Scarica diritto ecclesiastico appunti e più Appunti in PDF di Diritto Ecclesiastico solo su Docsity! DIRITTO ECCLEISASTICO APPUNTI 2018/2019 1 DIRITTO ECCLESIASTICO 9/10/18 preappello ad aprile per i frequentanti. L'esame può essere da 6 oppure 8 cfu, il libro di testo è il Finocchiaro, Diritto Ecclesiastico (capitoli diversi a seconda dei cfu). Lezioni + esercitazioni sulla protezione internazionale della libertà religiosa + un seminario da 1 cfu sulle intese con le confessioni acattoliche. Il diritto ecclesiastico nasce nel XIX sec, ne da una buona definizione M Jasonni. Si dice sia precursore dell'ethics and law (coordinate etiche per tutti i giuristi). È il settore dell'ordinamento che si occupa del fenomeno religioso, non è il diritto di una confessione ma è diritto dello Stato. In particolare è una parte di diritto pubblico (settore del diritto costituzionale, nb artt. 7 8 19), ma noi ci occuperemo anche del diritto privato ad esempio del matrimonio. Si interseca con vari settori dell'ordinamento giuridico. Religione: fattore essenziale della cultura di un popolo. Diritto romano + diritto canonico = diritti nazionali. DIRITTO ECCLESIASTICO 10/10/18 ci occuperemo dei rapporti tra gli stati e le confessione religiose. CENNI STORICI: “religio” ha il doppio significato di culto del divino e superstizione, è quindi una situazione ambivalente. Nel MONDO ARCAICO il fenomeno religioso era disciplinato come ogni altro fenomeno: qualcosa che apparteneva alla sovranità dello Stato. Nel mondo orientale ci troviamo di fronte a società IEROCRATICHE, cioè società in cui il monarca è anche Dio avendo origine divina (divinizzazione del sovrano); così era anche nella Roma arcaica. Con l'avvento della Repubblica Romana non c'è più origine divina del potere ma si fa valere il principio della SOVRANITA' POPOLARE. L'organizzazione del culto rimane e acquista forte rilevanza politica. C'è una distinzione tra religione e politica ma procedono parallelamente tra le cariche politiche e collegio pontificale (in cui entrano i sacerdoti dopo un cursus honorum). Abbiamo uno ius sacrum e uno ius pubblico. Se la religione è di Stato, il pontefice funge da elemento che tiene unito il popolo. Fino al V secolo erano solo i sacerdoti a conoscere le leggi, con l'avvento del cristianesimo cambiano molte cose. → RIVOLUZIONE Si frantuma la visione unitaria del potere civile e dell'organizzazione religiosa e si pongono due principi fondamentali che scardinano il sistema precedente: 1. necessità della scelta religiosa individuale (libera e in coscienza, non più i mores di famiglia) 2. cattolicità dell'annuncio del Cristianesimo (destinato a tutti, non ci sono distinzioni per classi sociali, status, o precisazioni nazionalistiche, cioè non è una religione di Stato) → prima forma giuridica di una CHIESA-SISTEMA. Il cristianesimo da vita a un'organizzazione stabile, strutturata, sempre coerente al proprio credo\principi e non si fa condizionare dal potere civile. Quindi: • struttura articolata • coerenza • rifiuto di vincoli esterni 2 1517 Lutero, un ex monaco agostiniano, formula delle proposizione di distacco rispetto al magistero pontificio. Iniziando un movimento di riforma della chiesa → CHIESA EVANGELICA O LUTERANA. I punti principali furono che il principio dualista cristiano con il luteranesimo subisce una sorta di diluizione: diviene stretto il legame tra potere politico e religioso, anche dal punto di vista teorico e non più solo pratico. L'autorità civile ebbe forte potere in ambito religioso e viceversa. Tutto questo è molto chiaro in Inghilterra, la riforma iniziò con problemi politici\familiari: Enrico VIII sposò Cristina, regina di Spagna, e addirittura era considerato fermamente cattolico, ma poi si affiancò a Lutero quando non ottenne il figlio maschio e richiese di dichiarare nullo il matrimonio facendo pressione sulla romana sede; questa però non concesse la nullità. Enrico VIII per risolvere tale problema ricorse a un cavillo giuridico: si dichiarò lui stesso capo della chiesa d'Inghilterra (supremacy act)→ SCISMA. Unì il potere spirituale a quello temporale e dichiarò la nullità del suo matrimonio per sposarsi altre sei volte. Così anche l'Inghilterra si separa definitivamente, così come parte della Svizzera (Calvino): l'Europa si trova a essere una comunità cristiana disgregata. Il principio dominante era quello del cuius regio eius religio: religione è quella del sovrano + diritto di immigrazione per quei soggetti di diversa religione. In Olanda, a dimostrare la sua apertura, fu creato per la prima volta l'istituto del matrimonio civile, pur essendoci un governo calvinista essendoci molte componenti religiose diverse che non risultavano sposate per lo Stato (conseguenza: figli illegittimi ecc.), tra l'altro la chiesa cattolica riconobbe validità religiosa di questa forma di matrimonio civile qui celebrato. Quell'unità politica e religiosa (i due soli), erano alla fine del 1500 venuti meno. Il potere dell'imperatore del sacro romano impero viene limitato a quello di un sovrano, per altro non riconosciuto dagli altri sovrani → ogni re è imperatore nel suo regno. La prospettive cambia la prospettiva teologica, cerca di regolare i rapporti con il potere politico mettendosi su un piano di parità; la chiesa persa la superiorità spirituale si pone allo stesso livello delle autorità politiche: il massimo teorico fu S. Roberto dell'Armino e nei suoi scritti afferma che la chiesa è un autorità sovrana al pari del regno di Francia ecc. ciò significa che la realtà della chiesa non ha più un potere spirituale diretto ma anzi indiretta ponendosi al pari degli ordinamenti civili e cercando in prospettiva negoziale di far valere i suoi diritti. Esempio: Federico II (XIII sec) emanò alcune leggi in materia di usucapione e il diritto romano prevedeva che si potesse usucapire in presenza di determinati titoli, come il possesso iniziale di buona fede, anche Federico II adotta il principio per cui mala fides superveniens non nocet. IL CONCILIO LATERANENSE III con Innocente III fu previsto che un fedele cattolico non poteva adottare tale principio sulla buona fede, usucapiva solo se la buona fede perdurava per tutto il possesso del bene. Il romano pontefice dichiara nulle le leggi imperiali e Federico II accettò pienamente l'autorità pontificia perché contro il diritto naturale della fede cristiana. Questo principio rimane vigente fino alla codificazione napoleonica che ripristinò il principio di Federico II. DIRITTO ECCLESIASTICO 17/10/18 STATO ASSOLUTO: • Il potere del sovrano nello stato assoluto viene direttamente da Dio • il sovrano non risponde a nessuno • la ragion di Stato è l'unico limite alla assoluta irresponsabilità del Sovrano. Questo avviene soprattutto negli Stati protestanti, ma non si limita a questi Stati perché presto anche gli stati cattolici non solo rivendicano autonomia ma cercano anche di imporre supremazia 5 nell'ambito spirituale. I Luterani non riconoscevano l'autorità di Pietro ne la chiesa come ordinamento, gli stati canonici si atteggiano a protettori della chiesa e della fede. Vera e propria forma di giurisdizionalismo (princeps in regno suo est imperator). Assume diverse forme a seconda del contesto → TERRITORIALISMO → GALLICANESIMO in francia → REGALISMO in spagna ecc. ritengono di poter intervenire in rodine ai problemi relativi all'organizzazione religiosa, iura in sacris (principi luterani) e iura circa sacra (quelli che pretendono di avere i sovrani cattolici), questi si distinguono tra gli interventi volti a difendere chiesa e fede e quelli destinati alla tutela del popolo contro gli abusi del popolo → ingerenza notevole. Tra gli interventi del sovrano abbiamo • lo ius reformandi: diritto di modifica la struttura interna della chiesa nazionale • ius inspicendi: diritto di controllare i rapporti tra le chiese nazionali e Roma per stabilire un argine all'influenza di roma sul proprio territorio • ius advocationis: sovrano cattolica si arroga diritto di reprimere controversie interne alla chiesa, scismi o eresie • ius nominandi: permette al sovrano di concorrere delle persone per gli uffici ecclesiastici fino alla nomina dei vescovi. IUS APPELLATIONIS: garanzia di poter ricorrere al principe contro provvedimenti emessi nei loro confronti dall'autorità ecclesiastica (salto di giurisdizione). Il sovrano poteva concedere libertà di esercizio del culto anche a colore che non erano della confessione dominante. FRANCIA (possibile domanda) fine 1700, precisamente nel 1789 → rivoluzione francese, c'è stata la presa della bastiglia (14 luglio) e poco dopo comincia l'attività riformatrice dei rivoluzionari che mira a colpire l'ancient regime, ossia i privilegi della nobiltà e clero. Il 4 agosto vengono aboliti i diritti feudali e poco dopo è emanata la dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, per la prima volta in europa sancisce dei principi che oggi consideriamo i pilastri della cultura giuridica occidentale. (slide) Art 1: gli uomini nascono e rimangono liberi nei diritti art 10: nessuno può essere molestato per le sue opinioni anche religiose art 11: diritto alla libera comunicazione di pensiero e opinione il 2 novembre viene nazionalizzato il patrimonio ecclesiastico, prima quello del clero poi quello dei religiosi. Avevano diritto di professare la loro fede però vengono privati di tutte le proprietà immobiliare che possedevano. Vengono aboliti gli ordini religiosi e viene vietato di emettere i voti perpetui (contraddizione con principi della dichiarazione). Viene ordinato di leggere e commentare in tutte le parrocchie le decisione dell'assemblea costituente, ci avviamo ad una fase di forte ostilità nei confronti della confessione cattolica che culmina nel 1790 con l'approvazione da parte del governo rivoluzionario della costituzione civile del clero: lo stato decide come deve essere organizzata la chiesa e lo stato che provvede alla divisione e creazione delle diocesi e organizza le elezione dei vescovi e dei parroci. Una volta eletti sono stipendiati dallo Stato. Perché il clero diventa parte dei funzionari pubblici. Ancora nel 1790 si impone il giuramento di fedeltà a questa costituzione, questo determina una frattura nel clero tra quei sacerdoti che accettano di essere guidati dallo Stato e quelli che invece professano la loro fedeltà a roma e all'autorità ecclesiastica: 1. sacerdoti costitutionels 6 2. sacerdoti refracyaires (inizialmente non potevano neanche celebrare la messa, successivamente solo nelle chiese dei scardoti costitutionels) l'ostilità religiosa peggiora ancora, i refrattari cominciano ad essere sospettati di attività antipatriottiche per il loro legame con Roma; se venivano accusate almeno 20 persone e successivamente solo 6 venivano messi al bando e dovevano lasciare la Francia. Vennero chiusi gli ultimi conventi (i pochi rimasti). Viene proibito di portare l'abito ecclesiastico ed è disposto un nuovo ordinamento che sostituisce quello del clero. Chi si rifiuta o viola queste norme viene deportato o ucciso. Nel 1792 vengono trattenuti in carcere circa mille persone solo perché cattoliche e quindi sospettate di attività antipatriottica, in più ci sono gli stermini di massa nella Bande , regione che cercava di rimanere cattolica legata a Roma. Questa è una successione rapidissima, in tutto questo a Parigi viene proclamato il culto per la dea Ragione → ILLUMINISMO (culto dell'essere supremo e nuovo calendario). I pontefici, sia Gregorio XVI che Pio IX, preoccupati che la Francia appoggi l'Italia nel processo di unificazione che comprenda anche lo Stato Pontificio: enciclica Mirari Vos del 1832 e Pio IX con la lettera Quanta cura del 1846 con allegato il Sillabus → (slide) queste sono condanne senza distinguo, cioè senza vedere le cose buone della rivoluzione. Arriviamo all'epoca di NAPOLEONE, ha tutto l'interesse a presentarsi come il restauratore della pace anche religiosa, egli stipula con la santa sede un concordato del 1801 con cui si definisce la cattolica la religione della grande maggioranza dei francesi (non di stato), in più regolamenta la nomina dei vescovi e disciplina la condizione del clero e delle principali istituzione ecclesiastiche (il clero è comunque stipendiato dallo stato → funzionari statali). Questo concordato rimane in vigore per tutto il 1800 ma questo fu un secolo molto agitato per la Francia: pur restando in vigore la politica ecclesiastico passa da una sensibilità religiosa a una di ostilità: 1814 Carlo X fa una restaurazione ma non riesce a eliminare le principali conquiste rivoluzionarie 1830 nasce la monarchia di luglio (fortemente ostile alla chiesa cattolica) 1848-50 si ritorna a un nuovo orientamento conservatore. Abbiamo Napoleone III che ha tutto l'interesse a usare la religione come elemento di coesione del popolo → consolidamento strutturale della chiesa e agevola l'insegnamento religioso in tutte le scuole e consente la congragazione femminile che si occupino di assistenza sanitaria ai poveri. Egli inoltre assume il ruolo di garante del pontefice e raccoglie la sensibilità francese e lo avverte che il processo di unificazione italiana è imminente → più il territorio sarà piccolo più il sovrano sarà grande (cosa che Pio IX non accetta), l'impero crolla e abbiamo l'esperienza della COMUNE, con questa per la prima volta viene decretata la separazione tra stato e chiesa (1871), nel frattempo l'italia si è unificata e Roma presa. Formalmente c'è ancora il concordato di napoleone. Prendono sempre più corpo le posizione separatiste, mai sopite e sempre prevalenti. Anche in Italia alcuni studiosi si accorgono del problema della “mano morta ecclesiastica”. Tutto questo porta al venir meno nei primi anni del 900 del concordato che viene abrogato e alla affermazione della legge di separazione del 1905: ancora oggi in vigore in Francia. Le due regioni della Alsazia e Mosella erano nelle mani della Prussia che aveva vinto la guerra, in virtù di un particolare atteggiamento di benevolenza la Prussia aveva lasciato in vigore qui il concordato del 1801, quando dopo la seconda guerra verranno annesse alla Francia rimarrà il concordato (fanno ancora eccezione oggi rispetto al regime Statale di separazione), quindi ad esempio il clero è ancora stipendiato dallo stato ecc. la legge di separazione (SLIDE) 7 di violare il diritto divino, condanna che porta avanti nel diritto internazionale. Inoltre impedisce ai cattolici italiana di partecipare alla vita politica → non expedit. Sarà la penitenzieria a stabilire che non è conveniente e opportuno per chi volesse seguire le direttiva morali della chiesa intervenire nella vita politica. La formula è un vero e proprio divieto, così chiarito dagli organi istituzionali della chiesa. Divieto che cadrà solo con il concordato del 1929. DIRITTO ECCLESIASTICO 30/10/18 giungiamo a inizio del ventesimo secolo in cui il liberalismo inizia inesorabilmente a declinare. Con il suffragio universale maschile fu introdotto nel 1913, (nel 1946 fu introdotto quello femminile tramite il referendum), ci fu il rischio di perdere le elezioni da parte dei liberali, così decisero di allearsi con le forze cattoliche che dal 1881 non partecipavano alle elezioni politiche perché era stato proibito dal papa (dal 1904 partecipavano alle politiche amministrative locali ma non nazionale). Nel 1913 con il bene placido della santa sede → PATTO GENTILONI, cattolico liberale, che stipulò con i liberali un patto in base al quale i cattolici avrebbero votato quei candidati liberali che si impegnavano a mantenere alcuni punti nella politica parlamentare, 7 punti, settalogo: - non introdurre il divorzio - mantenere l'istruzione religiosa nella scuola pubblica - ecc. per la prima volta sedettero nel parlamento italiano anche 40 cattolici. In questo modo si rompevo l'ostracismo dei cattolici nei confronti dei liberali e nuovamente il movimento cattolico partecipò alla vita politica attiva del paese. Questo riavvicinamento fu ancora più forte dopo la prima guerra mondiale perché: - motivo istituzionale: nel 1918 il papa Benedetto XV abolì il non expedit (prima solo sospeso) - motivo politico: creato un partito politico che si ispirava a ideali cristiani → partito popolare di Don Luigi Sturzo. Partito aperto a tutti gli uomini liberi e forti ma di ispirazione cristiana. Ottenne un buon successo elettorale nelle elezioni politiche del 1919. sedettero in parlamento deputati cattolici in virtù dell'appartenenza al partito popolare. Nel 1923 ottenne ancori più consensi e era considerato l'unico a poter contrastare il partito fascista. In pochi anni il partito fascista divenne partito di maggioranza assoluta eliminando gli altri partiti, tutti gli altri partiti dovevano essere sciolti. Il fascismo sale al potere quindi in maniera apparentemente democratica, però si resero conto di una realtà: originariamente era un partito anticlericale (Mussolini era originariamente direttore dell'Avanti, giornale socialista), poi si resero conto che l'Italia è un paese essenzialmente cattolico (chiesa come elemento di coesione). Nel 1926 l'Italia politicamente non era coeso, Mussolini cercò un accordo con la chiesa, un pactum amicitiae con la santa sede → reciproche concessioni. Iniziano le negoziazioni con la santa sede, i punti fondamentali: - questione romana: dal 1870 la sanata sede reclamava una sua autorità anche territoriale, vi era la legge delle Guarentige che garantiva la indipendenza e l'autonomia della santa sede, ma era pur sempre una legge unilaterale. - libertà della chiesa: regolata anch'essa dal titolo II della legge delle Guarentige. Le trattative iniziarono nel 1926 e si protrassero fino al 1929, quando finalmente (11/02) si giunse a un accordo conciliativo tra stato e chiesa → PATTI LATERANENSI (3 accordi: un trattato, un 10 concordato, una mediazione finanziaria). Così chiamati perché stipulati in S Giovanni in Laterano (cattedrale di Roma). 1. Trattato: fu data una soluzione alla questione romana, venne riconosciuta la sovranità della sanata sede e per tutelarla venne creato lo stato della città del vaticano su un territorio di ridotte dimensione che fino all'epoca la sanata sede deteneva a titolo di possesso (cambia in proprietà). Si crea uno stato patrimoniale (pontefice è sovrano e proprietario). Santa sede (romano pontefice e uffici per il governo della religione universale) e città del vaticano (base territoriale per l'esercizio spirituale dell'autorità della santa sede) sono due entità differenti, sono sovrani diversi. 2. Art 2: Italia riconosce la sovranità della santa sede in campo internazionale … 3. art 3: Italia riconosce alla santa sede la piene proprietà e sovranità … 4. concordato lateranense: viene regolata la situazione giuridica della chiesa cattolica in Italia, regolando specificamente alcuni istituti riconosciuti anche civilmente nell'ordinamento giuridico italiano. Matrimonio religioso acquista effetti civili, nel 1865 l'unico matrimonio riconosciuto era quello civile, mentre adesso lo stato riconosce che a determinate condizioni il matrimonio religioso possa avere efficacia anche civile. 5. Convenzione finanziaria: lo stato si impegnava a risarcire la Chiesa dei danni patrimoniali da essa subita con la debellatio dello stato pontificio. Questi patti lateranensi furono resi esecutivi con legge 27/5/1929 n 810. Legge n 1159 1929 lo stato regolava unilateralmente la situazione delle confessioni religiose diverse dalla cattolica estendendo gli istituti propri del concordato anche alle confessioni religiose diverse da quella cattolica → anche il matrimonio di religione diversa poteva avere effetti civili. Nel 1929 lo stato emanò anche leggi unilaterali per dare migliore esecuzione del concordato in materia patrimoniale (848) e matrimoniale, due leggi che sviluppavano la materia concordataria per quando riguarda il matrimonio e gli enti ecclesiastici, ma erano unilaterali dello stato, ad esempio la legge 847: “disposizione per l'applicazione del concordato nella parte relativa al matrimonio”. DIRITTO ECCLESIASTICO 31/10/18 siamo nel 1929 e i patti lateranensi, che sono tre, vengono stipulati tra stato italiano e chiesa cattolica. Tuttavia i rapporti non era buoni tra stato e chiesa. Il romano pontefice Pio XI emanò un'enciclica nella quale condannava la dottrina fascista per l'ambito educativo, ivi doveva rientrare anche la famiglia e non solo lo stato che dovrebbe intervenire solo in via sussidiaria (enciclica “Non abbiamo bisogno”). Dal 1938 furono emanate le leggi razziali, che diminuivano la capacità giuridica e di agire dei non italiani, concretamente erano contro gli ebrei → forte critica della gerarchia ecclesiastica. Fine seconda guerra mondiale: - viene meno il governo fascista - fu votata la forma di stato nel referendum del 2 giugno 1946 - creata la commissione costituente (in questa uno dei punti principali fu l'analisi delle libertà religiose. Ben 4 articoli riguardano in modo esplicito la libertà religiosa: 7,8,19,20) la libertà religiosa veniva vista come fondamentale, da questa dovrebbero discendere tutte le altre. Cci occupiamo degli articoli 7 e 8 costituzione. Il primo è dedicato ai rapporti con la chiesa cattolica, si afferma in modo esplicito che stato e chiesa sono entrambi sovrani → principio di separazione, ciascuno ha un proprio specifico ambito di competenza, un proprio ordine. Ma le due realtà non si ignorano, per questo ci sono i patti Lateranensi (le due realtà nella vita quotidiana si 11 intersecano in relazioni necessarie). Questi sono l'unico trattato internazionale richiamato in costituzione, il valore giuridico di questo richiamo qual è? Nel primo progetto dell'art 7 non c'era questo richiamo, c'era un richiamo alla regolazione dei rapporti in forma concordataria (principio di bilateralità). Nel corso dei lavori preparatori si ritenne più opportune di introdurre in maniera esplicita il rinvio ai patti lateranensi per tutela maggiormente le relazioni tra stato e chiesa. Prosegue l'art 7 affermando che la revisione dei patti non richiede revisione costituzionale qualora ci sia accordo tra le parti; la dottrina ha molto discusso su questo, il richiamo implica attribuire la legge di attuazione dei patti rango costituzionale? La legge di esecuzione era una legge ordinaria, la corte costituzionale con le sentenze 30 e 31 del 1971 ha affermato che l'art 7 non contiene un rinvio generico al principio concordatario ma contiene un rinvio specifico a un trattato internazionale e in ragione di ciò si afferma che l'art 7 “ha prodotto diritto”, cioè la legge di esecuzione assume una posizione giuridica particolare all'interno della categoria delle fonti del diritto, assume resistenza passiva ad abrogazione pari a quelle costituzionali pur rimanendo ordinaria. Questo vuol dire che non può essere dichiarata la incostituzionalità della legge di esecuzione dei patti lateranensi? Un giudice non può chiedere alla corte che una norma venga dichiarata incostituzionale? Sembrerebbe di no perché il giudizio di legittimità riguarda le leggi ordinarie e il parametro è la costituzione che è pari ordinata alla legge di esecuzione e non superiore. Tuttavia è possibile assumendo come parametro non le norme singole della costituzione ma i principi supremi dell'ordinamento costituzionale, i principi supremi sono quelle norme che costituiscono la matrice delle norme costituzionali che non trovano formalizzazione in una norma ma costituiscono la “costituzione in senso materiale”. Quali sono? - principio di tutela giurisdizionale: art 3 e 24 cost. - principio di laicità dello stato: nella nostra costituzione non è affermato in maniera esplicita come in altre nazioni, tuttavia è vero che si evince da alcune norme come il nostro stato sia laico, senza un fondamento religioso e separato dalle confessioni religiose. (art 7, 8 , 19, 20 ecc). Laicità non significa incomunicabilità ma anzi cooperazione per poter tutelare la libertà religiosa e permettere a tutti di vivere pienamente questo profilo di libertà. - ecc naturalmente l'art 7.2 prevede anche la possibilità di modifica dei patti lateranensi, che si devono evolvere insieme alla società. Ben presto infatti ci rese conto della loro inattualità, perché in Italia era stata introdotta nel frattempo la costituzione rigida (forte novità) e da parte della chiesa la novità fu il concilio vaticano II (concilio ecumenico – il 21esimo- che costituisce una modalità di esercizio solenne di un magistero da parte del concilio episcopale organo secondo al pontefice; introdusse novità con riflessi giuridici specifici per quanto riguarda le relazioni stato chiesa). Questi fecero scricchiolare la normativa dei patti lateranensi, così a partire dal 75 iniziarono le trattative per la modifica a cui si giunse nel 1984 il 18 febbraio. Nuovo accordo modificativo del concordato del '29, si modificava non il trattato e la convenzione ma il solo concordato. È un accordo che in realtà sostituisce in tutto quello vecchio, nell'art 13 si legge che le norme non richiamate dal nuovo accordo sono abrogate. Perché si presenta come revisione e non come sostituzione? Perché la costituzione prevede solo la modifica e non la sostituzione come procedura modificativa, sarebbe stata problematica la tutela costituzionale in caso contrario. Infatti le modifiche furono rese esecutiva con legge ordinaria. Supponiamo che stato e chiesa avessero stipulato un nuovo accordo invece che modificarlo, avrebbe avuto la stessa tutela costituzionale o no? Probabilmente si per vari motivi, un motivo di uguaglianza con le altre religione acattoliche tutelate dall'art 8 cost. (al contrario sarebbe stato violato il principio sostanziale di uguaglianza), poi abbiamo l'art 10 cost per cui ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute tra cui c'è il “pacta sunt servanda” ossia devono essere rispettati patti internazionali come quelli lateranensi (art 10 seppur in maniera indiretta c'è una tutela). Con la legge 121 1985 viene data esecuzione alle modifiche anche se sostanzialmente è un nuovo concordato. Ma questa legge è anch'essa tutelata dall'art 7, ha una particolare forza passiva? Si pari a quelle costituzionali pur essendo legge 12 sentenze (slide): il singolo individuo può manifestare liberamente il credo esercitandone il culto ecc.. (sceglierne una e portarla all'esame - nb) poi in una sentenza contro la Polonia ha chiarito che l'art 9 non protegge tutte le attività, dipende da cosa consistano queste attività, in un'altra sentenza contro Turchia chiarisce che il licenziamento per mancato rispetto dell'orario del lavoro di un agente pubblico che non poteva per religione non è tutelato dall'art 9. ultima sentenza contro la Germania. I vari stati non possono giudicare la legittimità o la validità delle differenti credenze religiose. L'art 9 prevede anche dei limiti all'esercizio dell'attività religiosa tutela di valori ritenuti inderogabili, quali? Ordine pubblico, sanità pubblica, diritti e libertà altrui, morale pubblica. (sono misure necessarie, quando lo sono? La necessità non è arbitraria ma deve essere proporzionata alle esigenze della democrazia e lo stesso concetto di ordine pubblico va inteso in senso stretto). Il pluralismo che caratterizza le società democratiche può giustificare tali limitazione per conciliare interessi di diversi gruppi e garantire il rispetto delle convinzioni di tutti, ad esempio nella sentenza Kokkinkis la Corte Eu aveva affermata che la repressione penale del proselitismo religioso.. (slide). La restrizione deve sottostare a tre condizioni: prevista dalla legge, perseguire fini legittimi, rivelarsi necessaria in una società democratica, ma in ultimo spetta alla corte stessa accertare se le misure si giustificano in concreto e sono proporzionali alla temuta violazione. In alcune pronunce la corte pur riconoscendo il diritto e obbligo degli stati di prendere misure per tutela difesa pubblica, protezione dei diritti ecc. essi hanno un obbligo positivo di offrire a chi ricorre una procedura effettiva ed accessibile. Lo stato deve consentire ai singoli di comprendere se hanno il diritto di usufruire dell'obiezione di coscienza. Le autorità nazionale devono effettuare un giudizio di bilanciamento tra interessi contrapposti dell'individuo e della comunità. DIRITTO ECCLESIASTICO 7/11/18 oggi parliamo dalla costituzione, art 19: libertà religiosa (dovremmo saperlo a memoria). Comprende un ventaglio di facoltà molto ampie, ad esempio il diritto di portare il capo velato oppure: - professare liberamente la propria fede religiosa, sia aderendo a una religione già esistente sia seguendo un indirizzo religioso individuale sia dando vita a nuove credenze - facoltà di non manifestare o professare alcun culto religioso - cambiare le proprie idee in qualunque momento - svolgere attività di propaganda e di proselitismo - facoltà di esercitare il culto: porre in essere comportamenti e partecipare ad associazioni già esistenti c'è ancora la possibilità da parte della pubblica amministrazione di limitare o interdire l'esercizio di un culto, in passato questa discrezionalità è stata molto ampia tanto da includere valutazioni di merito. Negli anni '30 ci sono state varie circolari del ministero dell'interno che nel 35 e nel 39 hanno preso di mira gli appartenenti al culto pentecostale, dal 39 al 40 contro i testimoni geova e contro gli ebrei. La prima circolare “Buffarini Guidi” vietava ogni forma di attività del culto pentecostale perché era risultato che questo culto si estrinsecava in pratica religiose contrarie all'ordine sociale e nocive dell'integrità fisica e psichica della razza. Nel 1939 un'altra circolare sempre del ministero dell'interno definiva i pentecostali una setta con la pretesa di mettere i propri adepti in comunicazione con lo spirito santo perché nelle loro riunioni mentre uno leggeva dei versetti gli altri si abbandonavano a gesti e imprecazioni, con questi riti si suggestionavano a vicenda e ricevevano lo spirito santo fino ad arrivare ad una morbosa modificazione psichica 15 → la costituzione garantiva l'esercizio del culto purché non si tratti di riti contrari all'ordine pubblico e al buon costume, questa formula ricalcava l'art 2 legge 1159 anno 1929, legge sui culti ammessi: ammessi i culti diversi dalla religione cattolica e apostolica purché non professino principi e non professino riti contrari all'ordine pubblico e al buon costume. L'art 19 è diverso. Lo stato laico non dovrebbe avere niente a che fare con i principi di una religiosa perché significa valutare i contenuti di una religione, oggi con la costituzione la PA può verificare solo i riti cioè solo il contrario al buon costume e non i principi. Inoltre è importante la differenza tra ordine pubblico e buon costume, il venir meno del primo è importante a livello temporale: in nome dell'ordine pubblico lo stato può adottare misure preventive per cerimonie / manifestazioni, mentre il buon costume si verifica soltanto sul momento → non permette di vietare forme religiose di cerimonie basandosi sulla discrezionalità. Ci sono diverse definizioni per buon costume: possiamo prendere l'art 21, la corte costituzionale si pronuncia nel 1965 e afferma che il buon costume non può essere fatto coincidere con la morale e coscienza etica per rischio di valutazioni troppe soggettive, per la corte il buon costume risulta da una serie di precetti che impongono un determinato comportamento nella vita sociale, se non vengono osservati si ha una violazione del pudore sessuale (la corte riassume il concetto di buon costume con pudore sessuale). Alcuni autori hanno steso il concetto: esso si intende comprensivo della salvaguardia di tutti quei precetto che scaturiscono dal costume e dalla coscienza sociale degli italiani, cosa comprendono questi precetti? - rispetto persona umana e diritti personalissimi - rispetto per il pubblico (Francia) anche la Cassazione è intervenuta → pronuncia del 1997 in cui ha inteso tale limite nel senso più ampio cioè la risultante della osservanza libera o obbligata di un complesso di leggi soprattutto penali e in genere di quelle regole di condotta che servono per una pacifica convivenza. È prevalsa la visione del buon costume come morale sessuale, oggi dopo l'entrata in vigore della costituzione non è ammissibile che la PA vada a indagare le enunciazioni teoriche o religiose di un culto. Questi sono i limiti espliciti all'esercizio dei riti (art 19) e non al diritto di libertà religiosa. Però ci sono anche dei LIMITI IMPLICITI al diritto di libertà religiosa: rispetto dei diritti e libertà altrui. (ad esempio si pone il problema delle trasfusioni di sangue su minore testimone di Geova, prevale ad oggi il diritto alla vita). Un'altra facoltà prevista dall'art 19 è il DIRITTO DI PROPAGANDA, ha radice nelle restrizioni imposte ai culti non cattolici prima della costituzione (art 2 legge delle Guarentigie disponeva che la discussione sulle materie religiose è libera, così anche l'art 5 della legge sui culti ammessi; ma queste enunciazioni venivano piegate dalla giurisprudenza e PA al clima di favore per la religione cattolica e a sfavore delle altre religioni → 1935 un gesuita impedì a un pastore protestante la vendita di libri di propaganda religiosa costringendo a restituire il prezzo e bruciarli pubblicamente, i giudici in primo grado danno ragione al pastore protestante ma in appello si riconosce al gesuita l'esimente della provocazione discutendo il concetto di propaganda, il principio di libertà religiosa non può istituire causa di gravi disordini → lo stato ha l'obbligo di intervenire per tutela che la libertà religiosa sia contenute nei suoi limiti e non invada quella altrui). LIBERTA' DI CREDERE E NON CREDERE: la tutela dell'ateismo rientra nel 19? ci sono tesi contrapposte. Ci sono due grandi autori del secolo scorso: Ruffini (la libertà religiosa come diritto pubblico soggettivo, questa è la facoltà che spetta all'individuo di credere a quello che più gli piace o non credere a nulla) e D'Avack (in qualunque configurazione il fenomeno ateistico finisce per 16 sempre per risultare collegato con il fenomeno religioso). Oggi la dottrina si interroga se la tutela dell'ateismo sia sotto l'art 19 o 21. la costituzione italiana potrebbe tutelare tale diritto anche sotto l'art 21: più ampia garanzia della libertà di manifestazione del pensiero, tre argomenti: • argomento concettuale: ateismo si presenta e si qualifica come fenomeno diverso e contrapposto alla religione, essendo contrapposto • argomento storico:dal punto di vista storico si è sempre distinto tra ateismo e religione sia in filosofia, in politica e diritto; tutti li hanno distinti • argomento giuridico: la costituzione stessa impedirebbe di accomunare i due fenomeni, dal momento che la formulazione dell'art 19 parla di manifestazioni positive della religione, comprensibile solo se riferiti a quanti coltivano una fede religiosa, contraddittori se riferiti agli atei. L'altra parte della dottrina la pensa al contrario ma porta gli stessi argomenti: • essendo contrapposti sono sempre correlati • si sono sempre fatti la guerra • la disciplina dell'uno ha sempre condizionato la disciplina dell'altro pensiamo alla posizione delle organizzazioni atee: in Italia abbiamo una organizzazione che ha chiesto di avviare le trattative per un'intesa che però gli è stata negata perché non è loro diritto. Le organizzazioni atee sono confessioni religiose (a seconda che si sostenga una tesi o l'altra)? La UAR sta provando da diversi anni a concludere un'intesa altro profilo: LIBERTA' DI COSCIENZA è prima in un certo senso della libertà religiosa, è quella più ampia. Come quella di culto viene in rilievo nel momento in cui si manifesta all'esterno. Nel diritto positivo italiano non sembra si garantisca un diritto alla formazione della coscienza diverso da un diritto di esprimere il proprio pensiero. SIMBOLI RELIGIOSI: il primo problema posto in Italia è il caso del crocifisso di cui si sente molto parlare: l'esposizione di un crocifisso in un luogo pubblico in quanto simbolo religioso lede il principio di laicità (principi supremo del nostro ordinamento)? La giurisprudenza è stata chiamata molte volte: sentenza del consiglio di Stato del 2006 (slide) → è vero che il principio di laicità assume rilevanza giuridica come principio supremo in base agli art 2,3,7,8,19,20, cost ma ritiene che non ci sia contraddizione tra queste norme e esposizione crocifisso perché è un simbolo per veicolare in chiave storica l'origine dei valori di tolleranza, rispetto reciproca, solidarietà umana ecc. principi che emergono dalle stesse norme costituzionali che delineano il principio di laicità. In una sentenza della Grand Chambre della CEDU si è ritenuto non contrario ai principi dell'art 9 della convenzione la decisione italiana di esporre il crocifisso perché l'Italia ha potere discrezionale di decidere in materia in considerazione della ampiezza delle posizioni e sfumature che connotano la laicità nei paesi dell'UE Altro profilo con particolari problemi è quello dell'obiezione di coscienza ad esempio al servizio militare, alla PMA, sperimentazione animale, interruzione gravidanza e sbattezzo. Nei rapporti tra privati, nel diritto di famiglia e diritto del lavoro (slide vari casi). Il semplice passaggio da una religiosa all'altra non può essere motivo di addebito di separazione se però comporta il venir meno e i più elementari doveri di assistenza e collaborazione potrebbe aversi addebito perché vengono meno questi concetti fondamentali nel contesto familiare. La cassazione ribadisce che se ci sono dei comportamenti oggettivamente contrari a doveri e non espressione solo a una personale visione etica e religiosa si può attribuire una separazione. Il problema può porsi anche per l'affidamento della prole. Ci sono poi i rapporti di lavoro, ci sono persone che ad esempio non possono lavorare in determinati giorni ecc. 17 differenziato. L’art 8 non preclude al legislatore di prevedere differenziazioni nel trattamento giuridico, anzi sono insite nel concetto di pluralismo religioso ricavato dallo stesso articolo. Che cosa sono le confessioni religiose? Non abbiamo una definizione unanimemente accettata, - una parte della dottrina ha fatto riferimento sull’elemento quantitativo del gruppo -> confessione religiosa solo in presenza della adesione di un certo numero di aderenti. - Altri hanno fatto riferimento al credere in una entità trascendente; - altri ancora privilegiano l’aspetto sociologico, nel senso che si può definire confessione religiosa quel gruppo che ha finalità religiose secondo la pubblica opinione formatasi nella società italiana, cioè persegue finalità religiose. - Ancora altri privilegiano l’elemento storico: confessione religiosa un gruppo stabilizzato dalla tradizione italiana. - Altri sostengono che si può avere una Confessione religiosa solo con comunità sociale stabili oppure di organizzazione propria, propria filosofia di vita e originale visione del mondo basata sull’esistenza di un essere trascendente. - Infine c’è un ultimo guappo di autori che fa riferimento all’elemento psicologico e dice che la confessione religiosa è l’esito di un processo di auto individuazione del gruppo come tale, sono le stesse a definirsi come confessioni religiose e rendersi autonome . La sentenza costituzionale 95 del 1993, stabilisce che per l’accertamento del carattere religioso di un gruppo non basta che lo stesso si auto qualifica come confessione religiosa ma occorre tenere presenti: - eventuali e precedenti riconoscimenti pubblici - Esistenza di uno statuto che definisca i caratteri - Comune considerazione - criteri che nell’esperienza giuridica vengono utilizzati per distinguere le confessioni religiose da altre organizzazione sociali. La cassazione nel 1997 da la propria definizione: strutture sociali organizzate su modi similari e per finalità coincidenti di individui che professano proprie confessioni religiose. UAAR ha fatto ricorso straordinario al capo dello stato, il consiglio di stato ha riconosciuto l’interesse ad avviare le trattative per un’intesa. Nb non il diritto ad avere un’intesa. Nel 2004 riprova nella stipulazione, questa volt il governo nega l’avvio delle trattative ritenendo che si tratti di trattative politiche, c’è così un ricorso TAR perso nel 2008 -> essendo un atto politico non c’è controllo giurisdizionale. UAAR fa ricorso poi al consiglio di Stato, questo ribalta la sentenza del TAR dicendo che la confessione (religiosa) ha comunque diritto a ottenere l’apertura delle trattative salva la possibilità del governo di stipulare o no l’intesa. Ricorso ex art 111 alla cassazione che respinge il ricorso dicendo che il diniego di aprire le trattative non può essere considerato atto politico. Il presidente del consiglio così ricorre alla corte costituzionale, la quale nella sentenza ritorna alle impostazioni del TAR, sentenza del 2016: avvio delle trattative per un’intesa è un atto politico e come tale insindacabile in sede giurisdizionale. Questa vicenda sembra non voler rispondere alla questione se l’UAAR sia una confessione religiosa o no! L’art 8 ci dice che la libertà viene garantita dal 2 comma: confessioni diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo propri statuti purché non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. Questo è l’unico limite che l’art 8 stabilisce per la libertà organizzativa delle confessioni religiose. Si esclude l’ingerenza statuale nella formazione degli statuti. Con questi le confessioni religiose organizzate (secondo la dottrina) danno vita ad altrettanti ordinamenti giuridici originari e indipendenti dallo stato. Questo è importante perché sicuramente quella della cattolica lo è, ma le altre confessioni religiose lo hanno? Non tutti sono d’accordo. Anche quando lo stato vuole dettare 20 norme che riguardano le altre confessione religiose deve provvedere per legge tramite delle intese - > parallelismo tra art 7.2 e art 8.3. Esempio: confessione senza intesa è quella islamica perché non vengono rispettai alcuni principi fondamentali come l’uguaglianza uomo-donna. Lo stesso il concetto di poligamia o successione ereditaria. Altra questione è quella del matrimonio. L’art 8.3: non dice che i rapporti tra stato e confessioni sono regolati da intese! I rapporti tra le confessioni diverse dalla cattolica e lo stato sono regolati PER LEGGE sulla base di intese. - Le intese sono definite dalla maggior parte della dottrina come meri atti politici, un tesi estrema nega alle intese qualsiasi classificazione giuridica ma solo politica. - Altri ritengono invece che si tratti di condizioni di legittimità costituzionale della legge, presupposto giustificazionale Le intese sono recepite con una legge di approvazione e non di esecuzione come per i trattati internazionali e il concordato. I patti Lateranensi sono recepite con leggi di esecuzione. Invece le intese con legge di approvazione, quindi in teoria il parlamento potrebbe non approvarle e rimandarle al governo. Che tipo di accordi sono quindi? In quale ordine giuridico si pongono, statuale o internazionale? - per colore che ritengono che le confessioni siano ordinamenti autonomi, le intese si porranno nell’ordine giuridico internazionale - Per quelli che considerano le confessioni come formazioni sociali, le intese sono atti di diritto pubblico intento (tesi più accreditata) - Tesi per cui l’intesa non si colloca nè nell’ordinamento italiano né in quello internazionale; si colloca nell’ordinamento dato dall’incontro di quello italiano e quello della confessione -> ordinamento terzo. Chi può stipulare? Le confessioni religiose, potrebbero esserci un’intesa plurima tra più confessioni? Non ci sarebbero opposizioni giuridiche. Per quanto riguarda lo stato è compito del presidente del consiglio che nomina una commissione. Potrebbe succedere di dover stipulare intese con confessioni di un singolo dicastero, allora sarà il singolo ministro a trattare con queste Qual è il contenuto delle intese? Dovrebbero disciplinare le res mistae, quindi a metà con lo stato, ad esempio il matrimonio, enti ecclesiastici, gestione di denaro soprattutto. La prima intesa è stata stipulata nel 1984 con al chiesa Valdese, da allora si parla di intese fotocopie, perché hanno tutte lo stesso contenuto, potrebbero disciplinare qualunque materie per l’ampiezza dei contenuti. La natura giuridica delle intese è quella di atti di diritto pubblico interno, all’interno di questa categoria abbiamo: - assimilate contratti collettivi di lavoro - Atti di diritto interno - Atti di diritto internazionale - Atti di ordinamento dato dall’incontro tra ordinamento italiano e quello della confessione La legge per l’approvazione ha inizio con la presentazione al parlamento dell’intesa, il governo ha questo compito del disegno di legge che deve essere inviato al parlamento; è anche una legge rinforzata rispondendo questa legge ad un atto politico, accordo del governo con confessione, le norme di questa legge non potranno essere abrogate da una legge ordinaria. 21 DIRITTO ECCLESIASTICO 20/11/18 Parliamo dell’art 7 della costituzione: rapporti tra stato italiano e chiesa cattolica. Consta di due commi: 1: stato e chiesa sono indipendenti e sovrani, il riconoscimento della chiesa cattolica come ordinamento giuridico originario. Non è costituito dallo stato italiano ma è un ordinamento pre esistente o comunque a prescindere da quello italiano. Lo stato riconosce che la chiesa cattolica si pone rispetto a se stesso sullo stesso piano. Sono molti i lavori preparatori che conducono a questo articolo. È uno degli articoli più dibattuti. Era stat proposta inizialmente da uno dei padri costituenti una formula più ampia per cui lo stato riconosceva come originari l’ordinamento giuridico internazionali, quelli degli altri stati e l’ordinamento della chiesa. Questa formula voleva equiparare l’ordinamento della chiesa cattolica a quelli degli altri stati. Davanti alla prima sottocommissione il problema dei rapporti tra stato e chiesa furono considerati e messi a fuoco quando si trattò di definire l’ordinamento della chiesa alla apri di quello degli altri stati. Anche qui ci furono varie proposte: - Togliatti propose di modificare così: stato è indipendente e sovrano nei confronti di ogni organizzazione religiose, riconosce la sovranità della chiesa cattolica nei limiti dell’ordinamento giuridico della stessa, i rapporti sono regolati int termini concordatari (3 commi: 1) indipendenza e sovranità verso organizzazioni religiose e ecclesiastiche, sarebbe significato mettere tutte le organizzazioni religiose sullo stesso piano, ma nei limiti dell’ordinamento della stessa). Ma questa non fu accolta - On. Duttini, la repubblica riconosce la sovranità della chiesa cattolica nella sfera dell’ordinamento giuridico di essa, i patti Lateranensi attualmente in vigore sono riconosciuti come base dei rapporti tra la chiesa e lo stato. Queste hanno in comune il fatto che vengano i citati i patti lateranensi ma soprattutto il mettere sullo stesso piano i rapporti internazionali con altri stati e il rapporto con la chiesa cattolica -> era chiaro ai costituiti che la chiesa cattolica andasse trattata cime ordinamento giuridico primario al apri degli altri stati. Trattato e concordato sono veri accordi di diritto internazionale, cosa che non sono le intese, questo emerge dall’art 7 ma anche dagli stessi lavori preparatori (di tutte le parti politiche) 2: ci sono state discussioni. l’On. Duttini aveva proposto di inserire “i loro rapporti sono regolati dai patti lateranensi”, ma già in sede costituite c’erano perplessità perché dire ciò significa inserire in un testo costituzionale i patti lateranensi, e questo li rende difficili da modificare. Dossetti disse che non si doveva parlare di costituzionalizzazione perché in realtà il secondo comma andava a tutti gli effetti considerato una norma sulle fonti. Togliatti aveva proposto di scrivere “rapporti stato chiesa sono regolati in termini concordatari” (più generico). l’On. Lucifero propose di scrivere che qualunque modifica bilateralmente accettata non richiederà procedimento di revisione costituzionale ma normale procedura di ratifica (e così è stato). Ecco come nasce l’art 7. Questa norma significa cosa? 1 comma: lo stato riconosce l’originalità dell’ordinamento canonico, quindi il primo comma esclude la subordinazione dello stato alla chiesa e viceversa. Regime di parità. Inoltre affronta il problema della competenza delle competenze: ciascuno del proprio ordine sono indipendenti e sovrani. A questi due ordini non sono sempre separati, ci sono. Materie che interessano entrambi: materie miste. A chi tocca la competenza su queste materie? 22 stato con le varie confessioni religiose, approva i disegni di legge che poi devono essere presentati in parlamento che riguardano autorizzazione alla ratifica e esecuzione di accordi con la santa sede o intese con altre confessioni religiose. Parliamo di esecuzione perchè le intese non sono accordi di diritto internazionale. Determina indirizzo politico in materia ecclesiastica. Ha competenze in materia amministrativa quando viene chiesto il parere dal ministro dell’interno. - Ministero dell’interno: organo dell’amministrazione centrale con competenza generale in materia ecclesiastica che si porta dietro dal 1932 (c’era ancora lo stato fascista, sottolineano che in tutti i periodo di regno che si presuppone di varie buoni rapporti con confessione per utilizzarla, le competenze sono affidate al ministero a cui fa capo anche la polizia e pa per un maggiore controllo) a livello periferico saranno le prefetture, la competenze per le questioni religiose la domanda si porta in prefettura e poi arriva al ministero dell’interno. Anche qui troviamo una direzione centrale degli affari dei culti, non un ufficio come in Francia, la quale si occupa di tutta la materia concernente enti cattolici e di altre confessioni. Comprende anche vigilanza e tutela su enti delle confessioni ancora disciplinate dalla normativa del 1929 e 1930 (legge su culti ammessi), approvazione della nomina dei ministri di culto delle confessioni della legge sui culti ammessi (ad esempio anche in caso di matrimonio con culti senza intesa). La direzione fino al 31 dicembre 1986 ha amministrato tre fondi, di immobili: fondo per il culto, fondo di religione e beneficienza a Roma e fondo dei patrimoni riuniti ex economia nonché di religione delle nuove province. A decorrere dal 1987 questi tre sono stati un rificcato nel FEC (fondo edifici di culto) succede in tutti i rapporti attivi e passivi ai precedenti tre fondi. Che cosa avevano questi fondi? C’erano tutti quegli immobili con tutti gli accessori e tutte le pertinenze che lo stato aveva incamerato con le leggi eversive della seconda metà dell’800. I proventi di questo fondo sono destinati al perseguimento dei fini del fondo, immobili importanti a che richiedono anche molta manutenzione, ad esempio la chiesa di S Maurizio a Roma crollata da poco, avrà un costo ingente che lo stato dovrà sostenere per la ristrutturazione. I proventi quindi sono destinati al perseguimento dei fini del fondo e implementati dallo stato con contributo annuo che nel 1987 era di 3,5 miliardi di lire, ora ha avuto le necessarie rivalutazioni. Tra le proprietà ci sono la basilica di S Francesco di Paolo a Napoli, chiesa annessa all’ex palazzo reale di Milano ecc. tali edifici continuano ad essere a disposizione degli enti ecclesiastici. Il FEC dal punto di vista giuridico è una persona giuridica pubblica il cui legale rappresentate è il ministro dell’interno, e viene amministrata dal ministero attraverso la “direzione centrale per l’amministrazione del fondo edifici di culto” (altro ufficio), ovviamente in sede provinciale saranno i prefetti a provvedere all’ordinaria amministrazione. Il ministro degli interno è coadiuvato da un consiglio di 9 membri tra cui il presidente, direttore centrale della direzione centrale e altri due componenti + un componente designato dal ministero delle infrastrutture, infine un membro del ministero dei beni culturali e tre membri scelti dalla CEI. Di solito durano in carica 4 anni e non possono confermati più di una volta. La Spagna ha un sistema di gestione dei rapporti con confessioni molto simile al nostro, la competenza è del ministero della giustizia. Paesi ancora confessionali: Danimarca, il re è anche il capo della chiesa danese, c’è un ministero che si occupa solo dei culti. Una situazione simile è quella della Grecia dove troviamo la chiesa ortodossa, le competenze sono diverse però da quelle della Danimarca e sono presso il ministero degli estri in parte. 25 DIRITTO ECCLESIASTICO 27/11/18 Art 20 costituzione Libertà religiosa dal punto di vista collettivo, tutela gli enti delle professioni religiose. Non possono essere causa di restrizioni. Questa norma costituisce una specificazione del principio di uguaglianza, gli enti religiosi (ideologicamente caratterizzati dall’appartenenza religiosa) non possono essere trattati diversamente dagli enti comuni. Perché c’è stata questa necessità? Questa libertà sarebbe tutelata da altre norme come l’art 3, o anche all’art 18 che prevede in maniera esplicita la libertà di associarsi. Il motivo della specificazione è essenzialmente di garanzia e storico perché nel 1800 furono emanate una serie di leggi (dal 1848) che avevano come finalità il controllo della capacità giuridica e di agire in particolare modo degli enti religiosi (disposizioni legislative che menavano sia la capacità giuridica che di agire degli enti ecclesiastici), la legge del 55 prevedeva che tutti gli acquisti di questi enti fossero sottoposti a controllo statale (le uniche garantite erano gli acquisti di beni mobili a titolo oneroso), quindi un ente ecclesiastico non aveva libertà negoziale ma c’era bisogno di un’autorizzazione governativa. (questa legge è rimasta in vigore fino al 1997) Per quanto riguarda la capacità giuridica degli enti stessi abbiamo ancora leggi cosiddette eversive dell’asse ecclesiastico, cioè che scioglievano numerosi enti ecclesiastici, gli ordini religiosi, per incamerarne i beni per finanziare attività come le guerre risorgimentale. Quindi sino al concordato del ’29 furono sciolti numerosi enti ecclesiastici come corporazione per incamerarne i beni e di fatto pochissime congregazioni religiose poterono mantenere la loro personalità giuridica all’intero dell’ordinamento italiano. Inserire l’art 20 significa quindi porre una norma a garanzia per non creare disposizioni legislative che riproducano le leggi della seconda metà del 1800. Tutt’ora lo stato è proprietario di tantissimi beni una volta appartenuti a enti religiosi. L’art 20 quindi costituisce la norma quadro che disciplina la materia degli enti religiosi. La materia degli enti è disciplinata da numerose norme, norme che regolano enti cattolici e quelli di confessioni religiose diverse dalla cattolica; queste ultime sono per lo più fotocopiate o ricalcate sulla base delle prime. Legge 121/1985 contempla un articolo specifico su enti ecclesiastici, art 7: la Rep. italiana richiamandosi al principio dell’art 20 afferma che il carattere ecclesiastico non può essere causa di discriminazioni (..). Legge 222/1985 ha reso esecutivo in Italia un accordo o meglio un protocollo su enti e beni ecclesiastici stipulato tra chiesa cattolica e stato italiano. L’art 7 di questa legge nel par. 6 prevede che la disciplina non sia regolata nel suo dettaglio nel nuovo concordato ma da un successivo accordo frutto di un lavoro della commissione paritetica stato italiano - santa sede. Questo accordo del 1984 fu poi reso esecutivo con la legge 222/1985 “disposizioni su enti e beni ecclesiastici in Italia e sostentamento clero cattolico nelle diocesi”. Per enti religiosi diversi dalla cattolica abbiamo una disciplina più variegata: - enti di confessioni senza intese con lo stato: disciplina prevista dalla legge 1159/1929 (legge sui culti ammessi) - Enti di confessioni con intesa con lo stato: regime proprio previsto dall’intesa con lo stato approvata mediante legge. 26 Analizziamo ora la disciplina dei beni degli enti ecclesiastici, che hanno un regime giuridico molto specifico. Enti che sorgono nell’ordinamento della chiesa ma al contempo ottime piena capacità giuridica e di agire anche nell’ordinamento italiano. Ha una doppia natura: religiosa e civile. Quindi abbiamo una disciplina che tiene presente questa doppia natura e inoltre il fatto che l’ente agisca nel nostro ordinamento non può snaturare le caratteristiche religiose dell’ente stesso. -> equilibrio normativo. Ente ecclesiastico è una categoria particolare, non è l’ente di diritto privato ma neanche di diritto pubblico, è un ente con alcune caratteristiche peculiari tutte sue. Come vengono istituiti e riconosciuti dall’ordinamento italiano? Ci sono diverse modalità di riconoscimento, che possiamo definire: - decreto - Legge: modalità meno comune, la legge stessa attribuisce personalità giuridica e civile con l’entrata in vigore di determinate norme. Ad esempio l’art19 dell’intesa con avventisti prevede il riconoscimento (L 516/1988). - Antico possesso di stato: modalità meno comune, molti enti ecclesiastici mantennero la personalità giuridica anche durante il 1800 (non furono soppressi tutti). Lo stato afferma che possono essere persone giuridiche anche gli enti che pur in assenza di un decreto formale di riconoscimento tuttavia sono sempre stati considerati soggetti dell’ordinamento giuridico stesso e soprattutto non abbiano perso la soggettività giuridica sotto le leggi eversive del 1800. Es art 7.2 della legge 121/1985 si afferma che lo stato italiano per enti ecclesiastici già in possesso di personalità si limiterà a riconoscerli. Sta all’ente ecclesiastica provare la sua piena soggettività all’interno dell’ordinamento, ad esempio dimostrando la sua attività negoziale o di aver pagato alcuni canoni ecc. DIRITTO ECCLESIASTICO 28/11/18 La santa sede e lo stato città del Vaticano. Il trattato del Laterano ha risolto la questione romana creando questo stato, all’art 26 l’Italia riconosce questo stato sotto la sovranità del romano pontefice. Al riconoscimento da parte dell’Italia della santa sede corrispondeva il riconoscimento da parte della santa sede del regno d’Italia sotto la dinastia di casa Savoia e accettava l’annessione di Roma appunto al regno. La santa sede affermava il superamento della questione determinata dopo la Breccia di Porta Pia del 1870 e allo stesso tempo riconosceva di aver ritrovato quelle garanzie di libertà e indipendenza sovrana che i pontefici avevano sempre avuto nella gestione del loro potere temporale e che lamentavano di aver perso nel 1870 pur garantendo loro la legge delle Guarentigie la massima libertà, ma il problema era un altro: di fatto non cambia molto tra questa legge e il trattato del Laterano (i confini sono gli stessi), ciò che cambia è che la legge delle guarentigie fosse una legge unilaterale dello stato italiano che concedeva al pontefice questi privilegi invece con il trattato stato e chiesa pattuiscono con accordo internazionale tale situazione. La creazione del nuovo stato non comporta quindi alcuna innovazione neppure per quanto riguarda la santa sede in nessun ambito giuridico, perché questa resta del tutto autonoma rispetto allo stato che doveva assicurarne l’assoluta e visibile indipendenza. I patti sono stipulati dalla Santa sede e dall’Italia dunque la santa sede è ed è rimasta soggetto di diritto internazionale ma ora ha anche uno stato cui appoggiarsi; è quindi la santa sede artefice della creazione dello stato-città del vaticano perché questa si accorda con trattato con lo stato italiano. Quindi santa sede e stato città sono distinti. Questa situazione è evidente anche nell’ambito della comunità internazionale. Dopo la debellato Pio IX e successori trattengono raccordi diplomatici con molti stati; anche l’Italia aveva riconosciuto questa funzione interazione del pontefice e l’attività 27 DIRITTO ECCLESIASTICO 4/12/18 Riconoscimento degli enti. Art 4 legge 222: riconoscimento civile di un ente già esistente. La modalità più comune è quella tramite DECRETO; la legge di esecuzione 222 come pure anche l’art 7 legge 121/85 prevede che la competenza sia propria del presidente della repubblica. Tuttavia nel 2000 la legge 13 ha rimodulato le competenze del presidente della repubblica e concretamente tra le competenze non c’è quella del riconoscimento degli enti ecclesiastici. Il ministro che prima era proponente il decreto diventa anche decidente (ministro dell’interno). Con la legge 13/2000 il ministro dell’interno da proponente diventa decidente. In realtà questa soluzione si imbatte in un problema di fonti del diritto: la legge 222 come la 121 sono leggi pari ordinate alle leggi costituzionali e come tali non possono essere modificate da una legge ordinaria, la legge 13/2000. Teoricamente la competenza rimane per il riconoscimento ancora al presidente della repubblica. Nella concretezza la competenza però è passata al ministro dell’interno perché lo stato italiano e la chiesa cattolica si sono accordati in via diplomatica nel 2007 perché la competenza transiti dal presidente della repubblica al ministro degli interni. Un problema simile si pone per l’intervento del consiglio di stato, la legge 222 prevede che il riconoscimento della personalità giuridica dell’ente religioso debba essere preceduto da un parere al consiglio di stato; ebbene tale parere obbligatorio non è vincolante. Tuttavia nel 1997 è intervenuta una legge (217) che anch’essa rimodulava i casi in cui il parere doveva essere fornito, tra questi casi non è più contemplato quello del riconoscimento degli enti ecclesiastici. Si ripropone lo stesso problema di prima: la legge 217 non ha la forza attiva a derogare una legge che ha lo stesso valore di un legge costituzionale. Anche in questo caso si è giunti a un accordo diplomatica tra stato italiano e santa sede quindi il parere formalmente è obbligatorio ma in via diplomatica si sono accordati perché il parere non sia più obbligatorio ma facoltativo. Autorità amministrative: la legge 13/2000 prevede in questo caso un cambio di competenza, o meglio la competenza è del ministro dell’interno e parere facoltativo del consiglio di stato. Ma prevede che se l’autorità decidente intende discostarsi dal parere del consiglio di stato può farlo però la competenza transita dal ministro al presidente del consiglio -> atto di responsabilità di tutto l’esecutivo. Quali sono i requisiti per riconoscimento? vi sono elementi comuni a tutti enti ecclesiastici e altri che la legge prevede ad alcune tipologie, quelli comuni sono: 1) sede in italia 2) Costituito o approvato dall’autorità ecclesiastica competente 3) Stessa autorità richieda il riconoscimento civile dell’ente o che sia autorizzato dall’autorità ecclesiastica 4) Ente abbia un fine essenziale e costruttivo di culto e di religione. 1) sede in Italia: non è detto che debba avere solo sede in Italia, ma almeno una fisica nel nostro paese e che svolga in modo principale attività di culto e religione. 30 DIRITTO ECCLESIASTICO 5/12/18 Requisiti che devono dimostrare di possedere a norma di legge gli enti ecclesiastici per essere riconosciuti come enti ecclesiastici civilmente riconosciuti. Con questa definizione completa identifichiamo una tipologia di enti all’interno di un contesto un po confuso a seguito della recente riforma del terzo settore (dl 117 2017) che introduce gli enti religiosi civilmente riconosciuti (diversa categoria). Faremo riferimento agli enti cattolici perché (non perché le intese ex art 8 non prevedano forme di riconoscimento di enti appartenenti ad altre religioni) la percentuale di enti cattolici presenti in Italia è circa di (2013) ? Quali sono questi requisiti? 4 generali + alcuni speciali per alcune categorie di enti. Innanzitutto la fonte normativa nella quale troviamo sono l’accordo di revisione concordataria (art7.2) e poi la legge 222 del 1985. Precisazione: questi requisiti che troviamo in queste fonti sono gli unici requisiti richiesti ad un ente canonico che intenda accedere al riconoscimento civile. Nei primi anni dalla normativa pattizia un certo orientamento del consiglio di stato sosteneva che oltre questi requisiti gli enti che chiedevano i riconoscimento dovevano possedere anche i requisiti generali previsti dal codice civile per tutte le persone giuridiche private (atto costitutivo doveva avere la forma dell’atto pubblico). Questo portò a uno scontro con la santa sede che si è risolto nella stipula di un’intesa tecnico interpretativa del 30/4/1997 (commissione paritetica con i due rappresentanti) -> principio di esclusività dei requisiti previsti dalla disciplina pattizia. Si è sancita la non applicabilità delle “norme dettate dal cc in tema di costituzione, struttura e amministrazione degli enti private”; dietro c’è un ragionamento interessante: parliamo di un riconoscimento per cui servono alcuni requisiti della normativa pattizia, richiedere altri requisiti generali significherebbe arrivare a imporre una vera e propria rifondazione dell’ente nell’ordinamento civile. Il prefetto che istruisce la pratica e il decreto ministeriale dovranno solo verificare la sussistenza dei requisiti pattizi. 1) elezione o approvazione dell’ente da parte dell’autorità ecclesiastica (caratteristiche essenziali per essere riconosciuto è quella del collegamento tra ente e autorità ecclesiastica competente, collegamento a norma dell’ordinamento canonico). Dal punto di vista giuridico sicuramente sono enti eletti o approvati quelli che abbiano ottenuto nell’ordinamento canonico la personalità giuridica. Nell’ordinamento canonico oltre alle norme sulla elezione, abbiamo le norme sulla approvazione degli enti prive di personalità giuridica, ci sono poi alcune norme specifiche che impediscono a un ente canonico che non sia persona giuridica essere riconosciuto agli effetti civili (norme regolamentari). Per le associazioni per esempio la stessa 222 dice che possono essere riconosciuti come enti ecclesiastici solo le associazioni pubbliche di fedeli (associazioni elette in persona in giuridica dall’autorità ecclesiastica). Si afferma poi che comunque è conveniente che solo le persone giuridiche pubbliche nell’ordinamento canonico siano riconosciute come enti ecclesiastici in quello civile. Primo requisito di “eletti e approvati” significa che l’ente che fa domanda deve essere una persona giuridica pubblica nell’ordinamento canonico (anche se astrattamente sembrerebbe più ampio). 2) Assenso dell’autorità ecclesiastica al riconoscimento civile dell’ente (cosa ben diversa): la domanda di riconoscimento deve essere introdotta dall’autorità ecclesiastica stessa oppure con i suo assenso scritto. Questo fa capire che non è mil sin solo ente che gode di un diritto al riconoscimento ma è l’ente come porzione e articolazione dall’autorità ecclesiale. L’assenzo serve anche a manifestare all’autorità governativa qual è l’autorità ecclesiastica da cui dipende quel determinato ente che chiede di essere riconosciuto. 3) Sede in Italia: mentre i primi due requisiti erano funzionali ad esprimere il principio del collegamento tra ente e chiesa. Questo serve a garantire la nazionalità dell’ente. Per gli enti 31 della chiesa cattolica con sede in altri stati vale il principio generale di diritto privato (218/1995 art 25) per cui gli enti pubblici o privati sono disciplinate dalla legge dello stato nel cui territorio è stato conclusa la costituzione, contemperato dal principio secondo cui si applica la legge in italiana se la sede dell’amministrazione è in Italia o se l’Italia è l’oggetto principale di tali enti. 4) Fine di religione o di culto: deve perseguire in modo costitutivo ed essenziale un fine di religione o di culto. Questo non è un fine esclusivo, la 222 ci dice che tale fine può essere accompagnato ad altre finalità di carattere caritativo. È difficile dire cosa significhi di per sé tale espressione. Questo ha fatto si che la commissione del 1984 incaricata di redigere l’intesa, ha cercato di dargli un contenuto concreto: fine di un ente deve essere accertato di volta in volta Ion conformità alle disposizioni dell’art 16 legge 222. Qui troviamo due elenchi di attività: alla lettera a) un evento tassativo di attività di religione e di culto, alla lettera b) elenco esemplificativo di possibili attività diverse da quelle di religione e di culto. Il legislatore quindi introduce il criterio della cd effettività operando un collegamento tra finalità e attività. Ha fine di religione e di culto quell’ente che effettivamente svolge tali attività tra quelle individuate dall’art 16 lettera a. Così vengono escluse possibilità di auto-qualificazione. Fino all’accordo di revisione concordataria non c’era questo filtro. Il requisito non solo propriamente il fine, ma quell’attività di cui art 16 devono costituire la causa di esistenza dell’ente. Nota: ci sono molti enti che rimangono fuori da quelle attività ma sono comunque tipici dall’attività della chiesa. Questi rimangono esclusi dal riconoscimento. Questo potrebbe essere limitativo per la missione della chiesa però quelle attività sono frutto di un accordo bilaterale. Come si determina? Caso per caso, questo è il principio generale. Bisogna allegare la prova di qual è o sarà l’attività costituiva ed essenziale dell’ente, l’ufficio territoriale di governo può richiedere una integrazione ma non può imporre modifiche di attività. In alcuni casi il fine di religione o culto si presume e non ha bisogno di prova, questo vale per tre categorie di enti (sono dispensate solo dalla prova non dal requisito stesso): - enti che fanno parte della costituzione gerarchia della chiesa (parrocchie e diocesi). Una interpretazione ha inserito anche le prelature perdonali (tipologia particolare di ente) - Istituti religiosi (ordini ecc), si sa che hanno determinati scopi e determinate attività. In realtà è stato poi interpretato in senso più ampio come “istituti di vita consacrata” che comprende anche istituiti secolari non tradizionali ecc - Seminari, La commissione che poi arrivò all’intesa, ha preventivamente stilato una relazione sui principi per arrivare al testo definito, linee guida in cui si diceva che il riconoscimento consegue ad un atto amministrativo discrezionale. Cosa significa? Innanzitutto tale atto di riconoscimento è un atto amministrativo dichiarativo (rimane esclusa qualsiasi valutazione sul merito del riconoscimento), inoltre cosa significa discrezionale? Lo spazio di discrezionalità sta nell’ultimo requisito che abbiamo visto, cioè nel valutare se l’attività che quell’ente svolge è riconducibile alla lettera a) art 16 legge 222, secondo aspetto di valutazione è sul fatto che l’attività sia l’impegno principale dell’ente. Ci sono poi dei requisiti speciali, che non si sostituiscono ma si aggiungono a quelli visti. - Istituiti religiosi e le società di vita apostolica: si richiede la sede principale in Italia (non è sufficiente una sede in Italia ma quella principale) oppure devono sviluppare, nel caso in cui abbiano sede principale all’estero, la propria attività in via esclusiva o primaria. - Province degli istituti religiosi (articolazione territoriale di un istituto religioso), queste devono svolgere la propria attività limitatamente al territorio dello stato o a terre di missione, e inoltre essere rappresentate da un cittadino italiano avente domicilio in Italia. 32 DIRITTO ECCLESIASTICO 12/12/18 Enti ecclesiastici delle confessioni diverse dalla cattolica. Facciamo una distinzione tra enti delle confessioni che hanno stipulato una intesa con lo stato italiano e gli enti che questa intesa non l’hanno stipulata. La normativa di questi ultimi la troviamo nella legge 1159 del 1929, cd legge sui culti ammessi. Vigeva il regime fascista il che significa un regime che prevede particolare e penetranti controlli su questi enti -> art 2 legge 1159: questi enti possono ottenere il riconoscimento giuridico della personalità giuridica con decreto del presidente della repubblica sentito il consiglio di stato e il consiglio dei ministri. È evidente da questa norma formulata in un momento storico in cui queste confessioni religiose sono viste con. Grande sfavore dal potere politico -> normativa che accentua la discrezionalità del riconoscimento giuridico. Il parere del consiglio di stato è obbligatorio e anche del consiglio dei ministri, che può dare una valutazione solo politica. Questa norma fino agli anni ’40 ha costituito un limite insormontabile: gli enti ecclesiastici delle confessioni diverse dalla cattolica hanno cominciato ad ottenere il riconoscimento solo dopo la promulgazione della costituzione. Fino a quel periodo il controllo era talmente rigido che non venivano presentate neanche domande. Questa questione dovrebbe essere attualizzata ai nostri giorni. Una volta avuti i requisiti, il parere del consiglio dei ministri non dovrebbe essere contrario perché entra in gioco l libertà religiosa. Qual è il procedimento allora? Simile a quello degli enti cattolici: Qualsiasi interessato con la rappresentanza può presentare una domanda diretta al ministro dell’interno tramite il prefetto competente per territorio, alla domanda deve allegare lo statuto dal quale devono risultare: lo scopo, mezzi economici, organi di amministrazione, norme di funzionamento. Questi enti sono esenti dalla registrazione però questo non incide sulla validità degli atti che dovessero compiere nell’ordinamento italiano. In questo caso andremo a guardare non nel registro delle persone giuridiche ma il decreto ministeriale di riconoscimento; questo vale per enti con sede in Italia, diversamente per gli enti creati all’estero. Il legislatore del 29 effettivamente guardava questi enti con molto sospetto, quindi le norme del 1929 e del regolamento del 1930 che segue, prevedono che enti di confessioni diverse sono soggetti come enti pubblici alla vigilanza e alla tutela governativa che è esercitata dal ministro dell’interno attraverso la direzione centrale degli affari di culto. La vigilanza è molto ampia, ci sono norme speciali e possono essere previste anche nel decreto di riconoscimento che può stabilire ad esempio che il rappresentante dell’ente sia cittadino italiano. La vigilanza include anche la facoltà di ordinare visite e ispezioni a carico degli stessi. Inoltre in caso di irregolarità nel funzionamento, il ministro dell’interno può sciogliere l’ente e destituire l’amministratore e nominare un commissario governativo quanto meno per la gestione temporanea. In qualunque tempo può an che menare un decreto per emanare la nullità di questi atti. Dopo il 1948 con l’art 20 dobbiamo operare un bilanciamento a questa normativa, questi poteri di controllo sotto questo profilo pongono qualche problema di illegittimità costituzionale. Diversa è la normativa per enti che abbiano stipulato una intesa per il governo italiano. Non si applicano le norme della legge 1159. - Dobbiamo considerare gli enti delle chiese Valdesi e metodiste. Le norme della intesa prevedono che lo stato riconoscere la personalità giuridica degli enti facenti capo a queste chiese quando sia richiesta dalla Tavola valdese allegando una delibera del Sinodo, con cui l’ente stato istituito nell’ordinamento valdese. Ente deve avere finalità di culto di istruzione beneficenza * (differenza con enti cattolici, questi hanno finalità solo di culto e religione). Nel riconoscimento di questi enti l’amministrazione non ha particolare potere discrezionale eroe la delibera del sinodo è sufficiente a dar titolo al riconoscimento, dunque il governo dve solo verificare il carattere ecclesiastico e finalità. Enti valdesi son i primi ad essere riconosciuti tramite intesa dopo quelli 35 cattolici, per cui è con questi enti che iil termine ecclesiastico inizia a non riferirsi più solo alla cattolica. Dopo il riconoscimento nonché nessuna ingerenza da parte del potere pubblico. La personalità giuridica viene meno o per iniziativa della tavola valdese che li sopprime oppure se muta il fine (fine congiunto*). Nel caso in cui il sinodo revochi il provvedimento di elezione, deve essere notificato al ministro dell’interno e comporta la estinzione e la devoluzione del patrimonio secondo quanto stabilito dalla delibera del sinodo. - Enti delle chiese avventiste, assemblee nei dio in Italia (adi), ucedi e chiesa luterana. Iniziamo dalle chiese avventiste: riconosciuti come persone giuridiche in quanto abbiano un fine di religione o di culto, il riconoscimento avviene con decreto del mistico dell’interno che può sentire il parere del consiglio di Stato. Una volta ottenuto il riconoscimento questi enti diventano in Italia enti ecclesiastici avventisti civilmente riconosciuti con obbligo di iscriversi nel registro delle persone giuridiche. Ogni mutamento del patrimonio acquisterà efficacia in Italia sempre con la stessa procedura. Se gli enti si estinguono i beni vengono devoluti in base alle deliberazione dell’unione delle chiese avventiste. Essenzialmente anche le altre associazioni hanno lo stesso procedimento, ma qualche particolarità hanno invece gli enti ebraici perché la legge che ha approvato l’intesa con l’unione delle comunità ebraiche ha riconosciuto la personalità giuridica delle comunità ebraiche in Italia e dell’unione delle comunità ebraiche. Sono quelle all’art 18 il quale prende che eventuali nuove comunità possono ottenere il riconoscimento della personalità giuridica secondo il sistema ordinario del decreto emesso dal ministro dell’interno sentito il consiglio di stato. Chi deve prese stare la domanda? La comunità interessata e assieme l’unione delle comunità. Le comunità ebraiche e l’unione delle comunità ebraiche nella disciplina precedente all’intesa (1930 e 1931) erano persone giuridiche pubbliche, veri e propri enti pubblici dotati di pubblici poteri che tenevano l’anagrafe degli ebrei presenti nel territorio della comunità e imponevano anche il contributo. Enti pubblici anche perché sottoposti alla vigilanza e alla tutela dello stato. Una conseguenza era che il rapporto delle comunità e dell’unione con i rispettivi dipendenti era considerato un rapporto di pubblico impiego quindi in caso di controversia interveniva il TAR. La legge 101 1989 ha approvato l’intesa con l’unione delle comunità ebraiche e ha previste le comunità e l’unione di queste di conservare la personalità giuridica ma non hanno più questi poteri pubblici e sono cessate la vigilanza e tutela dello stato dunque non sono più enti pubblici ma non sono neppure enti privati come quelli disciplinati dal libro I del cc. Art 18 legge 101 comunità ebraiche sono istituzioni tradizionali dell’ebraismo italiano e formazioni sociali originarie che provvedono al soddisfacimento delle esigenze religiose degli ebrei, promuovono la cultura ebraiche, tutela interessi collettivi e contribuiscono all’assistenza degli appartenenti alle comunità stesse. Sono una istituzione sui generis. Anche il rapporto con i dipendenti non è più un rapporto di pubblico impiego, ma c’è una eccezione: norma transitoria: nulla è innovata quando al regime giuridico e previdenziale di questi rapporti di lavoro in atto al momento dell’approvazione della legge 101. Quindi i rapporti cominciati prima de 1989 restano di pubblico impiego, quelli dopo sono invece disciplinati dal diritto privato e tutte le norme che riguardano il rapporto di lavoro privato. Giudicherà delle controversie quindi il giudice del lavoro. Altre istituzioni e altri enti ebraici possono ottenere il riconoscimento sempre con quel procedimento. Decreto del ministro dell’interno, domande del rappresentante dell’ente e parere facoltativo del consiglio di stato. Devono avere l’approvazione della comunità competente per territorio e della unione e fine di religione o di culto specificato dalla legge. Gli enti riconosciuti sono enti ebraici civilmente riconosciuti e per il mutamento e per l’estinzione valgono sempre le stesse norme. - Ci sono poi norme per enti religiose delle intese che sono state stipulate dopo il 1993 (buddhisti, testimoni di Geova) disciplina ricalcata su quella della disciplina cattolica e nessuna comunque prevede il riconoscimento di un ente essenziale della confessione stipulante. 36 Qual è la situazione giuridica di enti con personalità giuridica riconosciuta in un altro ordinamento dove hanno sede ? Sono dotati personalità giuridica e hanno diritto di godere dello stesso trattamento giuridico che l’ordinamento italiano riserva alle persone giuridiche nazionali se la personalità giuridica è stata a loro riconosciuta dallo stato dove hanno perfezionato la propria costituzione. Quale legge si applica? Si applica la legge 218 del 1995 cioè più precisamente sono applicate le norme dell’ordinamento italiano se la sede dell’amministrazione è in Italia oppure se il principale oggetto sociale è in Italia (legge di riforma del DIP). La personalità è riconosciuta dal diritto italiano anche quando ci sono convenzioni internazionali che lo prevedono. I requisiti per avere capacita giuridica e di agire piena in Italia: personalità giuridica riconosciuta all’estero e conformità dei fini e attività all’ordine pubblico. Il ministero dell’interno ritiene di dover svolgere accertamenti preventivi in alcuni casi però la dottrina ritengono che questi non siano corretti, quindi questa prassi è criticabile. DIRITTO ECCLESIASTICO 5/2/19 Sistema di relazioni tra stato e chiesa in Europa. Sistema concordatario Italia e Spagna Dal punto di vista teorico per cui abbiamo un rapporto di collaborazione tra stato e confessioni religiose, perciò lo stato normalmente sarà laico, mantenendo equidistanza da tutte le confessioni religiose però istaura dei rapporti di collaborazione con le confessioni maggiormente presenti sul suo territorio. Si chiama concordatario perché i concordati sono il primo esempio di accordi tra uno stato e una chiesa. Sistema separatista Francia e Belgio In questo caso presuppone una netta separazione tra lo stato e tutte le confessioni religiose, lo stato considera il fenomeno religioso come una questione privato degli stessi cittadini. Lo stato per quanto può si disinteressa e cittadini devono gestire nella loro sfera privata Sistema confessionista Danimarca protestante e Grecia ortodossa. In cui lo stato attribuisce ad una confessione religiosa il ruolo di confessione di stato il che implica una scelta da parte dello stato di favore per quella confessione religiosa. Ad esempio l’Inghilterra, la regina è anche capo della chiesa anglicana -> trattamento diverso tra la confessione di stato e le altre religioni. Oggi il sistema inglese si sta spostando verso il pluralismo. Il sistema di relazioni ha anche un risvolto amministrativo: amministrazione dei culti, a prescindere dal tipo di rapporto che lo stato ha con le confezioni religiose, sta l’importanza del fenomeno religioso all’interno di ogni stato, nell’amministrazione degli stati moderni c’è sempre un settore che è dedicato alla gestione del fenomeno religioso. Abbiamo già incontrato l’amministrazione dei culti: parte della pubblica amministrazione, quegli organi della pa cui viene affidata una sfera di attribuzioni che riguardano la tutela specifica dell’interesse religioso (quando abbiamo parlato della Francia) Espressine nasce infatti nella Francia del 1800 ad indicare quel settore della amministrazione dello stato che (periodo concordato napoleonico) si occupa dei problemi, rivendicazioni, esigenze dei 37 costituzione era scritto il principio di separazione tra stato e chiesa interpretato in modo che portava l’emarginazione della religione negazione del significato sociale della chiesa. Altra caratteristiche di questo periodo è che erano in vigore norme stati riguardanti le nomine su uffici ecclesiastici, lo stato pretendeva di avere influenza sulle nomine ecclesiastiche. Le prime conseguenza della legislazione del 1989 sono - la ripresa dei rapporti diplomatici con la santa sede - Reinserimento dell’insegnamento di religione nelle scuole pubbliche nel 1990 (questo non è riservato alla sola religione cattolica, seconda la costituzione può essere insegnata ogni religione di ogni confessione con lo stato giuridico regolato e questo significa che è stat emanata una legge tra stato e confessione e poi che c’è un registro delle confessioni religiose dove sono iscritte ora 166 confessioni religiose) - Avviamento del processo di regolazione individuale della situazione giuridica delle singole confessioni religiose (attualmente 15). Pi emanate diverse leggi sui rapporti con lo stato di diverse confessioni religiose. Questa pratica di regolare i rapporti attraverso una legge speciale esisteva già prima della seconda guerra anzi la costituzione del 1931 prendeva delle leggi previe intese con le confessioni interessate, modello anche per la costituzione del 1987. Le religioni con leggi speciali sono diverse quindi, (slide). Alcune non sono conosciute in Italia. Concordato tra la santa sede e la repubblica di Polonia Firmato nel 1993 du ratificato nel 1998. Il primo concordato fu del 1925. La ratifica venne più tardi per motivi politici, subito dopo la firma in conseguenza delle lezioni parlamentari cambiò la maggioranza e il governo che passò ai gruppi di sinistra che erano contrari al concordato anche se non in modo esplicito. Le novità principali introdotte, quella più importante è il matrimonio concordatario, prima quello civilmente valido era solo quello civile, adesso dopo il concordato è possibile dare validità anche al matrimonio religioso. In conseguenza della modifica del codice della famiglia questa soluzione è stata estesa a diverse altre confessioni religiose. Passiamo alle norme della costituzione, iniziamo dal preambolo. Questo fu molto discusso durante i lavori sulla costituzione, dopo fu anche molto criticato soprattutto perché usa nazione polacca è stata divisa tra i credenti e quelli che non condividono la fede, ma poi si sottolinea uguali diritti e doveri di tutti verso il bene comune e si sottolinea l’importanza della cultura cattolica nella società polacca. I principi fondamentali sono: - libertà di coscienza e di religione - Uguaglianza diritti di tutte le chiese - Imparzialità poteri pubblici - Autonomia e indipendenza reciproca con lo stato - Collaborazione - Principio pattizio La caratteristica generale è che la Polonia è inclusa nei paesi che realizzano il modello di cooperazione con le religione in cui la distinzione degli ordini è collegata con principio di cooperazione reciproca e diversi accordi con lo stato. Quindi il modello polacco è abbastanza simile a quello italiano, tedesco e spagnolo, è diverso invece dalla Grecia e anche da quello francese. La laicità dello stato: sentenza corte costituzionale molto importante 2 dicembre 2009 da confrontare con la sentenza italiana 1989 n 203 (laicità dello stato). Diversamente la corte polacca si esprime in modo diverso: dice che a riguardo del paese democratico la descrizione dello stato laico non è necessaria anzi può essere ingannevole. Perché? Non ha senso riverirsi a uno stato laico perché bisogna riferirsi solo a ciò che è espressamente scritto nella costituzione. 40 PRINCIPIO DI LIBERTA DI COSCIENZA E RELIGIONE Art 53 comma 1 e 2 dedicato a questo, notiamo molto similitudine con l’art 9.1 CEDU. Nella costituzione polacca però viene garantita la libertà di coscienza e religione e non anche quello di pensiero: non significa che la libertà di pensiero non è garantita, lo è ma in un altro contesto. Nella costituzione polacca abbiamo garanzie particolare che riguardano il possesso dei luoghi di culto e l’edilizia sacra. Art 53.5: la libertà di manifestazione è simile all’art 9.2 CEDU, limitata solo per mezzo della legge e solo per sicurezza statale. Queste norme sono punti di riferimento in due importanti sentenze della corte polacca: 1 conformità costituzionale del divieto della macellazione rituale di animale, non è una cosa chiara, sarebbe secondo la corte non conforme alla costituzione polacca perché questa pratica non è manifestazione di una religione 2 conformità obiezione di coscienza dei medici, prima dell’intervento della corte la legge garantiva questo diritto però includeva anche un elenco degli obblighi dei medici obiettori (indicare un altro medico a cui rivolgersi). La corte ha deciso che questa norma non è conforme a costituzione perché limita in modo ingiustificato la libertà di coscienza del medico. Questo diritto discende dalla libertà di coscienza e religione dunque per limitarlo si devono verificare le condizioni che sono indicate nella costituzione polacca e nella convenzione europea. La limitazione non solo non è proporzionale ma non è utile perché il medico obiettore viene costretto comunque a partecipare alla prestazione a cui non vorrebbe partecipare e non dovrebbe spettare a lui indicare un altro medico. In Polonia non esiste nessun divieto o obbligo di avere crocifissi o singoli nelle scuole o uffici pubblici, tuttavia è permessa anche se nella gran parte delle scuole il crocifisso è presente. Il crocifisso è anche appeso nella parete della camera dei deputati. Questo è stato contestato recentemente da un gruppo parlamentare anti clericale. La corte d’appello di Varsavia ha deciso che in questo caso non c’è nessuna violazione della libertà religiosa negativa perché non viene leso il diritto di non esseri costretti a partecipare ad atti di culto. Principio pattizio: simile a quello italiano. Art 25.5 simile a art 8.3 cost italiana. Tutti e due prevedono che i rapporti tra stato confessione non cattolica possano essere definite da leggi su base di accordi in Polonia e intese in Italia, conclusi tra consiglio dei ministri e i rappresentanti. Il principio pattizio riguarda anche la chiesa cattolica (art 25.4). Altra similitudine è che la costituzione su questi accordi ha più di 20 anni ma non è stata emanata alcuna legge che si riferisca a questo disposto (in Italia dopo quasi 40 anni). Il matrimonio Italia: matrimonio concordatario + possibilità del significato civile delle sentenze dei tribunali ecclesiastici Germania: matrimoni religiosi non sono civilmente validi Polonia: rincrescimento degli effetti civili ma separazione competenze dei tribunali statali ed ecclesiastici. Finanziamento Italia: 8x1000 Germania: imposta ecclesiastica aggiuntiva Polonia: non esiste nessuna delle due, offerte libere. 41 DIRITTO ECCLESIASTICO 12/02/19 IL MATRIMONIO Il matrimonio sino alla rivoluzione francese era quello religioso, non c’era matrimonio civile. Fu introdotto paradossalmente come fatto episodico nel 16esimo secolo in Olanda per salvaguardare la libertà di religione. Con la riforma protestante si disgrega la unita religiosa europea, quindi il matrimonio canonico adesso con la disgregazione politica si segue il principio cuius regio eius et religio. La religione ufficiale era calvinista e il riconoscimento lo otteneva solo quello calvinista. Così in Inghilterra dopo lo scisma ad opera di Enrico VIII l’unico riconosciuto era quello della chiesa anglicana. In Italia solo quello cattolico. L’Olanda era un paese ufficialmente calvinista seppur con la presenza di cattolici, quindi moltissimi cittadini cattolici pur sposati con il rito canonico non era riconosciuti dallo stato. C’erano molte minoranze che non potevano avere figli legittimi e quindi non potevano ereditare, così anche tra i coniugi. Il governo olandese prese la decisione rivoluzionaria di istituire un matrimonio civile, non in contraddizione alla religione ma per permettere alle persone di confessioni religiose diverse rispetto alla calvinista di poter essere considerati marito e moglie dallo stato. La chiesa cattolica considerò addirittura valido questo matrimonio civile per l’ordinamento canonico. La santa sede considerò questa forma come una straordinaria di matrimonio canonico (non c’era bisogno di sposarsi due volte). Siamo intorno al 1575. Questo però rimane un episodio isolato che non si ripetè in altri paesi. La situazione si modificò con la rivoluzione francese, in Francia fu introdotto il matrimonio civile obbligatorio con la costituzione del 1792 (la legge non considera il matrimonio se non come mero contratto civile, non viene riconosciuto nessun effetto al matrimonio religioso). Questa stato di diritto trova anche una sua formulazione del codice civile napoleone del 1804: nel primo libro troviamo gli stessi principi (il matrimonio è il più santo ma pur sempre un contratto civile). Cosa accadde? Un fenomeno abbastanza strano, nel 1815 con il congresso di Vienna si giunse alla restaurazione: i sovrani tentarono di stabilire la situazione politica pre-napoleonica. Tentativo ideologico di scardinare i principi introdotti da napoleone nell’ordinamento europeo. Il codice napoleone tuttavia costituì la falsa riga di molti altri codici, come quello dell’Italia pre unitaria. Ma con una eccezione: il matrimonio, in Italia questo era riconosciuto come valido solo se religioso e cattolico. eccezione: nel territorio lombardo era stato riconosciuto anche il matrimonio ebraico, perché l’impero austro ungarico conteneva moltissime comunità di ebrei che l’imperatore tendeva a tollerare come pieni cittadini dell’impero concedendo loro anche il diritto di sposarsi con il rito ebraico. La situazione si modifica radicalmente con l’entrata in vigore del codice civile del 1865, questo prevedeva che l’unico matrimonio riconosciuta valido dallo stato era quello civile (matrimonio civile obbligatorio) ferma restando la validità dei matrimoni religiosi celebrati in precedenza e fermo restando che le parti erano comunque libere di sposassi anche secondo il rito della loro confessione religiosa. Addirittura in Francia è tuttora previsto l’obbligo di sposarsi prima civilmente poi religiosamente, pena una sanzione detentiva (norma quasi disapplicata), così anche in Germania. Questa situazione si protrasse fino al concordato del 1929, con questo il matrimonio civile tornò ad essere un istituto facoltativo, nel senso che le parti per poter accedere allo status di coniugati civile potevano sposarsi con rito civile oppure secondo rito cattolico (sacerdote redige atto di matrimonio che trasmette agli ufficiali di stato civile che veniva trascino nei registri). 42 liceitatem il compimento del 18 anno, vuol dire che il matrimonio rimane valido anche se minori. Cosa succede se le parti chiedano l’autorizzazione alla trascrizione senza consenso del giudice? Se decorre un anno dalla trascrizione senza che nessuno lo abbia impugnato questo non può essere più impugnato -> trascrizione tardiva. Vediamo il procedimento di trascrizione: Come nel diritto dello stato il matrimonio nasce per volontà dei coniugi perciò l’ufficiale è solo un testimone, l’ordinamento civile prevede che il ministro di culto che presenta il matrimonio sia anch’esso un mero testimone. I ministri sono i due coniugi, il sacerdote è un mero testimone qualificato che verifiche la volontà nuziale dei due coniugi. Il ministro di culto pur non essendo una testimone costitutivo, tuttavia esercita un’importante funzione per lo stato come un pubblico ufficiale di fatto. Innanzitutto dopo la celebrazione il parroco o chi delegato da lui spiegherà ai due coniugi le norme del coniugi cucile riguardanti diritti e doveri del matrimonio. Una volta celebrato il matrimonio il ministro di culto redigerà in doppio originale l’atto dl matrimonio che trasmetterà all’ufficiale di stato civile. Questo è un atto pubblico che quindi fa verità fino a querela di falso. Nell’atto di matrimonio possono essere inserite anche dichiarazioni consentite secondo il diritto civile quali: - prima era prevista il riconoscimento della legittimità del figlio pre matrimonio - Regime patrimoniale della famiglia (regime generale legale della comunione dei beni oppure regime di separazione dei beni da dichiararsi in modo espresso) - Legge 218/1995 legge di diritto internazionale privato che prevede che qualora uno dei coniugi sia straniero le parti possono optare per il regime patrimoniale del coniuge straniero che viene csì interamente riconosciuto dallo stato italiano. Quindi dopo la trasmissione della copia dell’atto all’ufficiale civile che deve avvenire entro 5 giorni dalla celebrazione, l’ufficiale di stato civile entro 24h dal ricevimento deve comunicare trascrizione dandone notizia al parroco. Questi termini non sono perentori, soprattutto l’ufficiale civile stesso travalica il termine o non comunica affatto. Una volta che il matrimonio è trascritto quello acquista effetti civili in modo retroattivo cioè dal momento della celebrazione. con la trascrizione il procedimento amministrativo è completato. Le due parti risultano coniugato tanto per la chiesa quanto per lo stato. Trascrizione tardiva: celebrato un matrimonio per il diritto canonico di cui le parti non abbiano chiesto il riconoscimento civile, il caso più comune è quello di chi si sposa in maggiore età che per non rinunciare alla pensione dei coniugi deceduti si sposano solo nell’ordinamento canonico. In questo caso le parti possono chiedere una trascrizione tardiva del matrimonio canonico già celebrato per far si che assuma effetti anche civili. Ci sono alcune condizioni giuridiche: - le parti abbiano mantenuto ininterrottamente lo stato libero dalla celebrazione fino al momento della richiesta di trascrizione (cioè nel frattempo non devono risultare coniugate) perché in modo continuo? Perché la trascrizione produce effetti retroattivi, perché se non fosse ininterrotto necessariamente ci sarebbe un momento in cui risulterebbe bigamo. - Salvaguardati i diritti dei terzi, è evidente che le eventuali alienazioni avvenuto senza l’autorizzazioni sono comunque valide ma nel momento in cui si conclude l’atto le parti non risultavano sposate -> non ci può essere pregiudizio dei diritti legittimamente acquisiti da terzi (messi in pericolo dalla sopravvenuta comunione dei beni tra i coniugi) Le pubblicazioni non si chiamano così ma avvisi (nella casa comunale), ma hanno la stessa funzione. 45 DIRITTO ECCLESIASTICO 19/02/19 Matrimoni canonici non previsti dall’accordo Ci sono oltre ai casi degli impedimenti civili che impediscono la trascrizione, ci sono dei casi in cui il matrimonio canonico non può essere trascritto in conformità all’accordo del 18 febbraio del 84 recepito con legge 121 del 1985. La prima è quella del matrimonio segreto, il di8ritto canonico oltre alla forma ordinaria che è quella a cui fa riferimento art 8 accordo, prevede forme speciali di celebrazione, che non sempre permettono di qualificarlo come matrimonio trascrivibile: 1) matrimonio segreto o di coscienza: è consentita dall’autorità ecclesiastica quando ci sono gravi e urgenti ragioni che sconsigliano alle parti di rendere manifesta la celebrazione. In questo caso il matrimonio è celebrato davanti al parroco e ai due testimoni e tutti sono tenuti al segreto, ne viene a conoscenza solo il Vescovo. Tale matrimonio non è documentato non nel registro parrocchiale ma in uno conservato nell’archivio segreto del vescovo. Perché non può essere trascritto? Perché destinato alla segretezza, queste nozze sono dunque incompatibili con la scelta che legittima la trascrizione e non è neppure possibile una trascrizione tardiva perché sarebbe una trascrizione futura in un epoca incerta e indeterminata. Bisogna tenere distinto questo matrimonio dal matrimonio celebrato canonicamente nella forma ordinaria non trascritto tempestivamente per un accordo delle parti con l’autorità ecclesiastica. Possono esserci casi in cui il matrimonio non viene trascritto (pensione a vedovi, eredità ecc). La segretezza può essere perpetua o venir meno quando vengon meno le ragioni che hanno determinato la richiesta di matrimonio segreto. 2) Matrimonio in periculo mortis: imminente pericolo di vita per una delle parti, celebrato davanti al parroco. Questo matrimonio è dubbio che sia trascriviate perché incompatibile con esso l’effettuazione della trascrizione tempestiva. Se però la celebrazione fosse stata accompagnata da adempimenti previsti da art 8.1 sarebbe possibile la trascrizione tardiva che presuppone il concorde consenso tra le parti nel richiedere l’atto. La norma parla di consenso o comunque non opposizione dell’altra parte, la corte di cassazione la interpreta come consenso attuale delle parti ed ecco perché oggi non viene ammessa la trascrizione tardiva post mortem. 3) Matrimonio davanti ai soli testimoni: non è trascrivibile, in questo caso viene celebrato senza il ministro di culto, possibile perché i ministri sono gli stessi sposi. Regola già prevista da accordo del 29, legge matrimoniale 847, e non è cambiata. Il potere di certificazione nel matrimonio concordatario al ministro del culto se questo non sussiste non può certificare per l’ordinamento italiano l’avvenuto matrimonio. 4) Matrimonio celebrato all’estero: procedimento previsto dall’art 8 vale solo per il territorio italiano perché il concordato è stipulata tra Italia e santa sede. La disciplina del concordato (1984) vale solo sul territorio italiano. I matrimoni canonici celebrati all’estero, in Francia o Polonia, non sono trascrivibili an orma dell’art 8.1 revisione, ne è pensabile che possano essere trascritti all’estero dai consoli italiani perché non sono abilitati a tale funzione. Non è trascrivibile in Italia come matrimonio concordatario ma in qualche altro modo? 1) matrimonio celebrato in paese che riconosce effetti al matrimonio religioso: non può essere trascritto come matrimonio concordatario, può essere trascritto in Italia come matrimonio civile in base alle nomale regole di diritto internazionale privato (DIP), se la legge del paese straniero riconosce il matrimonio canonico come forma valida per vincolo coniugale questa sarà valido anche nel nostro ordinamento ma non secondo le norme concordatarie ma secondo quelle del diritto internazionale privato, ha il carattere probatorio dell’atto di matrimonio civile e in quanto tale c’è la giurisdizione dei tribunali ecclesiastici in Italia (ad esempio per la richiesta di nullità del matrimonio)? Si perché il diritto canonico è universale e sovranazionale, ma la sentenza di 46 nullità ad esempio deve essere riconosciuta dal paese estero e non dall’Italia perché qui sono riconosciute solo le sentenze dei matrimoni concordatari italiani (nb). I giudici però talvolta hanno ritenuto di seguire una tesi “compositiva”: se il matrimonio canonico celebrato all’estero in un paese che riconosce effetti civli al matrimonio religioso, il matrimonio è automaticamente efficace in Italia in quanto matrimonio civile a norme delle disposizioni del diritto internazionale privato; quando è celebrato in un paese che non riconosce efficacia civile allora può essere riconosciuto secondo le norme di origine concordataria (paradosso). 5) Matrimonio concordatario degli stranieri in Italia: possono celebrare in Italia un matrimonio canonico destinato a produrre effetti civili a seguito della trascrizione, sia nel caso di due stranieri sia nel caso in cui solo uno dei due sia straniero. Per sapere se quello straniero può trascrivere il matrimonio si deve guardare il base alle regole del dip alla sua legge del paese di provenienza. Valgono però in ogni caso gli impedimenti per interdizione di infermità di mente, parentela in linea retta e collaterale fino al secondo grado, affinità in linea retta, adozione, delitto e lutto vedovile (profilo di ordine pubblico). 6) Matrimonio per procura: sia in Italia sia l’ordinamento anonimo prevedo questo, quando è possibile trascrivere? Quando ricorrono le circostanze previste anche dal codice civile, quindi si gratti di militari o persone forze armate che per ragioni di servizio in tempo di guerra lo decidono, o quando uno degli sposi si trovi all’estero e ricorrano gravi motivi. Per la trascrizione non basta la procura prevista dal delitto canonico, vanno seguite anche le formalità del diritto civile, quindi rilascio della procura per atto pubblico ( art 111 cc) e che le parti abbiano ottenuto l’autorizzazione del tribunale che è stato chiamato a decidere sulla sussistenza dei gravi motivi. DIRITTO ECCLESIASTICO 5/03 Matrimonio davanti a ministri delle confessioni diverse dalla cattolica. Con il concordato del 29 si riconoscono effetti civile, poi il legislatore provvede ad agevolare in qualche modo gli appartenenti alle confessioni religiose di minoranza con la legge 1159 del 1929. La cd. Legge sui culti ammessi. Dobbiamo sottolineare una differenza importante tra il matrimonio concordatario e quello celebrato davanti a ministri di culto delle confessioni acattoliche. Sia per quelli disciplinati dalla legge 1159 sia per quello celebrato da confessioni con intesa con lo stato. Il matrimonio concordatario è quello canonico riconosciuto agli effetti civili questo significa che il matrimonio nasce in un ordinamento altro e la sua validità viene disciplinata anche da un ordinamento altro. Il matrimonio delle confessioni diverse dalla cattolica è invece matrimonio civile a tutti gli effetti celebrato però secondo il rito della confessione. Quindi di particolare qui abbiamo la forma della celebrazione ma il matrimonio è civile che significa che la giurisdizione su questo matrimonio pe rutti gli aspetti è del giudice italiano. La legge 1159: cosa devono fare due musulmani ad esempio? (L’islam non ha un intesa) 1) scelgono un ministro di culto la cui nomina sia stata approvata dal ministero dell’interno, questa approvazione è un requisito di validità del matrimonio perché la legge 1159 ci dice che nessun effetto civile (art 3) può essere riconosciuto se celebrato da un ministro di auto se la sua nomina non abbia ottenuto l’approvazione, inoltre il ministro di culto approvato deve avere la cittadinanza Italiana e parlare la lingua italiana. 2) Ancora i ministri devono osservare le altre disposizioni previste dalla legge: le parti nel richiedere la pubblicazione all’ufficiale civile competente devono dichiarare l’intenzione di 47 DIRITTO ECCLESIASTICO 12/03/19 MATRIMONIO CONCORDATARIO Doppia giurisdizione, sia il giudice italiano che quello canonico possono intervenire. A differenza dei matrimoni celebrati secondo i riti delle confessioni diverse dalla cattolica, nascono e restano matrimoni civili a tutti gli effetti con sola giurisdizione del giudice italiano. Un primo ambito di azione di cui dobbiamo tenere conto è quello delle controversie sulla trascrizione, anche questa può avere vizi ed essere impugnata: il giudice competente è quello italiano (trascrizione è quel procedimento grazie al quale il matrimonio canonico acquista effetti civili). In quali caso viene meno la trascrizione? - divorzio: viene meno ex nunc, quindi dal momento in cui viene sancita la cessazione degli effetti civili di quel matrimonio concordatario (diverso da cessazione degli effetti civili del matrimonio, il matrimonio religioso non può essere sciolto con il divorzio, quindi abbiamo cessazione degli effetti civili quando il matrimonio è concordatario. Il che significa anche che il matrimonio canonico in caso di divorzio resta valido fino a quando non intervenga una sentenza di nullità del matrimonio). - Se invece abbiamo un vizio nella trascrizione, e dopo averla impugnata ne chiediamo l’annullamento, questa viene meno ex tunc, cioè dal momento della celebrazione del matrimonio. La legge matrimoniale 847 del 1929 prevede (ancora in vigore nonostante l'accordo di revisione concordatario) la facoltà di impugnare la trascrizione tre ipotesi all’art 16: 1) quando il matrimonio è stato trascritto in presenza di uno degli impedimenti inderogabili previsti prima dall’accordo del 29, ora da quello del 1984 2) Trascrizione tardiva ma senza il consenso di entrambe le parti 3) Quando l’iniziativa del procedimento di trascrizione è stat presa allorché una delle parti era incapace di intendere e di volere oppure il suo consenso era viziata da una di quelle cause che determinano la nullità del matrimonio civile L’effetto è la cancellazione di quel matrimonio dai registri di stato civile. Un altro procedimento di cui abbiamo parlato è quello della rettificazione della trascrizione, quando sia stato trascritto come concordatario un matrimonio canonico non previsto dall’accordo, ad esempio in riferimento a matrimoni celebrati all’estero (in un paese con sistema concordatario oppure in paese che non prevede il riconoscimento del matrimonio religioso), se viene erroneamente trascritto come matrimonio concordatario non si procede all’annullamento della trascrizione ma alla rettificazione della trascrizione. Altra sfera di competenza del giudice italiano è quella della separazione dei coniugi, in Italia infatti bisogna recarsi dal giudice italiano. Il codice di diritto canonico prevede la separazione (e non il divorzio) ma non è stata prevista come modalità di separazione né nel concordato del 1929 né nell’accordo di modificazione del 1984. L’art 8 dell’accordo 1984 (= art 34 accordo del 1929) parla solo del riconoscimento delle sentenza di nullità e non di quelle di separazione. L’accordo del 29 parlava anche di provvedimenti di dispensa del matrimonio rato e non consumato (corte costituzionale ha dichiarato inammissibile però il riconoscimento, visto che era un procedimento amministrativo che non garantiva il diritto di difesa). Nonostante questo però dopo il 1984 un paio di sentenze (una della corte d’appello di Torino) avevano delibato un provvedimento di annullamento rato e non consumato. Se i coniugi vogliono chiedere al giudice ecclesiastico la separazione possono farlo ma quella separazione non è riconoscibile in Italia. 50 Terzo ambito di competenza del giudice italiano è quello del divorzio che non è mai scioglimento ma è cessazione degli effetti civili, sono infatti riservate le cause di cui all’art 2 della legge 898 del 1979: legge sul divorzio. Il matrimonio canonico se nasce invalido può essere dichiarato nullo a prescindere da quando si chieda questa nullità, non si prescrive. Una volta che due hanno contratto matrimonio invalido sono riusciti ad ottenere la dichiarazione di nullità dal tribunale ecclesiastico possono anche risposarsi in chiesa. Potrebbero continuare ad essere sposati però per l’ordinamento civile (i due giudizi sono paralleli nel senso che i coniugi normalmente chiedono la separazione in Italia anche perché è uno dei documenti che viene chiesto per introdurre la causa di nullità del matrimonio, ma se i coniugi chiedono la separazione in Italia e poi la nullità del matrimonio ecclesiastico potrebbe verificarsi l’ipotesi che abbiano ottenuto la nullità nell’ordinamento canonico ma risultino ancora sposati per l’Italia). Si deve procedere con la delibazione della sentenza di competenza del giudice italiano che riconosce la sentenza di nullità ecclesiastica, come? Con un procedimento in corte d’appello, la disciplina della delibazione è prevista dal comma 2 art 8 accordo 1984 (sostituisce art 34 del 1929): le sentenze di nullità di matrimonio pronunciate da tribunali ecclesiastici che siano munite del decreto.. (slide). Sentenze di nullità del matrimonio pronunciate dai tribunali ecclesiastici (questa è la premessa); in Italia il sistema dei tribunali ecclesiastici era in vigore dal 1938, erano previsti 18 tribunali regionali e 9 di appello. Nell’ordinamento canonico non c’è divisione dei poteri quindi il giudice è il vescovo, dopo la riforma del 2015 di papa Francesco è stat introdotta un secondo rito per ottenere la nullità di matrimonio in presenza di determinati presupposti (rito più breve, processo brevior). Questo si conclude con la sentenza del vescovo e allora ecco che parte della dottrina appena è stata introdotta questa riforma ha sostenuto che queste sentenze emesse dal vescovo non potessero essere riconosciute in Italia perché l’accordo del 1984 parla di tribunali ecclesiastici. Invece le corti di appello per quelle poche sentenze fino a oggi non hanno fatto alcun problema, anzi è risultato che siano più facili delle altre da riconoscere. Seconda questione riguarda le sentenze dei tribunali ecclesiastici, una sentenza deve raggiungere il giudicato per raggiungere una stabilità. Nell’ordinamento canonico le sentenze sullo stato delle persone non passano mai in giudicato, quindi cime vengono riconosciute? Devono essere munite del decreto di esecutività, provvedimento che da stabilità alla sentenza di nullità matrimoniale che di per se non passa mai in giudicato perché è una sentenza sullo stato delle persone (chiunque un domani può introdurre una nova causa propositio e chiedere accertamento validità del matrimonio, e può quella sentenza che dichiara la validità del matrimonio essere riconosciuta in Italia? Solo le sentenze di nullità vengono riconosciute quindi non si può chiedere il riconoscimento della sentenza di validità.). Per le sentenze si richiede il decreto di esecutività, fino alla riforma si dovevano avere due sentenze conformi (dichiarato nullo da un tribunale e la sentenza di nullità confermata dal tribunale superiore competente), dopo la riforma non c’è più questo passaggio, se si ottiene la nullità del matrimonio e nessuno appella contro questa sentenza (termine di 15 gg) c’è la possibilità di andare direttamente alla segnatura apostolica a chiedere il decreto di esecutività. La giurisprudenza italiana ha introdotto un decreto esecutorio (se nessuno appella entro 15 gg il tribunale emette un decreto esecutorio). Sentenza di nullità -> 15 gg -> decreto esecutorio -> per riconoscimento in Italia si va in Signatura a chiedere il decreto di esecutività da presentare alla corte di appello. 51 DIRITTO ECCLESIASTICO 19/03/19 Procedimento di riconoscimento di una sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale: Emanata dal tribunale ecclesiastico che dichiara che quel matrimonio è nullo e chiede di essere riconosciuta in Italia. Art 8.2 accordo 1984 (slide). Su domanda delle parti o di una di esse: le parti possono sia concordemente chiedere la delibazione presso la competente corte di appello, sia anche una sola di esse può procedere; in questo caso deve procedere con rito ordinario che significa che deve notificare l’atto di citazione alla controparte dopodiché verrà fissata un udienza dal giudice e l’attore deve preoccuparsi che la parte convenuta sia a conoscenza dell’udienza. Se le parti sono concordi possono chiedere un ricorso congiunto in corte di appello. La competenza è geografica e la corte competente sarà quella nel cui circondario è stato celebrato il matrimonio. L’efficacia della sentenza di nullità viene dichiarata dalla corte d’appello con sentenza e non decreto. Quali sono gli accertamenti demandati alla corte di appello? L’art 8 enumera tre tipi di accertamento: 1) giudice ecclesiastico era il giudice competente a conoscere della causa in quanto il matrimonio sia concordatario. Quindi il primo accertamento è che il matrimonio sia un matrimonio canonico trascritto norma dell’art 8.1 dell’accordo del 1984 2) Nel procedimento avanti ai tribunali ecclesiastici è stato assicurato alle parti il diritto di agire e di resistere in giudizio in modo non difforme dai principi fondamentali dell’ordinamento italiano (principio del contraddittorio), cioè che sia stato rispettato il diritto di difesa. Quest’ultima norma è stat introdotto dalla corte costituzionale, sentenza n 18 del 1982. Il diritto di difesa è rispettato quando il convenuto è stato regolarmente citato a comparire e quando siano stati rispettati i termini in modo che sia in gradi di espletare la propria difesa (ferma restando la eventuale volontaria contumacia). La corte d’appello normalmente vede solo la sentenza, quindi i pochi atti che possono essere dati alle parti sono solo la sentenza e da qui la corte d’appello deve verificare se c’è stata violazione del diritto di difesa; chi l’ha subito (normalmente la parte convenuta) ha l’onere di dimostrarlo e non sempre è facile: caso famoso nel 2001 arrivata alla corte edu (sentenza Pellegrini v. Italia), la corte ha affermato che la fine di riconoscere l’efficacia civile di una sentenza ecclesiastica il giudice italiano deve accertare che sia stato garantito il diritto al contraddittorio e ha condannato l’Italia perché così non era stato nel caso di specie. Si trattava di un processo canonico documentale la arte convenuta era stata citata ma non informata dettagliatamente della domanda di dichiarazione di nullità, non aveva avuto accesso agli atti di causa, e non era stata assistita da una difesa tecnica e quindi la corte ha condannato l’Italia perché a corte d’appello aveva riconosciuto efficacia a tale sentenza di delibazione. 3) Che ricorrono le altre condizioni richieste dalla legislazione italiana per la dichiarazione di efficacia delle sentenze straniere. Siamo nel 1984 e ancora non era stata riformato il diritto internazionale privato quindi facciamo riferimento all’art 796 e 797 cc nel protocollo addizionale: per la loro applicazione si deve tener conto della specificità dell’ordinamento canonico dal quale è regolato il vincolo matrimoniale che in esso ha avuto origine. Abbiamo ancora oggi una ultra attività di queste norme che sarebbe state abrogate. I numeri 1,2,3 del 797 riguardano la competenza del giudice straniero e il rispetto del diritto di difesa (stessi accorgimenti dell’art 8.2 con l’avvertenza che quando si fa riferimento alla legge del luogo noi facciamo riferimento al diritto canonico). Il n 4 del 797 richiede che per essere riconosciuta in Italia la sentenza straniera sia passata in giudicato e si considera tale la sentenza ecclesiastica 52 venendo depositate presso l’ufficiale dello stato civile (comprese le sentenze di ripudio). Invece quelle ecclesiastiche di nullità matrimoniale che caratterizzano la storia e la cultura italiana che hanno difficoltà ad essere riconosciute perché devono passare il filtro dell’ordine pubblico italiano. La sentenza straniera di ripudio se viene contesta allora parte il processo di delibazione, ma è un momento eventuale e successivo. Mentre per le sentenze ecclesiastiche è un momento necessario. Le sentenze straniere vengono annotate nei registri di stato civile ed è l’ufficiale che controlla che sia conforme all’ordine pubblico non un giudice. La riforma prevede poi che siano le sentenze della corte d’appello previste dalla legge 847 del 1929 siano trascritte e non le sentenze di nullità matrimoniale (estranee). Riconoscimento automatico previsto anche dal regolamento europeo del 2003, quindi il problema rimane solo per le sentenze ecclesiastiche che tra l’altro nel 1929 erano le uniche ad essere riconosciute dall’ordinamento italiano che era chiuso nella sua legislazione. Aspetti economici: se interviene la nullità e viene riconosciuta la sentenza in Italia si hanno gli effetti del matrimonio putativo ma non è la cote d’appello a stabilire l’indennità eventualmente triennale e gli alimenti. Art 8.2 nella parte finale dice che la corte d’appello potrà nella sentenza statuire provvedimenti economici provvisori a favore di uno dei coniugi rimandando le parti al giudice competente sulla decisione sulla materia per agevolare le norme sul matrimonio putativo, ma riguarda solo i rapporti patrimoniali tra i coniugi; nulla cambia per i figli, il mantenimento dei figli è fatto salvo, rimangono legittimi e quindi il problema riguarda solo quel mantenimento tra i coniugi. Sarebbe auspicabile che il legislatore come già avviene in altri ordinamenti parifichi gli effetti della nullità dell’annullamento e del divorzio così che non ci sarebbero più questione di tutela del coniuge economicamente debole. Rapporti tra giurisdizione ecclesiastica e italiana abbiamo una sentenza del 2018 che ha stabilito: la sentenza di nullità fa venir meno il mantenimento stabilito nella sentenza di separazione. Questa non è una sentenza di divorzio e quindi ci sta che sia travolta dalla sentenza di nullità; ma anche su questo abbiamo sentenze discordanti. C’è stata anche una sentenza di delibazione già negli anni 80 in cui le parti avevano stipulato un patto prematrimoniale e la sentenza in base a questo ha risolto le questioni tra le parti. Appunti Marco: CONCLUSIONE DELIBAZIONE L’ultimo accertamento previsto dall’art. 797 cpc (abrogato, però ha una forza ultra attiva, dal momento che ad esso rinviano l’art. 8.2 e il protocollo addizionale n.4). È noto che quando si parla di ordine pubblico, si può fare riferimento a vari ambiti del diritto: es. salvaguardia della sicurezza pubblica, o quel complesso di principi inderogabili del settore dell’economia). Questi significati sono e devono rimanere estranei in quando dovremmo fare riferimento noi a quei principi che riguardano il collegamento tra ordinamenti reciprocamente indipendenti. Questi. Principi svolgono un ruolo sia difensivo che di apertura. Si parla di ordine pubblico quando si fa riferimento a qualcosa che vuole difendere l’ordinamento da interferenze che potrebbero snaturarne le istituzioni. Può essere anche interpretato in funzione proporzionale tra l’ordinamento statuale e altri ordinamenti, in modo da consentire il collegamento tra l’ordinamento dello stato e gli altri ordinamenti. 55 Prima del 1970, principio inderogabile era l’indissolubilità del matrimonio. il diritto italiano, fino al 1970 non ammetteva il divorzio. Con l’introduzione del divorzio, l’ordine pubblico in materia matrimoniale viene stravolto. Principio di ordine pubblico lo diventa quello della effettività dell’unione legale. Acquista importanza non la dichiarazione iniziale delle parti che si congiungono in matrimonio, ma la volontà persista. Motivi che incontrano problemi sotto questo profilo: le uniche ipotesi in cui una sentenza ecclesiastica che dichiara la nullità del matrimonio che possono essere in contrasto con l’ordinamento sono quelle che dipendono da motivi confessionali: es. l’ordine sacro, il voto pubblico e perpetuo di castità. Fanno riferimento a situazioni confessionali, indifferenti per lo stato. Questi impedimenti sono gli unici che possono contrastare con il diritto italiano, sotto il profilo della libertà religiosa. La nullità del matrimonio civile può essere chiesta entro un anno. Le corti di appello hanno interpretato a proprio modo queste norme e hanno utilizzato a magli e larghe o strette il criterio dell’ordine pubblico in base alle circostanze. La corte d’appello ritiene che abbia rilevanza anche la tutela della buona fede del coniuge ignaro della simulazione, ossia che non sapeva che l’altro aveva simulato. Perché rientra tra le linee essenziali la tutela dei valori di libertà sociale, di uguaglianza e la tutela della persona umana garantiti dalla costituzione. Altro principio di ordine pubblico ravvisato dalla cassazione civile a sezione unite è quello della convivenza coniugale la Cassazione ha avuto vari orientamenti a riguarda: alcune sentenze dicevano che se la convivenza coniugale si fosse protratta per oltre un anno, la sentenza non poteva essere delibata. Altre dicevano, senza specificare il tempo, che non si poteva riconoscere la sentenza di nullità per contrasto con il principio di ordine pubblico. La sentenza 4700 (forse dell’88) è intervenuta sull’argomento ed ha escluso che fosse contrario all’ordine pubblico la sentenza, anche se la sentenza è stata pronunciata dopo un anno di convivenza. Se il matrimonio viene dichiarato nullo, è come se non fosse mai esistito. Ha effetti diversi rispetto a quelli del divorzio. Più volte si è richiamato questo principio per impedire il riconoscimento delle sentenze di delibazione in Italia. Ius penitendi: diritto di chi ci ripensa, es. chi cambia sulla confessione che vuole seguire. Nel 1995 è intervenuta la riforma del D. I. Privato. prevede che le sentenze straniere possono essere riconosciute in Italia senza il procedimento di delibazione. Restano salvi tutti gli accordi internazionali stipulati tra le parti. Oggi delle sentenze vengono riconosciute, semplicemente con il deposito presso l’ufficiale dello stato civile. La corte d’appello potrà statuire provvedimenti economici provvisori per una delle parti. La norma tende ad agevolare le norme sul matrimonio putativo. Nulla cambia quando ci sono di mezzo i figli. Il mantenimento dei figli è fatto salvo. I figli restano legittimi, e quindi il problema riguarda solo il mantenimento dei coniugi. La tutela del coniuge debole, nella prassi, non esiste. Sentenza del 2018 la quale ha stabilito che la sentenza di nullità fa venire meno il mantenimento stabilito nella sentenza di separazione (che non è una sentenza di divorzio). 56 DIRITTO ECCLESIASTICO 26/03/19 Chiudiamo il discorso del matrimonio concordatario parlando della RISERVA DI GIURISDIZIONE c’è un ordinamento che è esclusivamente commettente a giudicare del matrimonio concordatario? L’art 34 del concordato del 1929 diceva che le cause concernenti la nullità del matrimonio e la dispensa del matrimonio rato e non consumato sono riservate alla competenza dei tribunali (sentenze di nullità) e ai dicasteri ecclesiastici. Questo paragrafo sanciva quindi la riserva di giurisdizione: riservava le causa nullità e scioglimento alla esclusiva competenza del giudice ecclesiastico. Dunque il concordato del 1929 prevedeva la riserva di giurisdizione. Nei lavori di revisione che hanno portato l’’accordo del 1984, nella prima bozza questa formula c’era ancora. Poi fu abbandonata infatti nell’art 8 non è più presente, non ripropone questa clausola (“silenzi dell’art 8”). La riserva c’è ancora oppure no? Il nostro libro sostiene di no e porta una serie di argomenti a favore di questa tesi: - venir meno di questo principio sarebbe confermato proprio dall’art 8.3 dell’accordo dove leggiamo che la santa sede si riserva di riaffermare il valore immutato della dottrina cattolica sul matrimonio. Il fatto che non si parli di riserva e che la santa sede riaffermi quel valore significano proprio lo spirito di mera tolleranza da parte della santa sede nei confronti dello stato italiano che durante le trattative ha preteso di abbandonare il principio della riserva della giurisdizione. Per cui sarebbe dovuta proprio al venir meno di quel principio, il fatto che questo sia stata volutamente abbandonato risulta anche - Dal sistema di riconoscimento delle sentenze di nullità previsto dall’art 8 dell’accordo di revisione, mentre nel 1929 le sentenze erano efficaci nel diritto dello stato italiano con un procedimento ufficioso e automatico (trasmissione della segnatura apostolica alla corte d’appello competente), oggi invece le sentenze di nullità sono soggette a un vero e proprio giudizio di delibazione a seguito del quale non è scontato che vengano dichiarate efficaci nello stato italiano. Allora l’ordinamento che sottopone le sentenze di un altro ordinamento a un giudizio di delibazione vuol dire che non riconosce l’esclusività di giurisdizione dell’ordinamento da cui provengono. - Dopo il 1970 la competenza dello stato italiano sul matrimonio concordatario non riguarda ops il solo giudizio di validità della trascrizione e il giudizio di separazione dei coniugi ma si estende anche alla cessazione degli effetti civili del vincolo canonico e dunque al divorzio. Parlare della sopravvivenza della riserva in tale contesto sarebbe fuori luogo perché il giudice italiano può intervenire anche sulla cessazione degli effetti civili. A fronte di questa tesi c’è sempre una contraria e fondata peraltro, i cui argomenti sono: - se l’art 8 non lo riporta non dice neanche che tale riserva è stata abrogata, e sappiamo che quando interviene una norma successiva se non abroga esplicitamente una normativa è probabile che la lasci in vigore. - L’art 8.2 tra le condizione che la corte d’appello deve verificare per procedere alla delibazione prevede l’accertamento che il giudice ecclesiastico era il giudice competente a conoscere la causa dunque riconosce la competenza esclusiva del giudice ecclesiastico. - Il numero 4 lettera b del protocollo fa riferimento agli artt 796 e 797 cpp (ultra attività), allora questo protocollo nel dichiarare applicabili al procedimento di delibazione questi articoli dice che di tale applicazione si dovrà tener conto della specificità dell’ordinamento canonico dal quale è regolato il vincolo matrimoniale che in esso ha avuto origine. Si intende che in ogni caso non si procederà al riesame del merito, questo significa che il giudice italiano non è competente sul merito della causa che gli viene sottoposta. Non solo la dottrina ma anche la giurisprudenza si è interessata, perché ci sono stati delle parti attrici che hanno chiesto al giudice italiano di giudicare della validità del matrimonio canonico 57 difficolta di un ordinamento occidentale emergono. Lo abbiamo già detto anche quando abbiamo parlato del problema delle intese: non si è ancora trovato un interlocutore con cui trovare avanti delle trattative che vada bene a tutte le comunità islamiche. Esempi di attriti e conflitti: materia di diritti umani, democrazia, libertà religiosa, uguaglianza uomo-donna. L’occidente come ha risposto? l’Europa non ha dato una politica unitaria in materia ma i singoli stati rapiscono al fenomeno in qualche modo condizionati anche dal sistema dei rapporti che nel singolo stato c’è tra l’ordinamento civile e le confessioni religiosi. In Francia abbiamo detto c’è la legge del 1905 di separazione e principio supremo di laicità, d’altro canto non possiamo non tener conto che la Francia anche a causa della sua tradizione coloniale è uno dei primi paesi ad aver conosciuto il fenomeno di una massiccia immigrazione. La Francia si basa su una rigida applicazione del principio di uguaglianza formale tra i cittadini, gli stranieri si devono assimilare e la religioni non interessa allo stato essendo un fatto personale e privato che tale deve restare. L’art 1 della costituzione francese ribadisce che la Francia è una repubblica indivisibile laica democratica e sociale -> questione del velo, la Francia è stata la prima nel 2004 ad emanare la legge anti velo, ossia una legge che vieta di indossare nelle scuole simboli o abiti attraverso i quali gli studenti manifestino ostensibilmente una appartenenza religiosa. Questa legge quindi bandisce da tutti mi luoghi pubblici francesi segni religiosi. L’Inghilterra è all’estremo opposto, anche questo è a forte tradizione coloniale ma questa ha un modello liberale basta sull’apprezzamento pubblico delle diversità e favorisce l’uguaglianza sostanziale dei cittadini, per cui qui le specificità culturali etniche e religiose non vengono relegate nella sfera privata ma le si lascia entrare nello spazio pubblico: ad esempio attraverso i cd tribunali religiosi che mediante la legge sull’arbitrato del 1996 riescono a sottoporre questioni di diritto religioso a tribunale religiosi, per cui abbiamo l’esperienza delle sharia corts ma anche die tribunali rabbinici. In mezzo a queste esperienze poniamo l’Italia, il nostro ordinamento ha dato prova di avere degli strumenti adeguati per gestire a livello costituzionale i problemi che possono derivare dall’incontro con popolazione e culture nuove e diverse da quelle che ormai da secoli sono presenti sul nostro territorio. La costituzione si ispira valori di laicità e pluralismo ma permette il diritto di libertà religiosa sia individuale che collettivo e da la possibilità ex artt 3 8 e 19 di svolgere pienamente la propria personalità nelle comunità anche religiose di appartenenza. L’art 8 è uno degli articoli meglio riusciti della costituzione che esprime principi giuridici di collaborazioni notevoli. Certamente queste nuove confessioni devono stipulare le stesse intese con lo stato Italiano, la nostra costituzione comunque garantisce di esercitare liberamente non solo la propria fede ma anche il proprio culto (organizzarsi, approvare statuti, avere diritto alle moschee ecc). Dunque non è tanto un problema di rapporti tra stato e chiesa ma si tratta anche di buon senso e di cercare un dialogo e confronto ta culture diverse. Ne parliamo perché questo è si un problema sociologico ma anche giuridico e noi dobbiamo studiarlo e rispondere ai problemi che esso pone con strumenti giuridici. Il giurista deve conciliare i valori tradizionali con quei comportamenti che sentiamo estranei attraverso la creazione di quello che una parte della dottrina definisce un codice inter culturale (punto di incontro). Se ci sono pratiche che contrastano in modo irreparabile con ciò che noi sartiamo come principio di civiltà è necessario respingerli e sanzionarli giuridicamente. Soprattutto dobbiamo avere e fornire dei criteri sicuri e chiari per poter distinguere i primi dalle seconde (il velo va bene o no?), quali sono i criteri? La legge in generale e principio di ordine pubblico; ma la dottrina sostiene che non possiamo imporre a degli immigrati che non hanno costruito con noi il nostro sistema i nostro concetto di ordine pubblico e regole, anzi la dottrina sostiene che in futuro quando in Italia la popolazione 60 islamica andrà al governo potrebbe cambiare la costituzione. Quindi? Quali punti fermi potremmo individuare? I diritti umani, ma quali? Ogni cultura ha diversi diritti umani; allora un’altra parte della dottrina parla dei diritti fondamentali. Ma ancora è necessario stabilire a livello internazionale dei punti fermi e possiamo ancorarci a qualcosa che non possa essere sgretolato, ma nessun diritto è adatto perché qualunque norma presuppone un substrato culturale con un fattore religioso. La soluzione non è univoca, in questo momento il compito in prima fila è quello dei giudici ma sarà necessario l’intervento del legislatore nazionale ma anche quello del legislatore Europeo. Il diritto deve sempre essere espressione di una società e quindi di valori; il diritto al vita ad esempio è auspicabile che sia universalmente condiviso. 61 62 Nel 1986 creata special rapporteur on FoRB, persona che redige un rapporto su situazione libertà religiosa di un altro paese. Esempio un rapporto sul tema dei simboli religiosi. Decide di affrontare una tematiche e le sue opinioni sono soft law, non giuridicamente vincolanti. Ultimo documento di rilievo è il General comment n. 22 del 1993, per i paesi delle nazioni unite ha una funzione di interpretazione. Il comitato dei diritti umani li elabora su vari articoli del patto, il 22 è sull’art 18: - protezione anche le tendenze ateistiche e religioni non tradizionali. - Previsione dei patti anche al diritto di cambiare religione - Istruzione religiosa - Ecc DIRITTO ECCLESIASTICO 26/02/19 1948 dichiarazione universale diritti uomo 1956 Patti internazionale diritti civili e politici CONSIGLIO D’EUROPA E CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO Organizzazione a base regionale, prospettiva continentale quindi (Europa) Il consiglio d’Europa viene istituito con il trattato di Londra del 1949, siamo dopo la seconda guerra si costituisce nel frattempo la Nato, il patto di Varsavia è del 55. Con il trattato di Londra si costituisce questo consiglio tra Belgio, paesi bassi, Lussemburgo, Francia, Italia, Norvegia, Svezia, Irlanda ecc.. Stati appartenenti al blocco occidentale con tradizione cristiana. Il consiglio nasce nella prospettiva d tutelare i diritti umani nel contesto europeo e in particolare nel contesto dell’Europa democratica. Manca la Spagna e il Portogallo perché sin quel periodo governate da due regime autoritari. Manca poi la svizzera in omaggio al principio di neutralità, perché il tratto di Londra è rivolta solo a stati democratici del blocco occidentale. Mancano Austria e Germania perché questa è ancora divisa. Mancano poi tutti i paesi del blocco orientale. Confronto tra chi vorrebbe vedere nel consiglio una organizzazione federalistica e chi la vede solo come organizzazione intergovernativa. Questa differenza di impostazione riverbera sulla corte europea dei diritti dell’uomo. Focus su tutela dei diritti umani, gli stati membri del consiglio d’Europa decidono di stipulare un tratto internazionale che tuteli i diritti umani, trattato vincolante. Quindi si procede alla redazione della convenzione europea dei diritti dell’uomo firmata nel 1950. L’art 9 rispecchia l’art 18 della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: libertà di pensiero, coscienza e religione (prospettiva di tutela anche delle credenze ateistiche), prevede espressamente la libertà di cambiare religione o credo (ius poenitendi), libertà poi di manifestare il proprio credo (foro esterno). Tema più interessante nell’ambito della Cedu è art 9.2 che rispetta il 18.2 che ha importanza perché nell’applicazione partita della Cedu il giudizio è sempre su questo. Nella prassi non è tanto in discussione il contenuto della libertà religiosa, ma nella gran parte dei casi quando si porta alla corte un caso di violazione dell’art 9 è in discussione se la limitazione che è stata posta rispetti i canoni del 9.2. Quali sono i canoni? Prende tre requisiti: 1) limitazione sia stabilita dalla legge 2) Misura necessaria in una società democratica 3) Finalità: pubblica sicurezza (la traduzione italiana dei termini di public safety che però è diverso, sarebbe meglio dire incolumità e non sicurezza), ad esempio quando c’è obbligo di indossare casco protettivo sul luogo di lavoro o quando si guida una moto (nel regno unito c’è una comunità con turbanti che è esonerata). Medesimo problema si può porre anche per il tema 65 della protezione dell’ordine pubblico (public order in realtà non è attinente alla sfera della sicurezza - polizia, ma inteso come ad esempio art 1350 cc: questioni che attengono ai principi dell’ordinamento), salute, morale pubblica e protezione dei diritti e libertà altrui. Si è sviluppata una certa giurisprudenza, da quella Cedu viene richiesta una precisione (limitazione stabilita dalla legge che deve essere chiara e intelligibile dal singolo), non può essere retroattiva (la giurisprudenza ha sottolineato l’esigenza che sia sufficientemente chiara da rendere possibile capire alla persona quale sia la limitazione). Sono state ammesse limitazioni anche non stabilite dalla legge però, ad esempio per fonti sub legislativi, ad esempio è stato ammesso il divieto di portare il velo nelle università turche, misura imposta da una circolare del rettore delle università che quindi è solo un atto amministrativo ma era stata ammessa perché rispettava la ratio della convenzione, cioè rispondeva all’esigenza di predeterminare la limitazione. Poi per l’ammissione nell’Europa questa misura venne rimossa. Riguardo alla terza condizione: la limitazione che viene apposta deve essere motivata da una di queste ragioni, non con altre ad esempio attinenti alla sfera di sicurezza che non siano ricomprese in quelle previste. Ad esempio rispetto al divieto di indossare il burka per identificabilità della persona, questo non poteva dare luogo alla limitazione in realtà ma la cote per salvaguardare la Francia ha sostenuto che ci sia un diritto degli altri di entrare in relazione con le persone con il burka che in caso contrario verrebbe impedita: la limitazione perseguiva una presunta tutela del diritto di interazione sociale. Laddove non sia possibile incasellare la limitazione in una categoria non può essere fatta valere come limitazione. Tema della necessita della misura in una società democratica: bilanciamento come viene fatto davanti alla corte costituzionale. Individuati nella giurisprudenza dei criteri: proporzionalità (limitazione minima necessaria per ottenere il risultato delle esigenze del terzo punto) infatti per quanto riguarda il burka la corte aveva osservato come mancasse anche il requisito della proporzionalità. Ci deve essere poi un esame di diretta interazione, non deve essere un divieto generalizzato, ci deve essere quindi un collegamento tra condotta oggetto di limitazione e finalità generale perseguita. Fatto questo esame sull’art 9 ora parliamo di come la CEDU ha trovato applicazione in questi quasi 70 anni. Nell’ambito della convenzione è stato previsto un organo per esame dei casi di violazione della convenzione. Originariamente previsto un sistema a doppio livello: commissione (verifica inammissibilità e cerca soluzione in via diplomatica) e poi corte. Sistema che prevedeva che vi fossero sia ricorsi inter statali (stato contestava un altro stato) e poi la possibilità per individui di far valere nei confronti dello stato una violazione dei diritti umani. Tuttavia originariamente il sistema era concepito con l’idea che i ricorsi inter stati fossero numerosi (ma sono stati pochi) e quelli individuali residuali. Fra quelli inter stati abbiamo Austria vs Italia per violazione dell’Italia contro i sud tirolesi, poi Irlanda vs Regno Unito per il comportamento delle forze armate contro popolazione irlandese ecc. i ricordi individuali sono decine di migliaia all’anno, tanto che c’è un problema di smaltimento. Nella concezione originaria ancora, l’idea è che la corte debba intervenire solo in casi eccezionali per far rispettare una tradizione comune tra gli stati (violazioni molto grosse). Con le sentenze del 78/79 avviene invece che la corte EDU inizia a elaborare dei propri standard sostituendosi agli stati nazionali e le loro legislazioni. Nel 1985 con il protocollo 8 Poe rimedio alle difficolta di funzionamento della corte ma soprattutto nel 1989 inizia ad aderire gli stati dell’ex blocco sovietico -> organizzazione che ricomprende tutti i paesi europei con anche Turchia, Russia e tutti i paesi caucasici. Questi stati non avendo traduzione costituzionale, la corte modifica il proprio orientamento e non è più mera ricognitrice ma inizia a stabilire in maniera netta gli 66 standard: ruolo di maestra di democrazia per alcuni paesi. Sostanzialmente inizia a discorsi dal livello medio e infatti del 1993 è la prima sentenza in materia di libertà religiosa, riguardava il divieto un Grecia di proselitismo in favore di una religione che non fosse quella dello stato, la corte ritiene che questo divieto non sia legittimo. Inizia una giurisprudenza copiosa che riguarda non solo i paesi dell’ex blocco ma anche quelli occidentali (pensiamo al caso del crocifisso in Italia). Teniamo conto di altri quattro aspetti: 1) commissione di Venezia : organo consultivo costituito da esperti per ogni stato istituita nel 90. Si rivolgono gli stati e domandano un parere di alto livello dottrinale o su legge esistente e conformità alla Cedu oppure sia proposta di legge sul quale la commissione da un proprio parere (esempio l’austria aveva chiesto un parere su legge su islam, la commissione aveva esposto delle criticità, da un punto di vista di soft law è rilevante perché in alcuni casi valuta la conformista a standard internazionale ma dà anche indicazioni) 2) ECRI (euopean commission against racism and intolerance): pareri interessanti che non costituiscono vincoli ma danno indicazioni autorevoli agli stati. 3) Protocollo 11: riforma della corte con eliminazione di commissione modifiche procedurali (1994-1998 4) Commission for human rights 1999: segnala tempestivamente delle situazioni che a suo avviso non sono conformi agli standard della commissione. Figura controversa perché l’opinione personale diventa spesso una posizione ufficiale seppur non vincolante anche in situazioni discutibili. DIRITTO ECCLESIASTICO 27/02/19 Il processo di unificazione europea ha inizio negli anni 50 e sostanzialmente si tratta all’inizio di un unione economico doganale che non si interessa della tematica dei diritti umani fino al trattato di Maastricht del 1992, nel quale viene citato il rispetto dei diritti umani. Il trattato di Amsterdam del 1997 nuovamente richiama il rispetto di questi diritti e introduce la possibilità della sospensione di uno stato membro in caso di violazione grave e persistente dei diritti umani, nella realtà non è mai stato applicato. Questo meccanismo sanzionatorio importa la necessita degli stati membri di esercitare una pressione su un altro stato membro. Più significativa nell’ambito della tutela dei diritti umani è la carta di Nizza nella quale si prevede all’art 10 il diritto di libertà religiosa in una formulazione al 1 comma che è il medesimo della CEDU. È interessante dal punto di vista dei contenuti della libertà religiosa, si menziona il diritto all’obiezione di coscienza; è importante perché questo tema e in particolare se costituisca o meno una manifestazione della libertà religiosa è stato un tema molto controverso. La formulazione del comma 2 infatti non è netta: è riconosciuto secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio. Questo tema si è posto nella seconda metà del 900 in relazione al servizio militare obbligatorio. Chiaramente c’erano ragioni anche di carattere geopolitico che hanno fatto si che queso processo di riconoscimento fosse particolarmente lungo anche nelle democrazie occidentale. Oggi il tema è diverso perché non parliamo solo dell’obiezione al sevizio militare obbligatorio che ormai è riconosciuto, ma parliamo di obiezione su altre tematiche come l’aborto, assistenza a matrimonio tra persone del medesimo sesso, ricerca sugli embrioni ecc. anche adesso quindi un generalizzato riconoscimento non esiste, ecco perché anche nella carta di Nizza non viene riconosciuta a pieno. Nell’ambito nella carta di Nizza all’art 22 si prevede che la comunità rispetti la diversità religiosa, culturale ecc. quindi viene menzionato questo diritto. 67 DIRITTO ECCLESIASTICO 6/03 Abbiamo affrontato della libertà religiosa nell’unione europea. Abbiamo parlato dello sviluppo durante la guerra fredda e di Helsinki -> punto 7 libertà religiosa. Guardiamo il documento finale della riunione di Vienna, principio 16 costituisce tutt’ora il documento a livello internazionale con la descrizione più dettagliate della libertà religiosa. 16.3 diritto al riconoscimento dello status alle comunità religiose 16.4 diritto riconosciuto alle comunità religiose, libertà religiosa istituzionale (non è un diverso atteggiarsi della libertà religiosa collettiva, ma un diritto riconosciuto a un ente): costruzione luoghi di culto, organizzazione gerarchica, scelta dei leader, contributi finanziari 16.5 impegno a consultazioni con confessioni religiosi e rispetto dei bisogni di queste comunità … 16.10 diritto a pubblicazione, importazione di letteratura religiosa Viene visto con favore l’interesse delle comunità religiose a comunicare con il servizio pubblico anche attraverso i mass media. Per rimanere in questo contesto, spendiamo qualche parola anzitutto su come avviene il controllo dell’implementazione da parte degli stati di questi impegni assunti in seno all’OSCE che non sono giuridicamente vincolanti (non creano un diritto in capo ai soggetti che possono azionare avanti al giudice nazionale), non sono totalmente privi di vincolatività, sono impegni che vengono verificati attraverso un processo che è politico diplomatico, sono gli altri stati o le organizzazione della società civile che sono state ammesse a partecipare alle riunioni dell’OSCE, in queste sedi avviene che gli stati o i rappresentati contestino la violazioni di questi impegni. Non essendo azionabili dai singoli non si possono sollevare questioni attinenti a casi singoli, ma si fa un discorso che riguarda l’attuazione generale. Ma concretamente come avviene? Negli anni 80/90 vengono istituiti dei sistemi attraverso cui gli stati che contestano la non attuazione nominato degli esperti che in via diplomatica riservata svolgono un lavoro di contatto e elaborano un rapporto che viene valutato da un consiglio permanente, non ci sono sanzioni coercitive ma gli stati sono tenuti na rispondere. Questo sistema, meccanismo di Mosca, usato peraltro pochissime volte, dal 1992 si è optato per un altro sistema: meeting che si svolge a Varsavia nel quale nel corso di due settimane le delegazione degli stati esaminano lo stato di attuazione degli impegni dei vari Stati. Avviene che qualcuno solleva una questione contro uno stato che può esercitare un diritto di replica o no. vi è poi un altro ambito di attività: ODIR situato a Varsavia, istituzione dell’OSCE che si occupa dei diritti umani. Organizzato in diversi dipartimenti, tra cui c’è una persona che si occupa proprio della libertà religiosa. È interessante sapere che ci sono un gruppo di esperti proprio sulla libertà religiosa, a questi può essere chiesta assistenza per rivedere la legislazione di uno stato. Questo esperti hanno elaborato nel 2004 delle linee guida generali per la modificazione della legislazione sulla libertà religiosa e nel 2014 per il riconoscimento giuridico delle comunità religiose. TUTELA LIBERTA RELIGIOSA E SICUREZZA Anche la sicurezza è un diritto umano -> art 3 dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. La violazione della libertà religiosa a volte mina anche la sicurezza delle comunità religiose. Proprie nell’OSCE si è sviluppato un lavoro a quelli che chiamiamo crimini d’odio, lavoro che nasce qui perché l’OSCE come da nome è un organizzazione che nasce con l’obiettivo di assicurare la sicurezza nel continente europeo. Ci si è resi conto che assicurare la pax religiosa, quindi evitare atti violenti nei confronti delle comunità, aiuta ad assicurare la sicurezza all’interno dei paesi. Guardiamo al conflitto Balcanico 1992-1995 ci rendiamo conto che in questi paesi, i conflitti nascono come conflitto tra due gruppi etnico religiosi (pensiamo ad esempio al Kosovo) e questi 70 possono evolvere in scontri tra gli stati. Abbiamo condotte socialmente rilevanti ma non giuridicamente ma possono costituire la base di altri comportamenti discriminatori che possono portare a condotte violente fino al genocidio. Hate Crime: reato previsto nel codice penale contro la persona o patrimonio a cui si aggiunge la motivazione basata sul pregiudizio, selezione della vittima sulla base della selezione discriminatoria o sulla base di un pregiudizio verso una comunità. Fondamentale è che il meccanismo di selezione della vittima è associato a un certo gruppo individuato perché condivide una caratteristica protetta, queste sono caratteristiche che creano una identità comune e che riflettono un aspetto profondo della persona. Sono caratteristiche evidenti e molto spesso immutabili. Non sono hate crime gli hate speech, perché sebbene in alcuni ordinamenti siano penalmente rilevanti (Italia), strutturalmente l’hate crime comporta un atto di violenza. Escludiamo gli atti di discriminazione che non costituiscono reato che hanno tutela civile e amministrativa. Le condotte che non attengono al livello del penalmente rilevante non sono hate crime, esempio genocidio in crimini di guerra perché si rivolge strutturalmente di una pluralità di soggetti a differenza dell’hate crime. Perché allora sono rilevanti gli hate crime? Anzitutto perché l’autore pone la condotta sulla base di una ostilità discriminatoria, e poi soprattutto per il maggior impatto. Infatti costituiscono una violazione delle libertà fondamentali, come la libertà religiosa. Fenomeni di violenza su donne che indossano il velo possono indurli a non indossarlo per il timore di attacchi alla propria incolumità -> veicolano il messaggio -> non importa l’identità della vittima, ma importa quello che rappresenta (depersonalizzazione). -> senso di insicurezza delle vittime. Possiamo arrivare poi anche a delle rappresaglie da parte delle comunità colpite (es Kosovo). Come si individuano? Il diritto penale italiano si basa sul fatto e tanto sul pensiero che muove il reo. Siccome dobbiamo però ricercare questo pregiudizio ci sono degli indicatori di pregiudizio: fatti e circostanze che si ricollegano ad altri che portano a pregiudizio (una sorta di presunzione). Esempio quando la vittima è appartenente a associazioni di sostegno di comunità, fattori inerenti l’oggetto materiale (luoghi di culto, sedi di associazioni ecc), fattori inerenti l’autore della condotta (precedenti specifici, appartenenza a hate group), condotta accompagnata da espressioni o urla o scritte discriminatorie, circostanze inerenti tempo e luogo (persone in luogo di culto o in giornate religiose importanti, o in giornate ricorrenza di anniversari cari a hate group - es. giorno morte hitler). Percezione della vittima e dei testimoni, nel contesto anglosassone ogni qualvolta una persona ritiene che sia stat hate crime la polizia lo considera come tale. C’è poi il tema dell’assenza di altri motivi. Tema oggetto anche di molte sentenza della corte edu che hanno elaborato alcuni principi: corte vs Romania (obbligo di imparzialità della magistratura e polizia nella valutazione di prove); caso India vs Bulgaria (no obbligo di adottare leggi ad hoc per hate crime, tuttavia il sistema giudiziario ha l’obbligo di conoscere approfonditamente la materia); sentenza Croazia (obbligo di svolgere indagini immediate e effettive contro hate crime anche in presenza di altre possibili motivazioni). 71 Guardiamo alcun dati ufficiali: In Francia: Nel 2018 ci sono 878 contro edifici di culto cristiano, 72 vs islam, 28 vs ebrei Notiamo come la violenza antireligiosa nelle società occidentale si manifesti: Colpire un edificio è molto più semplice. Il fatto che l’identificabilità è rilevante perché nel caso di hate crime vs islam vengono colpite più le donne perché sono maggiormente identificabili, così come invece gli uomini ebrei. Il combinato disposto dell’ultima colonna (contro edifici) e la decisione ministeriale di Kiev (obbligo di stati a proteggere i luoghi di culto), fa si che che affrontando questo tema, il tema numero uno in Europa è quella della sicurezza proprio dei luoghi di culto. Il Kosovo protegge i luoghi di culto ortodossi con un contingente militare e alcune processioni religiose in luoghi ostili sono possibili solo se scortate da truppe militari. Quali sono le problematiche e le soluzioni a questo tema? 1) vediamo un articolo di Le Monde secondo cui la protezione di tutti i luoghi di culto è impossibile perché sono troppi da coprire per le forze di polizia. 2) Come fare quindi? OSCE ha elaborato a una guida di carattere generale per attività di informazione volte a migliorare i rapporti tra istituzioni e comunità e anche la risposta delle comunità a queste esigenze. 3) Supporto da parte dei governi, creando delle sinergie. Ad esempio spesso il governo inglese ha introdotto un sistema di finanziamento pubblico per misure di sicurezza che le comunità religiose voglio porre in essere. 4) Misure legislativi: esempio nel Mississippi c’è una legge introdotta per regolare specificamente il porto d’armi all’interno delle chiese. 72