta a Scalia, in un luogo rilassante che possiamo immaginare in una sorta di sinestesia), mentre Cupido si travestirà da Ascanio. Quando Didone l'accoglierà facendolo sedere sulle sue gambe, lui le inoculerà un discreto fuoco e sarà ammaliata a sua insaputa. --> il piano si compie Didone viene chiamata sventurata--> tessera aggettivale che ci dice in modo potente che le cose si metteranno male e che la felicità della regina è solo apparente e tutto precipiterà nel suo destino. Il diabolico cupido abbraccia il finto padre ed esprime finto amore al genitore fittizio; poi va su Didone e prima con lo sguardo l'ammalia e poi lei lo prende sul grembo: memore colui della madre acidalia, a poco a poco comincia a cancellare Sicheo e prova a sovvertire con una passione viva i sensi già da tempo impigriti, e il cuore non più avvezzo. Ci viene qui indicato che lei è vedova (lo sapevamo già) e che ha fatto una promessa al marito defunto di non amare e sposarsi più (motivo per cui si suicida per non sposarsi di nuovo). Ciò viene cancellato da Cupido. Fa riempire una coppa pesante dei suoi avi (da Belo) di vino e fa un brindisi in onore della benefica Giunone--> ironia tragica Chiede la benedizione degli dei e dei concittadini per approvare il loro incontro Aedo Iopas rallegra banchetti tiri e canta temi cosmogonici --> Demodoco nel libro 8 Odissea cantava invece canti epici Didone prosegue il banchetto e assorbe lentamente l'amore (longum…bibebat amorem= beveva un lungo amore; nel bere il vino beve anche l'amore).