Scarica APPUNTI DI DIRITTO ECCLESIASTICO e più Appunti in PDF di Diritto Ecclesiastico solo su Docsity! DIRITTO ECCLESIASTICO LEZIONE 1 01/10/2020 Il diritto canonico è il diritto interno ai gruppi religiosi, si occupa dei diritti religiosi, quindi prodotti da comunità religiose. E’ un diritto di tipo religioso. Il diritto ecclesiastico, invece, è un diritto prodotto dallo stato. Storicamente lo stato non è sempre esistito, è una figura istituzionale che ha una sua genesi, un suo sviluppo, ma lo stato come produttore di norme non è un prodotto atemporale, è figlio della storia. Prima che lo stato si affermasse, se usavamo la parola ius o lex, non si pensava alla parola stato, si pensava alla chiesa, a qualche corporazione, a un’entità sovranazionale. Oggi invece quando pensiamo al diritto pensiamo subito allo stato come produttore della norma. Il diritto ecclesiastico quindi è una parte del diritto dello stato. Il termine diritto ecclesiastico ha una genesi molto precisa: è il diritto dello stato che nasce per difendere le prerogative statali nei confronti del maggiore avversario normativo dello stato (la chiesa cattolica). Il diritto ecclesiastico nasce come un diritto molto connesso a quello che oggi chiamiamo pluralismo giuridico; è un diritto dello stato che nasce per cercare di entrare in contatto e regolare i rapporti con un altro ordinamento giuridico. E’ un diritto che da una parte afferma il monopolio dello stato in tema di diritto, dall’altra riconosce l’esistenza di un altro diritto, quello della chiesa cattolica. Questo diritto ecclesiastico ci invia storicamente al tema del dualismo, rinvia a dei rapporti tra lo stato e la chiesa cattolica. Oggi “diritto ecclesiastico” ha conservato questo nome che ci ricorda chi comanda, lo Stato, ma l’aggettivo ecclesiastico va interpretato in senso più largo, perchè oggi il pluralismo giuridico non è più solo quello che mette in relazione lo stato con la chiesa cattolica, oggi il pluralismo giuridico mette in relazione lo stato con molti altri attori religiosi. In più, non ci sono più solo nuove religioni con cui lo Stato deve avere a che fare, ma è cambiato anche il primo termine, il diritto non è più solo quello dello Stato, esiste anche un diritto internazionale, dell’Unione Europea. Con il tempo entrambi i termini di questo nome sono cambiati. Un tempo il diritto ecclesiastico era lo strumento che il giurista dello Stato aveva in mano per controllare la chiesa, oggi il diritto ecclesiastico è sempre un diritto dello stato, ma anche degli ordinamenti internazionali. E’ sempre un diritto del pluralismo giuridico, ma è un pluralismo giuridico molto più complesso in cui giocano il loro ruolo anche i singoli individui (obiezioni di coscienza ecc.). Tutto ciò in cui rileva l’aspetto religioso è assorbito dal diritto ecclesiastico. Dal punto di vista storico, il termine diritto ecclesiastico (che entra formalmente nelle università italiane alla fine dell’800; infatti, il primo docente di diritto ecclesiastico è Francesco Scaduto; giurista siciliano; 1890) nasce all’interno di un conflitto tra gli stati nazionali e la chiesa cattolica. E’ un termine che troviamo negli stati a maggioranza cattolica (Spagna, Portogallo, Austria, Germania (in parte) e Francia). La chiesa cattolica anche rispetto ad altre tradizioni cristiane era quella più gelosa della sua autonomia e del suo ordinamento giuridico e quella più ostile ad accettare il primato dello stato nazionale; ha difeso a lungo il suo diritto di intervenire nella sfera temporale. Per questa origine, il diritto ecclesiastico ha due facce: da una parte, un profilo istituzionale (“misura la temperatura delle relazioni tra l’ordinamento giuridico statale e quelli religiosi), dall’altra un profilo personale (il diritto ecclesiastico nelle democrazie istituzionali misura anche il grado di libertà religiosa garantito agli individui e ai gruppi indipendentemente dalla loro natura ordinamentale) Il diritto ecclesiastico è una nozione dinamica, che cambia nel tempo. Si occupa di questioni che hanno una storia più lunga del suo nome (la materia esisteva prima del nome). I rapporti tra ordinamenti statali e religiosi sono rapporti antichissimi, potremmo dire che tutto comincia nel 380 in maniera molto decisa, quando il cristianesimo diventa la religione ufficiale dell’impero romano. Una prima tappa, un primo paradigma di diritto ecclesiastico lo abbiamo in epoca medievale: quali sono le caratteristiche di questi secoli di storia europea? Abbiamo due immagini che ci dicono anche che il paradigma medioevale è evoluto e cambiato nel tempo. Prima immagine: rappresenta l’incoronazione di Carlo Magno da parte del Papa. Nella storia occidentale abbiamo avuto un dualismo originario; abbiamo sempre avuto una distinzione tra la sfera religiosa e la sfera temporale (diritto secolare). Invece, ad esempio, nella storia ottomana (a maggioranza musulmana) troviamo una figura sola, che è il sultano che è anche califfo. Qui invece abbiamo due figure distinte: il diritto è plurale, i diritti fanno capo a un’autorità politica diversa da quella che produce le norme di tipo religiose (chiamate canoni, non leggi). Il secondo aspetto è che nel paradigma medievale questo dualismo ha una gerarchia: il pontefice incorona il re. Il potere politico deve essere legittimato dalla religione (forza legittimante). Seconda immagine: Enrico IV che lotta contro il pontefice. L’imperatore non è più in ginocchio a Canossa perchè nessuno gli mette più la corona in testa, c’è una distanza tra chiesa e imperatore, c’è un conflitto. Nel periodo medioevale parliamo di un pluralismo religiosamente orientato: abbiamo più produttori di norme, non c’è uno stato centralizzante ma questi hanno un tratto che li rende omogenei, ovvero la comune appartenenza religiosa. Il cattolicesimo si pone come religione inglobante, quindi la religione dà senso alle realtà sociali e politiche del tempo (regolamentare matrimonio ecc). In questa epoca sfera publica e privata sono unificate dalla morale religiosa, è il codice che tutti seguono; quindi anche il diritto si accorda su questa morale. Anche la gerarchia dei valori (anche normativi) è orientata dalla religione. Ci sono due realtà istituzionali. Qual è la funzione dello stato, del potere temporale? Di essere il braccio secolare del diritto canonico: lo stato è il braccio, ciò che dà forza e permette di diventare efficace al diritto della chiesa. (Secolare: perchè? il secolo è un’unità di misura temporale e si usa un’unità di misura definita per dire che il diritto dell’autorità politica dello stato si occupa solo di cose che non sono destinate a incidere sulla salvezza delle anime, si occupa di cose che riguardano la vita sulla terra. E’ un diritto che non si occupa delle cose ultime, di questo si occupa il diritto della chiesa.) Il diritto del re è un potere secolare perchè si vuol far risaltare il primato dell’autorità religiosa. Lo stato è a servizio della chiesa. La chiesa rivendica la potestas directa in temporalibus (potere di intervento diretto sulle realtà temporali ratione peccati, a motivo del peccato). - potestas: potere Perché rivendica questo potere? a motivo del peccato, cioè ritiene che dal momento in cui l’uomo nasce peccatore e questo peccato minaccia la creazione; la chiesa come istituzione che porta alla salvezza deve intervenire sulle realtà temporali per combattere il peccato. La situazione cambia, il paradigma cambia quando comincia ad affermarsi lo stato che rompe la storia del paradigma medioevale. Quando si rompe questo ordine medievale? si rompe con la riforma protestante, quando la religione non è più in grado di offrire unità, di costituire quel tessuto unificante per la società europea. Inizia un periodo che viene conosciuto con il nome della guerra dei cent’anni, la religione entra negli affari politici, la religione non unifica più, divide. Quindi chi è che unirà la società? si erge il Leviatano (titolo di opera Thomas Hobbes, 1651).
Il Leviatano è lo stato moderno che ha caratteristiche totalmente nuove. Ha in mano la spada e il pastorale: non c’è più il dualismo, chi comanda la sfera temporale e quella religiosa è la stessa persona. Ha in testa una corona, è il re, il capo dello stato. Per Hobbes l’unico che puó portare ordine è lo stato. Il re ha un vestito particolare, che è fatto dalle teste dei suoi sudditi: il corpo del re corrisponde al corpo dello stato e i sudditi sono uniti allo stato. Hobbes esprime questa situazione con uno schema: - Veritas: Jesus Christus—> Hobbes non ha un approccio laico. La verità è Gesù Cristo. - Quis interpretabitur? chi interpreterà? chi mi dirà cosa deve fare il braccio secolare dal momento in cui le chiese si sono divise? - Auctoritas non veritas faccio legem: è la autorità, non la verità che fa la legge. La legge non puó più essere giustificata in termini di verità, quindi è il potere che fa la legge. - Oboedientia—>la conseguenza è l’obbedienza allo stato. una legge delle compagnie che spesso è più forte di quella degli stati). Ci sono trasformazioni di vario tipo: - trasformazioni dello stato: non c’è più la centralità del diritto dello stato nazionale; ruolo importante del diritto internazionale (diritti dell’uomo) e diritti regionali. Le regioni spesso entrano in collisione con lo stato centrale—> tensione tra entità locale e governo centrale - trasformazioni della religiosità: dalle chiese- istituzioni alle spiritualità “liquide”- secolarizzazione- individualismo. - tensioni: tra dimensione nazionale e internazionale; tra dimensione statale e individuale. Sistema delle fonti 1. Costituzioni, leggi costituzionali 2. Regolamenti UE, direttive UE 3. Leggi ordinarie, decreti legge e decreti legislativi 4. Leggi regionali 5. Regolamenti potere esecutivo 6. Usi o consuetudini Questa piramide si costruisce sotto l’influenza delle culture religiose. Le norme del diritto ecclesiastico sono sparse in tanti settori del diritto. LEZIONE 2 06/10/2020 Il modello italiano di libertà religiosa La nascita del diritto di libertà religiosa è connessa all’affermazione dello stato moderno. Stato che acquisito la forza di imporre il suo ordine anche all’ordine religioso. Se ci spostiamo all’esperienza italiana, dobbiamo dire che il modello di stato vestfaliano (monopolista, forte, capace di plasmare la società) non si adatta al contesto italiano. Il contesto italiano è sempre stato frammentato dal punto di vista politico, è stato segnato da differenze culturali profonde e soprattutto in Italia c’era il centro della cattolicità (era la penisola su cui la religione aveva uno stato). L’Italia doveva confrontarsi con un vertice religioso. L’Italia si trova in una situazione particolare dove non si affermerà un vero e proprio modello vestfaliano e questo dà il carattere peculiare al modello italiano di libertà religiosa. Dal punto di vista storico, non dobbiamo perdere di vista il ruolo di Roma e della religione nella creazione di questo modello. Abbiamo avuto due modelli di libertà religiosa prima di arrivare a quello di oggi: - Il primo è quello dell’Italia liberale (1848-1922, presa di Roma). - Il secondo è quello dell’Italia fascista (1922-1943) Grandi differenze tra i due periodi Italia liberale: connotato dal paradigma piemontese—> anni in cui l’unificazione del regno di Italia procede per estensione dell’ordinamento giuridico dello stato sabaudo. Caratteristica: c’è un tentativo di introdurre lo stato vestfaliano, di fare quindi dell’Italia uno stato moderno. La caratteristica che rende liberale questo modello è che si cerca di far convivere il primato delle istituzioni statali con il riconoscimento del diritto degli individui. Lo stato si pone come garante dei diritti degli individui e dunque anche del riconoscimento delle loro esigenze religiose. L’Italia liberale sarà uno stato separatista ma anche giurisdizionalista. Vorrà restare separato dalla religione, opterà per una legislazione unilaterale, lo Stato legifererà da solo in materia religiosa (separatista), ma sarà uno stato che non rinuncerà a strumenti di controllo e ingerenza sulle religioni (giurisdizionalista) (religioni—> anche se si intende principalmente cattolicesimo). C’è un attenzione al diritto di libertà individuale e tendenziale parità tra i culti e di conseguenza ci sarà una legislazione che vorrà assicurare a tutti i gruppi religiosi la stessa quantità di diritti perchè gli individui e i loro bisogni religiosi sono interesse dello stato. Italia fascista: il paradigma non è più quello dello stato moderno, ma il fascismo vive gli anni della patologia del paradigma vestfaliano: la sovranità statale subisce una crescita ipertrofica che tende ad annullare la società a riportare tutto nello stato. Lo stato come ordinamento assoluto—> monopolio ordinamentale Istituzioni senza individui, l’attenzione nei confronti della libertà religiosa è la considerazione solo della istituzioni ordinamentali. Il fascismo perde di vista gli individui e guarda solo gli ordinamenti; il fascismo abbandona il separatismo, sarà uno stato concordatario. Riconoscerà un ordinamento ad esso esterno, quello della chiesa cattolica e questo ha come conseguenza l’instaurarsi di rapporti formali tra l’ordinamento statale e quello cattolico (sistema concordatario, legislazione bilaterale). L’unico ordinamento che lo stato vede è quello della chiesa cattolica, perde la parità dei diritti tra i culti. Primato alla chiesa cattolica. Gli individui non ci sono. I non cattolici sono completamente ai margini, sia perchè individui sia perchè non facenti parte della chiesa cattolica. Italia liberale Comincia nel 1848, data in cui viene concesso lo statuto albertino che ha un testo molto classico. Siamo in pieno paradigma moderno. Lo stato ha confini e una sua religione. C’è una novità: non c’è solo la religione cattolica, ci sono altri culti che non sono considerati sullo stesso piano della chiesa cattolica, ma sono tollerati. L’Italia è uno stato confessionale con cattolicesimo al centro e culti tollerati. Art 1 dello Statuto Albertino “La religione cattolica, apostolica e romana è la sola religione dello Stato. Gli altri culti sono tollerati conformemente alle leggi che li riguardano”. In realtà questo testo va inserito nel contesto che è caratterizzato da una frase che Cavour pronuncerà il 17 marzo del 1861 in un intervento al Parlamento del Regno di Italia. La frase pronunciata da Cavour è: “ Libera Chiesa in liberto Stato.” Questa frase offre all’articolo 1 un’interpretazione molto particolare. Perché è cosi importante la frase? perchè costituisce una rivoluzione. La prima rivoluzione è che questa frase mira a superare la questione temporale: la chiesa cattolica in Italia non ha bisogno della sovranità di Roma, ma puó vivere in un libero stato. Inoltre la chiesa è una realtà che si muove all’interno dello stato, pone la chiesa nella società civile come subordinata allo stato. Conseguenza sullo Statuto della frase: il principio dello statuto viene interpretato in maniera cerimoniale, produce un’interpretazione depotenziata, cerimoniale appunto dello Statuto—> lo stato nelle cerimonie avrebbe seguito il rito cattolico. Interpretazione che impedisce di effetti a cascata sull’ordinamento. Si dice solo che quando celebro un evento di tipo religioso, lo farò con matrimonio cattolico (religione cerimoniale dello stato). L’idea è che la religione è un affare privato. La sfera religione è una sfera autonoma, separata (le “ due rette parallele” di Giolitti). Lo stato liberale cerca di attuare questo progetto con provvedimenti legislativi che possiamo suddividere sulla base degli obiettivi. Serie di legge che vuole assicurare l’uguaglianza dei cittadini senza distinzione di religione: - febbraio 1848: lettere patenti per i valdesi (gruppo cristiano che nasce nel XII secolo, minoranza che nasce tra Francia e Italia): il re con queste lettere riconosce per la prima volta ai valdesi i diritti civili e politici. - marzo 1848: diritti civili ma non politici agli ebrei. - giugno 1848: legge Sineo—> la differenza di culto non poteva formare eccezione al godimento dei diritti civili e all’ammissibilità alla cariche civili e militari (diritti politici ad ebrei). Altre leggi: misure di laicizzazione volte a ridurre ruolo pubblico di istituzione ecclesiastico. La laicità ha come obiettivo l’espulsione del religioso dall’ordinamento giuridico dello stato. La laicizzazione ha a che fare con il diritto (mentre secolarizzazione: religione ha meno peso sociale). Misure che vogliono espellere la chiesa cattolica dalle istituzioni statali - 1850: due leggi Siccardi—> 1. legge moderna che vuole evitare che la giustizia ecclesiastica abbia una forza nello stato: riduzione efficacia giurisdizione canonica; 2. lotta alla “manomorta": legge che ci fa capire che stiamo cambiando paradigma; “manomorta”: concentramento ampio di patrimonio immobiliare nelle mani della chiesa. Manomorta perchè la chiesa possedeva tanto patrimonio immobiliare ma non lo faceva entrare nella dinamica di mercato. Teneva tanti beni sottraendoli al commercio. La legge vuole colpire la concentrazione di patrimonio in mano alla chiesa. La legge diceva che un ente ecclesiastico poteva entrare nella proprietà di un bene immobile solo previa autorizzazione dell’autorità prefettizia. Il secondo principio della legge Siccardi rimane in vigore fino al 1997. - 1855: legge su congregazioni religiose—>soppressi ordini religiosi non dediti all’assistenza, alla predicazione e all’educazione. Vieta le comunità che non fanno quello che è ritenuto utile per lo stato. Operazione molto dura di stampo giurisdizionalista. - 1866: legge su congregazioni religiose—> soppresse tutte le comunità che comportano la vita in comune. La vita religiosa di comunità non esiste più formalmente nel nostro paese. - 1869: i chierici sono sottoposti a ordinari obblighi di leva. Altre leggi che non mirano solo alla laicizzazione ma ambiscono alla secolarizzazione—> trasformare l’Italia in un paese meno legato alla chiesa. - 1877: legge Coppino—> abolita istruzione religiosa dalla scuola pubblica. E’ importante perchè interviene sulla scuola che è anello di collegamento tra stato e società. - 1873: abolite le facoltà di teologia nelle università statali. Misure di secolarizzazione della società: - 1865: il codice civile riconosce efficacia civile al solo matrimonio civile; il matrimonio canonico è irrilevante per lo stato (prima era l’unico matrimonio valido per chiesa e stato). - 1853: abolita la rilevanza civile di diverse festività religiose. Primato della coscienza individuale: - codice penale zanardelli 1890: tutela penale dei culti. Il bene giuridico protetto è il sentimento religioso individuale, da cui discende l’uguale tutela di tutti i culti in materia penale. Caratteri generali liberalismo: - Primato di legge statale concepita come neutra, cioè indifferente alla religione. - Libertà religiosa concepita come libertà “da” più che come libertà “di”; libertà “negativa” e non “Positiva” —> stato neutrale e indifferente; - Chiese come libere e private associazioni: associazioni regolate dal codice civile. C’è l’idea di non considerare teoricamente la religione come un fatto speciale, come qualcosa che avesse bisogno di un regolamento peculiari. - Stato separatista (nessun accordo o concordato con chiesa cattolica) ma anche con tendenza al controllo: separatismo giurisdizionalista. - Lo Stato tutela la libertà religiosa soprattutto come diritto individuale dei cittadini —> primato dell’individuo/cittadino su istituzione ecclesiastico—> primato dello stato e della sua unilateralità Com’è possibile questo liberalismo in un paese così massicciamente cattolico? 1. riposta di tipo formale: il “paese legale" era estremamente ristretto (elettori: solo maschi, dai 25 anni + non analfabeti + abbastanza ricchi da poter pagare un’imposta diretta complessiva superiore alle 40 lire (20 in Liguria e savoia)) —> conseguenza: popolo cattolico escluso dal Un altro elemento che giocò a favore del Papato fu l’ingresso delle masse in politica, popolo religioso e al contempo capace di superare quella dialettica cattolico-non cattolico con la prima guerra mondiale. Fondamentale a questo proposito su l’introduzione del suffragio universale maschile del 1912. Nel 1919 quando si riunisce il parlamento italiano abbiamo un quadro sconvolto: perchè i liberali sono all’8,6 per centro, i socialisti sono al 32,3, il partito popolare italiano fondato da un prete, Don Luigi Sturzo è al 20,5, democratici sociali al 10,9 e liberali, democratici, radicali al 15,9. La rottura sociale unita con l’incapacità del re e della classe notabile liberale si tradusse in una lacerazione che portò all’affermazione del fascismo: il 28 ottobre 1922 ci fu la celeberrima Marcia su Roma. Il primo ministro Mussolini comprese l’importanza di unire la sfera istituzionale e sociale, con una prima misura inerente il comparto scolastico di raccordo tra sfera istituzionale e sociale. C’è l’abrogazione della legge Coppino e c’è la riforma gentile del 1923: la regione torna nei programmi obbligatori. Si insegna solo la religione cattolica che diventa “fondamento e coronamento dell’istituzione elementare”. La cosa importante della riforma Gentile è che è la prima legge che fa uscire il cattolicesimo dalla sfera privata in cui i liberali l’avevano inserita. La riforma gentile riconosce al cattolicesimo un ruolo pubblico, non più solo privato. Nel 1923 Giovanni Gentile non pensava al cattolicesimo della chiesa: esiste un cattolicesimo delle autorità ecclesiastiche e uno identitario, politico, sbandierato da leader politici di varia natura. Nel 1923 Gentile usava il cattolicesimo non pensando al cattolicesimo insegnato in chiesa, ma per Gentile il cattolicesimo era una filosofia minor, cioè era un elemento irrazionale, mistico che doveva essere insegnato da subito agli studenti che non potevano ancora abbracciare la filosofia maior. Per Gentile il cattolicesimo serviva a smantellare il razionalismo liberale, era funzionale al regime. Questo insegnamento però era solo per la scuola elementare, primaria. Alla scuola media non si insegnava il cattolicesimo perchè si insegnava la filosofia. Di fatto, la riforma Gentile attribuisce l’insegnamento del cattolicesimo a del personale legato alla chiesa cattolica, quindi realizza concretamente il primo passo che la chiesa si aspettava. Nel 1924 Don Sturzo, fondatore del Partito Popolare (espressione dell’associazionismo libero, non controllato da gerarchia ecclesiastica) è costretto all’esilio. Andrà in Inghilterra, poi negli Stati Uniti e tornerà in Italia solo verso la fine della seconda guerra mondiale. Nel 1928 la legge 2693 riconosce esplicitamente i rapporti tra lo stato e la chiesa cattolica come materia costituzionale: si comincia a delineare una fisionomia bilaterale. LEZIONE 3 08/10/2020 Il superamento delle Guarentigie 11 febbraio 1929: i patti Lateranensi Immagine 11 febbraio 1929, firma patti lateranensi, Benito Mussolini e il segretario di stato, il cardinal Gasparri. Essi firmano un documento fondamentale, i patti lateranensi, “lateranensi” perché si firma in territorio pontificio. Si superano definitivamente le Guarentigie. Cosa sono questi patti? Abbiamo due documenti: Trattato (con quattro allegati—> I: pianta del territorio dello stato della Città del Vaticano; II: pianta degli immobili con privilegio di extraterritorialità e con esenzione da espropriazione e da tributi; III: piante degli immobili esenti da espropriazioni e da tributi; IV: convenzione finanziaria, riguarda la destinazioni dei fondi per la santa sede da parte dello stato, e in generale tematiche patrimoniali in senso ampio) e Concordato (non ha allegati) - Il trattato corrispondeva e sostituiva il primo titolo della legge delle Guarentigie (abrogata) e risolveva la “questione romana”, la questione del Papa “prigioniero a Roma” riconoscendo piena indipendenza e sovranità dello stesso sullo Stato della Città del Vaticano. - Il concordato corrispondeva e sostituiva il secondo titolo della legge delle Guarentigie (abrogata) e trattava dello statuto giuridico della Chiesa cattolica in Italia. I Patti Lateranensi - Trattato: riconosce la sovranità della Chiesa cattolica (non ammessa in Guarentigie e, dunque, 1. la proprietà piena e indipendente del territorio vaticano e 2. la piena parità tra Stato e Chiesa cattolica riconosciuta quale ordinamento giuridico primario, dotato di un suo proprio “ordine”: da qui la rinascita della legislazione bilaterale - Concordato: riconosce le più ampi prerogative della Chiesa cattolica in Italia: privilegi specialissimi, non riconosciuti ad altri gruppi religiosi - Convenzione fiscale: salda i conti di età liberale e di sue espropriazioni = ribaltamento impostazione liberale Il trattato (ancora in vigore) - Preambolo “Dovendosi, per assicurare alla Santa Sede l’assoluta e visibile indipendenza, garantirLe una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale, si è ravvisata la necessità di costruire, con particolari modalità, la Città del Vaticano, riconoscendo sulla medesima alla Santa Sede la piena proprietà e l’esclusiva ed assoluta potestà e giurisdizione sovrana” Analizzando il preambolo ci si rende conto del cambiamento rispetto alle guarentigie. È un preambolo ricchissimo e molto pesante. La prima osservazione è che si ripete spesso il concetto di “assolutezza” e “sovranità” e ancora “potestà”, quindi nel preambolo c’è un concentrato di termini che mirano a dare soddisfazione a Pio XI. La chiesa non è più libera chiesa in libera e lo stato, la chiesa respinge l’idea che la sua libertà possa poggiare sul diritto costituzionale, l’ordinamento ecclesiastico vuole trattare da pari a pari con lo stato il proprio statuto. La chiesa, in questo momento, chiarisce che la chiesa non passa da Luigi Sturzo, ma da un accordo tra istituzioni. Il secondo aspetto a cui si indirizzano a cui si indirizzano è la santa sede, non la città del vaticano. Cos’è la santa sede? È il pontefice e il suo governo. Quindi la città del vaticano è oggetto della sovranità del pontefice, è quest’ultimo che ha sovranità in campo internazionale e solo indirettamente la città gode di questa sovranità. Il papa ha l’esclusiva proprietà e giurisdizione di questo territorio. Tutto ciò ha quindi una funzione di carattere strumentale, che ha la funzione di assicurare la piena potestà e giurisdizione sul territorio. La santa sede e la città del vaticano sono soggetti di diritto internazionale neutro, sono neutrali e devono rimanere tali. Lo stato vaticano è uno stato sui generis, è uno stato strumentale, cioè che è uno stato che serve al pontefice, per l’esercizio e l’indipendenza della sua sovranità. SCV stato città del vaticano. Non è nell’Ue, si usa comunque l’euro nel suo territorio, è coinvolto in una serie di convenzioni finanziarie. Piazza San Pietro, in quella piazza la polizia può esercitare, se aperta al pubblico, ma non può accedere oltre i gradini, se non con il permesso della gendarmeria vaticana. territorio vaticano ma aperta al pubblico e potere di polizia italiana, che si arresta a gradini di Basilica – S. Sede può però chiuderla e confine è tra colonnato; Art. 22: Italia a richiesta di S. Sede può procedere contro delitti perpetrati in territorio vaticano (se delitto commesso in piazza quando aperto al pubblico e catturato Italia agisce senza bisogno di delega vaticana e pure se arrestato in S. Pietro su richiesta gendarmeria vaticana) e sempre se autore del delitto rifugiato in Italia Se la santa sede dovesse trasferirsi ad Avignone, lo stato città vaticano cesserebbe di esistere, senza la santa sede il SCV perde la sua funzione strumentale, e cesserebbe di esistere. Il concordato non è più in vigore. Il Concordato (non più in vigore) “L’Italia, ai sensi dell'articolo 1 del Trattato, assicura alla Chiesa Cattolica il libero esercizio del potere spirituale, il libero e pubblico esercizio del culto, nonché della sua giurisdizione in materia ecclesiastica in conformità alle norme del presente Concordato; ove occorra, accorda agli ecclesiastici per gli atti del loro ministero spirituale la difesa da parte delle sue autorità” Vedi art 1 del trattato, è poco liberale, non c’è traccia di coscienza personale, libertà religiosa, il concordato da dei diritti all’istituzione ecclesiastica, riconosce una supremazia alla chiesa cattolica, non garantisce libertà dei culti religiosi, garantisce diritti alla libertà religiosa esclusivamente alla chiesa cattolica. I contenuti del concordato: -abroga le legislazioni del 1855 e del 1866 (la cd. legislazione eversiva e pieno riconoscimento ordini religiosi); -esenzioni ai chierici (es dal servizio militare) ed efficacia civile di sanzioni canoniche nei loro confronti, abbiamo una commistione dei due ordinamenti -ritorno alla piena efficacia dei matrimoni canonici nasce il matrimonio concordatario, destinato ad avere effetti giuridici, riconosce efficacia civile anche alle sentenze di nullità ecclesiastiche (se matrimonio nullo per la chiesa, è nullo anche a livello civile) e alle dispense super ratum et non consummatum. -conferma e ampiamento della riforma Gentile, la religione diventa obbligatoria anche nella regione secondaria, fondamento di tutta l’istruzione, questo porta al ribaltamento di tutta la legislazione separatista liberale. -il codice rocco sostituisce il codice Zanardelli, si ha un privilegio verso la chiesa, si passa da bene giuridico “coscienza individuale” (uguaglianza tra tutti i cittadini) a bene giuridico “religione cattolica” quindi a un trattamento privilegiato per la chiesa cattolica-istituzione Confronto e interpretazione fascista e di Pio XI Guarentigie 1871 Patti 1929 Legge ordinaria unilaterale Trattato internazionale + legge esecutiva con carattere costituzionale Nessuna extraterritorialità Extraterritorialità Chiesa associazione “privata” Chiesa “societas perfecta” (pluralismo giuridico istituzionale) privatizzazione pubblicizzazione Stato- Chiesa-cittadini-fedeli Stato-Chiesa (apicale) Libertà individuale libertà istituzionale, della Chiesa (libertas ecclesiae) Tendenziale parità tra i culti Sola religione dello Stato Laicità Confessionalità
Bene giuridico: sentimento religioso individuale Bene giuridico: religione dello stato Novero delle libertà costituzionali Libertà religiosa NON come libertà costituzionale ma come espressione di rapporti inter- ordinamentali L’interpretazione fascista: Mussolini alla Camera (13 maggio 1929) “Nello stato, la Chiesa non è sovrana e non è nemmeno libera” “Non abbiamo risuscitato il potere dei Papi: lo abbiamo sepolto” “Nostro dev’essere l’insegnamento” “Il Regime è vigilante e nulla gli sfugge. Nessuno creda che l’ultimo fogliucolo che esca dall’ultima parrocchia non sia ad un certo momento conosciuto da Mussolini” L’interpretazione cattolica: Pio XI al Card. Gasparri (30 maggio 1929) “Nel concordato sono in presenza due sovranità perfette ed è appena d’uopo soggiungere che la oggettiva dignità dei fini, determina non meno oggettivamente e necessariamente l’assoluta superiorità della Chiesa” “non è l’organizzazione cattolica in italia che si sottopone alla sovranità dello Stato, sia pure con una condizione di particolare favore, ma è il Sommo Pontefice che risponde quello che giudica potersi e doversi fare per la maggior gloria di Dio e per il maggior bene delle anime” Il fascismo e i non cattolici: legislazione sui “culti ammessi” (1929-1930) “Consentire”, dopo aver riservato una “particolare condizione giuridica” alla regione dello Stato, il libero esercizio di tutti i culti, “in omaggio al principio della libertà di coscienza, che nessuno Stato moderno potrebbe ripudiare” (relazione ministeriale) Per consentire alle “autorità preposte” di vigilare sul proselitismo protestante, per impedire che il “settarismo, il quale sta in agguato contro il fascismo e il cattolicesimo, tragga pretesto (…) dalla riaffermata libertà religiosa, per propaganda antifascista” Sotto il fascismo, gli altri culti erano liberi, ma in un gradino notevolmente inferiore rispetto a quello del cattolicesimo, non si garantisce libertà istituzionale agli altri culti. Vedremo cosa succede ai non cattolici in epoca fascista. Legge 13 luglio 1939-XVII, n. 1055 - Disposizioni in materia testamentaria nonché sulla disciplina dei cognomi, nei confronti degli appartenenti alla razza ebraica, modificata poi dalla v 28 settembre 1940-XVIII, n. 1459 Lo svolgimento del confessionismo fascista: il nuovo codice penale del 1930 Codice «Rocco» (1930) «Chiunque pubblicamente vilipende la religione dello Stato è punito con la reclusione fino a un anno» (art. 402) «Chiunque commette uno dei fatti preveduti dagli articoli 403, 404, e 405 contro un culto ammesso nello Stato, è punito ai termini dei predetti articoli, ma la pena è diminuita» (art. 406). Codice «Zanardelli» (1889) «Chiunque, per offendere uno dei culti ammessi nello Stato, pubblicamente vilipende chi lo professa, è punito, a querela di parte, con la detenzione sino ad un anno o con la multa da lire cento a tremila» (art. 141) Dall’età liberale al fascismo - Fine dell’uguale libertà – Chiesa Cattolica riconoscimento pieno di sua natura istituzionale; - Dalle associazioni agli ordinamenti: attenzione per gruppi religiosi istituzionalizzati e piramidali= ruolo paradigmatico Chiesa Cattolica quale ordinamento giuridico primario; - Grandissima discrezionalità politica verso non cattolici i cui enti NON sono riconosciuti espressione di ordinamenti giuridici primari; - Emarginazione individuo = individuo come “elemento infinitesimale e transeunte dell’organizzazione sociale “(Relazione alla legge sulla difesa dello Stato, 11/1926); = “Tutto nello Stato, niente al di fuori dello Stato, nulla contro lo Stato” (M. al Consiglio dei Ministri, 1/02/1927) = Chiesa Cattolica: legislazione “a parte” (continuità con epoca liberale: nessuna legge generale e comune) e bilaterale (novità); Due interpretazioni: Alcide De Gasperi «un successo del regime, ma nella storia e nel mondo una liberazione per la Chiesa e una fortuna per la Nazione italiana» = spazi di libertà di Chiesa cattolica come rifugio per conservazione di pensiero civile e rinascita Benedetto Croce Come che sia, accanto o di fronte agli uomini che stimano Parigi valer bene una messa, sono altri pei quali l’ascoltare o no una messa è cosa che vale infinitamente più di Parigi, perché è affare di coscienza. Guai alla società, alla storia umana, se uomini che così diversamente sentono, le fossero mancati o le mancassero! (Discorso del 24 maggio 1929) = Rinunciare alla laicità dello Stato è primo passo per rinunciare alle libertà civili visto che la «libertà» dipendeva dal considerare la Chiesa cattolica «esterna» all’ordinamento dello Stato voleva dire che chi restava «interno» (come i non cattolici ma tutte le altre «persone») restava privo di ogni diritto. LEZIONE 4 13/10/2020 Oltre la modernità: paradigma contemporaneo 24 dicembre 1944- Radiomessaggio di papa Pio XII ai popoli del mondo intero = “In tal guisa, mentre gli eserciti continuano ad affaticarsi in lotte micidiali, con sempre più crudeli mezzi di combattimento, gli uomini di governo, rappresentanti responsabili delle nazioni, si riuniscono in colloqui, in conferenze, allo scopo di determinare i diritti e i doveri fondamentali, sui quali dovrebbe essere ricostituita una comunanza degli Stati, di tracciare il cammino verso un avvenire migliore, più sicuro, più degno dell’umanità.” = "Lo stesso ordine assoluto degli esseri e dei fini, che mostra l’uomo come persona autonoma, vale a dire soggetto di doveri e di diritti inviolabili, radice e termine della sua vista sociale, abbraccia anche lo Stato come società necessaria, rivestita dall’autorità, senza la quale non potrebbe né esistere ne vivere.” In questa nuova concezione giuridica troviamo un cambiamento—> l’uomo come persona autonoma; al centro del sistema giuridico c’è la persona, non lo Stato che che l’autonomia (soggetto di doveri e diritti inviolabili, depositario di diritti e doveri). Cambiamento di paradigma giuridico che ha come connotazione il superamento del nazionalismo westphaliano. Verso la fine della seconda guerra mondiale abbiamo un cambiamento di paradigma giuridico, che ha come connotazione quella che possiamo sintetizzare come il superamento del nazionalismo westphaliano. Se dobbiamo segnare il passaggio dall’eta moderna a quella contemporanea, lo ritroviamo nella seconda guerra mondiale, con l’erosione del nazionalismo westphaliano. Personalismo e nuova funzione dello Stato in funzione dei diritti dell’uomo che porta a superare il cristallo di Hobbes (cioè obbedienza cieca e assoluta nei confronti dello stato)—> trasformazione del vincolo di obbedienza e della finalità dello Stato. Questi principi si diffondono e trovano altre conferme: prima conferma—> processo di Norimberga dove nasce una nuova fattispecie penalistica—> “crimini contro l’umanità”. Umanità titolare di un bene giuridico che deve essere protetto a livello universale; bene giuridico che è superiore a degli ordini dati dallo stato stesso. Umanità come soggetto giuridico. —> Abbiamo questo passaggio nella Carta delle Nazioni Unite (firmata a S. Francisco il 26 giugno 1945): il compito delle Nazioni Unite è quello di “riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole”. Non c’è più l’ideale di potenza e affermazione, si afferma una tensione verso un’eguaglianza dei diritti. La persona torna ad essere al centro. Firmata la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (Parigi, 10 dicembre 1948): “tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti” (art 1). Attribuisce alle comunità in cui nascono delle persone il dovere di proteggere quella libertà e uguaglianza originaria. Il compito dello Stato diventa una responsabilità, è un rispondere a quella vocazione originaria dell’essere umano. —> rispetto dei diritti quale criterio di valutazione della legittimità di ogni Stato —> congedo dal totalitarismo novecentesco, ma anche dallo statualismo ottocentesco senza tornare al Settecento (le libertà umane del settecento erano delle libertà private; non solo diritti di lockiani di libertà e proprietà ma anche diritti politici e sociali; non c’era una concezione di umanità basata sulla pari dignità, era una concezione gerarchica): la Dichiarazione inverte il rapporto tradizionale fra Stato e diritti facendo degli individui, e non soltanto degli Stati, come voleva una dottrina per lungo tempo dominante, i soggetti del diritto internazionale. La nuova libertà religiosa nell’ordinamento internazionale: le Nazioni Unite La nuova libertà religiosa emerge nell’art. 18 DUDU (dichiarazione universale dei diritti dell’uomo) 1948 (questi dibattiti a livello internazionale sono contemporanei a quello che ad esempio in Italia andava maturando nell’assemblea costituente—> per la prima volta il diritto fondamentale di una nazione come l’Italia entra già in dibattito con l’ordinamento internazionale: discussione universale). “Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti”. - prima questione: legame che diventa concreto tra personalismo e diritto, cioè il legame tra l’individuo e il suo diritto. L’individuo è portatore diretto di un diritto. Questo diritto è una libertà e l’individuo si pone come arbitro di questo individuo di cui è titolare. - centralità della coscienza (non più istituzione religiosa) come bene giuridico fondativo - non c’è solo la libertà religiosa, ma inventa questa nozione triplice: libertà di pensiero, di coscienza e di religione e poi parlerà anche di credo. Dal momento in cui è la coscienza l’oggetto principale della tutela, questa libertà a livello universale non è rivolta solo alla tutela di quelli che possono essere definiti dei credi organizzati in religioni. L’oggetto del diritto di libertà religiosa è la protezione delle manifestazioni più profonde della coscienza. - libertà religiosa come scelta individuale; la prima facoltà in cui si manifesta questo diritto è la libertà di cambiare religione. Non è un approccio condiviso da tutti, i gruppi religiosi non concepiscono la libertà religiosa come scelta individuale, per le religioni la libertà religiosa non è una scelta è una risposta a una chiamata, un’appartenenza. - libertà religiosa e foro esterno - no catalogo chiuso; si puó portare la libertà religiosa nel foro esterno. Libertà di manifestare in comune o isolatamente, in pubblico o in privato. La libertà è cosi forte che non prevede limiti espressi. - Commissione per i diritti umani delle NU - dal 2006 Consiglio per i diritti umani delle NU (Ginevra) La libertà religiosa nell’ordinamento internazionale: le Nazioni Unite Art. 18 Patto internazionale sui diritti civili e politici (1966) 1.Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Tale diritto include la libertà di avere o di adottare una religione o un credo di sua scelta, nonché la libertà di manifestare, individualmente o in comune con altri, e sia in pubblico sia in privato, la propria religione o il proprio credo nel culto e nell’osservanza dei riti, nelle pratiche e nell’insegnamento. 2. Nessuno può essere assoggettato a costrizioni che possano menomare la sua libertà di avere o adottare una religione o un credo di sua scelta. 3. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo può essere sottoposta unicamente alle restrizioni previste dalla legge e che siano necessarie per la tutela della sicurezza pubblica, dell’ordine pubblico e della sanità pubblica, della morale pubblica o degli altrui diritti e libertà fondamentali. 4. Gli Stati parti del presente Patto si impegnano a rispettare la libertà dei genitori e, ove nel caso, dei tutori legali, di curare l’educazione religiosa e morale dei figli in conformità alle proprie convinzioni. Comparazione: - Non esplicitata la libertà di cambiare ma enfasi su «scelta»;
- Delimitazione esplicita dei limiti legittimi: riserva di legge, necessità, cinque finalità;
- Enfasi su «scelta» rinforzata con il richiamo – bilanciato – alla libertà religiosa «famigliare»
«Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti» (art. 18 DUDU, 1948) 1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Tale diritto include la libertà di avere o di adottare una religione o un credo di sua scelta, nonché la libertà di manifestare, individualmente o in comune con altri, e sia in pubblico sia in privato, la propria religione o il proprio credo nel culto e nell’osservanza dei riti, nelle pratiche e nell’insegnamento. 2. Nessuno può essere assoggettato a costrizioni che possano menomare la sua libertà di avere o adottare una religione o un credo di sua scelta. 3. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo può essere sottoposta unicamente alle restrizioni previste dalla legge e che siano necessarie per la tutela della sicurezza pubblica, dell’ordine pubblico e della sanità pubblica, della morale pubblica o degli altrui diritti e libertà fondamentali. 4. Gli Stati parti del presente Patto si impegnano a rispettare la libertà dei genitori e, ove del caso, dei tutori legali, di curare l’educazione religiosa e morale dei figli in conformità alle proprie convinzioni (art. 18 PDCP, 1966) Risposta costituzionale e modello internazionale Il principio pluralistico
La «conversione» costituzionale dell’ordinamento italiano Sentenza 203 del 1989: principio di laicità—> i giudici costituzionali dicono che un principio supremo dell’ordinamento costituzionale è quello di laicità. E la definizione che dà la Corte Costituzionale di laicità è pluralismo culturale e confessionale. Dall’istituzione-ordinamento (Stato e Chiesa) alla persona —> dalla libertas ecclesiae al diritto di libertà religiosa. Superamento del principio della religione di Stato. Passaggio dal monismo statale al pluralismo. Lo stato diventa plurale, è aperto alle religioni dei suoi cittadini. Riconoscimento normatività della coscienza individuale e associata (art. 2 Cost. e art. 19 Cost.) e della normatività delle confessioni religiose (artt. 7 e 8) – riconoscimento del pluralismo giuridico, anche istituzionale nel contesto del primato della prospettiva personalista Riconoscimento corpi intermedi privati sia flessibilmente organizzati (artt. 19 e 20) sia organizzati come veri e propri ordinamenti giuridici, confessioni religiose (artt. 7 e 8) – riconoscimento dell’autonomia e del pluralismo organizzativo dei gruppi religiosi.
Potere dello Stato funzionale ai diritti inviolabili della persona (art. 2 Cost.) e alla promozione dell’ uguaglianza sostanziale tra persone e gruppi (art. 3 Cost., art. 8, 1 e 3) = libertà sostanziale/ positiva – un pluralismo tutelato non paternalisticamente dallo Stato costituzionale - superamento dell’indifferenza e della sola attenzione verso libertà negativa; «uguale libertà» tra cattolici e non: «uguaglianza ragionevole»: nuova finalità del principio di bilateralità. La nostra Costituzione non persegue l’uguaglianza tra cattolici e non cattolici, persegue l’uguale libertà: non ambisce a un trattamento identico tra tutti i gruppi, ambisce ad un trattamento ragionevole, diversificato ma in modo tale che tutti abbiano comunque lo stesso grado di libertà. Per fare questo, puó essere necessario avere delle legislazioni differenti, perchè i punti di partenza e le esigenze sono differenti. Lo strumento più importante per realizzare questa diversità di trattamento ai fini dell’uguale libertà è uno strumento di carattere bilaterale, che viene perfezionato con il concorso dello stato e delle confessioni religiose. L’uguale libertà viene assicurata attraverso lo strumento delle intese, quindi accordi tra stato e confessioni religiose. Lo stesso concordato con la chiesa cattolica non ha più lo scopo di segnalare dei rapporti di forza tra ordinamenti, la bilateralità è giustificata dalle finalità del nuovo ordinamento, cioè la tutela dei diritti della persona.
Il principio pluralistico
La «conversione» costituzionale dell’ordinamento italiano (II) La Costituzione, con l’affermazione del pluralismo costituzionale, supera sia il modello liberale (individualismo stato-centrico) sia quello fascista (corporativismo statocentrico)
Lo Stato centrale conserva la “competenza delle competenze” (il diritto all’ultima parola nella sfera del civilmente rilevante) ma non finalizzato alla tutela della sua ipostatizzazione personale - lo «Stato-persona» - ma dei diritti inviolabili della persona.
La Costituzione • Artt. 2 e 19 • Art. 2 e 19 – 3 e 20 • Artt. 7 e 8 • Artt. 2, 19 e 20 • Art. 19 • Art. 19 La scelta costituzionale • Persona e diritto fondamentale • Superamento della religione dello Stato - Coscienza come bene giuridico fondativo – formazioni sociali •Confessione religiosa: modello istituzionale – peso della storia • Libertà religiosa come scelta individuale – formazioni sociali
Libertà religiosa e foro esterno – no catalogo chiuso
Limiti circoscritti
Tutela dei diritti inviolabili della persona alla base di «primazia» Stato nazionale costituzionale su Regioni e (principi supremi) ordinamento internazionale:
= art. 117 Cost.: «La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: (...)
- c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
- h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
- m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
Due profili e due fonti del diritto costituzionale di libertà religiosa La Costituzione delinea due profili del diritto di libertà religiosa a cui si collegano due fonti giuridiche differenti che devono armonizzarsi tra loro - Profilo “personale”: artt. 19 e 20 Cost: sono la proiezione del diritto internazionale sulla libertà religiosa in Italia; esprimono la concezione di una libertà religiosa come individuale, libertà, non istituzionalizzata; dimensione universalistica – individui e gruppi - legislazione unilaterale (anche sovranazionale) = ordine proprio dello Stato costituzionale come garante dei diritti fondamentali - Profilo “istituzionale”: artt. 7-8; riflettono il profilo istituzionale di libertà religiosa, cioè il rapporto dello stato con le confessioni viste come ordinamenti; storia nazionale – istituzioni religiose: confessioni religiose - diritto ad hoc: legislazione bilaterale (bilateralità necessaria) = collegamento tra ordini distinti - Gli articoli 2 e 3 e 8, 1) fungono da direttive e norme «cerniera», di collegamento, tra i due profili. Principio supremo di laicità è «olio del sistema» ed eventuale «grimaldello» costituzionale : 2, 3, 7, 8, 19 e 20 Cost. Un “moderato” pluralismo
Il modello italiano tra peculiarità ed invarianti. E’ peculiare che la nostra costituzione contenga 4 articoli dedicati alla religione—> Favor religionis ? Fattore religioso il più nominato in Costituzione: quattro articoli specifici (7, 8, 19, 20) • Centralità Chiesa cattolica: posizione del tutto speciale, un articolo dedicato, art. 7 e le altre nel «coacervo degli indistinti» (art. 8); • Centralità del profilo istituzionale del diritto di libertà religiosa: «Confessioni religiose» (7 e 8) e meno spazio per altre forme organizzative meno istituzionali (art. 20); = Conseguenza sul sistema delle fonti: la legislazione specialissima bilaterale (artt. 7 e 8) prevale su legislazione generale unilaterale (artt. 19 e 20) LEZIONE 5 15/10/2020 La speciale posizione della Chiesa cattolica Ci concentriamo sull’articolo 7 della Costituzione. A livello cronologico la discussione all’interno dell’assemblea costituente lo statuto giuridico della chiesa cattolica fu la prima questione di cui si parlò. Il fatto che l’assemblea costituente parte da un tema che ha una forte connotazione istituzionale ci conferma come anche la costituente sostenga che la chiesa cattolica abbia un ruolo importante nel nostro paese. - Legge delle Guarentigie (dichiarata fondamentale nel 1878 dal CdS) - Patti Lateranensi (=materia costituzionale ex l. 269371928) - Progetto poco conosciuto che è un progetto costituzionale che fu elaborato nella Repubblica di Salò (che dopo l’8 settembre presa forma nel Nord Italia). Articolo 8 di questo progetto ci è familiare: “i rapporti tra la Santa Sede la Repubblica sociale italiana si svolgono nel sistema concordatario, in conformità dei Trattati e del Concordato vigenti” Tutti i precedenti rispetto all’assemblea costituente, come anche progetto Biggini (dicembre 1943) hanno una caratteristica: i rapporti con la chiesa cattolica sono fondamentali. Nella repubblica di Salò troviamo anche il richiamo ai Patti Lateranensi. I costituenti (la Prima Sottocommissione) cominciano la discussione su questo articolo il 21 novembre del 1946 e concludono 27 marzo 1947. Articolo 7, come anche articolo 8, che viene posto nei principi fondamentali (“nocciolo duro” della costituzione). Art 7: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.” Domanda a cui i costituenti devono rispondere è: -Discutere prima i diritti fondamentali di libertà per tutti (sostenuto da Cevolotto del Partito Democratico del Lavoro e da Tupini della Democrazia Cristiana) o prima discutere questioni inter- ordinamentali, cioè i rapporti con la Chiesa cattolica (idea portata avanti da Dossetti, DC)? Se io parto discutendo i diritto fondamentali di tutti (come proponevano Cevolotto e Tupini) affermo una concezione secondo la quale vengono prima di tutto i diritti comuni e che poi un eventuale statuto specifico è un approfondimento dei diritti di tutti, una risposta a bisogni particolari che non trovano risposta nel diritto comune. Dossetti parte non da quello che è proprio di tutti i cittadini, parte da un approccio internazionalistico, dal rapporto dell’ordinamento dello stato con altri ordinamenti. L’unico ordinamento religioso che puó diventare l’interlocutore paritario dello stato è quello della chiesa cattolica. Cosa rivelava questa preoccupazione di Dossetti? Una preoccupazione riguardo alla Santa Sede, per la Santa Sede questa rappresentava una prova del nove rispetto alla questione romana. La Santa Sede voleva capire se poteva fidarsi della nuova repubblica italiana. I Patti Lateranensi nella Costituzione diventano un terreno di scambio: se la Costituzione accetta di conservare i Patti Lateranensi, in cambio la Santa Sede accetta il sistema democratico costituzionale. Prevalse la linea di Dossetti per il quale le due prospettive erano strettamente connesse. In realtà, c’è la preoccupazione che non si torni a uno stato separatista (= chiesa trattata come associazione privata) e che si mettano in discussione i Patti Lateranensi. Dossetti, che è stato il promotore e scritto di articolo 7 e 8, disse: “E’ un diritto della coscienza cattolica italiana di pretendere che la Costituzione, come garantisce tanti altri diritti forse meno importanti, garantisca che domani lo Stato non devii bruscamente dalla linea di fatto oggi esistente e non presuma di mettere la Chiesa alla stregua di qualsiasi società privata, invadendo così una funzione spettante ad essa in modo esclusivo, di disciplinare cioè in maniera autonoma il fenomeno religioso” Questa frase di Dossetti è anacronistica dal punto di vista costituzionale, esprime una posizione che non è più quella dell’interpretazione che la corte costituzionale dà al sistema italiano di libertà religiosa. Innanzitutto, in questa espressione non si parla di individui. C’è un richiamo alla coscienza, che è collettiva. Dossetti richiama un’identità nazionale. Identità nazione-stato che è un’identità cattolica. Parte dalla considerazione della collettività nazionale. Questa coscienza nazionale nella dialettica dossettiana assume tratti antropomorfici perchè pretende e viene vista come in grado di esprimere una pretesa e pretende che la Costituzione assicuri la continuità e che confermi all’istituzione cattolica la considerazione di particolare riconoscimento che ne faceva un ente collettivo non comparabile alle altre associazioni private. La costituzione doveva confermare alla chiesa cattolica lo statuto di super specialità. Quindi: - coscienza cattolica; richiamo ad identità nazione-stato - riconoscimento speciale del ruolo dell’istituzione cattolica - continuità - costituzione a garanzia dell’istituzione più che dell’individuo - fenomeno religioso come diritto “riservato” alle confessioni-istituzioni religiose più che come diritto umano Sembrerebbe che Dossetti negasse la possibilità di esistenza di una libertà religiosa, è come se usasse la chiesa cattolica come una sineddoche (la chiesa cattolica è la religione; la libertà Cade ogni sfumatura giurisdizionalista: nessun cenno a limiti a sovranità Chiesa e a primato Stato (cfr. proposta Togliatti). Norma specifica per Chiesa cattolica e menzione esplicita d iPatti lateranensi.
Questa mediazione passa a larga maggioranza, Cevolotto contrario. Anche Lelio Basso (PSI) contrario a menzione Patti che si tradurrebbe nella costituzionalizzazione di articoli molto distanti da nuovo spirito di Costituzione perchè nei Patti Lateranensi troviamo delle limitazione della libertà per tante persone.
Prima Sottocommissione e Commissione approvano mediazione. Si va in assemblea dove anche comunisti voteranno la mediazione Tupini che passa il 25 marzo 1947 con 350 voti contro 149.
Norma finale, composto da due paragrafi fondamentali: Art. 7 Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale. Art 7, comma 1: Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. Riconosce il pluralismo giuridico; riconosce il fatto che lo stato costituzionale repubblica ha abbandonato l’unilateralismo liberale, è uno stato post vestfaliano. Riconosce l’esistenza al pari dello stato di altri ordinamenti giuridici che sono equiparati. Due ordinamenti giuridici distinti ma NON separati, con diverse finalità. Utilizzo di due aggettivi forti (indipendenti e sovrani) e poi c’è un riferimento di un antico termine medioevale (ordo), ciascuno nel proprio ordine: idea di ordinamenti giuridici come degli insiemi.
Qual è l’effetto giuridico immediato di questa affermazione? la repubblica italiana esclude un regime teocratico: la chiesa ha un suo ordinamento e non puó invadere o guidare lo stato. Non ci sarà alcuna legittimazione teocratica. Seconda conseguenza—> sistema che esclude il giurisdizionalismo, esclude che lo stato possa ingerirsi nell’ordine della chiesa. Esclude anche il sistema opposto a quello teocratico, cioè il sistema cesaropapista. Esclude anche il seperatismo ottocentesco, esclude il fatto che lo stato consideri la chiesa come una realtà interna ad esso, una realtà subordinata.
L’articolo 7 pone però un problema: come si fa a capire qual è l’ordine della chiesa e qual è l’ordine dello stato? Non si tratta di un confine univoco, senza sfumature, però c’è un criterio che viene utilizzato: criterio che ha una proiezione di tipo positivistico, però il presupposto di questo criterio è un presupposto storico, politico, non formale. In particolare, è un criterio di tipo vestfaliano: «Competenza delle competenze» detenuta da Stato (rapporto di forza) che fissa i confini del proprio ordine con la Costituzione che esplicita le competenze dello Stato. Chi decide chi ha la competenza delle competenze, quindi la competenza nel decidere quale ordine è competente è lo Stato. C’è un primato dello Stato vestfaliano: è solo lo stato che decide ciò che è religioso e ciò che non lo è. Tutto ciò che è contenuto in costituzione fa parte dell’ordine dello stato. La costituzione costituisce la mappa in cui orientarsi per quanto riguarda lo Stato ed è lo stato che fissa questa competenza delle competenze. Perché è lo stato? non solo perchè questo è il frutto della vittoria vestfaliana ma perchè è lo stato che ha un compito che non puó cedere a nessuno, ovvero quello di tutelare i diritti inviolabili di tutti. C’è l’ordine costituzionale rispetto al quale lo stato è indipendente e sovrano e rispetto al quale la chiesa non puó esprimere alcun tipo di potere o rivendicazione e allo stesso tempo lo stato, per ciò che è al di fuori dalla sfera costituzionale, non puó rivendicare alcun coercitività nella sfera dell’ordinamento della chiesa. Questi due ordinamenti hanno una peculiarità: non sono ordinamenti distinti per distinzione territoriale, sono diritti che si incrociano, l’ordinamento canonico è un diritto di tipo personale. Come vengono regolati i rapporti tra questi due ordinamenti? tra lo stato e la chiesa, come vedremo, attraverso i patti lateranensi, ma in realtà questi due ordinamenti sono anche regolati da delle forme amministrative tecniche di tipo differente. Un tempo quando c’era lo stato confessionale ed era il braccio secolare e quindi c’era uno stretto intreccio tra questi due ordinamenti, il sistema di rapporti tra stato e chiesa era regolato dall’istituto del rinvio. C’erano due tipi di rinvii negli stati confessionali: il rinvio formale e il rinvio sostanziale. Il rinvio sostanziale consisteva nel fatto che lo stato copiasse una norma dell’ordinamento canonico e la riscrivesse in una legge e la rendeva efficace nell’ordinamento dello stato. Nel caso del rinvio formale, invece, lo stato rinviava a una norma canonica (si applica il canone X a questo rapporto). Il rinvio è tipico degli stati confessionali o giurisdizionalisti. Nel sistema di uno stato in cui i due ordini sono distinti il sistema con cui due ordinamenti possono entrare in rapporto è quello del presupposto. Il presupposto indica la possibilità che una nozione, un istituto che esiste nel diritto canonico possa ricevere delle conseguenze giuridiche anche nell’ordinamento dello stato, ma l’ordinamento dello stato non definirà quell’istituto ma considererà quell’istituto o quella nozione cosi come è regolata dall’ordinamento canonico: considererà il diritto canonico il presupposto di quella nozione. Il presupposto che attribuisce i caratteri di quell’istituto che però sarà regolato autonomamente dallo stato. Esempio: nel nostro codice di procedura penale, nell’articolo 200 troviamo il riconoscimento ai ministri di culto del segreto professionale: un ministro di culto non puó essere chiamato a deporre in giudizio e a rivelare ciò che ha appreso nel suo esercizio del ministero. C’è nell’ordinamento dello stato la parola “ministro di culto”, ma come faccio a identificarli? nella costituzione non c’è il ministro di culto, quindi il diritto italiano utilizza la tecnica del presupposto. Non farà nessun rinvio alle norme del diritto religioso, Do per presupposto quello che viene definito come tale dall’ordinamento religioso. (Non efficacia diretta degli atti e delle qualifiche di un ordinamento nell’altro: necessità di un collegamento formale (gli istituti del rinvio formale; rinvio materiale; presupposto). Art. 7, comma 2: I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.
Prima ancora che soffermarci sul richiamo esplicito ai Patti Lateranensi, soffermiamoci sulle prime parole “i loro rapporti sono regolati”: in questa apparente descrittività di questa espressione, l’articolo 7 fonda un principio essenziale che è previsto solo ed esclusivamente per la chiesa cattolica—> i rapporti tra lo stato e la santa sede sono rapporti obbligatori, cioè parliamo di bilateralità necessaria. La nostra costituzione non affida i rapporti tra stato e chiesa a delle convenzioni future, rimesse alla discrezionalità del governo. Nei confronti della chiesa la costituzione è molto più chiara: c’è un rapporto di bilateralità necessaria tra lo stato e la chiesa cattolica. La nostra costituzione nasce con un concetto, con una nozione di bilateralità fondamentale. Ovviamente questa bilateralità necessaria che esiste tra lo stato e la chiesa cattolica è un’ulteriore conferma di quello che abbiamo già visto, cioè il superamento del separatismo liberale. I liberali non volevano il concordato perchè lo stato non poteva avere rapporti paritari; qui i rapporti sono bilaterali ma sono necessari. La Costituzione cerca di attribuire ai rapporti tra la Santa Sede e lo Stato un significato diverso rispetto a quello che vigeva nell’epoca fascista perchè nell’epoca fascista i rapporti erano tra i due organismi apicali in una concezione giuridica che negava l’esistenza dei corpi intermedi; nell’Italia repubblicana questi rapporti vengono inseriti in una cornice differente. Si tratta di uno stato pluralista che riconosce le formazioni sociali e le confessioni religiose e quindi i rapporti con la chiesa cattolica rientrano in un’attitudine che la costituzione vuole presentare come un’attitudine normale di uno stato pluralista. Inoltre, se all’epoca fascista questi rapporti erano visti come il riconoscimento della libertas ecclesiae e non dei diritti fondamentali delle persone, nella Costituzione italiana i patti assumono un altro significato: non è l’esternalizzazione della protezione del diritto, è il riconoscimento di un’attitudine pluralista dello stato italiano che ha quindi accordi di cooperazione con gli altri enti tra cui anche la chiesa cattolica in vista della promozione del bene comune e della tutela dei diritti. L’altro aspetto, che è caratteristico del modello italiano, è che nel primo paragrafo si rivendica una distinzione degli ordini e quindi potremmo usare anche un termine “separazione”, nella seconda parte dell’articolo si indica un rapporto tra questi due ordini. Nel sistema italiano la bilateralità necessaria che lo stato ha con la chiesa cattolica non è ritenuta contraddittoria rispetto alla distinzione degli ordini: nel sistema italiano il concordato non è ritenuto contraddittorio rispetto alla separazione tra lo stato e la chiesa. Questo differenzia la situazione italiana da quella francese: in Francia la laicità è consacrata dall’articolo 1 della Costituzione e il principio di laicità viene declinato come separazione tra la chiesa e lo stato ed è letta come assenza di concordato. Il concordato implica un rapporto, una non separazione. Nel sistema pluralista ispirato dal principio supremo di laicità italiano che è il pluralismo confessionale culturale, i rapporti tra lo stato e la chiesa, pur essendo necessari, non sono visti come una contraddizione rispetto alla distinzione degli ordini o alla stessa separazione, anzi i rapporti sono visti come una naturale conseguenza logica della distinzione degli ordini. Perché esistono dei rapporti e un concordato? il concordato c’è perchè esistono due ordinamenti distinti.
L’inserimento in costituzione dei Patti Lateranensi è come l’inserimento di un vino vecchio in un otre nuovo. I patti Lateranensi hanno comportato l’inserimento di una norma che è sostanzialmente legata ad un altra epoca all’interno di un sistema istituzionale radicalmente nuovo che ha fatto assumere un significato diverso ai rapporti stessi. Con la chiesa cattolica i rapporti sono necessari. Come entrarono i patti in Costituzione? Restringendo lo sguardo, le motivazioni che furono portate per ottenere la maggioranza nel voto di queste norme furono diverse. Jemolo, grande eccleasiasticista, diceva che i patti lateranensi erano necessari a tutela della pace religiosa in Italia. (do ut des: la nuova repubblica trangugiava i patti lateranensi, la chiesa cattolica trangugiava una democrazia costituzionale, cioè una democrazia laica). Inoltre, la nuova bilateralità, pur se necessaria, assume un nuovo significato: tutelare le esigenze specifiche e mostrare una convergenza tra i due ordinamenti giuridici intorno ai valori primari della persona. Primo articolo del nuovo concordato 1984: dice che lo stato e la chiesa firmano quel concordato in nome della reciproca collaborazione per la promozione del bene del paese. E’ un linguaggio radicalmente diverso. Sistema bilaterale che è al servizio dei diritti fondamentali. Perde Togliatti, si rinuncia al discorso dei termini concordatari perchè avrebbe lasciato la legge di esecuzione dei patti fuori dalla costituzione, quindi la legge 810 del 1929 sarebbe rimasta una legge ordinaria. Viene motivata la proposta Dossetti che viene effettivamente votata ed entra in Costituzione.
Per attenuare il riconoscimento dei patti lateranensi in Costituzione, la Costituzione circonda l’articolo 7 di una serie di norme che tendono ad attenuare un po’ il riconoscimento eccezionale offerto ai cattolici: troviamo nella Costituzione accanto al 7, l’8 e poi il 19 e il 20 che parlano a tutti. E’ come se la chiesa cattolica ha ottenuto i patti lateranensi, ma i costituenti, per evitare che questa norma, passasse come un privilegio esclusivo della chiesa cattolica, hanno circondato questa norma di norme che tutelassero tutti gli altri. La tutela del diritto di libertà religiosa dei non cattolici dipende ed è un riflesso della tutela offerta alla chiesa cattolica. Nominare i patti lateranensi voleva dire costituzionalizzare delle norme che erano già in radicale contrasto con la Costituzione? Costituzionalizzare i patti lateranensi, visto che si trattava di norma speciale perchè trattava una materia specifica, significava costituzionalizzare delle norme superiori a quelle delle stessa costituzione in virtù del fatto che una legge generale non deroga una legge speciale? Questa era la domanda di Calamandrei. Qui c’è la grande abilità di Dossetti che dà l’interpretazione autentica alla questione della menzione dei patti: Dossetti dice che l‘articolo 7 capoverso (secondo comma) non è una norma sostanziale, ma è una norma sulla produzione giuridica. Ciò significa che questo secondo comma non ha come finalità la costituzionalizzazione del contenuto materiale delle singole norme dei patti, ma ha come conseguenza giuridica quel di assicurare alla legge di esecuzione dei patti lateranensi, cioè alla legge ordinaria 810 del 1929 una particolare posizione nel sistema delle fonti. In particolare, secondo Dossetti, la legge 810 del 1929 sarà dotata di quella che verrà chiamata forza di resistenza passiva particolare che rende la legge 810 del 1929 una fonte atipica. Questo perchè l’articolo 7 capoverso attribuisce alla legge ordinaria che rende esecutivi i patti Lateranensi una forza di resistenza passiva particolare, cioè rende la legge 810 non suscettibile di abrogazione ne di modificazione ad opera di una successiva legge ordinaria. Introduce un’eccezione nel sistema delle fonti dell’ordinamento. L’articolo 7 ha come obiettivo quello di costituzionalizzare la fonte che ha inserito le norme, in modo da proteggerla da eventuali modificazioni unilaterali che potevano provenire da parte dello stato italiano. Il 7 capoverso impedisce al parlamento (vincolo procedimentale) di procedere con un’abrogazioni o modifiche unilaterali di una legge ordinaria se non vi è il consenso della santa sede. Impedisce al parlamento di abrogare o modificare una norma utilizzando una procedura uguale e contraria senza il consenso della santa sede. Nel caso in cui lo stato volesse abrogare la legge 810 del 1929 sarebbe stato obbligato a seguire la procedura dell’articolo 138 della costituzione. Ci sono solo due strade: LEZIONE 6 22/10/2020 Ci troviamo di fronte ad un altro articolo (articolo 8) che nella discussione in assemblea costituente è sorto abbastanza tardi; questo articolo si chiamava articolo 14 e aveva una conformazione piuttosto diversa da quella che leggiamo oggi. Oggi abbiamo nella prima parte della Costituzione, nei principi fondamentali, una norma che parla delle confessioni diverse da quella cattolica: l’approvazione dell’articolo 7 dedicato esclusivamente alla chiesa cattolica ha in qualche modo attratto nella parte sui principi fondamentali anche una considerazione per i non cattolici di rango costituzionale e che rappresenta una novità perchè nello statuto albertino si aveva solo una tolleranza nei confronti di quelli che erano i culti ammessi. Art 8: Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze. Il primo paragrafo riguarda tutte le confessioni religiose (quindi anche la chiesa cattolica), mentre il secondo e il terzo riguardano solo quelle diverse dalla cattolica. Come si è arrivati alla composizione di questa norma? Si è partiti a discutere di quelli che sarebbero poi diventati gli articoli 8 e 19 della Costituzione il 21 novembre del 1946 e l’approvazione di queste due norme è avvenuta il 12 aprile nel 1947, dopo l’approvazione dell’articolo 7. E’ importante la tempistica perchè il primo tema dei costituenti era quello della soluzione dello statuto giuridico dei Patti Lateranensi nel nuovo ordinamento costituzionale. La discussione parte con l’occhio rivolto ai non cattolici. La proposta di Cevolotto (Partito democratico del Lavoro) «Tutte le confessioni religiose che non contrastino con l’ordine pubblico, con la morale e con il buon costume, hanno pari diritto di organizzarsi liberamente, di propagandare e diffondere la loro fede, di eleggere i propri ministri e di revocarli, di aprire templi e di possedere gli edifici nei quali il culto viene esercitato. Tutti i culti hanno diritto a eguale protezione penale contro il vilipendio loro, delle loro credenze, dei loro ministri e contro il turbamento delle loro funzioni. Particolari leggi e patti concordati regoleranno il regime giuridico e amministrativo delle associazioni e degli enti morali di qualunque culto». Elementi di novità: - tutte le confessioni religiose: Cevolotto ambiva a rendere la Costituzione il luogo dove per la prima volta avrebbe potuto trovare posto una norma di rango costituzionale che avesse regolato la situazione di tutti i culti tutti insieme. Aveva come obiettivo quello di superare il regime di specialità che sia lo stato liberale che quello fascista avevano riservato alla Chiesa Cattolica. - questa norma comprende insieme sia la dimensione istituzionale del diritto di libertà religiosa, sia la dimensione personale del diritto di libertà religiosa: garantisce a tutte le confessioni religiose la dimensione istituzionale e quindi il pari diritto di organizzarsi liberamente, di propagandare ecc (autonomia istituzionale organizzativa) e poi quella personale (libertà religiosa individuale o associata). - Cevolotto voleva usare la Costituzione per ripulire la legislazione precedente perchè nel momento in cui la norma di Cevolotto assicurava uguale protezione penale contro il vilipendio immediatamente le norme del codice penale, del codice Rocco, sarebbero risultate contrarie alla nuova Costituzione (tutela unitaria). - considerazione particolare dei patti concordati e delle particolari leggi; in Cevolotto emerge qualcosa che è più legato alla società contemporanea, a una dimensione contrattualistica dei rapporti tra lo stato e gruppi religiosi che non riguardava appunto più solo la chiesa cattolica, ma addirittura che non riguardava più gli enti di vertice perchè per Cevolotto le particolari leggi e i patti concordati avrebbero regolato il regime giuridico non solo delle confessioni religiose, ma anche delle associazioni e degli enti morali—> contrattualismo diffuso. Nei cattolici restava forte l’idea per cui la loro libertà religiosa dipendesse dal concordato e non dalla Costituzione. La norma di Cevolotto andava oltre il disegno che la Democrazia Cristiana auspicava. Infatti a questa proposta di Cevolotto risponde Dossetti: «Ogni uomo ha diritto alla libera professione delle proprie idee e convinzioni, alla libera e piena esplicazione della propria vita religiosa, interiore ed esteriore, alla libera manifestazione, individuale e associata, della propria fede, alla propaganda di essa, al libero esercizio, privato e pubblico, del proprio culto purché non si tratti di religione o di culto implicante principi o riti contrari all’ordine pubblico e al buon costume» Dossetti, di fronte alla proposta di Cevolotto che era una proposta unitaria, dove dimensione istituzionale e dimensione personale venivano trattate allo stesso modo e la conseguenza era un uguale trattamento anche della dimensione istituzionale, opera una divisione, una frammentazione dell’impostazione di Cevolotto. Dossetti propone un articolo che propone un riferimento di carattere universalistico, sempre rivolto a ogni uomo, ma non c’è più nessun riferimento alla dimensione istituzionale; accoglie l’universalismo di Cevolotto ma solo per la dimensione personale. Discussione veloce in ultimo giorno di sottocommissione, esclusa rilevanza costituzionale di materia penale, quella deve essere lasciata al legislatore, non puó diventare una materia costituzionale; La sottocommissione sceglie il progetto Dossetti: sui non cattolici si sofferma soltanto sulla dimensione non personale. Tutela dei non cattolici, ma non le confessioni religiose dei non cattolici, bensì gli individui. Per i cattolici si tutela subito l’istituzione, quindi proteggendo il concordato si protegge la libertà religiosa dei cattolici; per le confessioni religiose, avviene il contrario: non essendoci un concordato, si parte dai singoli fedeli e dalla protezione dei fedeli si voleva risalire alla protezione dell’istituzione. Questa norma di Dossetti è quella che costituirà fondamentalmente il cuore dell’articolo 19. In questo momento l’articolo 8 non l’abbiamo; una volta respinta la proposta di Cevolotto che conteneva l’attenzione all’elemento istituzionale, c’è solo quello personale. Una volta che viene approvata la proposta Dossetti abbiamo il 19, ma non abbiamo l’8. Tutela dei non cattolici Innanzitutto, inizia una tutela di tipo personale, ma quella istituzionale tarda ad emergere. La chiesa cattolica non confluisce in tutela istituzionale unitaria perchè appunto vuole un diritto specialissimo, non accetta di essere regolata da un diritto speciale di libertà religiosa comune a tutti. La proposta di Cevolotto viene appunto accantonata e di questa proposta si salva la dimensione individuale assunta da Dossetti. L’idea di fondo della Democrazia Cristina era quella di non toccare affatto in Costituzione la dimensione istituzionale: lasciare tutela istituzionale di altri culti al legislatore. In più in questo stadio del dibattito, la proposta di Dossetti comprendeva anche il riconoscimento della religione cattolica come religione dello stato (non necessariamente sopruso ma coerenza con stato confessionale); nel momento in cui sono uno stato confessionale è chiaro che la mia costituzione si occuperà della chiesa dello stato. Nel marzo del ’47 viene approvato l’articolo 5, che poi diventa il 7: quindi i cattolici sono al sicuro nella loro dimensione istituzionale. La sicurezza raggiunta dai cattolici fa scattare quello che poi diventerà una costante: la tutela giuridica dei non cattolici sarà sempre un riflesso della tutela giuridica accordata ai cattolici. Una volta che i cattolici sono al sicuro, diventa più semplice riaprire la questione aperta da Cevolotto: si puó riprendere in mano anche la dimensione istituzionale dei non cattolici che era stata accantonata. Sarà un deputato comunista, Terracini, che proporrà un emendamento dove riappare la questione istituzionale dei non cattolici. Riappare aggrappata alla tutela istituzionale che l’assemblea costituente aveva riservato ai cattolici. L’emendamento Terracini ad art. 5 (PCI) Le altre Chiese sono regolate dalle proprie norme che lo Stato riconosce in quanto non contengano disposizioni contrarie alla legge. I rapporti fra lo stato e le altre chiese sono regolati per via legislativa, d’intesa con le loro rappresentanze legittime. - «altre Chiese»: c’è un punto di riferimento molto più istituzionale di quanto non ci sia in Cevolotto; modello art. 7 fa riemergere prospettiva istituzionalistica in maniera più istituzionale rispetto a originaria proposta di Cevolotto; questo emendamento, che conferma la forza paradigmatica della tutela giuridica riservata ai cattolici, consente anche alla dimensione istituzionale di emergere anche per i non cattolici. - Conferma di distinzione tra dimensione personale (universalista-comune) e istituzionale (primato cattolico) ma comincia a precisare una tutela per dimensione istituzionale di non cattolici; - Manca riferimento ad uguaglianza ma è mantenuta bilateralità - Linguaggio ancora «impreciso»: «riconosce», «per via», non si capisce bene cosa voglia dire. Moro e Tupini (DC) erano d’accordo con questa proposta di Terracini. Anche Dossetti, sebbene sottolinei come non tutte siano ordinamenti giuridici e non tutte dotate di rappresentanza (per rimarcare super- specialità di Chiesa cattolica);
Lucifero (partito liberale): insiste con la visione classica del liberalismo; i non cattolici non vanno trattati nell’articolo art.5, ma nell’art. 14 su libertà religiosa. La sua idea è quella di mettere insieme la proposta di Dossetti con quella di Terracini e fare un unico articolo. Durante la discussione in sottocommissione viene formulato nuovamente questo articolo che viene immediatamente accettato:
=“Le altre confessioni hanno il diritto ad organizzarsi secondo i propri statuti in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge su base di intese, ove lo richieggano, con le loro rappresentanze.”
Va bene a tutti, anche a DC che pensa, così, di avere più facile via libera ad art. 5 (e di distinguere ancora meglio posizione di Chiesa cattolica).
Lucifero ottiene spostamento ad art.14 su libertà religiosa. Ma non di iniziare articolo con «Tutte le confessioni».
Momento in cui articolo 5 (7) è al sicuro e abbiamo recuperato le due dimensioni della libertà religiosa, personale e istituzionale, che sono per ora insieme nell’articolo 14, quello che poi diventerà il 19. Numerosi emendamenti per introdurre: «Tutte le confessioni religiose sono eguali davanti alla legge» Ritenuta non contraria ad art. 5 perché là oggetto Chiesa cattolica come ordinamento giuridico internazionale non religione cattolica come confessione.
Per altri incompatibile con art. 5: strumentalizzazione uguaglianza ragionevole di Francesco Ruffini (distinzione tra libertà religiosa e posizione giuridica di associazioni religiose, contra Francesco Scaduto: non lasciarsi condizionare dai fatti);
Reazione cattolica: usa qui una categoria del principio di uguaglianza che prende piede negli anni della costituente, cioè i concerto di uguaglianza ragionevole. Ai tempi della costituente non era sofisticato il ragionamento sull’uguaglianza ragionevole, veniva tradotto non solo come uguaglianza sostanziale, ma anche come dare a ciascuno il suo, quindi trattare in modo uguale situazioni uguali e trattare in modo diverso situazioni diversi. La DC usa il principio dell’uguaglianza ragionevole per contrastare questo articolo, dicendo che la Chiesa Cattolica non può essere ritenuta uguale alle altre, deve avere un trattamento diversificato perchè è un’organizzazione diversa e nel fare questo la DC fa un gioco un po’ sporco perchè usa no dei grandi giuristi dell’età liberale, Francesco Ruffini. Francesco Ruffini nel 1924 scrive uno dei migliori manuali di diritto ecclesiastico; liberale e anti concordatario, egli sosteneva che ai liberali che volevano regolare lo statuto giuridico della chiesa cattolica con le norme del codice civile diceva che non potevano paragonare la chiesa cattolica alla bocciofila. La DC usa Ruffini, che faceva una comparazione tra un ordinamento religioso e un ordinamento privato del tutto secolare come la bocciofila, e usa questo paragone per trasformalo in un paragone tra la chiesa cattolica e l’ordinamento delle altre chiese. E’ un sillogismo falso quello che utilizza la DC usando l’argomento di Ruffini, però è un ragionamento che avrà una sua capacità di persuasione. La grande battaglia intellettuale tra gli ecclesiasticisti de diciannovesimo secolo vedeva Ruffini e Scaduto (fondatore del diritto ecclesiastico universitario) che invece era per l’assoluta uguaglianza e per la supremazia dello Stato che doveva trattare tutti allo stesso modo senza farsi condizionare dai fatti.
Allora—> proposta di Cappi e Gronchi (DC): «Tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge». (Primo comma articolo 8) conseguenza dell’incostituzionalità di una legge che regola la vita di un gruppo religioso è che lo statuto di una confessione religiosa diventa un parametro di costituzionalità: se una legge vuole dettare delle norme sulle confessioni religiose e questa legge contrasta quella che la confessione si è data come proprio statuto, tra una legge del parlamento e uno statuto di una confessione religiosa, vince lo statuto perchè l’articolo 8 secondo comma attribuisce a quello statuto una forza di parametro di costituzionalità di una particolare legge che vuole ingerirsi nell’organizzazione interna di un culto. Perché “nel limite dell’ordinamento giuridico dello stato”? quel limite riguarda il caso in cui lo statuto della confessione religiosa pretendesse di avere effetti nell’ordinamento dello stato, ad esempio nel caso in cui il gruppo confessionale volesse perseguire uno dei suoi membri per violazione dello statuto. Non si puó obbligare un fedele ad un facere specifico. In quel momento scatta un controllo da parte della repubblica sullo statuto: se quello statuto è conforme ai principi generali dell’ordinamento dello stato, quello statuto avrà efficacia civile; se quello statuto è in contrasto con quello che lo stato dice, non avrà alcuna efficacia nell’ordinamento dello stato e l’individuo potrà chiedere protezione dalla forza dello stato contro la confessione, ma quella riserva di statuto è garantita: lo stato non ha competenza a dichiarare una nullità dello statuto di una confessione perchè lo statuto non appartiene all’ordine dello stato. Lo stato potrà solo dire ch è inefficace civilmente. Affinché atti di una confessione religiosa diversa ricevano un riconoscimento ed effetti civili nell’ordinamento dello stato, occorre un collegamento: lo stato deve riconoscere la nozione che ad esempio danno i protestanti di ministro di culto. Non c’è un’operatività immediata di un atto nell’ordinamento dell’altro. Grazie alla tutela dell’articolo 7, anche i non cattolici hanno avuto un raggio di quella tutela che ha portato ad un articolo scritto in maniera meno precisa ma che poi è stato interpretato in modo identico all’articolo 7 primo comma. Art 7,2 e 8,3 logica bilaterale: il principio di bilateralità 1. quando si deve rispondere alle peculiari necessità di singole confessioni occorre seguire via della bilaterali: divieto di leggi unilaterali statali su singole confessioni religiose ma legge bilaterale, contrattata, per differenziare tutela di specifiche identità (espressione del principio di uguaglianza sostanziale/ragionevole: 3,2 Cost.) Terzo comma dell’articolo 8: stesso rapporto che è stato riconosciuto all’articolo 7; l’indipendenza e la sovranità dello stato è il presupposto dei rapporti bilaterali; perchè lo stato italiano ha adottato una laicità contrattuale, che non esclude rapporti concordatari? perchè questa so traduce prima di tutto come laicità pluralismo, come riconoscimento dell’esistenza di più ordinamenti giuridici. Il fondamento di questa laicità pluralismo lo troviamo nel primo comma dell’articolo 7 e la conseguenza è la bilateralità dei rapporti con l’ordinamento canonico. La stessa cosa accade qua: il secondo comma dell’articolo 8 riconosce l’autonomia confessionale e la conseguenza è che se ci devono essere dei rapporti questi non sono necessari come nell’articolo 7: se dei rapporti devono esserci, vanno regolati sulla base di questo nuovo istituto—> intese. La logica bilaterale è una derivazione della logica dell’autonomia confessionale, ma il riconoscimento dell’autonomia confessionale delle istituzioni religiose incide sulle fonti del diritto italiano, chiamate a regolare la libertà religiosa; la Costituzione (7,2 e 8,3) dice che quando lo Stato vuole regolare i rapporti con una confessione religiosa determinata, non puó utilizzare una legislazione unilaterale che violerebbe la riserva di statuto e l’autonomia. Se lo Stato vuole regolare dei rapporti con la confessione religiosa, il principio di autonomia confessionale impone la bilateralità perchè è la confessione che deve essere autonoma nello scegliere se avvalersi o no di un rapporto con lo Stato. Lo schema è esattamente con il 7, con la differenza che nel 7 c’è una bilateralità necessaria. La parte istituzionale, articolo 7 e 8, prevedono alla fine una legislazione contrattata, ma la legislazione contrattata con le istituzioni religiose non sostituisce la legislazione che deve essere emanata per adempiere agli articolo 19 e 20. La legislazione bilaterale prevista dal 7 e 8 riguarda un aspetto specifico della vita religiosa, cioè i rapporti tra lo stato e le singole confessioni religiose e in particolare riguarda tutte quelle questioni a cui lo stato non potrà rispondere con una legislazione unilaterale. La norma contrattata riguarda le specificità confessionali, quegli aspetti che non possono essere regolamentati unilateralmente dallo stato perchè riguardano delle specifiche identità confessionali che richiedono l’intesa. La legislazione italiana in materia di libertà religiosa si divide in due tipi di fonti: fonti bilaterali che discendono dal 7 secondo comma e 8 terzo comma e una fonte unilaterale che riguarda il 19 e il 20 (riguardano dei bisogni comuni, generali; si parla di questioni non coinvolgono gli ordinamenti religiosi nella loro specificità). Nel diritto di libertà religiosa esiste un diritto speciale e comune (19, 20) e un diritto specialissimo (riguarda delle confessioni ad hoc, disposizioni specifiche bilaterale perchè incidono sui rapporti dello stato con un ordinamento religioso). Art. 8, 1 Cost., il «diapason» : «Tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge» Questa norma, nata per caso, è in realtà una norma fondamentale. E’ l’unica norma relativa al profilo istituzionale che tratta congiuntamente cattolici e non – uno dei principi caratterizzanti il principio di laicità dello Stato nella sua dimensione di tutela del pluralismo. Pur nata casualmente, costituisce un criterio interpretativo di tutta la legislazione bilaterale, cioè del trattamento riservato ai gruppi religiosi. Ciò che attiene a nucleo essenziale di diritto di libertà religiosa, ciò che attiene alla LIBERTÀ, deve essere fruito in uguale misura da tutte le confessioni religiose, indipendentemente dal tipo dei suoi rapporti con lo Stato (= indipendentemente dal fatto se confessione ha intesa con Stato oppure no); La corte costituzionale ha ritenuto questa comma come uno dei cuori del principio della laicità dello stato. Il principio di uguale libertà rende possibile la diversità di trattamento legislativo su base di intese da parte della repubblica e quindi la repubblica con l intese puó stipulare dei regimi giuridici diversificati per le confessioni religiose, ma l’esito di queste legislazioni contrattate specifiche e bilaterali non puó compromettere la libertà delle confessioni religiose che deve restare uguale a quella delle altre. Non possibile fare dell’intesa il presupposto per un trattamento diversificato delle confessioni religiose in relazioni alle necessità comuni connesse al diritto di libertà religiosa (= riservare il finanziamento pubblico per la costruzione dei luoghi di culto alle sole confessioni con intesa). Ciò presuppone adeguata tutela di dimensione condivisa e generale di diritto di libertà religiosa (artt. 19-20) e, dunque, buona legislazione unilaterale speciale generale ben bilanciata con legislazione bilaterale contrattata. Se devo regolare una situazione rispetto alla quale tutte le confessioni religiose hanno le medesime esigenze, non posso differenziare il trattamento di una confessione religiosa rispetto a un elemento comune di libertà religiosa. Non posso fare dipendere il godimento di una facoltà del diritto di libertà religiosa che deve spettare a tutti in modo uguale dall’intesa. Il concetto di intesa deve essere utilizzato applicato per un determinato gruppo religioso e per qualcosa che riguarda quel determinato gruppo religioso nel rapporto dello stato, ma non deve essere un mezzo per garantire delle libertà che dovrebbero già essere garantite a tutti i gruppi religiosi indipendentemente dal loro ordinamento e dal fatto che abbiano l’intesa o no. Ciò implica un rapporto tra la legislazione unilaterale dello stato e la legislazione bilaterale: lo stato non puó usare le intese come vuole, le deve usare solo per le specificità, altrimenti vìola il canone dell’uguale libertà delle confessioni religiose. IL PROFILO PERSONALE Art 19: Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume. Art 20: Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività. Siamo nella dimensione universalistica, non più in quella istituzionale. Art. 19 – Libertà religiosa – norma base 1) Diritto soggettivo fondamentale e inviolabile garantito a tutti (individui e gruppi: cfr. art. 2) che comprende sia opzioni religiose che opzioni di coscienza non (positivamente) religiose, ateismo e agnosticismo: diritto di libertà religiosa come diritto fondamentale indivisibile nei suoi elementi essenziali e le cui facoltà sono indicate in maniera aperta e non tassativa. 2) Diritto fondamentale limitato (eccezionalmente) solo nelle manifestazioni esterne: foro esterno (libertà relativa) – foro interno (libertà assoluta) – limite esplicito: buon costume/implicito: diritto penale. Questo articolo non nasce già come aperto alla considerazione della libertà di convinzione e di coscienza, però la Corte Costituzionale ha dato un’interpretazione a questo articolo progressivamente più ampia. E’ una norma che tutela lo spazio della coscienza. Art. 20 – Libertà associativa – norma di completamento 1)norma che vuole evitare la discriminazione dell’associazionismo per finalità religiose e riconoscimento del pluralismo delle forme organizzative (= non solo confessioni/istituzioni) FONTE DI PRODUZIONE: Legge unilaterale speciale: responsabilità dello Stato nel regolare IN MODO INDIFFERENZIATO E IN VIA GENERALE, per tutti i soggetti e i gruppi, quelle materie che non necessitino della presa in conto di identità ed esigenze peculiari (3, 2 Cost.) – base della legislazione contrattata Il diritto di libertà religiosa: i titolari «TUTTI» •Stranieri e apolidi = non si applica reciprocità •Individui e gruppi: diritto individuale e collettivo originario (ex art. 2 Cost.: primato personalistico guida bilanciamento tra le due titolarità originarie). •Possibili tensioni gruppo-individuo: = Ordinamento statuale non presta tutela all’individuo che rivendichi la qualifica di appartenente di fronte a contrarietà autorità religiosa: incompetenza (artt. 7, 1 e 8, 2 Cost.); = Ordinamento statuale bilancia, tuttavia, libertà religiosa del gruppo e libertà religiosa del singolo salvaguardando sempre i diritti fondamentali (ma senza mai formalmente annullare gli atti degli ordinamenti religiosi, ma solo rendendoli inefficaci sul piano civile, oltre a poter prevedere risarcimento danni). Caratteri generali: il diritto di libertà religiosa, un diritto fondamentale • Diritto inviolabile ex art. 2 Cost.:
- Dimensione personalistica (superamento di concezione istituzionalistica di fascismo) - indisponibile, intrasmissibile ed imprescrittibile, non può essere oggetto di valide rinunce e transazioni (es. in materia di diritto di famiglia o di patti prematrimoniali); • Diritto soggettivo erga omnes:
- Anche contro p. a. di fronte a giudice ordinario per evitare che degradi a mero interesse legittimo, come in epoca fascista = Limite nei confronti delle attività poste in essere tanto dal legislatore, quanto dalla pubblica amministrazione, quanto dai privati (anche fedeli), singoli od associati (Drittwirkung). - Violazione libertà religiosa comporta danno esistenziale e può comportare possibilità di risarcimento anche verso p. a.: danno non patrimoniale. Un sistema delle fonti rinnovato Superamento indifferentismo astensionista e formale liberale e interesse legittimo (discrezionalità altissima) fascista •Diritto speciale generale o d. s. comune: diritto espressamente previsto per regolare il diritto di libertà religiosa in maniera unitaria, in relazione alle esigenze condivise di libertà religiosa = legge unilaterale -Diritto specialissimo: diritto espressamente previsto per regolare il diritto di libertà religiosa in maniera differenziata, quando occorra far fronte ad esigenze specifiche di libertà religiosa di uno specifico gruppo religioso = concordato e intese = legge negoziata = bilateralità -Diritto comune: diritto che non mira direttamente a regolare il diritto di libertà religiosa ma che può essere utilizzato anche per finalità legate all’esercizio di tale diritto = legge unilaterale LEZIONE 7 27/10/2020 Le tre sfide nell’attuazione dell’art. 8 Cost. L’obiettivo generale: uguale libertà delle confessioni religiose Un gruppo si puó definire confessione religiosa, ma lo stato controllerà che le attività di quel gruppo siano effettivamente religiose e quindi che quel gruppo svolga quelle attività che per lo stato siano religiose. Corte cost. n. 195 del 1993: accanto all’auto-qualificazione, devono essere individuati determinati requisiti: «la natura di confessione potrà risultare anche da precedenti riconoscimenti pubblici*, dallo statuto** che ne esprima chiaramente i caratteri o comunque dalla comune considerazione***» - precedenti riconoscimenti pubblici: riconoscimento della pubblica amministrazione. Ad es. riconoscimento come ente di culto ex l. 1159, approvazione ministri di culto ex l. 1159; il ministro di culto gode di alcune tutele nell’ordinamento dello stato. Se una confessione religiosa ha visto alcuni suoi ministri di culto riconosciuti dallo stato, quel gruppo sarà molto probabilmente una confessione religiosa. *** Il criterio più importante è il criterio del pubblico riconoscimento: nella prassi le trattative per le intese che sono aperte solo alle confessioni religiose vengono avviate solo per i gruppi che siano già stati riconosciuti come enti di culto dal ministero dell’interno ai sensi della legge sui culti ammessi. - statuto (benché non obbligatorio); - criterio storico-sociologico: considerazione di opinioni di esperti. *** il riconoscimento come «ente di culto» ai sensi della legislazione sui culti ammessi viene considerato nella prassi come riconoscimento della natura di confessione religiosa visto che, per prassi, il Governo avvia le trattative per la stipulazione di intese SOLO con gruppi che siano stati riconosciuti come «enti di culto» Problema è che così un riconoscimento di una identità religiosa diviene discrezionale (cfr. infra) e non legato ad accertamenti tecnici come la Corte imporrebbe (dipende dalla volontà politica del governo). 2. I confini dell’autonomia confessionale (7, 1 e 8, 2) Autonomia confessionale: ciascuna confessione religiosa è libera nello scegliere il proprio patrimonio dottrinale e nell’organizzarsi come crede. Art. 8, 2: la questione della riserva di statuto. E’ lo statuto che esprime sia il patrimonio dottrinale o la sua natura e volontà di volere essere confessione religiosa sia la sua struttura organizzativa. Lo Statuto formalizzato, scritto è facoltà, NON è obbligatorio ma la sua assenza limita possibilità di riconoscimento come confessione: impossibile riconoscimento come ente di culto. Nella prassi i gruppi che vogliono essere riconosciuti come confessioni hanno tutti uno statuto.
Lo statuto deve contenere: 1. chiara indicazione delle finalità (quindi l’auto-qualificazione e le attività che vengono svolte) 2. struttura organizzativa 3. riferimento ai mezzi di sussistenza; Lo statuto indica natura confessionale di formazione sociale: funge da strumento per l’auto- qualificazione del gruppo come confessione religiosa = esprime IDENTITÀ DI CONFESSIONE (ecco perché Stato incompetente).
Lo statuto, oltre a esprimere auto-qualificazione, esprime la prevalenza delle finalità di religione e di culto di confessione religiosa, le sue attività in linea con parametri previsti da ordinamento statuale. L’autonomia confessionale come autonomia statutaria Lo statuto può essere oggetto del controllo pubblico che può avvenire in tre casi principali: - Richiesta di riconoscimento come ente di culto al Ministero dell’Interno; - Approvazione di un ministro di culto legato al gruppo da parte del Ministero dell’Interno; - Verifica da parte di enti locali territoriali o altre p. a. per verifica natura religiosa di gruppo in caso di richiesta di godimento di facoltà di diritto di libertà religiosa (apertura luoghi di culto; invio ministri di culto per assistenza spirituale ...) I tre casi costituiscono un «riconoscimento pubblico» (ex Corte cost. 195 del 1993) che depone a favore del riconoscimento della natura di confessione religiosa
ALTRI MOMENTI DI CONTROLLO - Lesione di bene giuridico individuale per mancata applicazione di statuto confessionale o a causa di statuto lesivo di tali beni giuridici: art. 2 Cost.—> es. un membro della confessione religiosa rivendica di aver subito un danno. Qui il giudice controllerà lo statuto della confessione religiosa. - Opponibilità a terzi da parte di gruppo confessionale in relazione a rapporti contrattuali: rilevanza civile di statuto e oneri di pubblicità dello stesso—> nel momento in cui una persona acquisiti un bene da un gruppo religioso e poi si scopre che quel contratto è nullo o annullabile perchè chi glielo ha venduto per es. non era autorizzato a farlo. Qui lo statuto sarà oggetto di un controllo da parte degli organi giurisdizionali. La riserva di statuto: la « resistenza » degli statuti confessionali • art. 9 Regio Decreto 30 ottobre 1931, n. 1731 (diritto statale): «Eleggibili alla carica di consigliere di una Comunità israelitica, solo i soggetti di età superiore ai 25 anni, di sesso maschile, ed in possesso del diploma di scuola inferiore ovvero di grado rabbinico» —> Art. 3 della delibera del Congresso straordinario delle Comunità israelitiche italiane (statuto confessionale) del 28-29 aprile 1968 stabilì che per essere eletti consiglieri bastavano solo i requisiti dell'età e della buona condotta. Conseguenza: Corte Costituzionale n. 43 del 1988: dichiara art. 9 RD del 1931 incostituzionale. Illegittima l’ingerenza statuale nell’emanazione disposizioni statutarie. C’era un contrasto con la riserva statutaria. Da 8, 2 Cost.: fissa un principio fondamentale-_> attribuisce agli statuti delle confessioni religiose una forza di resistenza passiva molto importante. Lo statuto prevale sulla legge ordinaria perchè lo statuto riguarda materie su cui lo stato è incompetente (principio della riserva di statuto) Deriva illegittimità costituzionale di ogni norma statale che detti lo statuto di una confessione religiosa, che entri nella sua organizzazione e nella determinazione dei suoi principi = incompetenza dello Stato, violazione del principio della distinzione degli ordini distinti. Lo statuto della confessione funge da parametro di costituzionalità della legge dello Stato. Qualunque legge che sia difforme agli statuti dovrà essere dichiarata incostituzionale. Corte costituzionale n. 259/90: Illegittimità di varie norme di regio decreto 1731/30 (espressamente abrogato da l. 101/89, di approvazione dell’intesa) in quanto attributivo a Comunità israelitica status pubblicistico che la poneva sotto penetrante controllo dello Stato, anche se Corte cost. 268/1998: obbligo di nomina di un rappresentante UCEI in commissione per provvidenze a favore di perseguitati politici antifascisti o razziali ex l. n. 96/1955 Il limite all’autonomia statuaria (art. 8, 2 Cost.)
Problema che si è posto in maniera molto netta con il caso dello statuto dei «Testimoni di Geova» Consiglio di Stato (Sez. I) Parere n. 1390/del 30 luglio 1986. Negli anni ’80 la congregazione cristiana dei testimoni chiese al ministero dell’interno il riconoscimento come ente di culto. Il ministero dell’interno chiede un parere al Consiglio di Stato. Quest’ultimo esprime un parere (n. 1390/del 30 luglio 1986) che fissa dei principi molto importanti: «Va immediatamente osservato, in proposito, che al fine del riconoscimento della personalità giuridica di un’associazione religiosa, non può considerarsi necessario il sindacato volto ad accertare la compatibilità con l’ordinamento statale dell’ideologia religiosa professata» = il controllo sullo Statuto non puó diventare un controllo sull’ideologia del gruppo religioso —>applicazione diretta di art. 19 Cost. «Manca, dunque, nella Costituzione ogni riferimento al riscontro di compatibilità dell’ideologia religiosa con i principi generali dell’ordinamento o; più specificamente, con l’ordine pubblico; e si tratta di omissione significativa»; Questa constatazione permette di superare ogni perplessità in ordine alle manifestazioni di obiezione di coscienza al servizio militare (e servizio sostitutivo) al voto o alle emotrasfusioni delle quali si rendono protagonisti i testimoni di Geova. Basta osservare, in proposito che è garantito a livello costituzionale (art. 32) e legislativo (art. 14 D.P.R. 18/3/1969 n° 128) il diritto della persona a libere scelte in materia sanitaria, in assenza di disposizioni legislative che impongono trattamenti sanitari obbligatori, sicché risulta lecito il rifiuto di sottoporsi ad emotrasfusione; non può neppure revocarsi in dubbio che, ove la scelta coinvolga altre persone (in particolare sottoposte alla patria potestà o tutela), e ne derivi un pregiudizio alla salute di quest’ultime o addirittura la loro morte, tali eventi comporteranno la responsabilità penale, naturalmente personale, di colui che quella scelta ha compiuto. Il limite all’autonomia statutaria Il controllo riguarda le norme organizzative contenute nello statuto, NON i principi religiosi né i testi fondativi (Bibbia, Corano ...): incompetenza Stato; Censurate le violazioni più macroscopiche dei diritti individuali nelle formazioni sociali: sono norme inaccettabili per l’ordinamento dello stato, non ci possono essere nome che violano i principi fondamentali dell’ordinamento. Ad es. assenza di contraddittorio in caso di sanzioni disciplinari, divieto di recesso ...; collegamento con art. 2 Cost. Il limite riguarda i principi fondamentali che non possono essere violati. Tuttavia, analogia, NON omologazione = statuti confessionali non devono essere identici a norme civili. Peraltro ex ....
... Corte cost. n. 43 del 1988: il limite
«si può intendere riferito difatti solo ai principi fondamentali dell'ordinamento stesso e non anche a specifiche limitazioni poste da particolari disposizioni normative»
Cosa succede al gruppo religioso che ha uno statuto con delle clausole contrarie alla Costituzione? Quel gruppo non diventa un gruppo illecito, potrà vivere ugualmente come confessione religiosa, ma la parte di statuto contraria ai principi fondamentali dello stato è una parte di statuto ritenuta inefficace.
Le clausole statutarie «incompatibili» (perché contrarie a ordinamento giuridico italiano) Annullabili ? Nulle ? Inefficaci ? = inefficaci nell’ordine interno dello stato, salva applicazione normativa statale penale se il fatto costituisce reato + eventuali cause risarcitorie. Non possono essere nulle o annullabili perchè lo stato non ha la competenza per dire ciò, puó solo dire se è efficace o inefficace nell’ordinamento giuridico dello stato.
• Confessione con statuto incompatibile
= inefficacia + diritto comune ?
= esclusione di protezione in toto ex art. 19 Cost.? Preferibile prima opzione: inefficacia + diritto comune «Data poi la tendenziale indeterminatezza delle possibili confessioni religiose, tutte ammesse nell'ordinamento purché non caratterizzate da riti contrari col buon costume, l’art. 8 Cost. impone la conformità degli statuti ai princìpi dell’ordinamento italiano. In caso contrario, il culto rimarrà pur sempre "ammesso" ma la confessione non potrà autoorganizzarsi, dovendo invece attenersi ai canoni organizzativi dell’ordinamento nel quale opera, come qualunque altra associazione avente diverse finalità» (Cons. Stato, parere 1390/1986) . Erosione contemporanea dell’autonomia confessionale? Interventi di Stati europei volti all’organizzazione del culto musulmano: - Interventi statali per la formazione degli imam in funzione del contesto europeo; - Interventi volti a favorire l’uso della lingua italiana nel culto musulmano -Omologazione «spontanea» per giovare dei benefici della legislazione bilaterale 3. Operatività della legislazione bilaterale (7, 2 e 8, 3) Le intese sono il massimo riconoscimento pubblico per le confessioni religiose e queste intese formalizzano le relazione che si instaurano tra l’ordinamento dello stato e l’ordinamento confessionale (bilateralità) Con Chiesa cattolica c’è una bilateralità obbligatoria; con le altre confessioni la bilateralità è specifica ed eventuale, dipende dall’incontro di volontà.
Rapporti istituzionali apicali: La materia dei «rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose» è riservata alla competenza esclusiva dello Stato (art. 117, 2, lett. c) Criteri della Corte Costituzionale - Criteri negativi - «Il concordato o l’intesa (= la bilateralità) NON possono costituire conditio sine qua non per l’esercizio della libertà religiosa» (Corte cost., n. 63 del 2016); (la libertà religiosa prescinde dall’intesa)
- «A prescindere dalla stipulazione di intese, l’eguale libertà di organizzazione e di azione è garantita a tutte le confessioni dai primi due commi dell’art. 8 Cost. (sentenza n. 43 del 1988) e dall’art. 19 Cost, che tutela l’esercizio della libertà religiosa anche in forma associata» (Corte cost. n. 52 del 2016);
- «La giurisprudenza di questa Corte è anzi costante nell’affermare che il legislatore non può operare discriminazioni tra confessioni religiose in base alla sola circostanza che esse abbiano o non abbiano regolato i loro rapporti con lo Stato tramite accordi o intese (sentenze n. 346 del 2002 e n. 195 del 1993)» (Corte cost. n. 52 del 2016).
Il concetto di base è che il diritto di libertà religiosa deve essere garantito a tutti. Criteri Corte Costituzionale - Criteri positivi - Sepolture e cimiteri (ebrei)
- Obiezione di coscienza al servizio militare (buddisti) = poche specificità per confessioni «cristiane» Intese tra uguaglianza e diversità • Struttura per accedere alle intese
- Omogeneità istituzionale → e l’autonomia ?
- Richiamo ad aspetti organizzativi/formali simili a Chiesa cattolica - Contenuti
- Omogeneità di contenuti → e la specialità ?
- Poche materie che riguardano le specificità confessionali Le confessioni si omologano nelle forme e nei contenuti per ottenere più facilmente l’accordo con lo Stato. Le intese «fotocopia» • Omogeneità di contenuti Finiscono nelle intese molti contenuti che dovrebbero invece trovare posto in una legge generale sulla libertà religiosa; tuttavia, la Corte Costituzionale da sola non può estendere tali contenuti perché non può valutare ragionevolezza di accordo bilaterale; occorre intervento del Parlamento. Senza legge generale speciale la Corte manca, infatti, di un tertium comparationis (elemento che la corte puó utilizzare quando deve valutare se una diversità di trattamento è legittima o no) su cui valutare l’eventuale irragionevolezza (= eventuale disparità di trattamento); = Intese «fotocopia» cessano di essere strumenti di uguaglianza ragionevole e diventano piuttosto strumenti di discriminazione nei confronti delle confessioni senza intesa: = Assenza di un adeguato diritto speciale svuota impostazione di Corte costituzionale: artt. 19 e 20 privi di svolgimento legislativo non tutelano sufficientemente profilo associativo di libertà religiosa – violazione di art. 8, 1 Cost = uguale libertà di confessioni religiose è lesa generale sulla libertà religiosa. Un fossato che si allarga Intese e concordato Confessioni senza intesa - Forza formale meno garantita: forza di - Possibilità di ric. ex legge 1159 del 1929 resistenza attiva NON riconosciuta - Nessun «beneficio» ... nessun otto per - «Benefici» attenuati: mille… ✓Matrimonio: solo riconoscimento di forma - Occorre specifica «approvazione» di di celebrazione, non di eventuali «ministri di culto» da parte del Min. Int. sentenze di nullità o divorzio ✓Insegnamento della religione nella scuola - Possibilità molto remota ex art. 23 RD pubblica: non garantito come per cattolici 289/1930 ✓Assistenza religiosa: non a carico dello Stato e - Accesso a strutture segreganti solo non organicamente e strutturalmente presente previe singole autorizzazioni ✓Altri contenuti: a differenza che nel Trattato - Non se ne parla certo… le confessioni diverse dalla cattolica non dispongono di alcun riconoscimento di extraterritorialità. Il diritto di libertà religiosa: dal progetto costituzionale alla piramide dei culti 1. Chiesa cattolica 2. Confessioni con intesa 3. Confessioni con ente esponenziale riconosciuto come ente di religione e di culto ex lege 1929 4. Confessioni affidate al solo diritto comune Il problema dell’accesso all’intesa Discrezionalità politica incontrollata di accesso a un istituto che negli anni, in assenza di una legge generale sulla libertà religiosa, è divenuto sempre più centrale e da cui dipende l’accesso a una serie di importanti «benefici» (a partire dall’otto per mille). -Il Governo difende tale discrezionalità affermando che l’intesa è un «atto politico», insuscettibile di qualsiasi controllo e sindacato giurisdizionale. - Problema per confessioni escluse -Possibile violazione artt. 24 e 113 Cost. (insindacabilità totale di scelte del Governo) e anche di 8, 1 Cost. (se trattamenti diversificati illegittimi tra confessioni sulla base di presenza, o meno, di intesa). La svolta tentata
Consiglio di Stato 18 novembre 2011 (I) - Intesa NON è atto politico: se ne ha il requisito soggettivo (proviene da organo di vertice) essa non ha quello oggettivo, non riguarda, cioè «la costituzione, la salvaguardia e il funzionamento dei pubblici poteri nella loro organica struttura e nella loro coordinata applicazione». - «l’avvio delle trattative può addirittura considerarsi obbligatorio sol che si possa pervenire a un giudizio di qualificabilità del soggetto istante come confessione religiosa» - Accertamento di qualifica di confessione religiosa atto di discrezionalità tecnica (NON politica) La svolta tentata
Consiglio di Stato 18 novembre 2011 (II) - Resta salva la possibilità «nell’esercizio della discrezionalità tecnica cui si è accennato, di escludere motivatamente che il soggetto interessante presenti le caratteristiche che le consentirebbero di rientrare fra le “confessioni religiose”» (ibid.) - Per diniego occorre atto motivato del Consiglio dei Ministri e non semplice nota del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio (ibid.) - Resta tuttavia salva «la facoltà di non stipulare l’intesa all’esito delle trattative ovvero – come già detto – di non tradurre in legge l’intesa medesima» (ibid.) = avvio di trattative: doveva essere regolamentato da una discrezionalità tecnica. Una volta accertata l’esistenza di una confessione religiosa, lo stato era obbligato ad avviare la trattativa e se proprio non voleva il governo doveva motivare il diniego.
= conclusione di trattative: discrezionalità politica. Voleva obbligare lo stato a trattare perchè voleva facilitare la conclusione delle intese, voleva rispondere ad una situazione in cui chi non arrivava a un’intesa godeva di un trattamento sfavorevole. L’appoggio delle S. U. Cassazione 16305/2013 - “pretesa all’apertura della trattativa (...) costituzionalmente presidiata: l’apertura della trattativa è dovuta in relazione alla possibile intesa L’attitudine di un culto a stipulare le intese con lo Stato non può quindi essere rimessa alla assoluta discrezionalità del potere esecutivo, che è incompatibile con la garanzia di eguale libertà di cui all’art. 8 c. - la pretesa all’apertura della trattativa (I), circoscritta al procedimento di negoziazione, è disciplinata “secondo i canoni dell’attività amministrativa”; - la pretesa mirata all’approvazione con legge (II), segue “le regole e le possibili vicende, ordinarie o conflittuali, degli atti di normazione”.
Lo stop della Corte costituzionale 10 marzo 2016, n. 52 In assenza di una specifica disciplina procedimentale il metodo della bilateralità pretende una concorde volontà delle parti, non solo nel condurre e nel concludere una trattativa, ma anche, prima ancora, nell’iniziarla. L’affermazione di una sindacabilità in sede giudiziaria del diniego di avvio delle trattative – con conseguente possibilità di esecuzione coattiva del riconosciuto “diritto”, e del correlativo obbligo del Governo, all’avvio di quelle – inserirebbe, invece, un elemento dissonante rispetto al metodo della bilateralità, ricavabile dalla norma costituzionale in esame ... un’autonoma pretesa giustiziabile all’avvio delle trattative non è configurabile proprio alla luce della non configurabilità di una pretesa soggettiva alla conclusione positiva di esse. = Senza decisione politica (= legge) che regoli procedura, Corte non se la sente di forzare la mano a esecutivo: discrezionalità assolutiva sia per avvio di trattativa sia per sua conclusione =Per Corte del resto intesa non serve per diritto di libertà religiosa, già garantito da diritto speciale .... «Tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere di fronte alla legge» Art. 8.1 Cost. autorizza regimi giuridici differenziati, purché vi sia una uguale misura di libertà di tutte le confessioni religiose Regola fondamentale del sistema • In precedenza: Chiesa cattolica vs. culti ammessi ora Chiesa cattolica INSIEME alle altre confessioni religiose, tutte titolari di egual misura di diritto fondamentale di libertà religiosa MA Assenza di legge generale speciale che fornisca cornice di base adeguata all’art. 19 Cost. mette a rischio realizzazione di obiettivi di 8, 1 Cost. rendendo ogni intesa una fonte di discriminazione per le confessioni escluse La Corte manca, inoltre, di un tertium comparationis su cui valutare l’eventuale irragionevolezza (= eventuale disparità di trattamento) connessa alla diversificazione del trattamento. LEZIONE 8 29/10/2020 Mancato svolgimento degli artt. 19 e 20 Cost. Cosa ne è stato della storia di questi articoli? Questi articoli proteggono la dimensione personale e non istituzionale del fattore religioso e proteggono una libertà religiosa come opzione personale e come opzione di gruppo che puó anche non scegliere di darsi un’istituzione confessionale; esprimono una libertà religiosa concepita come diritto costituzionale al pari degli altri rispetto al quale lo stato deve esercitare degli obblighi di astensione negativi e positivi di intervento per renderlo effettivo (uguaglianza sostanziale). Abbiamo un protagonismo da parte del legislatore, ma il legislatore non ha mai sostituito la legge sui culti ammessi del ’29. L’articolo 19 non è mai stato alla base di una riforma legislativa organica di libertà religiosa. La legge sui culti ammessi ha subito degli interventi demolitivi da parte delle Costituzione e delle Corte Costituzionale, ma non ha subito un intervento demolito da parte del legislatore. L’intervento che il legislatore ha fatto nei confronti della legge 1159 del’29 è stato rivolto a chiarire che quella legge non è più applicabile alle confessioni che riescono a stipulare un’intesa che poi viene approvata dal parlamento. Oggi la legge 1159 si applica solo alle confessioni religiose e ai gruppi religiosi che non sono riusciti ad avere un’intesa. Chi ha giocato un ruolo davvero importante nello svolgimento degli articoli 19 e 20 è stata la Corte Costituzionale—> straordinario ruolo in materia della Corte costituzionale anche per inerzia/ timidezza legislatore. Gli altri organi giurisdizionali, in particolare la Cassazione, avevano nei confronti degli articoli 19 e 20 un atteggiamento piuttosto formalista e supponente, perchè la Cassazione era orientata a leggere la libertà religiosa secondo la vecchia ottica dei rapporti inter- ordinamentali. La Cassazione guardava al Concordato, ma dava poca importanza agli articolo 19 e 20 (formalismo ordine giudiziario e in specie di Cassazione che inquadravano libertà religiosa nell’ottica dei «rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose» = primato art. 7).
Per la Cassazione l’articolo 19 non era immediatamente percettivo, per la Cassazione era una norma non vincolante politica che fissava una direttiva ma non aveva una forza giuridica. La Corte Costituzionale in una delle sue prime sentenze chiarisce che l’articolo 19 è un articolo che ha un’efficacia immediata e precettiva dell’art. 19 (cfr. Corte cost., sent. n. 45 del 1957). —> conseguenza: abrogazione di quelle parti dell’art. 1 legge sui culti ammessi sui limiti riferiti ai principi e all’ordine pubblico che subordinavano l’ammissibilità dei culti nell’ordinamento dello stato ad un controllo sui principi, e non solo sui riti, in relazione all’ordine pubblico: contrasto diretto con art. 19 Cost. Possiamo individuare un primo decennio: gli anni 50-60 Ruolo centrale della Corte costituzionale Innanzitutto, il diritto di libertà religiosa in questi primi anni trova una situazione di miglioramento in relazione a degli interventi della Corte su delle norme di carattere generale—> applicazione di diritti costituzionali «comuni e generali» già di per sé costituisce allargamento di tutela per libertà religiosa:
= 1 sentenza del 1956: illeg. art. 113 TUPS autorizzazione di polizia per affissione di manifesti e stampati; giudica illegittima una norma del testo unico di pubblica sicurezza che sottoponeva l’affissione di immagini a dei controlli di natura preventiva autorizzatoria da parte della pubblica amministrazione. Dichiarare incostituzionale questo articolo amplia le prospettive della libertà religiosa anche se la norma non riguarda strettamente la libertà religiosa.
= 27/1956: illeg. art. 18 su riunioni private e aperte al pubblico
Su diritto di libertà religiosa: garantismo parziale—>
= supera formalismo di rapporti interordinamentali per cominciare a valorizzazione dimensione personale di libertà religiosa come diritto di libertà individuale ma in forma molto precisa:
Distingue «libertà d’esercizio dei culti acattolici come pura manifestazione di fede religiosa, e le Costituzione? La persona che perde l’autorizzazione ecclesiastica perdere il lavoro? Nel 72 la Corte dice di si, perchè l’articolo 7 autorizza il licenziamento di un insegnante.
- n. 14/1973: razionale diverso trattamento religione cattolica in diritto penale: per diversa «ampiezza reazioni sociali» es. se offendi un cattolico o dici una bestemmia cattolica offendi più persone: MA ... (vedi dopo)
- n. 175/1973: riserva di giurisdizione logicamente compatibile con Costituzione: effetto di separazione ordini e non contro principi supremi
= Per Corte art. 7, 2 Cost. può giustificare diverso trattamento di situazione e dunque deroghe ad art. 3 Cost., purché questo sia razionale (= legato a specifica di ordinamento canonico) e rispettoso dei principi supremi
- C’è un avvicinamento al nucleo concordatario, ma non si tocca ancora l’impianto concordatario. Trasformazioni in atto dopo la 30/1971 - n. 169/1971, 176/1973: infondate ecc. di incostituzionalità vs. l. 898/1970 («legge sul divorzio») = qui formalismo aiuta (rinvio). La chiesa cattolica promuove dei ricorsi contro la legge sul divorzio perchè sostiene che non si puó applicare ai matrimoni concordatari. la corte respinge questa pretesa perchè il divorzio scioglie semplicemente gli effetti civili. Il rapporto matrimoniale è tutto di competenza dello stato, si svolge nella sfera civile.
- n. 32/1971: illegg. cost. art. 16 legge matrimoniale 1929 che riguardava la celebrazione di un matrimonio concordatario da parte di un incapace naturale (in profili ritenuti di ordine proprio dello Stato).
- n. 14/1973 (cfr. retro): per la prima volta invito a legislatore di intervenire su materia penale per sanare discriminazione nella tutela. Questo è importante; siamo in materia penale. Cominciamo ad avvicinarci a una concezione delle libertà religiosa come libertà di coscienza.
- n. 1/1977: leggi emanate per attuazione del Concordato non hanno speciale forza di resistenza attiva
- n. 16/1978: no referendum su 810/1929 perchè è un atto normativo assimilabile a dispositivo Costituzionale ed è equiparabile a legge di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
- n. 117/1979: «la tutela della c.d. libertà di coscienza dei non credenti in quella della più ampia libertà in materia religiosa assicurata dall'art. 19, il quale garantirebbe altresì (analogamente a quanto avviene per altre libertà: ad es. gli articoli 18 e 21 Cost.) la corrispondente libertà "negativa"» RICONOSCIMENTO LIBERTA’ RELIGIOSA COME LIBERTA’ DI COSCIENZA.
Gli anni 80 - n. 16/1982: illegittimità costituzionale dell’art. 12 legge matrimoniale 1929 -n. 18/1982 per la prima volta illegittimità di norma di derivazione concordataria (// n. 98/1965: competenza di Corte in controllo legittimità leggi costituzionali o garantite/protette da Costituzione): art. 34, 4-6 conc.: necessità di controllo sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale prima di loro efficacia in ordinamento civile ex ordine pubblico (internazionale) e difesa di agire e resistere in giudizio (= principi supremi) e negazione di efficacia civile di dispense pontificie super ratum et non consummatum. = si innesta in trattative per riforma di Concordato: agisce su «foglie secche»: nuovo Concordato accoglierà. Sistematizzazione giurisprudenziale e perfezionamento riforma concordato e avvio «stagione delle intese» che acquista una incontenibile forza attrattiva La stagione post-lateranense e delle intese • 1988 riforma importante —>nuovo codice di procedura penale: supera il giuramento davanti a Dio, fa proprio le risultanze della giurisprudenza costituzionale e il giuramento viene sostituito dall’«impegno solenne»; Rinnovato interesse per la coscienza, anche «istituzionale» - 164/85, 113/86, 409/89 e 470/89: tutela odc e dichiarazioni di illegittimità di l. 772/72 (obiezioni di coscienza servizio militare) nelle parti in cui discrimina obiezione rispetto a servizio militare - (in n. 164) prima menzione di Risoluzione Parlamento europeo: libertà di coscienza tra i diritti fondamentali - n. 196/1987: non fondatezza di questione su l. 194/1978: il giudice tutelare non può sottrarsi a decisione su interruzione di gravidanza di minore . La ragazza di minore età secondo la legge del ’78 può accedere all’interruzione di gravidanza, ma questo procedimento deve essere integrato dalla partecipazione del giudice tutelare. Un giudice tutelare voleva avanzare una richiesta di obiezione di coscienza. La 196 ritiene infondata questa richiesta perchè il giudice deve certificare dall’esterno che questa ragazza stia manifestando una determinata volontà. Quindi il giudice non puó rinunciare all’ufficio, è un giudice che accerta che vi sia una volontà positiva della ragazza. autorizzazione adversus volentem- integrazione: atto esterno a procedura di interruzione – doverosità di satisfacere officio - n. 239/84, n. 43/88, n. 259/90: in tema di comunità israelitiche a) Illegittimità di art. 4 rd 1731/30: fine di appartenenza obbligatoria b) Illegittimità art. 9 rd 1731/30 = vedi riserva di statuto (in corso trattative per intesa) c) Illegittimità di varie norme di rd 1731/30 (espressamente abrogato da l. 101/89) in quanto attributivo a Comunità israelitica status pubblicistico che la poneva sotto penetrante controllo dello Stato (in corso trattative per intesa, firmata nel 1989) Rinnovata conferma di differenza di Chiesa cattolica - n. 86/1985 e ord. 160/86: legittimo prevedere solo per «benefici ecclesiastici» (cattolici)—> esenzione tributaria INVIM: «peculiarità» canonistica di questi (legame con congrua: no additive in materia tributaria se non ratio legis). - n. 925/1988: salva la normativa penale; riferimento a «religione dello Stato», principio venuto meno con Concordato (ma lo era già con Costituzione !!), va interpretato come riferimento a «religione cattolica» - richiama poi motivi quantitativi e sociologici precedenti ma li ritiene ormai non più giustificabili per «ragioni di ordine normativo» = va bene allora punire la bestemmia come «malcostume» ma invito a legislatore di superare disparità con altre religioni. - Ma su vilipendio NON innova: varie ordinanze di manifesta inammissibilità - Inammissibilità (609/1988) per tentativo di dichiarare incostituzionale l’art. 11 del Trattato su immunità penale di dirigenti e amministratori enti centrali della Chiesa cattolica che garantisce un’esenzione dalla giurisdizione italiana di coloro che hanno cariche di vertice nel vaticano, ma viene respinto il tentativo di dichiarare incostituzionale l’articolo 11. - 203/1989: su art. 9 l. 121/1985 (insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica): riconoscimento del principio supremo di laicità (rinvio) = come principio di non indifferenza e pluralismo confessionale e culturale.
- n. 13/1991: ancora su libertà di coscienza e libertà di scelta di insegnamento della religione cattolica. - n. 422/1993; n. 43 e n. 382/1997, n. 11/1998: ancora su obiezione di coscienza al servizio militare = totale equiparazione obiettori anche in relazione a diversi profili penalistici
- n. 467/1992: no ad incontrollabile auto-qualificazione (cfr. sub confessione religiosa)
- n. 195/1993 = prima sentenza in cui si cominciano a vedere le distorsioni del regime della bilateralità: abbiamo alcun intese (almeno 4) e alcune regioni italiane nell’emanare delle leggi sull’edilizia di culto stabiliva che i finanziamenti pubblici per i luoghi di culto erano diretti solo alle confessioni con intese—> intesa non può diventare presupposto di «discriminazione nell’applicazione di una disciplina posta da una legge comune, volta ad agevolare l’esercizio di un diritto di libertà dei cittadini» (cfr. sub art. 8, 1 Cost.)
- n. 421/1993: legittimità di riserva esclusiva di giurisdizione ecclesiastica su cause di nullità (rinvio – usa la laicità per avvalorare tendenza conservatrice)
- n. 149/1995 e 334/1996: ancora su giuramento nel processo civile, dei testimoni e decisorio: laicità come distinzione degli ordini
- n. 440/1995, n. 329/1997 = prime dichiarazioni di illegittimità costituzionale di codice Rocco: su bestemmia e vilipendio di cose = additiva-manipolativa (724cp) e tutela parificata alla pena diminuita (404, 1 cp)
- Anni 90-2000: Progressiva perdita di slancio, parificazione che finisce nel 2005 della tutela penale - n. 508/2000: illeg. 402 cp (vilipendio della religione) n. 327/2002 e n. 165/2005: su turbamento funzioni religione e vilipendio di persone = parificazione su pena diminuita • Legislazione bilaterale (concordato e nuove intese) • Effetti di laicità: = «Costituzionalizzazione» di diritto comune generale (codice penale e codice procedura civile, odc) = in relazione a diritto speciale comune: luoghi di culto (no discriminazioni in relazione a norme comuni su facoltà essenziali), ma nessuna estensione di contenuti di intese: discrezionalità del legislatore Silenzio su legislazione speciale generale: la legge sui culti ammessi giace intoccata (nessun nuovo intervento della Corte se non in relazione a Regio Decreto 1731) = la pubblica amministrazione è arbitra dei riconoscimenti dei non cattolici e il Governo è arbitro delle loro intese verso cui tutti corrono. Nuovo tentativo di riformare la legge sui culti ammessi—> disegni di legge recanti Proposte in materia di libertà religiosa: 1990 (governo Andreotti): propone una proposta di legge ma non la presenta al Parlamento. 1997 (governo Prodi): presentata al Parlamento senza successo 2002 (governo Berlusconi): nessun risultato 2006/2007 (governo Prodi II): ultimo tentativo, proposta Zaccaria, Boato, Spini—> continuità e insuccesso. La legge 1159 del 29 ha una forza incredibile. Libertà religiosa e gli anni della questione musulmana La questione musulmana porta a cambiare in maniera molto radicale la questione della libertà religiosa. Arriviamo agli anni 2000 senza una legge sulla libertà religiosa, con questi interventi della corte che incidono sulla sfera individuale e sulla non discriminazione delle confessioni. Presenza numericamente significativa di una religione non cristiana: da 1.700.000 a 2.500.000, i praticanti sono più ridotti.
Diversità di appartenenze e di organizzazione ma non confessione gerarchica: estrema pluralità, modello associativo più che confessionale. Non è un modello confessionale, sono organizzati come associazioni. Gruppi musulmani cercano da tempo via di riconoscimento come enti di culto ex l. 1159/1929: perchè enti di culto—>trattamento tributario parificato a enti di beneficienza e di istruzione; forma di riconoscimento pubblico funzionale, a livello locale, a più effettiva titolarità delle facoltà derivanti dal diritto di libertà religiosa: es. luoghi di culto e assistenza religiosa (= l’ente di culto è immediatamente riconoscibile come «religioso»); solo gli enti riconosciuti come «cultuali», PER PRASSI, sono ammessi a chiedere l’apertura di una trattativa per la stipulazione di un’intesa.
Ad oggi Centro islamico culturale d’Italia (= Moschea di Roma, controllata dal Marocco) è l’unico organismo islamico italiano riconosciuto come ente di culto ex l. 1159/1929 nel 1974. Tutti gli altri gruppi musulmani sul territorio sono organizzati come associazioni o confederazioni di associazioni di diritto comune: indisponibilità del Governo a riconoscerli come enti di culto ex l. 1159/1929: uso abnorme di discrezionalità: discrezionalità politica connessa ad avvio trattative con intesa (cfr. Cc. 52/2016) estesa a riconoscimento come ente di culto che dovrebbe invece esprimere una discrezionalità di tipo più tecnico = riconoscimento come ente di culto visto in prospettiva di intesa e dunque bloccato – mero interesse legittimo.
= post-2001: islamofobia come investimento politico: tensioni Governo centrale e Regioni in tema di luogo di culto (specie Lombardia: 346/2002, 63/2016, 254/2019 (pronunce costituzionali in materia di edilizia di culto) e Veneto 67/2017).
= questione del crocifisso: Corte costituzionale NON si pronuncia (ord. 389/2004)—> lascia a CEDU e a margine di apprezzamento: religione come identità.
= 2016: Corte cost. sentenza n. 52: intesa come «atto politico» del Governo : insindacabile discrezionalità POLITICA del Governo, quindi per i musulmani arrivare all’ente di culto è impossibile. I musulmani, non potendo usare la legge 1159, si costituiscono come associazioni riconosciute per avere personalità giuridica. Associazioni di diritto comune musulmane bloccate nell’accesso al riconoscimento della loro natura cultuale come «enti di culto» ex l. 1159 tentano strada di associazioni riconosciute di diritto comune (= attribuzione di personalità giuridica) MA il Consiglio di Stato la blocca: Con riguardo alla materia del riconoscimento della personalità giuridica delle associazioni va considerato vigente il principio secondo il quale l'applicabilità della disciplina speciale sui c.d. culti ammessi , ossia la legge 1159/1929, avviene tutte le volte che si riscontri la presenza di un fine di culto nell'organizzazione dell’associazione considerata, qualunque importanza possa questo assumere nella sua esistenza giuridica (cfr., in tal senso, Cons. St., Sez IV, 25.5.1979, n. IMP.: Approvazione svincolata da riconoscimento personalità giuridica quale ente di culto del gruppo di appartenenza !!!!!!! (segue) L’approvazione dei ministri di culto R. D. 289/1930 • Art. 21 Gli uffici per gli affari di culto, assunte le altre informazioni necessarie per completare l'istruttoria e sentito il Prefetto della provincia in cui il ministro del culto esercita il suo ufficio, trasmettono gli atti al Ministero dell'Interno. L'approvazione della nomina è data con decreto del Ministro dell'Interno. Nel caso in cui i seguaci del culto, cui appartiene il ministro di culto che chiede l'approvazione della propria nomina, siano nella maggioranza cittadini italiani oppure nel caso in cui al ministro del culto spetti la facoltà di celebrare matrimoni religiosi dei propri fedeli con effetti civili, a termini dell'art. 7 della legge, il ministro del culto deve avere la cittadinanza italiana e saper parlare la lingua italiana*. • * Solo nei casi espressamente qui menzionati L’approvazione: un istituto «intrigante» •Approvazione dei ministri di culto serve oggi SOLO per celebrazione matrimoni religiosi abilitati ad ottenere riconoscimento civile; Nello stesso tempo «approvazione», proprio perché condivide «politicità» di legge del 1929, è indice di integrazione di un culto nel contesto italiano;
Nessun ministro di culto musulmano «approvato»: problema sia per Ministero sia per associazioni musulmane che forse temono potere individuale che ministro verrebbe ad assumere al di fuori di riconoscimento di struttura organizzativa del gruppo
Organizzazione da parte del Ministero dell’Interno di corsi di formazione (civica) per imam, in funzione anti-radicalizzazione (specie per assistenti religiosi nelle carceri) ma finora nessun esito amministrativo (= nessun riconoscimento).
LEZIONE 9 03/11/2020 La questione dell’edilizia di culto è estremamente importante e, sul piano pratico, estremamente significativa. Permette infatti di offrire uno spaccato sul tema del pluralismo religioso in Italia e dal punto di vista personale, e dal punto di vista istituzionale. Il libro della Prof. Marchei è intitolato “il diritto al tempio” perché possa ricomprendere qualsiasi edificio di culto, non solo quelli della religione cristiana. Il tema del “diritto al tempio” è di fondamentale importanza perché rappresenta una traduzione “pratica” e “concreta” del dibattito sul pluralismo religioso e sulla libertà religiosa. Questo dibattito è stato disciplinato perlopiù dalle pronunce della Corte Costituzionale, che si è esposta frequentemente e diversamente sulla tematica. La Corte Costituzionale si è iniziata a pronunciare sin dall’inizio dei primi anni della propria attività (iniziata nel 1956), decidendo di pronunciarsi non soltanto sulle leggi repubblicane ma anche sulle precedenti. Quindi il lavoro della Corte è stato perlopiù incentrato sul rendere coerenti il vecchio e il nuovo, i principi di ordine fascista e i principi di ordine repubblicano. Tra le prime disposizioni che la Corte ha dovuto affrontare vi sono quelle della “legislazione sui culti ammessi” che, conforme allo spirito e ai principi dell’epoca fascista, era illiberale e prevedeva controlli di stampo giurisdizionalista nei confronti di questi culti (che, benché controllati, erano ammessi purché non professassero “principi o riti contrari all’ordine pubblico o al buon costume”). La Corte si è trovata a dover mettere mano a queste disposizioni ed ha iniziato la sua revisione utilizzando l’art. 19 e l’art. 17 in combinato disposto (libertà religiosa e libertà di riunione). In una di queste prime sentenze (59/1958), la Corte affronta il problema degli edifici di culto e coglie l’occasione per fare un’affermazione di grande importanza che tutt’ora rappresenta una sorta di “bussola” di orientamento: “avere la disponibilità di un luogo in cui riunirsi e celebrare i riti della propria religione rientra a pieno titolo nel diritto di libertà religiosa ed in particolare modo nel diritto di esercitare il culto” (ex art. 19 Cost.). La Corte dice dunque che “aprire un tempio” costituisce una condizione essenziale del pubblico esercizio del culto. Bisogna aggiungere che la Corte, in questi anni, si occupava di normative della legislazione particolarmente liberticide, perché queste prevedevano che per la sola apertura di un luogo di culto diverso dal cattolico era necessaria una particolare autorizzazione amministrativa demandata ad organi politici (quindi, ampiamente discrezionale e politicizzata). Ovvio è che la presenza di questa autorizzazione limitasse fortemente il pubblico esercizio del culto (diritto costituzionalmente sancito). In questa sentenza la Corte si rivela molto coraggiosa, perché già nei primi anni in cui opera espande il diritto di libertà religiosa in modo molto netto RECUPERARE SENTENZA. Quali sono le conseguenze nel nostro ordinamento attuale? In primo luogo che il diritto riguarda tutti (cittadini, stranieri ed apolidi): l’ambito soggettivo non potrebbe essere più ampio. Quindi non può essere sottoposto un diritto di libertà fondamentale (come quello di libertà religiosa) ad un criterio di reciprocità: nel nostro ordinamento democratico, tutti godono e devono poter godere di questo diritto. Dunque riconoscere o non riconoscere a tutti (stranieri compresi) questo diritto incide notevolmente sui livelli di concreto godimento del diritto di libertà religiosa in Italia e dunque sulla misura della democrazia nel nostro paese. A questo punto si aprono però delle prospettive un po’ più dolenti. Posto lo stretto collegamento tra il diritto di libertà religiosa e il diritto ai luoghi di culto, è possibile immaginare un obbligo positivo in capo allo Stato perché questo diritto possa essere reso effettivo e possa essere riempito di contenuti? Dunque, la riconduzione della disponibilità in cui esercitare il culto al diritto di libertà religiosa implica un obbligo positivo in capo allo Stato per renderlo effettivo? Nell’ordinamento italiano vige un principio di laicità positiva, che implica non indifferenza nei confronti delle confessioni religiose e legittima interventi a favore della libertà religiosa in un’ottica di pluralismo confessionale e culturale (203/1989 Corte Cost., 508/2000 Corte Cost.). Le due pronunce mostrano chiaramente come la nostra laicità abbia un carattere positivo (talvolta in dottrina si parla di laicità all’italiana): sono dunque legittimi gli interventi dello Stato che ampliano la libertà religiosa e, soprattutto, rendono effettivo questo diritto. Questi interventi devono sempre però essere ispirati al principio di “pluralismo confessionale e culturale”: l’obiettivo da raggiungere è quello del pluralismo, in cui convivano diverse idee e diverse confessioni, e quindi questi interventi non devono creare né situazioni di privilegio, né situazioni di discriminazione. SLIDE La Corte costituzionale, già nei suoi primi anni di operatività, ha affermato che avere la disponibilità di un luogo in cui riunirsi e celebrare i riti della propria religione rientra a pieno titolo nel diritto di libertà religiosa ed in particolare modo nel diritto di esercitare il culto (art. 19 Cost.). «Con l’art. 19 il legislatore costituente riconosce a tutti il diritto di professare la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in privato o in pubblico il culto, col solo e ben comprensibile, limite che il culto non si estrinsechi in riti contrari al buon costume. La formula di tale articolo non potrebbe, in tutti i suoi termini, essere più ampia, nel senso di comprendere tutte le manifestazioni del culto, ivi indubbiamente incluse, in quanto forma e condizione essenziale del suo pubblico esercizio, l'apertura di templi ed oratori e la nomina dei relativi ministri» (Corte cost. n. 59 del 1958 in relazione alla legislazione sui culti ammessi).
Il diritto riguarda tutti: cittadini, stranieri e apolidi; Dunque: riconoscere o non riconoscere a tutti (stranieri compresi) questo diritto incide notevolmente sui livelli di concreto godimento del diritto di libertà religiosa in Italia e, dunque, sulla «misura» della democrazia del nostro paese; Domanda: la riconduzione della disponibilità di un luogo in cui esercitare il culto al diritto di libertà religiosa implica un obbligo positivo in capo allo Stato per renderlo effettivo? Nell’ordinamento italiano vige un principio di laicità positiva che implica non indifferenza nei confronti delle confessioni religiose e legittima interventi a favore della libertà religiosa in un’ottica di pluralismo confessionale e culturale (Corte cost. n. 203 del 1989; n. 508 del 2000).
L’intenzione del legislatore statale di rendere effettivo questo diritto è resa evidente dall’inserimento degli edifici di culto nel novero delle opere di urbanizzazione secondaria (anni 60 e 70 del secolo scorso) che è «l'insieme dei servizi sociali a supporto di un insediamento urbano» (scuole, asili, palestre, mercati, aree verdi ecc.).
Tale scelta rivela che il legislatore riteneva che gli edifici di culto rispondessero ad un bisogno generale (l’interesse religioso dei credenti).
La riconduzione degli edifici di culto nel novero delle opere di urbanizzazione secondaria aveva importanti conseguenze anche di ordine economico tra cui la previsione di contributi pubblici per la loro edificazione (legge Bucalossi n. 10 del 1977 art. 12, poi abrogato dal d.p.r. 380 del 2001: destinava alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria una percentuale delle somme derivanti dalla corresponsione delle concessioni edilizie ai comuni). L’intenzione del legislatore statale di rendere effettivo questo diritto è resa evidente dall’inserimento degli edifici di culto nel novero delle opere di urbanizzazione secondaria (anni ’60 e ’70 del secolo scorso), che è “l’insieme dei servizi sociali a supporto di un insediamento urbano…” (scuole, asili, palestre, mercati, aree verdi…). In quel momento storico è ovvio che il legislatore avesse in mente i luoghi di culto per la religione cattolica, quindi le Chiese e le strutture ad essa legate (oratori, cappelle, via crucis…). In quegli anni infatti, nonostante lo confessionismo dello Stato fosse stato superato dalla Carta costituzionale, vigeva ancora in larga parte quello che la dottrina ha definito “confessionismo dei costumi”. Tale scelta rivela chiaramente che il legislatore riteneva che gli edifici di culto rispondessero ad un bisogno generale (l’interesse religioso dei credenti). Questa interpretazione va recuperata nel suo significato storico, perché il venir meno del “confessionismo dei costumi” ha anche portato al venir meno di quel bisogno generale sentito dal legislatore di quegli anni ma, probabilmente, non da quello attuale. La riconduzione degli edifici di culto nel novero delle opere di urbanizzazione secondaria aveva importanti conseguenze anche di ordine economico, tra cui la previsione di contributi pubblici per la loro edificazione (lg. Bucalossi 10/1977, poi abrogata dal d.P.R. 280/2001). Questa legge destinava alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria una percentuale delle somme derivanti dalla corresponsione delle concessioni edilizie ai comuni. Questa destinazione è ora di competenza concorrente tra Stato e regioni (art. 117 Cost., governo del territorio). In un mondo ideale, lo Stato dovrebbe prevedere una sorta di legge quadro e poi le regioni dovrebbero intervenire per definire una disciplina di dettaglio. L’assenza di una disciplina statale generale è stata sopperita, ed integrata, da alcune pronunce della Corte Costituzionale dalle quali possono essere tratti alcuni principi fondamentali. Ad esempio, “in mancanza di una normativa statale che fissi i principi fondamentali della materia, spetta alle regioni fissare i requisiti che i gruppi religiosi devono possedere per partecipare al riparto dei contributi economici e delle (sempre scarse) aree edificabili e stabilire i criteri da utilizzare nella effettiva distribuzione degli uni e delle altre”. Le regioni si sono dunque ritrovate a decidere riguardo a due elementi fondamentali: 1. Quali requisiti dovessero avere i gruppi religiosi per partecipare alla ripartizione e dei contributi economici, e delle aree 2. Quali criteri dovessero essere utilizzati dalle istituzioni per decidere della effettiva distribuzione e dei contributi economici, e delle aree Le prime leggi regionali in materia risalgono agli anni ’80 (databili tra 1980 e 1990), a più riprese modificate nei decenni successivi. Non indirizzate da nessuna legge cornice, le regioni hanno utilizzato i criteri più disparati (stabile organizzazione, numerosità, presenza, riconoscimento, tradizione…). C’è stato un ampio utilizzo di forme dal quale è ovviamente seguita un eterogeneità nella libertà religiosa: alcune regioni avevano criteri particolarmente stringenti, altre più larghi. Molte regioni hanno cercato di affidarsi ad un criterio semplice, immediato, oggettivo: l’esistenza di un’intesa approvata con la legge dello Stato. Dunque, molte regioni affermavano che e i contributi economici, e le aree sarebbero state distribuite unicamente a gruppi con intesa (criterio dichiarato incostituzionale dalla Corte con pronuncia 195/1993 per contrasto con l’art. 8.1 e l’art. 19 Cost.). Questo criterio veniva utilizzato, tra le tante, dalla regione Lombardia. Nella 195/1993 viene affermato che: “Rispetto alla esigenza sopra enunciata di assicurare edifici aperti al culto pubblico mediante l’assegnazione delle aree necessarie e delle relative agevolazioni, la posizione RECUPERARE TESTO SENTENZA”. Questa sentenza è fondamentale perché la Corte, prendendo posizione circa l’utilizzo del parametro dell’intesa, enuncia principi di più ampio respiro. La suddetta pronuncia di incostituzionalità si serve di due parametri, l’eguale libertà religiosa (art. 8.1) e la libertà della confessione religiosa (art. 19). Questa pronuncia è molto coraggiosa, perché nega (sulla scia della 203/1989, che affermava la laicità dello Stato) il cd. confessionismo di costume e rimarca e il principio di uguaglianza di tutte le confessioni religiose, e il principio di libertà religiosa generale. Concretamente, la Corte sostiene che il legislatore non potesse usare il parametro dell’intesa per discriminare da confessione a confessione nel godimento dei diritti di libertà religiosa. Questa sentenza è pronunciata solo nei confronti della regione Abruzzo, con un’efficacia inter partes, tant’è che alcune regioni persistono o persistevano nell’utilizzo di questo criterio. Il caso della Lombardia Tutto quello che è stato detto deve essere declinato nel caso della Lombardia. Perché è stato scelto il caso della Lombardia? Le motivazioni sono ovviamente molteplici: 1. Noi siamo in Lombardia 2. La Lombardia ha rappresentato un caso di studio in merito alla disciplina degli edifici di culto, perché ha emanato molte disposizioni in cui si evidenzia un trend molto esplicito di superamento di quel favor che aveva spinto il legislatore ad introdurre i luoghi di culto nelle opere di urbanizzazione secondaria. Questo cambio di prospettiva particolarmente incisivo è, in Su queste due disposizioni, il doppio binario e l’approvazione del piano per le attrezzature religiose, si pronuncia la Corte costituzionale con due diverse sentenze. Queste sono però molto diverse l’una dall’altra, perché rivelano una ratio ed uno spirito molto diversi: 1. 63/2016: la Corte dichiara la non conformità a Costituzione sia della logica del doppio binario, sia dell’iter per l’approvazione del piano per le attrezzature religiose, con particolare riferimento ai controlli preventivi a tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico. In questa pronuncia v’è però la scelta di utilizzare come parametro l’art. 117 e non gli artt. 8 e 19, come nel 1993 e nel 2002. La Corte decide dunque di utilizzare la strada più semplice, quella “sulla competenza”, affermando che “la restrizione sulla libertà religiosa esorbita la competenza della regione” perché questa “ha competenza solo sul governo del territorio” e “non può esorbitare questa competenza emanando leggi che incidono, limitandola, sulla libertà religiosa”. Questa sentenza della Corte è stata molto commentata dalla dottrina, perché sembra che ci sia un passo indietro rispetto al 1993 e al 2002. La Corte, dichiarando l’incostituzionalità rispetto al 117 Cost., dichiara l’incompetenza della regione a limitare la libertà religiosa, ma non si pronuncia circa la possibilità dello Stato a limitarla. Inoltre, la sentenza della Corte è stata considerata dalla dottrina come abbastanza “elusiva”, perché com’è possibile garantire il pieno governo del territorio senza dare la possibilità di incidere sul tema della libertà religiosa? In mancanza di una legge cornice che cerchi di delimitare con precisione un ambito e l’altro, la regione non può scindere il governo territoriale dal tema della libertà religiosa. Questa pronuncia ha dunque un vulnus sillogistico, che viene meno la rivoluzionaria sentenza 254/2019. 2. 254/2019: la Corte dichiara la non conformità a Costituzione dell’obbligo di inserire le aree per la realizzazione dei luoghi di culto nel piano per le attrezzature religiose: è aperta la strada alla realizzazione di luoghi di culto che non impattino in misura importante sul tessuto urbano. In questa sentenza lo spirito cambia un poco, perché molto incentrata sull’art. 19 (non sull’art. 8), perché il problema che si affronta non è tanto quello del doppio binario quanto più quello del ruolo (non dell’iter) delle attrezzature religiose. Fondamentalmente, la Corte sottolinea come il piano per l’approvazione rappresenti una limitazione per la libertà religiosa ed un impedimento alla realizzazione degli edifici di culto. Perché deve esserci un piano di approvazione per i luoghi di culto e non per scuole, palestre, aree verdi, mercati? Qual è la ratio? La sensazione, dice chiaramente la Corte, è quella che “si voglia limitare discrezionalmente la libertà religiosa”. L’unico motivo per intervenire potrebbe essere un’armonica distribuzione degli edifici sul territorio, ma questo tema esiste solo per edifici che hanno un serio impatto sul tessuto urbano (elemento chiave la grandezza). Per gli edifici che non hanno un serio impatto sul tessuto urbano (case di culto, piccole cappelle…), non c’è nessuna ratio se non quella di limitare la discrezionalità religiosa. La Corte dichiara l’incostituzionalità della legge, dunque, per l’assenza di un contro- interesse meritevole di un bilanciamento e, quindi, per l’assenza di una ratio di bilanciamento. Il punto chiave della pronuncia della Corte è che dà la possibilità di costruire piccoli luoghi di culto, privi di “impatto in misura importante sul tessuto urbano”. Questo concetto era stato già affermato dalla giurisprudenza amministrativa (TAR), che sottolineava come i piccoli luoghi di culto non potessero essere considerati tali (una casetta dove dei musulmani si ritrovano saltuariamente in preghiera non può essere considerata al pari di una moschea). Per poter cogliere il significato della pronuncia della Corte costituzionale, è opportuno recuperare le parole della 63/2016: “RECUPERARE”. Ancora, le parole della 254/2019: “RECUPERARE”. Quest’ultimo pronuncia è rivoluzionaria, perché in modo inusitatamente chiaro e limpido sottolinea come la regione abbia avuto come unica ratio della norma quella di “limitare la libertà religiosa”. Questa onestà da una forza lapidaria alla sentenza 254/2019, perché denuncia chiaramente l’incostituzionalità della disposizione regionale senza nascondersi dietro la scusante della competenza territoriale (che apre il problema sopracitato: com’è possibile definire la competenza territoriale se è il legislatore statale a non pronunciarsi?). Questa sentenza ha un effetto pratico particolarmente importante: i gruppi religiosi che costruiscono piccoli luoghi di culto possono farlo pressoché liberamente, purché rispettino quel criterio di “bisogno” che sono rimasti validi e non sono state dichiarati incostituzionali. Recentemente, a Milano, è stato introdotto il nuovo piano per la realizzazione di “attrezzature religiose”, con il riconoscimento di alcuni luoghi di culto che sono stati “regolarizzati e legittimati”.
LEZIONE 10 05/11/2020 Tra Libertà religiosa e insulto: quando la parola ferisce. Il tema di cui ci occuperemo è un tema sempre più attuale e richiamiamo alla memoria alcuni fatti che hanno portato alla luce l’hate speech, il discorso di odio. Discorso di odio che dal punto di vista sociale puó assumere una sfaccettatura più ampia da quello che poi dal punto di vista giuridico sarebbe bene associare a questa dicitura. Questi fatti ci riportano alla mente che la libertà di religione e di espressione sono due capisaldi nella nostra tradizione giuridica, ma che spesso possono confliggere. Omicidio di Samuel Paty Prof decapitato, il terrorista pagò due studenti 350 euro per farsi indicare Samuel Paty.
Due adolescenti agli arresti. Resta in carcere anche il padre di una studentessa: fu lui a lanciare la campagna di odio online contro l’insegnante. Il giovane ceceno è entrato in contatto con Brahim Chnina, il padre di un’allieva della scuola che nei giorni precedenti è stato il promotore della campagna di odio contro il professore. Chnina, che resta tra gli arrestati, ha postato vari video in cui sosteneva che la figlia si era sentita discriminata perché Samuel Paty in classe aveva chiesto agli allievi musulmani di alzare la mano e poi di andarsene, prima di fare la lezione sulla libertà di espressione. Un racconto pieno di menzogne. Quella mattina, il 5 ottobre, la ragazzina non era neanche andata a scuola. E Samuel Paty non ha affatto separato i suoi allievi musulmani dagli altri. «Ho proposto ai miei allievi di distogliere lo sguardo per qualche secondo se pensavano di rimanere turbati per qualche motivo - aveva spiegato il professore durante le indagini seguite alla denuncia di Brahim Chnina -. Non ho mai detto alla classe “Voi musulmani potete uscire perché potreste essere turbati”. E non ho chiesto agli allievi quali fossero quelli di confessione musulmana». Il terrorista islamico Abdullakh Anzorov si è scambiato messaggi su Whatsapp con Brahim Chnina legato all’imam radicale Abdelhakim Sefrioui, anche lui autore di video contro il professore e adesso agli arresti. «Tra la loro azione e l’uccisione del professore c’è un legame causale diretto», ha detto ieri il procuratore Jean-François Ricard. Abdullakh Anzorov voleva combattere per la jihad, aveva stabilito una lista di possibili bersagli tra i quali, dopo la campagna d’odio organizzata da Chnina e Sefrioui, è entrato Samuel Paty.
Corriere della Sera on line – 22 ottobre 2020 Tutto si gioca su un sottile filo rosso, quello del bilanciamento dei diritti e nel sistema di pesi e contrappesi che l’ordinamento democratico pone alle diverse libertà fondamentali. Il bilanciamento è la caratteristica che domina le questioni dei possibili conflitti tra i diritti fondamentali. Questa vicenda ci parla di un tentativo di smuovere le coscienze dei giovani in relazioni ad alcune tematiche. Anche solo discutere di alcuni argomenti ha provocato il risentimento di altre persone che si sono sentite lese nella sfera della libertà di religione. L’attentato di Nizza-29 ottobre 2020 Attentato a Nizza, tre morti nella cattedrale. Macron: «Terrorismo islamista»
Uccise due donne e il guardiano della chiesa. Fermato e ferito l'assalitore. Parigi alza il livello di allerta antiterrorismo al livello massimo. Attacchi anche a Digione e a Gedda Poche ore dopo l'assalto alla cattedrale, alle 11.15, ad Avignone un uomo armato di coltello ha tentato di attaccare degli agenti di polizia che hanno reagito aprendo il fuoco e uccidendolo. Inoltre a Gedda un uomo è stato arrestato dopo che ha ferito una guardia del consolato francese, mentre a un afghano armato di coltello è stato fermato a Lione, nel centro della Francia. Una nuova segnalazione è arrivata poche ore dopo da Sartrouville, cittadina di 50.000 abitanti nell’Ile de France. Qui un uomo è stato arrestato e la zona attorno alla chiesa principale isolata. L’uomo, armato di coltello avrebbe avuto intenzione di entrare in chiesa e fare «una cosa come a Nizza», secondo quanto riporta il sito Le Parisien.
Corriere della Sera on line Qui la religione è impugnata come pretesto, arma per ledere la libertà religiosa di altri soggetti. Attacco terroristico a Vienna Attacco terroristico nel cuore di Vienna Azioni in sei zone, più assalitori. Colpita la sinagoga. Cinque morti, tra cui un attentatore, e 17 feriti La rivendicazione dell'Isis In serata è arrivata la rivendicazione dell'Isis sia attraverso il proprio profilo Telegram sia attraverso l'Amaq, considerato l'organo di propaganda dello Stato islamico. Secondo quanto riferisce il sito specializzato Site, in una dichiarazione l'Isis ha affermato che Abu Dujana al- Albani ha effettuato l'attacco con pistole e coltelli come "soldato del califfato". In un comunicato sull'Amaq ha diffuso anche una foto dell'assalitore definendolo un "combattente dello Stato islamico". Gli attentati di matrice terroristica si sono svolti all’esterno di edifici di culto. In tutti questi eventi la costante è stata la presenza della religione islamica, come elemento scatenante sia perchè usata come pretesto per l’azione criminale sia invece utilizzata come giustificazione di un attacco che in realtà si basava sulla lesione della propria libertà religiosa. In ogni caso, siamo davanti all’odio: odio generalizzato che scaturisce nella società in diverse forme quando le libertà sancite dall’ordinamento vengono esercitate in maniera assolutistica. Il caso Nick Conrad A metà settembre 2018, Nick Conrad, rapper parigino di colore, pubblica sul web il suo ultimo brano intitolato PLB, Pendez Les Blancs, in cui incita ad impiccare i bianchi. «Entro negli asili nido, uccido i bebé bianchi. Acchiappateli presto, poi impiccate i genitori...» («Je rentre dans des crèches, je tue des bébés blancs, Attrapez-les vite et pendez leurs parents») Rit: «Appendeteli tutti, appendete i bianchi. Nessuna pietà, muoiano tutti insieme, dai l'esempio, torturali in gruppo». Il Ministro dell’Interno francese, Gerard Collomb, ha ordinato la rimozione del video dal web. Il 9 gennaio 2019 Nick Conrad è stato processato per istigazione all’odio razziale anche se ha assicurato i media francesi che il testo non intendeva assolutamente essere razzista. La canzone, invertendo i ruoli tra bianchi e neri, vuole far riflettere su quanto la popolazione di colore ha subito in passato. E’ stato condannato a 5000,00 euro di multa e a risarcire con 2000,00 le associazioni che lo avevano denunciato, oltre alla perdita del posto di lavoro. Le modalità che ha scelto non sono conformi a quelle che la giurisprudenza indica come necessarie perchè l’espressione di un’idea possa essere legittima. L’ordinamento quando pone dei limiti ad alcune espressione di idee deve porsi nella regolamentazione di tutti. Non deve coercitivamente forzare il pensiero dei cittadini, ma se vogliono esprimere un pensiero devono farlo conformemente ai limiti dell’ordinamento per far sì che gli altri non vengano discriminati, ne lesi nella loro dignità. Le modalità di espressione sono essenziali affinché anche anche l’idea meno rispondente ai canoni di buone maniere civili rispetti la dignità degli altri soggetti. Immagini slide: ambito più sottile che riguarda quell’area del sentimento e lesione del sentimento che rappresenta per il giurista e per il legislatore un piano inclinato in cui si puó rischiare di scivolare via. 1. Vignetta di Charlie Hebdo—> riguarda il terremoto di Amatrice: si attribuiva la responsabilità del sisma a comportamenti mafiosi che avevano portato alla costruzione di case fragili e che avevano portato a fare del popolo di Amatrice penne al pomodoro e penne gratinate. Qui la lesione è dichiaratamente più soft da un punto di vista giuridico rispetto al caso di Conrad. Abbiamo un intento lesivo più sottile e espresso con forme espressive che fanno rientrare l’azione del giornale all’interno del mondo dell’espressione artistica e della satira. Già abbiamo una lesione e una percezione di contrapposizione più sfumata e possiamo entrare nel campo che al giurista rimane più recluso che è quello dell’opportunità morale dell’espressione di alcune idee. 2. rana di Kippenberger—> rana crocifissa in cui è evidente il rimando a un simbolo cardine della religione cristiana. L’autore si è giustificato dicendo che rappresenta lo sforzo del vivere, la sua inadeguatezza rispetto alla vita (boccale: propensione ad alzare il gomito). Per questa fatica della vita, l’autore si sente spesso crocefisso. C’è un discorso di opportunità di questa forma espressiva; bisogna vedere se la lesione del sentimento di appartenenza e l’opportunità del mezzo espressivo ricadano nella sfera di apprezzamento del legislatore o se siamo in un ambito che rimane estraneo a questo margine di azione. 3. Untitled di Cattelan Maurizio—> l’autore pone un cavallo con la scritta INRI infilzato nella pancia. C’è un rimando alla religione cristiana; l’artista vuole rappresentare la natura crocefissa dall’opera dell’uomo, ma le stesso domande che ci sorgono guardando la rana di Kippenberger ci sorgono guardando quest’opera, cosi come—> 4. Opera di Leinonen:consumismo rappresentano al posto del cristo. Sahar Tabar ha oltre 13mila follower, i suoi trucchi estremi l’hanno resa anche una sorta di Angelina Jolie zombie ottobre 2019. La star iraniana di Instagram, Sahar Tabar, che si è sottoposta a decine di interventi chirurgici per assomigliare al personaggio di Tim Burton la “Sposa cadavere” è stata arrestata a Teheran. L'accusa è quella di aver insultato i simboli islamici, tra i quali l'hijab, il velo allacciato sotto la gola utilizzato dalle donne per coprire il capo e le spalle. La ventenne, che su Instagram ha oltre 13mila follower, è diventata anche famosa per i suoi trucchi estremi che la fanno assomigliare a una sorta in una società democratica, alla pubblica sicurezza, alla protezione dell’ordine, della salute o della morale pubblica, o alla protezione dei diritti e della libertà altrui. Riassumendo
Due diritti fondamentali in gioco: libertà di espressione, libertà di religione 1. pari dignità giuridica—> necessario giudizio di bilanciamento in caso di contrasto 2. Diritti non sono assoluti—> limiti necessari in un società democratica —> modelli di tutela 3. Satira: una possibile espressione della libertà di espressione, ma anche della libertà di religione —>satira religiosa Che fare? Modello 1: tuteliamo la religione—> strumenti: reato di blasfemia, insulto alla religione, censura —> problema: 1, tuteliamo una sola religione o tutte? Rischi: – 1. compressione della libertà di espressione del singolo – 2. compressione del dissenso religioso interno agli stessi gruppi religiosi (es.: Ahmadi, Bahai – art. 298 ss. Codice Penale Pakistano: introduzione fattispecie di reato tese a perseguire un gruppo in particolare laddove anche solo uno dei componenti si dichiari musulmano) – 3. blasfemia è essa stessa espressione di critica religiosa: possibile violazione diritti umani? – 4. i non credenti dove li metto? In Europa modello abbandonato, tranne in Irlanda. Nel 2009 si è deciso di ampliare la tutela data alla regione di maggioranza a tutte le religioni. Modello 2: tuteliamo le persone che professano una religione Possibilità 1: modello con prevalenza delle dimensione individuale su quella comunitaria —> free speech: limite = legge penale Rischi: 1. mancata protezione delle minoranze 2. la dimensione collettiva non viene valorizzata (sentimento religioso) —> modello India con esigenza di mantenimento della pace sociale Modello 2, possibilità 1: U.S.A. Caso Brandenburg v. Ohio 395 U.S. 444, 89 S. Ct. 1827 [1969]
1. danno imminente;
2. ragionevole possibilità che si possa generare un’azione illegale 3. la volontà in chi parla di generare tale azione illegale Caso Wisconsin v. Mitchell 508 U.S. 476, 113 S. Ct. 2194 [1993] Speech-act: la parola si fa atto: colui che incita e manifesta un proprio pensiero che è idoneo a suscitare odio e sentimenti discriminatori diventa esso stesso quell’elemento che noi configuriamo come mandante, come una parte dello speech-act. Caso R.A.V. v. City of St. Paul 505 U.S. 377, 112 S. Ct. 2538 [1992] I Emendamento previene il thought crime Caso Virginia v. Black 538 U.S. 343, 123 S. Ct. 1536 [2003]
Intimidazione conta: uno stesso atto è free speech o intimidazione in relazione al contesto Caso Snyder v. Phelps et al. 131 S. Ct. 1207 (2011) Vittima: quale protezione? – Un risarcimento del danno? – il Free Speech è esente da responsabilità? (Giudice Alito, dissenting opinion) Manifestare il proprio pensiero ogni oltre possibile limite ma sicuramente non giuridicamente apprezzabile perchè l’unico limite che si pone è quella della legge penale. Modello 2, Possibilità 2: dimensione individuale contemperata con la tutela del gruppo: tutela della dimensione individuale contemperata con la tutela del gruppo. Tentativo di non lasciare scoperte rispetto all’azione del legislatore le condotte intermedie che stanno tra il concorso di persone nel reato e l’hate crime ma salvaguardare la tutela con il gruppo di riferimento. Hate speech——Limite: il godimento dei diritti altrui di pari livello in una società democratica (vd. CEDU, Dich. Univ. Dir. Uomo) Rischi
1. quale è il bene giuridico tutelato? nel momento in cui concepisco una fattispecie di hate speech, la prima domanda che mi devo fare è qual è il bene giuridico tutelato? 2. legislazione di mero principio
3. diffamazione delle religioni Hate speech: qualsiasi forma di espressione verbale e non verbale che incita promuove, giustifica l’odio razziale, la xenofobia, l’antisemitismo o altre forme di odio basate sull’intolleranza, incluse il nazionalismo aggressivo e l’etnocentrismo, la discriminazione e l’ostilità verso le minoranze, i migranti e le persone non autoctone di un determinato luogo (Council of Europe’s Committee of Ministers, Reccomendation 97(20)) DIGNITA’ UMANA: società democratica per essere tale, cioè efficace, deve essere in grado di assicurare ai propri cittadini il godimento dei diritti fondamentali in condizione di parità Un soggetto che subisce hate speech viene degradato nella propria persona e con esso viene esplicitamente o implicitamente degradato il suo gruppo di riferimento, egli cioè viene additato come cittadino di serie B, cioè con dignità inferiore. Quelle forme di manifestazione del pensiero che pongono in pericolo/ in discussione la dignità umana possono essere ristrette !! Il pensiero/la coscienza non possono però mai essere ristretti Immagini sulle slide: sicuramente è evidente che questi manifesti abbiano un intento di far provare un sentimento di preclusione rispetto ai gruppi he sono oggetto di questi manifesti. Adesivo 1997: Hugh Owen aveva confezionato adesivi per auto, pubblicizzandoli su un giornale locale, dove la mera citazione dei passi biblici in materia di omosessualità era accompagnata alla raffigurazione di due uomini all’interno del simbolo di divieto. In primo grado Owen è stato condannato per incitamento all’odio nei confronti di un gruppo di soggetti identificato dall’inclinazione sessuale (cfr. sect. 14, Saskatchewan’s Human Rights Code) perché la corte ha ritenuto che l’associazione dei passi biblici al simbolo del divieto fosse un chiaro incitamento alla discriminazione e all’odio nei confronti degli omosessuali. Nei gradi successivi di giudizio, la decisione è invece stata rivista in senso favorevole all’imputato poiché si è ritenuto che la forma espressiva da lui scelta fosse un veicolo per l’esternazione di un profondo convincimento personale e religioso che ha piena dignità e cittadinanza nell’ordinamento (Owens v. Saskatchewan (Human Rights Commission) 2002 SKQB 506) E’ sempre una discriminazione, ma qui c’è qualcosa in più: divieto degli omosessuali. Lettera ai romani, levitico, prima lettera ai corinzi. Su questo adesivo Owen aveva riportato dei passi della scrittura in cui di fatto si condanna l’omosessualità. Quando questa vicenda è arrivata alla corte canadese, Owen si è giustificato dicendo che la forma espressiva da lui scelta fosse un veicolo per l’esternazione di un profondo convincimento personale e religioso che ha piena dignità e cittadinanza nell’ordinamento. Nei manifesti dei primi questo elemento non traspare, erano mossi da un intento di odio razziale generico. Ieri è stato approvato dalla camera dei deputati di un disegno contro l’omotransfobia che va a modificare gli articoli 604 bis e ter del codice penale in cui erano state già travasate le fattispecie previste dalla legge Mancino del 1975 che puniva la propaganda di istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa. Di fatto, questo norma configura l’hate speech all’interno del nostro ordinamento. Con questo nuovo progetto di legge, oltre alle fattispecie già previste e su cui si era già intervenuto una prima volta per inserire il reato di negazionismo, adesso si va a inserire nella norma anche come possibile motivo di discriminazione una discriminazione basata su sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere. Le pene sono ragguardevoli e il dibattito nato interno questa norma era proprio circa la compatibilità di queste inserzioni rispetto alla manifestazione del pensiero religiosamente connotato. In Italia c’è un dibattito sulla possibilità di introdurre forme civili ulteriori (forma di matrimonio) omosessuali. Essendoci molti movimenti cattolici che si oppongono a queste pratiche, inserire queste diciture all’interno del 604 bis di fatto restringerà la possibilità per queste di associazioni di manifestare contro queste pratiche specifiche. Se dico di essere contraria all’adozione da parte degli omosessuali, è discriminazione? Tecnicamente/1 Hate speech è quindi reato ogni qual volta che la manifestazione del pensiero è tesa a incitare all’odio per motivi ... religiosi Cos’è l’«odio»? Non è mera antipatia, ma implica la volontà di causare a chi ne è destinatario il peggior male possibile. E il negazionismo? Incita all’odio o è solo una tesi scientifica o pseudotale? Corte EDU art. 17 CEDU Hate speech giustifica quindi in un ordinamento democratico il «pugno in faccia» di Papa Francesco? In realtà, la norma penale ha bisogno - Fatto materiale tipico, elemento oggettivo - Elemento soggettivo dolo, coscienza e volontà del fatto materiale tipico Vignette Jyllands Posten 2005/2006: qui si raffigura il profeta in maniera vilipendiosa ( Maometto con bomba in testa). L’autore di questo vignetta dice di essersi rifatto a un detto danese per cui quando una persona è particolarmente pensierosa dice di che si sente come avere un’arancia che pesa. Ha solo sostituito l’arancia con una bomba. Questa sua giustificazione ha anche un fondamento. MA quando queste vignette sono uscite dalla Danimarca, l’effetto non è stato lo stesso della comunità musulmana danese. Uscito dal contesto di riferimento, ha provocato reazione totalmente incontrollate.
Alla luce di tutto ciò, la satira cruda, violenta, irrispettosa è hate speech? Incita all’odio? O è libertà artistica? VIGNETTE Charlie Hebdo: sono solo manifestazioni di cattivo gusto o sono giuridicamente sanzionabili? Sono vignette molto forti in cui c’è un messaggio veicolato in forme espressive prorompenti, ma sono sanzionabili? Il problema non è solo il contrappeso, ma anche il senso di insicurezza che queste cose possono scatenare nei gruppi di riferimento e l’ordinamento deve farsi carico di questo sentimento di insicurezza. Tecnicamente/2 Diritto penale è strumento giusto per regolare i conflitti tra diritti fondamentali? Risposta no perché: Efficacia preventiva scarsa perché arriva a regolare situazioni di conflitto già evidenti
Il diritto penale non è mai culturalmente neutro. Non potrà mai approcciare il tema di diritti fondamentale in un bilanciamento perfetto. Difficoltà tecnico/normativa, difficoltà probatorie Diritto penale senza danno?
Soluzioni alternative Codici etici • Sistemi di giustizia riparativa • Sul lungo periodo recupero del significato dei valori fondamentali nella loro accezione di genuina. i diritti non sono esenti da responsabilità (responsabilità individuale, contenimento sociale). LEZIONE 11 10/11/2020 LEZIONE 12 12/11/2020 Professor Ferrari asked me to talk about “the city on the hill” and about religion in America: what makes American religion American?
In Europe, historically, the legal and political question of religion was considered in the context of the relationship of two instituions, the church and the state, although just now, understanding religion is dominated by a conversation about Islam.
Islam is not the dominant religious issue for Americans. To be sure, since 9/11 Muslims have been subject to harassment and targets of discrimination both by the government and by private I coloni europei del XVI e XVII secolo comprendevano cattolici francesi e spagnoli, protestanti inglesi, puritani, luterani e membri della chiesa riformata olandese, così come un piccolo numero di ebrei; provenivano da un'Europa i cui insediamenti politici e legali stavano cambiando Gli africani schiavizzati portarono religioni indigene, così come l'Islam e il cristianesimo; provenivano da una varietà di regni La Gran Bretagna del XVII e XVIII secolo era caratterizzata da disaccordi religiosi; questo sconvolgimento distrasse l'impero dal forzare la sua chiesa stabilita sulle sue colonie; tolleranza nell'impero era più pratico di idealista Diverse colonie nordamericane avevano diversi dati demografici religiosi e diversi accordi politici A City upon a Hill In 1630 a group of English Puritans—sectarian Protestants—set sail to settle in what was to become Massachusetts. Before they left they elected John Winthrop as their governor. Just before they landed in Plymouth, on the ship, Wintrop gave a speech exhorting his followers to love one another.
Among other things, he said that although “some must be rich some poor, some high and eminent in power and dignity; other mean and in subjection” they must be one in spirit.
Nel 1630 un gruppo di puritani inglesi, protestanti settari, salpò per stabilirsi in quello che sarebbe diventato il Massachusetts. Prima di andare via, elesse John Winthrop come loro governatore. Poco prima di atterrare a Plymouth, sulla nave, Wintrop tenne un discorso esortando i suoi seguaci ad amarsi a vicenda. Tra le altre cose, ha detto che anche se "alcuni devono essere ricchi alcuni poveri, alcuni alti ed eminenti nel potere e nella dignità; altro mezzo e nella sottrazione"devono essere uno nello spirito. And he warned them that “we must consider that we shall be as a city upon a hill,” quoting Jesus’ Sermon on the Mount, because, he said, “if we shall deal falsely with our God in this work we have undertaken, and so cause Him to withdraw His present help from us, we shall be made a story and a by-word through the world.” E li avvertì che "dobbiamo considerare che saremo come una città su una collina", citando il Sermone di Gesù sul Monte, perché, ha detto, "se ci occuperemo falsamente del nostro Dio in quest'opera che abbiamo intrapreso, e così gli faremo ritirare il Suo aiuto presente da noi, saremo fatti una storia e una parola per parola attraverso il mondo”. America is an idea As my colleague Constance Furey has written, this short sermon evokes what became enduring themes and challenges for America
community, commerce, love, hierarchy
But it did so long before the United States existed or even could be imagined
Come ha scritto la mia collega Constance Furey, questo breve sermone evoca ciò che è diventato temi e sfide durature per l'America comunità, commercio, amore, gerarchia Ma lo ha fatto molto tempo prima che gli Stati Uniti esistessero o addirittura potessero essere immaginati Although now often quoted, the words from this speech from 1630—a city upon a hill—was almost completely forgotten until it was quoted in a speech by President John F Kennedy in 1961!
It was then repeated in speeches by Presidents Reagan and Obama and others, but especially by President Reagan.
Anche se ora spesso citate, le parole di questo discorso del 1630, una città su una collina, sono state quasi completamente dimenticate fino a quando non è stato citato in un discorso del presidente John F Kennedy nel 1961! È stato poi ripetuto nei discorsi dei presidenti Reagan e Obama e altri, ma soprattutto dal presidente Reagan. In between 1630 and 1960 a new country was created, one that spread across a continent. Immigrants came from all over the world bringing all of the world’s religious traditions. While Protestantism continued to dominate, Puritans were supplanted by many others, some homegrown and some imported. Tra il 1630 e il 1960 è stato creato un nuovo paese, che si è diffuso in un continente. Gli immigrati provenivano da tutto il mondo portando tutte le tradizioni religiose del mondo. Mentre il protestantesimo continuava a dominare, i puritani erano soppiantati da molti altri, alcuni coltivati in casa e altri importati. In 1630 the city on a hill was a biblical ideal. The Puritans were a tiny pious group which sought to be a god-fearing community that would be judged for their fidelity to God.
In 1960, when President Kennedy resurrected the phrase and then when President Reagan repeated it, the US was in the the middle of the Cold War; America had become a powerful nation. The phrase has become a boastful one. Over three centuries after Winthrop’s sermon, the Puritans were reimagined by Reagan as the first Americans —sober and thrifty and hardworking—a great success story They were reimagined as believers in religious freedom And they were enlisted in the American project of whiteness
Nel 1630 la città su una collina era un ideale biblico. I puritani erano un piccolo gruppo pio che cercava di essere una comunità timorata di Dio che sarebbe stata giudicata per la loro fedeltà a Dio. Nel 1960, quando il presidente Kennedy resuscitò la frase e poi quando il presidente Reagan la ripeté, gli Stati Uniti erano nel bel mezzo della guerra fredda; L'America era diventata una nazione potente. La frase è diventata vanagloriosa. Più di tre secoli dopo il sermone di Winthrop, i Puritani furono reimmaginati da Reagan come i primi americani, sobri e parsimoniosi e laboriosi, una grande storia di successo Sono stati reinventati come credenti nella libertà religiosa E sono stati arruolati nel progetto americano di bianco. 1619 We might start instead in 1619
Ten years before the Puritans landed in Massachusetts Bay the first slave ship arrived in what is now Virginia Importantly, America’s material prosperity was underwritten by the labor of enslaved Africans And its claim to freedom undermined by the work it has done to deny the humanity of its black citizens
Potremmo invece iniziare nel 1619 Dieci anni prima che i puritani sbarcarono nella Baia di Massachusetts, la prima nave schiava arrivò in quella che oggi è la Virginia È importante sottolineare che la prosperità materiale dell'America è stata sottoscritta dal lavoro degli africani schiavizzati E la sua pretesa di libertà minata dal lavoro che ha fatto per negare l'umanità dei suoi cittadini neri The religion of whiteness From the beginning of the Atlantic slave trade enslaved Africans were legally prohibited from practicing their religions.
Slaveowners were afraid that religion would bring rebellion. Nevertheless enslaved Americans did so, often in secret. Two religious worlds emerged, one white and one black. New immigrants worked to become white Martin Luther King called Sunday morning “the most segregated hour” in the week.
Dall'inizio del commercio di schiavi dell'Atlantico gli africani schiavizzati erano legalmente proibiti di praticare le loro religioni. I proprietari di schiavi temevano che la religione avrebbe portato ribellione. Tuttavia gli americani schiavizzati lo hanno fatto, spesso in segreto. Sono emersi due mondi religiosi, uno bianco e uno nero. I nuovi immigrati hanno lavorato per diventare bianchi Martin Luther King definì la domenica mattina "l'ora più segregata" della settimana. Constitutionalizing Religion One hundred and fifty years after the Puritans landed at Plymouth, the English colonies declared themselves independent.
The thirteen original states now contained people who belonged to different and often rival churches. And there was a sizable enslaved population. In their new Constitution they agreed that their would be no national church. Each of the states would have their own laws about religion.
Centocinquant'anni dopo che i puritani sbarcarono a Plymouth, le colonie inglesi si dichiararono indipendenti. I tredici stati originali ora contenevano persone che appartenevano a chiese diverse e spesso rivali. E c'era una considerevole popolazione schiavizzata. Nella loro nuova Costituzione hanno convenuto che la loro non sarebbe stata una chiesa nazionale. Ognuno degli stati avrebbe le proprie leggi sulla religione. In the first Amendment to the US Constitution they said that – Congress shall make no law respecting an establishment of religion or prohibiting the free exercise thereof... • 1st Amendment, U.S. Constitution (1783) Nel primo emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti hanno detto che - Il Congresso non farà alcuna legge che rispetti l'istituzione della religione o ne vieti il libero esercizio... ( 1o emendamento, Costituzione degli Stati Uniti (1783) Americans have never agreed on what these words mean when it comes down to legal cases. The jurisprudence of the US Supreme Court when it comes to the interpretation of these words is often described as incoherent.
The reason for this is in part because of the inability to define religion. Gli americani non hanno mai concordato sul significato di queste parole quando si tratta di casi legali. La giurisprudenza della Corte Suprema degli Stati Uniti quando si tratta dell'interpretazione di queste parole è spesso descritta come incoerente. La ragione di ciò è in parte a causa dell'incapacità di definire la religione. Religion and the enlightenment The framers of the US Constitution were motivated by a mixture of enlightenment ideas and Christian ideas. While the Puritans enforced religious conformity in Massachusetts Bay, as they did in England, their descendants would argue for a separation of religious and civil life using another metaphor, the garden and the wilderness.
Gli artefici della Costituzione degli Stati Uniti sono stati motivati da un misto di idee illuministiche e idee cristiane. Mentre i puritani applicavano la conformità religiosa nella baia di Massachusetts, come hanno fatto in Inghilterra, i loro discendenti sostengono una separazione della vita religiosa e civile usando un'altra metafora, il giardino e il deserto. The nineteenth century Like Winthrop’s sermon, the religion clauses of the First Amendment became important only in twentieth century During the nineteenth century, the United States lay claim to a continent and fought a bitter civil war During the nineteenth century American law became dominated by a theory of private property that would underwrite both slavery and an emergent and ascendant capitalism
As if to prove Herberg’s words, John F Kennedy was elected the first Catholic president in 1960. This was considered a great milestone—the end of widespread anti- catholic feelings—the end perhaps of religious prejudice more generally. When Kennedy quoted Winthrop he did so to caution Americans that the eyes of the world were on the US. Great responsibility went with its new role.
Come a dimostrare le parole di Herberg, John F Kennedy fu eletto primo presidente cattolico nel 1960. Questa era considerata una grande pietra miliare, la fine dei sentimenti anti-cattolici diffusi, la fine forse del pregiudizio religioso più in generale. Quando Kennedy ha citato Winthrop lo ha fatto per mettere in guardia gli americani che gli occhi del mondo erano sugli Stati Uniti. Grande responsabilità è andato con il suo nuovo ruolo. His caution was surely justified
There was much unfinished business to be done. The religion of whiteness still dominated. It was in a sense an establishment of religion, an establishment of white Protestant religion that was enabled by disestablishment. Free religion in the American sense has often meant a religion that was available to support white supremacy Many were not included in the religion of the American way of life. But principally Native Americans and African Americans.
La sua cautela era sicuramente giustificata C'era molto lavoro incompiuto da fare. La religione del bianco dominava ancora. Era in un certo senso un'istituzione della religione, un'istituzione della religione protestante bianca che fu abilitata dallo snesso. La religione libera in senso americano ha spesso significato una religione che era disponibile a sostenere la supremazia bianca Molti non sono stati inclusi nella religione dello stile di vita americano. Ma soprattutto nativi americani e afroamericani. The next two presidents to speak of the city on the hill did so in a celebratory way.
During the Cold war the religiousness of Americans was contrasted with the atheism of Soviet Communism. The religiousness of Americans became part of American foreign policy
I due presidenti successivi a parlare della città sulla collina lo fecero in modo celebrativo. Durante la guerra fredda la religiosità degli americani fu contrastata con l'ateismo del comunismo sovietico. La religiosità degli americani è diventato parte della politica estera americana In a 1989 speech to the nation, President Reagan said:
“I’ve spoken of the shining city all my political life, but I don't know if I ever quite communicated what I saw when I said it. But in my mind it was a tall, proud city built on rocks stronger than oceans, wind-swept, God-blessed, and teeming with people of all kinds living in harmony and peace; a city with free ports that hummed with commerce and creativity. And if there had to be city walls, the walls had doors and the doors were open to anyone with the will and the heart to get here. That's how I saw it, and see it still.”
In un discorso del 1989 alla nazione, il presidente Reagan ha detto: "Ho parlato della città splendente per tutta la mia vita politica, ma non so se ho mai comunicato quello che ho visto quando l'ho detto. Ma nella mia mente era una città alta e orgogliosa costruita su rocce più forti degli oceani, spazzata dal vento, benedetta da Dio, e brulicante di persone di tutti i tipi che vivevano in armonia e pace; una città con porti liberi che canticchiavano con il commercio e la creatività. E se dovevano esserci mura della città, le mura avevano porte e le porte erano aperte a chiunque avesse la volontà e il cuore di arrivare qui. È così che l'ho visto, e vederlo ancora. The jurisprudence of the religion clauses has shifted in the last thirty years.
Free exercise of religion is increasingly understood to give religiously motivated persons an exemption from the law And no establishment has been interpreted to mean that the government may support religion as long as there is a formal freedom to choose—a kind of money- laundering
La giurisprudenza delle clausole religiose è cambiata negli ultimi trent'anni. Il libero esercizio della religione è sempre più inteso per dare alle persone motivate religiosamente un'esenzione dalla legge E nessuna istituzione è stata interpretata per significare che il governo può sostenere la religione finché c'è una libertà formale di scegliere, una sorta di riciclaggio di denaro Importantly, throughout this history, American courts have refused to define religion. Constitutional disestablishment is understood to have forbidden such definition.
The result of this refusal is that religion is politically defined—by the majority for its purposes. While religious freedom is said to be for everyone, law in the US, as everywhere, protects what it understands to be good religion and prohibits what it understands to be bad religion "Importantemente, nel corso di questa storia, i tribunali americani si sono rifiutati di definire la religione. Si intende che lo slissimento costituzionale abbia proibito tale definizione. Il risultato di questo rifiuto è che la religione è politicamente definita, dalla maggioranza per i suoi scopi. Mentre si dice che la libertà religiosa sia per tutti, la legge negli Stati Uniti, come ovunque, protegge ciò che capisce essere una buona religione e proibisce ciò che capisce essere una cattiva religione Beyond the law of the state. Beyond the religion of whiteness.
There is also--in the US--what my colleague Professor J. Kameron Carter calls a Black poetics of the sacred. Another story can be told of “otherwise worlds”—religious and political—not just for the future but being lived out in our midst
See the work of a myriad of Black and Native artists, poets, religious thinkers and political activists during the past five hundred years.
Al di là della legge dello Stato. Al di là della religione del bianco. C'è anche, negli Stati Uniti, quella che il mio collega professor J. Kameron Carter chiama una poetica nera del sacro. Un'altra storia può essere raccontata di "mondi altrimenti" – religiosi e politici – non solo per il futuro, ma essendo vissuti in mezzo a noi Vedere il lavoro di una miriade di artisti neri e nativi, poeti, pensatori religiosi e attivisti politici durante gli ultimi cinquecento anni. Is the US a city upon a hill? Either in John Winthrop’s sense—a community of faith fearful of a watchful God? Or, in President Reagan’s sense, a triumphant example to the world of democracy and properity? What does it look like from where you sit? Gli Stati Uniti sono una città su una collina? O nel senso di John Winthrop, una comunità di fede timorosa di un Dio vigile? O, nel senso del Presidente Reagan, un esempio trionfale per il mondo della democrazia e della proprietà? Che aspetto ha da dove ti siedi? LEZIONE 13 17/11/2020 Tema del matrimonio PRIMA PARTE Matrimonio concordatario: nasce nell’ordinamento della chiesa (matrimonio canonico) che però è destinato ad avere effetti civili anche nell’ordinamento dello stato. E’ un rema classico quello del matrimonio perchè consente di vedere il collegamento tra i due ordinamenti giuridici, quello canonico in cui nasce il matrimonio e quello dello stato in cui questo matrimonio ha effetto. E’ regolato come patto matrimoniale dal diritto canonico ma i suoi effetti si svolgono anche in un altro ordinamento rispetto a quello in cui è nato. Il matrimonio con effetti civili: modelli monisti e modelli pluralisti Prima distinzione tra modelli monisti e pluralisti. Storicamente quando l’Europa era cristiana, l’unica forma matrimoniale esistente e riconosciuto era quella canonica, quindi quella della chiesa. Dal XVI-XVII secolo—> riforma protestante (rompe l’unità della cristianità europea e questa rottura ha effetti importanti anche in materia matrimoniale; per protestanti doveva essere lo stato a occuparsi del matrimonio), rivoluzione francese (grande atto che legittima in maniera molto netta e chiara il matrimonio civile, regolato dallo stato). Con la rivoluzione francese si afferma una visione contrattualistica del matrimonio—> si diffonde il matrimonio civile:
= competizione: matrimonio civile come negozio giuridico/contratto vs. matrimonio canonico come contratto-sacramento. Competizione che sarà molto dura. = controllo sulla famiglia = controllo sulla società;
E’ qui, su questa scissione che si colloca la questione dei modelli monisti e pluralisti Due modelli europei: Modello pluralista: Cyprus, Danimarca, Estonia, Finlandia, Grecia, Irlanda, Italia, Latvia, Lituania, Polonia, Slovakia, Spagna and Svezia as well as the United kingdom and Norvegia (paesi in cui le chiese hanno avuto un effetto molto forte) : riconoscimento effetti civili di matrimoni religiosi, senza obbligo di preventiva celebrazione civile. I cittadini possono sposarsi anche solo con una forma religiosa e vedersi riconoscere degli effetti civili, senza bisogno che ci sia una forma statale di matrimonio. Pluralità di scelte: possono unirsi con una forma civile o con una forma religiosa, che è sufficiente per essere sposati anche di fronte all’ordinamento dello stato. Modello monista: gli altri paesi: solo matrimoni civili hanno effetti legali, ma possibili matrimoni religiosi privi di effetti. In Francia, Belgio e Austria: matrimoni religiosi possono essere celebrati solo DOPO un matrimonio civile. Il matrimonio religioso non ha effetti civili, l’unico che ha effetti civili è quello celebrato davanti allo stato. Il carattere religioso non ha alcuna efficacia civile. Nei paesi monisti ci si puó sposare anche dal punto di vista religioso, ma questo modello non produce effetti nello stato.
Il caso italiano: è stato prima un modello tutto quanto inserito nella tradizione cattolica e canonista, poi è diventato un modello monista, poi pluralista (che è cambiato con il tempo). Paese cattolico, sede della Santa Sede
• Prima del 1865: effetti civili solo matrimonio canonico —> assenza di matrimonio civile = «incapacità» matrimoniale dei non cattolici: di conseguenza, per esempio, protestanti ed ebrei si sposavano seguendo il matrimonio cattolico ma con la dispensa da onere di forma canonica. Ammetteva la possibilità di celebrare dei matrimoni anche senza la presenza di un ministro di culto cattolico e quindi senza il rito canonico. • Dopo il 1865: Codice Pisanelli del 1865, entra in vigore il primo gennaio del 1866: rilevante il solo matrimonio civile: il matrimonio canonico lecito e da celebrarsi previa prova dell’avvenuto matrimonio civile o quantomeno della rassicurazione dell’intenzione di formalizzare l’unione anche sul piano civile. L’unico matrimonio riconosciuto dallo stato è quello celebrato davanti all’ufficiale dello stato civile. Modello monista ma soft: non si imporrà mai la previa celebrazione di un matrimonio statale qualora si volesse celebrarne uno religioso. Era possibile sposarsi religiosamente anche solo se c’era un impegno a sposarsi successivamente davanti a un ufficio dello stato civile. Monismo soft anche perchè per esempio il codice civile italiano non prevede divorzio = Codice postunitario non riproduce le disposizioni più anticlericali della legge francese, come il divieto di celebrare il matrimonio religioso prima di quello civile. = Il Codice Pisanelli non consente neppure il divorzio (art. 148); ammette, invece, la separazione (istituto previsto anche dal codice di diritto canonico) (artt. 148-158). Questo matrimonio civile introdotto dal Codice Pisanelli di fatto è una parafrasi laica del matrimonio canonico specialmente nei requisiti di capacità e nelle fattispecie di invalidità. Il codice civile nei suoi requisiti di validità e capacità prende molto dal matrimonio canonico. • Fase monista fino al 1929—>Patti lateranensi 1929: modello pluralista—>tre tipi di matrimonio
= nasce il matrimonio concordatario (regolato da art. 34 conc. e da legge matrimoniale 27 maggio 1929, n. 847, legge di applicazione del concordato); nasce nell’ordinamento della chiesa ma dispiega i suoi effetti nello stato «Il matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi nello Stato è regolato dalle disposizioni del capo seguente, salvo quanto stabilito nella legge speciale concernente tale matrimonio» = Matrimonio di acattolici sorge nell’ordinamento statale, regolato da codice civile NON da diritti religiosi LEGGE 1159/1929, Art. 7 «Il matrimonio celebrato davanti ad alcuno dei ministri di culto indicati nel precedente art. 3 produce dal giorno della celebrazione gli stessi effetti del matrimonio celebrato davanti l'ufficiale dello stato civile, quando siano osservate le disposizioni degli articoli seguenti» Matrimonio degli acattolici: legge sui «culti ammessi»
• Art. 8: Chi intende celebrare il matrimonio davanti alcuno dei ministri di culto, indicati nel precedente art. 3, deve dichiararlo all'ufficiale di stato civile, che sarebbe competente a celebrare il matrimonio. L'ufficiale dello stato civile, dopo che siano state adempiute tutte le formalità preliminari e, dopo avere accertato che nulla si oppone alla celebrazione del matrimonio secondo le norme del codice civile, rilascia autorizzazione scritta con indicazione del ministro del culto davanti al quale la celebrazione deve aver luogo e della data del provvedimento, con cui la nomina di questi venne approvata ai termini dell'art. 3. • Art. 9 l ministro del culto, davanti al quale avviene la celebrazione, deve dare lettura agli sposi degli artt. 130, 131 e 132 del codice civile (Vedi gli artt. 143, 144 e 147 c.c. 1942) e ricevere, alla presenza di due testimoni idonei, la dichiarazione espressa di entrambi gli sposi, l'uno dopo l'altro, di volersi prendere rispettivamente in marito e moglie, osservata la disposizione dell'art. 95 del codice civile. L'atto di matrimonio dev'essere compilato immediatamente dopo la celebrazione, redatto in lingua italiana nelle forme stabilite dagli artt. 352 e 353 del codice civile per gli atti dello stato civile e deve contenere le indicazioni richieste nell'art. 10 della presente legge. L'atto, così compilato, sarà̀ subito trasmesso in originale all'ufficiale dello stato civile e, in ogni caso, non oltre cinque giorni dalla celebrazione. • Art. 10 L'ufficiale dello stato civile, ricevuto l'atto di matrimonio, ne cura, entro le ventiquattro ore, la trascrizione nei registri dello stato civile, in modo che risultino le seguenti indicazioni: il nome e il cognome, l’età e la professione, il luogo di nascita, il domicilio o la residenza degli sposi; il nome e cognome, il domicilio o la residenza dei loro genitori; la data delle eseguite pubblicazioni o il decreto di dispensa; la data del decreto di dispensa, ove sia stata concessa, da alcuno degli impedimenti di legge; il luogo e la data in cui seguì la celebrazione del matrimonio; il nome e cognome del ministro del culto dinanzi al quale seguì la celebrazione del matrimonio. L'ufficiale dello stato civile deve dare avviso al procuratore della Repubblica, nei casi e per gli effetti indicati nell'art. 104 del R.D. 15 novembre 1865, n. 2602, per l'ordinamento dello stato civile. • Art 11 Al matrimonio celebrato davanti il ministro di un culto ammesso nello Stato e debitamente trascritto nei registri dello stato civile si applicano, anche per quanto riguarda le domande di nullità, tutte le disposizioni riflettenti il matrimonio celebrato davanti l’ufficiale dello stato civile. Matrimonio degli acattolici: legge sui «culti ammessi» Art. 21 (RD 289/1930) Gli uffici per gli affari di culto, assunte le altre informazioni necessarie per completare l'istruttoria e sentito il Prefetto della provincia in cui il ministro del culto esercita il suo ufficio, trasmettono gli atti al Ministero dell'Interno. L'approvazione della nomina è data con decreto del Ministro dell'Interno. Nel caso in cui i seguaci del culto, cui appartiene il ministro di culto che chiede l'approvazione della propria nomina, siano nella maggioranza cittadini italiani oppure nel caso in cui al ministro del culto spetti la facoltà̀ di celebrare matrimoni religiosi dei propri fedeli con effetti civili, a termini dell'art. 7 della legge, il ministro del culto deve avere la cittadinanza italiana e saper parlare la lingua italiana. Lo sgretolamento del modello concordatario – Primo atto Il modello concordatario ha perso pezzi, non è più lineare e pure come era in precedenza. Il principio che reggeva quel modello concordatario del 1929 era il principe dell’uniformità dello status matrimoniale, la perfetta continuità tra l’essere sposi davanti alla chiesa e l’essere sposi davanti allo stato (continuità tale in entrata e in uscita) = Primo atto di sgretolamento: legge sul divorzio (898/1970): possibile la cessazione effetti civili di un matrimonio concordatario trascritto anche se non dichiarato nullo da autorità ecclesiastica: si rompe unità di status: vicende del rapporto si staccano da vicende dell’atto. Non comporta un giudizio sulla validità dell’atto matrimoniale, interrompe gli effetti civili del rapporto. Agisce ex nunc, non ex tunc. = Effetti civili di matrimonio concordatario visti non più come automatici ma come oggetto di specifica scelta: = pubblicazione-trascrizione COME negozio giuridico autonomo di scelta degli effetti civili disciplinato dal diritto dello Stato: trascrizione impugnabile quando scelta effettuata da incapace naturale o da minorenne non ammesso a matrimonio (Corte cost. 32/1971): Nel modello concordatario una volta che gli sposi decidevano di sposarsi, il matrimonio era letto in una cornice di tipo istituzionalistico in cui i protagonisti erano i due ordinamenti. L’idea era che la coppia che si sposava voleva fare quello che la chiesa diceva e si tendeva a non guardare a quella che era l’effettività volontà degli sposi in relazione agli effetti civili. La scelta eventuale degli effetti civili veniva assopita dalla scelta di celebrare il matrimonio canonico. Negli anni 70 si sviluppa un’altra teoria che dice che un conto è la volontà degli sposi di celebrare il matrimonio canonico (e quindi in questo caso bisogna tenere conto le condizioni che la chiesa richiede), un conto è la scelta degli effetti civili di quel matrimonio. Se la scelta di diventare sposi è una scelta che lo stato lascia alla chiesa cattolica (e quindi le condizioni di validità sono interamente regolate dall’ordinamento canonico), la scelta degli effetti civili si configura come un negozio ulteriore. Conseguenza: lo stato estenderà la sua competenza anche in relazione a questo negozio di scelta. Serve per allargare il controllo in ingresso dello stato dei matrimoni canonici. Se si poteva dimostrare che al momento delle pubblicazione o trascrizione i soggetti erano in uno stato di incapacità naturale o di età inferiore a quella prevista dal codice civile, lo stato poteva far valere queste due cause come cause di nullità dell’atto di trascrizione visto come scelta degli effetti civili del matrimonio. illegittimità costituzionale dell'art. 16 della legge 27 maggio 1929, n. 847, recante disposizioni per l'applicazione del Concordato fra la Santa Sede e l'Italia, relativamente al matrimonio (= legge matrimoniale), nella parte in cui stabilisce che la trascrizione del matrimonio può essere impugnata solo per una delle cause menzionate nell'art. 12 e non anche perché uno degli sposi fosse, al momento in cui si è determinato a contrarre il matrimonio in forma concordataria, in stato di incapacità naturale. Corte cost. n. 32 del 1971 Non è dubitabile che l'art. 34 del Concordato fra lo Stato italiano e la Santa Sede e la legge di attuazione 27 maggio 1929, n. 847, impegnando lo Stato a conferire effetti civili ai matrimoni disciplinati dal diritto canonico e riservando ai tribunali ecclesiastici il giudizio sulle cause concernenti la nullità dei matrimoni, abbia introdotto una differenziazione di trattamento giuridico per motivi di religione, in quanto ha permesso che la scelta fra i due riti sia consentita solo ai cittadini legittimati dal diritto canonico a procedere a matrimonio religioso. Tuttavia tale discriminazione non configura una violazione del principio di eguaglianza di cui al primo comma dell'art. 3 perché la discriminazione stessa risulta, nei sensi indicati con la sentenza di pari data n. 30, espressamente consentita da altra norma costituzionale, e cioè dall'art. 7, secondo comma, che, per la disciplina dei rapporti fra Stato e Chiesa, rinvia ai Patti lateranensi dei quali il Concordato è parte integrante. Il modello del sistema concordatario pur discriminando e comportando una differenza di trattamento, una potenziale violazione del principio di uguaglianza, in realtà non Viola l’articolo 3 perchè questa differenza di trattamento è consentita dalla costituzione stessa (7,2) È però da aggiungere che condizione necessaria per poter affermare la validità della rilevata eccezione al principio di eguaglianza deve considerarsi il possesso della piena capacità da parte di chi procede alla scelta del rito. L'esame da compiere si accentra pertanto nello stabilire i criteri in base ai quali siano da valutare i requisiti di validità della scelta medesima: criteri che non possono non desumersi, secondo i principi consacrati nell'art. 17 delle preleggi, dal diritto statale dell'aspirante alle nozze. C’è una differenza di trattamento, ma questa non è una discriminazione ne violazione principio di uguaglianza, però affinché questa differenza di trattamento sia legittima occorre che chi è posto davanti alla condizione di poter scegliere abbia tutte le condizioni per scegliere con cognizione di causa.
È canone indiscusso che l'assoggettamento di un cittadino ad un ordinamento diverso, in virtù del rinvio a questo effettuato dalla legge statale, deve essere contenuto negli stretti ed invalicabili limiti del fatto o rapporto oggetto del rinvio. E poiché nel caso presente l'elemento che funziona come criterio di collegamento per il rinvio al diritto canonico, ai sensi dell'art. 5 legge n. 847 cui si richiama l'art. 82 del codice civile, è l'atto della celebrazione del matrimonio, appare chiaro che ogni altro atto diverso da questo esorbita dall'ambito di applicazione del diritto canonico, ricadendo nel diritto dello Stato. L’ordinamento dello stato rinuncia alla sua competenza solo per quei fatti o atti espressamente indicati—> celebrazione del matrimonio: tutto il resto resta di sua competenza. Sicché, ove si riesca a dimostrare che una persona, nel momento della scelta fosse incapace di intendere o di volere, per qualsiasi causa anche se transitoria, verrebbe a mancare il fondamento della validità della scelta del matrimonio canonico da lei contratto, con le necessarie conseguenze circa la trascrivibilità di questo. Se era incapace a scegliere il matrimonio canonico, su questo incapacità è lo stato che è competente a intervenire.
Tuttavia è da prendere atto che la giurisprudenza dominante ed una parte della dottrina hanno interpretato l'articolo in esame nel senso che esso precluda ogni indagine sulle condizioni di capacità del nubente prima della celebrazione, ed è a tale significato, assunto nella vivente realtà giuridica, dall'articolo stesso, che occorre aver riguardo per la soluzione della questione in esame.
L'argomento che si fa valere a fondamento della interpretazione dominante, del quale si è fatta eco l'Avvocatura dello Stato, si fonda sulla asserita impossibilità di attribuire autonomia alla scelta del rito, in quanto tale momento non sarebbe isolabile da quello successivo della dichiarazione negoziale di volontà rivolta alla formazione del vincolo. L’idea di base per la giurisprudenza dominate e per parte della dottrina era che non era possibile configurare due negozi giuridici distinti, uno volto alla celebrazione del matrimonio davanti all’ordinamento canonico e uno preventivo di scelta dei regimi, canonico o civile.
A tale argomentazione la replica è facile. Infatti è vero che a volte l'atto di decisione a dar vita ad un negozio a preferenza di un altro non assume rilievo esterno, risolvendosi nell'adesione prestata a quello posto effettivamente in essere, e rimanendo perciò irrilevante quanto si era svolto in precedenza, nel foro interno della coscienza, allorché si dibatteva il dubbio circa la scelta da effettuare fra quel negozio o un altro in alternativa al primo; tuttavia è anche vero che nella specie l'atto di scelta del rito, mentre assume un'autonomia non solo concettuale ma anche temporale ed obiettivamente accertabile in quanto si concreta in propri atti o comportamenti, viene a rivestire anche uno specifico rilievo giuridico allorché come nella specie, i requisiti di capacità richiesti per tali atti e comportamenti appaiono regolati secondo criteri propri di un dato ordinamento, divergenti da quelli invocabili per la validità del negozio successivamente stipulato. Ne deriva che la norma impugnata - che non trova giustificazione nell'art. 7 della Costituzione, giacché disciplina un atto di scelta logicamente anteriore alla celebrazione del matrimonio concordatario - è illegittima in base all'art. 3 della Costituzione in quanto consente che la persona naturalmente incapace subisca le conseguenze di una scelta non liberamente e coscientemente da lei adottata e sia assoggettata ad una disciplina che, per le cose innanzi dette, trova giustificazione solo nella libera opzione fra matrimonio religioso trascrivibile e matrimonio civile. Grazie a questa sentenza, il regolamento di ingresso nell’ordinamento civile di questi matrimoni concordatari diventa più complessa perchè si guarderanno delle condizioni di capacità piena. Lo sgretolamento del modello concordatario – Secondo atto; sentenza numero 16 del 1982 2) Celebrazione – che sarà svolta secondo il «rito» o «le norme» della confessione (e non secondo l’ordinamento, come per la Chiesa cattolica): nessun rilievo civile di giurisdizioni religiose 3) Trascrizione, con effetti costitutivi ed efficacia ex tunc: mai prevista quella tardiva
= a differenza di l. 1159/1929 non oneri degli ufficiali di stato civile in relazione a ministri di culto LEZIONE 14 19/11/2020 19 novembre Un mondo di minoranze. La questione del pluralismo religioso nella società liquida Che cosa è una minoranza religiosa? Perche vanno protette Vedi slide Cosa è una minoranza religiosa Entrano nel mondo del diritto nella II metà del 1800, compaiono nei trattati internazionali. Il termine esisteva prima, ma l’idea che avessero diritto ad una protezione particolare non era corrente nel linguaggio giuridico. A fine 800 il problema diventa di attualità crescente, soprattutto dopo la fine della I GM perché gli aggiustamenti territoriali conseguenti la GM (fine impero austro ungarico e dell’impero ottomano) fanno sì creino stati nazionali che hanno al proprio interno minoranze importanti: religiose, linguistiche ed etniche. Si cercano di elaborare trattati che le tutelino. Tuttavia, è proprio per via delle minoranze che scoppia la II GM (Hitler). Nella DUDU la questione delle minoranze non era trattata, ma riappare nel trattato nazionale dei diritti civili e politici, precisamene, nell’art 27 dedicato alla protezione delle minoranze. Non esiste una definizione precisa di minoranza, ma esistono delle proposte avanzate da soggetti privati. Capotorti propone tale definizione: è un gruppo numericamente inferiore rispetto al resto della popolazione di uno stato, in posizione non dominante i cui membri possiedono caratteristiche etniche, religiose o linguistiche che differiscono da quelle del resto della popolazione e mostrano anche solo implicitamente un senso di solidarietà, diretta a preservare la loro cultura, tradizioni, religione o lingua. Numericamente: l’elemento oggettivo è l’elemento numerico. Caratteristiche: caratteri che differiscono da quelli della maggioranza della popolazione, identificabili mediante elementi etnici, religiosi o linguistici che ne fanno un gruppo identificabile e diverso da quello maggioritario (elemento oggettivamente rilevabile). Tuttavia, è necessario un elemento soggettivo, cioè il gruppo deve avere la volontà almeno implicita di preservare la propria cultura, tradizione, religione o lingua. Non basta che sia diverso dalla maggioranza, ma il gruppo deve intendere far valere la propri volontà Posizione non dominante: riflessione che nasce su paesi come il Sudafrica (minoranza bianca e una maggioranza nera, ma minoranza bianca era in una posizione dominante e i neri di apartheid. I bianchi non potevano essere qualificate come minoranze e quindi non poteva avvalersi della tutela posta a favore delle minoranze in quanto tali). 2. Qual è la definizione di minoranza religiosa? Cosa è la religione? Per capire se siamo di fronte ad una religione bisogna ricorrere a criteri oggettivi applicabili a tutte le religioni: Credenza in un’entità trascendente Presenza di riti all’interno della comunità (però Buddha era un uomo e nella predicazione buddista non è richiesta la credenza in un’entità superiore. Quindi il buddismo non è una religione perché manca del requisito di credenza in un’entità trascendente. Si sono scatenate diverse opposizioni) Passiamo allora ad una definizione soggettiva: la religione è qualcosa che dà senso alla vita della persona. Tale definizione incorre nel rischio opposto alla definizione oggettiva: se questa rischia di lasciare fuori dalla definizione di religione cose che tutti riteniamo rientrano tra le religioni (fin tropo restrittiva), quella soggettiva appare fin troppo inclusiva perché ciò che può dare senso alla vita di una persona può discostarsi dal senso spirituale. 3. Perché le minoranze vanno protette? Sono un gruppo vulnerabile dal punto di vista strutturale e quindi richiede di essere protetto nei confronti della maggioranza. Pericolo della dittatura della democrazia: la minoranza in quanto tale deve essere protetta perché in uno stato democratico possano far sentire la propria voce con gli strumenti della democrazia. Anche quando a democrazia funziona bene, si rispetta la forma e lo spirito di uno stato democratico, quindi i diritti delle minoranze, comunque le decisioni che uno stato prende sono pur sempre decisioni dettate dalla maggioranza seppur non si vuole ledere le minoranze. Lo stato costruisce lo spazio pubblico (scuola, economia) a immagine e somiglianza dei valori del gruppo maggioritario sicché vi è anche uno stato correttamente democratico, la perpetrazione di uno stato minoritario per i gruppi più numericamente più piccoli. In ragione della loro vulnerabilità le minoranze esigono norme protettive. Il valore del pluralismo: le minoranze rappresentano l’esistenza è fondamentale per il pluralismo di uno stato, se noi riteniamo che la diversità delle visioni del mondo sia un elemento positivo, che il progresso della società civile dipende da persone che cerano di realizzare esperienze di vita diverse e cercano di tradurle in regole valide per tutti, allora il ruolo delle minoranze è essenziale per lo sviluppo di una oscieà civile che sia forte e vitale. In tal senso le minoranze hanno diritto ad essere protette perché svolgono un ruolo positivo nello sviluppo della società civile, di uno s stato che realmente rispecchi la pluralità delle concezioni di vita dei suoi consociati. Una minoranza ha bisogno di vivere in una situazione di pace e stabilità che solo il riconoscimento del proprio valore da parte della maggioranza può garantire. Il bisogno di riconoscimento è sentito dai membri di ogni minoranza e se non viene garantito giuridicamente, tale minoranza non potrà porre la propria identità al servizio del bene comune. Il destinatario delle norme protettive è la minoranza in quanto collettività organizzata/gruppo o sono le persone? Se noi diamo diritti alla comunità apriamo la strada ad un conflitto tra gruppo di minoranza e i suoi membri che magari non vogliono essere considerati membri di quel gruppo, non vogliono che vengano applicate le norme di protezione in quanto minoranza. È sempre l’individuo che fa parte della minoranza di decidere se identificarsi con quella minoranza oppure se rifiutare questa identificazione e quindi ottenere che vengano applicate non le norme previste per la minoranza ma le norme previste per tutti gli altri cittadini. 4. Come vanno protette le minoranze? 3 strategie, modi diversi per proteggere le minoranze religiose: Diritto comune: giuristi che dicono che necessitano di applicare le norme create per tutelare i diritti di tutti i cittadini di uno stato. Ci sono norme che proteggono la libertà di religione e se vengono applicate in maniera corretta, allora il problema delle minoranza scompare perché saranno protette come tutti gli altri gruppi e persone. Non serve un sistema di diritti delle minoranza, ma per arrivare all’obiettivo è necessario l’applicazione di norme che sono minority blind, norme ceche che non distinguono tra comunità di maggioranza e di minoranza. Sono tutti uguali. Diritto speciale: le norme generali non riusciranno mai a garantire una protezione sufficiente per le persone e i gruppi che si trovano in un particolare situazione di vulnerabilità. Quindi è necessario all’interno di uno stato liberale l’applicazione di norme particolari per particolari comunità. Il musulmano che vive in india è regolato da un diritto personale che dipende dal fatto che lui è musulmano. Leggi personali a base religiosa. Sistemi che si applicano ai membri di diverse comunità religiose Pluralismo giuridico: sistema invece molto diverso: prevede che tutti i cittadini abbiano la possibilità di sposarsi secondo proprie credenze religiose o se preferiscono non avvalersi del diritto della religione di cui fanno parte, secondo il sistema di diritto civile. Non abbiamo singole norme per ogni minoranza religiosa, ma una norma che lascia alle minoranze il diritto di scegliere il tipo di matrimonio che intendono celebrare e il tipo di norme da cui intendono far regolare il proprio matrimonio. Riguarda l’assetto generale dell’intera società. 5. Esiste un sistema europeo di tutela delle minoranze religiose? Il tema delle minoranze i genere è un tema a cui i paesi europei non hanno prestato grande attenzione. Basta guardare le costituzioni dei paesi eu che raramente contengono norme che riguardano la protezione delle minoranza. Se guardiamo la legislazione subordinaria dei paesi eu non sono molti ad avere emanato norme specifiche a tutela delle minoranze. Il sistema di protezione nei paesi eu: Garanzia salda e forte della libertà di religione individuale e collettiva: i paesi eu presentano un saldo sistema di norme volte a proteggere la libertà di religione di ogni individuo e comunità religiosa. In tutte le cost troviamo almeno 1 norma sulla libertà di religione, leggi sulla libertà di religioni o sulle associazioni religiose che hanno come finalità garantire la religione dei propri cittadini. Garanzie salde e forti contro la discriminazione: norme che affermano che la religione non deve essere un elemento che determina un trattamento di sfavore di quella persona o gruppo. Il tema delle minoranze è un tema sottosviluppato all’interno delle carte costituzionali e delle norme subcostituzionali di molto paesi europei. Tale sistema di protezione delle minoranze religiose, imperniato su questi due elementi, ha cominciato ad andare in crisi negli ultimi 20/30 anni in seguito alla comparsa di nuove minoranze religiose in eu fondamentale legate all’immigrazione in eu di persone proveniente da varie parti del mondo, africa e Asia, e che professano religioni che non erano tradizionali nel continente europeo. L’immigrazione musulmane proveniente da paesi a popolazione musulmana e che ha creato forti minoranze in paesi che prima non avevano (Italia). Oppure la conversione a religioni nate in tempi recenti (Scientology). Tutto ciò è significativo perchè: Vengono ad esistenza minoranze nuove Il tipo di rivendicazioni di queste minoranze religiose è abbastanza diverso dal tipo di rivendicazione che era comune in precedenza: ciò che chiedono non è solo l’uguaglianza con la maggioranza, la libertà di professare la propria fede, ma la libertà di manifestare la propria identità religiosa. La richiesta di fronte alla donna mus che vuole indossare il velo a scuola, la richiesta della comunità mus che vuole costruire una moschea con un minareto, tali richieste non sono solo richieste di libertà religiosa, ma sono anche richieste di affermazione della propria identità religiosa nello spazio pubblico. È un elemento nuovo che cambia le carte in tavola, il discorso. Le norme che proteggono le minoranze religiose sono di 3 tipi: Proibiscono la discriminazione fondata sulla religione Garantiscono alla minoranza religiosa una misura di partecipazione alla vita sociale e ai processi decisionali che riguardano la comunità religiosa (intese tra confessione e stato) Compito di proteggere e promuovere l’identità religiosa della minoranza: vuole dire garantirne la libertà di religione, ma anche qualcosa di più. Promuovere l’identità implica un intervento positivo dello stato, un’azione positiva dei poteri pubblici che non è richiesta dalla semplice garanzia della libertà di religione. es. referendum in svizzera con cui si è proibita la costruzione di minareti: la cost della svizzera è stata modificata e ora c’è una norma che proibisce di costruire minareti. In termini di libertà religiosi, coloro che difendono tale norma direbbero che non hanno impedito ai mus di avere un proprio luogo di culto (moschea), ma hanno vietato il minareto per proteggere la tradizione paesaggistica della svizzera che nella sua storia non ha mai visto minareti. Però la proibizione di tale costruzione viola la norma che protegge l’identità religiosa della minoranza mus, norma che troviamo noi nella convezione quadro sulle minoranze nazionali sottoscritta dalla svizzera. La situazione attuale richiede di valutare se la libertà di religione può essere sufficientemente tutelata mediante le norme che tradizionalmente proteggono tale libertà o se alle nome che proteggono la libertà di religione non debba esser aggiunte le norme che tutelano l’identità religiosa delle minoranze e che non solo tutelano ma impegnano lo stato a promuovere l’identità religiosa delle minoranza. LEZIONE 15 24/11/2020 Seconda parte matrimonio concordatario Con il tempo la disuguaglianza si è andata assottigliando: la Corte Costituzionale ha sottolineato il carattere fondamentale di alcuni principi che non ammettono deroghe, quindi la tutela della libertà di scelta dell’individuo ha fatto si che le condizioni di accesso al regime matrimoniale fossero identiche per tutti e quindi oggi abbiamo il riconoscimento di un matrimonio concordatario come effetti civili, ma le condizioni di accesso di questo matrimonio nell’ordinamento dello stato sono sostanzialmente le stesse di quelle previste per i matrimoni celebrati all’ufficiale di stato civile. • Art. 8, 2: «Le sentenze di nullità di matrimonio pronunciate dai tribunali ecclesiastici, che siano munite del decreto di esecutività del superiore organo ecclesiastico di controllo, sono, su domanda della parti o di una di esse, dichiarate efficaci nella Repubblica italiana con sentenza della corte d'appello competente = A differenza dell’art. 34 del Concordato lateranense sono ora gli sposi o uno di esso (e non più direttamente il tribunale ecclesiastico stesso né gli eredi, che possono solo continuare causa già avviata) che devono manifestare la volontà di ottenere il riconoscimento degli effetti civili di una sentenza canonica di nullità matrimoniale; = Il giudice competente è, come in precedenza, la Corte d’Appello che deve riconoscere gli effetti civili di una sentenza canonica di nullità divenuta «esecutiva»; = La Cassazione ha fissato alcune regole per avvio di domanda: - Azione attraverso ricorso (se azione congiunta a cui segue procedimento in camera di consiglio) o atto di citazione (se azione di una parte soltanto a cui segue procedimento ordinario) = però la Cassazione ha conservato una certa generosità verso la procedura di riconoscimento perché se le parti sbagliano forma però nella sostanza del procedimento viene assicurata ad entrambi la possibilità di agire e sopratutto di resistere in giudizio allora l’errore, il vizio formale originario non produce la nullità dell’interno procedimento in corte d’appello. Dal riconoscimento automatico alla «quasi-delibazione» Ex art. 8, 2 del nuovo Concordato la Corte d’appello deve accertare: a) che il giudice ecclesiastico era il giudice competente a conoscere della causa in quanto matrimonio celebrato in conformità del presente articolo = deve valutare se il riconoscimento di quella sentenza ecclesiastica di nullità riguarda davvero un matrimonio concordatario = si verteva in materia di nullità di un matrimonio concordatario; b) che nel procedimento davanti ai tribunali ecclesiastici è stato assicurato alle parti il diritto di agire e di resistere in giudizio in modo non difforme dai principi fondamentali dell'ordinamento italiano (= ordine pubblico processuale) = cfr. Corte cost. n. 18 del 1982 – cfr. supra: NON si richiede identità ma analogia e non « compromissione del diritto alla difesa negli aspetti e requisiti essenziali garantiti dall’ordinamento italiano» (Cass. sez. I, n. 3378/2012). Questo ordine pubblico processuale non impone all’ordinamento canonico di confermarsi totalmente all’ordinamento dello stato ma impone che nel processo davanti al giudice ecclesiastico si siano seguiti almeno analogicamente gli stessi principi di tutela previsti davanti al giudice dello stato. Non si richiede un’identità, ma si richiede che grosso modo i principi siano stati rispettati anche nel processo canonico. = Attenta la giurisprudenza CEDU: «caso Pellegrini» 2001: condanna Italia ex art. 6 CEDU per aver riconosciuto una sentenza ecclesiastica al termine di processo canonico in cui la convenuta non era stata informata né dell’identità di attore, né dei motivi di nullità né di possibilità di avvalersi di difensore. Mentre le corte di appello italiana riconobbe comunque la sentenza ecclesiastica di nullità, la CEDU invece condanna l’Italia. c) che ricorrono le altre condizioni richieste dalla legislazione italiana per la dichiarazione di efficacia delle sentenze straniere. altre condizioni richieste: condizioni che troviamo in due articoli del codice di procedura civile. La legislazione italiana Art. 796 - Giudice competente Chi vuol far valere nella Repubblica una sentenza straniera deve proporre domanda mediante citazione davanti alla corte d'appello del luogo in cui la sentenza deve avere attuazione. (omissis). = Articolo abrogato dall'art. 73, L. 31 maggio 1995, n. 218, sulla riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, che ha riformato le condizioni con cui l’Italia riconosceva le sentenze straniere. Art. 797 - Condizioni per la dichiarazione di efficacia La corte d'appello dichiara con sentenza l'efficacia nella Repubblica della sentenza straniera quando accerta: 1. che il giudice dello Stato nel quale la sentenza è stata pronunciata poteva conoscere della causa secondo i principi sulla competenza giurisdizionale vigenti nell'ordinamento italiano; 2. che la citazione è stata notificata in conformità alla legge del luogo dove si è svolto il giudizio ed è stato in essa assegnato un congruo termine a comparire; 3. che le parti si sono costituite in giudizio secondo la legge del luogo o la contumacia è stata accertata e dichiarata validamente in conformità della stessa legge; 4. che la sentenza è passata in giudicato secondo la legge del luogo in cui è stata pronunciata; 5. che essa non è contraria ad altra sentenza pronunciata da un giudice italiano; 6. che non è pendente davanti a un giudice italiano un giudizio per il medesimo oggetto e tra le stesse parti, istituito prima del passaggio in giudicato della sentenza straniera; 7. che la sentenza non contiene disposizioni contrarie all'ordine pubblico italiano. Ai fini dell'attuazione il titolo è costituito dalla sentenza straniera e da quella della corte d'appello che ne dichiara l'efficacia. = Articolo abrogato dall'art. 73, l. 31 maggio 1995, n. 218, sulla riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato. Nel 1995 quando questi due articoli vengono travolti dalla legge 218 in realtà per le sentenze ecclesiastiche di nullità il 796 e 797 sono ancora in vigore. Mentre le sentenze straniere sono oggi riconosciute in Italia secondo le regole della legge 218 del 1995 e quindi hanno un canale privilegiato perchè oggi riconoscere una sentenza straniere in Italia in materia matrimoniale è molto più semplice, le sentenze ecclesiastiche di nullità vedranno applicarsi ancora i due articoli 796 e 797. Perché non hanno beneficiato della riforma della 218? primo motivo: la 218 fa saldi gli accordi internazionali, quindi dice già che rispetta le previsioni contenute negli accordi internazionali; il concordato è un trattato internazionale per cui non viene toccato dalla 218; secondo motivo: il protocollo addizionale del concordato dell’84 cita espressamente gli articoli 796 e 797; il protocollo addizionale rinvia materialmente, assume come proprio il contenuto di questi due articoli che quindi sono doppiamente esentati dalla riforma della 218. I puntini sulle «i»: il n. 4 del Protocollo Addizionale (il numero 4 si riferisce proprio al riconoscimento degli effetti civili delle sentenze ecclesiastiche di nullità da parte della corte di appello) « Con riferimento al n. 2, ai fini dell'applicazione degli articoli 796 e 797* del codice italiano di procedura civile, si dovrà tener conto della specificità dell'ordinamento canonico dal quale e regolato il vincolo matrimoniale, che in esso ha avuto origine. (ci dice che i due articoli vanno letti pensando a un ordinamento di carattere religioso, questi due articoli devono essere letti con attenzione rispetto alla specificità dell’ordinamento canonico: quando il 796 dice che bisogna vedere se il giudice era competente bisogna tenere conto che la legge ai cui l’articolo 796 e anche il 797 si riferiscono non è la legge dello stato, ma è la legge canonica) In particolare: 1) si dovrà tener conto che i richiami fatti dalla legge italiana alla legge del luogo in cui si è svolto il giudizio si intendono fatti al diritto canonico; 2) si considera sentenza passata in giudicato la sentenza che sia divenuta esecutiva secondo il diritto canonico—> quindi sentenza di nullità canonica non più appellabile, decorsi i tempi per appello + decreto (timbro) di esecutività Tribunale Segnatura Apostolica (tribunale centrale con sede a Roma, che sovrintende la regolarità amministrativa dell’ordinamento giudiziario canonico) che attesta regolarità di sentenza (deve esserci per momento di decisione di lite non necessariamente al momento della domanda) 3) si intende che in ogni caso non si procederà al riesame del merito». Il controllo che il giudice dello stato farà nei confronti della sentenza ecclesiastica di nullità sarà un controllo di tipo formale. * = Rinvio materiale: nonostante abrogati essi si applicano ancora per il controllo della Corte d’appello sulle sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale Effetti di applicazione art. 797 cpc
- Art. 797, 4 e 5: la sentenza da rendere esecutiva non deve essere «contraria ad altra sentenza pronunciata da un giudice italiano» = nel caso in cui ci sia già una sentenza di nullità della trascrizione matrimoniale o sentenza di nullità esposta dal giudice civile su quel matrimonio, la sentenza ecclesiastica di nullità non potrà essere riconosciuta perchè una sentenza ecclesiastica di nullità andrebbe ad interferire con una sentenza che si è già prodotta sulla nullità o della trascrizione o del matrimonio stesso nell’ordinamento italiano. Non delibata nullità canonica se già passata in giudicato una sentenza di nullità civile della trascrizione del matrimonio o (ancor più raro) una sentenza di nullità civile del matrimonio stesso; - Art. 797, 6: non deve essere «pendente davanti a un giudice italiano un giudizio per il medesimo oggetto e tra le stesse parti, istituito prima del passaggio in giudicato della sentenza straniera» = non riconosciuti gli effetti civili di sentenza di nullità canonica se pendente giudizio civile di nullità della trascrizione; si avvia regolarmente il processo di riconoscimento in pendenza di divorzio. E’ in corso una nullità canonica e una parte agisce davanti al giudice italiano per la nullità della trascrizione; se anche diventa esecutiva la sentenza ecclesiastica di nullità, quella sentenza non potrà essere riconosciuta nell’ordinamento italiano perchè c’era pendente già in precedenza una procedimento che aveva lo stesso oggetto. Nel caso in cui c’è in corso un procedimento relativo alla nullità canonica davanti al giudice ecclesiastico e viene avviato un divorzio, il divorzio non ha il potere di poter impedire il riconoscimento degli effetti civili della sentenza ecclesiastica di nullità perchè il divorzio non è sullo stesso oggetto, riguarda gli effetti ex nunc. - Art. 797, 7: sentenza non deve contenere «disposizioni contrarie all'ordine pubblico italiano» (ordine pubblico sostanziale); occorre che la nullità canonica sia riconosciuta sulla base di motivi riconoscibili anche dal giudice italiano. = cfr. 8, 2 b) concordato (ordine pubblico processuale) e Corte cost. n. 18/1982 Quali sono i casi di non riconoscimento degli effetti civili delle sentenze ecclesiastiche? Cause ostative al riconoscimento degli effetti civili = rispetto a riconoscimento automatico si avvicina di più modello di «delibazione» di sentenze ìstraniere; = peraltro, la riforma di diritto internazionale privato con l. 218/1995 ha reso sostanzialmente automatico ric. di sentenze (statuali) straniere ma riforma non incide su riconoscimento di sentenze ecclesiastiche di nullità: art. 2 l. n. 218 fa salvo applicazioni di convenzioni internazionali = oggi più difficile efficacia civile di sentenze ecclesiastica di sentenze straniere. = Non delibate le sentenze canoniche di nullità in caso di:
1. Mancato rispetto diritto di agire e resistere in giudizio 2. Violazione ordine pubblico: =incompatibilità assoluta = sentenze ecclesiastiche di nullità assunte sulla base di motivi che non possono essere riconosciute dallo stato italiano e che sono espressione di principi contrastanti con principi fondamentali del nostro ordinamento; fatti a base di nullità in alcun modo assimilabili a quelli che in astratto potrebbero essere considerati da giurisdizione italiana + incisivi su principi essenziali di ordinamento italiano: esempi—> - impedimenti di natura confessionale («matrimoni misti»; ordine sacro ...): = Protezione libertà religiosa e principio di laicità
- simulazione unilaterale di uno dei due coniugi (cosiddetta riserva mentale): nel diritto canonico un matrimonio puó essere nullo qualora anche solo una parte manifesti una volontà che non ha. Nel diritto civile la simulazione produce la nullità solo quando è una simulazione bilaterale. La riserva mentale di uno dei due non produce la nullità del matrimonio civile perchè è un principio fondamentale dell’ordinamento civile la tutela della buona fede. = Protezione dell’affidamento del coniuge in buona fede = La sentenza ecclesiastica di nullità puó essere riconoscimento dalla corte di appello se il coniuge in buona fede ingannato acconsente/non si oppone alla delibazione.
- Lunga coabitazione (superiore ai tre anni); la corte d’appello ha sviluppato questo motivo di non riconoscimento delle sentenze ecclesiastiche di nullità perchè si è resa conto che le sentenze ecclesiastiche di nullità potevano intervenire molto tempo dopo la celebrazione del matrimonio e avevano effetti patrimoniali importanti e quindi se la corte avesse riconosciuto una sentenza di nullità dopo tanti anni rischiava di porre dei coniugi che sono in condizioni patrimoniali deboli in grande difficoltà = ma qui come «tener conto della specificità dell'ordinamento canonico dal quale e regolato il vincolo matrimoniale, che in esso ha avuto origine» di cui al Protocollo Addizionale del Concordato del 1984. Il caso della «lunga coabitazione» - Ratio: l’ordinamento statale fa valere come principio favor validitatis (favore verso la validità del matrimonio cosi come questo sta producendo effetti nell’ordinamento dello stato) il matrimonio-rapporto come fatto convalidante la volontà espressa al momento di celebrazione (principio tipico di diritto civile statuale). Idea di una convivenza matrimoniale che sana di fatto i vizi originari del matrimonio. Lo stato non ammette che dopo 3 anni un ordinamento esterno possa travolgere gli effetti di quel matrimonio, effetti che lo stato ritiene essere nella sua esclusiva giurisdizione. Posizione che si è consolidata in un arco di tempo abbastanza lungo, anche alla fine degli anni 80 era emersa, ma la cassazione nel 1988 aveva respinto questa impostazione—> - In origine: Cass. 4700/1988 «La tesi qui contestata non può quindi essere accolta perché la convivenza fra i coniugi, intervenuta successivamente alla celebrazione del matrimonio, ostativa all'impugnazione del matrimonio civile ai sensi dell'art. 123, comma 2, c.c. seppure si pone come una norma = Art. 129 c c.: «Quando le condizioni del matrimonio putativo si verificano rispetto ad ambedue i coniugi, il giudice può disporre a carico di uno di essi e per un periodo non superiore a tre anni l'obbligo di corrispondere somme periodiche di denaro, in proporzione alle sue sostanze, a favore dell'altro, ove questi non abbia adeguati redditi propri e non sia passato a nuove nozze». = Effetti patrimoniali di nullità canonica= a effetti patrimoniali di nullità civile ... effetti patrimoniali del divorzio Art. 5, n. 6 l. 898/1970 • 6. Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive. = Differente da art. 129 c. c. = nullità ex tunc ha effetti patrimoniali diversi da cessazione effetti civili ex nunc. Questa attenzione per lo statuto patrimoniale del coniuge discende dal fatto che il divorzio opera ex nunc. Questioni irrisolte • Effetti economici di riconoscimenti civili delle sentenze ecclesiastiche di nullità = a effetti economici di sentenze di nullità di matrimoni civili: MA 1. nullità canonica è imprescrittibile, nullità civile si prescrive dopo un anno, ciò che spiega l’esiguità della tutela patrimoniale prevista per il coniuge «debole» 2. Equiparazione di effetti patrimoniali di nullità canonica a quelli di nullità civile porta a disparità di condizioni tra coniugi che «sciolgono» il vincolo con nullità canonica (efficacia ex tunc - nessun onere patrimoniale) e quelli che lo «sciolgono» con divorzio (efficacia ex nunc - oneri patrimoniali) = se divorzio non passato in giudicato riconoscimento effetti civili impedisce «alimenti» a coniuge «debole» = questa situazione spesso trasforma il giudizio di riconoscimento degli effetti civili in una vera e propria causa contenziosa il cui il coniuge che teme di vedersi travolto il divorzio opporrà tutta la resistenza possibile al riconoscimento (ma con riforma di papa Francesco, con il processo brevior, cause canoniche molto veloci: un anno primo grado, sei mesi eventuale appello) LEZIONE 16 26/11/2020 Introduzione agli enti ecclesiastici e religiosi Quest’oggi verrà affrontato il tema degli enti ecclesiastici e religiosi. Quali sono gli enti religiosi? Gli enti religiosi sono quelli cui fa riferimento l’art. 20 della Costituzione, quindi diversi da quelli di cui trattano gli artt. 7 ed 8 della Cost. L’art. 20 identifica due caratteristiche, il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto. In senso lato, intendiamo enti religiosi quelli che hanno ‘finalità di culto’, siano riconosciute o meno. In senso più ristretto, intendiamo enti religiosi i soli enti ecclesiastici, enti legati alle confessioni religiose e alla loro dimensione istituzionale. In altre parole, gli enti ecclesiastici rappresentano “le gambe” con le quali le confessioni religiose operano nella società e nella civiltà. Noi ci occuperemo perlopiù degli enti religiosi in senso stretto, che vantano una lunga tradizione storico-giuridica e sono oggetto di fonti giuridiche nel nostro ordinamento. Gli enti ecclesiastici sono civilmente riconosciuti e costituiscono una categoria a sé stante, una categoria speciale di persone giuridiche. Gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti sono la categoria più nota, più conosciuta e che viene affrontata in qualsiasi manuale di diritto ecclesiastico. Gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti sono anzitutto quelli della Chiesa cattolica, poi quelli nati dalle intese tra lo Stato e le confessioni religiose. Importante ricordare che alcune intese parlano di enti ecclesiastici, altre di enti religiosi (es. buddhisti, induisti…) sebbene le denominazioni identifichino lo stesso gruppo. Ancora, vi sono fonti unilaterali anche recenti che parlano di enti religiosi civilmente riconosciute. Infine, c’è un'altra fonte che riguarda questi enti, la 1159/1929, che si rivolge ai culti diversi da quelli del cattolico e parla di “istituti di culto ammessi nello Stato”, che possono essere riconosciuti a “determinate condizioni”. Questi enti sono caratterizzati da una forte specialità, perché gli enti possono assumere il riconoscimento giuridico solo se concorrono determinati requisiti e determinate caratteristiche. Questa lezione cercherà di far luce su tutti questi enti, con una scaletta ben precisa: i tipici enti ecclesiastici civilmente riconosciuti cd. pattizi, gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti previsti dalla legge 1159/1929, gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti detti ibridi (cd. perché ecclesiastici ma agiscono negli ambiti di utilità sociale definiti dallo Stato). Infine vi sono tutti gli enti religiosi, in base ai parametri generali dell’art. 20 della costituzione, che sono fuori da queste categorie che sono state indicate: fuori dai patti, fuori dalla 1159/1929, fuori dagli enti assimilabili al Terzo settore. Che cosa fanno questi enti religiosi? Come sopravvivono? Gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti cd. pattizi Questo tema è stato terreno, storicamente e giuridicamente, di confronto e scontro tra lo Stato e la Chiesa. A cominciare dallo Stato liberale, lo Stato è intervenuto piuttosto pesantemente con il fine di affermarsi e precisare i campi di competenza propri dello Stato. Questo intervento significò sottrare alla Chiesa ambiti nei quali questa era presente, ed agiva, da tempo. Nell’800 dunque lo Stato è intervenuto in modo netto, “spavaldo”, cercando di fare un po’ d’ordine privando enti della personalità giuridica, tenendo conto dei campi in cui lo Stato aveva l’interessa ad affermare la sua competenza e della loro utilità/inutilità sociale. Com’è possibile però definire l’utilità di un ente? Qual è il criterio da tenere in considerazione? In modo totalmente discrezionale lo Stato ha definito utili quelli legati all’utilità sociale ed inutili quelli invece legate a finalità di culto prettamente di culto (es. suore di clausura). Questo periodo è stato importante perché lo Stato ha dettato una serie di criteri perché la Chiesa potesse ottenere la personalità giuridica per determinati enti ecclesiastici. Nel ventennio fascista cambia un po’ tutto, perché la Chiesa riacquista tutta la sua consistenza anche nell’ambito degli enti ecclesiastici. Si introducono principi diversi, perché con il Concordato del ’29 lo Stato introduce principi opposti e manifesta la sua disponibilità a riconoscere qualunque ente, ritenuto utile o meno. In altre parole, lo Stato fascista cerca di porre fine alla legislazione cd. eversiva perché considera la Chiesa un ordine autonomo che ha il diritto di avere enti civilmente riconosciuti. Questi ottengono dunque una disciplina totalmente speciale, e di favore, tant’è che sono affidati totalmente alla gestione della Chiesa e affermando il principio di “non-ingerenza dello Stato”. Questa disciplina tutela l’autonomia della Chiesa, con lo Stato che si ritrae. Sono enti tutelati in virtù del loro legame organico con la Chiesa cattolica, garantiti soprattutto per il loro carattere ecclesiastico a prescindere dalle finalità sociali. Questo ha significato aprire soprattutto a livello di prassi amministrativa, al riconoscimento di enti ecclesiastici senz’altro qualificati dal loro legame con la Chiesa ma poco qualificati dal punto di vista finalistico. Questi riferimenti al passato sono importanti per evidenziare qual è il modello attuale di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto. Questo è stato scolpito da queste esperienze precedenti, creato e configurato cercando di specificare sempre meglio e sempre più precisamente il concetto di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto. Questa specificazione dev’essere analoga e conforme ai nuovi principi costituzionali, su tutti la separazione degli ordini ai sensi del 7.2 e dell’8.3. Quando si è costruito il modello di ente ecclesiastico si è cercato di renderlo coerente con separazione degli ordini ed autonomie delle confessioni religiose. Questo modello deve dunque tenere conto e del legame organico con la confessione religiosa, e con le finalità che devono essere proprio delle confessioni religiose. Questo lavoro è iniziato perlopiù con l’Accordo di Villa Madama dell’84, dove si è parlato di enti ecclesiastici con fini di religione e di culto. Questi fini sono stati specificati nella 222/1985, che ha sviluppato le parti del Concordato relative proprio agli enti ecclesiastici oltre che ai rapporti finanziari tra Stato e Chiesa. In queste fonti si è articolata la disciplina degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che si ritrova nelle intese stipulate tra lo Stato e le confessioni religiose. Questo modello si compone di tre requisiti fondamentali, che devono sussistere e quando l’ente nasce e durante la vita dell’ente. Se vengono meno si sfascia il modello e non ha neanche più senso mantenerlo. Quali sono questi tre requisiti degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti? 1. Il legame con la specifica confessione religiosa, un legame organico con la confessione di riferimento che deve essere certificato (in termini costituzionali, il “carattere ecclesiastico”) 2. La sede in Italia, perché l’ente sia sottoposto all’ordinamento giuridico italiano 3. Il fine di religione e di culto. Nella 222/1985, il fine è scolpito in modo piuttosto rigido, preciso. Questo criterio fa la differenza, perché norme diverse sottolineano come il fine di religione e di culto debba essere necessariamente presente e debba essere “costitutivo ed essenziale” (222/1985), la ragion d’essere dell’ente. Inoltre, le nuove norme chiedono che ci sia una corrispondenza tra i fini di culto dichiarati e le attività che l’ente vuole realmente svolgere. -Il “fine di religione o di culto” Quali sono queste norme? Nella legge 222/1985 vi sono norme che delineano che cosa sia un fine di religione e di culto e che cosa no, quali attività siano legate a fini di religione e di culto e quali no (perché lo Stato ne è competente e ha scelto di essere competente). Le norme parlano infatti, in modo esplicito, di attività che possono essere considerate di religione e di culto e di attività diverse (art. 16 l. 222/1985). Queste attività diverse sono le attività di “assistenza, beneficienza, istruzione, cultura, educazione e in ogni caso le attività commerciali e a scopo di lucro”. Quindi, ad esempio, gli enti che sono impegnati in ambito educativo (scuole cattoliche) non sono considerate a fini di religione o di culto. Invece, le attività a fini di religione o di culto sono quelle che perseguono “attività di religione o di culto quelle dirette all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana”. Questa distinzione si trova in tutti i testi di natura pattizia, mentre ci sono degli adattamenti riguardo gli specifici fini di religione e di culto per le varie confessioni religiose (l’art. 16 della l. 222/1985 riguarda infatti la partizione per i cattolici). Le attività diverse saranno soggetti alle leggi che si applicano a tutti gli enti che svolgono quelle attività, quindi anche agli enti non ecclesiastici. Quindi per le attività diverse c’è un rinvio al diritto comune, perché non troverà più applicazione la normativa speciale dedicata agli enti ecclesiastici. Non in tutti gli accordi troviamo le stesse formule, perché talvolta si parla di enti ecclesiastici civilmente riconosciuti se perseguono fini e di religione e di culto insieme a finalità di utilità sociale. Ad esempio, l’intesa con la Tavola Valdese parla di enti ecclesiastici che perseguono fini di culto, istruzione e beneficienza. Queste formule “più complicate” ha perlopiù giustificazioni storiche, che tengono conto della natura storica di confessioni religiose che, oggetto di ghettizzazione negli scorsi decenni, sono state obbligate a creare enti che si occupano tuttora di diverse finalità. Anche con la Tavola Valdese si dice però che le attività diverse da quelle che perseguono almeno qualche finalità di religione e culto saranno sempre soggette alle leggi ordinarie dello Stato. Agli enti così riconosciuti sarà applicata una disciplina speciale, che prevede il controllo dell’ente da parte della confessione, la gestione dei beni dell’ente da parte della confessione, la tutela dell’ente da parte della confessione. Associazioni pubbliche ed associazioni private Nel diritto canonico si distingue tra associazioni pubbliche ed associazioni private. Le prime sono controllate e gestite dalla confessione religiosa, le seconde sono un po’ più libere ed autonome. Che cosa si dice nella 222/1985? Si dice che solo alcune associazioni di fedeli possono essere riconosciuti come enti ecclesiastici: pubbliche, non aventi carattere locale, riconosciute dalla Santa Sede. Questi requisiti speciali sono propri a diversi enti ecclesiastici, tra i tanti gli uffici che gestiscono una Chiesa. Questi devono, ad esempio, tenere funzioni regolarmente, non essere associati a nessun’altro ente ecclesiastico… Questa somma di criteri speciali è nata per razionalizzare la materia e per specificare, anche nel dettaglio, i requisiti che un ente deve avere, possedere per essere definito un ente ecclesiastico. Questa definizione e delimitazione è necessaria perché l’ente ecclesiastico gode di un trattamento privilegiario. Per gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, è prevista una procedura speciale per il riconoscimento rispetto a quella previsa per gli enti privati (disciplina contenuta in un d.P.R. del 2000). La procedura speciale fa capo al MdI: inizia con la domanda dell’autorità confessionale, viene presentata alla prefetture e si conclude con un decreto ministeriale di riconoscimento. La procedura di riconoscimento iniziata a delinearsi nella 222/1985, e poi ripresa nelle intese, prevedeva che l’ente fosse riconosciuto tramite d.P.R. previo parere obbligatorio ma non vincolante del C.d.S. La procedura di riconoscimento è stata modificata per il sopravvenire di alcune legge generali di riforma, tra le tante quelle che hanno limitato l’uso del d.P.R. per atto amministrativi (1991) e quelle che hanno limitato l’utilizzo del parere del C.d.S. Quindi nelle intese successive si è delineata una procedura che tiene conto di queste modifiche e, anche la Santa Sede, ha accettato le modifiche compiute dallo Stato (perché ritenute di natura procedurale, formale, non sostanziale). Questo procedimento comunque sia si svolge a livello centrale, è teso ad accertare tutti quei requisiti sopra delineati (i tre generali) ed è ora di competenza ministeriale. La natura centralizzata della procedura è stata finalizzata a sviluppare criteri omogenei, che fosse dunque generali e non legati a particolarità territoriali. Questa procedura è stata dunque definita di tipo “omologatorio”, non “concessorio” per evitare che venissero a delinearsi nette differenze tra le varie procedure. Questa si conclude con l’iscrizione degli enti ecclesiastici, analogamente a tutte le altre persone giuridiche, nel registro delle persone giuridiche (principio sancito nella 222/1985 e recuperato nelle intese). Questo registro serve a soddisfare esigenze di conoscenza, e di certezza nei rapporti giuridici, per coloro che entrano in contatto con l’ente. Quindi per tutti gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, a parte una piccola eccezione, vale la registrazione presso il registro: in questo devono essere indicati alcuni dati dati fondamentali, con altri due dati specifici (le norme di funzionamento e i poteri degli organi di rappresentanza). Perché due dati specifici? Perché in questo modo si è cercato di soddisfare un’esigenza di certezza, conoscenza e reperibilità di questi enti che prima restavano perlopiù inevase. Con quale aggravante? Con l’aggravante legata