Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Appunti di diritto ecclesiastico, Appunti di Diritto Ecclesiastico

Appunti di tutte le lezioni della Prof. Coglievina, integrati con registrazioni

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 29/12/2018

Mushu_99
Mushu_99 🇮🇹

4.5

(49)

36 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Appunti di diritto ecclesiastico e più Appunti in PDF di Diritto Ecclesiastico solo su Docsity! 1 DIRITTO ECCLESIASTICO Università degli Studi dell’Insubria Anno Accademico 2018/2019 Corso di giurisprudenza Lezione 1 INTRODUZIONE Ius ecclesiasticum= potestà giuridica della chiesa cattolica. La chiesa si dota di un sistema giuridico sin dall’inizio, visto il clima di persecuzioni in cui doveva vivere. Ius ecclesiasticum si distingue da lex canonica o ius canonicum che indica la regola, il canone seguito dalla chiesa. Ius ecclesiasticum fa quindi riferimento all’organizzazione mentre il secondo fa riferimento alle regole di vita dei componenti. Diritto ecclesiastico vs diritto canonico= in età moderna (dopo riforma protestante) il diritto canonico indica i canoni della chiesa cattolica, mentre il diritto ecclesiastico si riferisce anche all’organizzazione delle altre chiese (calvinista, anglicana, ecc). dalla seconda metà dell’800 il diritto canonico riguarda il diritto interno alla chiesa cattolica mentre il diritto ecclesiastico intende le norme dello stato sulla chiesa cattolica, come lo stato interviene nelle nomine, definizione dei confini parrocchiali, beni, indizione di assemblee. Nelle università, dalla fine dell’800, si comincia a distingue gli ambiti delle due materie e quindi a studiarli in modo separato. 1918 Santi Romano, l’ordinamento giuridico, sostiene che ogni realtà sociale che si dota di regole, possono essere studiate come ordinamento giuridico a se stante. Quindi gli ecclesiasticisti dell’800 distinguono le due materie. Evoluzione nel tempo Si pass dallo studio del governo delle cose “ecclesiastiche”, allo studio dei rapporti fra Stato e Chiesa e quindi allo studio dei Concordati (inizio 900) e delle res mixtae= materie di competenza sia dello stato che della chiesa. Si passa poi a studiare le norme dello stato che hanno a che fare con il fattore religioso e quindi ci si occupa di libertà religiosa sia individuale (coscienza) che collettiva (confessioni religiose= come ordinamenti giuridici) guardando anche ai rapporti con altre religioni. Oggi quindi l’ambito di studio è molto più vasto, il contesto è quindi di PLURALISMO CONFESSIONALE. Oggi infatti le persone seguono le regole tipiche della propria confessione che non è detto che sia quella cattolica. Oggetto di studio= rapporti con le confessioni (profilo istituzionale) / disciplina del fattore religioso (profilo individuale). Fonti= norme dello stato/ norme internazionali dell’ue Temi • Regole su enti ecclesiastici che svolgono ruoli religiosi ma anche di altra natura • Finanziamento delle confessioni religiose (donazioni) • Matrimonio • Libertà religiosa e dove deve essere praticata (luoghi per il culto ed edifici di culto) 2 • Istituzioni pubbliche ed assistenza spirituale • Scuola e religioni • Regole religiose sull’alimentazione • Simboli religiosi e lavoro Caratteri • Scarsa sistematizzazione (non c’è un codice, ma si può individuare un sistema delle fonti: principi costituzionali, norme pattizie, norme unilaterali dello Stato, provvedimenti amministrativi) • Peculiarità del metodo: il metodo deve essere necessariamente interdisciplinare, perché ci sono parecchi agganci con altre branche del diritto. Vi sono poi connessioni con altre materie (storia, sociologia, politica) • Attenzione al ruolo delle confessioni religiose come soggetti che producono diritto (pluralismo giuridico), intreccio con lo studio del diritto delle religioni. QUESTIONI PRELIMINARI 1. Cosa intendiamo per religione Il diritto non definisce la religione poiché così facendo dovrebbe tutelare alcune persone e non altre. In generale si ha una religione quando: si ha una credenza in una realtà trascendente, alcune manifestazioni esterne come riti o liturgie, una dimensione sociale e comunitaria (che può diventare una confessione religiosa), un complesso di regole e doveri dell’uomo verso Dio e verso altri uomini. 2. Come affrontiamo l’analisi dei rapporti tra stato e religioni Le religioni hanno sempre avuto un ruolo sociale (scuole, ospedali, mense) e quindi ci sono sempre stati rapporti tra confessioni religiose e stato. Si tiene in considerazione il rapporto dal punto di vista giuridico e alla luce dei principi della costituzione tenendo in considerazione la parte storica. 3. Storia Anticamente si aveva un rapporto stato e religione monistico, l’appartenenza civile e religiosa era unica. A partire dal cristianesimo questa visione cambia e si passa al dualismo che distingue ciò che attiene alla politica e al rapporto civile e ciò che appartiene alla religione, è solo in questo momento che si può parlare di rapporto stato-chiesa. Quindi il potere politico diventa demistificato e quindi senza competenze religiose, i due ordini sono indipendenti ma entrano comunque in relazione. Storicamente si raggiunge la parità e la separazione in tempi molto recenti, mentre nell’epoca medievale si parla di cesaropapismo (l’imperatore è anche pontefice) l’imperatore è quindi sacro (Impero Romano) 313 editto di Costantino si ha la libertà religiosa, con l’editto di Teodosio 380 il cristianesimo diventa l’unica religione ammessa e ora l’imperatore ha a che fare con la materia religiosa. Altro modello storico di rapporto stato chiesa è la teocrazia, affermatasi nel medioevo quando la chiesa cerca di acquistare autonomia e di svicolarsi dal potere civile. Ora la chiesa si definisce come comandante anche degli aspetti civilistici e ora sono i papi a controllare le nomine degli imperatori. In età moderna Lutero riafferma il principio dualistico e sostiene che i sovrani hanno un potere autonomo e autolegittimato dalla chiesa, lo scopo è liberare il potere religioso dalla morsa del potere civile in modo da dare autonomia all’organizzazione ecclesiastica= nascita e sviluppo delle chiese nazionali. In questo modo si rompe l’unità religiosa dell’Europa, è il periodo delle guerre di religione. Per porre fine ai conflitti: cuius regio eius et religio 1. Pace di Augusta 1555= Suddivisione della Germania tra principi tedeschi luterani e cattolici, i sudditi dovevano seguire la religione del sovrano 5 1. alcune garanzie “classiche”= il pontefice aveva diritto di legazione attiva e passiva (inviare e ricevere ambasciatori), godimento (ma non proprietà) di immobili del Vaticano e dei palazzi storicamente appartenuti ai pontefici, lo stato dava denaro a compensazione della perdita di Roma, libertà di comunicazione tra papa e vescovi con varie immunità, la persona del papa era sacra ed inviolabile al pari di un sovrano. Queste garanzie in realtà vengono viste come una contraddizione; nel momento in cui si garantiscono al pontefice dei tratti tipici della sovranità, dall’altor si toglie un tratto ancora più tipico del sovrano: il territorio. In oltre la legge era un patto unilaterale e lo stato italiano non era comunque riconosciuto dal pontefice (altra contraddizione). I pontefici non accettarono questa legge. 2. Relazione della chiesa con lo stato= libera discussione in materia religiosa, piena libertà di riunione (no autorizzazione statale per indire sinodi e concili), libertà nella nomina dei vescovi che non dovevano giurare al re, atti ecclesiasitico liberi da exequator (non era necessaria l’autorizzazione regia), controllo regio su destinazione dei beni ecclesiastici (segno di giurisdizionalismo) Tuttavia, la situazione non migliora perché il papa non l’accetta, non riconoscendo lo stato, quindi i pontefici continuano in una posizione di ostilità che si manifesta con la bolla non expedit del 1874 (fino al 1919), un divieto per i cattolici di partecipare all’elettorato attivo e passivo. Il papa poi vieta ai re cattolici stranieri di visitare i sovrani italiani. Il non expedit rimane fino al 1919 quando iniziano ad emergere i partiti politici di massa tra i quali il Partito Socialista, visto dai cattolici come un pericolo della stabilità sociale e della chiesa a causa di un contrasto ideologico. Si spinge quindi per la creazione del Partito Popolare creato da don luigi Sturzo in modo che i cattolici potessero partecipare alla vita politica. Dopo il primo conflitto mondiale, il rapporto stato-chiesa cambia perché i cattolici partecipano alla vita scoiale e dello stato (nell’esercito). In questo periodo i pontefici cominciano ad attenuare ciò che era previsto dal non expedit fino all’abolizione nel 1919 grazie alla presenza del partito popolare. In questo frangente, i partiti di massa (socialista e popolare) sono in ascesa e ottengono molti seggi in parlamento cambiando il panorama politico. In tutto ciò, lo stato continua ad osservare le leggi delle guarentigie e fu proprio questo a riavvicinare lo stato e la chiesa anche se permangono le ostilità fino alla conciliazione dopo il periodo fascista. Periodo fascista Nel 1918 comincia ad attenuarsi la legislazione liberalista-separalista e si instaurano dei supplementi di congrua per il clero (ora si va verso interventi di favore nei confronti della chiesa e dei suoi ministri). Permangono comunque reciproche diffidenze ma iniziano le trattative inizialmente segrete. Con lo stato autoritario fascista iniziano ad emergere le reciproche utilità dei rapporti, la chiesa aveva l’opportunità di chiudere la questione romana con alcuni privilegi, dal punto di vista del partito fascista si aveva l’utilizzo del cattolicesimo come instrumentum regni. Si inizia ad adottare una legislazione contraria al liberalismo- separatismo in direzione di un appoggio alla religione cattolica come strumento di unità e di collante nazionale. Cambiamenti legislativi in favore della chiesa Cambiamenti legislativi Si contrappongono a 1923: riforma gentile che introduce il cattolicesimo come materia di studio, definito come fondamento dell’istruzione pubblica (creare un senso di appartenenza) Legge coppino 1877 che prevedeva la laicità 1923: legge sulla stampa che reintroduce un reato cancellato (Zanardelli), il reato di vilipendio della religione di stato Codice penale Zanardelli del 1890 lo aveva eliminato 6 1926: si istituisce un ruolo organico per i cappellani militari nelle forze armate Provvedimenti che avevano stabilito l’obbligo di leva per i chierici (in epoca liberale) Tutti questi cambiamenti cominciano a creare un sentimento di simpatia tra partito fascista e chiesa fino ad arrivare alla firma dei Patti Lateranensi nel 1929, sono formati da diversi atti: ❖ Trattato= tratta delle garanzie classiche che erano state scritte nel primo titolo della legge delle guarentigie. Qui si risolve la questione territoriale, infatti si fonda la Città del Vaticano attribuendo un territorio al papa riaffermando l’indipendenza e la sovranità della Santa Sede. Al pontefice veniva attribuito un territorio e quindi si ha anche un riconoscimento e una tutela della posizione del pontefice. Essendo un trattato, lo stato attribuisce alcune figure della sovranità al pontefice, il quale riconosce a sua volta lo Stato Italiano. ❖ Concordato=si occupa dei rapporti tra stato e chiesa in Italia (secondo titolo guarentigie). Anche le condizioni della chiesa in Italia e i loro rapporti sono pattuiti. Vi sono poi degli aspetti fondamentali: ➢ Norme che riconoscono la libertà di azione alla chiesa: vedi slide Art 1,2,3 ➢ lo stato rinuncia ad alcuni aspetti di controllo sulla chiesa (giurisdizionalismo). Vengono aboliti il placet e l’exequator art 24. Ora la chiesa è libera di emanare atti che hanno una loro efficacia intrinseca senza autorizzazione. Viene superata la legislazione eversiva: ora infatti la chiesa può attribuirsi automaticamente la personalità giuridica degli enti canonici (tutto ciò che era eretto come ente ecclesiasitico aveva subito personalità giuridica anche nell’ordinamento civile), si ha l’indipendenza della chiesa nella creazione di nuovi enti e associazioni, vengono aboliti i controlli governativi e le imposte speciali sugli enti. Tutto ciò risulta essere una rinuncia al giurisdizionalismo. ➢ lo stato mantiene il controllo sulla chiesa perché non si vuole il separatismo: lo stato rinuncia ad alcuni controlli, ma comunque ne mantiene altri come: nomine di vescovi legate ai benefici art 26 (patrimonio collegato ad una nomina), assenso governativo su nomine di parroci e vescovi art 19 (assenso formale), giuramento dei vescovi art 20. ➢ rafforzamento del concetto di religione di stato non più solo formale (funzionale per il partito fascista) in questa epoca si ha un mancato separatismo, ma anzi connessionismo. Lo stato utilizza la confessione come strumento di governo, elemento fondante. Ciò lo si vede nel “braccio secolare”, il vescovo aveva il potere di pronunciarsi sulla posizione di un ecclesiastico e il provvedimento aveva comunque ripercussioni in ambito civilistico, quindi si ha efficacia civile deli atti ecclesiastici. In base all’art 23 del trattato si ha poi la piena efficacia giuridica di sentenze e provvedimenti emanati da autorità ecclesiastiche, si ha commistione. Oggi la nostra costituzione laica non si posizionerebbe più in questo ambito di commistione. art 34, prevede il matrimonio concordatario, si ha poi la giurisdizione ecclesiastica sul matrimonio art 36, confessionalizzazione anche della scuola IN TUTTO CIO’, ALCUNI DEGLI ISTITUTI PIU’ IMPORTANTI PER LA SOCIETA’ VENGONO CONFESSIONALIZZATI ANDANDO CONTRO LE SCELTE FATTE IN EPOCA LIBERALE Il cattolicesimo è quindi religione di stato e il nuovo codice penale (Rocco 1930) tutela e rinforza la religione di stato inserendo reati che tutelano il sentimento religioso punti con una sanzione maggiorata rispetto alla religione di stato. ❖ 4 allegati, tra cui una convenzione finanziaria per risarcire la chiesa delle perdite territoriali La differenza con la legge delle guarentigie è che queste sono norme pattuite, concordate con l’istituzione ecclesiasitico Per quanto riguarda gli altri culti, si ha una legge 1159/1929 sui culti ammessi (con una diminutio della loro libertà perché sono solo ammessi e tollerati e non liberi). Nel 1930 si ha un r.d sulle comunità ebraiche. 7 Dal separatismo al Concordato Guarentigie 1871 Patti lateranensi 1929 Legge ordinaria unilaterale Trattato internazionale (bilateralità) Nessuna extraterritorialità- godimento dei palazzi vaticani Sovranità territoriale e proprietà immobili Chiesa alla stregua di una associazione privata Chiesa “societas perfecta” (pluralismo giuridico) quindi soggetto che produce diritto è grazie a questo riconoscimento che è stato possibile firmare un trattato Tendenza a privatizzare la religione; libertà individuale Accento su libertà istituzionale Rapporto stato-chiesa-cittadini Rapporto stato-chiesa (apicale), si cancella la rilevanza del privato cittadino, il concordato si ha tra i due vertici. (legge sull’ammissibilità dei culti)→il protagonista è l’istituzione non il cittadino. Tendenziale parità tra culti Religione di stato LAICITA’/SEPARATISMO CONFESSIONISMO/BILATERALITA’ La libertà religiosa nell’età fascista si può definire come libertà dell’istituzione e non delle persone Rapporto con altri culti Dal secondo dopoguerra in avanti si mantiene un modello concordatario, ma cambia il rapporto con altri culti che vengono portati su posizioni di parità con la chiesa cattolica. In epoca fascista si parla ancora di culti ammessi.→legge sui culti ammessi (legge n1159, 24 giugno del 1929) garantisce alcune libertà fondamentali ma con dei limiti, dell’ordine pubblico e del buon consumo applicati alla libertà religiosa. I limiti, come quello dell’ordine pubblico viene interpretato in modo restrittivo per reprimere gli altri culti. Lezione 3 La libertà religiosa – diritto e principio Dal 1948 ad oggi, si hanno una serie di cambiamenti nelle relazioni tra stato e chiesa, la nostra costituzione contiene diversi articoli che si riferiscono al fattore religioso. Tema fondamentale discusso in assemblea costituente fu la rilevanza giuridica da dare ai patti lateranensi del 29, i patti del Laterano risalivano infatti al periodo fascista e la situazione del 1948 era diversa. Nel dibattito assunse un ruolo fondamentale la discussione sugli art 7 e 8 della costituzione. Il fulcro del diritto ecclesiastico, il principio fondamentale, è il diritto di libertà religiosa (art 19 cost). Questo principio/diritto serve per comprendere una serie di elementi relativi anche alle altre confessioni e agli art 7 e 8. La libertà religiosa e il principio personalistico sono le chiavi di lettura del nostro sistema del diritto ecclesiastico. Il principio personalistico pone al centro la persona e i suoi diritti inviolabili, segnando il cambiamento rispetto allo stato totalitario, è espresso nell’art 2. La libertà religiosa si esprime su 2 profili: • Personale: espresso dall’art 19 • Istituzionale: espresso dagli art 7 e 8, sono anch’essi un’esplicitazione della libertà religiosa. 10 b) Per quanto riguarda la propaganda: In ambito fascista questo diritto fu molto represso, il problema era che, in caso di propaganda di altre religioni si andava contro alla religione di stato. Si operò una distinzione tra quella che era la discussione in materia religiosa (ritenuta come qualcosa di intellettuale e in ambito privatistico) che era comunque garantita, e la propaganda (tentativo di convincere altri e diffondere il proprio credo) che veniva limitata. L’opera di propaganda è intesa come “un’opera di turbamento” e come “causa di disordini sociali” (v sentenza della corte di Roma del 1936). La libertà di propaganda è richiamata dalla costituzione per ragioni storiche e si pone sul piano opposto rispetto all’art 5 della legge 1159/1929. → Questioni aperte: la libertà di propaganda e accesso paritario ai mezzi di comunicazione non è sempre garantita. Lo svolgimento della propaganda va ad intaccare l’integrità di altri diritti come il diritto alla riservatezza e la tutela del sentimento religioso altrui. Parlando di propaganda si entra nella manifestazione esteriore della religione (foro esterno) c) Esercizio del culto L’esercizio del culto può rimanere nella sfera interna dell’uomo, ma parlando dell’esercizio del culto si arriva ad avere un risvolto anche nel foro esterno. Questioni: • L’esercizio del culto riguarda l’impianto non solo liberale, infatti il nostro ordinamento deve favorire tale esercizio (tutela positiva) • Esercizio del culto sia in privato che in pubblico • Quali forme sono da tutelare?= la costituzione parla di riti, facendo riferimento a ciò che fa parte delle singole confessioni come forme di celebrazione e culto, senza dare una definizione certa. Il nostro ordinamento deve tutelare quindi moltissimi riti e culti in modo attivo. Si ha come conseguenza l’attenzione che lo stato pone o dovrebbe porre, sulla costruzione dei luoghi di culto. 3. Limiti al diritto La libertà di culto incontra comunque alcuni limiti, non essendo una libertà assoluta. Facendo un richiamo storico, l’art 1 della legge sui culti ammessi, prevedeva l’ammissione di altri culti con il limite del controllo di legittimità sui principi e sui riti (modo di esplicitare il culto) con la previsione di due limiti: ordine pubblico (insieme di valori che mantiene l’ordine di un ordinamento giuridico) e buon costume L’art 19: pone sotto controllo solo i riti e il limite è il buon costume. Con la costituzione crollano gli elementi dei principi e dell’ordine pubblico, questo avviene perché controllando i principi si andrebbe a controllare il foro interno degli individui attuando un controllo discriminatorio e preventivo (non ammissibile oggi). Il nostro costituente non ripropone il limite dell’ordine pubblico poiché nel 1929 era stato utilizzato come scusa per limitare culti che non erano ben visti, questo limite comprimeva la libertà religiosa. I limiti oggi: alcuni limiti non vengono riproposti per evitare un ritorno al passato con controlli preventivi e limiti troppo invasivi. Il limite previsto oggi riguarda i riti e il buon costume, la sua applicazione si ha sull’esercizio del culto (in pubblico e in privato), per capire come funziona il limite e quando scatta bisogna fare riferimento alla giurisprudenza. 11 Concetto di buon costume: la corte cost nel 65 si pronunciava in merito a un caso che faceva riferimento all’art 21, e afferma che il buon costume non poteva essere fatto coincidere con la morale o con la coscienza etica, ciò perché sia l’etica che la morale non hanno un senso pubblico. L’orientamento più condiviso e ribadito è il riferimento alla violazione del pudore sessuale che comunque cambia con l’epoca. Si hanno quindi gli effetti di circoscrivere il limite alla libertà religiosa alla violazione del pudore sessuale. Questo concetto rimane comunque elastico poiché non c’è una definizione categorica ed è soggetto a cambiamenti, ma rimane un concetto generalmente compreso. La corte costituzionale ha sottolineato comunque che bisogna porre prudenza nell’applicazione del limite, a volte si potrebbe far riferimento a limiti più ampi come la morale ma non intesa come morale comune o della maggioranza, ma ciò va letto in base alla pluralità delle concezioni etiche che convivono nella società contemporanea (cfr.C.Cost. 293/2000) Lezione 4 Un concetto ecclesiastico: il buon costume Il buon costume è stato definito come tutto ciò che attiene al pudore sessuale (senso penalistico) alcune parti della giurisprudenza associano al buon costume una visione simile alla morale, mentre il contenuto minimo è sempre la dignità della persona anche nel caso di interpretazioni più ampie come il comune sentimento della morale (la morale non è mai unica e di stato). Altre interpretazioni fanno sfumare il conetto di buon costume in quello di ordine pubblico (interpretazione più amplia), ma questo è un limite che avrebbe potuto riportare a delle derive come accadde nel periodo fascista, non deve sfociare in una negazione del diritto. Come funziona il limite del buon costume Funziona sempre a posteriori (la legge sui culti ammessi prevedeva un doppio limite che si applicava sia sui riti che sui principi, agiva quindi a priori), il legislatore ha deciso di eliminare il controllo preventivo prevedendo solo un controllo ex post su un rito che si è già svolto. L’art 21 (sulla libertà di espressione, stampa) invece prevede un controllo preventivo, questa è quindi una differenza significativa, nel caso dell’art 19 il limite riguarda l’effettivo svolgersi dei riti. La corte cost 45/1957 ha specificato che non esiste una regola che prevede che ad ogni limitazione della libertà debba applicarsi un controllo preventivo (differenza con l’epoca fascista). Il limite funziona solo a posteriori= se si riconosce un rito contrario al buon costume, solo allora si può mettere in atto una repressione (scioglimento di riunione, arresto o denuncia dei responsabili di certi atti) Collegamento tra il limite del buon costume e il diritto penale Il buon costume motiva una serie di interventi repressivi nei confronti di soggetti che compiano atti rilevanti dal punto di vista penale. Il diritto penale e la costituzione affermano che il buon costume di per se non può essere fonte di natura penalistica, per introdurre reati è necessaria una legge (vi è una riserva di legge), il diritto penale quindi può limitare la libertà religiosa? I costituenti hanno inserito il buon costume come unico limite espresso, ma ne esistono altri in campo penale? Vi sono norme penali che vietano atti che possono essere intesi come espressione di libertà religiosa, le norme penali tutelano beni giuridici considerati importanti dal nostro sistema ma in questo modo limitano l’esercizio della libertà religiosa. Si giunge quindi a uno scontro tra diritto penale e libertà religiosa, conflitto che può essere risolto in modo flessibile con un bilanciamento tra valori, in questo modo la norma penale può essere applicata in modo flessibile senza limitare troppo la libertà religiosa. Se si applicasse la legge penale in modo troppo rigido si finirebbe per svuotare di senso la libertà religiosa (trattamento dei dati, tutela dell’onore della persona sono comportamenti che possono sconfinare in una violazione di tutele del nostro ordinamento) 12 Nel nostro ordinamento convivono più culture diverse, siamo in un contesto di pluralismo giuridico, lo stato detta le norme che servono per tutelare i propri interessi, vi sono poi altre istituzioni (culture e religioni) che pongono altre norme che per la comunità religiosa prevale sulla norma dell’ordinamento secolare, in un conflitto di coscienza il fedele privilegia la norma dettata dalla religione/morale, poi sarà possibile trovare una mediazione, ma si avrà sempre la norma dello stato che limita o impone un certo comportamento vietato o previsto dalla cultura/religione. Caratteri del diritto penale - Localismo: è tipico di un determinato territorio e di un determinato ordinamento giuridico - Principio di territorialità: si estende a tutti, cittadini o no, coloro che si trovano sul territorio dello Stato. - Non è culturalmente neutro: il diritto penale tutela beni giuridici giudicati importanti per quell’ordinamento giuridico che si basa su una certa cultura, risente della storia e dei costumi tipici di quell’ordinamento. Non tiene conto delle differenze culturali e da importanza ai principi importanti per quella società. I maggiori problemi in caso di contrasto si hanno in caso di comportamenti religiosi messi in atto da stranieri con una cultura molto diversa dal nostro ordinamento che ha ispirato il nostro ordinamento. In gergo tecnico si parla di reati culturalmente orientati (condotte illecite per il nostro ordinamento, motivate da questioni religiose e di cultura) Strumenti di flessibilità Il nostro ordinamento prevede delle ipotesi in cui il diritto penale si applica in modo flessibile per vitare di svuotare di senso la libertà religiosa 1. Esimenti: situazioni che escludono l’antigiuridicità del fatto, escludono che il fatto sia un reato. Si parla di “giustificato motivo” (norma che vieta di indossare copricapi che occludono il volto, norma sull’antiterrorismo, in luoghi pubblici, è presente la clausola “salvo che si tratti di giustificato motivo” come nel caso delle forze di polizia, la motivazione religiosa invece è un “giustificato motivo”) in questo ambito si ragiona sui casi, non vi è una decisione concreta. L’art 51 c.p. parla di esimenti o scriminanti: in alcuni casi l’esercizio di un diritto (libertà religiosa può escludere che quel fatto sia illecito  MA LA LIBERTA’ RELIGIOSA NON E’ SEMPRE E AUTOMATICAMNETE UNA CIRCOSTANZA ESIMENTE, si finirebbe per svuotare di valore il diritto penale, anche qui è necessario trovare un bilanciamento tra diritti. 2. Le circostanze attenutati: art 62 c.p. afferma che in certi casi il reato sussiste, ma la sanzione viene diminuita, uno di questi casi è l’aver agito per motivi di particolare valore morale o scoiale. L’art 62 bis afferma che il giudice può decidere che un reato venga deciso con particolari attenuanti. (esempio caso Oneda) Limite fondamentale: siccome il diritto penale difende valori concepiti come molto importanti dal nostro ordinamento, occorre praticare un bilanciamento, quindi per i reati culturalmente orientati, vale il principio dell’ignoranza legis. (v slide) Se una norma vieta atti che possono essere espressione di libertà religiosa; occorre trovare un bilanciamento, la libertà religiosa non è sempre una esimente (o attenuante), si può verificare la costituzionalità di una norma penale particolarmente invasiva. Limiti impliciti 15 Gli interventi di favore di una religione violano il principio di laicità dello stato e il suo obbligo di trattare tutti ugualmente? Se uno stato si dichiara laico o interviene nei confronti di tutte le confessioni o di nessuna. Il nostro stato tenta di intervenire per tutte. Quindi le azioni positive devono essere bilanciate con l’uguaglianza formale e devono essere sempre provvisorie (durano fino a quando dura la disparità) Da articolo 3 a divieti di discriminazione In primis si rivolge al legislatore e a chi la applica, si ritiene che questo principio non sia applicabile ai rapporti tra privati tranne in alcuni casi, quando vi è nell’ordinamento giuridico, un peculiare divieto di discriminazione (traducono in norme il principio) che obbliga anche i privati in un particolare ambito giuridico e particolari rapporti (lavoro). I divieti di discriminazione hanno come destinatari gli enti pubblici ma anche i privati, il principio si riferisce al legislatore. Esempi di norme peculiari di divieto di discriminazione che obbligano i privati: - Legge 300/1970= art 15 prevede dei fattori che vietano ai datori di lavoro di fare particolari atti discriminatori nei confronti dei lavoratori sulla base di alcuni fattori come la religione. L’art 8 afferma che nel momento del colloquio e durante il lavoro sono vietate le indagini circa il credo religioso del soggetto. La ratio di queste norme è, se il lavoratore non vuole svelare la sua religione, questa rimane nel suo foro interno e dovrà essere tutelato, le opinioni politiche/religiose si mantengono private in modo da tutelarlo. - Legge 9 dicembre del 1977 n 903 - Art 4 legge 15 luglio 1966 n 604 - Eccezioni: art 4 legge n108/1990: vi sono degli ambiti che svolgono particolari compiti in base ad un certo orientamento ideale, religioso, politico; in questi ambienti è permesso discriminare perché qui lo scopo è quello di diffondere una particolare ideologia (giornale di partito, istituto religioso). In questi ambiti i divieti di discriminazione vengono meno - Testo unico sull’immigrazione art 43, d.lgs 25 luglio 1998= lo scopo della norma è tutelare gli immigrati, la norma si applica anche in caso di atti discriminatori contro cittadini italiani che aderiscono a fedi diverse. Gli ambiti in cui si applica sono: attività di pubblici ufficiali incaricati di pubblico servizio, fornitura di beni e servizi, lavoro, occupazione, formazione professionale, istruzione, avvio ed esercizio di attività economiche. Ecco che in questo caso vengono tutelati rapporti giuridici concreti e tra privati. Nell’ambito del lavoro i divieti di discriminazione sono molto ricorrenti, è uno dei primi ambiti in cui si dettano queste norme. Le norme risalgono al 1970 e si vede come regola fondamentale che la religione, nel rapporto di lavoro, è IRRILEVANTE il datore di lavoro non viene a conoscenza dell’orientamento religioso in modo tale da tutelare il lavoratore (divieto di indagine). Unica eccezione è l’impiego di tendenza. Secondo altri approcci invece la religione rileva nel rapporto di lavoro, oggi si vuole tenere in considerazione le esigenze confessionali, le norme più recenti sono da identificare nel d.lgs 215/2003 e d.lgs. 216/2003 (in attuazione di 2 direttive Ue n2000/43 e 2000/78). Queste norme contengono alcuni divieti di discriminare in ambiti concreti di attività (lavoro, servizi, istruzione) la peculiarità di queste norme di ultima generazione è che non solo contengono un divieto di discriminazione ma anche la necessità di tutela delle diversità. Ciò si applica con le azioni positive e con il concetto di discriminazione indiretta. Discriminazione diretta= trattamento sfavorevole che differenzia due persone sulla base di un fattore determinato, è una norma che vuole evitare che si abbia un trattamento sfavorevole (prima se il datore di lavoro aveva messo in atto un comportamento sfavorevole e discriminatorio ma riusciva a dimostrare la 16 non intenzionalità, non era passibile di tutela) oggi invece se ci si accorge che c’è uno svantaggio comunque si è difronte ad un atto illecito. Conseguenza del divieto di discriminazione diretta= bisogna trattare tutti allo stesso modo. Esempi: il datore di lavoro tratta qualcuno meno favorevolmente perché questo si dichiara appartenente ad una certa religione, licenziamento discriminatorio, discriminazione per supposizione. Ma è difficile che il datore di lavoro metta palesemente in atto questi atti perché ne è al corrente Discriminazione indiretta= concetto innovativo previsto dalle norme europee, s’intende quando avviene un trattamento svantaggioso in forza di una norma uguale per tutti a meno che non vi sia un motivo legittimo e proporzionato per il trattamento “neutro” (elmetto nei cantieri). Si ha discriminazione indiretta quando il trattamento neutro non ha un fondamento e sarebbe discriminatorio. Conseguenza= il datore di lavoro per rimuovere questa discriminazione deve prendere in considerazione le diversità religiose. Esempi: una regola sulle divise può porre in una posizione di svantaggio chi indossa simboli religiosi. Quando la regola neutra risponde ad un fine legittimo (sicurezza, igiene) e risulta appropriata e necessaria al suo perseguimento, NON è indirettamente discriminatoria.  il lavoro è un ambito privilegiato di osservazione perché è un ambito nel quale regole generali entrano in contatto con precetti religiosi che riguardano azioni quotidiane. Sul lavoro si ha una libertà vincolata, si può esprimere la propria personalità ma entro certi limiti. La rivoluzione delle norme antidiscriminatorie più recenti prevedono che il datore di lavoro tenga presente le diversità presenti. Il fattore religioso oggi emerge sempre più spesso e in molti ambiti. Occorre bilanciare i diritti correlati alla religione e gli interessi del datore di lavoro. Vi è anche un problema di costi, un esempio classico è il caso delle festività religiose. Alcuni casi: abbigliamento e simboli religiosi Discriminazione indiretta e pratiche religiose • Francia: caso Baby Loup. Asilo privato, insegnante con velo, principio di laicità nel settore privato. La giustificazione dell’asilo è che non si trattava di discriminazione perché il fine della norma neutra è quello della laicità, la giurisprudenza ha dato ragione all’asilo. L’esigenza di neutralità ha prevalso su quella religiosa. • Uk: caso Eweida Hostess di British Airways che indossa un crocefisso sulla divisa che la differenziava dagli altri. L’esigenza generale perseguita dalla norma è che tutte le hostess devono essere vestite uguali, lo scopo è legittimo, ma la proporzionalità tra scopo e norma non era stata rispettata. In alcuni casi quindi il divieto di discriminazione impone trattamenti diversi per venire incontro alle esigenze di religione In Italia: solitamente è consentita la libertà di abbigliamento anche sul lavoro. Festività religiose • Italia: caso Mascherini Portiere di hotel avventista che vuole seguire la regola per cui non si lavora il sabato, perde il posto di lavoro, il datore di lavoro deve risarcirlo. Una regola generale sulla turnazione si può ritenere indirettamente discriminatoria se non tiene conto delle necessità delle confessioni I divieti di discriminazione sono funzionali alla libertà religiosa e oggi sono importanti perché in alcuni casi impongono di tenere in considerazione le diversità 17 Art 3 e profili soggettivi • Si applica solo ai cittadini o anche agli stranieri? L’articolo parla di cittadini, la corte cost ha più volte confermato che in realtà il principio di uguaglianza deve essere applicato a tutti anche allo straniero in particolare quando si tratta di principi e diritti fondamentali. Il problema si pone in base al secondo comma che prevede interventi attivi, la dottrina ha affermato che questo principio ha un valore prevalentemente programmatico e che quindi si può discutere sul fatto che siano ammessi anche i non cittadini • L’art 3 riguarda solo individui o anche gruppi? Uguaglianza religiosa solo per individui o anche per le confessioni? La corte cost afferma che un’illegittima disparità di trattamento dei gruppi si ripercuote sugli individui, quindi l’art 3 si applica anche sulle collettività (confessioni) perché la disparità si ripercuote sugli individui. Ma all’atto pratico, nel nostro ordinamento le confessioni religiose non sono sempre trattate in modo uguale: per alcune c’è un accordo mentre per altre no. La giurisprudenza cost ha stabilito che non si può fare discriminazione sulla base del numero degli aderenti ad una certa confessione, mentre si può differenziare il trattamento quando la situazione delle confessione è diversa e ha diverse esigenze. Lezione 6 La libertà religiosa nelle fonti sovranazionali Le fonti sovranazionali aggiungono qualche informazione alla libertà religiosa enunciata dall’art 19 della costituzione. Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo firmata nel 1948 (ONU) Questa dichiarazione è il caposaldo del riconoscimento dei diritti fondamentali dell’uomo • Ambito universale= ONU (Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966 e convenzioni contro le discriminazioni razziali del 1965). Queste convenzioni hanno poi dei risvolti in ambito nazionale, nel caso italiano queste vengono ratificate con legge dandogli esecuzione. Alcune di queste convenzioni (contro le discriminazioni) stabiliscono una serie di obblighi per gli stati firmatari che devono approvare una serie di norme per vietare la discriminazione razziale e i discorsi d’odio. • Ambito regionale= CEDU firmata nell’ambito del Consiglio d’Europa (47 Stati). La CEDU è molto importante. Esempi: Art 18 della Dichiarazione universale ONU e art 18 del Patto diritti civili e politici. Non ci sono però convenzioni sulla discriminazione religiosa. • ONU: Nel 1981 si giunge alla firma della dichiarazione sull’eliminazione delle forme di intolleranza e discriminazione fondate sulla religione o il credo. Nei lavori preparatori alle convenzioni si giunge prima alla firma di una dichiarazione prima della convenzione vincolante, cosa che non è accaduta in ambito religioso. Ciò perché è difficile in ambito internazionale giungere ad una definizione dei contenuti della libertà religiosa, ci sono difficoltà di interpretazione. Infatti aderiscono alle Nazioni Unite stati musulmani che non concepiscono che nella libertà religiosa sia compresa la possibilità di cambiare religione. La dichiarazione quindi fornisce solo una linea interpretativa ma non prevede obblighi per gli stati firmatari, non è vincolante 20 essere sottoposta alla Corte Europea dei dritti dell’uomo (cosa che oggi non accade poiché è la corte di giustizia che si occupa di ciò) CEDU Articoli che rilevano in modo diretto per quanto riguarda la libertà di religione ❖ L’articolo 9= prevede la libertà di pensiero, coscienze e religione. ❖ l’art 14= il divieto di discriminazione ❖ Protocollo addizionale n1 art 2= libertà delle famiglie di educare i figli secondo il proprio orientamento ❖ Protocollo addizionale n12 del 200= dedicato al principio di uguaglianza in senso generale e si può applicare in più ambiti (non ancora ratificato dall’Italia) Articoli che rilevano in modo indiretto per la libertà religiosa ❖ Art 10= libertà di espressione e di manifestazione del pensiero ❖ Art 8= sulla vita privata e familiare (ricorsi sul tema della fecondazione in vitro, disposizioni di fine vita) Articolo 9: Al primo comma= questo articolo prevede espressamente la libertà di pensiero e di coscienza (cosa che nel nostro art 19 non accade, si parla solo di fede religiosa), poi si cita espressamente la facoltà di cambiare religione o credo, sono previste poi le libertà di manifestare mediante culto, insegnamento e pratiche. In questo articolo sono elencate più libertà. L’art garantisce sia l’individuo che le collettività. Al secondo comma= si prevedono i limiti che sono comunque applicati al foro esterno della libertà religiosa (manifestazione) le restrizioni riguardano solo il foro esterno senza controllare il foro interno. I limiti previsti sono la pubblica sicurezza, la protezione dell’ordine, della salute o della morale pubblica, protezione dei diritti e libertà altrui. In questo senso sono esplicitati dei limiti che da noi sono rimasti impliciti per motivi storici Alcune sentenze Sentenze su art 9: la prima fu del 1993, Kokkinakis faceva opera di proselitismo, in Grecia c’è la religione di stato (chiesa ortodossa) e una regola del codice penale vietava il proselitismo per le religioni minori. Kokkinakis viene condannato ed esaurisce i gradi di giudizio perdendo, fa ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo per la violazione dell’art 9. La Corte afferma che un valore molto importante è quello del pluralismo confessionale e quindi la previsione del divieto di proselitismo in Grecia sembra essere giustificato, con un ragionamento un po’ azzardato salva l’ordinamento greco, ma lascia intendere che i divieti di proselitismo non dovrebbero essere previsti nella legislazione penale. La corte europea quindi offre la sua interpretazione a livello sopranazionale ma deve trovare un equilibrio tra la salvaguardia degli interessi nazionali e dei diritti che prevede la CEDU, spesso quindi lasica gli stati piuttosto liberi. Altra sentenza riguarda i titolari dell’art 9: es. Serif c. Grecia 1999 si afferma che i titolari sono anche le collettività, secondo questa sentenza è importante anche l’organizzazione interna delle confessioni che deve essere libera e senza ingerenza statale. Altre questioni analizzate dalla corte Religion/belief 21 Si specifica che per credenza si deve intendere un sistema di idee che orienta la vita dell’individuo e non una singola opinione (che non verrebbe tutelata). Si afferma poi che l’art 9 tutela non solo la libertà religiosa in senso stretto ma anche quella negativa (ateismo) Sentenze sul secondo comma dell’art 9 L’analisi della corte in queste sentenze - Verificare se il ricorso è fondato, se esiste veramente una restrizione alla libertà religiosa. - Verificare se la restrizione è prevista dalla legge (è sufficiente una norma di rango regolamentare) non si deve trattare di una restrizione arbitraria. - Verificare se la restrizione è giustificata (se si rispettano i limiti). Valutazione da parte della corte sulle restrizioni → si verifica se queste sono necessarie in una società democratica e se sono giustificate da uno di quei diritti/valori previsti dall’art 9. La corte tiene sempre presente un criterio del “margine di apprezzamento”= per cui ogni ordinamento nazionale, nello stabilire le restrizioni alla libertà, hanno un certo margine di operatività (sono in un certo senso liberi di valutare dove può arrivare la restrizione, entro un certo margine) in base anche alla cultura giuridica di riferimento e alle modalità di disciplinare il fenomeno religioso. La corte quindi tenta di indicare una linea interpretativa comune ma lascia le nazioni abbastanza libere= bilanciamento tra diritti e interpretazioni variabili (vi sono quindi molte interpretazioni a volte anche contrastanti) Alcuni principi generali 1. La tutela della manifestazione della religione non significa garanzia per tutti i comportamenti ispirati dalla religione: la corte europea applica una differenza tra atti motivati dalla religione e manifestazioni della religione (solo atti collegati intimamente alla religione o al credo e quindi pratiche obbligatorie)→ nell’ottica di un fedele, tutti gli atti motivati della religione sono intimamente collegati al credo. Questi discorsi del giudice secolare pretendono una distinzione che è difficile da applicare. 2. Uguaglianza e diversità: relativo al principio di non discriminazione, la corte europea ha per prima introdotto il conetto di divieto di discriminazione indiretta 3. Rapporti con le confessioni religiose: ci sono diverse sentenze che hanno avuto a che fare con la quesitone del riconoscimento della personalità giuridica (registrazione nei registri delle confessioni) delle confessioni religiose. In alcuni stati la registrazione, è una condizione per accedere a determinati diritti come la stipula di accordi con lo stato, se la confessione non riesce a registrarsi non può accedere a certi istituti e sarebbe limitata. La corte europea dice che i trattamenti differenziati delle confessioni sono ammessi (si fa salva la discrezionalità dello stato) ma quando i criteri di riconoscimento di una confessione diventano discrezionali e discriminatori allor sono contestabili perché si limita la libertà religiosa del gruppo e quindi dei fedeli. Vanno quindi rispettati i criteri giustificabili da circostanze obbiettive, principio fondamentale=rispettare l’uguaglianza dei fedeli. Il trattamento differenziato è giustificato solo per motivi validi. 4. Importanza della neutralità dello stato= principio di neutralità, la corte afferma il legame tra libertà religiosa, pluralismo, laicità. La laicità implica una serie di caratteristiche (poteri neutri, separazione ambiti, imparzialità), la laicità vieta allo stato di esprimere preferenze nei confronti di una confessione. Nelle sentenze ci sono diverse interpretazioni, si parla di laicità rispetto ad alcuni ambiti come l’istruzione (Lautsi vs Italia) Principi emersi ➢ Tutela della libertà religiosa e non discriminazione (pluralismo) 22 ➢ Autonomia delle comunità religiose e incompetenza dello Stato in materia religiosa (nucleo della laicità, comune a tutti gli stati) ➢ Collaborazione tra stati e comunità religiose ➢ Possibilità di trattamenti specifici delle confessioni religiose (es. accordi) ma senza violare il principio di uguaglianza→limiti alla discrezionalità governativa Attenzione Sempre con bilanciamento interessi sovranazionali/nazionali Lezione 7 Le confessioni religiose. Il principio di autonomia confessionale e di distinzione degli ordini Libertà religiosa: • Profilo personale: art 19 e 20 (libertà enti) e art 2 e 3 cost (pluralismo personale eredità stato liberale) son principi comuni a ogni stato di diritto, anche in Europa • Profilo istituzionale: art 7 e 8 cost (pluralismo istituzionale eredità del novecento) sono peculiari dello Stato italiano L’art 19, tra i vari contenuti, contiene anche la libertà di associarsi con finalità religiose. L’art 20 afferma che le associazioni/enti con finalità religiose, sono trattati con un principio di uguaglianza. Questo principio è poi espresso dall’art 18 della cost che si occupa di libertà di associazione. In ultima analisi anche l’art 2 è importante. ART 20 COST Si afferma il principio di non discriminazione, il fine religioso non può essere causa di discriminazione e limitazione dell’attività di quegli enti. È un articolo che specifica il principio di uguaglianza e non discriminazione ex art 3. Questo articolo vieta trattamenti sfavorevoli, ma non esclude trattamenti di favore. Rafforza quindi l’affermazione della libertà religiosa. Questo articolo tutela sia le associazioni, sia le istituzioni (più strutturate quindi) ed enti, sia riconosciuti che non riconosciuti, tutela un panorama vario di realtà collettive con fini di culto ART 2 Questa è una norma propedeutica alla disciplina del pluralismo confessionale, si afferma che i diritti dell’individuo sono tutelati sia individualmente sia all’interno delle formazioni sociali, è quindi la norma di base sul riconoscimento del ruolo dei corpi intermedi (rispetto alla dimensione individuale e statale). Le garanzie sancite fino a questo punto, si articolano in due modi • Diritti attribuiti alle formazioni religiose intese in senso ampio (tutelate anche dall’artt 19, 20), associazioni flessibili • Diritti attribuiti alle formazioni religiose organizzate, le confessioni (artt 7,8) che sono organizzate come ordinamenti giuridici e in generale sono più stabili. La nostra costituzione quindi transita dal profilo personale a quello istituzionale, non si limita a garantire il diritto di associazione religiosa ma prevede per le confessioni religiose delle garanzie specifiche La nostra cost contiene norme che si riferiscono a: 25 in questi due articoli si hanno espressioni diverse ma si possono ricondurre al principio di AUTONOMIA CONFESSIONALE. Si utilizza una terminologia diversa per: - ragioni storiche= nel 1948 lo stato già intratteneva rapporti con la chiesa cattolica (la chiesa storicamente ha un ordinamento suo, mentre le altre confessioni lo stato non le conosce e quindi affida loro una libertà di organizzarsi con statuti (potestà statutaria) che però non devono contrastare con l’ordinamento italiano) - sovranità= per la chiesa cattolica si parla in modo proprio di sovranità perché la chiesa nell’ordinamento internazionale gode di personalità giuridica (più precisamente la Santa Sede) giuridicamente parlando è più corretto dire che “lo stato e la Santa Sede sono indipendenti e sovrani” ma lo stato ha voluto sottolineare che è assodato che la santa sede ha personalità giuridica e parlando di Chiesa si è voluto sottolineare la libertà della confessione in Italia. Anche l’ordinamento giuridico della chiesa è riconosciuto (originarietà dell’ordinamento giuridico della chiesa). Secondo la dottrina, si parla di ordine proprio e non ordinamento. L’ordine è qualcosa di più dinamico dell’ordinamento giuridico, sarebbe l’ordinamento nel suo divenire, fa riferimento all’agire della chiesa e dello stato. Ciascuno di questi due soggetti, nel loro agire e nello sviluppo delle loro attività di competenza sono indipendenti e sovrani. Ordine è quini un concetto più mutevole. →Per quanto riguarda gli ordinamenti confessionali: anche per loro sono ordinamenti indipendenti ma con l’unico limite che non devono contrastare con l’ordinamento italiano, quindi si riconosce che anche le confessioni hanno un loro sistema giuridico, ma di queste confessioni è necessario controllare la corrispondenza con il nostro ordinamento giuridico (non si può parlare di sovranità) ART 7.1 COST Per molti commentatori questo articolo, preso da solo, era solo una costatazione, una dichiarazione priva di effetti pratici (si certifica una situazione di fatto), una specificazione dell’art 2 cost (riconoscimento corpi intermedi). Secondo alcuni questo art è un presupposto per l’art 7.2 in cui si riconosce la validità dei patti lateranensi (è necessario, come momento prodromico, riconoscere la sovranità e libertà della chiesa). Ad un livello successivo si può dire che l’art 7.1 sancisce il rifiuto di un ordinamento teocratico o giurisdizionalista e si disegna un modello di stato democratico separatista. I due soggetti sono indipendenti e sovrani, ma il cittadino fedele, per alcuni temi, potrebbe trovarsi in una situazione confliggente. All’atto pratico i confini tra i due ordini non sono così netti, ma in molte materie sono sfumati. Vi sono temi in cui entrambi gli ordini sono competenti, ad esempio la disciplina del matrimonio: lo stato lo disciplina per quanto riguarda il suo ordine proprio e la chiesa per il proprio, le competenze si intersecano → il nostro ordinamento risolve questo “contatto” parlando di MATERIE MISTE in cui entrambi i soggetti hanno competenza. Per disciplinare le materie miste il nostro ordinamento si possa giungere ad accordi tra stato e chiesa, se uno dei due soggetti interviene in modo esclusivo su una materia mista, si andrebbe a violare la competenza dell’altro ordine → PRINCIPIO DI DISTINZIONE DEGLI ORDINI per non violarlo il nostro ordinamento prevede degli accordi per regolare queste materie. (principio pattizio= per le materie miste sono necessari accordi) L’art 7.1 comma può essere letto in parallelo con l’art 8.2 in questa prospettiva si ha una lettura meno riduttiva che evidenzia: - il disposto afferma che lo stato sostiene da interventi nella disciplina interna della chiesa (divieto di ingerenza), le regole interna della chiesa e delle altre confessioni sono liberamente stabilite dall’autorità confessionale 26 - libertà della Chiesa, ma anche questa non deve ingerire nell’ordinamento, non può influire sulla regolamentazione dell’ordine proprio dello stato - elementi importanti per il principio di laicità (la separazione dei due ordinamenti propri) - vi è una parità e non subalternità, i due ordini sono pari - SOVRANITA’ E INDIPENDENZA RECIPROCA PRINCIPIO DI DISTINZIONE DELGI ORDINI= la distinzione non è netta, ma c’è uno spazio libero, le rex mixtae Dai due articoli 7.1 e 8.2 si traggono dei principi comuni perché anche per le altre confessioni lo stato garantisce uno spazio di libertà e autonomia (indipendenza senza ingerenze dello stato), le confessioni diverse, se vogliono, possono dotarsi di uno statuto, non sono obbligate. Si afferma poi l’incompetenza dello stato nella sfera di competenza propria degli ordinamenti confessionali→materie spirituali, organizzazione interna. Anche in questo caso si parla di autonomia, non di ordine proprio (termine usato solo per la chiesa), ma la sostanza è comune: L’AUTONOMIA DELLE DUE SPFERE SENZA INFLUSSO Lezione 8 Art 8.2= c’è comunque il limite per le confessioni acattoliche per cui il loro statuto non deve contrastare con l’ordinamento italiano, mentre al 7.1 si afferma la sovranità della chiesa. L’art 7.1 non è solo una dichiarazione ma ha un valore. L’art 8.2 afferma che c’è il limite perché lo stato italiano deve conoscere le confessioni che agiscono al suo interno. A proposito di questo limite la dottrina l’ha interpretato nel senso che gli statuti non devono contrastare non con l’intero ordinamento ma solo con i principi fondamentali e le norme penali che li proteggono. Quando si deve svolgere il controllo sugli statuti? La costituzione non è molto chiara su questo punto, la stessa realtà di confessione non è chiara. La giurisprudenza e la prassi hanno fissato dei punti fermi in base ai quali il controllo deve essere svolto, si individua quindi: - l’oggetto è lo statuto è l’insieme delle norme organizzative di una confessione ma non riguarda i principi religiosi (lo stato è incompetente in materia religiosa), una volta verificato che lo statuto non contrasta, la confessione è libera di organizzarsi secondo le proprie regole (autonomia delle confessioni e distinzione degli ordini). - Il criterio è il rispetto dei principi fondamentali, - il momento: è contestuale al riconoscimento dell’ente esponenziale della confessione. È nello statuto dell’ente esponenziale della confessione che si ritrova oltre l’organizzazione dell’ente stesso anche quali sono i principi di riferimento e le modalità di espressione dell’ente. Non c’è un procedimento formale per il riconoscimento delle confessioni e per prassi tale riconoscimento è equiparato al riconoscimento di un suo ENTE ESPONENZIALE ai sensi dell’art 2 della L 1159/1929 (si parla di enti morali perché contrapposti all’ente ecclesiastico dato il periodo fascista) STATUTO: al momento del riconoscimento della confessione religiosa si controlla anche lo scopo, mezzi finanziari, organi di amministrazione e norme di funzionamento in base all’art 10 r.d. 289/1930. La verifica dello statuto dell’ente esponenziale è equiparata (impropriamente) alla verifica degli statuti delle confessioni ex art 8.2. 27 Eventuale contrasto dello statuto con l’ordinamento= secondo alcuni la confessione sarebbe comunque libera di agire ma l’irrilevanza resta solo civile, secondo altri la confessione sarebbe non riconoscibile e quindi illegittima. La visione più giusta è la prima, lo statuto rimane irrilevante dal punto di vista civile ma la confessione rimane libera visto l’art 8.1 (ugualmente libere di agire) Se si vuole l’intesa, condizione necessaria è essere riconosciuta, poi si dovrà sottoporre al controllo dello stato Principio pattizio e intese Il principio di autonomia e quello di distinzione degli ordini sono la premessa per ciò che riguarda l’utilizzo di fonti pattizie (fonti bilaterali). La zona di competenza stato e chiesa si mescola nelle res mixtae e per trattarle sono necessari accordi. Quindi per fare in modo di tutelare il principio di distinzione degli ordini e trattare le res mixtae è necessario un accordo (soluzione individuata dal nostro stato, in Francia non ci sono norme pattizie). Le due norme fondamentali sono: • Art 7.2= I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale • Art 8.3= I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze. Principio pattizio= la cost afferma che le relazioni tra stato e chiesa e stato e confessioni debbano essere regolate attraverso la predisposizione di accordi (diritto pattizio) Sviluppo storico: 1. Periodo liberale= predilezione per le fonti unilaterali con scarsissima presenza di patti 2. Dal 1929= si ha la stipulati patti lateranensi e compresenza di fonti unilaterali (ma anche oggi è così). Caratteristica importante è che le fonti bilaterali (accordi) sono solo per la chiesa. 3. Con la cost= vi è un riferimento al Concordato e il principio di bilateralità è esteso anche alle confessioni diverse dalla cattolica, vi è un nuovo strumento: le intese Art 7.2= modello per il principio pattizio In Assemblea cost si discute su cosa fare dei patti lateranensi e del loro ruolo nella cost. Nessuno voleva tornare al separatismo e al liberalismo, i patti andavano conservati perché: • avevano permesso di raggiungere e tutelare la pace religiosa (in base al principio stare pactis), • perché il disegno di stato che si andava formando era di stato sociale in cui le formazioni sociali sono molto importanti • in base al patto costituente lo stato accetta il ruolo della chiesa e la chiesa accetta il fatto che lo stato fosse nel suo ordine indipendente e sovrano (e quindi laico). Il principio pattizio nella cost: si scrisse l’art 7.1 partendo dal presupposto che la logica conseguenza della distinzione degli ordini è la bilateralità. L’art 7.2 è stato il modello anche per l’art 8.3. Discussione in assemblea relativamente all’art 7.2, vi erano 2 proposte • partito comunista= non voleva dare rilevo ai patti del alterano, ma voleva scrivere un generico principio concordatario. Questa affermazione avrebbe obbligato lo stato a concludere l’accordo e avrebbe portato lo stato a denunciare i patti del Laterano e crearne di nuovi 30 so voleva adeguare i patti ai principi cost e si giunge alla firma dell’accordo nel 84 reso esecutivo come la legge del 25 marzo del 85 n 121 che è una legge ordinaria di esecuzione e che ha un valore internazionale. Questo accordo, all’art 13 afferma che le disposizioni del 29 non riprodotte nel nuovo accordo sono abrogate, accade che nessuna norma è riprodotta e quindi l’accordo del 84 sostituisce integralmente il Concordato del 29 non i Patti (che si costituiscono di concordato, trattato e…..) la corte cost afferma che anche la legge 121 del 1985 ha lo stesso tipo di copertura dei Patti Lateranensi (non è una modifica ma un nuovo accordo). Anche in questo caso l’accordo del 84 è una fonte atipica ed è sottoponibile al controllo di cost solo relativamente ai principi supremi. La dottrina è critica: una parte intende che il sindacato di cost andrebbe esteso anche all’accordo del 84 V SLIDE ART 8.3 Prende a modello l’art 7.2 e tenta di colmare la disparità tra chiesa e altre confessioni religiose perché si estende il metodo pattizio anche alle confessioni religiose diverse dalla cattolica e il problema infatti è lo stesso, il principio pattizio è quindi un metodo e regola generale nei rapporti stato e confessioni. Lezione 9 ART 8.3= i loro rapporti con lo stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze Questo articolo stende la regola della bilateralità alle confessioni acattoliche per colmare la differenza di trattamento tra Chiesa e altre confessioni. Quindi il principio pattizio si disegna come un metodo generale per quanto riguardo i rapporti tra stato e confessione. Anche in questo caso si può parlare di materie miste che vanno regolate con il principio pattizio Art 7.2 e art 8.3 parlano dello stesso principio ma con termini diversi (come per quanto riguarda il principio di distinzione degli ordini) perché per quanto riguarda la chiesa cattolica l’accordo esisteva già quando entra in vigore la cost. Nel caso dell’art 7.2= patti/atto internazionale/valore storico dei patti del 29. Art 8.3= intese/atti interni/fenomeno nuovo (le rappresentanze, il procedimento, il valore della legge sulla base di intese). I tratti comuni sono: la bilateralità e il rapporto con il principio di autonomia confessionale 1. Rappresentanze delle intese: i soggetti Confessioni: Non si parla più di confessioni, ma di rappresentanze, per prassi, visto che la procedura dell’intesa non è mai stata regolamentata, ci riferiamo al tipo di soggetto che ha ottenuto il riconoscimento (ex art 2 1156/29) della personalità giuridica e che rappresenta la confessione. Il riconoscimento dell’ente rappresentativo è presupposto necessario per procedere alla stipula di un accordo con lo stato. Occorre poi anche un parere del Consiglio di Stato. Stato: il Governo, con delibera del consiglio dei ministri, tratta con la rappresentanza religiosa in base alla legge 400/98 Procedura per la stipula delle intese: 1 avvio 31 Tutta la procedura si basa sulla prassi, non c’è nessun procedimento scritto. Le rappresentanze, o meglio il legale rappresentante dell’ente che ha ottenuto il riconoscimento, inoltra un’istanza al presidente del consiglio dei ministri il quale può decidere di avviare le trattive con la confessione se sussistono i presupposti, delegando il sottosegretario alla presidenza del consiglio dei ministri (d.lgs. 303/1999 art 2). Per l’avvio delle trattative occorre un parere del ministero dell’interno in cui è istituita una sezione riservata alla materia dei rapporti con le confessioni religiose, la “Direzione Generale Affari dei Culti”, prima di avviare le trattative occorre quindi il parere positivo di questa direzione che va a verificare tutti i presupposti 2 trattative Si svolgono tra la rappresentanza della confessione religiosa e il sottosegretario alla presidenza del consiglio che si avvale dell’aiuto della Commissione interministeriale per le intese in cui siedono i rappresentanti dei ministeri interessati (istruzione, economia, ecc..). La commissione interministeriale e la delegazione della confessione religiosa elaborano una bozza su cui si esprime la commissione consultiva per la libertà religiosa che invece ha carattere stabile. Con la firma della bozza dell’intesa da parte anche del sottosegretario e dal rappresentante della confessione si va alla chiusura 3 chiusura La bozza firmata viene analizzata dal consiglio dei ministri che autorizza il presidente del consiglio dei ministri, se c’è il parere favorevole l’intesa viene firmata dal presidente del consiglio dei ministri e dal presidente della confessione religiosa. L’intesa firmata è presente, ma manca la legge, quindi l’intesa deve tradursi in legge, entra in gioco il parlamento per l’approvazione della legge che traduce l’intesa in norma in vigore. Quindi il governo predispone un ddl e lo trasmette al parlamento: normalmente si prende il testo dell’intesa e gli articoli vengono trasferiti in un disegno di legge mandato al parlamento 2. La legge sulla base di intese Le intese sono state qualificate in diversi modi: ❖ Equiparate a intese amministrative ❖ Atti politici ❖ Accordi di diritto esterno ❖ Convenzioni di diritto pubblico interno Sicuramente le intese non sono accordi di diritto internazionale e quindi non si può parlare di leggi di ratifica, LA LEGGE SULLA BASE DI INTESA QUINDI VIENE CHIAMATA, SECONDO LA PRASSI, LEGGE DI APPROVAZIONE (in questo modo l’intesa viene introdotta nel nostro ordinamento) Come si passa dall’intesa alla legge di approvazione? ipotesi a. L’intesa è il presupposto sostanziale della legge di approvazione= il parlamento quindi in questo caso potrebbe elaborare la legge di approvazione modificandola, non nella sostanza ma nella forma b. La legge di approvazione sarebbe semplicemente esecutiva dell’intesa e quindi il parlamento deve prendere l’intesa e tradurla in legge (i due testi devono essere uguali), il parlamento ha quindi le mani legate anche nella forma Nella prassi: prevale la seconda ipotesi e quindi il parlamento prende gli articoli dell’intesa e li trasferisce sulla legge che nel testo è identica all’intesa. Talvolta vi sono delle lievi modifiche che possono riguardare la disposizione della numerazione degli articoli o dei commi, ma la sostanza non cambia. L’art 8.3 stabilisce una RISERVA DI LEGGE NEGOZIATA, per cui esiste un procedimento aggravato rispetto al normale procedimento legislativo perché altrimenti il principio pattizio verrebbe meno, il parlamento ha 32 una procedura da seguire precisa e non può scostarsi da essa. Il ruolo del parlamento esiste per non espropriare del tutto l’organo deputato alla creazione di norme. Il parlamento può: approvare l’intesa o rifiutarla del tutto. In caso di rifiuto ci sarà un’intesa firmata tra le due autorità ma che non viene tradotta in legge e quindi non entra in vigore, rimane quindi come quei valori che venivano attributi prima ma non ha sicuro valore di legge. Valore giuridico delle leggi di approvazione. Non sono leggi di ratifica, ma la dottrina tende ad equiparare i fenomeni regolati dall’art 7.2 e 8.3 parlando in entrambi i casi di fonti atipiche. Per le intese la dottrina ritiene che anche loro sono fonti atipiche (leggi ordinarie ma di origine bilaterale, l’intesa precedente non può essere modificata liberamente senza che vi sia un nuovo accordo) e quindi leggi rinforzate= leggi ordinarie ma con una resistenza passiva superiore, sono modificabili previo accordo tra le parti e non unilateralmente. Di diverso con il concordato vi è il discorso sul controllo di costituzionalità, le intese possono essere sottoposte al sindacato di costituzionalità sempre come qualsiasi altra legge ordinaria, altra cosa che cambia è che l’obbligo a non modificare l’intesa è solo di tipo politico perché non c’è un procedimento aggravato o peculiare previsto. Attuazione dell’art 8.3 Questo articolo è rimasto inattuato fino al 1984, prima si parlava di legge sulla base di intese ma non se ne stipulava nessuna. Nel 1984 vengono firmati gli accordi di villa madama, si aspetta di risolvere la questione “revisione dei patti del Laterano” per poi procedere alla firma con confessioni acattoliche. Le intese sottraggono le altre confessioni religiose dalla legge 1156 del 29 ponendole allo stesso livello con la Chiesa, vengono sottratte da una legislazione antiquata e scritta in un momento in cui le confessioni non erano viste bene ed erano limitate. Nel nostro ordinamento non esiste una legge unilaterale che definisca la libertà religiosa e che dovrebbe aggirare la legge sui culti ammessi, in questa legge unilaterale potrebbe esserci scritto come riconoscere la pers giuridica degli enti, la posizione degli enti acattolici in modo di liberarsi della legge del 29. Le intese quindi sono lo strumento per superare il divario e mettere sullo stesso piano della chiesa. Ad esempio, per il riconoscimento delle confessioni, quelle con intesa, hanno un procedimento più semplice, anche per quanto riguarda l’assistenza religiosa, le confessioni con intesa hanno un procedimento amministrativo più rapido e semplice. La legge sui culti ammessi quindi riconosce certe libertà ma è piuttosto restrittiva. Intese firmate: • Valdesi • Avventisti • Assemblee di dio • Luterani • Intese firmate tra il 2006-2007 e approvate solo nel 2012 Non tutte le intese recenti hanno concluso il loro iter (testimoni di Geova senza legge di approvazione) anglicani e islam non hanno nemmeno l’intesa firmata Le intese I contenuti della legislazione pattizia L’accordo di revisione del concordato del 1984, accordo di villa madama: Enuncia i principi/ disciplina generale: 35 PROBLEMA: SOGGETTI Il presupposto per la stipula è il riconoscimento della confessione religiosa e questo è un requisito accettabile, ma il problema è che spesso le valutazioni del governo sono di tipo discrezionali e la conseguenza è che il trattamento risulta essere differenziato e ingiustificato Caso uaar La configurazione dell’intesa come atto politico comporterebbe che l’intesa sarebbe nella piena discrezionalità governativa. Per questo il consiglio di stato del 2011 ha detto che l’intesa non è un atto politico, lo è sotto il profilo soggettivo ma non sotto il profilo oggettivo che riguarda l’attribuzione di diritti. Ecco che l’avvio per le trattative dell’intesa può essere considerato obbligatorio ma solo se il soggetto è configurabile come confessione religiosa AVVIO DELLE TRATTATIVE Può ESSERE CONSIDERATO ATTO POLITICO MA LA DISCREZIONALITÀ è LIMITATA (TECNICA E NON POLITICA) La corte di cassazione conferma il fatto che l’avvio delle trattive non può essere sottoposto al potere esecutivo e distingue due motivi - L’apertura delle trattative: è costituzionalmente - La corte cost afferma che l’art 8.3 individuerebbe un metodo bilaterale e come tale non sarebbe ricollegato all’art 8.1 per dare ragione al governo, quindi parla della libertà del consiglio dei ministri circa l’opportunità di avviare le trattive e il diniego non è azionabile davanti al giudice. Il problema principale è la difficoltà o meno di avviare le trattative e giungere all’intesa Nelle questioni non specifiche, visto che non tuti arrivano all’intesa, come si garantiscono? Lezione 10 Principio di laicità Questo è un principio che non è presente espressamente nella nostra costituzione, a differenza di altri paesi europei come la Francia, quindi si parte considerando la giurisprudenza costituzionale. La prima sentenza che enuncia questo principio è la 203/1989, questa sentenza è relativa alla materia dell’insegnamento religioso nella scuola pubblica, la corte cost in questo caso analizza, alla luce dei vari principi nella cost, una orma del concordato di villa madama ed enuncia il principio di laicità che viene identificato come principio supremo. La corte costituzionale richiama tutti gli articoli della cost relativi al fattore religioso il 2,3,7,8,19,20 e afferma che lo stato non rimane indifferente alla religione praticata, ma afferma una garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione in regime di pluralismo confessionale e culturale. Quindi la corte costituzionale definisce la laicità italiana considerando una posizione di favore per la religione. Da qui scaturiscono una serie di problematiche.  Premessa terminologica= il termine laicità viene dal greco e significa un qualcosa non connotato religiosamente, ma al popolo e quindi alla vita civile. Laico significa non religioso, non ecclesiastico. Il laico è colui che non è consacrato. Storicamente il conetto si afferma in ambito filosofico, i vari filosofi del diritto usano il concetto di laicità per indicare la necessità di uscire dall’influenza delle istituzioni ecclesiastiche (tendenze separatiste liberali che vogliono la privatizzazione della religione). Si può definire questa laicità come ideologica/politica perché non è un principio giuridico applicato realmente perché c’è comunque un legame con questa istituzione storica, questo principio indica solo una tendenza verso cui andare (il 36 separatismo), si ha la tendenza alla privatizzazione della religione che non deve riguardare l’ambito pubblico, ma solo quello privato. Tuttavia non si giungerà mai ad una separazione e ad una privatizzazione totale → laicità narrativa e non del diritto 1. Concetto di laicità Questo concetto si afferma a partire dalla laicità narrativa, ma ora implica reciproche conseguenze: • Distinzione degli ordini: reciproca autonomia del potere civile e religioso • Stato laico: lo stato è aconfessionale, non si identifica con nessuna religione In Europa ci sono diverse letture del principio di laicità (sempre come concetto giuridico) ma ci sono dei punti in comune: laicità e uguaglianza sono strettamente collegati, vi è un legame tra la laicità e il metodo democratico/pluralista. Anche la corte europea dei diritti dell’uomo ha definito alcuni punti comuni ai diversi ordinamenti: la laicità implica un dovere di imparzialità. Nel nostro ordinamento il principio è enunciato dalla giurisprudenza ma nella costituzione ci sono diversi indicatori che portano la corte ad affermarlo e questi sono: • Principio pluralistico= si parla sempre di pluralismo confessionale e ideologico che vinee sempre tutelato • Tutela della libertà religiosa senza preferenza per le opinioni religiose dei cittadini • Tutela della libertà religiosa in senso anche positivo (art 19+ art 3) lo stato è interventista per questo lo stato non può essere solo neutrale • Distinzione degli ordini stato/chiesa e loro autonomia • Costituzione non ideologica, non vi è nessun richiamo a Dio 2. Contenuti Dalla giurisprudenza costituzionale si ha il concetto di laicità positiva, non ostile alla religione, non implica indifferenza rispetto al fattore religioso, ma tutela la libertà religiosa in un ambiente di pluralismo. Ciò vuol dire che nella tutela della libertà religiosa lo stato non patteggia per un’opzione ideologica particolare, ma non è semplice trattare tutte le religioni allo stesso modo. Laicità italiana= laicità positiva Sent 203/1989 definisce alcuni punti fondamentali: • Si riconosce il valore della cultura religiosa • La considerazione dei principi del cattolicesimo come parte del patrimonio storico del popolo italiano. Questi principi sono presi in considerazione e non possono essere cancellati • Nell’accordo dell’84 si è affermato l’impegno dello stato italiano a proseguire con l’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche • L’insegnamento è comunque inserito nel quadro delle finalità della scuola, non è catechismo Questa è una visione molto positiva del principio di laicità, cosa che non è prevista nell’interpretazione del principio “alla francese” che è più ostile Altre sentenze della corte costituzionale indicano ulteriori aspetti della laicità, in particolare negli anni 90 e 2000 alcune sentenze hanno avuto a che fare con la previsione della tutela penale del sentimento religioso (come previsto nel codice penale Rocco in cui si afferma che la diffamazione della religione di stato è punibile penalmente, mentre le medesime ipotesi di reato potevano essere punite se perpetrate 37 conto i culti ammessi ma con una pena diminuita). Il problema che si pone con l’ingresso della cost è che una serie di sentenze hanno fatto rilevare se il sistema del codice rocco fosse costituzionale e rispondente ai principi di uguaglianza e laicità. È stata dichiarata quindi l’incostituzionalità delle parti in cui il codice penale prevedeva una tutela differenziata. In questo momento la corte cost configura il principio di laicità considerando il valore del pluralismo confessionale e dell’uguaglianza di tutte le fedi (imparzialità). Cominciano ad essere equiparati anche i concetti di fedi, culture e tradizioni diverse, quindi anche la tutela deve essere estesa. Su queste sentenze che dichiarano l’incostituzionalità del codice rocco c’è da dire che nel 2006 vi è stata una modifica del codice portando la tutela penale sullo stesso piano per tutte le religioni Un'altra serie di sentenze ha avuto a che fare con la disciplina civilistica del giuramento (giuramento vs non credenti). Qui si riaffermano i contenuti tipici della laicità all’italiana: tutela della libertà religiosa in regime pluralistico, tutela della libertà di coscienza, rifiuto dell’argomento numerico per la tutela della libertà religiosa, NESSUNA COMMISTIONE TRA ISTITUTI RELIGIOSI E FINALITA’ DELLO STATO questa affermazione è molto importante perché alcuni elementi civilistici si mescolavano con l’ambiente religioso (giuramento nei tribunali) ma questa cosa è contraria al principio di laicità. Altre sentenze hanno avuto a che fare con il matrimonio concordatario e riconoscimento delle sentenze di nullità: secondo la cc il giudice civile non può pronunciarsi sulla validità dell’atto di matrimonio che nasce nell’ordinamento canonico e in base al principio della divisione degli ordini lo stato non è competente a giudicare tali atti di competenza dell’ordinamento canonico. TUTTO CIO’ CHE E’ POTERE DELLO STATO NON PUO IDENTIFICARSI CON OPZIONI RELGIOSE PRINCIPIO DI LAICITA’ E’ SUPREMO→ corte cost 1146/1988 Ruolo del principio di laicità: • È un principio supremo • È un principio sintetico perché riassume i cardini del modello italiano di libertà religiosa • È un parametro di costituzionalità di tutta la normazione in materia, norme pattizie incluse • Direttrice per la politica in tema di libertà religiosa che deve perseguire l’obbiettivo della salvaguardia della religione in regime di pluralismo LO STATO QUINDI DA UNA PARTE NON SI IDENTIFICA CON UNA RELIGIONE E DALL’ALTRO NON PUO’ RIMANERE INDIFFERENTE in Italia equidistanza e imparzialità verso le religioni non significano totale astensione dello stato dalla tutela della libertà religiosa, in altri paesi laicità significa non intervento e separazione netta senza accordi o intese. La nostra laicità non comporta quindi separazione ma pluralismo Obblighi derivanti dalla laicità • Salvaguardare la libertà di religione in regime di pluralismo • Avere un atteggiamento equidistante e imparziale • Garantire pari protezione alla libertà di ciascuno, indipendentemente dall’appartenenza religiosa • Rispettare la distinzione degli ordini Lo stato quindi dovrà: rispettare tutte le opinioni religiose, non valutare i principi confessionali 40 chiesa cattolica veniva riconosciuto come ente civile quindi, senza procedere a ulteriori controlli. Il riconoscimento dell’ente era indipendente dai fini (contrariamente ad oggi, il fine è importante) se nel 29 la ratio era riconoscere tutto ciò che accadeva nella chiesa in forza del confessionismo e della commistione, oggi si deve tener conto che il riconoscimento degli enti è finalizzato alla libertà religiosa. L’ENTE E’ STRUMENTALE ALLA CONFESSIONE PER IL SUO ESERCIZIO DI LIBERTA’ RELIGIOSA. Questa disciplina dà grande rilevanza all’ordinamento canonico. Per gli enti delle confessioni acattoliche vi era un sistema di riconoscimento discrezionale, vi erano maggiori poteri di vigilanza della pubblica amministrazione sulla struttura interna e sul patrimonio, non vi era nessun tipo di automatismo Oggi IN TUTTI I CASI LO STATO VERIFICA CHE GLI ENTI SVOLGANO UN ESERCIZIO MERITEVOLE DI TUTELA • Enti delle confessioni con intesa: le confessioni con intesa, compresa la chiesa, hanno un diritto specialissimo=relativo ai singoli rapporti tra quella confessione e lo stato, (diritto pattizio) • Enti delle confessioni senza intesa: gli si applica l’art 2 delle leggi sui culti ammessi (se una confessione vuole l’intesa sulla base dell’art 8 deve prima avere il riconoscimento ex art 2 legge 1159) • Enti non riconosciuti: sono tutelati dalle norme del diritto comune (associazioni, fondazioni, onlus e agevolazioni fiscali) le norme sull’agevolazione fiscale non hanno a che fare con gli enti ecclesiastici ma con le associazioni e gli enti di fatto in generale, anche egli enti che non hanno personalità giuridica ma che hanno finalità religiose hanno comunque il riconoscimento di una tutela Terminologia Storicamente si usa il termine ente ecclesiasitico con riferimento alla chiesa, tale termine viene esteso anche ad altre confessioni religiose non cattoliche. Nelle intese infatti si usa questo termine omnicomprensivo, tale termine indica l’appartenenza dell’ente ad una realtà confessionale. Quando si parla di enti religiosi si da importanza alla finalità perseguita dagli enti, nelle intese più recenti si preferisce questo termine, per le intese con religioni orientali ad esempio. PRINCIPI CHE ORIENTANO LA MATERIA • Art 20 cost: L’articolo vieta trattamenti sfavorevoli nei confronti degli enti religiosi e ispira una parificazione degli enti della confessione cattolica e gli enti di altre confessioni. Tutti gli enti con finalità religiose hanno un trattamento uguale in base al principio di uguaglianza. L’art 20 fa riferimento ad una generica categoria di enti e associazioni con finalità religiose (con e senza intesa). Questo articolo indica due categorie di soggetti: - le istituzioni= con riferimento agli enti di carattere ecclesiasitico, si dà importanza alla strutturazione della realtà e alla sua organizzazione - le associazioni= in senso più generale e quindi le realtà confessionali che non hanno il riconoscimento, conta il fine di religione o di culto.  è questa finalità che orienta tutta la disciplina sugli enti. L’articolo prosegue prevedendo un divieto di trattamento deteriore (limitazioni legislative e/o speciali gravami fiscali) 41 La scrittura dell’art risente di tutte le leggi storiche (leggi eversive) che andavano a limitare la libertà degli enti. L’art 20 non esclude un TRATTAMENTO DI FAVORE, nel prevedere le norme speciali si mette in atto una legislazione di favore. Gli enti non vanno trattati in modo uguale • Artt 7.1 e 8.2: Il principio di autonomia e quello distinzione degli ordini riguardano la chiesa e le altre confessioni, nella loro modalità di organizzazione e nella loro struttura, queste sono libere. Nel nostro ordinamento non è previsto che per avere il riconoscimento un ente debba avere una certa struttura. RICONOSCIMENTO Questo è un momento importante per lo stato perché il procedimento di riconoscimento è peculiare: è un procedimento diverso rispetto a quello delle associazioni. Questo perché quando l’ente riceve la personalità giuridica questo riceve delle garanzie e un TRATTAMENTO SPECIFICO E DI FAVORE. Lo stato non vuole dare la personalità giuridica a qualsiasi ente ecclesiastico ma devono sussistere certi requisiti. Tra le garanzie più importanti vi è che: ❖ Gli enti ecclesiastici sono equiparati a enti di beneficenza e istruzione agli effetti fiscali. ❖ Lo stato lascia la confessione libera nella gestione dell’ente, abdica alle sue funzioni normali perché non può intervenire per sciogliere un ente perché riconosce l’autonomia confessionale e la libertà religiosa. Lo stato non interviene nella vita interna dell’ente Le norme pattizie hanno un ruolo molto importante per istaurare un rapporto di fiducia e per delimitare i poteri di stato e confessione, tali norme consentono un incontro di volontà. Da un lato l’interesse dello stato è attribuire diritti speciali (per garantire la libertà religiosa) ma è anche interessato a controllare i soggetti che ricevono questi trattamenti. Lo stato deve anche rispettare l’autonomia confessionale e il principio di distinzione degli ordini, quindi → si tratta in modo che le confessioni definiscano le loro prerogative e caratteristiche per ricevere un trattamento di favore. Si ha un incontro di volontà. Accordo del 1984- principi ispiratori per il riconoscimento 1. Attenzione la fine di religione o di culto= il legislatore afferma che lo specifico trattamento dell’ente deriva da una finalità precisa: il fine di religione o di culto per cui il regime di specialità si avrà solo se sussiste questo fine 2. Rispetto dell’autonomia confessionale= le caratteristiche dell’ente devono essere rispettate, la struttura di un ente riceve un particolare trattamento solo se c’è il fine di religione o di culto che deve essere prima accertato. Oggi si parte dalla verifica del fine per giungere al trattamento speciale le attività destinate a quel fine e di conseguenza l’ente che le svolge; non viceversa (specialità dell’ente che permette un certo regime) Gli enti nell’accordo dell’84 • Art 7= ci si occupa degli enti e qui l’art 20 viene riconsacrato anche a livello pattizio; • Art 7.2 = si afferma che il riconoscimento non è più automatico e si afferma che oggi è necessaria la domanda o l’assenso della personalità ecclesiastica che chiede il riconoscimento; lo stato afferma che la personalità giuridica sarà riconosciuta se ci sono certe caratteristiche (sede in italia, erezione o approvazione secondo norme del diritto canonico, finalità di religione o di culto). 42 • Art 7.3=afferma che ci sono discipline di favore per questioni fiscali e si afferma che un ente può svolgere attività diverse da quelle di religione o culto, ma la normativa speciale è riservata solo alle attività religiose, perché le prime attività sono soggette al diritto comune. TRATTAMENTO DI FAVORE= SOLO ATTIVITA’ RELIGIOSE • Art 7.6= afferma che si istituisce una Commissione paritetica per la formulazione delle norme, la LEGGE N 222 DEL 1985 è una legge di natura pattizia perché approvata sulla base di un accordo. Prevede la disciplina di dettaglio per enti e beni, riguarda il riconoscimento degli enti e la materia dei beni ecclesiastici e del finanziamento (da fare sul libro) è una di quelle materie rimandate dal bilateralismo diffuso dell’accordo dell’84. Requisiti per il riconoscimento L’Accordo del 1984 prevede come requisiti: il legame con la confessione di appartenenza, sede in Italia, finalità perseguite. Questo modello è ripreso dalle intese per giungere ad una parificazione del trattamento rispetto alla chiesa ❖ Appartenenza: è un requisito soggettivo (riguarda il soggetto che chiede il riconoscimento) è un collegamento all’istituzione confessionale di appartenenza e si controlla, come previsto dall’accordo del 84, con la presenza della domanda dell’autorità ecclesiastica o con il suo assenso ❖ Sede in Italia: anche se l’ente svolge la sua attività all’estero deve avere la sede in Italia ❖ Fine di religione o di culto: questo è un requisito oggettivo, mentre gli altri possono essere attestati con una verifica. L’accordo del 84 all’art 7.2 e l’art 1 della legge 222 del 85 sono molto importanti. Definizione del fine di religione o culto Il nostro ordinamento fatica a definire la religione, l’art 16 della legge 222 da una definizione perché elenca una serie di attività che indicano la presenza del fine o meno. Questi elenchi non sono comunque tassativi. Alcune considerazioni: 1. Nell’art 16 non si parla di FINALITA’ ma di ATTIVITA’ Ciò perché quando si parla di fine di religione o di culto ci si colloca nell’ambito della chiesa e lo stato, siccome lo Stato non ha la competenza per muoversi in questo ambito, preferisce parlare di attività. Parlando di attività si va a considerare le attività concrete svolte dall’ente e da queste si può dedurre qual è la finalità senza andare ad esaminare la realtà interna dell’ente e il suo patrimonio fideistico. La relazione tra finalità e attività serve all’ordinamento giuridico per accertare che il fine di religione o culto esista dall’esterno senza ingerenze. Per le altre confessioni religiose si ha il fine di religione o di culto nelle intese, lo stato tratta con le confessioni religiose per comprendere quali sono le sue attività religiose e le sue attività diverse. IL SIGNIFICATO DELLE FINALITA’ LO SI DEFINISCE CON L’ACCORDO TRA STATO E CONFESSIONE (attraverso l’osservazione delle attività o dalla lettura dello statuto dell’ente) 2. Come si verifica la sussistenza del fine? Per gli enti indicati dall’a Art 2 legge 222 al primo comma il fine è presunto e in questi casi la commissione paritetica (istituita per risolvere problemi interpretativi) ha stabilito che si tratta di una presunzione assoluta e per questi enti non è necessario l’accertamento del fine. La formula indica dall’art è una formula aperta perché si lascia la possibilità che la “costituzione gerarchica della chiesa” possa mutare nel corso del tempo. La formula è aperta ma l’elenco è chiuso (secondo la dottrina non si usa l’analogia) 45 Il legale rappresentante ha l’obbligo di iscrivere l’ente nel registro delle resone giuridiche, tale iscrizione ha natura DICHIARATIVA. Nel dpr 361 del 2001 si prevede che per il riconoscimento di una persona giuridica si può procedere con l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche che, nel caso di altre associazioni, ha natura costitutiva; per gli enti ecclesiastici non è così semplice, perché perseguono una finalità particolare e hanno caratteristiche particolari quindi l’iscrizione nel registro non è per loro costitutiva ma solo dichiarativa. Si distingue • il momento costitutivo che culmina con l’emanazione del decreto da parte del ministro e • il momento dichiarativo che è l’iscrizione nel registro. (alcuni nella dottrina si chiedono se questo non sia un gravame per gli enti religiosi che determini il contrasto ad esempio all’art 20, in realtà il diverso trattamento e quest’onere ulteriore si giustifica poi con la specialità del diritto loro riconosciuto) L’obbligo di iscrizione nel registro ha particolari funzioni di pubblicità, perché gli enti ecclesiastici sono per loro natura particolari, lo stato ha come fine ultimo quello di riconoscere l’autonomia delle confessioni, per questo riconosce ad ogni confessione delle regole particolari sul funzionamento dei propri enti. Disposizioni: La legge 222 del 1985 • all’art 5 riconosce un obbligo di iscrizione per gli enti ecclesiastici riconosciuti. Il soggetto tenuto alla registrazione è il legale rappresentante (che ha inoltrato l’istanza di riconoscimento alla prefettura). La legge 222 afferma che gli enti DEVONO iscriversi, ma se il legale rappresentante NON effettua la registrazione: • all’art 6 cita alcuni enti che dovevano essere riconosciuti con procedimento abbreviato, poi afferma che decorsi i termini, gli enti non potranno concludere negozi giuridici. L’art 6 pone un limite alla capacità giuridica, secondo la dottrina e la prassi, questa norma fa riferimento solo agli enti citati dall’art 6 (che dovevano essere riconosciuti con il procedimento abbreviato). Per gli altri enti (non citati dall’art 6 della legge 222) riconosciuti che non effettuano l’iscrizione, secondo la dottrina e la prassi, si deve guardare cosa dice il diritto comune e quindi all’art 35 del cc, per cui gli amministratori che non richiedono l’iscrizione sono puniti con una pena pecuniaria. Gli enti ecclesiastici hanno un regime particolare nell’ordinamento, ma per alcuni aspetti sono sottoposti al diritto comune: se escludiamo la particolare disciplina che l’ordinamento riserva all’autonomia confessionale e alle loro caratteristiche tipiche, per tutti gli altri aspetti le confessioni devono sottostare al diritto comune. Funzione dell’iscrizione: La funzione è quella di dare pubblicità a due aspetti: • L’ente ha ottenuto il riconoscimento della personalità giuridica • Dare pubblicità alle norme di funzionamento degli enti: queste molto spesso sono peculiari, per cui è importante che l’ente, al momento dell’iscrizione, indichi una serie di dati relativi alle norme di funzionamento interne (sia per la chiesa che per le confessioni con intesa). Il diritto canonico ad esempio è molto sviluppato e complesso Per i soggetti che vengono a contatto con gli enti è importante venire a conoscenza del maggior numero di informazioni, per questo la pubblicità è importante. L’accordo dell’84 e la legge del 1985 sono molto precise nell’indicare l’obbligo di iscrizione nel registro, molto importante è l’art 5 della legge 222/1985 Nell’art 33,34,35 del cc si fa riferimento all’obbligo per tutte le associazioni, il dpr 361/200 ha abrogato gli art 33 e 34 del cc, quindi quanto citato dagli art come obblighi valgono ancora?= all’art 9 del dpr si afferma che nulla è innovato nel riconoscimento delle persone giuridiche. Quindi il procedimento di riconoscimento 46 degli enti ecclesiastici rimane invariato (rimane quello della legge 222 senza essere semplificato come previsto per tutte le altre associazioni normali), sempre all’art 9 si afferma che nei confronti degli enti ecclesiastici si devono applicare gli art 3 e 4 del dpr che si occupano del registro delle persone giuridiche, e in particolare del soggetto tenuto a conservare il registro (oggi è la prefettura) e de regime delle iscrizioni (come si svolgono e cosa devono contenere i documenti). Il dpr ha quindi riproposto le norme previste dall’art 33, 34 del cc negli art 3 e 4 Art 4 del dpr= si afferma che nel registro devono essere indicate tutta una serie di informazioni, si è effettuata una sostituzione degli art 33, 34 con gli art 3 e 4 del dpr del 200, contengono gli stessi principi, gli stessi obblighi di dati da indicare nel registro delle persone giuridiche. C’è un problema interpretativo perché la legge 222 continua a fare riferimento ad articoli che sono stati abrogati, non è stata effettuata nessuna modifica pattizia, ma per interpretazione si può affermare che la legge 222 si deve leggere con riferimento agli art del dpr del 2000, è molto importante che gli enti indichino come si legge l’atto, chi sono i rappresentanti, ecc… Controlli canonici (autonomia gestione degli enti) Art 7 dell’accordo del 1984 che afferma, in base all’autonomia confessionale, che l’amministrazione dei beni appartenenti agli enti è soggetta ai controlli previsti dal diritto canonico. Nel momento in cui un ente mette in atto un certo comportamento, saranno previsti controlli in base al diritto canonico= per alcuni atti sono necessarie autorizzazioni (controllo)dell’autorità ecclesiastica competente. Esempio: se una parrocchia deve acquistare un immobile o eseguire un atto di straordinaria amministrazione, può farlo, ma in base al diritto canonico sono necessarie delle autorizzazioni del superiore gerarchico. Atti di straordinaria amministrazione nel diritto canonico ha un significato diverso rispetto all’ambito di diritto privato Se mancano questi controlli, l’atto non è valido per il diritto canonico. Cosa accade per il soggetto che viene in contatto con l’ente? In questo senso c’è stata una serie di modifiche normative che hanno teso a garantire la trasparenza degli atti svolti dall’ente per tutelare il terzo. Prima il codice civile prevedeva un sistema per controllare gli acquisti, ma dagli anni 90 questi sono stati abrogati. La normativa pattizia afferma, a tutela dei terzi, che “ Ai fini dell'invalidita' o inefficacia di negozi giuridici posti in essere da enti ecclesiastici non possono essere opposte a terzi, che non ne fossero a conoscenza, le limitazioni dei poteri di rappresentanza o l'omissione di controlli canonici che non risultino dal codice di diritto canonico o dal registro delle persone giuridiche”. Se l’ente ecclesiastico ha compiuto un atto senza autorizzazioni da parte del superiore gerarchico ma il terzo non era a conoscenza di quei controlli, l’atto rimane valido per il diritto civile anche se per quello canonico è un illecito= in questa norma si afferma che il potere di autorizzazione del vescovo potrà risultare da ciò che l’ente scrive nel registro delle persone giuridiche, se ciò c’è scritto, il terzo non può opporre nulla perché doveva essere a conoscenza che del fatto che stava concludendo un atto invalido. Se nel registro si indicano quali sono le varie autorizzazioni, il terzo deve necessariamente venirne a conoscenza. Punto critico= la norma dell’art 18 della legge 222 cita anche il codice di diritto canonico, quindi il terzo dovrebbe conoscere anche il codice di diritto canonico. Se quindi la norma di autorizzazione non risulta dal registro, potrebbe essere prevista dal codice di diritto canonico, e quindi ugualmente il terzo deve esserne a conoscenza e gli si può opporre l’invalidità.  Nelle intese con altre religioni si trovano norme del tutto simili, il tentativo è comunque quello di trovare un equilibrio tra le norme interne agli enti e la tutela del terzo, anche il procedimento di riconoscimento e i requisiti sono simili a quelli previsti per le confessioni ecclesiastiche in senso stretto. 47 Regime tributario degli enti ecclesiastici Per gli enti ecclesiastici esiste un doppio registro: • Normativa speciale per le caratteristiche speciali • Soggezione al diritto comune per gli altri aspetti che non riguardano la religione o il culto Il regime tributario degli enti ecclesiastici fa riferimento a una serie di norme di diritto comune e quindi non pattizio. Il regime tributario di favore per gli enti ecclesiastici è lo stesso riconosciuto a altri enti e persone giuridiche operanti nel nostro ordinamento Principi generali: • art 20 cost (divieto di trattamento in pejus), • art 7.3 accordo di villa madama (enti ecclesiastici, agli effetti tributari, sono equiparati a quelli aventi fini di beneficenza o istruzione, per le altre attività vige il diritto comune anche dal punto di vista tributario.) Nel regime tributario gli enti ecclesiastici sono equiparati agli enti no profit (enti che svolgono attività non commerciali) Principi generali: divieto di trattamento in pejus, agevolazioni per le sole attività di culto, definizione generale di ente ecclesiasitico come ente no profit. Regime tributario degli enti ecclesiastici come enti no profit • Abbattimento aliquota IRPEG • Esenzione iva Agevolazioni rivolte alle ATTIVITA’ di religione o di culto • Esenzione ICI ora (IMU) per i fabbricati destinati in via esclusiva all’esercizio del culto e relative pertinenze (secondo l’UE la normativa applica l’esenzione dal pagamento dell’IMU solo ad alcuni fabbricati della chiesa e non a tutti). Si fa riferimento all’attività di religione e di culto e non di tutte le attività. Problema= spesso, in particolare per la chiesa, si ha in un edificio, lo svolgimento di diverse attività sia di culto che non, come si applica l’esenzione all’IMU? Sistema di esenzione dall’IMU Imposta Municipale propria= prevista da art 13.2 dl n 201/2011, all’art 7.1 del dlgs relativo all’ICI vi sono alcune categorie catastali che godono dell’esenzione e tra questi, gli edifici di culto, si trovano poi altre esenzioni relative più all’esercizio di particolari attività (lettera d). Il dl ha modificato il dlgs ma non in questa parte. Le lettere da considerare sono b,d,e,i. alla lettera i si fa riferimento non solo alle attività religiose (exart 16 legge 222) ma anche attività assistenziali, previdenziali, sanitarie e didattiche (attività socialmente utili) questa legislazione fa quindi riferimento anche ad altre attività. Il criterio per beneficiare dell’esenzione dall’IMU è la destinazione degli immobili all’esercizio di attività con modalità non commerciali. IMU e enti ecclesiastici Eccezioni per: 50 Questo vaglio non è solo tecnico, spesso il vaglio del consiglio dei ministri rimane bloccato. L’art 2 prevedeva, sempre per controllare, la possibilità di introdurre vigilanza e controllo sugli enti, queste caratteristiche sono cadute per l’esistenza dell’autonomia confessionale; uno scioglimento oggi, potrà esserci ma prima solo a livello confessionale, poi con decreto. Quindi abbiamo un procedimento più gravoso, una maggiore discrezionalità e l’attribuzione della personalità giuridica (doppio vaglio, parere del consiglio di stato anche se non è più obbligatorio), storicamente il controllo era sull’assenza di contrasti con l’ordine pubblico e buon costume, oggi si prosegue con cautela per gli enti senza intesa, il riconoscimento deli enti è diventato (impropriamente) un sistema di riconoscimento delle confessioni perché c’è un vaglio sugli enti e sui loro statuti, non si svolge solo un controllo sull’ente e sul suo statuto, ma si svolge anche una valutazione politica (ci si impegna sulla confessione e non sull’ente) si confondono i due piani, non si tratta di uno statuto di una confessione, ma di un ente ma speso i due piani si confondono e il potere della pa eccede sconfinando in un procedimento discrezionale delle confessioni religiose. Pareri del consiglio di stato su riconoscimento di enti senza intesa Spesso il consiglio di stato fa riferimento a criteri che riguardano il riconoscimento più di una confessione che di un ente: scarsa presenza di una confessione sul territorio (in realtà i criteri numerici sono discriminatori per il riconoscimento di un ente), la discrezionalità riguarda dati che hanno a che fare con l’esistenza di una confessione religiosa e non con le caratteristiche dell’ente. Non sempre un ente deve essere riconosciuto come esponenziale di una confessione (quei problemi sono sempre relativi al riconoscimento della confessione); spesso il controllo risulta essere più invasivo; il controllo sugli statuti dovrebbe avvenire con riferimento ai principi genarli del nostro ordinamento (art 8.2 cost) ma in realtà il controllo si riferisce a specifiche norme. PROBLEMI • è una legislazione molto resiliente, • non abbiamo procedimenti chiari di riconoscimento di confessioni, riconoscimento di enti di confessioni senza intesa • legge sulla libertà religiosa. LA MANCANZA DI CHIAREZZA NORMATIVA E DI AGGIORNAMENTI HA FATTO SI CHE SI SIA SVILUPPATA UNA PRASSI PER IL RICONOSICMENTO DI ENTI CHE SI SONO ASSIMILATI AL RICONSOICMENTO DELLE CONFESSIONI SENZA INTESA, MISCHIANDO LE MATERIE Confessioni senza intesa Difficoltà di riconoscimento dei loro enti in base alla legge del 1929→ le confessioni fanno riferimento al diritto comune dotandosi di enti che non tentano nemmeno il riconoscimento, fanno ricorso ad associazioni, con finalità ANCHE religiose che rimangono nell’alveo dell’applicazione del diritto comune. Si dotano di associazioni riconosciute secondo il dpr 361/200 (riconoscimento=iscrizione) con la conseguenza che le confessioni senza intesa hanno un’associazione riconosciuta che può beneficiare di agevolazioni previste solo per alcune attività socialmente utili grazie al diritto comune, ma non beneficiano di agevolazioni previste per gli enti con fini di religione o culto. (come accade invece per gli enti ecclesiastici). Le confessioni senza intesa si dotano di altre forme come ad esempio le Associazioni Promozione Sociale di tipo generale e governate dal diritto comune che hanno finalità socialmente utili (aps legge 383/200). Nonostante il loro fine di religione o di culto si dotano di enti/associazioni che sono equiparabili a ets, onlus (nascondendosi) 51 Gli enti della comunità musulmana sono enti di questo tipo: volontariato (odv l266/1991), associazioni non riconosciute, onlus, ma quasi mai enti religiosi riconosciuti ai sensi della legge n 1159 (l’unico riconosciuto con questa legge è la Moschea di Roma) PROBLEMI 1. Uso improprio di alcune forme associative per le finalità religiose= da statuto devono risultare attività (assistenziali) che non prevedono quelle religiose 2. Dalle norme sul volontariato o onuls, si ha l’obbligo di rispettare alcuni principi (es. democraticità interna) che non sono proprie di alcuni enti religiosi. Ci sono normative di diritto comune usate dalle associazioni religiose che per loro sono dei problemi 3. Il mimetismo delle organizzazioni religiose non è accettato dai nostri organi di vertice= il nostro ordimento afferma che glie enti delle confessioni religiose in generale, se hanno fine di religione o di culto, devono ricorrere alla normativa per loro prevista. Questo è l’orientamento del Consiglio di Stato. Ma se l’associazione religiosa con quel fine deve richiedere il riconoscimento ai sensi della legge 1159 poi vi sono una serie di limitazioni poste sempre da consiglio di stato. Per alcune attività occorre la qualifica i ente religioso (es . per la gestione i luoghi di culto aperti al pubblico) Le associazioni private con finalità religiose non possono accedere all’intesa Lezione 13 I ministri di culto Il termine è civilistico in quanto è un’espressione che usa l’ordinamento giuridico ma non quello confessionale. Il termine si riferisce ai soggetti che nell’ordinamento hanno una potestà di tipo spirituale (giurisdizione sui fedeli) che può compiere atti di rilevanza giuridica nei confronti dei fedeli come i sacramenti, possono sedere nei tribunali ecclesiastici. Il loro potere è spirituale, di magistero, di giurisdizione; questi si distinguono quindi dai semplici fedeli proprio in ragione della loro potestà. L’ordinamento civile si interessa di questi soggetti perché ciò che fanno ha dei rilevi anche per l’ordinamento civile, il potere del vescovo nell’ordinamento confessionale ha poi un rilievo in quello civilistico. Negli ordinamenti confessionali ci sono diversi ministri di culto con le loro denominazioni. Ministri di culto è una “qualifica in bianco” che poi viene a caratterizzarsi a seconda dell’ordinamento confessionale perso in considerazione Come si individuano i ministri di culto Si fa riferimento all’ordinamento confessionale, al suo interno ci sono delle nomine che si svolgono con piena autonomia della confessione, la nomina è poi il presupposto per la qualifica civile, avrà quindi un rilievo nell’ambito civile. Lo stato non recepisce la nomina religiosa in quanto tale, ma attribuisce un rilievo civile a una serie di nomine che sono interne all’ordinamento della confessione, la qualifica assume per l’ordinamento civile un altro termine, quello di “ministro di culto”. NO GIURISIDIZONALISMO→ NO AUTOMATISMO, nel passato, nel periodo giurisdizionalista, i due ordinamenti erano molto collegati e quindi ciò che avveniva nell’ordinamento canonico ara automaticamente valido anche a livello civile, questo perché, fino all’accordo dell’84, sulle nomine dei ministri di culto è sempre stato in vigore un controllo da parte dell’autorità statale nel modello giurisdizionalista c’era bisogno di un placet per il riconoscimento delle nomine (soprattutto dei vescovi) ma questa previsione non è costituzionale ai nostri giorni. L’individuazione dei ministri di culto oggi segue due fasi 52 • Nomine interne alla confessione • Rilievo civile delle nomine confessionali Oggi lo stato riconosce un rilievo civile alle nomine a livello confessionale a determinate condizioni, opera un controllo “ampio”, quindi non c’è automatismo ma nemmeno troppa ingerenza o controllo. Lo stato deve verificare che effettivamente i ministri siano diversi dai fedeli e che abbiano i poteri, spirituali, di giurisdizione e di magistero, quindi lo stato svolge una verifica ma solo su quanto accade all’interno della confessione • Nell’ordinamento confessionale si svolge la fase di nomina con piena autonomia senza alcuna ingerenza • Norme pattizie (accordo 84 e intese) fungono da raccordo tra gli ordinamenti e indicano le condizioni alle quali la nomina confessionale assume rilievo nell’ordinamento civile, il modello dell’84 è ripreso nelle intese. La norma non viene recepita ma la persona nominata assume la qualifica di “ministro di culto” • Confessioni senza intesa= legge sui culti ammessi, art 3 non parla di riconoscimento delle nomine ma di un procedimento di “approvazione ministeriale della nomina” è un procedimento più gravoso, amministrativo che controlla in modo più approfondito. Per le confessioni con intesa lo stato si fida perché il loro ordinamento è più conosciuto e ci sono dei rapporti grazie alle norme pattizie, quindi il passaggio da nomina a ministro di culto è più semplice, ciò non avviene per le confessioni senza intesa, lo stato non conosce quelle confessioni per questo adotta una verifica più incisiva (criteri per distinguerli, funzionamento interno) In entrambi i casi, riconoscimento e approvazione servono a fare in modo che i ministri di culto possano mettere in atto determinate azioni nell’ordinamento civile, in questo modo i ministri di culto possono svolgere funzioni di rilievo civile Le norme pattizie • Accordo 1984- art 3 Ribadisce l’autonomia della chiesa cattolica nell’effettuare le nomine, (vescovi nominano parroci, papa nomina vescovi) si prevede quindi una libertà della nomina e un ONERE: la comunicazione, nel 1929 il regime era ancora quello di autorizzazione, qui invece si è in libertà con un semplice onere di comunicazione, il passaggio non è automatico ma c’è un raccordo in un secondo momento. La comunicazione vien fatta dall’autorità confessionale a quella civile e la sua funzione è di raccordo. Le modalità della comunicazione sono state stabilite con uno scambio di note del 1985 (scambio di note= altro modo per utilizzare il principio pattizio). La comunicazione è diretta al ministero dell’interno (autorità competente per il tema confessioni e intese) e poi viene svolta a livelli diversi a seconda del livello territoriale della nomina, (esempio nomina parroco= comunicazione fatta dal vescovo al prefetto, nomina vescovo= fatta dal pontefice, la comunicazione è fatta dalla Santa Sede attraverso il nunzio apostolico al ministero attraverso il ministero degli affari esteri e nelle fasi finali al ministero dell’interno). Il LIMITE= i ministri di culto nominati nella chiesa cattolica devono essere italiani perché hanno funzioni con rilievo civile (matrimoni) e nella loro amministrazione assumono la qualità di pubblico ufficiale. Unica eccezione per la diocesi di Roma e per le diocesi suburbicale di Roma in questi casi possono non avere la cittadinanza italiana • Nelle intese Molte norme che hanno le stesse caratteristiche: libertà confessionale, e della nomina si ripete negli stessi termini. Solitamente è riconosciuto un potere di certificazione delle nomine per fare da raccordo, lo stato limita il suo potere di controllo. Nelle intese si stabiliscono una serie di diritti dei ministri di culto tra i quali 55 Norme unilaterali che rimangono in vigore. Nei vari settori dell’assistenza spirituale ci sono norme unilaterali del passato che prevedono la presenza stabile del ministro di culto all’interno di alcune strutture come il codice militare (ciò spesso è giustificato dal dato numerico) Assicurata da: norme unilaterali che favorivano la Chiesa cattolica Norme pattizie completano il quadro normativo ( accordo 1984 + intese attuative; intese ex art 8.3 cost alcune garanzie previste nella l 1159 (per i culti diversi dal cattolico) e rd attuativo Differente trattamento permanente Differenza di trattamento fondata su dati numerici Si osserva quindi da un latro le norme unilaterali retaggio del passato e dall’altro le norme pattizie che vogliono modernizzare questo argomento normativo, il doppio binario spesso pone dei problemi perché non completamente collimante. Oggi il differente trattamento permane in forza delle norme unilaterali anche se la sua giustificazione comincia a vacillare Caratteri generali: Compresenza di norme pattizie e norme unilaterali: • le norme unilaterali spesso stabiliscono principi generali e sono retaggio del passato, • le norme pattizie vanno a definire i dettagli (i soggetti ruolo ministri di culto, la libertà di accesso alle strutture, gli oneri a carico dello stato, le intese parlano di oneri in modo diverso per cui nelle intese invece è la confessione religiosa stessa che paga gli oneri del servizio spirituale) • le confessioni senza intesa sono ancora soggette alla legislazione del 1929 e 1930 + norme unilaterali Le norme unilaterali, per ciascun settore riconoscono il diritto dei soggetti ad esercitare la libertà religiosa nelle strutture obbliganti e quindi la possibilità di fruire dell’assistenza spirituale come contenuto della libertà religiosa, queste norme prevedono che nelle strutture pubbliche i cattolici ricevono un servizio stabile, mentre per gli acattolici è necessaria una richiesta. Queste norme parlano anche dell’inquadramento degli assistenti spirituali nel personale (i cappellani cattolici sono inseriti nell’organico) e quindi le norme unilaterali sono norme di favor e per la chiesa cattolica, queste spesso non sono state modificate e sono rimaste come previsto dall’accordo dall’art 1984 Le norme pattizie-Accordo del 1984- art 11: si afferma che a questi soggetti che si trovano in strutture obbliganti non possono essere limitati nella loro libertà religiosa, poi tratta alle modalità con cui i soggetti (ministri di culto) possono accedere alle strutture e si afferma che esiste un raccordo (la nomina è fatta dall’autorità italiana ma su designazione dell’autorità ecclesiastica) per quanto riguarda le modalità di accesso bisogna guardare a “successive intese” che devono definire i dettagli del servizio. Ma le intese successive mancano, l’art 11 non è stato attuato, non sono state firmate altre intese salvo il caso della Polizia di Stato (CEI e Ministero dell’interno non è firmato a livello di vertice ma dalle autorità competenti) intesa del 1990. Per gli altri settori invece non ci sono intese attuative, ci sono intese a livello regionale e locale come nel caso di assistenza spirituale negli ospedali (materia di competenza anche regionale) chiesa cattolica • servizio stabile con oneri a carico dello stato → disposizioni nelle norme unilaterali es codice dell’ordinamento militare art 17, art 1533 inquadramento gerarchico • successive intese ex art 11 dell’→solo con la polizia di stato o a livello regionale 56 mancano le intese attuative perché conveniva, prevedere le intese avrebbe messo in discussione la posizione di supremazia della chiesa cattolica pervista dalle normativa unilaterale nelle norme pattizie-intese • oneri finanziari a carico delle confessioni religiose • libertà di accesso alle strutture senza vincoli di orari o autorizzazioni • in alcuni casi si fa rinvio ad ulteriori intese (intesa ebraica) • le strutture considerate sono sempre le solite 4 Assistenza spirituale negli istituti penitenziari La libertà di religione è assicurata a tutti gli internati dalla legge 354/1975 OP art 26 (si tratta quindi di una legge unilaterale). Storicamente la religione era considerata uno degli elementi del “trattamento” era vista come uno strumento per la rieducazione del condannato, oggi non si parla più di rieducazione ma di reinserimento del soggetto nella vita. la religione è uno degli elementi del trattamento e funzionale per il reinserimento per questa libertà religiosa deve essere garantita attraverso l’assistenza spirituale. L’art 26 parla di culto cattolico che deve essere sempre assicurato, mentre per il culto acattolico è necessaria la richiesta. Per i cattolici • presenza stabile di un cappellano • celebrazione dei riti per gli altri= a richiesta (comma 3) + dpr 230/2000 attuativo della legge del 1975 cerca di colmare alcune mancanze. Ai primi commi riafferma il diritto di libertà religiosa per tutti, dal 4 comma si occupa del servizio di assistenza spirituale prevedendo per i cattolici che possono esserci anche più di un cappellano, è prevista la possibilità di accesso anche di altri cappellani diverso da quello del carcere su richiesta, si prevedono luoghi di culto. Per gli altri all’art 58.5 è comunque prevista una richiesta, si pone il problema di disciplinare l’accesso dei ministri di culto. →Per le confessioni con le intesa i ministri sono individuati guardando alle intese stesse (la legge pattizia di approvazione prevale su quella unilaterale) per questo non è necessaria l’autorizzazione, l’indicazione si sostanzia in una notifica al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (presso il ministero della giustizia) DAP. C’è un raccordo tra confessione religiosa e ministero competente in fora delle norme pattizie. LE CONFESSIONI CON INTESA SI LIMITANO A COMUNICARE CHI SONO I MINISTRI DI CULTO SENZA BISOGNO DI ALTRE AUTORIZZAZIONI. Per le confessioni senza intesa, l’art 58 del dpr 230/2000 parla di un elenco di ministri preposti al servizio tenuto al ministero dell’interno, ma questo elenco non è mai stato stilato. C’è un vuoto normativo, quindi ci si riferisce alla prassi. Procedura per l’ingresso in carcere dei ministri delle confessioni senza intesa Richiesta del detenuto fatta al direttore del carcere che inoltra una richiesta al DAP che si rivolge al ministero dell’interno che però non ha un elenco prestabilito dei ministri, la richiesta inoltrata conterrà già dei nominativi che devono poi essere verificati dal MI. Il MI istruisce un’istruttoria a livello locale e quindi sarà la prefettura competente per territorio a verificare che il soggetto indicato sia effettivamente un ministro di culto. L’istruttoria torna poi al ministero dell’interno che è chiamato a dare un parere al DAP. Non possedendo elenchi il ministero dell’interno da un parere sulla singola persona. Il DAP risponderà al direttore del carcere in modo favorevole o meno, il DAP può o non può autorizzare questo è un procedimento discrezionale. Questa procedura è molto laboriosa e ci vuole parecchio tempo, tutto ciò 57 perché manca l’elenco e dal fatto che, visto che mancano gli elementi di raccordo, lo stato pone particolare attenzione. Ecco perché molto spesso si ricorre ad altre possibilità previste dall’OP L’accesso può essere dato da MI anche ai ministri di culto che non sono stati approvati dal Min Interno ai sensi della legislazione del 29/30 Lezione 14 La procedura per l’ingresso nei penitenziari dei ministri di culto di confessioni senza intesa è molto complessa e lunga. L’indicazione ex art 58 dpr 2307/2000 si risolve in un parere del Min Interno su istanza del Ministero della giustizia sui singoli nominativi. La verifica che viene fatta in sede di istruttoria locale riguarda la qualifica del soggetto che deve essere un ministro di culto collegato ad un ente religioso, questo problema is pone soprattutto in relazione alle comunità musulmane. La normativa in se sarebbe abbastanza garantista per tutte le confessioni anche se la confessione cattolica è privilegiata, le norme unilaterali prevedono comunque la possibilità per tutte le confessioni di accedere alle strutture, ma poi nella prassi l’esercizio del diritto è abbastanza difficile. Inoltre, la legislazione del 29/30 non pone l’obbligo id fornire l’approvazione dei ministri di culto (è prevista solo per l’accesso alle forze armate) da parte del ministero quindi anche quelli senza approvazione possono entrare nelle strutture obbliganti Accesso al carcere In base all’art 58.6 del dpr 230/2000 si fa riferimento all’art 17 l 354/1975 per cui possono accedere alla struttura tutte le persone che hanno interesse a svolgere opere di risocializzazione dei detenuti, spesso si tratta di associazioni o volontari che si occupano dei diritti dei detenuti quindi in questo caso non si ha nessun collegamento con il carattere religioso. Le confessioni senza intesa, trovando un ostacolo nella legge del 29/30 fanno entrare i loro ministri di culto non come tali ma come fossero volontari: come per il riconoscimento degli enti, le confessioni senza intesa fanno ricorso a delle procedure che non riguardano il carattere religioso ma le attività socialmente utili. 2 modalità di accesso a. Modalità propria= prevista dall’art 58 dpr 230/2000 b. Modalità più semplice= ex art 17 l 354/1975. È necessaria solo un’autorizzazione del magistrato di sorveglianza previo parere del direttore del carcere, è una procedura che si svolge a livello locale. Ma questa modalità non riguarderebbe l’accesso dei ministri di culto Problemi relativi a. Procedura molto lunga e i problemi sono presenti ad ogni livello: ➢ il detenuto deve fare richiesta, ma spesso i detenuti non sono a conoscenza dei loro diritti ➢ nella fase ministeriale il nulla osta non viene riconosciuto perché la qualifica di ministro non viene individuata, ➢ per quanto riguarda l’autorizzazione del direttore, questo potrebbe non concederla b. è una procedura più agevole ma riguarda altri soggetti e questo pone dei problemi: ➢ mancanza di chiarezza su chi fa cosa, si può rinviare un ministro di culto che fa richiesta alla procedura prevista ex art 58? Chi entra ex art 17 non dovrebbe svolgere assistenza spirituale ➢ accessi da regolare di volta in volta, (mentre per la procedura ex art 58 una volta ottenuta l’autorizzazione il ministro può entrare autonomamente) in questo caso l’art 17 prevede accessi da regolare di volta in volta sulla base dei progetti presentanti dalle associazioni, al momento in cui scade il progetto il soggetto non ha più l’autorizzazione, non si assicura quindi una presenza stabile 60 La normativa pattizia nazionale (accordo 84 e intese) aggiunge poco a quanto già previsto dalle norme unilaterali. Molto importante è quanto avviene a livello regionale in cui i vari accordi indicano ulteriori dettagli. La normativa pattizia regionale si basa sulla regionalizzazione del SSN già prevista negli anni 90 e la riscrittura dell’art 117. Abbiamo quindi uno sviluppo ampio di intese a livello regionale, queste si sono sviluppate a partire dal 2000 in avanti e non solo in materia sanitaria ma anche per altre materie di competenza concorrente e che hanno a che fare con la materia religiosa (beni culturali di interesse religioso). La normativa pattizia di vertice faceva riferimento a ulteriori intese per i dettagli, ma poi la materia si è spostata ed è divenuta di competenza regionale (stato/regioni o esclusiva regionael9 quindi anche l’attività pattizia si è spostata a livello regionale, per questo esistono gli accordi tra soggetti competenti a livello regionale. Per tutte queste materie vi sono intese firmate tra Regioni e per esempio conferenza episcopale lombarda. Per questo la chiesa cattolica si è dotata di strutture competenti a trattare a livello locale (conferenze episcopali regionali= fenomeno che poi ha assunto maggiore importanza con lo spostamento di materie religiose a livello regionale) anche le confessioni si sono date un organizzazione decentrata. I soggetti della contrattazione: • Cattolici: la legge 833/1978 parlava di accordo tra Ordinari diocesani (vescovi)+ USL (oggi ASL), lo sviluppo normativo successivo ha coinvolto le regioni perché in base all’art 117 la materia è di competenza anche regionale quindi gli accordi ora sono tra Conferenze episcopali regionali + regioni Per il diritto canonico le decisioni prese dalle conferenze episcopali regionali hanno efficacia per tutte le diocesi del territorio (quindi gli ordinari diocesani di quella regione devono sottostare a quanto previsto dalla CER) • Acattolici: l’art 38 l833/78 parla di “autorità religiose competenti per territorio” perché non si conosce la loro articolazione e usa un’espressione generale. Queste autorità religiose però non sono facili da individuare. In ambito sanitario il problema è complesso perché è pensato per la ciesa cattolica che è molto articolata sul territorio quasi come lo stato, mentre per le altre confessioni non si ha un’articolazione territoriale così sviluppata quindi non si riesce ad individuare l’autorità competente per territorio. Ciò ha fatto si che le intese che dovevano specificare il funzionamento sono state molto poche per gli acattolici. A livello cattolico ci sono molte intese anche tra ordinari diocesani e strutture o regioni, per le altre confessioni ci sono pochissime intese. Per questo ci sono dialoghi e contrattazioni che nascono dal basso con il rapporto tra comunità religiose locali e strutture, spesso il dialogo si svolge a livello informale: la direzione dell’ospedale raccoglie le richieste e si rivolge ai ministri di culto competenti senza la presenza di un accordo formalizzato. Visto che non ci sono intese con gli acattolici, il servizio è previsto comunque ma sulla scorta di contatti informali. Di recente si sono sviluppati dei casi di intese plurilaterali: tra ospedali e più confessioni religiose assieme, queste intese sorgono spesso dal basso, la direzione + comunità religiose presenti a livello locale. Temi dell’intese locali • Individuazione assistenti spiritali= sia per le intese con cattolici che altre. Le intese locali individuano nominativi degli assistenti che possono accedere alla struttura che poi vengono rivisti quando le intese vengono stilate. • Soggetti destinatari del servizio= in alcune intese ci sono peculiarità perché individuano tra i destinatari anche il personale ospedaliero oppure i familiari (accade spesso per i cattolici) • Alcuni diritti da assicurare ai pazienti= per i soggetti che si trovano in una situazione di restrizione di libertà devono mangiare ciò che propone l’ospedale, in alcune intese (ebraica) si è previsto che 61 nel diritto di libertà religiosa è previsto anche il diritto di cibarsi in modo conforme a quello previsto dalla religione Intese locali – cattolici= Protocollo di intesa tra la regione del veneto e le diocesi della provincia ecclesiastica veneta, è un’intesa recepita dalla giunta regionale Acattolici Accordo tra regione Lombardia e la comunità ebraica di Milano / protocollo di intesa tra azienda ospedaliera careggi e comunità islamica di Firenze Con la firma dell’accordo si supera il problema di individuare i ministri di culto Protocolli plurilaterali= roma e prato. Per quanto riguarda la previsione degli spazi per i riti alcuni protocolli prevedono l’esistenza di stanze dei culti/del silenzio in modo che tutte le confessioni possano usarla Aspetti di novità di questi protocolli • Sono firmati con più associazioni e anche con associazioni filosofiche e ateistiche • Spesso scaturiscono dal basso e sono firmati all’esito di progetti sul pluralismo religioso • Il loro scopo ultimo è creare le stanze dei culti Alcuni punti problematici La garanzia è prevista nelle norme unilaterali MA nello sviluppo della normativa, la materia è attratta dalla disciplina pattizia (accordi) e questo è un problema per le confessioni senza intesa perché fanno riferimento all’apertura mentale delle singole strutture ospedaliere. Le disposizioni unilaterali in vigore favoriscono sempre la chiesa cattolica ed è difficile applicare lo schema previsto alle confessioni acattoliche ce non sono articolate sul territorio. Gli accordi plurilaterali spesso non fanno riferimento alla normativa unilaterale. Gli accordi a livello regionale si sono sviluppati in diversi modi • Vantaggi= gli accordi rispondono alle esigenze concrete del caso • Svantaggio= la tutela della liberà religiosa si sviluppa a macchia di leopardo → problema del mancato rispetto dell’uguaglianza Lezione 15 Il matrimonio religioso con effetti civili Storicamente si sono affermati nel nostro ordinamento diversi periodi: 1. Prima del 1865 era rilevante solo il matrimonio canonico, ossia quello celebrato religiosamente che aveva anche un valore civile perché in quel periodo la chiesa era l’istituzione che gestiva aspetti della vita quotidiana dei cittadini. Conseguenze= vi è una differenza di trattamento tra cattolici e non cattolici, l’unico matrimonio valido era quello celebrato con il rito canonico e quindi tutte le conseguenze giuridiche che derivano dal matrimonio erano riconosciute solo ai cattolici. I non cattolici avevano un’incapacità matrimoniale= se si sposavano con il loro rito ciò che facevano non aveva alcun valore e nessun trattamento giuridico riservato ai coniugi 2. Dopo il 1865, siamo nel pieno dell’epoca liberale-separatista in cui i governi vogliono estromettere la religione dalla vita pubblica (anche se senza molto successo) ma per quanto riguarda la materia del matrimonio, si prevede nel codice civile del 1865 che l’unico matrimonio rilevante è quello fatto dinnanzi all’ufficiale di stato civile, il matrimonio canonico era comunque celebrato ma non aveva nessuna rilevanza. Questa situa era avvertita come qualcosa di trano. La parassi era quella di 62 celebrare i due matrimoni a brevissima distanza l’uno dall’altro perché i cittadini erano molto cattolici, vi era un doppio rito. 3. Dopo il 1929 la situazione cambia, il riconoscimento del rilevo solo del matrimonio civile non era ben vista, non si voleva scindere i due valori. Con la firma dei patti del Laterano che risolve la questione romana, tra le varie cose, c’è anche la materia del matrimonio inserita nel Concordato che prevede all’art 34 la possibilità di stipulare un: • MATRIMONIO CONCORDATARIO= religioso che assume anche un rilievo civile • MATRIMONIO PER GLI ACATTOLICI= previsto dalla legge 1159 celebrato dinanzi ai ministri dei culti ammessi (ancora valido oggi per le confessioni senza intesa) • MATRIMONIO CIVILE= disciplinato dal codice civile per chi sceglie di sposarsi senza il rito religioso. Dopo il 1984= Oggi ancora abbiamo una pluralità di modelli, simile a quello del 1929 il cittadino può scegliere a quale tipologia di matrimonio fare riferimento: - il matrimonio concordatario oggi è disciplinato dall’accordo di villa madama, - oppure un matrimonio disciplinato dalla relativa intesa con lo stato, oppure dinnanzi a un ministro di un culto approvato nel caso di confessione senza intesa - un matrimonio non religioso disciplinato dal codice civile. Tutto questo modello riconosce un’ampia LIBERTA’ MATRIMONIALE per i soggetti, per cui ognuno può decidere se contrarre il matrimonio oppure no e scegliere quale tipo di atto andrà a regolare la vita matrimoniale. La libertà matrimoniale ha rilievo per la libertà religiosa, è la libertà di scegliere il proprio status di vita, ma la libertà matrimoniale si connette strettamente con la libertà di scegliere quale rito seguire o no (se uno è ateo). Secondo la legge dello Stato non è necessario controllare l’appartenenza della persona a quel culto per cui vogliono seguire il rito, la verifica deve essere eventualmente svolta dagli ordinamenti confessionali perché per lo stato vige un’ampia libertà di scelta matrimoniale. Il modello del matrimonio concordatario viene introdotto dal Concordato del 29 all’articolo 34 Nel 29 siamo in un periodo storico che riconosce il valore della religione di stato e mette in atto una serie di istituti che sottolineano la non separazione tra stato e chiesa, ma commistione (confessionismo). Lo stato all’art 34 riconosce così com’è il matrimonio secondo il diritto canonico, infatti parla di “riconoscimento del sacramento del matrimonio disciplinato dal diritto canonico”. Il termine “sacramento” è un termine ecclesiasitico e fa riferimento al diritto canonico, gli effetti civili che lo Stato riconosce sono dati a questo sacramento disciplinato dal diritto canonico rinunciando a qualunque controllo su ciò che avviene sullo stato matrimoniale delle persone che sceglievano questo rito. La disciplina dei patti del 29 prevedeva una completa uniformità dei due ordinamenti per cui chi era sposato secondo il rito religioso lo era anche per l’ordinamento civile, nel caso ad esempio degli impedimenti al matrimonio (circostanze ostative alla valida stipula del matrimonio) erano previsti dal diritto canonico e lo stato li prendeva per buoni senza controllare. Altro elemento di commistione era il fatto che gli effetti civili del matrimonio canonico erano riconosciuti in materia automatica, poiché si parla di una trascrizione del matrimonio religioso nei registri dello stato civile effettuata d’ufficio (il parroco trasmetteva al comune l’atto di matrimonio). NB: la disciplina del matrimonio seguiva il diritto canonico (in caso di conflitti tra impedimenti si seguiva solo quanto previsto dall’ordinamento canonico tranne gravi motivi: - celebrazione tra interdetti per infermità mentale - persone legate da un precedente vincolo 65 IMPEDIMENTI: nel regime del 29 le ipotesi di intrascrivibilità erano poche ed erano sancite dall’art 12/29 oggi invece si fa riferimento all’art 8 dell’accordo di villa madama= se un matrimonio non è valido dal punto di vista civile anche quello religioso non a effetti civili. Art 8.1 la trascrizione non potrà avere luogo quando: • Impedimento da età: ai sensi dell’accordo il matrimonio pur valido a effetti religiosi non ha effetti civili • Sussiste tra gli sposi un impedimento che la legge civile considera inderogabile: con riferimento al Protocollo Addizionale n4 Questo art 8 non è molto chiaro e vi sono alcune questioni • Natura degli impedimenti pervisti dall’accordo addizionale: la legge indica alcuni impedimenti inderogabili non citati dal protocollo ad che secondo la dottrina va considerato come protocollo esplicativo e quindi il suo elenco non è vincolante, fa solo un rinvio aperto. Quindi gli impedimenti del codice civile anche se non citato dal protocollo addizionale sono comunque inderogabili e si fa riferimento a loro • Possibilità di effettuare una trascrizione tardiva: nell’art 8 si precisa che la trascrizione è ammessa quando secondo la legge civile l’azione di nullità o di annullamento non potrebbe essere più proposta. Questo è un meccanismo discutibile che si basa sul fatto che il regime della sanzione di nullità è diverso per i due ordinamenti. Nell’ordinamento civile l’art 117.2 afferma che dopo1 anno l’azione di nullità civile non può più essere opposta, mentre per il diritto canonico si può rilevare l’impedimento in qualsiasi momento e per superare il contrasto il regime concordatario prevede che ci sia la possibilità di effettuare una trascrizione tardiva. Il meccanismo dell’art 8 prevede che una volta trascorso 1 anno dalla celebrazione, può essere comunque trascritto. Le ipotesi sono: ➢ sposi senza età necessaria ➢ sposi con un’infermità mentale che poi viene revocata. Quindi se al momento della celebrazione del matrimonio cattolico uno dei due soggetti era minore o infermo, se il motivo viene meno, dopo un anno il matrimonio può essere trascritto (quindi l’invalidità non è tale nemmeno per l’ordinamento civile). Meccanismo discutibile perché fa venire meno il meccanismo di parificazione dei criteri di validità dei due ordinamenti. • Per quanto riguarda gli impedimenti derogabili (l’autorità può derogare)= l’accordo di villa madama parla solo di impedimenti inderogabili e quindi se due soggetti presentano le pubblicazioni in presenza di un impedimento derogabile, l’ufficiale di stato civile dovrà comunque rilasciare il nulla osta. L’accordo di villa madama vieta la trascrizione solo nelle ipotesi in cui vi è assoluta incompatibilità tra ordinamenti (impedimenti inderogabili). L’ufficiale di stato civile quando si trova dinanzi a un impedimento derogabile potrebbe rifiutarsi di rilasciare il nulla osta ma dovrebbe trascrivere quando interviene la deroga quindi per prassi si intende che l’ufficiale deve comunque rilasciare il nullaosta e poi trascrivere dopo (aspettare la deroga) e nel caso in cui non intervenga potrà impugnare. L’ufficiale di stato civile deve solo considerare se l’impedimento è derogabile o meno. In questo discorso non rileva il caso se nell’ordinamento canonico sia stata ottenuta una dispensa perché questa non rileva agli effetti civili. Il nulla osta: chiude la fase della pubblicazione e viene lasciato 3 giorni dopo gli 8 giorni (della pubblicazione) se non vi sono state opposizioni. Certifica che non ci sono impedimenti inderogabili e da diritto ai due nubendi a vedere trascritto il matrimonio. Se un impedimento emerge dopo il rilascio del nulla osta? La trascrizione avviene comunque perché i due hanno una legittima aspettativa, l’ufficiale di stato civile però comunica al procuratore della repubblica la sussistenza di un impedimento il quale potrà impugnare la trascrizione viziata. Secondo parte della dottrina 66 l’ufficiale di stato civile dovrebbe invece sospendere la procedura e informare il procuratore ma ciò non avviene nella prassi →Eccezione alla disciplina delle pubblicazioni: ipotesi di TRASCRIIZONE TEMPESTIVA RITARDATA (norma di privilegio per il matrimonio concordatario) in questo caso il matrimonio non è receduto dalla pubblicazione perché la prima fase è la celebrazione e solo dopo ci sono le pubblicazioni e la trascrizione. Sono casi particolari di matrimoni d’urgenza prevista dall’art 13 della legge matrimoniale 1929 2. Celebrazione Questo momento si rifà alle regole religiose per il rito ma ci sono anche qui degli adempimenti importanti. Il ministro di culto agisce come pubblico ufficiale (incaricato di pubblico servizio) svolge una funzione che ha anche rilievi civilistici. È tenuto alla lettura degli articoli de cc 143, 144,147che riguardano il matrimonio (memento di collegamento tra ordinamenti). La mancata lettura degli articoli comporta una mera irregolarità dell’atto e non un’ipotesi di intrascrittibilità. Il ministro di culto è poi tenuto a redigere l’atto di matrimonio in duplice originale e le due copie verranno una conservata negli archivi parrocchiali e l’altra invita per la trascrizione civile. Sull’atto di matrimonio possono essere apposte delle note relative al riconoscimento di figli nati al di fuori e quelle relative al regime patrimoniale da adottare. Forme speciali di celebrazioni: ci sono alcune forme speciali previste dal diritto canonico, ma queste sono valide per l’ordinamento civile? Le forme particolari non sono ammesse agli effetti civili • Matrimonio davanti ai soli testimoni= manca del requisito di pubblicità • Per procura= è discusso e si considera valido solo quando anche la procedura è valida per il nostro ordinamento • Celebrato all’estero= il matrimonio concordatario celebrato secondo le norme di un altro paese avrà validità anche nel nostro ordinamento se è valido per l’ordinamento straniero di riferimento, ma nel nostro ordinamento arriverà direttamente come un matrimonio civile e non matrimonio religioso con effetto civile. Viene trascritta solo la parte civilistica del matrimonio. Se due si sposano in un paese dove non si riconosce il matrimonio canonico agli effetti civili, questo da noi non ha alcun effetto 3. Trascrizione Momento molto importante per il collegamento degli ordini, vi sono alcune ipotesi di trascrizioni tardive, ma la trascrizione ordinaria si chiama TRASCRIZIONE TEMPESTIVA. L’accordo di villa madama art 8.1:“ Sono riconosciuti gli effetti civili ai matrimoni contratti secondo le norme del diritto canonico, a condizione che l'atto relativo sia trascritto nei registri dello stato civile, previe pubblicazioni nella casa comunale. Subito dopo la celebrazione, il parroco o il suo delegato spiegherà ai contraenti gli effetti civili del matrimonio, dando lettura degli articoli del codice civile riguardanti i diritti e i doveri dei coniugi, e redigerà quindi, in doppio originale, l'atto di matrimonio, nel quale potranno essere inserite le dichiarazioni dei coniugi consentite secondo la legge civile”. I termini previsti sono 5 giorni dalla celebrazione per la trasmissione degli atti dal parroco all’autorità di stato civile, l’ufficiale di stato civile ora ha 24 ore per la trascrizione che avviene in termini brevi perché ha valore COSTITUTIVO è questa che permette di fare in modo che possa sorgere un matrimonio con effetti civili, ha efficacia ex tunc (ossia dal momento della celebrazione e non della trascrizione). LA TRASCRIZIONE HA LA FUNZIONE DI COSTITUIRE IL VINCOLO MATRIMONIALE IN SEDE CIVILE CHE SI E’ IN PRIMA BATTUTA COSTITUITO IN ORIDNAMENTO CANONICO Nella fase della trascrizione non è esplicitato il rilievo della volontà delle parti ma nel momento in cui i nubendi effettuano le pubblicazioni manifestano la loro volta e il meccanismo seguente segue la presunzione di volontà degli sposi di dare effetti civili, non c’è però un automatismo della trascrizione e 67 questa non può essere effettuata da un terzo, segue solo le presunzioni di volontà. Se i due non effettuano le pubblicazioni il parroco non può automaticamente trascrivere. Ipotesi della trascrizione tardiva= in questa ipotesi non c’è il meccanismo di presunzione di volontà che deve invece essere dichiarata. CONDIZIONI: • Deve esistere la volontà di trascrivere perché non si è seguito l’iter normale e suoi termini, la volontà deve essere espressa da entrambi o solo su richiesta dell’uno con conoscenza dell’altro. La trascrizione tardiva può essere effettuata perché non si vuole dare pubblicità al matrimonio per motivi id coscienza o per l’esistenza di figli illegittimi, più frequentemente invece ciò viene fatto per mantenere i privilegi economici dovuti allo status in cui ci si trova. Questa ipotesi è un privilegio per la chiesa cattolica. • Dal momento della celebrazione al momento della domanda di trascrizione sia stato conservato lo “stato libero” civile per cui l’unico matrimonio riconoscibile che hanno contratto è quello canonico degli anni precedenti • Non è ammessa post mortem perché è importante la volontà delle parti che deve essere attuale (mentre nel 29 si poteva) l’unico caso in cui la trascrizione tardiva può andare avanti post mortem è quando il procedimento è già stato avviato • La trascrizione tardiva non può pregiudicare i diritti dei terzi: si fa riferimento per esempio ai negozi patrimoniali conclusi dai soggetti quando il loro status era libero e quindi non si ha comunione dei beni LA TRASCIRIZONE TARDIVA COME ANCHE QUELLA TEMPESTIVA HA EFFICACIA EX TUNC quindi i due sono considerati sposati dal momento in cui hanno stipulato il matrimonio religioso ma non dal punto di vista economico (retroagisce solo dal punto di vista personale ma non nei confronti di terzi) La “trascrizione tempestiva ritardata” è una trascrizione non preceduta da pubblicazioni. L’ufficiale di stato civile prima fa il rito e poi affigge le pubblicazioni ma deve comunque verificare l’inesistenza di cause ostative (in questo caso svolte dopo la celebrazione). Parte della dottrina parla di trascrizione ritardata anche per le trascrizioni che avvengono dopo i 5 giorni + 1 in questo caso non si ha trascrizione tardiva ma visto che le pubblicazioni sono ancora valide, se queste per riardo non avvengono nei 5+1 la trascrizione è comunque considerata tempestiva. MATRIMONIO DEGLI ACATTOLICI L’art 83 del cc afferma che: “Il matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi nello Stato è regolato dalle disposizioni del capo seguente, salvo quanto è stabilito nella legge speciale concernente tale matrimonio.” La legge speciale: legge sui culti ammessi 1159/1929 art 7 in cui afferma: “ Il matrimonio celebrato davanti ad alcuno dei ministri di culto indicati nel precedente art. 3 produce dal giorno della celebrazione gli stessi effetti del matrimonio celebrato davanti l'ufficiale dello stato civile, quando siano osservate le disposizioni degli articoli seguenti”. Si deve trattare di un matrimonio celebrato dinnanzi a un ministro di culto approvato dal ministero e produce effetti civili se seguono le disposizioni seguenti…. La legge del 1159 non fa cenno alla rilevanza delle norme confessionali per cui il matrimonio è INTERAMENTE regolato dall’ordinamento civile, il matrimonio è celebrato dal ministro di culto acattolico e ha gli stessi effetti del matrimonio celebrato dinanzi all’ufficiale di stato civile senza rilevanza delle norme dell’ordinamento confessionale. Questo è un regime residuale per le confessioni senza intesa perché le confessioni con intesa hanno le intese come riferimento. Fasi della legge 1159 • Pubblicazioni: fatte all’ufficio civile con nullaosta • Celebrazione 70 SENTENZA 18 DEL 1982 DELLA CC  fondamentale perché da avvio alle riforme introdotte dall’accordo di villa madama. La Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi, afferma che la riserva di giurisdizione ecclesiastica ex art 34 è ammissibile visto il regime concordatario, la giurisdizione ecclesiastica è peculiare ma nelle controversie canoniche occorre almeno che vi sia un giudice e un giudizio quindi per riconoscere i provvedimenti nell’ordinamento civile occorre un giudice e un giudizio (principio supremo della tutela giurisdizionale). La cc afferma che è incostituzionale il riconoscimento delle dispense super rato. Successivamente afferma che le norme del concordato del 29 sulle sentenze ecclesiastiche sono in parte incostituzionali perché non prevedono: 1. che la corte d’appello possa verificare che nel procedimento canonico sia assicurato il diritto delle parti di difendersi (tutela giurisdizionale) con un processo. Nel concordato il legislatore non ha scritto che la corte d’appello deve verificare che sia stato assicurato il diritto di tutela giurisdizionale delle parti e quindi la corte d’appello agisce in modo incostituzionale e quindi anche la norma del concordato lo è 2. la corte d’appello per essere costituzionale, dovrebbe poter controllare che nella sentenza canonica sia assicurata la tutela giurisdizionale e che la sentenza canonica non contenga nel suo dispositivo disposizioni contrarie all’ordinamento italiano (e ordine pubblico) se ciò non è previsto si ha incostituzionalità La cc afferma che le sentenze canoniche son assimilabili a sentenze straniere e quindi devono essere sottoposte ad un VAGLIO da parte dell’ordinamento italiano che deve avere ad oggetto: tutela giurisdizionale e il principio dell’ordine pubblico Principi di cui si è tenuto conto nell’accordo di villa madama dell’84 Uno dei principi fondamentali è il RILEVO DELLE VOLONTÀ DELLE PARTI, quindi per il riconoscimento civile delle sentenze di nullità è necessaria questa volontà, le parti devono adire alle autorità competenti. Altro principio importante è quello di DISTINZIONE DEGLI ORDINI quindi non ci deve più essere automatismo. Si ragiona poi sui principi supremi che prima non erano garantiti: Tutela ordine pubblico: qui non si parla più di giurisdizione ecclesiastica esclusiva e lo stato si riserva un controllo sulle sentenze di nullità perché prima di riconoscerle effettua un vaglio L’accordo dell’84 riscrive questo argomento all’art 8.2, nell’uso dei termini ora si parla di sentenze e non provvedimenti in generale, si dà rilevanza alla volontà delle parti. Si sottolinea quindi l’azione delle parti (una delle due=atto di citazione/entrambe= ricorso) e si fa riferimento a un provvedimento giurisdizionale che ha ad oggetto un contratto ex art 8.1 dell’accordo. Si parla poi di decreto di esecutività per l’esigenza di avere una sicurezza su quanto è previsto nell’ordinamento ecclesiastico (ordinamento canonico non prevede il passaggio in giudicato mentre in base al civile si, il nostro ordinamento si tutela chiedendo che ci sia un decreto di esecutività che da una certa sicurezza e definitività a quella sentenza. Per essere sconosciuto occorre un decreto di esecutività e quindi: una doppia sentenza conforme e il decreto del tribunale della segnatura apostolica). Le sentenze di nullità possono essere riconosciute ma solo a seguito di certi accertamenti, lo Stato controlla sempre. Il controllo ha ad oggetto: • che il giudice ecclesiastico era competente a giudicare su quella causa (controllo formale) • la Corte d’Appello deve accertare che nel procedimento ecclesiasitico è prevista la tutela processuale delle parti= diritto di agire e difendersi in giudizio in modo non difforme dai principi fondamentali dell’ordinamento italiano= nell’ordinamento canonico questo diritto è diverso rispetto all’ordinamento civile. Nell’ordinamento canonico il diritto processuale è diverso, per questo si fa quella precisazione. Secondo la giurisprudenza italiana alcuni momenti non possono mai mancare nel procedimento canonico: 71 - atto introduttivo portato a conoscenza del convenuto - che le parti siano regolarmente costituite - garanzia, almeno minima, del contraddittorio nel procedimento canonico questi principi non sono sempre assicurati a prescindere (la domanda dell’attore può essere modificata in corso d’opera, le prove testimoniali possono essere anche segrete). Il legislatore pattizio quindi rispetta l’ordine pubblico processuale nel suo nucleo essenziale (il diritto di agire e difendersi deve essere rispettato nel suo nucleo essenziale), il legislatore non prevede quindi la massima coincidenza dei due ordinamenti ma non transige su alcuni punti fondamentali del diritto NB: nel 2001 la corte europea dei diritti dell’uomo si è pronunciata su una sentenza delibata in mancanza di alcuni di questi principi, si parla di violazione dell’art 6 della cedu (diritto ad un equo processo) sostenendo che il nostro diritto pattizio non è conforme all’art 6. La corte sostiene poi che le arti devono essere assistite da un avvocato ecc… la corte ha stabilito che l’Italia ha violato l’art 6 perché non ha previsto nelle norme concordatarie che ci sia la tutela giurisdizionale dei diritti processuali (la corte vorrebbe un controllo più stringente) • le sentenze canoniche vengono assimilate a sentenze straniere. Le condizioni per l’efficacia delle sentenze straniere erano indicate da art 796/797 e prevedevano: ▪ il controllo delle competenze del giudice, ▪ garanzie procedurali, ▪ sentenza straniera passata in giudicato (ordinamento canonico invece si chiede li decreto di esecutività), ▪ la sentenza straniera non deve essere contraria ad altra sentenza pronunciata in ordinamento ita e passata in giudicato, ▪ non ci doveva essere un processo prendente dinnanzi un giudice italiano su stesso oggetto e stesse parti, ▪ il rispetto dell’ordine pubblico interno. Questi articoli però sono stati abrogati dalla l 218 del 1995 che prevede che le sentenze straniere siano riconosciute senza che sia necessario un procedimento (non si opera più la delibazione) le sentenze straniere sono riconosciute in automatico. Ma questa legge 218 afferma che per le sentenze di nullità ecclesiastiche vige ancora la delibazione, quindi il procedimento di delibazione per le sentenze ecclesiastiche di nullità è ancora valido. Non c’è più una giurisdizione esclusiva della chiesa quindi anche se l’accordo dell’84 non dice nulla a riguardo, ormai si afferma che sia il giudice ecclesiasitico che quello civile possono dichiararsi sulla sentenza di nullità Una breve parentesi: le nullità e le sentenze di divorzio Entrambe le giurisdizioni hanno competenza a pronunciarsi sullo status coniugale dei due che hanno contratto matrimonio. Si parla di sentenze di nullità e di divorzio e come interagiscono tra loro. Sul rapporto tra le due giurisdizioni ci si deve chiedere come si relazionano le sentenze: ➔ Non deve essere pendente altro giudizio per il medesimo oggetto tra le stesse parti (art 797 cpc n.6) ➔ Sentenza canonica non deve essere contraria ad altra pronunciata dal giudice italiano passata in giudicato (art 797, n.5) ➔ Cosa accade se c’è in corso un giudizio sul divorzio? ➔ Cosa accade se è stata pronunciata una sentenza di divorzio? Diverse tesi (dottrina e giurisprudenza): 72 ❖ I giudizi si nullità e di delibazione non riguardano il medesimo oggetto (canonico = nullità; civile = scioglimento) e quindi non si preclude avvio della delibazione. Siccome non riguardano il medesimo oggetto non si preclude la via della delibazione, nulla questio. ❖ Se c’è una sentenza di divorzio già passata in giudicato? Secondo alcuni non può essere travolta da una sentenza di nullità perché è “res iudicata”, e se il matrimonio è stato sciolto allora era un matrimonio valido, non posso con una sentenza dire che era invalido! ❖ Secondo altri è vero il contrario: l’oggetto della sentenza di divorzio è diverso, anche in questo caso si dice che l’oggetto della sentenza di divorzio ha avuto a che fare con gli effetti civili del matrimonio. Il giudice civile si occupa degli effetti civili del matrimonio, e li può sciogliere, però il giudice canonico può sempre andar a rilevare una nullità che vi era all’origine. Anche se si ha una sentenza di divorzio la sentenza di nullità può essere comunque pronunciata e delibata, ha a che fare con qualcosa che stava all’origine. Sono due giudizi che possono muoversi in parallelo. ❖ La giurisprudenza si è orientata su una via di messo: accetta la seconda opinione e dice con una sentenza del 1997, la delibazione è possibile ma la sentenza di nullità ecclesiastica non travolge del tutto la sentenza di divorzio. Il patrimonio è sciolto e sono riconosciuti gli effetti di una nullità matrimoniale dal punto di vista ecclesiastico. Problema: la sentenza di divorzio scioglie il matrimonio ex- nunc (da quando è pronunciata la sentenza di divorzio), e contiene disposizioni accessorie riguardo lo status patrimoniale dei soggetti. Non è così per le sentenze di delibazione, hanno a che fare con effetti che risalgono al momento della celebrazione del matrimonio, non si prevedono statuizioni sulla situazione patrimoniale, se non dichiarazioni provvisorie (es, tutela del coniuge debole…). La giurisprudenza quando dice che la sentenza di delibazione può essere comunque pronunciata anche se vi è un giudizio di divorzio, afferma anche che la delibazione non travolge il divorzio: perché vuole tutelare il coniuge debole, si vogliono conservare gli effetti, soprattutto patrimoniali, derivanti dalle sentenze di divorzio. Sentenza di divorzio: - Provvedimenti tutela economica; Sentenza di delibazione della nullità: - Opera ex tunc; - Provvedimenti tutela economica solo provvisori; CONDIZIONI PER LA DELIBAZIONE: Vaglio rispetto all’ordine pubblico (796-797 n. 7): ha una funzione di barriera/limite, a tutela di valori fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano. Racchiude il nucleo fondamentale di valori di fronte al quale si dovrebbero arrestare quei provvedimenti stranieri che non collimano con l’ordinamento giuridico italiano. Blocca efficacia civile di sentenza straniere: cosa accade con il diritto ecclesiastico? Il protocollo addizionale all’accordo di villa madama (esplicativo) al n. 4 ci dice che in relazione all’art 8, bisogna tenere conto della specificità dell’ordinamento canonico. Specificità = il legislatore pattizio ne tiene conto. L’ordinamento canonico è considerato alla stregua di un ordinamento straniero, e i richiami fatti dalla legge italiana alla legge del luogo in cui si è svolto il giudizio si intendono fatti al diritto canonico. Inoltre, si considera sentenza passata in giudicata quella sentenza divenuta esecutiva secondo il diritto canonico. Si riconosce la peculiarità del diritto canonico. In ogni caso non si procederà al riesame del merito, nel controllo della sentenza ecclesiastica non si riesamina il merito di quella sentenza! Si verificano altri aspetti, come quelli processuali, e il fatto che nella decisione conclusiva non ci siano enunciati contrari all’ordine pubblico. Il giudice italiano andrebbe altrimenti ad eseguire un’ingerenza nelle competenze del giudice ecclesiastico. Peculiarità del diritto canonico: