1.3 LE COMUNITÀ CRISTIANE DOPO LA MORTE DI GESÙ In genere si ritiene che Gesù di Nazareth sia stato il fondatore della religione cristiana. In realtà egli fondò un movimento di rinnovamento, interno all'ebraismo, che aveva punti di contatto con alcuni dei tanti gruppi socio-religiosi esi stenti all'epoca. Per esempio, Gesù condivideva con i farisei(farisei: con questo termine, che letteralmente significa "separati", si indica un gruppo religioso formato da uomini colti e considerato un modello di devozione. I farisei erano contraddistinti da una morale legalista, cioè imperniata su una rigida osservanza della legge.) il bisogno di una riforma spirituale; tuttavia, diversamente da questi, riteneva che l'interpre tazione letterale della legge ebraica e il tentativo di distinguersi dalla mag gioranza della popolazione non fossero le vie adatte a raggiungerla. Inoltre letica che egli professava era includente e non elitista, ossia non era riservata a una minoranza privilegiata.Il movimento di Gesù era costituito soprattutto da discepoli itineranti, disposti a lasciare famiglia, beni e sicurezze per seguire il maestro. Un passo del Vangelo di Luca chiarisce bene il loro stile di vita: Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: [...] «Non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio. Vangelo di Luca 10,1-9 II movimento di Gesù aveva le sue radici principali e il massimo sostegno tra i poveri, era aperto a tutti, specialmente agli emarginati, ammetteva le donne, era egualitario e privo di un ordinamento gerarchico, richiedeva un impegno totale e volontario. I suoi valori fondamentali erano l'amore per il prossimo e l'etica nonviolenta. Allo stesso tempo, esso sovvertiva l'at teggiamento consueto verso il potere, la cultura e la proprietà, esprimendo una dura critica nei confronti della ricchezza e delle autorità religiose. Il movimento di Gesù, tuttavia, non ebbe molto successo all'interno dell'ebrai smo e non sarebbe sopravvissuto molti anni alla morte del maestro, se non si fosse affermato nel mondo ellenistico. Questa debole accoglienza si deve a due fattori: la proposta pacifista del cristianesimo fu rifiutata in un contesto come quello della Palestina, in cui le acute tensioni socio-politiche avrebbero condotto alla rivolta armata UNITÀ 5, p. 2053 l'apertura ai pagani, promossa specialmente dall'apostolo Paolo, andava in una direzione opposta al rafforzamento delle divisioni culturali che caratterizzò lebraismo del I secolo. La rottura si inasprì in seguito al co siddetto Concilio degli apostoli (49 ca.), attraverso il quale si stabili che la circoncisione-pratica centrale per la fede giudaica, che segnava l'appar tenenza alla comunità religiosa – non era una condizione necessaria per diventare cristiani. E nelle città ellenistiche del Mediterraneo, più stabili e prospere, che la si tuazione si rivelò maggiormente favorevole alla diffusione del cristianesimo. Allo stesso tempo, nel nuovo contesto, questo acquisì alcuni caratteri speci fici. Innanzitutto le comunità locali presero il sopravvento sullo stile di vita itinerante che aveva caratterizzato il movimento di Gesù. Inoltre, alla critica della ricchezza e alla rinuncia alla proprietà subentrò un forte orientamento alla condivisione.Lo scrittore latino Plinio il Giovane (61-114 ca.), governatore della Biti nia e del Ponto (nell'attuale Turchia), ci offre una testimonianza sulla vita dei primi cristiani. Nel fitto carteggio che intrattenne con Traiano (imperatore dal 98 al 117) per chiedere consigli su ogni tipo di questione e anche sulla persecuzione contro i cristiani, impostagli dalla sua carica, Plinio riferisce che i cristiani erano soliti incontrarsi la domenica mattina, prima dell'alba, per intonare inni a Cristo - come se fosse un dio, scrive -, e nel pomeriggio, per celebrare il banchetto fraterno.La vita comunitaria, dunque, era un tratto essenziale del cristianesimo delle origini, rispetto al quale venivano meno le differenze di condizione e status, perché tutti, giusti e peccatori, ricchi e poveri, uomini e donne, era no destinatari del messaggio di Gesù. L'uguaglianza si manifestava anche a livello organizzativo, attraverso un'autorità distribuita e circolante. In altre parole, membri diversi della comunità potevano ricevere doni specifici ed esercitare compiti diversi, ma in linea di principio tutti avevano accesso al potere spirituale e alle funzioni di guida comunitaria. In particolare, il ca rattere alternativo delle comunità cristiane si esprimeva nel fatto che anche le donne esercitavano ruoli di responsabilità apostolica e di ministero. Nel II secolo, tuttavia, si realizzò un cambiamento importante, testimoniato da tre testi tardivi del Nuovo Testamento, chiamati LettereLettere pastorali, che comprendono la Prima e Seconda lettera a Timoteo e la Lettera a Tito. Nelle lettere, attribuite dalla tradizione a Paolo, si evince il passaggio da un'autorità assembleare alla gestione delle chiese da parte di responsabili locali, gli episcopi, e dalla chiesa domestica, che si riuniva nelle case dei credenti, all'edificio-chiesa, inteso come casa di Dio. Le Pastorali non stabi lirono un vero e proprio ordine ecclesiastico, ma delinearono una serie di istruzioni in questa direzione. Il tratto più rilevante è la progressiva gerar chizzazione della Chiesa, alla quale si accompagna l'esclusione delle donne dalle funzioni direttive e il loro confinamento entro l'ambito delle opere buone. Le Pastorali, infatti, affidano agli uomini il compito di insegnare e trasmettere la tradizione. In realtà non proibiscono alle donne anziane di insegnare, ma limitano questa attività alla sola istruzione femminile.