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5.3 APPROCCIARSI AL MONDO CON SPIRITO CRITICO E ANTIDOGMATICO In una società caratterizzata da una significativa complessità sociale e culturale, anche la conoscenza diventa un campo di indagine aperta. In particolare, ciò che contraddistingue la riflessione è lo spirito critico e l'antidogmatismo: una messa in discussione non solo del sapere, ma anche della condizione umana. C'è un'inquietudine culturale che demolisce le verità date per certe e cerca una misura del pensare e dell'agire fondata sull'esperienza. Questo modo di leggere la realtà e ciò che sta avvenendo e cambiando appartiene a due autori di questa epoca: Sesto Empirico e Luciano di Samosata.Lo scetticismo di Sesto Empirico Lo scetticismo (dal greco skepsis, "indagine", "ricerca", "dubbio") è una corrente di pensiero, sviluppatasi in Grecia a partire dal IV secolo a.C., per la quale la più alta forma di saggezza è il riconoscimento dell'impossibilità di accedere alla verità ultima delle cose. L'atteggiamento che contraddistingue questa dot- trina può essere riassunto nella parola epoché (letteralmente "sospensione delgiudizio"): l'astenersi da giudizi riguardo alle cose che non si conoscono. La fonte più importante per la conoscenza dello scetticismo greco è Sesto, medico e filosofo (180-220 d.C.), detto "Empirico" probabilmente perché nella pratica medica seguiva la dottrina dell'empirismo, secondo la quale non è possibile conoscere le cause delle malattie e le cure vanno sommini- strate sulla base dell'osservazione diretta e personale dei sintomi.L'empirismo ha molti tratti in comune con lo scetticismo, perché entrambe le correnti di pensiero si basano sull'assunto che ogni verità deve essere messa alla prova dall'esperienza e quindi è sempre modificabile.Alla filosofia scettica Sesto Empirico dedica l'opera dal titolo Schizzi pirroniani. Nell'opera Contro i matematici critica coloro che insegnano "discipli- ne" (dal greco mathema, "materia di studio"), ossia le arti liberali, sulle quali si fondava l'insegnamento ellenistico, poiché le ritiene fonte di false conoscenze. Inoltre Sesto sostiene che né il metodo deduttivo (dal generale al partico- lare) né quello induttivo (dal particolare al generale) hanno validità: il primo perché pretende di giungere a conclusioni certe dando per già dimostrata la premessa iniziale; il secondo perché, prendendo in esame solo alcuni casi particolari, può sempre essere smentito dal presentarsi di un caso nuovo. Pertanto, l'unica forma valida di apprendimento è quella che deriva dall'e- sperienza diretta e dalla vita quotidiana.Critica, invenzioni e satira: Luciano di Samosata Luciano (120-dopo il 180 d.C.) è uno dei principali rappresentanti della corrente letteraria nota come Seconda sofistica). Originario della città di Samosata, in Siria, impara il greco e la retorica in Asia Minore frequentando i sofisti, per poi acquisire grande fama come retore e conferenziere da un capo all'altro dell'impero. I circa ottanta scritti della sua opera sono di generi dif- ferenti: declamazioni sofistiche, encomi (spesso paradossali, come L'elogio della mosca), testi storico-didascalici(didascalico: che è finalizzato all'educazione morale o all'istruzione del lettore.), brevi dialoghi. Tra le sue opere mag- giori figura la Storia vera, racconto di un incredibile viaggio, a contatto con creature fantastiche, compiuto al di là delle colonne d'Ercole, che nell'an- tichità segnavano i confini del mondo conosciuto. Di dubbia autenticità è invece Lucio o l'asino, un breve romanzo che narra la trasformazione di un uomo in asino e le peripezie che egli affronta per riprendere forma umana. Autore dall'indole dissacrante, Luciano proietta il suo sguardo critico e razionalista e la sua satira tagliente su ogni aspetto della realtà, polemiz- zando apertamente con il mito e la religione e finanche con la retorica, che accusa di vuoto formalismo e di eccesso di spettacolarizzazione, e con il sistema educativo dell'epoca, che a tale disciplina attribuiva un'importanza fondamentale. È però molto improbabile che tale critica sia da ascrivere a una sua presunta conversione alla filosofia. Pur mostrando un interesse di vedute simili a quelle del cinismo(cinismo: indirizzo filosofico chepone come obiettivo il raggiungimento della virtù attraverso la rinuncia a ogni tipo di agio e il rifiuto di ogni forma di convenienza sociale e di dipendenza dal mondo esterno.), soprattutto per il rifiuto di ogni forma di eccesso, e dell'epicureismo, in relazione alla critica della religione, egli non giunse mai a identificarsi con un preciso sistema filosofico.
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2.Agostino d'Ippona2.1 LE CONFESSIONI: UN DIALOGO CON LA REALTÀ E CON DI0 Agostino d'Ippona è considerato il massimo esponente della patristica latina, il pensiero teologico elaborato da coloro che, in Occidente, posero le basi dottrinali della religione cristiana e che per questo vengono annoverati,assieme agli esponenti della patristica greco-orientale, come Padri della Chiesa. La patristica latina si sviluppò in particolare dopo l'editto di Milano del313, anno in cui i due Augusti (cioè imperatori) Costantino e Licinio, che governavano l'uno la parte occidentale, l'altro la parte orientale dell'impero, si incontrarono a Milano, capitale d'Occidente, e sancirono con un accordo la libertà di culto, ponendo fine alle persecuzioni contro i cristiani. Questo evento ebbe conseguenze rilevanti sulla storia dell'Occidente e della cristianità. Sul piano della riflessione, favorì il passaggio da una produzione letteraria tesa a difendere le ragioni del cristianesimo dagli attacchi degli avversari - l'apologetica a una produzione incentrata sulla costruzione di un sistema di pensiero cristiano: la patristica appunto. In questo percorso, Agostino fu un grande mediatore tra la cultura greco-romana e la religione cristiana. Nella sua teorizzazione fu influenzato soprattutto dalla filosofia platonica e neoplatonica.Agostino fu un autore molto prolifico. La più conosciuta e la più letta delle sue opere è senza dubbio lo scritto autobiografico intitolato Le confessioni, in cui ripercorre la sua vita a partire dall'infanzia e alla luce dell'esperienza della conversione al cristianesimo. Le confessioni sono considerate la prima autobiografia della letteratura occidentale, nel senso contemporanco del termine. In esse, infatti, l'autore rivela una raffinata capacità di introspezione e di analisi degli stati interiori, delle motivazioni, delle trasformazionie persino delle strategie da lui stesso messe in atto per autoingannarsi, cioè per nascondere a se stesso, consapevolmente, la verità. Dalle Confessioni emerge un Agostino capace di lasciarsi toccare e interrogare da ciò che accade nella quotidianità: la lettura di un libro o una malattia, un incontro fugace con un uomo di strada e molto altro ancora. La conversione, pertanto, si configura non come un episodio ma come un percorso maturato nel tempo, grazie alla capacità di stare in un atteggiamento di ascolto e di apprendimento di fronte alla realtà. Ciò non toglie, tuttavia, che all'interno di questo percorso sia possibile riconoscere un apice, che determina una rottura e un cambiamento di vita radicale. Il senso centrale del libro non è semplicemente la confessione dei propri peccati da parte dell'autore, ma soprattutto il riconoscimento della misericordia di Dio, che accoglie e dirime la debolezza umana, e l'affermazione di fede che ne scaturisce. La parte più specificatamente autobiografia dell'opera si conclude con il libro IX. L'ultima parte ha carattere soprattutto filosofico e teologico: in particolare, i libri X e XI affrontano le questioni del tempo e della memoria, mentre gli ultimi due offrono una spiegazione del significato allegorico del racconto della creazione contenuto nel libro della Genesi.2.2 IL MESSAGGIO PEDAGOGICO DI AGOSTINO Nelle Confessioni, Agostino descrive con toni negativi l'esperienza scolastica da lui vissuta in prima persona e i suoi insegnanti. Allo stesso tempo, la professione di docente di retorica, con la quale per molti anni si era guadagnato da vivere per sé e per la propria famiglia, gli aveva provocato amarezze e frustrazioni. Forse per queste ragioni, fu portato a interrogarsi sull'autentica educazione.L'opera in cui affronta in maniera sistematica questioni pedagogiche è il De magistro ("Il maestro"), del 389. Agostino immagina di dialogare con il figlio Adeodato, nato da una relazione iniziata in giovane età e morto pre maturamente. Per quanto tra i due sia il padre l'interlocutore più esperto, entrambi sono impegnati in una ricerca comune. In un primo tempo essa si sofferma sulla funzione del linguaggio e sul rapporto tra parole e cose. Il linguaggio - si sostiene - serve per insegnare e far ricordare, e in effetti non esiste insegnamento senza parole. Queste quindi sono molto importanti, ma allo stesso tempo hanno alcuni limiti: infatti, sono segni convenzionali e hanno valore soltanto in relazione a ciò che designano, ovvero i significati. A un esame più attento, ne deriva che le parole non possono insegnare niente, se prima non si conosce ciò a cui si riferiscono. Per esempio, la parola "cappello" non ci dice nulla se non conosciamo già la cosa che indica.Pertanto, se si conosce il significato delle parole, non si impara ma si ricorda; e se non si conosce il significato, non si impara ma si è invitati alla ricerca. «Dunque mediante le parole si apprendono soltanto le parole, anzi il suono frastornante delle parole» scrive Agostino nel De magistro.Ma se il discente non impara attraverso l'ascolto delle parole del maestro, in che modo può avvenire l'apprendimento? Secondo Agostino, è possibile accedere alla conoscenza soltanto ritirandosi nella propria interiorità, dove abita il Maestro divino, cioè Dio. L'educazione, quindi, è autoeducazione e richiede di riscoprire dentro di sé la propria partecipazione alla Verità, la quale non è un'acquisizione intellettuale ma si identifica con Dio stesso. D'altro canto, le parole del maestro umano, anche se non sono la fonte dell'apprendimento, sono uno stimolo fondamentale nel cammino verso la Sapienza.
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2.Agostino d'Ippona2.1 LE CONFESSIONI: UN DIALOGO CON LA REALTÀ E CON DI0 Agostino d'Ippona è considerato il massimo esponente della patristica latina, il pensiero teologico elaborato da coloro che, in Occidente, posero le basi dottrinali della religione cristiana e che per questo vengono annoverati,assieme agli esponenti della patristica greco-orientale, come Padri della Chiesa. La patristica latina si sviluppò in particolare dopo l'editto di Milano del313, anno in cui i due Augusti (cioè imperatori) Costantino e Licinio, che governavano l'uno la parte occidentale, l'altro la parte orientale dell'impero, si incontrarono a Milano, capitale d'Occidente, e sancirono con un accordo la libertà di culto, ponendo fine alle persecuzioni contro i cristiani. Questo evento ebbe conseguenze rilevanti sulla storia dell'Occidente e della cristianità. Sul piano della riflessione, favorì il passaggio da una produzione letteraria tesa a difendere le ragioni del cristianesimo dagli attacchi degli avversari - l'apologetica a una produzione incentrata sulla costruzione di un sistema di pensiero cristiano: la patristica appunto. In questo percorso, Agostino fu un grande mediatore tra la cultura greco-romana e la religione cristiana. Nella sua teorizzazione fu influenzato soprattutto dalla filosofia platonica e neoplatonica.Agostino fu un autore molto prolifico. La più conosciuta e la più letta delle sue opere è senza dubbio lo scritto autobiografico intitolato Le confessioni, in cui ripercorre la sua vita a partire dall'infanzia e alla luce dell'esperienza della conversione al cristianesimo. Le confessioni sono considerate la prima autobiografia della letteratura occidentale, nel senso contemporanco del termine. In esse, infatti, l'autore rivela una raffinata capacità di introspezione e di analisi degli stati interiori, delle motivazioni, delle trasformazionie persino delle strategie da lui stesso messe in atto per autoingannarsi, cioè per nascondere a se stesso, consapevolmente, la verità. Dalle Confessioni emerge un Agostino capace di lasciarsi toccare e interrogare da ciò che accade nella quotidianità: la lettura di un libro o una malattia, un incontro fugace con un uomo di strada e molto altro ancora. La conversione, pertanto, si configura non come un episodio ma come un percorso maturato nel tempo, grazie alla capacità di stare in un atteggiamento di ascolto e di apprendimento di fronte alla realtà. Ciò non toglie, tuttavia, che all'interno di questo percorso sia possibile riconoscere un apice, che determina una rottura e un cambiamento di vita radicale. Il senso centrale del libro non è semplicemente la confessione dei propri peccati da parte dell'autore, ma soprattutto il riconoscimento della misericordia di Dio, che accoglie e dirime la debolezza umana, e l'affermazione di fede che ne scaturisce. La parte più specificatamente autobiografia dell'opera si conclude con il libro IX. L'ultima parte ha carattere soprattutto filosofico e teologico: in particolare, i libri X e XI affrontano le questioni del tempo e della memoria, mentre gli ultimi due offrono una spiegazione del significato allegorico del racconto della creazione contenuto nel libro della Genesi.2.2 IL MESSAGGIO PEDAGOGICO DI AGOSTINO Nelle Confessioni, Agostino descrive con toni negativi l'esperienza scolastica da lui vissuta in prima persona e i suoi insegnanti. Allo stesso tempo, la professione di docente di retorica, con la quale per molti anni si era guadagnato da vivere per sé e per la propria famiglia, gli aveva provocato amarezze e frustrazioni. Forse per queste ragioni, fu portato a interrogarsi sull'autentica educazione.L'opera in cui affronta in maniera sistematica questioni pedagogiche è il De magistro ("Il maestro"), del 389. Agostino immagina di dialogare con il figlio Adeodato, nato da una relazione iniziata in giovane età e morto pre maturamente. Per quanto tra i due sia il padre l'interlocutore più esperto, entrambi sono impegnati in una ricerca comune. In un primo tempo essa si sofferma sulla funzione del linguaggio e sul rapporto tra parole e cose. Il linguaggio - si sostiene - serve per insegnare e far ricordare, e in effetti non esiste insegnamento senza parole. Queste quindi sono molto importanti, ma allo stesso tempo hanno alcuni limiti: infatti, sono segni convenzionali e hanno valore soltanto in relazione a ciò che designano, ovvero i significati. A un esame più attento, ne deriva che le parole non possono insegnare niente, se prima non si conosce ciò a cui si riferiscono. Per esempio, la parola "cappello" non ci dice nulla se non conosciamo già la cosa che indica.Pertanto, se si conosce il significato delle parole, non si impara ma si ricorda; e se non si conosce il significato, non si impara ma si è invitati alla ricerca. «Dunque mediante le parole si apprendono soltanto le parole, anzi il suono frastornante delle parole» scrive Agostino nel De magistro.Ma se il discente non impara attraverso l'ascolto delle parole del maestro, in che modo può avvenire l'apprendimento? Secondo Agostino, è possibile accedere alla conoscenza soltanto ritirandosi nella propria interiorità, dove abita il Maestro divino, cioè Dio. L'educazione, quindi, è autoeducazione e richiede di riscoprire dentro di sé la propria partecipazione alla Verità, la quale non è un'acquisizione intellettuale ma si identifica con Dio stesso. D'altro canto, le parole del maestro umano, anche se non sono la fonte dell'apprendimento, sono uno stimolo fondamentale nel cammino verso la Sapienza.Potreste aiutarmi, infine,a rispondere a queste domande?1.Perché Le confessioni sono considerate la prima autobiografia della letteratura occidentale?2.Esponi il contenuto del De magistro.
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Gesù di Nazareth è considerato una figura storica importante dalla letteratura cristiana del primo e secondo secolo d.C. Nacque durante il dominio romano sulla Palestina, quando la popolazione era soggetta a leggi ebraiche e romane. I Vangeli descrivono gli anni della predicazione pubblica di Gesù, ma la sua vita rimane nell'ombra. Gesù è stato descritto come una persona appassionata e libera che non divideva le persone in buoni e cattivi, ma che entrava in polemica con gli ipocriti. Egli sedeva a tavola con le persone che la società escludeva, ma non si univa a coloro che ingannavano il popolo. Non era un giudice, ma un profeta critico e sensibile che confondeva i suoi contemporanei con la sua comprensione di Dio come un Dio che non giudica ma che fa sorgere il sole sui buoni e i cattivi. Gesù era enigmatico e suscitava la curiosità degli altri per risvegliare la loro capacità di giudizio e la consapevolezza delle scelte.Nell'ebraismo dell'epoca di Gesù, c'era l'attesa di un Messia regale che avrebbe liberato il popolo ebraico dalla dominazione straniera e avrebbe ricostruito il Regno d'Israele. Gesù ha reinterpretato questa tradizione, affermando che la trasformazione della condizione umana doveva essere una questione di stile di vita e scelte quotidiane. Egli viveva in mezzo a coloro che soffrivano e cercavano un cambiamento.Il contesto sociale e religioso era maschilista, ma Gesù ha imparato da alcune donne e si è messo in discussione grazie a loro. L'esempio più importante è l'incontro con una donna straniera che lo ha invitato a rivolgere il suo messaggio anche ai pagani. Gesù non voleva essere visto come un eroe, ma come qualcuno che aiutava le persone a trasformarsi.Il Regno di Dio secondo Gesù è un tempo nuovo caratterizzato dalla capacità di mettersi in relazione con gli altri attraverso l'amore. Questo amore è la base fondamentale per la giustizia, che va oltre la giustizia esteriore praticata dalle autorità. Gesù insegnava queste cose attraverso parabole e racconti quotidiani.
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L'ebraismo, all'epoca di Gesù, attendeva l'arrivo di un Messia regale, "fi glio" (cioè discendente) del re e profeta Davide, che avrebbe liberato il po polo ebraico dal secolare dominio straniero e avrebbe ricostruito il Regno d'Israele. Gesù solcò la scia di questa tradizione, reinterpretandola però profondamente: lo scopo del suo agire non era salvare il popolo attraverso un sommovimento politico, scacciando i dominatori romani e rifiutando il pagamento delle imposte. E non predicò nemmeno, come fece suo cugino Giovanni Battista, un battesimo per la remissione dei peccati. Per Gesu, la trasformazione della condizione umana era una questione più radicale, di stile di vita e scelte quotidiane. Egli decise di vivere in modo diverso e, per farlo, cercò un posto in mezzo a coloro che soffrivano maggiormente e per questo speravano o cercavano un cambiamento.Il contesto sociale e religioso in cui Gesù vive e opera è dominato da crite ri maschilisti. Gesù stesso, in certi momenti, manifestò disagio di fronte alle iniziative di alcune donne, persino di sua madre. Allo stesso tempo, tuttavia, egli seppe imparare dalle donne e mettersi in discussione proprio grazie a loro. L'esempio più emblematico in tal senso è lepisodio dell'incontro con la Cananea, narrato nei Vangeli: una donna straniera, disprezzata dagli ebrei, con la sua tenacia e la sua fede offre a Gesù un nuovo punto di vista, invi tandolo a rivolgere il suo messaggio ai pagani oltre che agli ebrei.Gesù non amava essere visto dalla folla come un eroe, e difatti durante ilsuo ministero pubblico(ministero pubblico:con questa espressione ci si riferisce alla predicazione di Gesù che, secondo la tradizione, riguardò gli ultimi tre anni della sua vita.) cercò di tenere nascosta la sua vocazione messianica(vocazione messianica:Gesù si sentiva chiamato a essere uno strumento di liberazione, ma secondo modalità molto diverse da quelle che il suo popolo attribuiva al Messia di cui era in attesa.), in modo che ciascuno potesse sviluppare la propria capacità di trasformare se stesso e la realtà. Ma come doveva realizzarsi questa trasformazione? Per comprenderlo, è importante fare riferimento alla sua predicazione sul Regno di Dio e spiegare il modo in cui Gesù visse la sua missione.Dai suoi discorsi, il Regno di Dio appare come un tempo nuovo, che non attiene solo al futuro ma anche al presente, ed è caratterizzato principal mente dalla forza di mettersi in relazione con gli altri attraverso l'amore. L'amore ha i connotati umanissimi del rispetto, della cura, della passione profonda per la vita di ogni essere vivente, a prescindere dalle differenze culturali, di genere o religiose. E questo amore è la base fondamentale per la giustizia: non la giustizia esteriore, praticata dalle autorità religiose e civili del popolo in nome della legge, ma una giustizia più grande, che non abolisse gli insegnamenti precedenti ma li portasse a compimento. A volte questa giustizia chiedeva anche di infrangere le leggi, quando queste non permette vano di vivere una vita dignitosa.Per insegnare i passi che conducono alla trasformazione, Gesù faceva lar ghissimo uso di parabole, racconti tratti da situazioni di vita quotidiana che ai suoi ascoltatori apparivano molto familiari. Le parabole di Gesù sono diverse da tutti gli esempi simili offerti dalle letterature antiche. I protago- nisti, infatti, sono uomini e donne ordinari, che non appartengono a nessuna categoria speciale della società; i loro gesti sono eloquenti e incisivi, tanto da diventare modelli di insegnamento; essi mostrano capacità di umiltà, perdo- no, gratuità, determinazione, Anche la natura è una fonte generosa da cui trarre esempi per l'insegnamento: il granello di senape, l'albero di fico, la vite e così via. Attraverso le parabole, Gesù voleva aiutare i suoi interlocutori ad ascoltare e a guardare la realtà in cui vivevano. Egli non spiegava tutto, né svelava l'atteggiamento corretto: piuttosto sperava che essi scrutassero gli avvenimenti in corso alla luce delle storie narrate.Dalle parabole emerge un atteggiamento fondamentale: la compassione(compassione: il termine deriva dal verbo tardo-latino compăti, "soffrire, patire insieme", dunque descriveun movimento interiore di partecipazione alla sofferenza dell'al tro. Nella lingua greca, che è quella in cui sono redatti i mano scritti più antichi dei Vangeli, il verbo "sentire compassione" è splanchnízesthai "essere commosso nelle viscere", quindi nel pro fondo. D'altra parte, uno degli attributi di Dio nell'Antico Testa mento è rachamim, "misericordia", vicino al termine aramaico rachmana e derivato da rechem, "utero". In riferimento a Gesù,quindi, la compassione indica un sentimento duraturo di tipo ma terno che nasce dal profondo.). Molte volte nei Vangeli si dice che Gesù senti compassione di fronte allo smarrimento, al dolore, all'ingiustizia. Non bisogna confondere questo sentimento con l'atteggiamento di commiserazione verso qualcuno. La compassione è un movimento interiore di intensa compartecipazione, che fa uscire dall'indifferenza e spinge a schierarsi nettamente di fronte al dolore altrui come al proprio. Essa implica una capacità di prendersi cura della debolezza ma anche di leggere criticamente la realtà, chiedendosi il perché di tanto dolore.La libertà che Gesù mostrò e che cercò di suscitare negli altri generò con flitti e scatenò i dissapori tra le autorità e all'interno del gruppo degli scribi(scribi:costituivano un gruppo eterogeneo di specialisti delle Sacre Scritture, maestri e teologi.). Alquanto velocemente, si accumularono molte accuse contro di lui: la sua interpretazione della tradizione e dei principi religiosi lo fece apparire come un bestemmiatore e un malfattore. Le parole che usava per interpretare le Sacre Scritture, che conosceva bene e di cui si mostrò sempre rispettoso, vennero usate come prove contro di lui. Venne fatto prigioniero e, in seguito a un falso processo, condannato a morte dal prefetto romano.
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1. Gesù di Nazareth e i suoi discepoli1.1 LINEAMENTI ESSENZIALI DELLA PROPOSTA DI VITA DI GESÙPer la letteratura giudaica e pagana dei primi due secoli dell'era cristiana, lavita di Gesù non sembra aver avuto una grande rilevanza, eppure un certo numero di testi fra loro indipendenti, risalenti al I e al II secolo d.C., toglie ogni dubbio sulla sua effettiva esistenza storica. Gesù nacque al tempo in cui la terra d'Israele era sotto il dominio dell'Im- pero romano, che aveva messo a capo della Palestina un governatore nativo: Erode il Grande. La popolazione era sottomessa a due leggi: la legge re- ligiosa e sociale ebraica e la legge politico-economica romana, che im- poneva numerose tasse. Secondo il Vangelo di Luca, Gesù nacque a Betlemme, proprio durante il viaggio che i suoi genitori stavano compiendo per andare a pagare i tributi.I Vangeli si concentrano soprattutto sugli anni della predicazione pubbli- ca di Gesù, lasciando nell'ombra buona parte della sua vita. È interessante notare che essi sono costruiti su un itinerario simbolico: Gesù viaggio mol- to nei territori del suo paese, ma i viaggi che egli compi disegnano anzitutto un percorso trasformativo, sia per lui sia per coloro che lo conobbero. È appunto per questo che nei Vangeli le descrizioni degli spostamenti di Gesù sono generiche e la loro narrazione non segue un preciso ordine cronologico. Ma che cosa fece Gesù nei suoi viaggi e qual era lo scopo del suo errare?In Gesù i suoi contemporanei vedevano una persona appassionata e li bera da ogni paura, sospinta dal bene, dal desiderio di prendersi cura della sofferenza. Egli non divideva i buoni dai cattivi, gli ebrei dagli stranieri: era paziente con chi non agiva con piena rettitudine, ma entrava sempre in po lemica con gli ipocriti - fossero ipocriti con il divino, con altri esseri umani, con se stessi, con il denaro, con la tradizione culturale e religiosa. Pertanto egli sedeva a tavola con gli impuri, i mendicanti, gli infermi -persone che la legge voleva esclusi dalla vita sociale - ma non si accompagnava a chi ingannava il popolo. Il suo modo di porsi, tuttavia, non era quello di un giudice, ma quello critico e sensibile di un saggioprofeta(profeta: nella storia dell'ebraismo,è una persona scelta da Dio per parlare in suo nome e guidare il popolo d'Israele. Tra questi, si annoverano Isaia, Geremia,Giona e così via. Lo stesso Gesu fu considerato un profeta dalle prime comunità cristiane, anzi il più grande dei profeti.) A volte restava in silenzio al cospetto di situazioni che i suoi contemporanei giudicavano meri tevoli di indubbia condanna. Spiazzava coloro che immaginavano Dio come un giudice duro, distaccato e imparziale: il Dio di Gesù, invece, fa sorgere il sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e gli ingiusti. A volte rimuginava, per poi rispondere con le Sacre Scritture; oppure era enigmatico, suscitava la curiosità altrui senza spiegare, come a voler risvegliare nei suoi interlocutori la capacità di giudizio e la consapevolezza della scelta.(c'è il continuo nella prossima domanda)
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1.3 LE COMUNITÀ CRISTIANE DOPO LA MORTE DI GESÙ In genere si ritiene che Gesù di Nazareth sia stato il fondatore della religione cristiana. In realtà egli fondò un movimento di rinnovamento, interno all'ebraismo, che aveva punti di contatto con alcuni dei tanti gruppi socio-religiosi esi stenti all'epoca. Per esempio, Gesù condivideva con i farisei(farisei: con questo termine, che letteralmente significa "separati", si indica un gruppo religioso formato da uomini colti e considerato un modello di devozione. I farisei erano contraddistinti da una morale legalista, cioè imperniata su una rigida osservanza della legge.) il bisogno di una riforma spirituale; tuttavia, diversamente da questi, riteneva che l'interpre tazione letterale della legge ebraica e il tentativo di distinguersi dalla mag gioranza della popolazione non fossero le vie adatte a raggiungerla. Inoltre letica che egli professava era includente e non elitista, ossia non era riservata a una minoranza privilegiata.Il movimento di Gesù era costituito soprattutto da discepoli itineranti, disposti a lasciare famiglia, beni e sicurezze per seguire il maestro. Un passo del Vangelo di Luca chiarisce bene il loro stile di vita: Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: [...] «Non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio. Vangelo di Luca 10,1-9 II movimento di Gesù aveva le sue radici principali e il massimo sostegno tra i poveri, era aperto a tutti, specialmente agli emarginati, ammetteva le donne, era egualitario e privo di un ordinamento gerarchico, richiedeva un impegno totale e volontario. I suoi valori fondamentali erano l'amore per il prossimo e l'etica nonviolenta. Allo stesso tempo, esso sovvertiva l'at teggiamento consueto verso il potere, la cultura e la proprietà, esprimendo una dura critica nei confronti della ricchezza e delle autorità religiose. Il movimento di Gesù, tuttavia, non ebbe molto successo all'interno dell'ebrai smo e non sarebbe sopravvissuto molti anni alla morte del maestro, se non si fosse affermato nel mondo ellenistico. Questa debole accoglienza si deve a due fattori: la proposta pacifista del cristianesimo fu rifiutata in un contesto come quello della Palestina, in cui le acute tensioni socio-politiche avrebbero condotto alla rivolta armata UNITÀ 5, p. 2053 l'apertura ai pagani, promossa specialmente dall'apostolo Paolo, andava in una direzione opposta al rafforzamento delle divisioni culturali che caratterizzò lebraismo del I secolo. La rottura si inasprì in seguito al co siddetto Concilio degli apostoli (49 ca.), attraverso il quale si stabili che la circoncisione-pratica centrale per la fede giudaica, che segnava l'appar tenenza alla comunità religiosa – non era una condizione necessaria per diventare cristiani. E nelle città ellenistiche del Mediterraneo, più stabili e prospere, che la si tuazione si rivelò maggiormente favorevole alla diffusione del cristianesimo. Allo stesso tempo, nel nuovo contesto, questo acquisì alcuni caratteri speci fici. Innanzitutto le comunità locali presero il sopravvento sullo stile di vita itinerante che aveva caratterizzato il movimento di Gesù. Inoltre, alla critica della ricchezza e alla rinuncia alla proprietà subentrò un forte orientamento alla condivisione.Lo scrittore latino Plinio il Giovane (61-114 ca.), governatore della Biti nia e del Ponto (nell'attuale Turchia), ci offre una testimonianza sulla vita dei primi cristiani. Nel fitto carteggio che intrattenne con Traiano (imperatore dal 98 al 117) per chiedere consigli su ogni tipo di questione e anche sulla persecuzione contro i cristiani, impostagli dalla sua carica, Plinio riferisce che i cristiani erano soliti incontrarsi la domenica mattina, prima dell'alba, per intonare inni a Cristo - come se fosse un dio, scrive -, e nel pomeriggio, per celebrare il banchetto fraterno.La vita comunitaria, dunque, era un tratto essenziale del cristianesimo delle origini, rispetto al quale venivano meno le differenze di condizione e status, perché tutti, giusti e peccatori, ricchi e poveri, uomini e donne, era no destinatari del messaggio di Gesù. L'uguaglianza si manifestava anche a livello organizzativo, attraverso un'autorità distribuita e circolante. In altre parole, membri diversi della comunità potevano ricevere doni specifici ed esercitare compiti diversi, ma in linea di principio tutti avevano accesso al potere spirituale e alle funzioni di guida comunitaria. In particolare, il ca rattere alternativo delle comunità cristiane si esprimeva nel fatto che anche le donne esercitavano ruoli di responsabilità apostolica e di ministero. Nel II secolo, tuttavia, si realizzò un cambiamento importante, testimoniato da tre testi tardivi del Nuovo Testamento, chiamati LettereLettere pastorali, che comprendono la Prima e Seconda lettera a Timoteo e la Lettera a Tito. Nelle lettere, attribuite dalla tradizione a Paolo, si evince il passaggio da un'autorità assembleare alla gestione delle chiese da parte di responsabili locali, gli episcopi, e dalla chiesa domestica, che si riuniva nelle case dei credenti, all'edificio-chiesa, inteso come casa di Dio. Le Pastorali non stabi lirono un vero e proprio ordine ecclesiastico, ma delinearono una serie di istruzioni in questa direzione. Il tratto più rilevante è la progressiva gerar chizzazione della Chiesa, alla quale si accompagna l'esclusione delle donne dalle funzioni direttive e il loro confinamento entro l'ambito delle opere buone. Le Pastorali, infatti, affidano agli uomini il compito di insegnare e trasmettere la tradizione. In realtà non proibiscono alle donne anziane di insegnare, ma limitano questa attività alla sola istruzione femminile.
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più di un anno fa

URGENTE! Potreste spiegarmi questo testo con parole semplici?(40 punti al migliore)

5.3 APPROCCIARSI AL MONDO CON SPIRITO CRITICO E ANTIDOGMATICO In una società caratterizzata da una significativa complessità sociale e culturale, anche la conoscenza diventa un campo di indagine aperta. In particolare, ciò che contraddistingue la riflessione è lo spirito critico e l'antidogmatismo: una messa in discussione non solo del sapere, ma anche della condizione umana. C'è un'inquietudine culturale che demolisce le verità date per certe e cerca una misura del pensare e dell'agire fondata sull'esperienza. Questo modo di leggere la realtà e ciò che sta avvenendo e cambiando appartiene a due autori di questa epoca: Sesto Empirico e Luciano di Samosata.Lo scetticismo di Sesto Empirico Lo scetticismo (dal greco skepsis, "indagine", "ricerca", "dubbio") è una corrente di pensiero, sviluppatasi in Grecia a partire dal IV secolo a.C., per la quale la più alta forma di saggezza è il riconoscimento dell'impossibilità di accedere alla verità ultima delle cose. L'atteggiamento che contraddistingue questa dot- trina può essere riassunto nella parola epoché (letteralmente "sospensione delgiudizio"): l'astenersi da giudizi riguardo alle cose che non si conoscono. La fonte più importante per la conoscenza dello scetticismo greco è Sesto, medico e filosofo (180-220 d.C.), detto "Empirico" probabilmente perché nella pratica medica seguiva la dottrina dell'empirismo, secondo la quale non è possibile conoscere le cause delle malattie e le cure vanno sommini- strate sulla base dell'osservazione diretta e personale dei sintomi.L'empirismo ha molti tratti in comune con lo scetticismo, perché entrambe le correnti di pensiero si basano sull'assunto che ogni verità deve essere messa alla prova dall'esperienza e quindi è sempre modificabile.Alla filosofia scettica Sesto Empirico dedica l'opera dal titolo Schizzi pirroniani. Nell'opera Contro i matematici critica coloro che insegnano "discipli- ne" (dal greco mathema, "materia di studio"), ossia le arti liberali, sulle quali si fondava l'insegnamento ellenistico, poiché le ritiene fonte di false conoscenze. Inoltre Sesto sostiene che né il metodo deduttivo (dal generale al partico- lare) né quello induttivo (dal particolare al generale) hanno validità: il primo perché pretende di giungere a conclusioni certe dando per già dimostrata la premessa iniziale; il secondo perché, prendendo in esame solo alcuni casi particolari, può sempre essere smentito dal presentarsi di un caso nuovo. Pertanto, l'unica forma valida di apprendimento è quella che deriva dall'e- sperienza diretta e dalla vita quotidiana.Critica, invenzioni e satira: Luciano di Samosata Luciano (120-dopo il 180 d.C.) è uno dei principali rappresentanti della corrente letteraria nota come Seconda sofistica). Originario della città di Samosata, in Siria, impara il greco e la retorica in Asia Minore frequentando i sofisti, per poi acquisire grande fama come retore e conferenziere da un capo all'altro dell'impero. I circa ottanta scritti della sua opera sono di generi dif- ferenti: declamazioni sofistiche, encomi (spesso paradossali, come L'elogio della mosca), testi storico-didascalici(didascalico: che è finalizzato all'educazione morale o all'istruzione del lettore.), brevi dialoghi. Tra le sue opere mag- giori figura la Storia vera, racconto di un incredibile viaggio, a contatto con creature fantastiche, compiuto al di là delle colonne d'Ercole, che nell'an- tichità segnavano i confini del mondo conosciuto. Di dubbia autenticità è invece Lucio o l'asino, un breve romanzo che narra la trasformazione di un uomo in asino e le peripezie che egli affronta per riprendere forma umana. Autore dall'indole dissacrante, Luciano proietta il suo sguardo critico e razionalista e la sua satira tagliente su ogni aspetto della realtà, polemiz- zando apertamente con il mito e la religione e finanche con la retorica, che accusa di vuoto formalismo e di eccesso di spettacolarizzazione, e con il sistema educativo dell'epoca, che a tale disciplina attribuiva un'importanza fondamentale. È però molto improbabile che tale critica sia da ascrivere a una sua presunta conversione alla filosofia. Pur mostrando un interesse di vedute simili a quelle del cinismo(cinismo: indirizzo filosofico chepone come obiettivo il raggiungimento della virtù attraverso la rinuncia a ogni tipo di agio e il rifiuto di ogni forma di convenienza sociale e di dipendenza dal mondo esterno.), soprattutto per il rifiuto di ogni forma di eccesso, e dell'epicureismo, in relazione alla critica della religione, egli non giunse mai a identificarsi con un preciso sistema filosofico.
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blasielisa587-avatar
più di 2 anni fa

Non ho capito questo testo.Potreste spiegarmelo?

I poeti, infatti, erano incaricati di tramandare non una propria visione del mondo, non sentimenti intimi e personali, ma i miti della comunità cui appartenevano. Con l'accompagnamento della cetra, e a volte al ritmo della danza di un coro di giovani, essi tramandavano le gesta e la fama degli eroi e degli antenati, contribuendo a generare l'identità culturale del pubblico. Il poeta figura di rilievo nella società, era trattato con rispetto e veni- va connotato con caratteristiche speciali. Per esempio, in un passaggio dell'Odissea il cantore Demodoco viene così descritto: Venne l'araldo, guidando il valente cantore. Molto la Musa lo amò, e gli diedé il bene e il male: gli tolse gli occhi, ma il dolce canto gli diede Omero, Odissea, VIII, 62-64, trad. it. di A. Privitera, Mondadori, Milano, 1981, p. 101 Demodoco è rappresentato cieco, secondo un'antica simbologia che at- tribuiva ai poeti e ai profeti, proprio perché privi della facoltà visiva, il dono di una sapienza straordinaria: una capacità di vedere di gran lunga superio- re a quella dell'uomo comune. Più precisamente, la poesia è un dono delle Muse, grazie alle quali l'aedo viene "posseduto" magicamente dalla capacità creativa di usare le parole, ricordare le vicende del passato ei miti. Alla base della sua opera vi è dunque l'ispirazione, descritta come un processo creativo e di memorizzazione che ha origine nella relazione con le Muse. In questo senso i poeti arcaici, anche se a volte esprimono consapevolezza della propria tecnica, si rappresentano come intermediari delle Muse presso gli ascoltatori. Sono capaci di recitare, improvvisando, e di comporre la poesia nel corso stesso dell'esecuzione, seguendo specifici schemi metrici e usando formule fisse, cioè ripetendo frequentemente espressioni, versi o porzioni di verso.
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SimoneLamanna-avatar
quasi 4 anni fa

L’adolescenza è un brutto periodo per le persone senza genitori ?

Pensate bene alla fortuna che Avete, nel avere i vostri genitori con voi
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Risolta
Morena1882-avatar
circa un anno fa

URGENTE! Potreste spiegarmi questo testo con parole semplici?(40 punti al migliore)

Gesù di Nazareth è considerato una figura storica importante dalla letteratura cristiana del primo e secondo secolo d.C. Nacque durante il dominio romano sulla Palestina, quando la popolazione era soggetta a leggi ebraiche e romane. I Vangeli descrivono gli anni della predicazione pubblica di Gesù, ma la sua vita rimane nell'ombra. Gesù è stato descritto come una persona appassionata e libera che non divideva le persone in buoni e cattivi, ma che entrava in polemica con gli ipocriti. Egli sedeva a tavola con le persone che la società escludeva, ma non si univa a coloro che ingannavano il popolo. Non era un giudice, ma un profeta critico e sensibile che confondeva i suoi contemporanei con la sua comprensione di Dio come un Dio che non giudica ma che fa sorgere il sole sui buoni e i cattivi. Gesù era enigmatico e suscitava la curiosità degli altri per risvegliare la loro capacità di giudizio e la consapevolezza delle scelte.Nell'ebraismo dell'epoca di Gesù, c'era l'attesa di un Messia regale che avrebbe liberato il popolo ebraico dalla dominazione straniera e avrebbe ricostruito il Regno d'Israele. Gesù ha reinterpretato questa tradizione, affermando che la trasformazione della condizione umana doveva essere una questione di stile di vita e scelte quotidiane. Egli viveva in mezzo a coloro che soffrivano e cercavano un cambiamento.Il contesto sociale e religioso era maschilista, ma Gesù ha imparato da alcune donne e si è messo in discussione grazie a loro. L'esempio più importante è l'incontro con una donna straniera che lo ha invitato a rivolgere il suo messaggio anche ai pagani. Gesù non voleva essere visto come un eroe, ma come qualcuno che aiutava le persone a trasformarsi.Il Regno di Dio secondo Gesù è un tempo nuovo caratterizzato dalla capacità di mettersi in relazione con gli altri attraverso l'amore. Questo amore è la base fondamentale per la giustizia, che va oltre la giustizia esteriore praticata dalle autorità. Gesù insegnava queste cose attraverso parabole e racconti quotidiani.
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Risolta
blasielisa587-avatar
più di 2 anni fa

Non ho capito questo testo.Potreste spiegarmelo facendo un riassunto?

L'EPICA OMERICA: INSEGNARE LA VIRTU |I poemi omerici sono stati definiti una "enciclopedia tribale (E.A. Havelock, filologo classico 1903- 1988), perché in essi sono custoditi i valori, le conoscenze, i modi di pensare ei modelli di comportamento di un'intera civiltà: tutti i contenuti dei poemi, infatti, trovano uno specifico significato come oggetto di conoscenza. Il filosofo Platone UNITÀ 4, p. 126 afferma nella Repubblica che «Omero ha educato la Grecia», poiché i poemi che gli sono stati attribuiti rappresentavano il testo canonico per l'istruzione della gioventù greca. In effetti, in essi è espresso in forma narrativa un sapere che «comprende la totalità dell'esperienza: la detta- gliata descrizione di comportamenti individuali e collettivi, quali i riti, i discorsi, le riunioni pubbliche, i giochi, le fasi della battaglia e i modi di combattimento; inoltre l'esposizione delle varie tecniche attinenti alla lavorazione dei metalli, alla coltivazione della terra, all'allevamento del bestiame, alla navigazione; e infine i riferimenti alle conoscenze geografiche e cosmologiche» (D. Del Cor- no, grecista, 1933-2010). E anche la presentazione dei diversi personaggi viene proposta agli ascoltatori come modello di comportamento positivo o negativo. Se consideriamo i poemi omeriei come testi che trasmettono il sapere e la memôria della cultura nella sua globalità, possiamo mettere in evidenza i principali valorie modelli di apprendimento che essi tramandavano. Nei poemi omerici la maggior parte dei personaggi esemplari è rappresen- tante di una aristocrazia di guerrieri; non stupisce, pertanto, che le figure di educatori siano incaricate di insegnare agli uomini attività come la caccia, l'equitazione e il lancio del giavellotto.L'apprendimento fisico dell'arte della guerra procede di pari passo con l'acquisizione dell'abilità oratoria. Il fine della relazione educativa è condensato in una formula ricorrente, secondo la quale colui che apprende deve diventare bravo nell'usare le parole come nel compiere imprese.Questi due elementi costituiscono la base dell'areté eroi- ca, la virtù per eccellenza: chi dimostra coraggio sul campo di battaglia, ca- pacità di prendere parola in assemblea, spirito competitivo spinto all'estremo è senso dell'onore riceverà la pubblica stima e il riconoscimento collettivo. Un valore molto importante nella cultura eroica dei poemi omerici è quel- lo dell'ospitalità. Si tratta di un vincolo personale di solidarietà tra indi- vidui di paesi diversi che si estende fino ai loro discendenti, un accordo tra famiglie aristocratiche suggellato da uno scambio di doni. Nel VI libro dell'Iliade si narra dell'incontro, sul campo di battaglia, tra Diomede, uno dei più valorosi eroi greci, e Glauco,un guerriero alla guida dei lici,popolo alleato dei troiani. I due sono pronti a scontrarsi in duello, ma quando scoprono di essere legati da vincoli di ospitalità, decidono di non affrontarsi più e addirittura si scambiano le armature. Nell'Odissea, fuori da- gli scenari della guerra, è testimoniato come gli ospiti e gli stranieri godano di uno statuto speciale, che garantisce loro accoglienza e rispetto anche al di là della propria identità. In questo senso, l'ospitalità non era considerata un atto di cortesia ma un dovere sacro.
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sassy000-avatar
più di 2 anni fa

Domande di pedagogia

1) anche la letteratura contemporanea su prefigge finalità educative come la commedia dantesca? Riportando alcuni esempi e specificando se la cura per la dimensione spirituale sia ancora un obiettivi della poesia e della narrativa oggi.2) per Dante l'educazione è un cammino difficile che richiede oltre all'adesione e all'impegno di chi viene educato, un buon maestr. sei d'accordo con questo punto di vista? ti sembra ancora attuale?per entrambi gli esercizi max:60 URGENTE MI SERVE TRA UN ORA
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Pedagogia