Scarica Appunti di Diritto Ecclesiastico e più Appunti in PDF di Diritto Ecclesiastico solo su Docsity! DIRITTO ECCLESIASTICO 1 LEZIONE 9 OTTOBRE 2017 Cosa è il diritto ecclesiastico? Il diritto ecclesiastico non è il diritto di una Chiesa particolare, non coincide con il diritto canonico né tanto meno con il diritto delle altre religioni (come per esempio il diritto islamico, ebraico, ecc.); non studia le regole interne di nessun ordinamento. Il diritto ecclesiastico studia l’interferenza giuridica tra la religione e l’appartenenza di fede e il diritto di uno Stato. Quindi, il suo riferimento è sempre norme di produzione statale o sovranazionale. Tale diritto non cerca le norme in testi che possano avere derivazioni religiose. Le norme vengono cercate nelle fonti dello Stato (costituzione, regolamenti, direttive, leggi, ecc). Quanto al piano sostanziale, è più complicato definire il diritto ecclesiastico. Su tale piano, tale diritto studia come il diritto reagisce a un’appartenenza di fede, come viene regolato il fenomeno religioso negli ordinamenti. Il diritto ecclesiastico regola tutto, ma c’è una materia che viene principalmente regolata dal diritto ecclesiastico che è la materia delle relazioni con organizzazioni religiose. Ricapitolando: il diritto ecclesiastico è un diritto di Stato -> da un punto di vista della produzione normativa, la fonte è sempre statuale; da un punto di vista del contenuto le norme si trovano sparse un po’ dappertutto -> qualcuno ha provato a dar vita a un codice di diritto ecclesiastico ma è un codice dottrinale Il motivo è semplice: quando uno ha un’appartenenza di fede, la fede la porta con sé in tutte le condotte umana e quindi interroga continuamente gli ordinamenti. L’India è una grande nazione in cui ha vissuto l’induismo. L’induismo, quando lo studiamo ancora oggi nell’ambito del rapporto tra lo Stato italiano e gli induisti, non ci pone problemi, perché non chiede quasi niente. E’ una religione molto performante nella comunità, che ha grandi incidenze sulla società e sulla strutturazione della società. La divisione in caste induiste ha una matrice religiosa. Le caste sono 4: 1)Bramini (sacerdoti che governano i restanti); 2)Guerrieri; 3)Produttori; 4)Servitori Paria -> non è una vera casta, sono coloro che non hanno casta, sono gli impuri per eccellenza. Devono essere allontanati perché nella vita precedente sono stati peccaminosi. Non possono avere rapporti con gli altri. Le caste soono state tali, socialmente riconosciute, fino al 1950. Dal 1950 la Costituzione indiana le abroga. Però passare dal piano formale al piano sostanziale non è semplice, quindi è chiaro che ancora oggi è difficile adattarsi. La sati è una pratica legata alla religione che però era costume sociale e anche legge in India -> quando il marito muore, la moglie deve morire con il marito; la moglie si deve buttare nella stessa pira del marito (deve darsi fuoco insieme al marito buttandosi in questa pira). Anche la sati è stata abolita nel 1950. Nel caso della sati e delle caste prima del 1950 i tratta di atti giuridicamente regolati, alcune volte obbligati. Anche l’Egitto è fondata sulla divinità, il faraone è Dio e la strutturazione della società è fondata sulle divinità. La religione condiziona la vita degli individui e la storia dei popoli da sempre in tutte le aree geografiche. Per quanto riguarda il Mediterraneo, questo è un posto particolare nel mondo, perché affacciate su esso sono nate le tre grandi religioni del Libro: Ebraismo, Cristianesimo e Islam. Queste religioni hanno condizionato e condizionano la storia del mondo (conflitto in Ucraina, conflitto palestina-israele, questione terrorismo islamico). PUNTI DI CONTATTO: Le tre religioni del Libro si chiamano così per un motivo anche banale, derivato dal fatto che tutte e tre sono legate a un Libro (Torah, Bibbia, Corano). Il primo elemento è l’essere religioni rilevate -> tutte e tre hanno un Dio che a un certo punto si rivela, si mostra all’uomo e che detta un decalogo di regole che l’individuo deve seguire; queste regole vengono scritte nei libri. Secondo elemento che le unisce è che nascono tutte nello stesso luogo geografico che è l’Asia Minore, diffondendosi soprattutto in Europa; l’Islam soprattutto in Africa e in Asia (anche il cristianesimo si diffonde in Asia e in Africa ma molto più tardi e in maniera completamente differente). Terzo elemento è che tutte e tre sono monoteiste, cioè hanno un solo Dio. Il Dio è lo stesso poi in realtà. E’ un dato rilevante soprattutto nel momento in cui le singole religioni nascono, perché attorno a sé hanno una situazione di politeismo. Accanto a questo è legato un altro elemento e cioè il produrre quando nascono una rottura storica che è sempre traumatica (sul piano giuridico si può affermare “sovversione”). Il dopo rottura è sempre meglio del prima rottura. Le religioni sono un elemento di progresso, ma possono essere anche elemento di regresso, senza dubbio, però, all’inizio tutte e tre queste religioni smuovono situazioni e comportano progresso -> sono tutte e tre accomunati da questo elemento sovversivo che produce progresso. Altro elemento comune alle tre religioni è l’esclusivismo: le religioni monoteiste partono tutte e tre da un principio per cui il Dio di ognuna è l’unico Dio che da salvezza; ciò significa che non viene riconosciuta capacità salvifica agli altri dei. L’esclusivismo è interno (nessuno quando fa parte di un’organizzazione religiosa può mettere in dubbio le verità fondamentali, se lo fa viene cacciato, più spesso ucciso nell’epoca passata. Es: se sono in una comunità cristiana, tutti devono credere in un unico Dio e nessuno deve contestarlo altrimenti è considerato eretico e viene perseguitato) ed esterno (il tuo Dio non è salvifico). L’esclusivismo esterno può assumere due forme: 1) non si riconosce che un Dio sia salvifico, ti lascio vivere 2) si ritiene che un Dio non è salvifico, ma il Dio a cui credo io mi obbliga a convertirti alla vera fede, quindi ho un comportamento aggressivo: se non riesco a convincere l’altro lo uccido. Questo seconda forma di esclusivismo dà luogo alla c.d. intolleranza religiosa Le tre religioni sono accomunati dal fatto che questo Dio è lo stesso Dio, cioè il Dio di Abramo e il Dio dei cristiani è Allah, non si è evoluto. L’islam dice che Allah è il Dio di Abramo e il Dio dei cristiani ed la rivelazione di Allah è l’ultima (la rivelazione del Corano è l’ultima). Dio si manifesta una prima volta come il Dio di Abramo e detta una legge; si manifesta una seconda volta in un’altra veste, quella di Cristo, che detta un’altra legge che in parte abroga la precedente; infine si manifesta nella figura di Allah che detta una legge che abroga tutte e due le precedenti. Cosa le differenzia? Il primo elemento è il modo di vedere il rapporto tra Dio e i fedeli -> per gli ebrei e per i musulmani pronunciare Dio come fanno i cristiani è blasfemo; Dio, per loro, è una realtà, ma non hanno un rapporto con lui è qualcosa di extratemporale. Questo incide anche sul rapporto con la legge di Dio -> nell’ebraismo la legge è legge e non si discute; quello che Dio comanda, si fa. La conseguenza è che nell’ebraismo e nell’islam non si può fare teologia e non c’è un’evoluzione della legge. Nell’islam si parla di immobilismo scritturale. Nel Cristianesimo, invece, questo non c’è; il Dio è vicino e la legge viene legge in maniera diversa nel corso del tempo, c’è la possibilità di un’evoluzione. Il terzo elemento è l’evoluzione -> gli ebrei nascono in Asia minore, si sviluppano nel bacino dell’Africa ma hanno una vita breve (dopo il 70 d.c. vivono come minoranze religiose). 2 LEZIONE 10 OTTOBRE 2017 EBRAISMO La prima religione del Libro di cui parliamo è la religione ebraica perché è quella che appare per prima nella storia. Il fondatore della religione ebraica si chiama Abramo, la sua storia la conosciamo dalla Bibbia (essendo stata scritta successivamente a Abramo, sul piano della cronologia è un po’ impreciso). Storicamente, per convenzione, si ritiene che Abramo sia vissuto 1800 anni prima di Cristo. Abramo vive nel deserto, in una tribù e questo lo accomuna un po’ con l’esistenza di Maometto. Viene considerato un bimbo prodigio perché a 3 anni sente la chiamata di Dio e comincia a maturare dentro di sé l’idea di un Dio unico. Ovviamente, Abramo viveva in una situazione di politeismo e quindi il vocarsi ad uno Dio unico lo pone in dissidio con le altre persone con cui vive. Dopo 70 anni, Abramo prende consapevolezza di questa sua illuminazione e del fatto che il sistema politeista è un sistema non corretto, che non deve essere più seguito; elabora, quindi, un suo pensiero che viene anche formalizzato. Questo Dio si rivela nella vita di Abramo (ecco qui la religione rilevata) e gli fa una proposta: “se tu accetti me come tuo unico Dio e ti impegni a seguire la mia legge, io ti prometto che tu avrai una progene numerosa come le stelle, una terra promessa, quindi avrai un regno ma anche la pace eterna”. rapporto tra lo Stato italiano e gli ebrei sia come individui sia come organizzazione. In passato erano definite università. La loro strutturazione viene riconosciuta in modo importante per la prima volta dal fascismo. Il fascismo ha riconosciuto le comunità ebraiche come enti di diritto pubblico (oggi, nessuna organizzazione religiosa è riconosciuta come ente di diritto pubblico in Italia). Questa scelta è stata una scelta lungimirante della comunità ebraica che chiese di essere strutturata come un ente di diritto pubblico; molti erano contrari perché divenire enti di diritto pubblico nel periodo fascista significava avere molti controlli, però allo stesso tempo significava essere tutelati e intoccabili. Il fascismo ha perseguitato gli ebrei come individui ma mai le comunità, le ha sempre riconosciute. L’essenza pubblica delle comunità ebraiche ha portato, fino a quando non è stata adottata l’intesa, a che gli ebrei risultavano iscritti e pagavano attraverso un ruolo delle imposte comunali, un’imposta -> tutti gli ebrei erano sottoposti al pagamento di un’imposta, l’imposta veniva raccolta dai Comuni attraverso un ruolo pubblico. 3 LEZIONE 11 OTTOBRE 2017 ISLAM Nasce dall’opera di Maometto nel 570 d.c., è l’ultima delle religioni del Libro. Quando nasce l’Islam (VI sec.), il Cristianesimo si trova già in fase avanzata -> Roma e Costantinopoli si sono già separate. Il fondatore della religione è appunto Maometto; egli ha una vita simile a quella di Abramo. Nasce nel 570 d.c., vive, come Abramo, nel deserto in una tribù – ma non in una tribù di pastori e piccola come quella di Abramo – è una grande tribù di mercanti e questo ha una grande incidenza sulla vita e sullo sviluppo della religione che egli fonda. La religione islamica mutua molto dal cristianesimo, tanto è vero che negli scritti di Maometto ci sono segni teutonici, che preannunciano la venuta di Dio. Quando nasce, Maometto diventa subito orfano e viene affidato allo zio che era un mercante; quindi, nei primi anni di vita, viaggia molto e viene a contatto con le comunità cristiane che influenzano molto il suo modo di pensare e di agire e anche lui si rende conto che la religione che segue il suo clan, che è una religione politeista, non è corretta. Per questo, va anche lui verso un monoteismo. E’ importante ricordare che Maometto si sposa con una ricca vedova, Khadija; data la ricchezza della moglie, ha la possibilità di lasciare l’attività di mercante e di dedicarsi alla meditazione. Durante la meditazione, viene a contatto con Dio. Dio gli si manifesta attraverso l’arcangelo Gabriele (negril). Quindi, durante la notte del destino, nel 610 d.c., Maometto incontra questo angelo che è messaggero di Dio e gli indica la via a votarsi a una divinità monoteista, invitandolo ad abbandonare la precedente religione. Maometto raccoglie l’invito e comincia una predicazione dentro il suo clan che è una predicazione volta a convincere costoro a abbandonare la fede nel politeismo, che è non solo una religione sbagliata, ma che è anche un impianto sociale sbagliato. L’elemento sovversivo di Maometto è molto più forte di Abramo, perché Maometto cerca di lavorare sulla sua società, convincendoli gli altri a sposare la sua fede; Abramo prende la sua tribù, va da un’altra parte e fonda il suo popolo. Uno degli elementi che distingue l’Islam e il Cristianesimo dall’Ebraismo è dato dal fatto che Cristianesimo e l’Islam fanno proselitismo, cioè hanno come obbligo di legge divina testimoniare agli altri la propria fede e convincerli a sposarla. Al contrario, gli ebrei non hanno questa visione, perché nella loro visione c’è un patto tra gli ebrei e Dio (vale solo per loro). Perciò, Maometto cerca di convincere i mercanti a essere più generosi, a non praticare l’usura, ad uscire da una visione settaria. Conseguenza è che, a differenza di Abramo, Maometto è costretto ad andarsene, deve scappare da La Mecca, e si rifugia a Medina dove viene ancora di più a contatto con le comunità cristiana, ma crea un suo gruppo. Quindi, a Medina nasce la prima comunità musulmana che poi si rafforza nel potere temporale e territoriale al punto tale che, una decina di anni dopo, riescono a riprendersi La Mecca e tornano a La Mecca nel 630 d.c. e 2 anni dopo Maometto muore (632 d.c.). Da quel momento, l’Islam rischia di implodere (di morire in culla), nel senso che, morto Maometto, dato la stretta connessione tra religione e potere temporale, si scatena all’interno della comunità una guerra interna per la successione di Maometto. In una prima fase della guerra, una prima soluzione viene trovata come l’istituzione del califfato. Il califfo è il successore di Maometto ma solo nella gestione della cosa temporale, ma non è una guida spirituale (è il capo di governo della comunità politica); non ha capacità di interpretazione del Corano (anche perché il Corano non può essere interpretato) quindi non è minimamente paragonabile alla figura del papa o di un vescovo. Quindi, una delle caratteristiche della comunità islamica è che non ha una strutturazione gerarchica (non c’è un papa, un vescovo, un parrocoma tutti i fedeli sono sullo stesso piano), si caratterizza per essere un corpo sociale (unna). L’assenza di questa strutturazione gerarchica ci pone diversi problemi, innanzitutto di comprensione Nella visione islamica originaria e odierna, non c’è frattura tra il corpo sociale islamico e la società civile, sono sempre stati una cosa sola. E’ chiaro però che questa visione del califfato non risolve tutto. Uno dei motivi di divisione sta nel come si nomina il califfo: se deve essere scelto solo tra i parenti di Maometto oppure se si può uscire dalla visione dinastica. Morto Maometto, siamo nel 632 d.c., vengono nominati i califfi, i quali muoiono subito per morte violenta, fin quando nessun califfo riesce a tenere la comunità, e allora, per evitare il rischio che l’islam muoia in culla, già nel 700 d.c. si lancia la Jihad ossia la c.d. guerra santa, in questi tempi, di conquista di altri territori basata sul principio universalista (devo diffondere la mia religione perché Maometto vuole che tutto il mondo sia musulmano). E’ bene precisare che molto spesso questo tipo di guerre contro gli altri nasce per evitare che nascano conflitti interni. La Jihad in questo momento è particolarmente efficace perché in pochissimi anni prendono tutta l’Africa del Nord, l’Asia Minore, e nel 700 d.c. attraversano Gibilterra, arrivano in armi, conquistano la Spagna e arrivano fino ai Pirenei, dove i francesi li bloccano a Poitiers. Persa l’occasione di invadere l’Europa da quel lato, cercano di entrare dall’altra parte. Di là ci sarà per lungo tempo Costantinopoli, poi l’Impero di Bisanzio, successivamente Bisanzio cade sotto la forza degli Ottomani. I musulmani cercheranno di arrivare a Vienna, la quale viene assediata diverse volte, ma lì si bloccano e non riescono ad andare oltre. Quindi, dal 700 d.c. al 1950-1970 l’Islam dall’altra parte del bacino mediterraneo; poi, con la democrazia e gli Stati nazionali, oggi i musulmani tornano da noi e si istallano per la prima volta sul territorio europeo. Abbiamo vissuto noi europei l’Islam come una forza bellica, abbiamo sempre vissuto separati; ora li ritroviamo “in casa” e dobbiamo cercare di conoscerli spogliandoci della memoria del conflitto. E’ bene ricordare che i cavalieri di Malta ci hanno regalato la libertà di cui noi oggi godiamo, sono stati eliminati da Napoleone Bonaparte. E’ necessario segnalare che nell’operazione di espansione l’Islam porta con sé non solo la forza bellica ma anche la religione, quindi quando l’Islam comincia a conquistare un territorio, tutti coloro che su tale territorio abitano deve convertirsi all’Islam, con due eccezioni: gli ebrei e i cristiani. Essi, poiché credono nello stesso Dio che è Allah, non devono necessariamente convertirsi; vengono a loro riservati degli statuti definiti statuti personali -> i musulmani ammettono che sul territorio islamico gli ebrei e i cristiani possono applicare le loro regole. Il contrappasso è essere cittadini di serie B: devono pagare una tassa. Gli altri devono convertirsi necessariamente altrimenti muoiono. C’è quindi una conversione attraverso la guerra, una conversione armata. In questa espansione, l’Islam sarà aiutata molto dalla debolezza che in questo momento ha il Cristianesimo che è forte nello spirito ma non nel potere e è un Cristianesimo in cui le comunità litigano molto tra di loro; in particolare, le comunità dell’Asia minore e le comunità dell’Africa del nord non amano molto Bisanzio. Il testo di riferimento dell’Islam è il Corano che è parola increata, deriva dalla dettatura a Maometto da parte dell’arcangelo Gabriele (la quale deriva da Dio). Essendo parola increata, cioè dettata, c’è un forte immobilismo scritturale, ci sono quindi pochi spazi di interpretazione. Il Corano è uno dei testi al mondo più difficile da leggere e da comprendere perché si compone di sure, frasi che a loro volta sono composti dai versetti. All’interno del testo non c’è una divisione per materia, ma, al contrario, le sure sono scritte in ordine cronologico per lunghezza. Pur essendo il Corano non sottoponibile a un’operazione di interpretazione teleologica e dogmatica, ci sono i giuriconsulti, gli urama, intesi come coloro che ricostruiscono senza un’opera di interpretazione. Accanto al Corano, c’è un altro testo che si chiama Sunna. La Sunna è un testo scritto nel quale ci sono raccolte le soluzioni che Maometto, in vita, ha dato ad alcuni casi (in sostanza, a Maometto venivano sottoposti casi concreti e lui dava le sue soluzioni). Anche qui, la Sunna contiene le storie (hadit; ha l’impostazione delle parabole). Su questi testi si esercitano i giuristi che devono rispettare la lettera. Ci sono poi altre fonti come per esempio le sentenze di alcuni giudici (i giudici più autorevoli definiti mufthi). E’ colui che lancia la Fatwa che è una sentenza di condanna con cui questo giudice ritiene che un soggetto ha posto in essere un comportamento che viola il Corano; la particolarità della Fatwa è che la condanna può essere eseguita da qualsiasi musulmano in qualsiasi parte del mondo. Ci sono poi altre fonti da alcuni non riconosciute come l’analogia perché ci sono delle diverse scuole giuridiche che non la riconoscono. Quali sono i contenuti della fede che possono essere dedotti da questi testi? La fede islamica si basa su 5 pilastri: 1) La fede esclusiva nell’unicità di Allah -> è l’unico dio, colui a cui si deve fedeltà assoluta. I musulmani hanno tantissimi nomi per chiamare Dio. Non esistono né la Madonna, ne Gesù Cristo, né lo Spirito Santo; esistono ovviamente gli angeli. Restano gli spiriti del deserto -> per i sufisti, una delle correnti spirituali dell’Islam, hanno molti spiriti. La fede in Allah è talmente tanto esclusivista che non è possibile convertirsi (se nasci musulmano muori musulmano). L’eventuale conversione è considerata apostasia -> è la mutazione della fede conosciuta da tutte le religioni; nel caso islamico, è contemporaneamente una violazione della legge di Dio ma anche una violazione di una legge civile. Per questo, per apostasia si muore. 2) La preghiera -> obbligo fondamentale molto forte e che è particolarmente performante – > si prega in orari precisi che sono ripetuti nell’arco della giornata (nell’arco della giornata sono 5 le preghiere). C’è la preghiera del Venerdì che viene fatta nella Moschea ed è riservata solo agli uomini, è una preghiera che deve essere fatta con la comunità. Alla preghiera del Venerdì partecipa un soggetto che è definito imam che non è comparabile a un sacerdote, però viene considerato ministro di culto dal punto di vista giuridico; oltre a guidare la preghiera, l’imam tiene un sermone che consiste non in una lettura o un commento, bensì un’esortazione a una vita pura, rispettosa del Corano e richiama degli esempi (ricorda qualche personaggio che particolarmente si distingue) 3) Elemosina (zagat) -> è obbligatoria per i musulmani (lo era in passato e anche oggi). La zagat è istituzionalizzata anche oggi nei paesi islamici. Pone problemi fiscali in Italia tale obbligo intimo degli islamici; non si sa come tassarli, dove tenerli. 4) Digiuno (ramadan) -> 1 mese di digiuno che tutti i musulmani devono fare; lo si fa nel mese lunare in cui si è avuta la rivelazione del Libro secondo il loro calendario islamico (il calendario islamico è diverso dal nostro, è fatto di 28-29 giorni; di conseguenza varia ogni volta il ramadan). Il digiuno si fa dall’alba al tramonto, non è relativo solo al cibo ma anche al bere e si devono astenere anche dagli atti impuri – ci si dedica alla spiritualità. Il digiuno pone problemi, soprattutto nell’ambito lavorativo perché si ha un affievolimento delle proprie forze e si possono determinare pericoli per se stessi e per gli altri. E’ momento dell’esercizio dell’obbedienza e di rispetto delle regole, è un momento del rapporto con Dio. 5) Pellegrinaggio a La Mecca -> ogni musulmano deve farlo una volta nella vita; ci si ferma prima di arrivare a destinazione e si procede a piedi. Lo fa ogni musulmano che ha le forze fisiche e il denaro necessario. Arrivati lì si fanno i giri intorno alla kaaba, pietra che viene dal loro passato pre-islamico. Le pietre erano gli dei, o meglio la forma in cui si manifestava Dio nella realtà pre-islamica. Qualcuno aggiunge a questi 5 pilastri, scritti nel Corano, un altro pilastro che è la Jihad. Alcuni giuriconsulti la considerano pilastro e, come tale, obbligo. E’ una guerra santa che ognuno deve fare con sé stesso, nel proprio intimo, per essere in attesa della divinità. Poi, però, c’è anche una Jihad esterna, che deve essere fatta contro coloro che insidiano la fede. La Jihad è legittima quando è guerra di difesa; si può avere una guerra di conquista quando tutti i musulmani del mondo decidono di fare guerra. Quindi, in tale visione, l’unica guerra santa considerata legittima è quella del VI secolo. Quella di oggi è dubitabile sia legittima, tanto che la maggior parte dei giuriconsulti la condannano. 4 LEZIONE 16 OTTOBRE 2017 Il rapporto che l’Islam ha con il potere temporale è un rapporto strettissimo perché la genesi dell’Islam è quella che ricordiamo, l’Islam nasce nelle tribù e regola sia le condotte di carattere religioso sia le condotte del vivere civile. C’è quindi una normativa di carattere coranico, di carattere civile e di carattere penale. I reati più gravi previsti dal diritto coranico si chiamano reati hudud nei quali non è compreso l’omicidio -> è un reato di sangue (reato di II livello). Reato hudud è per esempio l’apostasia, cioè rinnegare Allah anche attraverso atti di seconda importanza come ubriacarsi. Tuttavia, vi è il rovescio della medaglia -> nel momento in cui Roma dà, prende anche molto indietro. Si è arrivati al punto in cui Roma chiede al cristianesimo di governare con lei, cioè di porre in essere condotte che rafforzano il potere di Roma. L’imperatore a Roma è sempre stato pontifex maximus cioè vertice della Chiesa; ora, con una religione così forte anche il rischio diventa maggiore, cioè nel momento in cui Roma decide di avere una sola religione si espone a tutti quelli che sono i pericoli sociali delle liti tra religioni. Se i cristiani sono uniti l’impero sarà forte, se invece litigano tra loro tanto da comportare guerre civili questo impedirebbe all’impero di diventare grande. Quindi, diventa una delle priorità dell’imperatore fare in modo che i cristiani non litighino tra loro. Nel libro sono riportati due momenti di intervento: 1) nel caso in cui si ha il rischio di scissione (lo scisma); 2) nel caso di eresia. Quello che è da sapere è che tutto quello che accade nella Chiesa diventa questione pubblica. Lo scisma è un pezzo di chiesa che se ne va ed è pericoloso per la Chiesa. In questa fase, quando si pongono problemi scismatici, non se ne occupa la chiesa bensì l’imperatore che convoca un concilio attraverso il quale decide quale delle due parti ha ragione; la parte che non ha ragione viene annientata. Anche l’eresia è una divisione, tuttavia ancora teologica, che non porta allo scisma. Si ha eresia quando una o più persone non condividono più l’unità di fede. Un’eresia da ricordare è l’eresia ariana. L’eresia ariana è una divergenza di pensiero tra la Chiesa di Roma e Ario. La divergenza attiene alla natura di Cristo. La grandezza del Cristianesimo sta nel fatto che Gesù è figlio di Dio e, secondo la visione ortodossa, Gesù è Dio, è identico in sostanza e in volontà; secondo la visione di Ario, Gesù ha una natura divina mediata perché ha un corpo. La questione diventa diffusa e rischia di rompere l’unità della chiesa. Costantino, a questo punto, che non è ancora cristiano – siamo ancora tra il 313 e il 380 d.c. – convoca il concilio di Nicea e con esso arriva ad affermare che Gesù è identico a Dio. Questo concilio, che è una riunione di vescovi, viene presieduto da un imperatore che non è neanche cristiano; non solo la presiede ma con la sua forza (anche fisica) ma evita che coloro che sono dissidenti possano ripensarci, perché costringe a firmare le statuizioni del concilio e, poi, una volta che il concilio ha deciso dà a questa decisione forza di legge. Costantino, quindi, si arroga questo potere; questo è il prezzo che paga la chiesa perché insegna agli imperatori ad immischiarsi nelle sue cose. Il prezzo consiste in una perdita di spiritualità. Attraverso questo meccanismo, l’eresia diventa reato punito con la morte. Questa perdita di purezza sarà sempre maggiore andando avanti ma rispetto a una parte della cristianità perché, anche per questa esasperata giuridicizzazione, quella che è la cristianità si divide. La cristianità ha subito nella storia due grandi separazioni: 1) La separazione tra Roma e Costantinopoli dalla quale nascono le chiese ortodosse 2) La separazione con Lutero dalla quale nascono le chiese protestanti Oggi, il Cristianesimo si divide in chiese cattoliche, chiese ortodosse, chiese protestanti. Sono tutte chiese cristiane, ma presentano delle differenze a livello organizzativo e, cosa più importante, solo le chiese cattoliche riconoscono la figura del Papa come guida spirituale. La prima frattura, quella tra Roma e Costantinopoli, si produce attraverso la giuridicizzazione. E’ necessario fare una premessa, per capire tale rottura. Quando il cristianesimo nasce, un pensiero comincia a diffondersi, si formano delle comunità che, inizialmente, sono autonome e sono quindi sparse nel bacino del Mediterraneo che piano piano crescono e si strutturano. Le comunità eleggono un vescovo; con il tempo, però, anche questo si gerarchizza -> molte comunità messe insieme danno luogo al patriarcato. Il patriarcato riunisce tutte le comunità di un’area più vasta. Inizialmente, vi sono tre patriarcati: il patriarcato di Roma (sarà sempre l’unico per l’Occidente), il patriarcato di Antiochia e di Alessandria (per l’Oriente). Sono tutti e tre fondati da apostoli. Successivamente, nascono i patriarcati di Gerusalemme e di Costantinopoli, i quali, però, non sono fondati da apostoli. Ciò conta perché è chiaro che un patriarcato di fondazione apostolica, sul piano dell’autorevolezza religiosa, è maggiore. Inizialmente, patriarcati sono autonomi. Non c’è, quindi, un governo unitario. Questo fino a quando non interviene il diritto; nel momento in cui arriva la giuridicizzazione, il criterio per definire quale è il patriarcato più rilevante cambia e si lega l’autorità del patriarcato al contiguità con la sede imperiale. Per questo si dice a Calcedonia: “tu Roma sei sicuramente la sede patriarcale più importante perché sei a Roma che è la capitale dell’impero; ma nel momento in cui la capitale dell’impero viene portata a Bisanzio (Costantinopoli), la supremazia la possiede questo patriarcato”. Questo accade nel concilio di Calcedonia nel 451 d.c., nel quale viene appunto fissato da Costantino questo principio, il canone 28 -> da oggi in poi, dato che sono io il posto in cui ha sede l’impero sono io che ho maggiore supremazia. Ovviamente, Roma non riconosce questo canone e viene avviata la separazione tra Roma e Calcedonia, la quale, in questo momento, è solo politica. Quindi, da Calcedonia fino ad oggi, Roma resta il patriarcato più rilevante per l’Occidente e Costantinopoli il patriarcato di riferimento per tutte le chiese d’Oriente fino a quando arrivano gli arabi. In quel momento, i patriarcati di Oriente, che non amano Costantinopoli per il suo atteggiamento superbo, sposeranno la causa islamica. Allo scisma politico, succederà nel 1054 lo scisma dottrinale. Nel 1054 si rompe l’unità della fede. E’ l’anno dello scisma d’Oriente. Le due sedi litigano per la c.d. questione del filioque. La preghiera del Credo cita la trinità; nella versione che noi diciamo, quindi nella versione di Roma, affermiamo che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio. Quelli di Costantinopoli, invece, seguendo il Credo di Nicea, non lo dicono così, bensì tolgono la “e”, quindi per loro lo Spirito Santo procede solo dal Padre, non passa attraverso il Figlio. Questo è un dissidio dogmatico. A seguito di questo dissidio, Roma scomunica Costantinopoli; quest’ultima prende la scomunica e la brucia e contemporaneamente gli invia la scomunica a Roma. Nel 1054 quindi le due Chiese si scomunicano reciprocamente, quindi rompono l’unità religiosa. Da questo momento in poi, Roma diventerà per Costantinopoli una nemica anche perché, Roma non si comporterà molto bene con Costantinopoli perché ogni volta che sarà possibile saccheggerà Costantinopoli e cercherà di imporgli la sua supremazia temporale. Il libro riporta una serie di eventi, ma è necessario ricordarne due. Uno legato a una crociata -> quando nel 1203 si parte per la IV crociata si passa da Costantinopoli. I crociati erano cristiani, si fermano a Costantinopoli e la saccheggiano, entrando anche dentro a Santa Sofia che era all’epoca la cattedrale. Quando, invece, nel 1452 arrivano i turchi e quindi Bisanzio si avvia verso la dominazione, Roma chiede a Bisanzio se vuole essere aiutata, in cambio devono riconoscere la sua supremazia; il reggente di Costantinopoli, però, dirà “preferisco vedere la piaga dei turchi piuttosto che dare sudditanza a Roma”. Questo odio arriva fino ai giorni nostri. Lo scisma reciproco tra Roma e Costantinopoli è stato emendato soltanto a metà del ‘900 da Paolo VI, il quale per la prima volta va a Costantinopoli e con questo viaggio si superano le scomuniche. Costantinopoli, peraltro, sarà anche un patriarcato sfortunato, perché quando arrivano nel 1452 gli Ottomani il patriarcato resta nella forma ma è completamente esautorato. Costantinopoli, per continuare ancora oggi a dire che è lei la Chiesa madre, si è inventata due storielle: quella dell’imperatore dentro la colonna e quella del patriarca dentro lo scantinato. Secondo la visione ortodossa-mitologica, nel momento in cui arrivano i turchi il patriarca e il re di quel momento si sospendono anche dal ruolo fisico, uno si mette nello scantinato e l’altro si nasconde dietro la colonna. LEZIONE 5 17 OTTOBRE 2017 Il male che la giuridicizzazione porta con sé è l’asservimento della religione al potere (quindi una perdita di spiritualità molto importante); rispetto ai primi secoli di vita, la giuridicizzazione produce la prima grande frattura della cristianità. Nel 451 d.c. con il Concilio di Calcedonia Costantinopoli fa approvare il canone 28 che sancisce la separazione politica tra Roma e Bisanzio e avvia queste due storie separate per lunghissimi secoli di conflitto. Se a Roma guarderà, da questo momento in poi, l’Occidente (all’epoca molto piccolo), a Costantinopoli guarderà l’Oriente. In Oriente, ci sono però anche altri patriarcati sotto la sudditanza della stessa Costantinopoli. Dal 451 d.c. in poi la cristianità si distingue in: - chiese ortodosse –> sono le chiese d’oriente - chiese cattoliche -> sono le chiese d’occidente. Le distinzioni sono politiche ma toccano la strutturazione delle chiese e permangono ancora oggi -> la chiesa cattolica ha un’impostazione istituzionale gerarchica (la Chiesa di Roma e il Papa); la strutturazione delle chiese ortodosse è completamente diversa. La parola ortodossia richiama una purezza del pensiero, dei costumi, quindi le chiese ortodosse sono quelle che hanno conservato una purezza delle origini sia dal punto di vista ordinamentale, sia dal punto di vista della strutturazione, sia dal punto di vista liturgico. Sono delle chiese che presentano il difetto dell’immobilismo, sono molto tradizionali; questo tradizionalismo traspare proprio nella struttura, perché le chiese ortodosse conservano l’impianto della prima cristianità. La strutturazione è pluralista, in una sorta di federalismo paritetico, in cui non c’è una chiesa che prevale sull’altra, ogni chiesa è autonoma. Le chiese ortodosse tendono a essere delle chiese nazionali. L’autorevolezza maggiore viene riconosciute a due chiese: la chiesa di Costantinopoli e la chiesa di Mosca. Costantinopoli acquisisce una maggiore posizione quando nel 451 d.c. viene trasferita la sede dell’impero a Costantinopoli; quando cade Costantinopoli per mano di Bisanzio, un’altra chiesa, quella di Mosca, fa lo stesso discorso. Quindi, se fino al 1452 tutti guardano a Bisanzio come la chiesa più autorevole; dal 1452, questo smalto viene perso perché Bisanzio cade sotto il dominio dei musulmani e, quindi, il patriarca che si asserve completamente al sultano, perde di autorevolezza. A questo punto, interviene Mosca la quale dice che la vera chiesa madre, cioè il vero depositario dell’ortodossia, diventa lei stessa. Le chiese ortodosse sono, sul piano istituzionale, autonome; c’è però sempre nella storia una chiesa che ha una maggiore autorevolezza: nei primi secoli è Roma, dal 451 è Costantinopoli e quando cade Costantinopoli è Mosca. Tuttavia, Costantinopoli non riconosce mai la primazia di Mosca (al funerale di Papa Giovanni II sono venuti a Roma e non si sono neanche guardati in faccia questi due patriarchi). Costantinopoli ritiene che Mosca sia un’usurpatrice. Sul piano giuridico, la fictio che si è inventata Costantinopoli è che quando nel 1942 arrivano i musulmani, è vero che il patriarcato perde di smalto ma si tratta di una sospensione temporanea fin quando non si verificherà la nuova condizione, ossia la liberazione di Costantinopoli dai musulmani. Poiché, all’epoca, era difficile spiegare tale situazione, si inventa la storia dell’imperatore e del patriarca che si nascono dietro la colonna e dentro lo sgabuzzino. Oggi, la situazione delle chiese ortodosse è abbastanza complicata, nel senso che quando uno Stato, come lo Stato italiano, va a confrontarsi con una comunità ortodossa sul proprio territorio, deve vedere a quale chiesa fa riferimento. Es: quando uno Stato come noi si confronta con i cattolici del mondo, chiama il Vaticano perché tutti loro fanno riferimento a Roma. Quando si hanno davanti gli ortodossi, non si può chiamare Mosca o Costantinopoli, ma bisogna individuare la chiesa a cui loro appartengono. La conseguenza è che noi sul territorio abbiamo molti ortodossi russi e molti ortodossi rumeni; è, in tal caso, necessario fare tanti patti quanti sono le comunità ortodosse a cui si vuole dare riconoscimento. Le chiese ortodosse hanno questa dimensione particolare. Va detto che la chiesa ortodossa ha da sempre avuto questo apparentamento stretto con il potere temporale -> sono connesse in maniera vitale a un potere temporale. La chiesa ortodossa è ciò che meglio esprime quel sistema di relazioni Stato-Chiesa che si chiama cesaropapismo. Il cesaropapismo è un sistema di relazioni Stato-Chiesa nel quale Cesare, cioè il potere temporale, si fa Papa, cioè governa anche la Chiesa. E’ un sistema che proviene da Roma, dove l’imperatore è da sempre stato pontifex maximus. Nelle forme di cesaropapismo più pure, l’imperatore governa la Chiesa da un punto di vista temporale, cioè decide il numero di parrocchie, la loro strutturazione, come si amministrano i beni, risolve le questioni patrimoniali. Si occupa dei profili che nascono e muoiono in questa vita terrena, ma non tocca profili spirituali. Ci sono, però, anche forme di cesaropapismo più aggressive, nelle quali, l’imperatore (o uno Stato democratico oggi), Cesare, governa anche le questioni spirituali e quindi detta la fede, interviene in questioni di fede. Nelle prime fasi, il cesaropapismo è aggressivo, è quello che fa Costantino quando decide sulle eresie. Questo cesaropapismo è caratteristico dei primi secoli; oggi, il cesaropapismo non è di certo questo, ma rimane questa forte unione tra la chiesa e il potere temporale. Questa stretta di unione tra potere spirituale e potere temporale nella chiesa ortodossa prende il nome di sinfonia -> siamo una sorta di coro, se non viviamo insieme, di fatto non viviamo. Questo tipo di impostazione attraversa i secoli e sopravvive anche a diversi eventi storici che avrebbero dovuto far desistere la chiesa da certi apparentamenti. Il riferimento è all’Unione Sovietica che, quando scoppia la rivoluzione d’ottobre, azzera la posizione delle chiese, le distrugge e distrugge anche il sentimento religioso. Quando però cade il muro e c’è la ripresa, la chiesa ortodossa risorge dalle sue ceneri e cerca di nuovo l’apparentamento col potere, al punto tale che, quando nel 2000, si ha a Mosca un raduno di vescovi ortodossi, questi ritengono che sia nella loro agenda politica il primo obiettivo quello di ricercare l’apparentamento con il potere. Questo perché di azzerare la nostra cultura. Di fronte a questo tipo di minaccia, il Papa si mette alla testa di un’armata che è non solo bellica, ma è anche una lega culturale perché ci sono i rappresentanti degli altri gruppi barbarici che hanno, però, aderito al nostro impianto culturale e alla nostra religione. Attila è tornato indietro perché ha visto una comunità coesa, fiera dei propri valori giuridici, artistici, religiosi, culturale e ha detto “qui non passo”. Questo è il significato di questo incontro. Si tratta del primo momento in cui si vede la potenza del Papa ed è, per questo, un passaggio fondamentale per quella che sarà successivamente l’azione del Papa. Anche alle successive invasioni, il vescovo di Roma fa la stessa cosa -> quando arrivano altre orde barbariche, il Papa cerca altre potenze che possano tutelare il nostro territorio. Va a chiedere aiuto ai Franchi, in particolare a Carlo Martello e poi a Pipino. In questa seconda fase, i Franchi affermano che, in caso di vittoria, il Papa gli deve garantire la fedeltà delle sue genti (siamo alla metà del ‘700). Il Papa si comporta come una potenza temporale e garantisce ai Franchi l’ossequio delle sue genti. Uno degli atti più importanti da ricordare si chiama promissio carisiaca (754 d.C.)-> è l’atto attraverso il quale il Papa ottiene per la prima volta nella storia, un pezzo di terra su cui egli è sovrano. Con esso, al Papa viene donato un pezzo di terra (corrispondente alla parte dove sta Roma). Fino a quel momento, il Papa si è comportato da sovrano ma non aveva una sovranità territoriale; successivamente a questo atto, lui ha una sovranità territoriale. Una volta che i Franchi riescono a stabilizzare l’area con Carlo Magno, finalmente il Papa si mette al riparo. Il Papa comincia a intrattenere dei rapporti di potere un po’ più rallentati dal punto di vista bellico e, una volta conquistato questo riconoscimento, comincia a lavorare per ampliare la sua potenza. Questo tipo di disegno (cioè il fatto che il Papa si ha cercato l’appoggio ma non per diventare suddito ma per cercare di utilizzare la potenza degli altri sovrani a proprio vantaggio) è evidente nell’incoronazione di Carlo Magno -> tale incoronazione è oggetto di molti dipinti. Ciò che emerge è il Papa che posa la corona sulla testa di Carlo Magno e, anche qui c’è la simbologia, cioè il fatto che sia il Papa a incoronare Carlo Magno è un messaggio di superiorità del Papa. L’incoronazione era nella volontà del pontefice ma in quel momento il disegno di supremazia era ancora abbozzato -> Carlo Magno non ha volontà di essere suddito. Era una cerimonia molto costruita nella storiografia, molto formale. Fino a quando Carlo Magno era vivo, viveva in Francia e quindi tollera questa ossessione del Papa di vedersi superiore a lui, ma non lo esprime mai espressamente attraverso atti giuridici. Quando muore, i suoi successori mettono nero su bianco questo loro espresso rifiuto di una superiorità del Papa rispetto a loro attraverso norme giuridiche. La forma viene presa da un atto da ricordare chiamato Constitutum di Lotario (824 d.c.) -> stabilisce che a eleggere il pontefice non è il clero ma le famiglie romane. Il punto è che il vescovo di Roma voleva essere il vescovo di tutta la cristianità, quindi il fatto di farlo eleggere dai romani sottolinea che viene riconosciuto da loro ma non da tutta la cristianità. Secondo punto è che la nomina deve essere approvata dall’imperatore (placet regio) e poi il Papa deve prestare giuramento. Quindi, c’è una prima fase in cui il Papa crea la sua potenza facendosi dare un territorio e poi l’elaborazione di questo disegno che è un disegno di egemonia sul potere temporale che poi, però, nella prima fase non funziona perché i figli di Carlo Magno chiariscono al vescovo di Roma che lui è un funzionario dell’impero. Questo principio che vale per il vescovo di Roma, piano piano, vale anche per tutti gli altri vescovi (come il vescovo conte). In questo modo, si instaura una forma di cesaropapismo di Occidente -> si ha nel periodo che va dal privilegio fino alla riforma gregoriana. E’ la pretesa del Sacro Romano Impero di fare del Papa e dei vescovi dei suoi funzionari. La differenza è che in quello d’Oriente l’imperatore si intromette anche nelle questioni di fede. Ad Occidente questo non accade. Questo tipo di situazione che dura molto a lungo, perché per i successivi due secoli si vive una situazione di cesaropapismo di Occidente -> i vescovi e il Papa sono funzionari dell’impero. Il fatto che questi siano così vicini al potere temporale non fa bene al potere spirituale, per cui la Chiesa di questi secoli non è brillante per carisma, è una Chiesa che si corrompe, è in grande crisi. Occorre aspettare gli anni mille perché si possa avere una scossa di rinascita. A cavallo dell’anno 1000 c’è il momento di rinascita, la Chiesa ha uno scuotimento a livello spirituale, si sviluppano tutti movimenti di purificazione e tra l’altro, a partire dall’anno 1000, partono le crociate. Questo momento di ripresa ha i suoi riflessi anche sulla struttura della Chiesa e anche sui rapporti Stato-Chiesa. La Chiesa si riprende soprattutto grazie a un Papa, Gregorio VII, il quale è colui che dà il nome alla riforma gregoriana, la quale è preparata da un altro grande Papa che è Nicolò II. Quest’ultimo precede Gregorio VII e fa due riforme fondamentali: la prima riforma è l’istituzione del conclave e la seconda è la previsione del celibato ecclesiastico. Il conclave è l’organo che nomina il Papa ed è composto da cardinali; la riforma di Nicolò II consiste soprattutto nel sottrarre l’elezione del Papa alle famiglie romane per riprenderla in capo alla Chiesa. Il Papa viene quindi nominato dalle gerarchie ecclesiali. Il cardinale è sempre un vescovo, sul piano sacramentale, non è superiore al vescovo. La definizione cardinalizia è una sorta di onorificenza di carattere civile, è sempre un vescovo. Si chiama conclave perché si chiudono a chiave per proteggere se stessi. L’altra riforma è quella del celibato. Il celibato è formalizzato agli inizi degli anni mille, specificatamente nel 1050; non ha una radice evangelica, ma viene previsto e adottato sia per ragioni ascetiche e di purezza sia per ragioni di carattere economico. Ultima cosa che Nicolò II fa è avviare il processo di indipendenza del clero. Inizia con Nicolò II la lotta per le investiture, che serve per sottrarre all’impero la nomina degli altri vescovi (rimasti vescovi-conte). Mette quindi le basi per un’indipendenza del papato e di tutta la Chiesa dall’impero. LA RIFORMA GREGORIANA La riforma gregoriana ha due linee di azione -> una riforma di purificazione interna della Chiesa e una manovra di autonomia esterna (acquisizione dell’indipendenza dall’impero). Partiamo dall’opera di purificazione. Quest’ultima è basata sul dare maggiore lustro alla figura Papa, cioè ad attribuirgli un ruolo di primazia assoluta all’interno della Chiesa. Ce l’aveva anche fino a quel momento, ma da questo momento in poi, al primato di onore, cioè alla maggiore autorevolezza derivante dal fatto che il vescovo di Roma è erede nella posizione di San Pietro, si somma una primazia giurisdizionale, cioè il Papa non è solo l’autorevole sovrano di tutti i cristiani ma lo diventa anche dal punto di vista giurisdizionale (nomina i vescovi, decide dove vanno questi, decide la struttura delle parrocchie). Quindi, il Papa si trasforma in una figura gerarchia elevatissima sotto cui stanno tutte le altre cariche della Chiesa. L’opera che è legata alla riforma gregoriana sono i dictatus papae, cioè un’opera spuria (non è certo che siano stati scritti da Gregorio, non è un testo normativo). In quest’opera, l’autorità del pontefice è disegnata così come lo vediamo noi oggi, cioè come capo assoluto della Chiesa. In questa prima fase, il Papa decide su tutto ma non c’è ancora il dogma dell’infallibilità (si sancisce solo nel I concilio ecumenico). Questo è per quanto riguarda l’azione politica interna. Per quanto riguarda, invece, l’azione politica esterna, essa si rivolge nei confronti dell’impero ed è volta a sottrarre all’impero il potere che ha acquisito sul vescovo di Roma sia sugli altri vescovi. Per quanto riguarda il vescovo di Roma, in particolare, si stabilisce che a partire da Nicolò II viene eletto dalle gerarchie ecclesiali e non deve più giurare all’imperatore né tanto meno deve ricevere il placet dell’imperatore; al contrario, è la nomina dell’imperatore che deve avere il placet del vescovo di Roma. Questo perché si elabora la teoria alla base della teocrazia, cioè la teoria delle due spade. La teoria del primato pontificio esterno nei confronti dell’imperatore è questa: è vero che il potere temporale e il potere spirituale sono due poteri distinti, però – scrive Gregorio VII nel dictatus papae – tutti e due i poteri derivano da Dio e sono in carica al pontefice, il quale poi lo delega all’imperatore. Quindi l’imperatore è un soggetto che agisce legittimamente solo quando lo fa con il placet del vescovo di Roma. Ecco perché deve essere approvato dal vescovo di Roma. Quando l’imperatore si comporta in modo non coerente con quanto previsto dal vescovo di Roma, quest’ultimo può destituire l’imperatore. Ciò non è solo scritto nei dictatus papae, ma è anche fatto -> per alcuni secoli, fino al 1303, ciò che i Papi fanno sarà proprio questo, cioè ogni qualvolta che l’imperatore si comporta in maniera non corretta secondo il Papa, quest’ultimo scomunica. Questa inversione è dovuta al fatto che in questi lunghi secoli, la Chiesa che è rimasta suddita dell’impero ha lavorato su un altro fronte, ha lavorato sulla società, ha radicato la sua dottrina e il suo potere nella società. Questa operazione di carattere socio-culturale è l’opera che avrà maggior frutto, perché questo potere che la Chiesa ha acquisito sulle popolazioni è un potere che gli resta. Come fa? La Chiesa dà avvio a una sua tenuta nella società che passa da regnante puro attraverso tutta una serie di operazioni, per esempio comincia a imporre il pagamento delle tasse (la decima -> tassa destinata, nella visione della Chiesa, a pagare l’operato dei ministri di culti). Il fondamento è scritturale. Attraverso questa operazione, quindi, si fonda la legittimazione della decima che diventa sempre più forte perché accanto a quella ordinaria si sommano quelle papali. Ma la popolazione non si ribella, diventa normale. Così come diventa normale che l’originaria episcopalis audentia diventa una competenza delle sfere ecclesiastiche su tutta la vita degli individui (in primo luogo, nella materia matrimoniale -> si impone la riserva sulle questioni matrimoniali). Poi, quando io come struttura di potere culturale governo la famiglia, (cioè riesco a stabilisce come i figli vengono educati, come le mogli devono comportarsi nei confronti dei mariti, quindi detto i mores) educo l’intera società ad accettare tutto ciò che dalla chiesa viene. A questo c’è ovviamente la superstizione, quindi vengo spinto a comprarmi le indulgenze. Qui arriva Cluny. La fede in questa superstizione entra nel cuore e nella mente delle persone al punto tale che queste sono disposte a pagare qualsiasi cosa. Cluny fonda la sua potenza proprio su questo. Cluny è uno dei monasteri da cui nasce Gregorio VII che diventa ricchissimo creando un’operazione di marketing perché fa sedimentare l’idea che se per te prega Cluny sicuramente ti salvi. Allora, tutte le persone corrono per far dire le messe a Cluny. Ad un certo punto, le richieste sono talmente tante che Cluny non riesce a soddisfarle e, quindi, si inventa la c.d. festa dei morti (2 novembre) e su questo crea un patrimonio immenso. L’Abbazia di Cluny è poi stata distrutta da Napoleone. La distruzione deriva dal fatto che Cluny aveva acquisito un ingente patrimonio e, allo stesso tempo, aveva un grande peso per la comunità cristiana. In tale operazione non è possibile non parlare di una macchina bellica che è l’Inquisizione. L’inquisizione è il massimo esempio di come la Chiesa dia luogo a un controllo delle menti e dei costumi, perché si può essere sottoposti al giudizio dell’inquisizione per delle sciocchezze. E’ una realtà che si sviluppa nei secoli che, però, nasce come forma di controllo interno, di carattere liturgico. All’epoca, quando veniva il vescovo interrogava alla ricerca del peccato -> controllava che ci fosse un’ortodossia nella fede e che quindi tutti i fedeli rispettassero le innumerevoli regole cristiane. L’inquisizione è un tribunale vero e proprio di nomina pontificia di nomina itinerante (quindi, li nomina il vescovo di Roma). Il suo ruolo è andare di comunità in comunità alla ricerca del peccato. Quando il tribunale dell’Inquisizione suonano le campane e l’inquisizione adotta inizialmente un editto definito di editto di grazia con il quale afferma il suo arrivo e domanda in sostanza se c’è qualcuno che sia peccatore. Molto spesso il peccato si crea pure. Nella seconda fase c’è l’editto di fede che obbliga chiunque abbia conoscenza di un atto peccaminoso posto in essere dal suo vicino di banco a denunciarlo. Quindi si apre la c.d. delazione. La delazione è uno degli strumenti più potenti di tutti i regimi totalitari. Quindi, attraverso questi due editti si può aprire il processo inquisitoriale. In linea generale, il processo di inquisizione finisce con una sentenza di condanna. Generalmente non ci sono avvocati, perché l’avvocato in tale tipo di processo ha il compito di convincere il reo a confessare. Se non ce la fa, subisce la stessa pena. La pena più grave è la morte per combustione. La morte veniva inflitta comunque sempre dal potere temporale. Non tutti venivano bruciati, altri subivano l’incarcerazione e soprattutto la spoliazione dei suoi beni. In Italia, il tribunale dell’inquisizione non funzionò perché si tratta di territorio pontificio. Ciò che è necessario ricordare è che l’inquisizione è uno strumento per tenere legata la società a determinati valori e per inculcare certi valori alla società perché questa è la ragione per la quale quando il Papa scomunica l’imperatore ha un suo effetto sulle genti. Capitolo a parte è quello che riguarda l’Inquisizione spagnola. Si tratta di un tribunale di particolare struttura -> non è di nomina pontificia ma è nominato dai sovrani di Spagna. Soprattutto, il tribunale dell’inquisizione in Spagna è stato utilizzato come strumento di pulizia etnica. Nel 700 (non 1700) viene sottoposta alle invasioni islamiche, diventando così un regno islamico nel quale vivono i musulmani ma anche gli ebrei e i cristiani sotto forma di ghetto. Poi, a un certo punto, si fa strada la reconquista che parte dal Nord e scende fino al Sud fino a quando la Spagna non viene del tutto liberata (la liberazione si ha alla fine del 400). A seguito della liberazione, in Spagna ci sono molti musulmani e ebrei. Questi non sono molto amati dai cattolicissimi sovrani di Spagna i quali, quindi, lanciano una ricristianizzazione della Spagna che viene operata con la forza della legge e con la forza dell’Inquisizione. Si parte con la legge e si adottano editti di escursione -> si dice che tutti coloro che non sono cristiani devono lasciare la Spagna; chi non se ne va muore. Allora, cominciano le conversioni. La conversione è un’arma a doppio taglio perché non è una conversione sentita per cui queste persone si convertono solo di facciata ma non si convertono nel loro intimo. In tal caso, veniva chiamato il tribunale dell’inquisizione, il quale può pronunciarsi solo in riferimento a persone cristiane; ma dal momento in cui questi soggetti si sono convertiti, sono diventati cristiani, quindi, è possibile applicare l’inquisizione. Perciò, tutti coloro che si sono convertiti al cristianesimo ma non in maniera sentita sono sottoposti all’inquisizione. Quindi, quest’ultima è utilizzata non tanto per cacciare l’eretico dentro la cristianità ma per fare questo tipo di pulizia etnica. Ci sarà, peraltro, un inquisitore questa condanna, non si tira indietro, anzi, rincara la dose e adotta un documento suo -> la lettera alla nobiltà cristiana di nazione tedesca. In tale lettera si schiera contro i fondamenti del potere papale: l’infallibilità del Papa (non è quella che conosciamo noi; per essere chiari, oggi è stata stabilita dal concilio vaticano I a metà dell’800 e stabilisce che il Papa quando annuncia su questioni di fede non può errare; all’epoca era l’infallibilità del dictatus papae: tutto quello che fa Roma è giusto e buono -> era molto forte), nel senso che afferma che non è vero che il Papa è infallibile e, ancor di più, afferma che il Papa è un usurpatore della Chiesa (lo dichiara anche come anticristo) e contesta anche in generale il celibato ecclesiastico e il monachesimo (contesta tutta la gerarchia ecclesiale). Da qui, una presa di posizione non solo teologica ma tutta la struttura. La sovversione è evidente, ed è una sovversione che dal punto di vista politica ha una doppia faccia: ci sono sovrani che sono molto legati al potere di Roma che prenderanno le parti di Roma, quindi, e si metteranno contro Lutero, altri che invece vedono in questa riscossa una possibilità per mettere un freno allo strapotere di Roma e sposano la posizione di Lutero. Questo accresce la forza sovversiva di Lutero. Di fronte a questa presa di posizione ancora più forte di Lutero, il Papa lo scomunica e apre un processo contro di lui a Worms, capitale dell’impero. Davanti al tribunale Lutero espone le sue tesi; l’imperatore appoggia il Papa e il destino di Lutero è segnato. A Worms si dà contro a Lutero si decide per la sua morte. Non muore però perché ha un appoggio politico, l’appoggio di Federico che lo fa fuggire e lo protegge per diversi anni. Durante questo periodo dà vita a un’opera fondamentale -> traduzione in volgare della Bibbia. Fino a quel momento la Bibbia era stata scritta sempre e solo in latino, quindi era inaccessibile; grazie a questa traduzione diventò accessibile a tutti. Questa è la conseguenza di quella che è la struttura della Chiesa come la vuole Lutero. Dal punto di vista della struttura, Lutero abbatte le tre muraglie -> una di queste è la differenza tra laici e ecclesiastici; l’altra è il potere di Roma e la terza la superiorità del vescovo di Roma rispetto a tutti gli altri vescovi. Concentrandoci sulla prima, l’abolizione di questa differenza che comporta come conseguenza l’esistenza soltanto dei fedeli, dà ragione al fatto che la Bibbia viene tradotta. Questo significa che nella visione della Chiesa che ha Lutero non esistono gerarchie ecclesiali. Infatti nelle chiese protestanti non esiste il prete, il parroco, non viene riconosciuto il Papa, ma esiste il pastore che non è intermediario tra Dio e il suo popolo (tali chiese hanno strutture completamente diverse). Questo cambia anche il modo di vivere dei protestanti, i quali si avvicinano tutti, da soli, alle scritture. La conseguenza sul piano storico di questa traduzione è una rottura ancora più forte con Roma che, però, fa perdere il controllo della situazione a Lutero. Questo perché le popolazioni devono essere pronte alle rivoluzioni culturali; immaginiamo la popolazione del tempo, angariata da tutti. La conseguenza sul piano sociale è la guerra civile. Di fronte a questa situazione, Lutero rivede le sue posizioni e afferma che non è questa la rivoluzione che lui ha predicato, afferma che è necessario dividere il pensiero religioso da quello civile; sul piano religioso, dice che è vero tutto quello che ha affermato ma, sul piano civile, il cittadino deve pieno rispetto al suo governante. Ci sono lettere in cui, quindi, legittima l’uccisione dei contadini. Questa scelta che si rispecchia nella c.d. teoria dei due regni consente al protestantesimo di svilupparsi e consolidarsi. La teoria dei due regni è la teoria attraverso la quale Lutero afferma che la Chiesa e lo Stato sono divisi, nel senso che la Chiesa deve attendere a quella che è la salvezza spirituale e quindi non governare la comunità politica, la quale è invece responsabilità e competenza dei governanti. Anzi – dice ancora di più – tutto quello che attiene al potere temporale è peccaminoso quindi è giusto che la Chiesa se ne tiene lontana e la conseguenza di questo è che anche la struttura della Chiesa (come comunità temporale) non è regolata da una gerarchia ecclesiale, ma da un organo, che è il concistoro, composto da laici. La chiesa luterana è una chiesa che nella sua vita temporale che viene regolata dal concistoro. Il concistoro è composto da laici, anziani o persone emerite della comunità; in esso siedeva anche il sovrano. Tale chiesa è una chiesa territoriale di Stato, cioè è legata a una comunità -> la tendenza è che ogni Stato ha una sua chiesa e questa chiesa viene governata come comunità temporale dal sovrano. Esempio tipico è la chiesa anglicana in cui la regina è capo della chiesa (ma non si occupa delle questioni di fede, è capo della chiesa solo come comunità temporale). Quello che è il c.d. unionismo, cioè il fatto che la legge continua a essere nel contenuto e nel merito, una legge religiosa, resta. N.B. Il protestantesimo, alle origini, non è uno strumento di libertà per l’individuo, il quale continua a essere sottoposto a una normativa tutta infarcita di visione religiosa; cambia la strutturazione e il rapporto con il potere perché questo rapporto si stabilizza (ogni chiesa ha un sovrano che la protegge e a cui dà massimo rispetto). Quali sono le differenze che ci separano dai protestanti? Sul piano strutturale, il non riconosce da parte loro il Papa; sul piano sacramentale, la religione si alleggerisce molto perché i sacramenti vengono fortemente ridotti perché, in sostanza, c’è solo il battesimo, l’eucarestia e la penitenza. L’unico che coincide con la visione cattolica è il battesimo che è l’atto attraverso il quale si entra a far parte della comunità e ha una valenza sacramentale (il sacramento è il segno di una grazia di Dio); l’eucarestia e la penitenza sono considerati solo come riti (l’eucarestia è una rievocazione dell’ultima cena, la penitenza è il momento in cui si dichiara i propri peccati). N.B. Il battesimo, in senso tecnico-giuridico, per un cristiano è un sacramento, per un giurista è un rito di passaggio a cui l’ordinamento può dare un’efficacia giuridica. Altra cosa che ci distingue dai protestanti è l’assenza nel loro caso, della Madonna e dei Santi. Esiste solo Dio, Gesù e lo Spirito Santo. Altra distinzione è la struttura ecclesiale per cui non esiste un prete, non esiste un vescovo (si parla delle chiese protestanti di matrice tedesca). Da loro c’è il pastore, il quale è un civile (infatti si sposa e ha famiglia) legato alla sua chiesa attraverso contratto. Il ministro di culto (il pastore lo è) è quello che ha una posizione diversa dai fedeli. Anche l’Imam è un ministro di culto per noi, ma non è un fedele diverso dagli altri (sul piano sacramentale non ha diversità). Cosi come accade per le chiese ortodosse, quando ci si rivolge alla chiesa protestante bisogna tenere conto che la qualifica “chiesa protestante” è molto generica perché Lutero dà l’avvio alla chiesa protestante che subito dopo deve essere qualificata come chiesa protestante luterana, ma lo stesso percorso lo fanno tanti altri e quindi esistono poi i calvinismi, gli anabattisti, la chiesa d’Inghilterra. Si tratta di realtà molto diverse tra loro. Quindi, quando utilizzo questa qualifica in realtà non dico molto. Ciò che accomuna tutte le chiese protestanti è il fatto che non riconoscono il Papa e il fatto che hanno una strutturazione gerarchica abbastanza leggera, però poi la specificità di ciascuna è particolarmente spiccata. L’Italia ha con le chiese protestanti sei o sette intese perché con ognuna di queste bisogna fare un accordo proprio perchè diverse. 25 OTTOBRE 2017 C’è un clima di conflittualità non solo nei territori dove la riforma attecchisce ma anche dove ciò non succede. La riforma protestante divide l’Europa in modo importante e questa divisione ce l’abbiamo anche oggi; parliamo dell’Europa occidentale tralasciamo l’area ex sovietica per semplificare. Quindi, diciamo che l’Europa occidentale in questo momento può essere individuata con un’area mediterranea (solo i paesi che si affacciano sul mediterraneo esclusa la Grecia che è ortodossa, quindi l’Italia, la Francia, la Spagna ed il Portogallo) che resta cattolica. La restante parte di Europa continentale (nord Europa) e l’Inghilterra va verso le riforme (la nozione di chiesa riformata è in grado di comprendere la chiesa di Inghilterra). Si guarda alla chiese tedesche che sono luterane, quindi intendo per riformate quelle che hanno un’impronta luterana spinta e non hanno una gerarchia ecclesiastica. L’area mediterranea non aderisce alla riforma però gli piace perché non è d’accordo sul fatto che il papa intervenga sulle cose dello Stato. Allora cominciano a sviluppare un approccio alla chiesa diverso e vogliono pretendere di controllare la chiesa un po’ sull’impronta protestante e si realizza quella relazione Stato-Chiesa che prende il nome di giurisdizionalismo (è la risposta dei paesi europei alla riforma protestante). Il giurisdizionalismo è un sistema di relazioni Stato-Chiesa nel quale il sovrano non pretende di essere capo della chiesa, infatti non si parla di cesaropapismo, però non accetta nemmeno che il papa e le gerarchie ecclesiali esercitino delle funzioni considerate temporali e quindi si cominciano a formalizzare degli istituti giuridici, si parla di riforma per legge che svuota il potere della chiesa e così lo Stato acquisisce potestà. Questi istituti si chiamano “iura maiestatica circa sacra”, diritti maiestatici, sono una serie di istituti con cui riacquisiscono poteri che avevano perso, anche se in realtà non avevano mai avuto, tra questi i più importanti sono il PLACET QUO EXSEQUATUR(vd.Libro), l’atto con cui il potere temporale attribuisce validità a quelle che sono le normative che adotta la chiesa, è una sorta di rinvio recettizio, con una norma nazionale mutuo una norma da un altro ordinamento. Senza il placet quella regola non ha validità. Altra riforma da ricordare è lo IUS APPELLATIONIS, il diritto che ogni cittadino ha di ricorrere a una giurisdizione civile, al sovrano contro un provvedimento ecclesiastico. Questo è il segno che l’autorità ecclesiastica nei secoli si era presa tutto, e quindi lo stato in qualche modo comincia a dire che egli ha giurisdizione esclusiva su certe cose. Altro diritto è lo IUS REFORMANDI e il successivo IUS NOMINANDI: con questi ci si arroga il diritto di regolare la chiesa. Il primo è il diritto che il sovrano rivendica di riformare la chiesa, il sovrano ha il diritto di regolare l’interna corporis del papato, negando quindi che quest’ultimo sia totalmente indipendente dal sovrano; il secondo è il diritto di controllare le nomine dei vescovi o le nomine generali dei militari. Lo ius nominandi resta nel nostro ordinamento fino al 1984 formalmente, è contenuto nei Patti Lateranensi del 1929 con cui il regime fascista chiede il giuramento dei vescovi e il placet sulla nomina dei parroci per un motivo semplice, ossia controllare queste gerarchie significava controllare il consenso delle persone. Quindi evitare che la chiesa possa schierarsi contro il regime. Il giurisdizionalismo è la risposta dei cattolici, i quali si trovano ovviamente sui loro territori a combattere contro lo sviluppo del protestantesimo cosi come all’interno di ogni singola nazione si sviluppano delle guerre interne tra chi è calvinista e luterano, tra luterani e anabattisti, in Inghilterra tra gli anglicani, i puritani e i papisti. Per un lungo tempo, insomma l’Europa è infiammata da conflitti religiosi, a cui si legano ovviamente anche interessi politici e geopolitici. Ciò che però accade è che quel principio dell’eresia viene moltiplicato per quanti sono i nuovi culti, tutte queste chiese che nascono sono chiese cristiane che hanno quindi nel loro dna l’universalismo (la tendenza a diventare le uniche e diffondersi in tutta Europa e nel mondo) e l’esclusivismo (il ritenere che chi non la pensa come me sbaglia e mette in pericolo la mia salvezza e comunque mi impone di porre in essere un’azione per il suo recupero). Nella visione cristiana così come in quella islamica, io ho come fedele l’obbligo di testimoniare all’altro e anche di salvarlo, quindi o lo convinco o lo uccido, per 2 motivi: 1) perché può mettermi in pericolo; 2) perché è meglio che muoia anche per la sua salvezza invece che continuare ad essere peccatore. Quindi, se prima il cattolicesimo era unificato e combatteva l’eresia nel suo interno ora i nemici si moltiplicano, tanto più è la pluralità religiosa tanto più saranno le guerre. Questo accade nei paesi protestanti e in quelli cattolici, la lotta più forte contro i protestanti è quella francese. Siamo alla fine del Cinquecento e ciò che accade è che la Spagna ha da poco riconquistato tutto il territorio (nel 492 e quindi sta operando con l’inquisizione), la Francia è quella più attiva, i protestanti francesi prendono il nome di Ugonotti, di matrice calvinista. Questi ultimi cercano di prendere potere, anche perché sono ugonotti le fazioni contrarie a Caterina de’ Medici che in questo momento governa in Francia. La strage degli Ugonotti è una della pagine più buie della storia cattolica, gli ugonotti sono ormai dentro la reggia al punto tale che si trovano di fronte alla porta del re, quello che fa Caterina è cercare una via diplomatica, ossia un’alleanza; in un certo profilo ce la fa poi però si organizza un matrimonio tra la sorella del re e un esponente ugonotto. Quando tutti vengono invitati a palazzo si chiudono le porte e si ammazzano. Tale strage è una sorta di insidia che si trasferisce anche nelle vie di Parigi, per diversi giorni gli Ugonotti vengono cacciati e torturati. Di tutto questo si bea fortemente il pontefice che in questo momento inneggia ciò che la cattolica Francia sta facendo e addirittura fa accendere i fuochi quando arriva la notizia. Per questa strage, che è una vergogna per la chiesa cattolica, ha chiesto perdono Giovanni Paolo II quando alla prima giornata mondiale della gioventù è andato a Parigi-> in quell’occasione ha denunciato la brutalità della strage. Stessa cosa accadeva in Germania nei confronti di tutti ed anche in Inghilterra, ogni chiesa nel momento in cui diventava potente in una nazione faceva la guerra agli altri. La situazione come si risolve? In Francia con la strage e poi successive normative di accordo. Nei paesi tedeschi invece le guerre di religione vengono chiuse con due atti particolarmente importanti che sono la Pace di Augusta 1555 e la Pace di Westfalia 1648, questi due eventi dal punto di vista del contenuto sono poco rilevanti, però sul piano di quella che è la storia della libertà religiosa vengono indicate come il primo nucleo di libertà religiosa. Queste due paci valgono solo per i paesi tedeschi, non toccano l’Inghilterra, né l’Olanda, né l’Italia. La pace di Augusta fissa per la prima volta il principio del “cuius regio et religio”, il sovrano decide qual è la religione che tutto il popolo della nazione deve professare, la scelta deve essere compiuta solo tra la religione cattolica e quella luterana. Chi non aderisce alla religione che il sovrano ha scelto ha il diritto di andarsene, il cuius regio et religio è affiancato dallo ius migrandi (diritto di emigrazione), per questo si parla di nucleo della libertà religiosa. La pace di Westfalia fa due aggiunte importanti, intanto la scelta non è più tra luterani e cattolici, ma anche calvinisti, a testimonianza che nel frattempo la religione calvinista ha preso piede, la cosa più importante è che accanto alla ius migrandi, questa pace ammette la possibilità per chi non appartiene alla religione scelta del sovrano di restare nel territorio però che tutti si sentono poi tali. L’adesione degli inglesi fu solamente formale, in un secondo momento si parla di un’azione di missionari, in modo rispettoso e non aggressivo. Ad un certo punto però ciò diventa un’imposizione, a partire dal 1200 in cui siamo in piena teocrazia, arrivano in Inghilterra dei preti tutti romani che parlano solo latino e che impongono la religione cristiana, e con la religione arrivano le tasse ed il potere temporale, quindi si matura un odio nei confronti di Roma, perché usurpano gli inglesi. La chiesa d’Inghilterra è diversa da quella di Lutero, perché restano i sacerdoti e i vescovi, ancora oggi ci sono. Ciò che condivide con le chiese protestanti è il non conoscere Roma e il riconoscere in modo importante una funzione di governo del re anche nelle cose temporale della chiesa (oggi non più, ma per lunghi secoli il parlamento decideva anche sul libro delle preghiere). La chiesa anglicana si è poi diffusa nel mondo, non solo quella di Inghilterra, solo quest’ultima però è quella con al vertice il re, tutte le altre non hanno al vertice il governante. Ricordiamo che il Regno Unito è distinto dall’Inghilterra, infatti il Galles e la Scozia hanno delle loro chiese, il primo una chiesa anglicana mentre la chiesa ha una chiesa presbiteriana, ossia le chiese calviniste di lingua inglese. I puritani sono una fazione di anglicani che ad un certo punto si distaccano perché considerano la chiesa anglicana di essere troppo simile a Roma, verranno perseguitati ed uccisi e scapperanno in America e lì formeranno le loro colonie. 31 OTTOBRE 2017 Forme di separatismo. Ciò che comincia a nascere in maniera chiara nella mente di tutti è che la separazione tra Chiesa e Stato deve essere più matura e non solo più teorica, deve acquisire una forma giuridica. Da questo momento in poi, comincia a prendere vita la separazione (art 7 Cost. > Chiesa e Stato sono ciascuna nel proprio ordine sovrani). Il separatismo è una forma di relazione Stato-Chiesa che prende forma concreta nella realtà in modi diversi: in tutte le forme di separatismo c’è un dato comune -> il godimento dei diritti civili e politici per l’individuo non dipende più da un’appartenenza di fede. Cioè il fatto che io sia cattolico, piuttosto che anglicano, anabattista è irrilevante ai fini dell’applicazione di quelle norme che riconoscono i diritti fondamentali dell’individuo (noi lo riassumiamo con il principio di non discriminazione). L’individuo è davanti allo Stato come cittadino e non come fedele. Seconda cosa che accomuna è una neutralizzazione di una serie di categorie di diritti che erano molto infarcite di fede (es. diritto penale -> nei sistemi di separazione, esso è completamente indipendente dalla religione. Quando si definisce una condotta criminosa è connotata sotto il profilo etico e non sotto il profilo morale o religioso - l’etica è riferibile al diritto naturale). La differenza tra etica e fede è ciò che viene fissato nel separatismo. Questo accade anche per il diritto civile e per tutte le branche del diritto. Quindi, ciò che cambia nelle varie forme di separatismo è l’atteggiamento che lo Stato assume nei confronti delle organizzazioni religiose e anche nei confronti dell’individuo. Il primo separatismo che si afferma nella storia è il separatismo americano. Tale separatismo è connotato dal fatto che l’ordinamento americano, dalla sua nascita (dalla guerra di secessione in poi) è un ordinamento che non ha apparentamento con le chiese, non tratta con le organizzazioni religiose, non le tratta in maniera differente (le considera come organizzazioni di diritto penale), ma è un ordinamento che tutela ad altissimi livelli la libertà religiosa individuale. Le organizzazioni religiose vengono considerate come mero fenomeno associativo. Ciò che porta a scegliere una forma di separatismo piuttosto che un’altra è sempre la storia delle nazioni e dei popoli. Tutto il mondo del Nord, ivi compresa la Gran Bretagna, in seguito alle riforme luterane, è sconquassato dalle guerre religiose interno, per cui nel Regno Unito vengono perseguitati tutti coloro che non sono anglicani. Quindi, ad un certo punto, molte persone del Nord Europa abbandonano la madre patria e si recano negli Stati Uniti per salvarsi. Quando arrivano negli USA cercano di riunirsi, ma non per nazionalità, ma per fede. Perciò, le colonie che vengono a formarsi hanno anche una matrice nazionale, però soprattutto hanno un carattere identitario religioso. Il territorio degli Stati Uniti, quindi, si ritrova suddiviso a “macchie” per religioni. Questo è importante perché sul territorio americano non si stabilisce una religione unica. Ciò incide perché nel momento in cui la madre patria fa la guerra di secessione con l’Inghilterra, questa si trova sul piano religioso molto diversi l’uno dall’altro. La conseguenza è che la normativa che tutela il pluralismo religioso e una normativa che impedisce che una chiesa diventi chiesa di Stato è irrispettabile, perché basta immaginare che le colonie che si sono formate (13), la maggior parte delle quali (9) avevano Chiese di Stato, che si riuniscono intorno a un tavolo domandosi quale religione adottare > di nuovo guerra. Per evitare la guerra, si decise di non scegliere nessuna religione. Sul piano tecnico giuridico, ci si riferisce sempre a un’entità divina generale. Il primo atto che si pone all’attenzione è la Dichiarazione di indipendenza 2 luglio 1776. All’interno della stessa c’è il riferimento ad un creatore (sempre un Dio di appartenenza cristiana), ma non ci si apparenta con la Chiesa. Nel 1781 viene adottato il 1° emendamento alla Costituzione, manifesto della separazione; è ciò su cui si basa la regolazione dei rapporti tra lo Stato e le Chiese, in generale la libertà religiosa negli Stati Uniti. Questo 1°emendamento fissa quello che è definito establishment clause, la clausola con cui si vieta di riconoscere una chiesa come Chiesa di Stato. Nello stesso establishment clause si stabilisce, però, che il Congresso prende il solenne impegno di non porre mai una limitazione all’individuo nel godimento dei propri diritti religiosi. Come vivono le chiese? Le chiese vivono in una situazione di diritto privato e nella situazione americana, quindi, hanno la possibilità di movimento perché l’impostazione americana è libera, nella quale l’iniziativa privata è fortemente riconosciuta e tutelata. C’è poi nella dimensione statunitense un fortissimo favor religionis -> è un ritenere che, sul piano individuale, è preferibile che ogni individuo abbia un’appartenenza di fede. Il Presidente degli USA presta giuramento sulla Bibbia, così come le altre cariche dello Stato. La Bibbia è entrata nel loro modo di pensare e nell’ordinamento come un testo portatore di una carica morale forte. Colui che è disponibile a giurare sulla Bibbia, è consapevole del fatto che l’impegno che prende ha una sua sacralità. Questa problematica è un problema che resta ancora oggi -> ancora oggi non solo le cariche dello Stato giurano sulla Bibbia ma anche alcuni corpi di polizia che riteniamo privati. Quindi ci possono essere delle problematiche che arrivano anche in tribunale. Ad esempio c’è stato un caso che riguardava un dipendente di una società di guardie private che viene licenziato perché ha rifiutato, ai fini dell’assunzione a tempo indeterminato, di giurare sulla Bibbia. Questo, evidentemente, diventa ostativo per lui; egli però ha posto un problema di coscienza. La Corte riconosce che c’è un diritto dell’individuo alla piena libertà religiosa, ragion per cui deve essere data a questa persona la possibilità di dare un impegno forte che non abbia però la forma religiosa. Pertanto, viene riammesso a lavoro perché si impegna a giurare anche se non sulla Bibbia. Questo è testimonianza viva che la libertà dell’individuo sopravanza quella di un sentimento religioso generale. Ma a questo ci siamo arrivati oggi, perché per lunghi anni, negli USA, la situazione non è stata questa. Gli Stati Uniti preferiscono che la società sia religiosa, a prescindere dall’appartenenza di fede. Negli Stati Uniti c’è sempre spazio per la formazione per nuove denominazioni religiose -> es. gli avventisti nascono ex novo proprio negli Stati Uniti, così come i mormoni che sono caratterizzati da elemento settario (in Italia per esempio è arrivata ad un’intesa con i mormoni ma molto tardi). Nascono dentro questi risvegli anche i testimoni di geova -> hanno una visione comunitaria molto forte, talmente forte che li porta a ridurre i rapporti con gli altri. Poi c’è Scientology che è la chiesa studiata a tavolino (per quanto riguarda l’Italia, sta cercando di essere riconosciuta). Questo tipo di sistema è un sistema che dà grande libertà all’individuo ma che pone grandi spazi per fare in modo che dietro a un sentimento religioso si possa nascondere qualche furbo. E’ una situazione che si è sviluppato nei secoli. Altro elemento che possiamo riscontrare attiene alla scuola -> nel caso della scuola statunitense, si capisce bene questo doppio regime che loro hanno per l’individuo e le chiese. In queste scuole americane pubbliche non c’è il corso di religione, si può avere un corso interpretazione della Bibbia (inteso come testo letterario). Non possono entrare le organizzazioni religiose a fare indottrinamento o a fare proselitismo, però se uno studente dice che vuole un’aula per riunirsi con altri studenti per tenere un seminario su temi religiosi, quello si può fare perché ciò che l’ordinamento vede è l’individuo e non la Chiesa, quindi il diritto dell’individuo di avere un’appartenenza di fede. Il separatismo francese è completamente diverso dal separatismo americano. Se definiamo il separatismo americano amico delle religioni, definiamo, al contrario, il separatismo francese ostile alle chiese e alle religioni. Nel separatismo francese si parla di anticlericalismo, intendendosi per tale l’avversione alle chiese e quello che si definisce atteggiamento antireligioso intendendosi per tale l’avversione religiosa che tocca l’individuo. Questo nasce dalla storia della Francia. La Francia ha una storia religiosa diversa dagli Stati Uniti. Se gli Stati Uniti sono molto giovani e si sono formati perché a un certo punto persone di diversa fede e nazione vanno a vivere lì, in Francia, da Carlo Magno in poi, è sempre stata cattolica. Il cattolicesimo è stato garantito con la forza da Carlo Magno e dai suoi successori. Successivamente, la Francia crea la chiesa gallicana, ma l’individuo viene sottoposto a costumi cattolici. Quando si arriva al 700, in sostanza, sono tutti cattolici. La Francia vede la sua gerarchia ecclesiale fortemente legata al potere. L’Ancien Régime vede affiancata la monarchia e le gerarchie ecclesiali e quindi, quando nel 700, cominciano a viaggiare idee illuministe, l’illuminismo, osannando la ragione, se la prende con il sentimento religioso. Accade, quindi, che la Rivoluzione francese, che su questi ideali si basa, procede per gradi. E’ più semplice pensare a tale rivoluzione suddividendola in diverse fasi: la prima (1789 fino al terrore) in cui la rivoluzione è davvero illuminata, è benefica; il primo atto di questa rivoluzione è, del 1789, la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, dove si scrive la libertà religiosa dell’individuo. Tuttavia, c’è un piccolo germe che sarà poi coltivato e cioè il guardare molto l’individuo. Ciò che i testi fondamentali e le Costituzioni dell 800 fanno è guardare l’individuo. Guardando a questa dichiarazione, infatti, si nota che manca la tutela della libertà religiosa collettiva (delle chiese, dell’associazionismo religioso non si parla); tale mancanza è studiata, non si voleva riconoscere spazio d’azione alle associazioni religiose, poiché sarebbe stato un lascia passare alla chiesa. In questa prima fase, il non guardare alle chiese non è tuttavia negativo -> l’obiettivo in quell’epoca era liberare lo Stato e liberare l’individuo; non si poteva attribuire tutela alla Chiesa perché quest’ultima si sarebbe mangiata lo Stato. Accanto a questa Dichiarazione vi è un altro atto importante: la Costituzione civile del clero -> è un atto normativo di carattere statuale (non canonico) con cui si stabilisce che il clero di Francia sarà eletto dalla popolazione; anche la strutturazione della chiesa sarà regolata da questo atto. Tale atto viene accolto con grande benevolenza dal clero ed inviato al Papa per ricevere l’appoggio, appoggio che non ci sarà e da questo momento in poi inizieranno i dissidi con la rivoluzione perché l’assemblea costituente non fa passi indietro e la conseguenza è che nel clero si ha una scissione: c’è un clero che rimane fedele a Roma e non riconosce la Costituzione civile del clero, non presta giuramento all’assemblea e quindi diventa sovversivo -> clero refrattario (diventano nemici della rivoluzione); c’è poi un’altra parte del clero definito clero costituzionale (riconoscono la costituzione e prestano giuramento; si staccano dal papato). I primi sono considerati sovversivi e sono quindi oggetto di cattura. Il tono della rivoluzione cambia di lì a poco perché la rivoluzione, andando avanti si scontra con diverse problematiche. Una di queste è relativa al denaro -> in Francia i soldi erano nelle tasche del clero, quindi si adottano delle leggi c.d. eversive con cui si incamerano i beni della chiesa (edifici di culto compresi) che vengono espropriati e diventano proprietà della rivoluzione. Vengono chiusi gli ordini religiosi (anche essi molto ricchi, vedi Cluny distrutto da Napoleone), si vieta di acquisire i voti. Si passa perciò dall’anticlericalismo all’antireligione. Il processo contro la religione arriva fino toccare il sentimento della religione, si muovono operazioni quali: divieto di simbologia religiosa -> da questo momento viene fatto oggetto di divieto, inteso come divieto positivo (tutte le immagini religiose, le croci, presenti nella Francia vengono rimosse), neutralizzazione delle immagini. Si sostituisce quindi la religione con la religione laica: viene creato un culto, il culto dell’ente supremo (imposto con decreto, promosso da Robespierre) si crea un calendario, si sostituiscono/eliminano le feste, si crea una ritualità sul punto della ragione, creando così il culto della ragione, da questo nasce il successivo culto della nazione. Tale processo si interrompe quando implode la rivoluzione e arriva Napoleone. Napoleone non era religioso, tuttavia ha bisogno dell’appoggio della chiesa e stipula un concordato con essa di tipo giurisdizionalista; ovviamente Napoleone vuole il controllo della chiesa, per questo stabilisce che i vescovi li nomina lui, che è necessario un giuramento di fedeltà, il catechismo deve essere unico per tutta la Francia e deve essere da lui approvato, le organizzazioni religiose non esistono. Dagli inizi del ‘900 in poi si riprende il separatismo come oggi lo conosciamo. Gli inizi del ‘900 si riprende quel filo rivoluzionario e quindi si adottano una serie di norme che vietano alle associazioni religiose di essere proprietarie (attualmente, non sono proprietarie in Francia degli all'acquisizione di beni di un certo valore economico deve avere l'autorizzazione governativa, questo fino al 1997. (Oggi la legge è stata stemperata, l'autorizzazione non serve più però per patrimoni grandi serve un parere consultivo.). La legge Siccardi toglie alla chiesa tutti i suoi strumenti di potere. Contro la legge ci furono grandi proteste da parte dei preti e vescovi. Per la prima volta contro la legge Siccardi vengono adottate pronunce non expedit (divieto che un'autorità ecclesiale pone ai cattolici di prendere parte alla vita politica, è una sorta di scomunica civile). Seguono dal 1855 al 1873 provvedimenti: leggi eversive, incameramento coatto del patrimonio della chiesa. Nel mezzo siamo diventati Italia e abbiamo preso Roma. Le leggi eversive hanno un'alea sempre più anticlericale, ciò che fanno è incamerare i beni della chiesa così come aveva fatto la rivoluzione francese. Nasce così il fondo edifici di culto, un organismo interno del ministero dell'interno che gestisce tante chiese in Italia. Queste leggi eversive sono uno di quegli atti che annoveriamo tra gli atti di sapore anticlericale. Lo stato si preoccupò anche di dare un sostentamento e per quanto riguarda i ministri di culto, fu aggiunto il supplemento di congrua cioè uno stipendio, perché il clero viveva anche dei frutti di questi beni. Se ad una parrocchia si sequestrano tutti i beni di cosa vive il prete? Quindi si dovette prevedere uno strumento che sosteneva la vita del ministro di culto. Il supplemento di culto resta vivo fino al1984 fino alla nuova normativa che prevede il sostentamento del clero, assicurato tutto dalla chiesa e dagli istituti diocesani. I soldi arrivano in grande parte dai cittadini italiani, non dallo Stato, attraverso l'8x1000. Altre misure tentate riguardano delle modifiche del matrimonio. Si propose di istituire il matrimonio solo civile, come in Francia. In Francia si stabiliva inoltre che non bisognava dare luogo ad un precedente matrimonio religioso. Nella visione italiana si propose di eliminare il matrimonio religioso ma non riuscì per l'opposizione del Re di Italia, Vittorio Emanuele. La scuola è il luogo in cui si formano le menti e le generazioni. Nell'800 tutte le Nazioni di Europa iniziano a porsi il problema della formazione delle proprie generazioni ed iniziano ad istituire le scuole pubbliche. Una delle scuole pubbliche più potenti che viene creata a metà del 700 è quella tedesca. Dove insegnano i gesuiti, i preti sono gli unici che hanno capacità di insegnamento, hanno informazione. L'autorità però sta in capo allo Stato. Nella scuola pubblica anche quando spariranno gli insegnanti religiosi rimane l'insegnamento della religione, anche quando nel 1877 viene adottata la legge Coppino, cioè la legge che istituisce la scuola elementare a carico dei comuni, questa legge non prevede l'insegnamento della religione. Malgrado il vuoto normativo le scuole italiane continuano ad insegnare la religione perché c'è un ricorso da parte dei genitori che richiede l'intervento del consiglio di stato, per il quale è possibile insegnare la religione e tutte le scuole l'applicheranno. La Francia vieterà l'insegnamento della religione, ancora oggi. La scuola privata è ancora più sintomatica delle dialettiche che governano il separatismo italiano. Nel momento in cui l'Italia nell'800 fa una scelta di carattere liberale, l'impostazione liberale presuppone che sì dia spazio alle formazioni intermedie, all'iniziativa privata. Nel momento in cui si crea la rete di scuole pubbliche si riconosce la possibilità di avere le scuole private. Le scuole private sono scuole confessionali, scuole cattoliche. Si pose un problema, possono essere uguali alla scuola pubblica? Si possono aprire normalmente? Possono avere lo stesso insegnamento di quelle pubbliche? Possono rilasciare buoni titolo di studio? La risposta liberale doveva essere "si". Su questo tema si affrontarono due visioni liberali, la visione liberale pura (quella di Berti) afferma che il liberalismo pretende una assoluta parità, altrimenti il privato muore, e altri liberali (come Spaventa ) dicono che non si può ragionare in termini astratti, in una situazione come quella italiana se dico che la scuola confessionale è uguale a quella pubblica quello che faccio è decretare la morte della scuola pubblica perché le scuole confessionali erano ricche e in grado di fornire un insegnamento di alto livello. La pari opportunità richiedeva in quel momento di abbassare il livello della scuola privata. Allora la legge Casani e quelle successive sceglieranno di porre limitazioni alla scuola privata. La scuola privata dovrà conformarsi ai programmi della scuola pubblica, non gode di nessun tipo di finanziamento e non rilascia titoli di studio validi, si dovrà fare poi un esame speciale. Questo tipo di impostazione è una dialettica che ci portiamo ancora oggi, dimenticandoci che in quel momento l'impostazione liberale e separatista di Spaventa si basava su quella situazione, oggi la situazione è variata e dovrebbe quindi anche variare l'impostazione. Continuare a prevedere oggi che la scuola privata abbia limitazioni non è tutelare la libertà degli individui. Oggi è violare la libertà degli individui perché nell'800 la scuola confessionale era più potente di quella pubblica e vedeva l'accesso di alti livelli della società, però oggi le scuole confessionali non sono ricche, se oggi una persona decide di iscriversi in una scuola privata deve per forza avere molti soldi perché la scuola privata non ha il sostegno che ha la pubblica. Il livello di finanziamento è basso per quello che serve. Nel momento in cui nell'800 queste problematiche vengono poste ha ragione Spaventa, se in quel momento si fossero parificate le scuole, quella pubblica non sarebbe nata. Il conflitto si svilupperà su altri punti in particolare il conflitto tra l'Italia e lo stato pontificio si scatena per la questione di Roma. Se lo stato fece azioni anticlericali la chiesa non capì al livello globale quello che era il valore della separazione e provò a combattere contro la separazione. I pontefici adottarono misure di condanne violente contro le idee liberali. Uno dei primi atti è del 1832 di Gregorio XVI, condanna le idee separatiste. Un altro atto è il sillabo, legato ad una enciclica adottata da Pio IX, nel 1864. Il sillabò è un decalogo dei mali dell'umanità di quel momento in cui la chiesa condanna tutto, condanna le idee di separazione e i diritti umani, l'idea che ci sia uguaglianza tra le persone, si opporranno alla libertà di voto. Ci saranno anche condanne specifiche per tutti i governanti italiani, quindi la scomunica, considerati traditori della chiesa. 7 NOVEMBRE 2017 La chiesa non prese bene i processi di separazione, né quello italiano né quello in generale di separazione che era maturato in Francia e negli altri Paesi e quindi ci furono da parte della chiesa tutta una serie di condanne. Questa è una cosa da cui voglio partire perché poi vedremo che Paolo VI, un papa di cui al convengo sentiremo parlare molto approfonditamente, ha capovolto l’orizzonte e questa è la ragione per cui il convengo si intitola “Papa della modernità”. Ritornando all’ 800 è chiaro che la Chiesa nell’800 non poteva vedere di buon occhio la separazione perché per lei significava perdere il regno temporale e nella sua visione di quel momento maturata nei secoli voleva dire perdere il potere in generale. Quindi i pontefici diedero luogo ad una serie di condanne dure contro il modernismo e le idee di separazione. Questo approccio è quello che nella politica italiana pesa di più perché si comincia a dare luogo al non expedit, una sorta di ordine apostolico che consiste ad invitare tutti i fedeli a non partecipare alla vita politica, quindi una separazione del fedele dallo stato. In buona sostanza si sono voluti separare più loro che non lo stato che nasceva. Ha avuto un peso il non expedit perché è stato seguito in un modo importante e viene revocato soltanto agli inizi del 900 quando pian piano nasce il partito popolare e poi c’è l’evoluzione fascista su cui oggi non ci soffermiamo tanto sennò rischiamo di non dire abbastanza su Paolo VI, occorre però ricordare che in qualche modo il fascismo è per l’Italia il tornare indietro cosi com’è Napoleone per la Francia. Si restaura con Napoleone un rapporto di carattere giurisdizionale con la chiesa cattolica e si da nuovo spazio ai cattolici. Situazione abbastanza simile si vive con il fascismo. Abbastanza simile perché il fascismo va oltre quello che aveva fatto Napoleone perché il fascismo da luogo ad un sistema che è confessionista. Nel sistema fascista la religione cattolica è religione, non della maggioranza degli italiani come diceva lo Statuto Albertino che resta per altro vigente, ma è la religione di stato e come tale viene tutelata al massimo grado. Tutelata al massimo grado significa che è vero che esistono altri culti che si chiamano ammessi, e sono per l’appunto ammessi solo se fanno ciò che il regime ritiene sia utile a lui perché altrimenti possono essere sciolti anche per motivi molto più futili. Da un punto di vista della istituzionalizzazione dei rapporti il fascismo cambia completamente il tono, cioè se il risorgimento da luogo con la Legge delle Guarentigie ad una separazione veramente netta. Con la Legge delle Guarentigie del 1871 il papa è cittadino d’Italia ed è cittadino romano. Al contrario Mussolini con il trattato del Laterano risolve i rapporti con la chiesa cattolica e crea ex novo lo Stato Città del Vaticano. Restituisce poi alla Santa Sede un potere temporale che è un potere molto diverso da quello che aveva avuto in precedenza però è in verità un potere temporale. In questo ha un grosso peso per quelli che sono i rapporti tra la chiesa cattolica e Mussolini. Ma oltre che dar luogo a concordato e trattato con il quale si crea lo Stato di Città del Vaticano e si stabiliscono dei rapporti di tipo internazionale tra la Santa Sede che è il Papa e lo Stato italiano. C’è poi la chiesa cattolica. Piccola parentesi: quando noi oggi parliamo di Papa, Santa sede, e Stato Città del Vaticano, utilizziamo delle parole dietro alle quali ci sono delle categorie giuridiche molto diverse tra loro. Quando io dico stato città del vaticano faccio riferimento al piccolo territorio ospitato da Roma. Esso ha come suo vertice istituzionale il papa, e poi ha tutta una sua strutturazione: ha dei suoi tribunali, una serie di uffici che ne gestiscono il patrimonio. (Stato città del Vaticano > ordinamento Vaticano > Papa al vertice). Il papa non è capo del vaticano ma capo della chiesa cattolica. Quando dico chiesa cattolica non faccio più riferimento ad un’entità territoriale, né ad un’ entità nazionale, ma mi riferisco a “ i cattolici ovunque vivano nel mondo” e quindi quando parlo del papa come capo della chiesa cattolica cito un’entità completamente distinta da Città del Vaticano. Il soggetto è lo stesso ma le entità sono diverse. La chiesa cattolica ha un suo ordinamento che è l’ordinamento canonico che vale per tutti i fedeli cattolici di chiunque siano cittadini. Mussolini creando questa doppia entità crea un doppio regime di rapporti. Il rapporto con il Vaticano e il papa Vaticano e un rapporto con i cattolici. Mussolini però è un autoritario, un dittatore sul piano istituzionale e di certo non vuole condividere con nessuno il suo potere però gli serve sul piano interno e sovranazionale l’appoggio del papa. Allora quando crea lo Stato città del Vaticano lo crea piccolo piccolo; uno stato che sì è Stato, ma che in fondo non è pericoloso. Inoltre non consente mai che quello stato possa partecipare ai congressi internazionali, all’epoca la Società delle Nazioni, oggi l’ONU. Impedisce che il papa possa partecipare alla Società delle Nazioni perché non vuole che ci sia un controcanto rispetto a lui, vuole essere l’unico a regnare in Italia. Lo stesso approccio lo ha con i cattolici italiani. E’ vero che il concordato del 1929 restituisce alla chiesa cattolica molti spazi diventando la chiesa di stato e restituendogli un sacco di soldi e di potestà. Nella scuola l’unico insegnamento che può essere tenuto è l’insegnamento della religione cattolica. Ci sono pazzeschi privilegi nei confronti dei ministri cattolici, delle chiese cattoliche. Chi vuole esercitare un altro culto ha grosse difficoltà, praticamente è impossibile farsi autorizzare un edificio di altro culto. Quindi la chiesa ottiene tanto. Il matrimonio torna a giurisdizione esclusiva della Chiesa, la quale però paga anche un prezzo. Innanzitutto l’avallo politico, una sorta di asservimento della chiesa cattolica all’ideologia, dell’azione politica di Mussolini. Il controllo avviene attraverso strumenti giurisdizionali. Nomina dei vescovi e placet sui parroci. Per cui i vescovi sono nominati entro una rosa già approvata dal governo centrale, i parroci devono avere il placet. Attraverso queste due figure il regime riesce a controllare tutto. C’è uno scambio quindi tra Chiesa Cattolica e regime di Mussolini. Scambio di cui la chiesa ha piena consapevolezza perché vuole tornare all’antico splendore. Il Reich è l’esperienza totalitaria tedesca, la quale storicamente parte molto dopo Mussolini, però fa una velocissima scalata perché Hitler riesce nelle prime elezioni libere ad avere il consenso di una maggioranza però una volta acquisito il governo si comporta da dittatore. D’improvviso infatti scioglie i partiti che sono contrari, la stampa, mette fuori legge tutto ciò che può generare dissidenza e quindi anche sulla base della necessità e dell’urgenza si eliminano delle libertà. Attraverso quindi tutta una serie di colpi di mano lui riesce a far proclamare libere elezioni su partito unico e vince. In nove mesi Hitler passa dalle libere elezioni ad essere Furher, dittatore e a sommare in sé tutte le potestà che noi conosciamo. Dà luogo ad una forma di relativismo del potere assoluto perché Hitler comanda tutto e tutti anche con un semplice biglietto di cancelleria. Questa ascesa cosi rapida si svolge tutta dall’ inizio del 1933 alla fine dello stesso anno. A luglio la Santa Sede stipula il concordato con il Reich pur conoscendolo. Quella chiesa per tornare ad essere protagonista della scena internazionale stipula anche concordati del genere. Questa è la situazione con la quale la chiesa affronta il nazismo e lo sterminio degli ebrei. Lo sterminio era una cosa di cui si aveva conoscenza. Di fronte a tutto ciò la chiesa cattolica osservò un silenzio che è stato definito assordante. Va detto che Pio XI, il pontefice che è in carica in quel momento, condanna le pratiche naziste. Emana infatti un’enciclica nel 1937 con la quale ammette di aver stipulato il concordato con la consapevolezza del carattere nazista del regime tedesco, ma con la speranza di poterlo contenere, ovviamente invano. Pio XII fu silenzioso, non condanna apertamente il nazismo, ma gli va dato atto che la chiesa di Pio XII ha fatto comunque veramente tanto, consentendo la fuga di migliaia di ebrei dalla Polonia, dalla Germania e da tutti i paesi occupati. San Paolo ad esempio è stato luogo di rifugio di ebrei e sovversivi del regime perché per il trattato del Laterano la Basilica era extra territoriale quindi la polizia non vi poteva entrare sebbene nelle ultime fatti l’abbia fatto. Ciò da il senso del pericolo a cui erano esposti le personalità ecclesiastiche. Tutto ciò per rendersi conto della distanza che separa questa situazione dal dopo guerra. Quando la guerra finisce ci si ritrova con la società delle nazioni fallita, i patti di alleanza falliti, la comunità internazionale distrutta. Sul piano interno le nazioni d’Europa sono tutte distrutte. L’Italia bombardata, come la Germania, l’Inghilterra, la 13 NOVEMBRE Riepilogo Il cesaropapismo è quella forma di relazione Stato-Chiesa nella quale il Cesare, il potere temporale, ha un ruolo nella gestione della cosa religiosa generalmente intesa. Nel caso dell’Oriente, si ha un cesaropapismo estremo perché Cesare si occupa non solo della Chiesa come comunità e come realtà temporale – e quindi non solo si occupa di nominare il patriarca, le cariche ecclesiastiche, di intervenire nelle questioni disciplinari – ma si occupa anche dei profili dogmatici e spirituali. Il cesaropapismo d’Occidente è un cesaropapismo puro nel quale Cesare interviene nelle cose della Chiesa ma solo in quanto comunità temporale e, quindi, si occupa di dare il placet per la nomina del Papa, si occupa delle nomine dei vescovi (nella fase più acuta, c’è il vescovo conte - > prima nominato conte e poi diventa vescovo). C’è quindi un controllo della Chiesa come realtà temporale e non c’è intervento sui profili dogmatici e spirituali. Inoltre, il cesaropapismo d’Occidente si conclude presto rispetto a quello d’Oriente. Esistono tre grandi forme di separatismo: 1) statunitense -> lo Stato si separa dalla Chiesa come ordinamento, però l’ordinamento non si separa dalla religione che resta nell’ordinamento in maniera evidente, si preferisce una società religiosa; 2) francese -> separazione dell’ordinamento statale dalla Chiesa ma, andando avanti, si giunge a una separazione dall’ordinamento alla religione, perciò la religione perde tutela nell’ordinamento francese e, ancora di più, ambisce a che la società si separi dalla religione; 3) italiano -> forma di separatismo mediato; separazione tra ordinamento statale e Chiesa nell’800 ma si conserva uno stretto legame tra l’ordinamento e la religione e tra la religione e alcune funzioni pubbliche (la scuola). Ora, la maturità del separatismo italiano si raggiunge nel 1948 quando viene adottata la Costituzione. Il separatismo italiano, avviato nel 1850, è un separatismo che con il regime fascista subisce una sospensione e un’involuzione del processo, perché molte delle conquiste separatiste fatte vengono “mangiate” (es. matrimonio religioso non aveva un’efficacia diretta -> con il Concordato del 1929 si può dare luogo a un matrimonio religioso con effetti civili). Questa evidenza si ha anche nella scuola pubblica perché è vero che nell’800 si riconoscono le scuole private e la scuola mantiene l’insegnamento della religione, ma sempre il Concordato del 1929 riavvolge il nastro della storia perché l’insegnamento della religione resta come obbligatorio (ci si può astenere ma è necessaria una richiesta specifica di astensione); inoltre, si parla proprio di un insegnamento diffuso della religione cattolica, nel senso che tutta la formazione del singolo è orientata verso la religione. L’involuzione del 1929 è l’effetto della storia italiana, o meglio, di due momenti specifici: 1) Separazione dell’800 che va di pari passo con l’Unità 2) Nel 1922 si avvia e si consolida il regime fascista (regime di destra) SEPARAZIONE DELL’800 E UNITA’ D’ITALIA L’Italia è unica al mondo a livello storico perché, nel separarsi dalla Chiesa, deve anche unirsi. Coloro che abitavano la penisola italiana nell’800 erano e si sentivano italiani, però, dal punto di vista geopolitico, erano suddivisi in più regni (Nord > impero Asburgico e Regno di Sardegna; Centro > Stato Pontificio e Granducato di Toscana; Sud > Regno delle Due Sicilie). Mentre si porta avanti, quindi, il processo di separazione occorre anche unificare. Il problema più rilevante è rappresentato dallo Stato Pontificio, perché è uno Stato che ha al suo vertice il Papa che, in questo periodo, è Papa-Re. Fare, quindi, una guerra al Papa non era semplice, perché non è solo il sovrano temporale, ma è anche capo spirituale dei cattolici, che in Italia sono numerosissimi. Per cui si pone questa problematica: come comportarsi nei confronti dello Stato Pontificio? Furono tentate numerose vie pacifiche (non si voleva conquistare lo Stato Pontificio senza il consenso del Papa), ma, purtroppo, non ci si riuscì. Fu necessario dare luogo alla conquista con le armi di questo Stato Pontificio. Dopo la conquista, non si abbandonò l’idea d’origine -> l’Italia non ha mai voluto unificarsi distruggendo il potere del Papa o il Papa come capo della Chiesa cattolica. Quindi, l’idea di base è evitare il conflitto con il Papa, Stato Vaticano e Santa Sede. Quando gli italiani si sono trovati costretti a conquistarlo, hanno cercato di intraprendere la strada meno dolorosa. La presa di Roma è uno di quegli eventi storici che sono stati esagerati dalla storiografia. Si dice che Roma venne “presa” il 20 settembre con la Breccia di Porta Pia -> ci sono delle immagini dove sempre che siano state completamente distrutte queste mura, in realtà non fu così, perché quando le truppe italiane giunsero di fronte alle mura leonine, dopo una-due cannonate, lo Stato Pontificio si arrese, aprì le porte e le truppe entrarono nel borgo per regolarizzare alcune controversie che erano sorte. Ma la c.d. debellatio, cioè l’occupazione militare dello spazio all’interno delle mura leonine non fu mai operata. Q uesto ha un peso dal punto di vista internazionale, perché si dirà che proprio perché lo Stato Pontificio non è mai stato debellato, probabilmente ha continuato a vivere fino al 1929. Ciò che ci interessa è evidenziare l’atteggiamento dell’Italia. L’Italia non vuole umiliare il Papa, perché questo significherebbe umiliare i cattolici che sono la parte costituente del Paese e sono gli stessi governanti. Quindi, questa moderazione la si usa anche nell’andare a prendersi Roma. E’ bene sottolineare che Roma era una conquista necessaria; nella presa fisica di Roma non c’è un anticlericalismo ideologico, Roma era indispensabile per l’unità d’Italia intanto perché Roma è centro di cultura e di storia, dato fondamentale per l’identità di italiano, ma anche perché si era già sviluppata la guerra tra le diverse altre città italiane che volevano diventare capitale d’Italia. Altro elemento da considerare era un calcolo di tipo politico-internazionale: avere un Papa-Re, quando già vi era il Re Vittorio Emanuele, all’interno della penisola non era “salutare” per uno Stato che nasceva allora. Per tutte queste ragioni, la presa della città interna alle mura leonine fu necessitata. La stessa moderazione l’Italia la osserva dopo la conquista. Le mura leonine non vengono mai sorpassate dalle truppe, non c’è occupazione; il Papa non viene mai toccato e viene lasciato lì con grandi tutele grazie alla forza del diritto. Viene adottata, un anno dopo, la Legge delle Guarentigie (1871). E’ una legge di grande illuminazione, è un gioiello giuridico, perché conferisce garanzie al Papa e ha come scopo quello di rendere il Papa autonomo e indipendente nella sua funzione di capo della Chiesa. Tale legge stabilisce, intanto, che il Papa, che è cittadino italiano, viene parificato alla figura del re -> è intangibile come il re, non può essere toccato, arrestato. Tanto questo è vero che gli viene concesso un corpo scelto di guardie (oggi conosciute come le guardie svizzere) che lo proteggono; gli viene concesso di vivere in piena libertà all’interno delle mura leonine insieme alla curia. Peraltro, non ci sono limitazioni alcune alla libertà di movimento dei dignitari della Chiesa. Il Papa può avere accreditati presso di sé ambasciatori e può accreditarli -> l’accredito degli ambasciatori è prova provata della soggettività internazionale di un individuo, o meglio, di un ente, in questo caso la Santa Sede. La legge delle Guarentigie, tuttavia, non fu mai accettata del Papa; si ritenne prigioniero e si comportò come tale -> si chiuse all’interno delle mura leonine e rimase lì senza intrattenere alcun tipo di rapporto con i governanti e, anzi rafforzò il non expedit, cioè chiese ai cattolici di non partecipare alla vita dell’Italia. Ha continuato con le diplomazie internazionali per riacquisire quella che era la sua precedente potenza. Da questa situazione, nasce la necessità di Mussolini di risolvere la c.d. questione romana (situazione appena descritta). La situazione dello Stato Pontificio in seguito alla debellatio (XX settembre 1870), l’Italia ha la capitale Roma. E’ una legge, quella delle Guarentigie, lodevole e lodata per l’equilibrio che possiede perché è un vero e proprio manifesto della separazione -> si separa lo Stato in maniera definitiva dalla Chiesa, gli italiani si riprendono il territorio di Roma e anche il territorio interno alle mura leonine, ma per mostrare al mondo che il Papa è indipendente, gli viene concesso il godimento pieno di questo territorio (che sul piano giuridico viene dotato di extra-territorialità) e viene considerato parificato al Re d’Italia. Il Papa non ha capacità di capire che l’avere perso il potere temporale negli anni gli consentirà di acquisire un’autorità e un’autorevolezza che non ha mai avuto. Non capendolo, si pongono in aperto conflitto con l’Italia (con i governanti ma anche con la vita sociale italiana nella misura in cui con il non expedit impediscono di partecipare alla vita politica). In verità, questo tipo di operazione, cioè l’opposizione sul piano diplomatico-internazionale riesce, il Papa si chiude all’interno delle mura leonine e lì rimane, per quanto riguarda il disdegno che volevano ingenerare i Papi della società italiana, la cosa non riesce. La società italiana non patteggerà mai con il Papa, non lo vedranno mai come un soggetto violato dall’Italia e questo anche per la lungimiranza che i governanti italiani osserveranno per regolare le materie religiose nella società. Questo essere moderati rispettando il Papa come capo spirituale e tutelando i cattolici ha smontato il clamore che voleva il Papa. Sul piano internazionale, però, la questione pesava e diventa sempre più urgente nel momento in cui, agli inizi degli anni 20, si affaccia sul palcoscenico politico Mussolini. Mussolini prende a cuore la questione romana, per diversi motivi: intanto perché è una questione aperta sul piano internazionale e resta sempre appesa e, quindi, si può sempre riproporre; in secondo luogo (questa è la ragione più importante) perché l’appoggio del Papa gli serve. Perciò, per lui, è fondamentale risolvere la questione romana. Anche per il Papa è importante risolverla perché si rende conto che la sua strategia è fallita, cioè che i cattolici non lo hanno seguito (il non expedit è stato eliminato nei primi anni del ‘900) ma anche perché, ad esempio, ad est è scoppiata la rivoluzione russa (contraria alla religiosa). REGIME FASCISTA Il regime fascista si instaura e consolida molto prima del Reich ma con tempi più lenti. Sul piano istituzionale, nel 1922 c’è la Marcia su Roma, seguono dopo qualche anno le leggi speciali, quelle che azzerano la libertà di stampa, le associazioni religiose, le amministrazioni locali, le quali quest’ultime vengono chiuse e si sostituiscono d’ufficio con dei governanti che sono di nomina centrale. Si va, quindi, poi allo scioglimento del Parlamento italiano e nasce la Camera dei Fasci -> elezioni formali (come tutti i sistemi dittatoriali), si vota su una lista unica e bloccata. Sul piano sociale, invece, il regime vuole il controllo totale della società e lo ottiene attraverso diversi strumenti, uno dei quali è proprio la società e la chiesa cattolica. Ovviamente, questo tipo di ruolo viene contrattato da Mussolini nell’intero “pacchetto” questione romana. In questo contesto – interesse del Papa e interesse di Mussolini interni e internazionali – si aprono le trattative. Sono trattative lunghe perché si tratta di risolvere la questione romana, cioè di attribuire un ruolo giuridico al Papa, ma si tratta anche di regolare l’azione e la vita dei cattolici all’interno dello Stato italiano. Il Concordato del 1929 è il primo concordato dell’800; detta la griglia e anche i contenuti in una certa misura che verranno replicati da tutti gli altri concordati, sia quelli del primo ‘900 sia quelli del secondo ‘900. di Vaticano e la Santa Sede può dire che la piazza è chiusa (es. durante le canonizzazioni o santificazioni). Se la piazza è chiusa (necessario sempre un atto amministrativo) la giurisdizione viene esercitata dallo Stato Città del Vaticano. Quando la piazza è aperta, come è in genere, bisogna fare attenzione perché la giurisdizione piena dell’Italia si estende fino al primo gradino del portico escluso. Dal primo gradino del portico, la giurisdizione è riservata allo Stato Città del Vaticano. Lo Stato Città del Vaticano, però, in linea generale, non esercita la giurisdizione, possiede dei tribunali, ma non si occupa di reati comuni. Per quest’ultimi, anche quando il reato è compiuto a piazza chiusa si ha la delegazione. Il Trattato del Laterano prevede la delegazione, istituto attraverso il quale lo Stato Città del Vaticano delega il processo e l’esecuzione della pena al giudice italiano. Anni fa, ci fu l’omicidio della guardia svizzera -> il capitano delle guardie svizzere viene ucciso da una guardia svizzera all’interno dello Stato Città del Vaticano. In tal caso, essendo stato compiuto all’interno del Vaticano, la giurisdizione spettava allo Stato Città del Vaticano, il quale – si pensava – avrebbe delegato. Poi, la delega non fu più necessaria perché la guardia svizzera si suicidò (molto chiacchierato come suicidio, perché la sua famiglia sostenne sempre che non si trattò di suicido – probabile relazione omosessuale tra il capitano e la guardia). Questione Corvo in Italia -> uno stretto dipendente del Papa sottrae dei documenti importanti (anche contabili) e scoppia lo scandalo. Anche in questo caso, la Santa Sede non ha operato la delegazione perché se la questione fosse stata rimessa al pubblico ministero ci sarebbe stato un gran clamore. La Santa Sede voleva tutelare la sua figura dato che si trattava di uno stretto collaboratore del Papa. L’attentato di Giovanni Paolo II è un altro dei casi che riguarda San Pietro; viene compiuto a piazza aperta, quindi la giurisdizione era italiana. Però, in quel caso ci fu delegazione perché dopo aver sparato scappo e venne fermato da una suora. Altro soggetto particolarmente operativo è il Bambin Gesù, situato in un immobile extraterritoriale; questo però non sospende la giurisdizione italiana. Nel caso in cui io venga operato da un medico del Bambin Gesù la giurisdizione italiana è piena. La Cassazione ha sempre rilevato che non c’è una riserva di giurisdizione automatica perché si trova in un immobile extraterritoriale. Si aggiunge, poi, nella giurisprudenza successiva che il Bambin Gesù, attraverso una convenzione, è parte del sistema sanitario nazionale. Questa limitatezza importante dello Stato Città del Vaticano pone delle particolarità per la gestione dello stesso Stato perché, dato il territorio piccolo, l’acqua e la corrente elettrica gli arriva attraverso l’Italia (anche la telefonia, un tempo, gli arrivava attraverso l’Italia). Lo stesso vale per le fogne. Per quest’ultime sono sorti dei problemi perché non era previsto dal Trattato e ci si è posti il problema se si dovessero far pagare le tasse sullo scarico nelle fogne allo Stato Città del Vaticano? In generale si è giunti a dare una risposta negativa, perché evidentemente è una delle garanzie che gli sono state concesse. Va regolata anche la posta -> le telecomunicazioni devono essere libere e non può essere bloccato nulla che viene inviato allo Stato Città del Vaticano. Per capire, qualche anno fa, il governatore della Carinzia, di estrema destra, inviò al Papa un abete grande. Si posero numerose critiche perché non si voleva far arrivare un abete al Papa da parte di un “nazista”. In realtà, l’Italia non avrebbe potuto bloccarlo, perché è un regalo destinato al Papa e se lo vuole può riceverlo. Questa normativa riguarda la posizione del Papa. Nel Trattato del Laterano, accanto alla regolazione del territorio Stato Città del Vaticano, sono regolate le garanzie reali e personali. Le garanzie reali sono quelle che riguardano il territorio – già menzionate – mentre le garanzie personali sono quelle rivolte alla figura del Papa e anche ai cardinali. Il Papa ha diritto pieno e assoluto di ricevere chiunque vuole. Questo è un portato importantissimo presente anche nella Legge di Guarentigie -> diritto di legazione attiva e passiva (avere e mandare ambasciatori) Durante la prima guerra mondiale, nella vigenza delle legge delle guarentigie, accadde che presso la Santa Sede erano accreditati ambasciatori di paesi che erano in guerra. La legge, probabilmente, avrebbe lasciato il Papa nell’assoluta legittimità di conservare presso di sé questi ambasciatori. Pur tuttavia, per rispetto, gli ambasciatori se ne andarono dall’Italia e si trasferirono in Svizzera. Quella stessa normativa è stata riportata in toto nel Trattato del Laterano. Altre garanzie di carattere personale ce le hanno i cardinali -> hanno una garanzia della libertà di movimento pieno e assoluto nel territorio italiano, soprattutto nel momento in cui si apre il Conclave. Quindi, noi non possiamo bloccare la funzione di governo del Papa; quando viene in Italia è considerato un sovrano straniero. Il Trattato del Laterano parifica la figura del Pontefice a quella del re. Lo Stato Città del Vaticano è uno Stato teocratico o no? E’ soggettivamente diverso rispetto alla Santa Sede? Lo Stato Città del Vaticano e la Santa Sede sono due soggetti distinti e con una soggettività internazionale autonoma. Ciò si individua nel Trattato del Laterano laddove si afferma che lo Stato Città del Vaticano è posto sotto la sovranità del Sommo Pontefice (se fossero stati la stessa cosa non sarebbe stato necessario affermare questo); in secondo luogo, altra prova provata è che se si guardano gli atti internazionali, molti di questi sono sottoscritti dallo Stato Città del Vaticano. Sul piano internazionale, la distinzione tra i due attiene proprio alle funzioni che svolgono -> lo Stato Città del Vaticano è un ente territoriale, perciò interviene in tutti quegli atti internazionali in cui entra in gioco la territorialità; la Santa Sede interviene quando ci sono profili più generali che attengono alla gestione dell’umanità. Per quanto riguarda la prima domanda, coloro che sostengono che tale Stato sia teocratico, da un punto di vista della partizione dei poteri non vede una distinzione, nel senso che comunque esistono sia il potere legislativo, esecutivo e giudiziario, ma tutti e tre fanno capo al Papa. Per questo, dato che tutti i poteri sono nelle mani del Papa, si può parlare di teocrazia. Ma non è propriamente corretto per la specificità dello Stato Città del Vaticano; infatti, la teocrazia presuppone l’esistenza di un popolo sul quale esercitare il potere teocratico. E’ uno Stato apparato, uno Stato funzionale. Conseguenza particolare è che, essendo lo Stato Città del Vaticano Stato apparato, Stato funzionale, fa sì che là dove il Papa decidesse di andare via da Roma per sempre o laddove il papato morisse, allora verrebbe meno la ragione per la quale è stato creato lo Stato Città del Vaticano, per questo l’Italia potrebbe riprendersi tutto. Tornando al discorso storico, ripartiamo dalla progressione della nostra esistenza di Stato. Come dicevamo, con la marcia su Roma del 1922 affrontiamo un regresso lungo, per cui dimentichiamo gli ideali di libertà proclamati a metà dell’800 e seguiamo il destino dell’Europa. Quest’ultima, nel secondo decennio del ‘900, tradisce tutti gli ideali precedentemente fissati ( -> i grandi totalitarismi colpiscono tutto, l’uomo nella sua identità etico-morale). Usciti dall’olocausto (non solo ebraico) si tratta di ricostruire ex novo la Comunità internazionale. Quindi, la seconda modernità inizia proprio con un progetto di ricostruzione -> gli Stati devono ricostruire se stessi e la Comunità internazionale deve ricostruire se stessa. Sul piano della comunità internazionale, nasce l’ONU e altre organizzazioni internazionali (per quanto riguarda noi, regionali) e si dà avvio alla Comunità europea e al Consiglio d’Europa. Come ci si comporta riguardo alla libertà religiosa e ai temi religiosi? In tutte le Carte internazionali c’è un qualche richiamo alla religione e, in alcuni casi, c’è una normativa dettagliata sulla libertà religiosa. Però la libertà religiosa entra nella più ampia proclamazione dei diritti umani e se si leggono gli atti internazionali si rivela che la libertà religiosa è proclamata in modo minimale -> per es. non si esplicita mai lo ius poenitendi, il proselitismo, manca la tutela dell’associazionismo religioso. La ragione è semplice: gli Stati che compongono queste organizzazioni sono numerosi e diversi (basta pensare all’ONU -> al suo interno ci sono i Paesi arabi e l’Unione Sovietica, impossibile parlare di ius poenitendi, di associazionismo religioso). La conseguenza è che se si guarda, quindi, alla normativa internazionale c’è il riferimento alla religione ma non c’è una specificità della stessa. Ciò vale per le comunità mondiali (ONU) e locali (Consiglio d’Europa e Unione Europea). Per quanto riguarda l’Unione Europea, oggi è un soggetto che non ha competenza diretta in maniera religiosa. La regolazione dei profili religiosi appartiene in maniera primaria – direi in maniera esclusiva – agli Stati, tanto individuali quanto associativi. Quando, poi, nel regolare le materie di propria competenza l’UE interseca profili religiosi li regola. Nel momento in cui, ad esempio, l’UE regola la materia del lavoro e della discriminazione, siccome in quest’ultima ci sono profili religiosi, la regola ma sempre in funzione della discriminazione. La stessa cosa nel momento in cui si regola il principio di non concorrenza. Quando ancora regola i marchi e i brevetti, anche lì tocca il profilo religioso ma sempre nell’esercizio delle sue funzioni. Ancora meno può andare ad intaccare lo status giuridico delle organizzazioni religiose, cioè degli enti associativi, perché in tal caso ha assunto una riserva normativa espressa. Esiste, infatti, una norma del Trattato dell’Unione Europea, l’art. 17, per la quale l’UE assume l’impegno di non toccare mai lo status giuridico che le organizzazioni religiose e le chiese hanno nel proprio ordinamento. Per cui, per esempio, non può vietare all’Italia di stipulare un concordato, non può vietargli di scegliere chi può avere o meno l’intesa e neanche di trattare in modo diverso le organizzazioni confessionali e le organizzazioni non confessionali filosofiche (gli atei). Quando l’UE va a regolare materia di sua competenza che possono toccare questi profili deve tirarsi indietro o fare eccezione. Uno dei problemi che si pongono è quello di far transitare da un Paese all’altro gli atti di stato civile. In Italia è possibile sposarsi con il rito civile o con il rito concordatario. Se io mi sposo con un rito religioso concordatario, che poi viene recepito dal mio Stato, quell’atto è un atto che il mio Stato recepisce perché ha un accordo con me, ma se io lo voglio portare in Francia non è necessario che lo riconosca perché il concordato tra il mio Paese e quello italiano non è riconosciuto in Francia. Altro soggetto internazionale a cui bisogna fare riferimento è il Consiglio d’Europa. Questo è l’organismo internazionale che più di ogni altro ha questa capacità. Nasce nel 1950, attualmente comprende un gran numero di Paesi (47, compresa la Turchia). Tale organismo si appoggia sulla Carta dei diritti dell’uomo che ha una normativa in materia di libertà religiosa precisa, soprattutto ha una Corte, la Corte di Strasburgo, la quale da sempre ha competenza a giudicare sulle violazioni della libertà religiosa come regolata dalla Convenzione. Le sentenze della Corte di Strasburgo non sono immediatamente esecutive in Italia -> rientravano negli strumenti di soft law, possono essere considerate come sentenze di pressione politica. Oggi, la Convenzione europea si trova allo stesso livello dei Trattati e è anche richiamata nei Trattati stessi. La Corte di Lussemburgo deve attenersi alle sentenze della Corte. Attraverso quello che è il richiamo da parte della Corte di Lussemburgo di una sentenza della Corte di Strasburgo, i principi di Strasburgo possono diventare obbligatori per noi, possono entrare dentro il nostro ordinamento. Per cui, evidentemente, seppur in via indiretta, quella giurisprudenza diventa importante. 20 NOVEMBRE PARTE NORMATIVA FONTI DI DIRITTO INTERNAZIONALE IN MATERIA ECCLESIASTICA Come accade per tutte le branche del diritto, compresa quella del diritto ecclesiastico, non è possibile dimenticare il diritto internazionale, sebbene, le fonti di diritto internazionale in materia di tutela della libertà religiosa siano molto generiche. Si tratta di norme molto numerose (ci sono molti trattati e atti che ne parlano). Quando si guarda all’area regionale, UE e Consiglio d’Europa, resta questa percezione generale, cioè le norme dell’UE e del Consiglio d’Europa non hanno una immediata ricaduta nell’ordinamento interno. Per quanto riguarda l’Unione europea, questa è incompetente in materia religiosa, perciò la menziona così come fa per tutti gli altri principi e libertà -> non esiste una norma che abbia una immediata applicabilità. E’ vero, al contrario, che ogni volta che l’UE, nell’esercizio delle sue competenze, interseca i profili religiosi li regola nella pienezza della sua potestà e, pertanto, le normative in materia di discriminazione religiosa in ambito lavorativo sono cogenti, così come per i marchi e i brevetti (c’è una diretta competenza). In questi casi l’Ue opera pleno iure. Il Consiglio d’Europa ha invece competenza diretta in materia religiosa, ha una fonte normativa, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, nella quale viene specificatamente regolata la materia religiosa. La Corte di Strasburgo, nel momento in cui dovesse rilevare una violazione, sanziona lo Stato (la sanzione è pecuniaria), ma la sua decisione non è in grado di modificare il diritto. il modo in cui il fenomeno religioso deve approcciarsi agli Stati. Nell’affermare questo, il 1° comma fissa il principio di separazione e scrive proprio che ci sono due aree differenti, temporale e spirituali, indipendenti e sovrane. Tuttavia, questi due mondi, pur separati, non sono due rette parallele, bensì sono due mondi che, geograficamente, sono rappresentabili attraverso dei cerchi che in alcuni casi coincidono. Sul piano pratico, ogni associazione religiosa decide come strutturarsi (se vuole avere o meno il Papa, se vuole avere o meno il ministro di culto, ecc.), come amministrare se stessa nel pieno della sua autonomia, ma lo Stato accetta solo ciò che è in linea con il proprio ordinamento. Si decide, perciò se dare rilevanza giuridica o meno ad alcuni profili, senza imporre di cambiarli. Es. l’Islam -> non si struttura, non è abituato quindi a farlo. Quando arriva in Europa, non ha un modello di riferimento che si porta appresso, perché a casa loro l’Islam è Stato, vive come parte integrante dell’ordinamento giuridico. Né lo Stato può strutturare l’Islam, né l’Islam può chiedere di essere strutturato dallo Stato in cui arriva. Nel caso dell’Italia, quindi, lo Stato è separato e farà entrare nell’ordinamento ciò che è conferente con l’ordinamento sulla base di una discrezionalità genericamente tecnica, in alcuni casi, politica in modo spiccato (quando si sceglie l’intesa, v. dopo). Il 2° comma la professoressa lo dà per morto. Su questo comma sono stati scritti molti libri perché il problema è che tipo di copertura costituzionale hanno i patti lateranensi. Nel 1984, il Concordato del 1929 venne meno, si diede luogo a una modifica che prese il nome di Accordo di revisione, proprio perché si voleva che non venisse considerato come un nuovo accordo, ma come una mera modifica. Però, in quanto modifica, tale accordo è sottoposto a un sindacato costituzionale che è assolutamente pieno, cioè la Corte Costituzionale, posta di fronte a una norma di tale accordo, si comporta come fa quando ha davanti tutte le altre leggi. Se una norma dell’accordo viola un principio anche non supremo, quella norma è costituzionalmente illegittima. L’Accordo del ’84 oggi è vincolato al rispetto totale della Costituzione. Questo perché quando nel 1948 si è scritto l’art. 7 Cost., i costituenti avevano davanti agli occhi già il Concordato per cui, in una visione idilliaca, il professor Cardia sostiene che i costituenti, nell’attribuire questo valore rinforzato al Concordato del 1929 erano consapevoli di ciò che avevano davanti. Il secondo comma fissa perciò il principio secondo il quale non è possibile modificare il Concordato se non in accordo tra le parti (anche per quanto riguarda quello del 1984). Per quanto riguarda il vaglio costituzionale, le norme dell’84 sottostanno al vaglio della Corte. Guardando invece al Trattato, questo non può essere toccato se non per via bilaterale e, nel fare eventualmente un sindacato di legittimità costituzionale, i limiti sono rappresentati dai principi supremi. Altra cosa fondamentale è che il Concordato del 1984 è un atto complesso -> non c’è solo il Concordato, ma c’è anche un’altra normativa. Intanto c’è il protocollo addizionale (che non pone tanti problemi perché è legato fisicamente al Concordato). L’Accordo del 1984 è costituito da accordo e protocollo addizionale; rappresentano un unico atto che va letto insieme perché il protocollo addizionale è una sorta di interpretazione autentica. Ciò che non sta dentro l’accordo è la normativa che regola gli enti ecclesiastici, di fondamentale importanza: la legge 222 del 1985 legata alla legge 206 del 1985 (leggi gemelle). Queste leggi sono staccate dal Concordato, ma sono norme di derivazione concordataria e quindi sono comunque coperte dal principio pattizio (cioè l’Italia non può in via unilaterale una normativa che modifica la regolazione degli enti ecclesiastici, è necessario un accordo bilaterale). 21 NOVEMBRE L’art. 8 Cost. si occupa delle confessioni religiose e è costituito da tre commi. Il primo comma sancisce la definizione di uguaglianza (le religioni sono tutte uguali davanti alla legge) Il secondo comma definisce il principio dell’autonomia delle confessioni. Il terzo comma definisce i rapporti delle confessioni diverse dalla cattolica con lo stato e stabilisce che essi siano regolati dalle intese. Il punto è individuare il soggetto giuridico della norma: le confessioni religiose. È difficile, nella pratica, definire le confessioni religiose in termini generici, siamo abituati ad elencarle. Quando si deve dare una definizione giuridica a qualcosa che non è perfettamente individuato da una norma, è necessario partire dalla realtà ontologica, dal fenomeno sociale che si ha davanti e, quindi, andare a vedere nella realtà concreta cosa è una confessione/organizzazione religiosa. Da un punto di vista fenomenologico, la confessione religiosa è un fenomeno associativo, quindi, è un gruppo di persone; non si dà confessione religiosa senza una pluralità di persone unite da un vincolo associativo dato dalla condivisione di idealità e finalità. Definire, però, se questo gruppo è di identità religiosa è più complicato. Per capire che tipo di comunità rappresenta un gruppo di persone, è necessario osservare l’attività che svolge. Rispetto alla formazione sociale religiosa, questo passaggio non è immediato perché nel momento in cui si dice che si ha davanti una religione, per capire se questa è tale, bisogna individuare lo svolgimento di attività proprie religiose, come la preghiera (nella visione giudaico-cristiana), essa però è fuorviante poiché quando ci avviciniamo a religioni di altre origini (vedi buddismo) dove la preghiera, soprattutto collettiva, non è presente, non siamo in grado di definire quale sia una confessione religiosa. Perciò, nel definire una formazione associativa come “confessione religiosa” abbiamo grosse difficoltà perché per non violare il principio di laicità quello che possiamo fare è dire: esiste una formazione religiosa nel momento in cui si ha due o più persone unite da una stessa idea o una stessa finalità, è invece quasi impossibile definire, in un secondo momento, quale siano queste finalità nel caso concreto. Come ne usciamo? La giurisprudenza ha compiuto numerosi errori, uno dei quali è stato il fatto di aver affermato che esiste una religione nel momento in cui ci sono un gruppo di persone che credono in un essere ultra terreno, la corte di appello di Milano ha usato questo criterio per negare la natura di confessione religiosa a scientology. Questo criterio però è sbagliato, ad esempio infatti nel buddismo non esiste l’essere supremo, è più una filosofia, ma in Italia è riconosciuto come religione nonostante non ci sia l’ente supremo. Il buddismo è una realtà ideologica molto particolare. Siddharta è un principe il quale ha un’esperienza mistica; vive dentro il palazzo in India e un giorno, anzi più di una volta, scappa dal palazzo e viene a contatto con la miseria, intesa come la condizione misera della vita dell’uomo. Ha per questo uno scuotimento mistico e decide di abbandonare la ricchezza e va a vivere nel deserto. Riflettendo, elabora una dottrina comportamentale per trovare la propria pace e quindi per risolvere individualmente la propria situazione di sofferenza. Secondo Buddha, è necessario rinunciare alle cose terrene, andare oltre la sofferenza, attraversarla -> si deve fare un percorso ascetico attraverso il quale si giunge alla purezza. Come si fa per far cessare la sofferenza? Necessario comprendere la realtà, le parole delle persone, le azioni dell’altro, sembra una forma di psicoterapia, centrata sull’io e sulla riflessione su se stessi. E’ una dottrina molto distante dalla dottrina a cui noi siamo abituati (cristianesimo, ebraismo, islam). Il Buddismo non conosce ministro di culto, non c’è il sacerdote. Sia come impostazione di idea, come strutturazione della società dei buddisti, in Italia la consideriamo religione tanto che dal 2007 abbiamo stretto un’intesa. Il buddismo tibetano è strutturato in modo importante, in forma di Chiesa. Ha avuto una impostazione teocratica, i monaci tibetani governavano la società. Non esiste un solo buddimo, esiste una radice del buddismo, ma vi sono poi tante forme di buddismo. L’intesa che l’Italia ha fatto è con “l’unione buddisti italiani”, ente federato cui partecipano diverse scuole di pensiero. Una delle forme di buddismo che si è sviluppata nel tempo è la soca caccai -> buddismo giapponese che ha una visione molto strutturata; per noi oggi è religione perché è stata riconosciuta in base alla legge 1059 come ente morale. L’ordinamento italiano ha sottoscritto delle intese con altre confessioni e riconosciamo altre organizzazioni religiose che non riconoscono un ente supremo. Dare una definizione della religiosità non si può fare, si può dire cosa non è di sicuro una religione. La religione – secondo Cardia – non è un movimento di tipo demonico, diabolico, satanico. Non si può riconoscere come confessione religiosa un gruppo di persone che è votato ad un essere malvagio (secondo la corte d’appello di milano andrebbe, in realtà, definita religione quella che è devota a satana, poiché questo è un essere ultra terreno), questo perché nell’impostazione costituzionale italiana, l’associazione vive in funzione dell’individuo. Le formazioni sociali sono riconosciute dalla Costituzione (art. 2) nella misura in cui sono strumento di sviluppo della personalità dell’individuo. Il fenomeno associativo è riconosciuto e tutelato quando pone in essere un’attività che promuove lo sviluppo dell’individuo. Di fronte quindi ad un’associazione che propugna il male, le azioni violente, la disparità tra gli individui, non considero un luogo dove si sviluppa l’individuo, al contrario è un luogo dove esso regredisce. Non considero però associazione religiosa un’associazione, formazione sociale dedita ad un culto maligno, al “male” inteso non in senso etico, ma male secondo la considerazione che il nostro livello etico e progresso umano giuridico ha raggiunto. Sul piano individuale ognuno è dedito a ciò che vuole, lo Stato, semplicemente, non riconosce la confessione religiosa dedita al male, non può riconoscerne la legittimità di tale associazione e giustificare gli atti che essa pone in essere. Quando si parla di confessione religiosa, bisogna considerare che questa è in primo luogo un fenomeno sociale, si cerca di capire, in un secondo momento, quale gruppo può essere definito come una confessione religiosa. L’altro soggetto che non può essere riconosciuto come confessione religiosa è un movimento ateo, agonistico o razionalista, una fede non teista, che propugna cioè una filosofia che nega l’esistenza di Dio. Un movimento ateo non può essere riconosciuto come confessione religiosa perché questa aggregazione di persone non ha le stesse esigenze che ha un’associazione religiosa (non ha bisogno di fare riti, di fare culti, non sviluppa un pensiero che è volto oltre la vita terrena). Esclusi questi soggetti, nella attuale esperienza, non si sa quale altre aggregazioni possono non essere riconosciute come confessioni religiose. I criteri suggeriti da Cardia per individuare una confessione religiosa attengono essenzialmente alla struttura, piuttosto che alla finalità. Ci sono diverse teorie per individuarla sul piano strutturale: c’è chi dice che questo fenomeno associativo debba avere un radicamento nella società per definirla confessione religiosa. Questa teoria è molto diffusa nel mondo, ma non è piace alla Benigni e a Cardia, perché se si afferma che si ha confessione religiosa solo quando si ha un gruppo molto numeroso di persone, non si attribuisce tutela al gruppo nel momento della sua formazione quando il gruppo ha maggiore necessità di essere tutelato. Questo criterio perciò discrimina le minoranze, modo illecito per discriminare il pluralismo. Un’altra teoria, molto legata alla precedente, attiene alla necessità di una strutturazione ordinamentale importante, cioè alcuni sostengono che non è importante il numero di persone, bensì il fatto che queste persone abbiano una strutturazione ordinamentale forte (modello Santi Romano). Questa teoria si scontra con l’art. 8, che al 2 comma dice che le confessioni religiose hanno il diritto di strutturarsi, ma non ne hanno l’obbligo -> una confessione resta tale anche se non strutturata. Non posso imporre ad un’associazione la forma giuridica che essa deve raggiungere. Anche questa teoria non va bene. La tesi del professor Cardia è molto basata sulla autoreferenzialità, riconosco un gruppo che ha un minimo di autonomia, non solo istituzionale ma anche autonomia di pensiero, in base anche alla sua volontà, senza quindi imposizione. Ricapitolando: la confessione religiosa è una formazione sociale, gruppo di persone che condivide l’idealità e la condotta e che ha un patrimonio ideale specifico. Criteri del Cardia: perché si possa avere questo, è necessario avere un gruppo di persone che hanno un’autonomia, intesa in senso ampio dalle altre religione, nel senso che propugnano un’idea originale e che sono strutturalmente autonome -> primo carattere: autonomia strutturale; secondo carattere: autoreferenzialità, questo gruppo deve volersi considerare come confessione religiosa (volontà). Accanto a questi, deve esserci ovviamente un’esperienza nel tempo. Si tratta di criteri che ci espongono a possibili azioni di furbizia (qualcuno può mettersi seduto e inventarsi una confessione). Il test per valutare che questi criteri non portano sempre a cose positive si può fare con Scientology. Scientology si proclama Chiesa; nasce ed è appoggiata sulla “predicazione” di Ron Abarth il quale scrive nel 1954 un libro nel quale elabora un processo di purificazione dell’io denominato dianetix e ci lega dei centri. Questi centri sono centri in cui si dà luogo alla disintossicazione dei tossicodipendenti. Questo tipo di sperimentazione si sviluppa in un vero e proprio processo di purificazione dell’io che non vale solo per i tossicodipendenti ma per tutti, si sviluppa una filosofia. Secondo la visione di Ron Abarth l’uomo ha delle potenzialità mentali molto elevate che, però, non utilizza perché, come società umana, acquisisce delle scorie che bloccano questo sistema e quindi devono essere eliminate attraverso un processo (per noi terapeutico) che secondo la loro visione è di purificazione dell’io. La visione è molto simile a quella buddista. La differenza con il buddismo è che in quest’ultimo si riflette sotto la pianta, si medita ecc; nel caso di Ron abarth questo processo di purificazione diventa mercanzia, diventano corsi a pagamento, perché per passare da impuro a puro il processo di meditazione è lungo, si fa attraverso degli step che durano anni e sono tutti a pagamento. Una volta che mi sono purificato posso diventare mio stesso agente purificatore, è tutto un sistema per fare cassa. Il punto è che Scientology si è proclamata Chiesa (in Italia è andata sotto processo, dal quale è uscita come non chiesa e quindi deve pagare i tributi). Se si apre il sito di Scientology, quest’ultima si Se un comune stabilisce di creare un elenco delle associazioni di promozione culturale, le associazioni sono libere, molte confessioni religiose si strutturano come associazioni culturali, ma in realtà hanno caratteristiche diverse, per questo è necessario l'accertamento oltre a ciò che è scritto nello statuto. Molte organizzazioni religiose, come l’Islam, si struttura come associazione di promozione culturale. Il 3°comma dell’art. 8 Cost. è quel comma che garantisce alle confessioni religiose diverse dalla cattolica la possibilità di avere l’intesa. La prima cosa di cui bisogna tenere conto è che non è possibile che lo Stato stipuli un’intesa con uno Stato che non è strutturato, che non abbia personalità giuridica. Ciò significa che un’organizzazione religiosa quando si forma in Italia può decidere di non strutturarsi e di vivere come associazione di fatto, però, se la sua volontà è andare verso un’intesa deve per forza acquisire personalità giuridica. Soprattutto, non si ha intesa con un’organizzazione religiosa che non abbia una precisa personalità giuridica, vale a dire la qualifica di ente morale (l. 1059 del 1929). Come si può strutturare un’organizzazione religiosa? Se un’organizzazione religiosa vuole stipulare un’intesa si deve dotare di personalità giuridica. Ma quale personalità giuridica? E’ possibile pensare che, essendo un ente collettivo, bisognerà fare riferimento alle forme previste dal diritto privato (codice civile). Il codice civile prevede una formazione della persona giuridica molto semplice dopo la riforma del 2000. Questo tipo di personalità giuridica di diritto civile che si acquisisce è generica. Tuttavia, questa non è la personalità giuridica utile per stipulare l’intesa. Per cercare di stipularla, è necessario avere una personalità giuridica specifica che è quella prevista dalla l. 1059 del 1929 che si chiama ente morale. L’acquisizione di questa personalità giuridica è particolarmente complessa. Infatti, non facile essere riconosciuti come ente morale perché, innanzitutto, l’impianto della legge è del 1929 quindi è abbastanza ispettiva ma, soprattutto, perché l’ente morale è il gradino antecedente all’intesa. Inoltre, se un’organizzazione viene riconosciuta come ente morale acquisisco una qualificazione ex lege di confessione. Tale qualifica è molto importante perché dà accesso a tante prerogative. Perciò, trattandosi di una qualifica che apre a molti trattamenti speciali, l’ordinamento prima di conferirla fa una verifica più dettagliata. La procedura è particolarmente complessa perché se si vuole essere riconosciuti come ente morale, innanzitutto, si deve fare una domanda alla prefettura del luogo in cui l’ente ha sede. Quando si fa la richiesta bisogna portare, oltre allo statuto e all’atto costitutivo, anche una relazione descrittiva di ciò che l’ente è sotto il profilo religioso -> si deve documentare la fede che si professa, quelli che sono i riti e i culti, l’identità religiosa. Ciò suona un po’ strano perché lo Stato è laico e sembrerebbe una contraddizione. Ma, in tal caso, è necessario tornare all’art. 7 Cost. il quale prevede il principio di separazione. Tale principio consiste nel divieto fatto allo Stato di ingerirsi nelle cose spirituali e nel divieto fatto allo Stato di costringere un’associazione a non essere quello che lei non vuole, ma anche nel diritto dello Stato di andare a verificare che il soggetto che ha davanti assolva dei requisiti. La prefettura opera una prima verifica ed esercita una discrezionalità tecnica. Laddove sussistano tutti gli elementi per attribuire personalità giuridica, qualora non venga attribuita, si compie un atto illecito. Si tratta di un controllo che l’ordinamento compie in maniera puntigliosa. Se tutto va bene, si conferisce la qualifica di ente morale. La personalità giuridica viene conferita con decreto del Presidente della Repubblica. Una volta ottenuta la qualifica di ente morale, si può ambire alla stipula di un’intesa. Un’intesa non è un diritto -> nessuna confessione religiosa ha diritto ad avere un’intesa. Per stipularla, ci si reca alla Presidenza del Consiglio e si chiede di aprire le trattative. La Presidenza del Consiglio ha una discrezionalità politica e non tecnica. Il principio di democraticità, non sempre viene considerato come un fondativo. Quando si chiede riconoscimento, una personalità giuridico, in genere viene chiesto da un ente esponenziale dell'ente. Non dobbiamo guardare al cattolicesimo perché è secolarizzata, ma per esempio per il buddismo si dovrà guardare l'ente che lo rappresenta, non troveremo la struttura, le norme dogmatiche, ciò da una parte semplifica la lettura dello statuto dall'altra parte però è difficile identificare bene ciò che caratterizza quella confessione. Il centro culturale islamico d'Italia, ha personalità giuridica e una struttura di un ente, però non troviamo scritti i diritti degli uomini e delle donne in modo esplicito. (che potrebbe essere in questo caso in contrasto col diritto di uguaglianza, di parità tra i due sessi). L'art. 200 c.p.p. Il segreto ministeriale. Quando viene chiamato a testimoniare in un processo penale un ministro di culto, egli può astenersi in relazione all'esercizio del ministero. È il giudice che deve controllare (verifica del Ministero dell'Interno) se lo statuto è o meno in contrasto con l'ordinamento, non ci si deve fermare all'atto scritto, ma vedere anche l'effettiva attività della religione. Il giudice dovrà fare una serie di verifiche, perché è ovvio che le confessioni religiose in relazione a questo comma non scriveranno mai qualcosa in contrasto con l'ordinamento italiano. Se un comune stabilisce di creare un elenco delle associazioni di promozione culturale, le associazioni sono libere, molte confessioni religiose si strutturano come associazioni culturali, ma in realtà hanno caratteristiche diverse, per questo è necessario l'accertamento oltre a ciò che è scritto nello statuto. 28 NOVEMBRE Quasi tutti gli organi politici, territoriali e non hanno strutturato degli enti che si chiamano consulte. Le istituzioni, “consulte”, sono per l’Islam o più in generale per il dialogo interreligioso, all’interno delle quali ci si scambiano idee, si parla ma non si arriva mai a porre in essere atti che siano regolamentari. Queste risolvono però problematiche di dettaglio (es apertura mattatoio), non si riesce a risolvere le questioni generali (edifici di culto e immam). Immam in Italia è una guida, punto di riferimento, oltre che ministro di culto, perciò si distingue dagli altri fedeli. Per l’Italia è importante sapere come si scelgono gli immam e come si formano. La figura dell’immam per l’Italia può essere utile come mezzo per comunicare ma allo stesso tempo può essere pericoloso, quindi la scelta dello stesso e la sua formazione sono oggetto di dibattito. Sulla formazione sono stati scritti dei documenti secondo i quali sarebbe utile creare un registro per annotarli. Non a caso non esiste oggi nessun immam approvato dal ministero degli interni (che solitamente riceve una rosa di nomi candidati e dopo verifiche ne approva uno). L’Islam non ha mai richiesto l’approvazione per un ministro di culto, da un lato l’atteggiamento islamico di non volersi strutturare è dovuto alla forma mentis dall’altro è una scelta furba e voluta. ART 19 COST - LIBERTA' INDIVIDUALE L’art 19 descrive le componenti della libertà religiosa. La Libertà religiosa si compone di altre libertà: libertà di coscienza, di professare la propria fede, di proselitismo, di culto, e di cambiamento “ius poenitendi”, (qualcuno aggiunge l’obiezione di coscienza). Questo art va letto con l’art9 della convenzione europea dei diritti dell’uomo (cedu), che per noi è una norma di riferimento. Quindi l’art 19 (professare, proselitismo, esercitare il culto) se letto con l’art 9 ci dà un quadro più completo di tutte le componenti. Con questa lettura aggiungiamo così la libertà di pensiero e di coscienza che in realtà non sono espresse nell’art 19 della costituzioni ma che sono indispensabili in uno stato laico quale il nostro che, non prevendendole, si renderebbe di tipo confessionista. È chiaro quindi che tale libertà è compresa nella costituzione. L’art9cedu ha espressamente previsto tali libertà poiché è stato elaborato in contesto diverso, (ci sono infatti stati come la Francia che hanno aperture verso i pensieri atei). Quindi, la libertà religiosa così come è regolata dall’art 19 è sicuramente una libertà positiva ma la nostra costituzione prevede anche la libertà negativa (non avere una fede positiva). Essa ha una pre-libertà di pensiero, che a sua volta ha una pre-libertà di coscienza che è autodeterminazione: l’obbligo che lo stato ha di informare di tutte le libertà che esistono. La libertà di autodeterminarsi è riconosciuta implicitamente dall’art 9cedu ma è implicito anche nella nostra costituzione. Queste libertà compartono degli obblighi per lo stato. Il primo obbligo che lo stato ha è passivo: non può indottrinare in nessuna forma. Altro obbligo è quello consentire che si abbia accesso alle altre formazioni, quindi consentire a tutte le religioni di arrivare alla popolazione attraverso le libertà di stampa, di accesso ai mass media, di promozioni. L’autodeterminazione dei soggetti diviene però anche un vincolo per gli individui. (un soggetto che esercita la propria religione deve rispettare l’autodeterminazione di tutti). Questi sono i diritti non espressi nell’articolo 19. Una piccola parentesi circa l’ateismo. Ateismo: nell’art 19 non c’è libertà di coscienza, e quindi libertà di ateismo. In passato ampia dottrina ha sostenuto, quindi, che la costituzione non prevede il riconoscimento dell’ateismo ma che in costituzione, secondo tale articolo si riconosce la libertà di avere religione ma non di non avere religione. Questa teoria ha avuto ripercussioni nella vita pratica (v. nel diritto di famiglia sentenze prevedevano l’affidamento dei bambini al coniuge religioso, ritenendo che per il bambino fosse meglio avere un’educazione religiosa). Tale teoria seppur molto condivisa, oggi è abbastanza superata poiché si percepisce, ormai, che l’ateismo è compreso nell’ art 21, il quale sancisce la libertà di pensiero. È importante che tale libertà sia collocata bell’art 21 poiché il fatto che essa non sia compreso nell’art 19 fa sì che l’ateismo sia considerato organizzazione filosofica, di libero pensiero, ma non una confessione. Perciò non si potrà mai raggiungere l’Intesa poiché non sarà mai considerato un soggetto autonomo. L’altra, e in realtà la prima componente della libertà religiosa è la Libertà di professare la propria fede: (professare=manifestare, diverso da fare propaganda che è proselitismo). Si può professare la fede religiosa in forma individuale o collettiva. Come si manifesta l’appartenenza di fede? Con la parola, con l’abbigliamento, mangiando o non mangiando, partecipando o meno a determinate attività. Ad un certo punto della nostra storia, la pluralità è cresciuta in maniera esponenziale e si è formato il multiculturalismo, fenomeno sociale. Si ha una società multiculturale nel momento in cui sullo stesso territorio vengono a vivere o si formano diversi gruppi etnici, diversi per lingua, per tradizioni culturali (culinarie, vestiarie, abitudini), oltre che per religione. Il dato religioso è uno degli elementi ma non l’unico. Si ha esplosione della multiculturalità con l’immigrazione (non solo quella islamica, anche asia, india, cina). L’immigrazione porta con sé l’identità di un popolo. Insieme ad essa porta anche delle problematiche: una delle quali il velo islamico. È un obbligo di carattere coranico perché è letto nelle letture del corano più ortodosse. Il velo arriva a noi così come era nel 6 secolo, e diventa un obbligo per le donne. Tipi di velo: il burka non ha tradizione coranica, ma si sviluppa successivamente soprattutto a sud del sahara, luogo che ha le sue tradizioni che si sono poi mescolate con quelle della religione. Oggi molte tradizioni sahariane si sono mescolate con quelle islamiche e spesso alcuni “costumi” tradizionali sono scambiati per tradizioni coraniche. Ad esempio l’infibulazione non ha alcuna copertura coranica nonostante la stessa sia rivendicata. Oggi quindi il velo è espressione religiosa. La libertà religiosa ci impone di tenerne conto, ricordiamo però che le libertà possono essere limitate se necessario. Nel caso delle pratiche culturali bisogna tenere conto che la radice religiosa in determinate pratiche non sempre c’è (v. infibulazione), qualora essa viene ravvisata va verificato se quella pratica religiosa è coerente con il nostro ordinamento. Come si determina l’incoerenza? Si può dare luogo al multiculturalismo compatibile e multiculturalismo incompatibile. Il multiculturalismo è compatibile quando le pratiche religiose non entrano in conflitto con i principi fondativi del nostro ordinamento. Non tutte le pratiche sono quindi accoglibili (non si possono accettare pratiche che violano l’identità personale, che violano la parità uomo-donna, che violano l’autodeterminazione, che pongono pericolo per la salute o che sono contrarie al buon costume e più in generale che non rispettino le norme sociali che noi rispettiamo). Il velo è un abbigliamento che può e non può portare problemi, in linea generale si ha diritto ad indossare il velo, si ha divieto nelle forme di velo che coprono i tratti somatici. Tale divieto non impone in assoluto di indossare il burka esso si può comunque indossare ma se richiesto da ufficiale pubblico si è obbligati a farsi riconoscere. Il burka quindi non è vietato ma è dissonante con i nostri valori. Diversamente dalla Francia e dal Belgio, stati nei quali non si può indossare il burka, pena sanzioni. C’è un testo che non ha cogenza: la carta dei valori, elaborata nel 2007, dove la commissione ha ascoltato tutte le componenti etniche presenti in Italia, per arrivare a creare un elenco di valori culturali. Rispetto al burka si scrive esplicitamente che esso non è vietato in Italia ma che in qualche modo è dissonante con i valori della nostra società perché è valore quello di avere relazioni trasparenti (guardarsi in faccia mentre si parla). Il velo interpella un altro tipo di problematica: molto spesso si dice che il velo dovrebbe essere vietato perché “espressione di una sudditanza della donna rispetto all’uomo”. Questo può essere vero ma non sempre è così perché spesso è scelto dalle donne. È necessario, quindi, quando si parla di queste dipendenti, questi non hanno alcun tipo di limitazione se non una: il simbolo che il dipendente indossa non deve impedire il corretto svolgimento delle sue funzioni. Diverso è il problema che l’Italia ha avuto relativo all’esposizione del crocefisso nei luoghi pubblici perché in questo caso si è detto che la presenza del crocefisso in un luogo in cui si fa un servizio di educazione è illegittima perché rappresenta il fare proselitismo. SIMBOLOGIA RELIGIOSA IN ITALIA La problematica che l’Italia ha avuto in materia di simboli riguarda il crocefisso, in particolare la sua presenza nelle aule scolastiche. In Italia, il crocefisso è presente in alcune aule scolastiche e anche in altri luoghi pubblici (per esempio, in alcuni tribunali prima della ristrutturazione, in alcuni uffici pubblici come il comune). . Quale problema pone il crocefisso? La domanda è la seguente -> nel momento in cui in un luogo dove si svolge una pubblico servizio viene esposto il crocefisso ci si chiede se: 1) il crocefisso stia violando la laicità dello Stato 2) se la violazione consista nel fatto che fa proselitismo E’ complesso rispondere a questa domanda. Innanzitutto, bisogna capire cosa è questo simbolo e quale è la sua specificità. Il simbolo è quell’oggetto, quel disegno, quella cosa genericamente data che ha la capacità di evocare in noi una conoscenza o una suggestione anche, certe volte, senza che noi ce ne rendiamo conto. Per questo, si dice a volte che il simbolo salta l’elemento cognitivo poiché ha forza evocativa. Si tratta di una forza molto importante; quando si studia la pubblicità, il problema della pubblicità subliminale è che non ci si rende conto che ci dà dei messaggi e la stessa cosa si dice del simbolo. In secondo luogo, è necessario stabilire se questo simbolo, oltre ad avere una forza evocativa, abbia la capacità attiva di fare proselitismo. E’ chiaro che tutto dipende da quale simbolo si parla e del luogo in cui questo simbolo si trova; nel momento in cui si trova in un luogo pubblico, il problema si complica perché il fatto che, ad esempio, in una scuola o in un tribunale ci sia il crocefisso può lasciare intendere o suggestionare nel senso di pensare che per lo Stato la religione cattolica è preferibile o che il giudice sarà influenzato dalla religione cattolica. Le tesi sono molto divergenti su queste questioni. Altra questione che riguarda più specificatamente il crocefisso è quale ideologia questo dovesse andare a testimoniare, cioè c’è qualcuno che afferma che il crocefisso è senza dubbio uno dei simboli del cristianesimo, però è anche qualcosa di più, ha un valore di carattere universale perché testimonia dei valori della nostra cultura occidentale (la misericordia, la benevolenza, il grande amore di un Dio che muore per noi, la fratellanza, ecc.), quindi non è solo un simbolo religioso ma anche un simbolo culturale. Come si è comportata la giurisprudenza in Italia? La questione del crocefisso in Italia non viene posta per la prima volta dal fatto della presenza del crocefisso nelle aule scolastiche, ma, al contrario, la prima casistica attiene alla presenza del crocefisso nei seggi elettorali. C’era, ad un certo punto della nostra storia, uno scrutinatore che viene chiamato a esercitare questa funzione e quando arriva al seggio ci trova il crocefisso. Questo tizio afferma che il crocefisso va rimosso perché inquina l’ambiente, cioè toglie la neutralità. Poiché il Presidente non lo vuole togliere, questo soggetto decide di non svolgere l’attività di scrutinatore venendo meno a uno degli obblighi previsti dalla legge elettorale (reato grave) e finendo, quindi, sotto processo. Si arriva fino alla Cassazione, la quale riconosce che lo scrutinatore ha ragione perché ci si trova in un luogo, il seggio elettorale, che deve essere e apparire neutrale. Si va avanti così, con questo tipo di giurisprudenza, anche in relazione ad altri luoghi. Infatti, per esempio, ad un certo punto, a Camerino c’è un giudice che decide di non fare udienze perché è presente il crocefisso e afferma che l’aula, con la presenza del crocefisso, venga limitata nella sua neutralità. Per questo, il giudice prima fa un rinvio (evitando il reato per interruzione del pubblico servizio) e poi pone in essere tutta questa pantomima. Viene comunque sottoposto a procedimento e, in questo caso però, al giudice viene dato torto perché si stabilisce che il crocefisso non è un simbolo attivo ma un simbolo passivo e quindi non è in grado di fare proselitismo e tanto meno di ingenerare negli altri la condizione che il giudice può giudicare quelli che sono i valori del cristianesimo. Poiché, quindi, non vi è una giurisprudenza omogenea, le problematiche si ripetono; in particolar modo nel caso di un seggio elettorale. Siamo in Umbria, nel 2006, c’è un presidente che, nell’approntare il seggio, stacca il crocefisso. Arriva il sindaco e vede che non c’è il crocefisso fa una segnalazione e ne nasce un procedimento. Ancora una volta, si torna in tribunale e, questa volta, la Corte d’Appello di Perugia prende una posizione opposta rispetto alla precedente relativa al seggio elettorale e afferma che è assolutamente vero che il crocefisso non dovrebbe starci, perché non è un arredo del seggio elettorale, ma sta lì solo perché ci si trova all’interno di una scuola. Perciò, riconosce la possibilità di staccarlo. La simbologia – dice la Corte – è presente in modo occasionale in un ambiente che deve essere neutrale, però la Corte afferma che non è vero che la presenza del crocefisso può limitare la volontà dell’elettore. Quindi, in questo caso, il simbolo del crocefisso è passivo. La questione della neutralizzazione dei seggi elettorali sta molto a cuore all’UAAR e per questo, ogni volta che c’è un’elezione, fa una sorte di formazione dell’elettorale informando l’elettorale che è possibile richiedere che sia tolto il crocefisso. Quindi, non si sedimenta una giurisprudenza: in alcuni casi si dice che è attivo, in altri che è passivo. Diversa è la situazione nel caso in cui questa problematica non è più relativa al seggio elettorale ma è relativa alla scuola. In quest’ultimo ambiente la situazione è diversa per due motivi: 1) c’è una normativa; 2) a scuola ci sono i bambini (i quali hanno una maggiore possibilità di essere influenzati). Nascono una serie di casistiche, in particolare due: 1) Il caso OFENA (comune in cui avviene l’episodio) -> Adam Smith è un musulmano il quale ha due bambini che vanno alla scuola elementare. In questa scuola è presente il crocefisso e lui ritiene che i bambini vengano illegittimamente esposti a un atto proselitico e quindi sottoposti continuamente a una pratica religiosa che riguarda una religione a cui lui non appartiene. Per questo, richiede la rimozione al preside. Ovviamente il preside non lo toglie e ne nasce un ricorso. Il giudice accoglie il ricorso e dispone l’immediata rimozione del crocefisso sostenendo che la scuola rappresenta un servizio pubblico e, per questo, si deve dare luogo a una totale neutralità, anche perché si ritiene che il crocefisso sia un simbolo attivo che è in grado di fare proselitismo, di influenzare i bambini e di coattare l’autodeterminazione dei bambini e dei genitori. Il caso sul piano giurisdizionale viene chiuso abbastanza in fretta perché viene fatto il 700, poi un reclamo e il tribunale, in sede di reclamo, riforma il provvedimento e non se ne fa niente. Quindi, il crocefisso non viene tolto. 2) Il caso LAUTSI -> Lautsi è una donna atea. Anche in questo caso abbiamo due bambine che frequentano la scuola elementare. Lautsi afferma che le bambine subiscono un’indebita violazione dei loro diritti di autodeterminazione e lei stessa subisce la violazione di decidere dell’educazione delle proprie figlie nella misura in cui, la presenza del crocefisso, influenza tutta l’educazione. Quindi, in conclusione, si sostiene che il crocefisso sia un simbolo attivo e che è in grado, perciò, di far pensare ai bambini che tutta la loro formazione deve essere orientata ai valori del cattolicesimo. Nella giurisdizione italiana, la Lautsi perde. Ha adito ai giudici amministrativi perché quello che sostiene è che le norme con le quali si continua a prevedere la presenza del crocefisso nelle nostre aule sono state abrogate o illegittime (la normativa sulla base della quale noi abbiamo i crocefissi nella scuola sono dei regi decreti antecedenti alla Repubblica e, però, questi decreti hanno recepito la normativa ottocentesca [legge Casati]. Sul piano tecnico-giuridico, sono stati fatti dei ricorsi anche alla Corte Costituzionale sostenendo l’illegittimità di questa norma; la Corte, però, ha cercato sempre di evitare di andare nel merito sottolineando che ci si trova di fronte a dei regi decreti, cioè atti di natura regolamentare che non possono essere sottoposti al vaglio della Corte.) La nostra giurisdizione interna non accoglie le lamentele della Lautsi e continua a confermare che si tratta di norme valide, non abrogate successivamente neanche dalla Costituzione e non pongono un obbligo stretto, cioè non è obbligatorio sulla base di queste disposizioni avere il crocefisso in aula ma è, al contrario, nella facoltà del preside o del direttore d’istituto di staccare il crocefisso. In ogni caso, comunque si nega il fatto che il crocefisso possa violare i diritti delle persone, cioè essere uno strumento di pressione tale da impedire l’autodeterminazione. Per questo la Lautsi va a Strasburgo e, dinnanzi alla Corte, afferma che la presenza del crocefisso viola l’art. 9 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (la libertà religiosa) e l’art. 2 del protocollo addizionale – che è un allegato della convenzione europea dei diritti dell’uomo – che regola il diritto all’istruzione (si stabilisce, in sostanza, che i genitori hanno il diritto di educare i propri figli). Nella prima pronuncia (Novembre 2009), Strasburgo dà completamente torto all’Italia perché afferma che la presenza del simbolo è in grado di influenzare l’educazione del bambino, quindi è un simbolo attivo, è come se si fosse sempre esposto a una forma di indottrinamento. Utilizza parole molto forti, arrivando a sostenere che può determinare un disagio psicologico nel bambino. La Corte è quindi violenta con l’Italia perché sostiene che sia un pericolo per la formazione del bambino e ordina di rimuoverlo, condannando l’Italia al pagamento di 5.000 euro. Ovviamente, l’Italia non ha tolto il crocefisso e ha fatto ricorso (la Corte di Strasburgo ha due gradi: il primo a sezione semplice e il secondo alle plenarie) sostenuto dagli altri Paesi nei quali la simbologia ha importanza nella vita pubblica. La conseguenza è che la decisione finale che arriva nel 2011 è completamente opposta -> la Corte europea dei diritti dell’uomo segue la sua filosofia di base cioè di non arrivare mai a uno scontro diretto con nessuno, quindi la sentenza risolve il caso ma non il problema che si pone. La Corte, infatti, si pronuncia solo sulla violazione dell’art. 2 e dice che il crocefisso è un simbolo passivo, non è in grado di ingenerare nessun tipo di indottrinamento meno che mai un pericolo per la salute psicofisica del bambino, perciò non c’è violazione dei diritti del bambino e della madre. C’era però un’altra questione: è coerente con uno Stato laico quale è l’Italia? Su questa questione la Corte non si pronuncia perché sostiene che debba essere risolta dall’Italia, è di competenza interna. Fa un incipit che può orientare la visione italiana che è il seguente: il tema riguarda l’Italia e fa presente che, guardando alla scuola italiana, vede una scuola nella quale c’è il crocefisso ma sono ammessi anche tutti gli altri simboli. Vede un paese che prevede l’insegnamento della religione cattolica ma non lo impone. Afferma, quindi, che vede una scuola aperta alla pluralità. Il crocefisso è un pacchetto, nel senso che è all’interno della scuola non solo come simbolo religioso bensì anche come segno della storia culturale dell’Italia.